Remco Evenepoel, Kigali 2025, mondiali

Evenepoel: mondiale perso a causa del reggisella? Colò conferma

30.09.2025
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Il campione olimpico Remco Evenepoel sul traguardo di Kigali ha passato diversi minuti seduto sull’asfalto africano a pensare e sbollire. La rabbia per il mondiale perso è tanta, soprattutto se il pensiero va ai due cambi di bici che hanno condizionato la corsa del belga

Al termine della prova iridata Evenepoel ha parlato così in conferenza stampa: «Prima del Mount Kigali, sono finito in una buca della strada e la sella si è abbassata, tanto che stare seduto è diventato un problema. Poi è cominciata la salita e i crampi ai muscoli posteriori della coscia si sono fatti sempre più forti. Non è stato il massimo. E una volta che Tadej ha sferrato il suo attacco, cosa che sapevo sarebbe accaduta lì, ho avuto dei crampi e non riuscivo a spingere bene. Potrebbe sembrare strano, ma è così che funziona quando si cambia posizione drasticamente».

Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel dopo il traguardo
A Kigali Evenepoel è stato messo fuori dai giochi a causa dell’inclinazione della sella
Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel dopo il traguardo
A Kigali Evenepoel è stato messo fuori dai giochi a causa dell’inclinazione della sella

Pochi gradi

E’ possibile perdere un campionato del mondo a causa di una buca? La risposta è sì. Nel ciclismo dell’estremo e della ricerca della massima prestazione ogni dettaglio conta e anche la più piccola variazione causa dei problemi. Siamo però andati a bussare alla porta di Alessandro Colò, biomeccanico del centro Biomeccanica Bodyframe, per un parere tecnico sull’accaduto. 

«Che una buca possa causare una variazione dell’inclinazione della sella è possibile – spiega Colò – soprattutto per il modello di reggisella che utilizza Evenepoel. Infatti il belga sulla sua Specialized Tarmac SL8 utilizza l’offset 0 millimetri. Questo modello ha il morsetto che tiene la sella in posizione centrata rispetto all’asse del tubo verticale. Sulla Tarmac SL8 è possibile anche montare il reggisella offset 15 millimetri».

Coni del morsetto reggisella offset 0mm
Questi sono i coni del morsetto reggisella offset 0 millimetri
Cosa cambia tra i due?

Che l’offset 0 millimetri permette di tenere la sella più avanti, cosa necessaria per assecondare la posizione estrema che Evenepoel tiene in bici. Infatti per stare così in avanti con il bacino serve spingere molto in avanti la sella. Questo reggisella, per forza di cose, utilizza una sola vite per il serraggio. A differenza dell’offset 15 millimetri che ne utilizza due.

Il rischio, nel montare l’offset 0 è che si possa muovere?

Diciamo che può ruotare. Fondamentalmente l’offset 0 si basa su due coni che si incastrano nel tubo del reggisella. Una volta raggiunta la misura giusta si serra a una forza di circa 13 Nm, che non è poco. E’ progettato per resistere, tuttavia può succedere che in occasioni particolari possa ruotare. Infatti la casa madre segnala di utilizzare anche un grasso specifico, grippante, per tenerlo in posizione

Remco Evenepoel, Kigali 2025, mondiali
La posizione estrema di Evenepoel porta il peso sulla punta della sella
Remco Evenepoel, Kigali 2025, mondiali
La posizione estrema di Evenepoel porta il peso sulla punta della sella
Possibile sia stato montato male?

Sì. Anche se stretto bene con la giusta chiave al serraggio indicato c’è la possibilità di muoversi. 

Evenepoel ha parlato di una buca sull’asfalto…

Probabilmente il belga stava pedalando in punta di sella, quando si viaggia a grandi velocità e si prende una buca il peso dell’atleta può causare un cambiamento dell’inclinazione della sella di 1 o 2 gradi. Questo comporta dei problemi fisici, come dolori alla schiena e alla zona lombare. Infatti un’inclinazione eccessiva verso il basso farà scivolare il bacino in avanti e i muscoli lombari devono lavorare ancora di più per tenere il corpo in posizione. 

Ma una buca, a quelle velocità, non avrebbe causato una foratura?

Dipende. Evenepoel utilizza il copertoni tubeless, quindi se fosse stata una buca “classica” avrebbe bucato e ci sarebbe stata la fuoriuscita del liquido sigillante. Probabilmente ha preso un avvallamento importante nell’asfalto, e molto probabilmente in un momento in cui non stava spingendo sui pedali. Il cambiamento dell’inclinazione della sella è dato dalla velocità, se nel mentre avesse pedalato le gambe avrebbero sollevato leggermente il busto e magari non sarebbe successo nulla. 

Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel
Nei giorni precedenti la corsa Evenepoel ha fatto una ricognizione del percorso pedalando sulla bici nera (la stessa poi presa ai box?)
Nei giorni precedenti la corsa Evenepoel ha fatto una ricognizione del percorso pedalando sulla bici nera (la stessa poi presa ai box?)
Evenepoel ha parlato anche di crampi.

Vero. Una sella troppo inclinata in avanti porta i quadricipiti a lavorare male, come se la posizione fosse più bassa. In una fase di piena spinta possono sopraggiungere dei crampi. Non dimentichiamoci che il tutto è accaduto nel momento in cui Pogacar ha alzato il ritmo. Evenepoel si è sfilato, ma a giudicare da come ha proseguito non ha mollato perché stanco o al limite. 

Poi è arrivato al box e nemmeno la bici di scorta andava bene…

Questo, invece, è molto più strano. E’ passato dalla bici oro a quella nera e ha lamentato che la sella fosse poco inclinata, troppo orizzontale e questo gli avrebbe dato problemi di schiena (tanto che ha preso a manate la punta della sella alla ricerca della giusta inclinazione, ndr). Mi sembra strano pensare che la terza bici del campione olimpico non sia settata perfettamente. Poi c’è un altro fattore…

Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel con BEn Healj e atias Skjelmose
Al secondo cambio di bici Evenepoel è tornato ad avere ottime sensazioni
Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel con BEn Healj e atias Skjelmose
Al secondo cambio di bici Evenepoel è tornato ad avere ottime sensazioni
Quale?

Evenepoel ha pedalato con la bici nera nei giorni della ricognizione. Se ci fosse stato qualche problema se ne sarebbe accorto. Magari il meccanico nel montarla ha sbagliato qualcosa, è possibile visti i tanti aspetti da curare. Però Remco ci ha pedalato sopra… 

Però si è fermato ancora e ha preso una terza bici.

Lui ha pedalato fino ai box per non perdere troppo tempo sul Mont Kigali, se avesse aspettato l’ammiraglia in quel momento avrebbe perso anche il secondo posto. Nel momento in cui ha cambiato la bici nera ha preso, probabilmente, la seconda bici (sempre con il telaio dorato, ndr) ed è andato fino alla fine. Tanto da dichiarare che è tornato ad avere sensazioni perfette, infatti ha viaggiato alla stessa velocità di Pogacar, ma ormai la corsa era andata.

Campionati del mondo Kigali 2025, Juan Ayuso, massaggiatore Pablo Lluna

Matxin e l’addio di Ayuso: erano davvero tutti convinti?

30.09.2025
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KIGALI (Rwanda) – Juan Ayuso ha chiesto di andarsene. Il messaggio che deve passare è però che la decisione sia stata presa dalle tre parti coinvolte: la UAE Emirates, l’atleta e la Lidl-Trek. Sta di fatto che lo spagnolo ha chiesto di lasciare i numeri uno al mondo, subito accolto dalla squadra di Guercilena.

Le spie del suo disagio c’erano da tempo. Lo scorso anno i dissapori del Tour passarono in sordina con il suo ritiro. Anche se nelle dichiarazioni dopo il Galibier la squadra gettò acqua sul fuoco, ci risulta che quella sera a Valloire, Pogacar in persona avesse tuonato contro la condotta del compagno. Da allora i due si sono incrociati davvero raramente. Quest’anno il Giro e la Vuelta hanno confermato che il giovane spagnolo diventa insofferente ogni volta che gli viene affiancato un secondo leader. Al Giro, con Adam Yates e soprattutto Del Toro. Alla Vuelta con Almeida. E proprio durante la Vuelta, nonostante si fossero accordati per una comunicazione condivisa a fine corsa, è stata la UAE Emirates a comunicare la partenza di Ayuso.

Vuelta Espana 2025, Jotxean Matxin, Giovanni Lombardi, procuratore di Juan Ayuso
Lombardi, qui con Matxin, è l’agente che ha trattato il passaggio di Ayuso dalla UAE Emirates alla Lidl-Trek
Vuelta Espana 2025, Jotxean Matxin, Giovanni Lombardi, procuratore di Juan Ayuso
Lombardi, qui con Matxin, è l’agente che ha trattato il passaggio di Ayuso dalla UAE Emirates alla Lidl-Trek

Ayuso a Kigali

In questi giorni, lo spagnolo ha parlato e ha rivelato di essere rimasto in buoni rapporti con i compagni e con Matxin, meno con Gianetti. E probabilmente nella decisione di lasciarlo andare, il general manager svizzero ha avuto un ruolo decisivo, dopo che all’inizio dell’anno gli era stato prospettato un rinnovo fino al 2030.

«Queste decisioni non si prendono dall’oggi al domani – ha detto Ayuso in un’intervista a Domestique – credo che fosse una sensazione che si avvertiva gara dopo gara. La cosa importante per me era che internamente non ci fosse un buon coordinamento. Anche se capisco quanto sia difficile in una squadra dove si hanno così tanti impegni con così tanti bravi corridori. E’ andata male quando Gianetti si è reso conto che non c’era modo, per quanto lo desiderasse, di tenermi. Da quel momento in poi, il suo atteggiamento è cambiato».

Nel post che ha pubblicato su Instagram all’indomani dell’annuncio della squadra, lo spagnolo ha inteso ringraziarla e dichiarare la sua volontà di andare in cerca di altri obiettivi e di un ambiente più in linea con i suoi valori e il suo modo di essere. Un ambiente in cui possa crescere con fiducia e tranquillità.

Campionati del mondo Kigali 2025, Juan Ayuso, Tadej Pogacar, Mount Kigali
Kigali 2025, inizia l’attacco di Pogacar a Mount Kigali: Ayuso lo segue: sembra un regolamento di conti, ma la pagherà cara
Campionati del mondo Kigali 2025, Juan Ayuso, Tadej Pogacar, Mount Kigali
Kigali 2025, inizia l’attacco di Pogacar a Mount Kigali: Ayuso lo segue: sembra un regolamento di conti, ma la pagherà cara

Lombardi e il Tour

Nel raduno di partenza del mondiale su strada, Matxin è una sorta di calamita per corridori e addetti ai lavori. Il tecnico spagnolo è quello che più ha spinto per avere Ayuso alla UAE Emirates, avendolo seguito sin da quando era un ragazzino. Ora che il passaggio alla Lidl-Trek è ufficiale, si affacciano alla mente degli spicchi di memoria e la sensazione che se fosse stato per lui, non si sarebbe mai arrivati a questo punto.

Nel secondo riposo del Tour, una scena ci aveva incuriosito. Eravamo in attesa di parlare con Gorka Prieto, nutrizionista del team, per un confronto fra Pogacar e Milan, quando ci accorgemmo che a un tavolo del giardino assieme a Matxin era seduto il general manager Gianetti. E mentre i due confabulavano a bassa voce, Giovanni Lombardi li aveva avvicinati. Aveva chiesto come andassero le cose, poi si era allontanato. Una battuta sarcastica fra gli altri due ci aveva sorpreso, quasi a sottolineare che si trattasse di un interessamento poco sentito. Pochi giorni dopo sapemmo che Ayuso si era affidato al manager pavese, che in questo ruolo ha preso il posto di suo padre.

Che cosa pensa Matxin della fuga del suo corridore? Anche Covi è andato via per trovare più occasioni per sé, ma che effetto fa vedere andar via il primo corridore giovane su cui la squadra ha puntato con convinzione? «Non è una questione di andare via – dice – e non è neanche questione se sia il primo oppure no. E’ una situazione individuale con lui e credo che l’accordo raggiunto sia stato voluto da tutte le parti».

Campionati del mondo Kigali 2025, Juan Ayuso, Giulio Ciccone
Dopo il fuori giri per seguire Pogacar, Ayuso si è ritrovato con Ciccone, futuro compagno, chiudendo alle sue spalle
Campionati del mondo Kigali 2025, Juan Ayuso, Giulio Ciccone
Dopo il fuori giri per seguire Pogacar, Ayuso si è ritrovato con Ciccone, futuro compagno, chiudendo alle sue spalle
Perchè secondo te è voluto andar via?

Il perché magari lo devi chiedere lui. Con Juan ho un rapporto buono, ho volato con lui dalla Spagna, non è cambiato niente. Ovviamente a livello sportivo, lui vuole qualcosa di più che noi, a suo parere, non possiamo dargli. Abbiamo parlato sempre molto chiaro. Quest’anno doveva fare il Giro da capitano. Una volta che non l’ha finito per le circostanze che sapete (la puntura sul volto di una vespa, ndr), ha chiesto subito se poteva fare la Vuelta.

Ma alla Vuelta doveva andare Pogacar…

Infatti gli ho detto di stare in stand by, perché ovviamente se Tadej avesse corso in Spagna, sarebbe stato leader unico. Non si tratta di non volere Juan con lui alla Vuelta, solo avremmo preferito che andasse alle altre corse per cercare di vincere. E’ stata una decisione di squadra.

Ayuso ha fatto sempre un po’ di fatica ad aiutare Pogacar nei Giri…

Alla fine lui è un campione, per cui forse non è una questione di fatica. Juan è sempre convinto delle sue prestazioni e delle sue condizioni e noi crediamo che quando ha il livello per vincere, lo portiamo da capitano. Proprio per questo, se serve lavorare per un altro leader, preferiamo portare un altro. Siamo onesti e anche realisti.

Il dado è tratto, ma intanto alla Vuelta Ayuso vince la settima tappa e Matxin corre ad abbracciarlo
Vuelta Espana 2025, 7a tappa Cerler, Juan Ayuso
Il dado è tratto, ma intanto alla Vuelta Ayuso vince la settima tappa e Matxin corre ad abbracciarlo
Quest’anno ci avevi detto che fosse pronto per vincere il Giro, che però è andato male. Credi che a 23 anni sia pronto per diventare leader di uno squadrone con tutto il peso sulle spalle?

E’ quello che vuole. La domanda in più per lui è se non gli andasse bene essere un co-leader come era con noi, perché di certo ha un’opinione anche su questo. Io ovviamente la rispetto, ma so anche che alla UAE decide la squadra, in questo caso tocca a me, come programma e come tattica. Lo abbiamo portato come leader al Giro d’Italia. Però, come sapete bene, avevamo anche due alternative per fare eventuali movimenti tattici. Uno era Adam Yates e l’altro era Del Toro. E’ ovvio che quando Isaac è davanti, si rispetta il leader. Anche questo l’ha deciso la squadra e lo trovo giusto.

Quale sarebbe stato secondo te lo sviluppo di Ayuso se fosse rimasto con voi?

Secondo me poteva fare come quest’anno. Cioè puntare il Giro o la Vuelta. Qualche anno farne uno, qualcun altro doppiarli come quest’anno, che non era d’accordo a farlo. Salvo che, non avendo finito il Giro, è stato lui a chiedere di fare la Vuelta. E noi abbiamo approntato un piano A e un piano B. Non è stato lui a volerlo né ad imporlo. Se Tadej avesse corso la Vuelta dopo il Tour, Ayuso sarebbe andato a fare San Sebastian, Polonia, Plouay, Canada e le cose di fine stagione, provando a vincerle. Una volta che Pogacar ha rinunciato, cambiare è stato naturale. Il Canada a Tadej al posto di Juan, mentre Ayuso alla Vuelta.

Tour de France 2024, Presentazione squadre Firenze, Tadej POgacar, Juan Ayuso
Il Tour de France 2024 parte da Firenze, Ayuso è con Pogacar, ma lascerà la corsa dopo qualche frizione e per Covid alla 13ª tappa
Il Tour 2024 parte da Firenze, Ayuso è con Pogacar, ma lascerà dopo qualche frizione e per Covid alla 13ª tappa
Ti dispiace che cambi squadra?

Ovviamente sì. Mi dispiace a livello personale perché ho grande considerazione e mi dispiace a livello professionale, perché so che è un corridore eccezionale. Credo che se lui voleva fare questa scelta, era giusto ascoltarlo. Lo abbiamo fatto e alla fine la decisione l’abbiamo presa in tre. Noi, lui e la squadra che ha deciso di prenderlo. Non è che Juan abbia deciso di andare, questo sia chiaro: abbiamo deciso tutti insieme di fare così.

Dalla corsa al ciclismo, la metamorfosi della Venerucci

30.09.2025
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Un podio inatteso, ma che racconta tante cose. E’ quello di Valentina Venerucci all’ultimo Giro Mediterraneo in Rosa. Portacolori sanmarinese dell’Aromitalia 3T Vaiano, già precedentemente nel corso della stagione si era messa in bella evidenza, ma la particolarità è data dalla sua storia. Perché Valentina va in bici solo dallo scorso anno, e facendo balzi da triplista ha saltato a pié pari tutta la gavetta, approdando al suo primo anno già alle gare contro le WorldTour.

D’altro canto allo sport di vertice la Venerucci è abituata, perché viene dall’atletica, o meglio dalla corsa in montagna dove anno dopo anno era diventata un riferimento assoluto, capace di mettersi in luce anche a livello internazionale. Poi la folgorazione, come racconta lei…

Valentina Venerucci, nata nel settembre 1993, è entrata nel mondo del ciclismo solo quest’anno (foto Instagram)
Valentina Venerucci, nata nel settembre 1993, è entrata nel mondo del ciclismo solo quest’anno (foto Instagram)

«Ho preso la bici da corsa in mano l’anno scorso, a seguito di un infortunio che ho subìto correndo un trail. Per la riabilitazione e il recupero mi hanno consigliato di praticare un po’ di bicicletta alternandola alla corsa in modo da non aver troppe sollecitazioni. E’ stato un colpo di fulmine, mi sono appassionata alla bici da corsa. Mi piaceva tanto, mi divertivo, ma andavo anche abbastanza bene, diciamo che ero portata. Per cui mi hanno proposto di fare una prima gara amatoriale che è andata bene, ne ho fatta una seconda ed è andata anche meglio».

E come sei arrivata al ciclismo agonistico?

Visti i piazzamenti grazie alla Federazione Ciclismo sammarinese, quindi al Presidente e al mio allenatore, mi hanno fatto entrare nella squadra di A.R. Monex Pro Cycling, la formazione messicana di stanza nel nostro Paese, ma ben presto mi sono arrivate altre offerte tra cui quella di Aromitalia che mi permetteva di alzare il livello dell’attività. E’ stato tutto molto veloce, accelerato al massimo.

In nazionale nella corsa in montagna, difenderà i colori di San Marino agli europei di sabato prossimo (foto Masini)
In nazionale nella corsa in montagna, difenderà i colori di San Marino agli europei di sabato prossimo (foto Masini)
Tu hai un passato importante nella corsa in montagna, quando avevi iniziato e quali sono stati i tuoi risultati più importanti?

Ho fatto diverse gare, prima nelle mie zone tra San Marino e la parte di Romagna sul Rubicone, progredendo via via fino a arrivare anche ai campionati mondiali ad Innsbruck, dove nella vertical, ossia percorsi non troppo lunghi ma con alto dislivello, mi sono piazzata piuttosto bene. Lo scorso anno ho fatto gli europei di corsa in montagna, poi sono passata al ciclismo.

Ti è servita l’esperienza che hai accumulato nella corsa in montagna per il ciclismo?

Sì, perché comunque la corsa in montagna aiuta a migliorare a livello fisico, nella forza, nella potenza ma anche nella resistenza. Perché comunque fare pochi chilometri, ma con tanto dislivello implica incentivare la muscolatura, specialmente degli arti inferiori, delle gambe e anche il fiato, perché si passa appunto da pochi metri a un’elevata altitudine, per cui il fiato lo si migliora tanto. La corsa è molto simile e vicina alla bicicletta.

Nella corsa in montagna Venerucci ha partecipato a mondiali ed europei correndo il Vertical (foto Instagram)
Nella corsa in montagna Venerucci ha partecipato a mondiali ed europei correndo il Vertical (foto Instagram)
Quest’anno hai mostrato una predilezione per le corse a tappe, sia al Tour de Pyrénées che al Mediterraneo in Rosa. E’ un po’ quella la tua dimensione?

Sì, diciamo che le gare a tappe sono abbastanza nelle mie corde. Non è tanto che pratico il ciclismo, quindi non ho avuto ancora la possibilità e l’opportunità di fare tante gare, però ho notato che riesco a resistere e a portare a termine anche competizioni che prevedono più tappe in giorni consecutivi, quindi probabilmente ho la fortuna di migliorare col passare dei giorni e dei chilometri.

Come riesci a coniugare la tua attività con il lavoro di farmacista?

Non è certamente facile perché non ho mai mollato la professione. E devo dire grazie ai miei colleghi di lavoro che mi danno la possibilità di allenarmi attraverso la turnazione. Faccio molti pomeriggi, affinché io la mattina possa poi allenarmi.

Quest’anno la sanmarinese ha colto 6 Top 3 con il podio finale al Giro Mediterraneo in Rosa (foto Instagram)
Quest’anno la sanmarinese ha colto 6 Top 3 con il podio finale al Giro Mediterraneo in Rosa (foto Instagram)
E’ più facile conciliare il tuo lavoro con il ciclismo o prima con l’atletica?

Sono due mondi un po’ diversi. Il ciclismo richiede molto più tempo, era più semplice con l’atletica, perché comunque l’atletica prevede allenamenti più corti e quindi incastrarli era più semplice. Il ciclismo prevede tante ore in bicicletta e anche in palestra, porta via tanto tempo, ma riempie di soddisfazioni. Quindi è un sacrificio che faccio molto volentieri, non mi pesa farlo.

Tu guardi un po’ il mondo del ciclismo con gli occhi della neofita, avendo iniziato quest’anno. Quali sono le cose che noti di più nel mondo del ciclismo femminile?

Il livello delle ragazze, avendo potuto anche partecipare al Giro d’Italia Women, è altissimo. Ho incontrato atlete che sono di un livello straordinario, non solo delle persone fantastiche, perché alla fine sono molto umili e non hanno problemi ad aiutarti se hai necessità. Io dico che ho incontrato campionesse sia in gara che fuori. C’è tanto da lavorare e non posso sicuramente equipararmi a loro che sono anni che lo fanno, quindi a me manca tanto la pratica, ma spero che con l’impegno e probabilmente anche con le persone che credono in me e che ho accanto, andrò lontano divertendomi.

Sesta ai Giochi dei Piccoli Stati, dove aveva colto un bronzo nei 5000 nella sua fase atletica
Sesta ai Giochi dei Piccoli Stati, dove aveva colto un bronzo nei 5000 nella sua fase atletica
Si dice sempre che chi non ha esperienza giovanile, ha difficoltà nello stare in gruppo. Tu come ti sei trovata con questo particolare tecnico?

Hanno ragione! Non avendo esperienza, il gruppo intimorisce. Diciamo che ci sto lavorando. Quello forse è il punto in cui sono molto più carente rispetto anche alle mie compagne di squadra. Ho più difficoltà nel muovermi in gruppo, nel risalire, magari anche più timore. Non so fino a che punto si potrà sopperire alla mancanza del non averlo fatto prima, però sicuramente un passettino alla volta magari si riesce a prendere confidenza.

Continuerai con il ciclismo, ma pensi anche di fare qualche rentrée nella corsa in montagna?

No, attualmente mi dedicherò al ciclismo, perché preferisco fare bene una cosa e cercare di lavorare su quella per il momento. Poi si vedrà anche quali saranno le prospettive future, ma per ora voglio dedicarmi a questa nuova e grande passione.

Campionati europei 2025, Drome Ardeche

Mondiali ancora caldi, ma è già tempo di europei

30.09.2025
5 min
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Siamo ancora in piena sbornia post mondiali, con le immagini di Kigali che scorrono fresche nella memoria, eppure è già tempo di voltare pagina. Dall’1 al 5 ottobre la scena si sposta in Francia, tra Drôme e Ardèche, per i campionati europei 2025. Un appuntamento che arriva quasi senza respiro, ma che porta con sé fascino, storia e la voglia di indossare quella maglia bianco-blu stellata che negli ultimi anni ha acquisito sempre più prestigio.

Il percorso degli élite, uomini ma anche donne, sarà al centro dell’attenzione, perché dopo i Mondiali si avverte aria di grande rivincite. Remco su Pogacar, le big donne sulle outsider. In tutto ciò la Francia si prepara a offrire un palcoscenico che fa fregare le mani, grazie a tracciati sì selettivi ma non impossibili e che pertanto dovrebbero essere più aperti.

Europei a crono di livello stellare (qui Ganna). Tutti le gare misureranno 24 km, ad esclusione della prova juniores femminile che sarà di 12 km
Europei a crono di livello stellare (qui Ganna). Tutti le gare misureranno 24 km, ad esclusione della prova juniores femminile che sarà di 12 km

Prima le crono

Il menu degli Europei sarà ricco e distribuito in cinque giornate. Si parte domani con le cronometro, che vedranno impegnate tutte le categorie: dalle juniores donne fino agli élite uomini. Le prove contro il tempo saranno il primo banco di prova, anche perché in Francia il tracciato offrirà difficoltà tecniche interessanti, con tratti vallonati che non favoriranno solo i passisti puri e un finale molto tosto.

In totale saranno assegnati 14 titoli tra cronometro e gare in linea e mix relay, uno in più rispetto ai mondiali. Ci sarà infatti anche la staffetta mista juniores.

Le prove contro il tempo hanno un parterre ricco forse come non mai. Al via tutti i top rider, da Remco Evenepoel fresco di maglia iridata, fino a Filippo Ganna, passando per Kung e Tarling, Almeida, Armirail… Un livello pazzesco.

Percorsi più aperti

Il culmine degli Europei sarà ovviamente la prova élite maschile. Il percorso misura 202,5 chilometri e presenta oltre 3.300 metri di dislivello. Si tratta di un tracciato misto, ben più equilibrato rispetto a quello di Kigali. Un tracciato che unisce durezza e scorrevolezza: salite brevi e ripetute, tipiche del paesaggio dell’Ardèche. Un profilo così potrebbero tagliare le gambe agli scattisti, ma non far scappare gli scalatori. Il profilo ricorda molto quello di una Liegi-Bastogne-Liegi. O, perché no, di una Clasica de San Sebastian. I numeri sono molto, molto simili alla classica basca. Secondo altri, invece, questo percorso ricorda molto le prime frazioni dell’ultimo Delfinato.

La gara femminile, élite chiaramente, non è invece durissima: 116 chilometri e poco più di 1.500 metri di dislivello. Se si pensa, insomma, alla nostra Elisa Longo Borghini, la sfida potrebbe essere sin troppo aperta. Per loro, rispetto agli uomini, lo strappo di Val d’Enfer sarà da affrontare solo due volte nel finale.

In entrambe le categorie, la gestione tattica sarà cruciale. Non ci saranno muri impossibili, ma la continua alternanza di salite e discese manterrà il gruppo in tensione. Su carta a decidere il tutto dovrebbe essere, come accennavamo, la Cote du Val d’Enfer: 1,7 chilometri al 9,3 per cento di pendenza media, con una porzione centrale al 14 per cento. Occhio però al falsopiano tra un passaggio sulla stessa Cote. Un momento d’incertezza lì potrebbe essere fatale, specie in campo femminile.

Un percorso che favorisce coraggio e aggressività, pronto a essere plasmato da chi saprà muoversi nel momento giusto. Per questo le varie nazionali dovranno essere attente e compatte, ben più che in Rwanda. La squadra davvero potrà essere un elemento chiave. Una curiosità poi. E’ vero che le previsioni meteo oltre i tre giorni hanno scarsa attendibilità, ma sembra che proprio le donne potrebbero incappare in una giornata di pioggia battente. Ecco dunque un’altra variabile che potrebbe risultare determinante.

Tre favoriti e tanti outsider

Quando si parla di favoriti, è inevitabile guardare al trittico del Tour de France: Jonas Vingegaard, Remco Evenepoel e Tadej Pogacar. Saranno loro i fari dell’Europeo, pronti a rinnovare la sfida che ha infiammato i mondiali e Tour. Vingegaard avrà dalla sua la resistenza e la freschezza di chi si è evitato una lunga trasferta e ha le gambe che lascia un Grande Giro (ha vinto la Vuelta). Di certo non vorrà essere da meno. Remco ha detto che senza problemi meccanici a Kigali se la sarebbe giocata con Pogacar. E Tadej sarà pronto a difendere il leadership con attenzione massima.

Eppure il percorso di Drome e Ardèche potrebbe aprire la porta anche a soluzioni diverse. Corridori come Skjelmose, Skujins o Healy hanno dimostrato di sapersi esaltare su terreni mossi e duri. Potrebbero approfittare della marcatura stretta dei tre big. E poi Almeida, Ayuso, Van Baarle, di certo almeno un francese che in casa darà più di quello che ha… La lista è lunga. E a questa lista lasciateci aggiungere Mads Pedersen: chiaro che se gli scalatori la butteranno giù dura lui è del tutto tagliato fuori, ma Mads appartiene alla schiera dei “mega motori” e quantomeno va citato.

E gli azzurri? L’Italia si presenterà con una selezione che sarà un mix tra nuovi innesti e atleti che erano presenti in Africa. Ulissi, Bettiol, Scaroni… per provare a giocarsela magari con un’azione da lontano, sfruttando qualche situazione tattica ambigua. Non sarà facile fronteggiare avversari di questa caratura, ma un piazzamento di prestigio, che ci servire come il pane, potrebbe non essere impossibile.

Mattia Gaffuri, Trofeo Matteotti 2025

Basso e l’elogio totale di Gaffuri: «Un’occasione per lui e per noi»

29.09.2025
6 min
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L’approdo di Mattia Gaffuri alla Polti-VisitMalta non è frutto del caso. Il corridore comasco, una delle perle dello Swatt Club che tanto ha rotto gli schemi al campionato italiano a Gorizia lo scorso giugno, ha attirato l’attenzione di Ivan Basso e dello staff della squadra. E lo ha fatto per via dei suoi numeri, prima, e per un approccio basato su metodo, disciplina e generosità che tanto stanno piacendo alla squadra del varesino.

Per la Polti-VisitMalta, che negli ultimi anni ha avviato un processo di scouting avanzato basato su analisi dei dati e algoritmi, come ci ha detto Basso stesso, Gaffuri rappresenta un profilo in linea con la filosofia di crescita e valorizzazione di giovani talenti.

Abbiamo parlato con Basso per capire perché abbia deciso di dargli questa opportunità, che qualità abbia riscontrato e cosa ci si può attendere dal ragazzo nelle prossime stagioni.

Ivan Basso (classe 1977) è uno dei dirigenti della Polti-VisitMalta
Ivan Basso (classe 1977) è uno dei dirigenti della Polti-VisitMalta

Trattativa anticipata

«L’aver preso Gaffuri – attacca Basso – è stata una scelta maturata nel tempo. Da mesi diversi informatori e collaboratori mi segnalavano il profilo di Gaffuri. Non mi sono limitato ad ascoltare: lo abbiamo seguito con attenzione attraverso il nostro sistema di analisi, un progetto che stiamo portando avanti negli ultimi anni con algoritmi e strumenti tecnologici. I suoi dati hanno mostrato indicatori estremamente positivi, tanto da convincermi a contattarlo a fine maggio, quindi prima del famoso campionato italiano di Gorizia».

«L’ho incontrato nel mio ufficio e ho trovato un ragazzo serio, preparato, con un’educazione di alto livello. Mi ha raccontato il suo percorso, la passione con cui si è formato, la cura dei dettagli. Ho avuto la sensazione che la nostra squadra fosse il tassello mancante per permettergli di compiere il definitivo salto di qualità. Così abbiamo deciso di offrirgli questa chance».

Basso spiega come Gaffuri sin da subito abbia risposto bene al team, mostrando un atteggiamento positivo e un rendimento concreto. Non era scontato: Gaffuri si è inserito in un calendario intenso, ha affrontato corse nuove e si è messo a disposizione del team.

«Già altre squadre avevano preso nota delle sue prestazioni, ma la mia volontà è stata chiara: vorrei tenerlo con noi. Se però sceglierà altre strade, resterà comunque la soddisfazione di aver contribuito al lancio di un corridore promettente».

Gaffuri e i compagni dello Swatt Club (con gli ormai mitici body bianchi) al tricolore di Gorizia, vinto dal compagno Conca e con lui al quinto posto
Gaffuri e i compagni dello Swatt Club (con gli ormai mitici body bianchi) al tricolore di Gorizia, vinto dal compagno Conca e con lui al quinto posto

Gaffuri e il lavoro

Basso, come è noto, era uno stakanovista del lavoro e la cosa che lo ha colpito di Gaffuri è stata proprio la sua cultura del lavoro.

«Gaffuri – riprende Ivan – è un atleta capace di esprimere in allenamento valori vicini, se non superiori, a quelli delle competizioni. Questo non è comune: la maggior parte dei corridori tocca i picchi solo in gara, mentre lui riesce a prepararli con costanza durante la settimana. E’ un cultore del metodo, cura il gesto tecnico, la posizione in sella, la cadenza, la respirazione. Ha l’abitudine di guardare al dettaglio e di pretendere molto da se stesso. Da tecnico e manager, io apprezzo moltissimo questo approccio, perché coincide con la mia visione del ciclismo professionistico: allenarsi non vuol dire solo accumulare ore, ma lavorare sulla qualità di ogni colpo di pedale».

Dal punto di vista fisico, Gaffuri è un corridore che va forte in salita, con margini di crescita evidenti. Non è facile incasellarlo già ora: potrà essere uno scalatore di riferimento o un uomo da corse a tappe di medio-alta difficoltà. La sua versatilità e la determinazione gli permettono di non porsi limiti. In questa fase della carriera, parliamo comunque di un classe 1999, il messaggio più importante è crederci, sognare in grande e costruire passo dopo passo la propria identità di atleta.

Mattia Gaffuri, Trofeo Matteotti 2025
Gaffuri in azione al Matteotti. Mattia quel giorno è stato protagonista nella fuga di giornata, tra strappi e… arrosticini (foto Instagram)
Mattia Gaffuri, Trofeo Matteotti 2025
Gaffuri in azione al Matteotti. Mattia quel giorno è stato protagonista nella fuga di giornata, tra strappi e… arrosticini (foto Instagram)

Non solo gregario

Il suo essere anche preparatore lo ha aiutato a maturare una conoscenza approfondita del lavoro. Sa cosa vuol dire soffrire in allenamento, sa come replicare le situazioni di gara con costanza e intensità. Questo è un valore aggiunto enorme, che si traduce in professionalità e consapevolezza.

«E’ raro – spiega Basso – trovare corridori capaci di alzare l’asticella negli allenamenti, di trattarli come un laboratorio di crescita. Gaffuri, invece, ha dimostrato di avere questa attitudine, ed è anche per questo che mi sono trovato in sintonia con lui. Io stesso ho un debole per il dipartimento performance della squadra: mi piace osservare i ragazzi mentre lavorano, seguirne i dettagli, correggere i gesti. Vedere in lui la stessa cura e la stessa passione è stato come riconoscere un’affinità naturale.

«Nelle prime gare con la Polti-VisitMalta Mattia ha già dimostrato mestiere. Nonostante fosse nella situazione di dover emergere per conquistare una riconferma, ha scelto di mettersi al servizio della squadra. In Toscana, alla sua prima corsa sotto la pioggia, ha chiuso quindicesimo dopo aver aiutato i compagni. E’ stato un segnale forte: non ha pensato solo a sé, ma al bene del gruppo. Questo, unito al metodo con cui affronta il lavoro, fa capire che è pronto per stare in questo ambiente. Può stare nel ciclismo di alto livello. Da qui a fine stagione è chiamato a fare molte gare e in alcune sarà leader».

Mattia Gaffuri, ha esordito con la maglia della Polti il 31 agosto al Gp Kranj, ha poi corso in Italia
Mattia Gaffuri, ha esordito con la maglia della Polti il 31 agosto al Gp Kranj, ha poi corso in Italia

Provare a tenerlo

Una cosa che ci ha incuriosioto è come il gruppo ha accolto Gaffuri. In fin dei conti non capita spesso che l’ultimo arrivato, tanto più che si è formato secondo un percorso non tradizionale, arrivi e faccia il leader.

Anche in questo caso, Basso non ha dubbi: «Mattia si è presentato con intelligenza e umiltà alla squadra, guadagnandosi la fiducia e l’amicizia dei compagni. Alla Polti-VisitMalta scegliamo le persone prima ancora che i corridori e lui si è integrato perfettamente nello spirito della squadra».

A questo punto viene da già da interrogarsi sul futuro, tanto più che in apertura lo stesso Basso ci ha detto che alti team erano (o sono) su Gaffuri. Insomma, resterà alla Polti-VisitMalta? E che margini ha?

«Non ho la bacchetta magica – replica Basso – ma credo che un atleta così determinato non debba porsi limiti. Potrà crescere ancora molto, soprattutto imparando a gestire le salite in corsa e sfruttando al meglio il calendario che affronterà. E’ un ragazzo che ha già fatto tanta strada per arrivare dove si trova oggi: se continuerà a crederci, potrà togliersi soddisfazioni importanti.

«Per noi, comunque vada, questa è già un’operazione di successo. Se resterà, avremo gettato le basi di una bella storia. Se invece deciderà di cambiare, resterà la consapevolezza di aver contribuito alla sua crescita e al suo ingresso tra i professionisti. Per me e per i miei collaboratori è una soddisfazione, e lo è anche per i nostri sponsor: significa che il nostro lavoro di scouting funziona. In ogni caso, Gaffuri ha già lasciato un segno. E questa, nel ciclismo di oggi, è forse la cosa più importante».

Regioni partito e Scappini ci mette subito la firma

29.09.2025
5 min
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La prima tappa del Giro delle Regioni, allestita a Corridonia, è stata una sorta di antipasto prima delle tre gare in rapida serie allestite in Friuli: domenica 5 ottobre a Tarvisio, il 12 a Osoppo e il 19 sullo Zoncolan, con la coda torinese di Cantoira il 22 novembre. Il primo appuntamento in terra marchigiana ha un po’ confermato le aspettative della vigilia. Pochi Elite, visto che la stagione su strada è ancora nel pieno, e un numero consistente di Under 23, con atleti che hanno messo l’inverno nel mirino sacrificando anche le ultime classiche della stagione.

Non è un caso se alla fine a vincere è stato Samuele Scappini. L’umbro è sempre emerso di prepotenza a inizio stagione, raccogliendo successi importanti, ma questa volta la vittoria ha significati particolari, è una tappa di passaggio, un primo approccio con la specialità dopo aver staccato la spina già da un mese.

Per l’umbro Scappini subito una vittoria al Regioni, tenendo fede alla sua tradizione come lo scorso anno (foto Paletti)
Per l’umbro Scappini subito una vittoria al Regioni, tenendo fede alla sua tradizione come lo scorso anno (foto Paletti)

Stagione su strada chiusa in anticipo

«Dopo Capodarco mi sono fermato del tutto in pieno accordo con Matteo Belli, il mio preparatore al Team Cingolani Specialized. Mi sono concentrato sulla preparazione per la stagione dei prati, ma passare le settimane solo in allenamento è un po’ alienante, non ti dà quella sensazione che viene dal confronto. Per questo aspettavo l’esito di Corridonia con particolare tensione, anche più che negli scorsi anni».

Per il corridore umbro, due volte campione italiano da junior e secondo lo scorso anno tra gli U23 dietro Viezzi, iniziare alla grande, con una vittoria non è una novità: «E’ un po’ una mia caratteristica. Riesco a raggiungere rapidamente una buona forma, soprattutto nel ciclocross, dedicandomi appieno ad esso. Sentivo di avere una buona gamba, d’altronde le ultime gare su strada, anche se con un esito non eccezionale, mi avevano mostrato di avere una buona forma. C’era la base sulla quale lavorare».

Vittoria e maglia rosa per Scappini, che teneva particolarmente all’appuntamento di Corridonia, quasi di casa (foto Paletti)
Vittoria e maglia rosa per Scappini, che teneva particolarmente all’appuntamento di Corridonia, quasi di casa (foto Paletti)

Ciclocrossista prima che stradista

L’impressione è che, a differenza di tanti altri ragazzi che spesso devono mettere da parte la bici invernale, Scappini voglia privilegiare quest’attività: «E’ così, io mi sento innanzitutto un ciclocrossista, perché mi è sempre piaciuto, sin da piccolo. E’ la specialità che dà maggiori benefici, mi trovo meglio nella guida quando vengo dall’inverno. Per me la strada è utile per il ciclocross, non viceversa…».

Quella del corridore umbro su strada, non è stata in effetti una stagione piena di soddisfazioni, con soli 14 giorni di gare nazionali o internazionali e più della metà non portate a termine: «Non è stata molto fortunata, ma ci ho messo un po’ del mio. Lo ammetto, non è una specialità che mi fa impazzire, ho un rapporto di amore/odio. Ho interpretato le gare con la Sam-Vitalcare-Dynatek mettendomi soprattutto a disposizione dei compagni. Paradossalmente posso dire che la migliore è stata l’ultima gara a Capodarco, anche se mi sono fermato prima perché non ne avevo più. Ma a quel punto ho pensato che era inutile insistere ed era meglio girare pagina e dedicarmi alla preparazione per l’inverno».

Carlotta Borello, reduce dall’europeo gravel, ha subito messo in chiaro la sua superiorità (foto Paletti)
Carlotta Borello, reduce dall’europeo gravel, ha subito messo in chiaro la sua superiorità (foto Paletti)

Vittoria in progressione

La gara marchigiana come si è sviluppata? «All’inizio sono partito un po’ circospetto, non a tutta perché volevo vedere a che punto erano gli altri e anche la mia condizione. I segnali erano buoni ma come detto una cosa è l’allenamento, un’altra la gara. Intorno a metà corsa vedevo che nessuno prendeva l’iniziativa e ho provato ad andar via, senza un particolare scatto, andando in progressione e nessuno ha tenuto il mio passo. L’ultima parte l’ho semplicemente gestita, mantenendo sempre un vantaggio intorno al mezzo minuto su Cafueri e Folcarelli (primo Elite, ndr)».

Scappini è fortemente affezionato alla challenge di Fausto Scotti e anche quest’anno ne seguirà lo sviluppo: «Domenica a Tarvisio sfoggerò la maglia rosa, poi sarò anche alle altre due tappe friulane, a quel punto verificheremo la situazione. Alla maglia ci tengo e vorrei fortemente portarla a casa ma siamo solo alla prima tappa, la stagione è lunga. Se la condizione cresce, spero che i miei risultati portino il mio team e il cittì Pontoni a darmi una chance per gli europei, ma andiamo un passo per volta…».

I due Cingolani insieme a Valter Vaglio: la sfida junior del Regioni è stata subito di elevato livello (foto Paletti)
I due Cingolani insieme a Valter Vaglio: la sfida junior del Regioni è stata subito di elevato livello (foto Paletti)

E intanto attenti ai Cingolani

Corridonia ha incoronato gli specialisti puri (anche se poi tutti quanti abbinano il ciclocross ad altre specialità) e soprattutto ha fatto ottenere il pieno di soddisfazioni al Team Cingolani-Specialized, che a livello femminile ha visto la tricolore Carlotta Borello, vincitrice della maglia rosa lo scorso anno mettere subito il suo sigillo precedendo due ragazze, Sabrina Rizzi del Team Sogno Veneto e Ilaria Tambosco della Sanfiorese che potrebbero essere protagoniste nel corso della stagione.

Un cenno a parte lo meritano i fratelli Filippo e Tommaso Cingolani che hanno fatto accoppiata nella prova junior e che dopo essere stati protagonisti assoluti nell’estate nella categoria allievi hanno subito dimostrato di voler seguire la stessa via anche nella categoria superiore. Intanto nel ciclocross…

Campionati del mondo Kigali 2025, Marino Amadori, Lorenzo Finn, Cordiano Dagnoni, taglio della torta

EDITORIALE / La vittoria di Finn sia una spinta e non un freno

29.09.2025
6 min
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KIGALI (Rwanda) – Lorenzo Finn e lo strepitoso manipolo degli under 23 hanno portato un oro così abbagliante da spingere anche la Gazzetta dello Sport a dedicargli uno spazio in prima pagina e ben quattro pagine a seguire. L’oro è prezioso, ma se lo fissi troppo a lungo tende a sfocare lo scenario intorno. Finn ha davvero quello che serve per arrivare alla mensa dei grandi. Siamo certi tuttavia che il nostro ciclismo sia in grado di intercettare tutti i potenziali campioni che produce? Ecco perché è necessario che la vittoria di Lorenzo si trasformi in una spinta e non in un freno, come quando ci si siede convinti di avere quanto basta.

Campionati del mondo Kigali 2025, U23, Alessandro Borgo, PSimone Gualdi, Pietro Mattio, gesto dell'arco come Lorenzo Finn
Anche Borgo, Mattio e Gualdi, tagliando il traguardo, hanno scoccato la freccia come Finn
Campionati del mondo Kigali 2025, U23, Alessandro Borgo, PSimone Gualdi, Pietro Mattio, gesto dell'arco come Lorenzo Finn
Anche Borgo, Mattio e Gualdi, tagliando il traguardo, hanno scoccato la freccia come Finn

Tre amici al box

Vi raccontiamo al riguardo un interessante scambio di opinioni fra Johnny Carera, Dino Salvoldi e il sottoscritto, avvenuto davanti al box dell’Italia. La teoria dell’agente di Pogacar (e svariati altri corridori) suggerisce che ormai è impossibile che un atleta sfugga agli osservatori. Persino un cicloturista che vince le gran fondo viene “pesato” e indirizzato verso i devo team o le squadre WorldTour. Ci sono così tanti dati a disposizione, che tutto il meglio viene a galla e gli altri probabilmente farebbero meglio a smettere, non avendo i mezzi per andare avanti. Un tema che con lui avevamo già affrontato in precedenza, scrivendone un primo editoriale.

A nulla in un primo momento sono valse le nostre obiezioni, secondo cui non tutti i dati di tutti i corridori sono realmente disponibili. Ci sono infatti parecchie società giovanili incapaci di seguire i loro ragazzi come meriterebbero. Di conseguenza, l’Italia perde una percentuale significativa di atleti senza averli neppure valutati.

Niente da fare: secondo Carera non si sfugge. Chiaramente il suo è il punto di vista di chi intercetta i più giovani non per mecenatismo, ma per ricavarne un utile in prospettiva futura. Se i numeri sono alti e il parco atleti è pieno, l’agente può dirsi soddisfatto. La percentuale di quelli che vengono portati al professionismo in tenera età e poi smettono è un dato su cui ci soffermeremo in altra occasione.

I talenti poco seguiti

Salvoldi, che da tre anni ha preso in mano la categoria juniores, ha ascoltato e poi ha detto la sua. In tante squadre più piccole ci sarebbero pure dei tecnici capaci, ma devono arrestare il loro slancio davanti a presidenti avanti con gli anni. Imprenditori che usano la squadra per raccontare il lavoro delle aziende e per vantarsi con i loro concorrenti. Oppure presidenti che ingaggiano corridori con tanti punti, senza guardare quelli del loro paese che magari avrebbero margini inesplorati. Loro non hanno interesse a sposare le metodologie del ciclismo moderno e forse non ne vedono la necessità.

Questo fa sì che il talento ci sia – ha fatto notare il cittì degli juniores – ma non venga seguito come richiederebbe. In questo ciclismo così spinto ormai anche fra gli allievi, è realmente possibile che dei ragazzi non riescano ad emergere? I test fatti in pista lo confermano: in Italia tanti atleti si perdono lungo il percorso. Perché non tutti hanno alle spalle società all’altezza e non tutti finiscono nei radar degli agenti. E poi è normale che siano quasi unicamente gli agenti a gestire il futuro del ciclismo italiano? A quel punto Carera ci ha pensato un istante e ha ammesso che la posizione di Salvoldi (che è anche la nostra) sia effettivamente centrata.

Campionati del mondo Kigali 2025, donne junior, Chantal Pegolo
Chantal Pegolo argento fra le donne junior: fra le ragazze le problematiche non sono da meno
Campionati del mondo Kigali 2025, donne junior, Chantal Pegolo
Chantal Pegolo argento fra le donne junior: fra le ragazze le problematiche non sono da meno

Il modello britannico

Ma Salvoldi è andato oltre e ha spiegato che in Gran Bretagna, il giovane che voglia iniziare a praticare ciclismo si rivolge ai centri locali di British Cycling, la loro federazione. Viene inserito in un processo di valutazione e indirizzato dove meglio il suo talento sarà valorizzato. In questo modo, prima ancora che si capisca se il ragazzino sarà un campione oppure un brocco, il suo profilo sarà stato valutato da chi governa il ciclismo del Paese.

In Italia, il bambino che voglia iniziare deve necessariamente iscriversi a una società. La scelta magari avviene per vicinanza, senza sapere più di tanto quale contesto troverà. Senza sapere se sarà guidato in un cammino di crescita che saprà valorizzarlo. Arriverà all’attenzione della Federazione e degli agenti soltanto se sarà in grado di fare dei risultati. Ma questi non sono scontati se la crescita si svolgerà lungo un percorso inadeguato.

Le scuole calcio sono un’altra cosa. Intanto sono una presenza più ramificata sul territorio e poi anche le più piccole hanno l’occhio di una grande squadra che periodicamente analizza le schede dei bambini. E’ interesse delle società farli crescere, anche per il valore economico dell’atleta, che nel ciclismo per le società di base è davvero poca cosa. La qualità del lavoro di Salvoldi di questi anni si basa sui test che il tecnico azzurro ha iniziato a svolgere sui territori, attirando i corridori che avrebbero difficoltà a raggiungerlo a Montichiari e facendone una prima valutazione. «Il ciclismo non è per tutti – ha detto giustamente Carera – poiché richiede mentalità e dedizione fuori dal comune». Ma se il ciclismo si ferma in Toscana e scendendo verso il Sud e le Isole ha grosse difficoltà per l’assenza di squadre e calendario, quanti sono i giovani corridori che avrebbero delle potenzialità e al ciclismo neppure ci pensano?

Campionati del mondo Kigali 2025, U23, Lorenzo Finn con i genitori
I genitori di Lorenzo Finn hanno seguito i figlio in Rwanda. Hanno raccontato di avergli sempre lasciato grande libertà
Campionati del mondo Kigali 2025, U23, Lorenzo Finn con i genitori
I genitori di Lorenzo Finn hanno seguito i figlio in Rwanda. Hanno raccontato di avergli sempre lasciato grande libertà

Un sistema superato

La nazionale non può fare tutto, soprattutto in questi anni di spese ridotte. Su pista allena i suoi ragazzi e i risultati si vedono, ma non può sostituirsi alle società. Può offrire ai ragazzi un calendario di crescita senza la pressione del risultato che magari è tipica delle squadre, ha spiegato Salvoldi, con la finalità di crescere con la giusta consapevolezza. Quello che invece potrebbe fare la Federazione (in apertura con il ct Amadori e Finn, c’è il presidente Dagnoni) è cercare di avvicinarsi al modello britannico diventando con i suoi Comitati Regionali un hub per l’accesso allo sport.

La famiglia si rivolge al settore tecnico regionale: saranno loro a fare una prima valutazione del bambino e ad indirizzarlo verso le società che lavorano meglio. Per le altre (ad esempio quelle che fermano il ragazzino che per l’anno successivo ha comunicato di voler cambiare maglia) non deve esserci posto, a meno che non cambino registro. A monte, una fase di formazione e screening per chi gestisce le società di base permetterà di avere il vero polso della situazione. Va sradicato un sistema che ormai non va più bene, creando un meccanismo più esatto e in linea con le esigenze attuali. La Federazione ha tutte le armi per riprendere in mano lo sviluppo dei corridori, facendo in modo che gli agenti siano figure necessarie, ma non gli arbitri dello sviluppo. Servono voglia e capacità, il resto c’è tutto.

Erica Magnaldi è nata a Cuneo il 24 agosto 1992. E' alla sua ottava stagione elite

Dalle GF alle elite: Magnaldi e le differenze con Trinca Colonel

29.09.2025
5 min
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Esempi di atlete che sono arrivate dalle gran fondo alle elite ce ne sono stati diversi. Nell’ultimo decennio alcune di loro sono diventate pro’ e vincenti come Erica Magnaldi prima e Monica Trinca Colonel adesso. Vale la pena però fare delle distinzioni perché anche questa transizione ha risentito del veloce e progressivo mutamento del ciclismo femminile.

Ti accorgi quindi parlando dell’argomento con Magnaldi che lei stessa farebbe fatica ad inserirsi in quello che è il suo mondo attuale e nel quale ci sa stare alla grande. Alla 33enne cuneese della UAE Team Adq abbiamo chiesto quali consigli e avvisi darebbe alle ragazze che si sentono di provare il passaggio nella massima categoria. In buona sostanza non basta solo saper andare forte in salita, occorrono tanti altri aspetti, anche mentali.

Luglio 2017, Magnaldi vince a Corvara e l'anno successivo passerà elite alla BePink (foto Maratona dles Dolomites)
Luglio 2017, Magnaldi vince a Corvara e l’anno successivo passerà elite alla BePink (foto Maratona dles Dolomites)
Luglio 2017, Magnaldi vince a Corvara e l'anno successivo passerà elite alla BePink (foto Maratona dles Dolomites)
Luglio 2017, Magnaldi vince a Corvara e l’anno successivo passerà elite alla BePink (foto Maratona dles Dolomites)

Vita che cambia

A luglio 2017 Magnaldi sale agli onori della cronaca amatoriale per la vittoria del percorso lungo della Maratona dles Dolomites. Questo risultato nella gran fondo italiana più famosa la proietta tra le elite trovando un contratto con la BePink la stagione successiva, prima di attirare l’attenzione della Ceratizit. Se il resto è storia nota, quel periodo sembra lontano anni luce.

«Il ciclismo specialmente quello femminile – apre la spiegazione Magnaldi – è cambiato tantissimo. Riguardando indietro, posso dire serenamente che la Erica di sette anni fa adesso sarebbe in grande difficoltà a correre tra le elite. Ora il livello è alto, le atlete sono agguerrite e le gare sono molto più complicate. Nel 2018 era più semplice per chi arrivava dal nulla come me. Adesso non è un passaggio così scontato come si può pensare, anche se comunque devi avere delle qualità.

«Personalmente – prosegue – ho dovuto colmare le lacune tattiche, lo stare in gruppo e la conoscenza delle avversarie. Nonostante tutto in qualche modo sono riuscita a cavarmela. Adesso bisogna avere motore per tutto. Ad esempio vediamo che ci sono i lead out per le salite, per portare le proprie capitane all’inizio delle salite o per guidarle fino ai punti decisivi. E talvolta le atlete che svolgono questi compiti continuano a salire a tutta.

Per sua stessa ammissione, ora Magnaldi farebbe fatica a passare dalle granfondo alle elite per il cambiamento del ciclismo (foto Play Full)
Per sua stessa ammissione, ora Magnaldi farebbe fatica a passare dalle gran fondo alle elite per il cambiamento del ciclismo (foto Play Full)
Per sua stessa ammissione, ora Magnaldi farebbe fatica a passare dalle granfondo alle elite per il cambiamento del ciclismo (foto Play Full)
Per sua stessa ammissione, ora Magnaldi farebbe fatica a passare dalle gran fondo alle elite per il cambiamento del ciclismo (foto Play Full)

Passaggio da ponderare

Per quelle granfondiste che ottengono buoni piazzamenti o che producono grandi prestazioni, il salto tra le elite va soppesato in maniera attenta. Se nel ciclismo maschile appare impossibile, anche nel femminile la tendenza inizia ad essere la medesima.

«Attenzione – sottolinea Magnaldi – a chi è tentata di lasciare le gran fondo per provare le gare elite. Ci sono differenze fondamentali a cui nessuno mai pensa. Le granfondiste sanno andare forte in salita con un passo regolare. Al netto di questa dote, trascurano sempre la pianura, le salite brevi e i cambi di ritmo. E poi spesso si trovano in gruppi di uomini che scandiscono la velocità. Per passare elite bisogna lavorare a livello anaerobico.

«C’è poi una componente di stress – aggiunge Erica – che non va sottovalutata. Correre a certi livelli tra le elite ha tanti aspetti belli, ma è una vita dura sia in gara che fuori. Sei chiamata a stare tanto lontano da casa tra ritiri e gare. Devi saper gestire le pressioni delle corse e gli equilibri di una squadra. Ora che sono pro’ mi accorgo che forse non sarei in grado di ritornare alle gran fondo e magari vincerle, proprio perché sono due mondi e sport totalmente diversi, non solo tatticamente».

Trinca Colonel arriva dalle granfondo, ma ha corso le categorie giovanili. Per Magnaldi i loro sono casi molto diversi
Trinca Colonel arriva dalle gran fondo, ma ha corso le categorie giovanili. Per Magnaldi i loro sono casi molto diversi
Trinca Colonel arriva dalle granfondo, ma ha corso le categorie giovanili. Per Magnaldi i loro sono casi molto diversi
Trinca Colonel arriva dalle gran fondo, ma ha corso le categorie giovanili. Per Magnaldi i loro sono casi molto diversi

Esempio border line

Dopo il mondiale appena disputato in Rwanda, sabato prossimo Trinca Colonel correrà anche l’europeo in Ardeche, dove ha conquistato tappa e generale del TCFIA, e dove ci sarà Magnaldi, che una settimana fa ha vinto il titolo continentale nel gravel in Abruzzo. Sono state spesso accomunate per il loro passato nelle gran fondo, ma le similitudini si fermano qua.

«Credo che sia – dice Magnaldi – un esempio border line quello tra me e Monica. Non ci sono consigli che io possa dare a lei. Monica ha corso nelle categorie giovanili fino a quindici anni e ha imparato a guidare molto bene la bici. Non a caso è una delle più forti discesiste del gruppo. Monica ha numeri e motore da fuoriclasse. E infatti non mi stupisco che stia andando forte malgrado fino al 2023 corresse e vincesse le gran fondo.

«Io invece – si avvia alla conclusione del discorso – sono cresciuta sugli sci da fondo e iniziando ad andare in bici quando ormai avevo più di ventidue anni. Mi sono affacciata al ciclismo elite in una fase in cui c’erano divari molto netti tra le 20-30 atlete più forti e le altre. Ora il livello medio è molto più alto alle spalle di quelle solite 20-30 forti. Le abilità le ho acquisite in gruppo, mettendomi in gioco, seguendo consigli e guardando le nostre gare in televisione, cosa che peraltro faccio ancora adesso per capire meglio gli errori che da dentro ti sfuggono. Ecco perché dico che chi viene dalle gran fondo ora farebbe fatica».

Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel dopo il traguardo

Il mondiale a ostacoli di Evenepoel, tra iella e grandi gambe

29.09.2025
6 min
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KIGALI (Rwanda) – Dopo l’arrivo, mentre Pogacar ancora faceva festa con la squadra e la compagna, Remco Evenepoel è andato a sedersi contro una transenna con la testa fra le mani (foto di apertura). Il secondo posto brucia, il fatto che sia stato scatenato da un problema meccanico, lo rende anche più pesante. Sul podio il belga aveva un sorriso vagamente mesto, ma gradualmente ha recuperato il senso delle cose. Dopo aver vinto l’oro nella crono, il belga ha centrato l’argento su strada. Se esistesse una classifica combinata fra le due discipline, sommando i distacchi fra crono e strada, il leader nella sfida contro Pogacar sarebbe ancora lui, con margine di 1’09”. Meglio sorridere e fare buon viso a cattivo gioco.

La sua giornata è stata variopinta, come lo è stata la sua settimana. E’ iniziata con la crono stellare in cui ha imposto la sua legge anche su Pogacar. E’ proseguita con una conferenza stampa piena di sicurezza e con un’affermazione sugli italiani che si è prestata a interpretazioni poco simpatiche. Quando la corsa è partita, lo abbiamo visto fermarsi e infilarsi in un WC chimico. Poi ha cambiato per due volte la bici, con tanto di scena stizzita diventata ormai virale sui social. E alla fine, rimesse le cose in pari, si è espresso in un inseguimento così potente da aver tolto di ruota Ciccone in pianura e discesa e non in salita. La sua giornata l’ha spiegata lui quando, ultimo dei tre del podio, è venuto a raccontarsi davanti alla platea dei giornalisti.

Perché quei minuti sconsolati dopo l’arrivo?

Forse dopo la guarderò con occhi diversi, ma al momento non mi sento benissimo.

Che cosa è successo da farti cambiare per due volte la bici?

Prima del Mount Kigali, sono finito in una buca della strada e la sella si è abbassata, tanto che stare seduto è diventato un problema. Poi è cominciata la salita e i crampi ai muscoli posteriori della coscia si sono fatti sempre più forti. Non è stato il massimo. E una volta che Tadej ha sferrato il suo attacco, cosa che sapevo sarebbe accaduta lì, ho avuto dei crampi e non riuscivo a spingere bene. Potrebbe sembrare strano, ma è così che funziona quando si cambia posizione drasticamente. Finché ho trovato dei compagni di squadra e ho detto loro che dovevano riportarmi dentro, ma che al traguardo avrei dovuto cambiare bici.

Primo cambio: e poi?

Al box mi hanno passato la terza bici, che non uso molto. Sentivo che aveva la sella troppo orizzontale e che iniziava a darmi molti problemi alla parte bassa della schiena, a causa dei miei infortuni del passato. Quindi non sono riuscito a farci neanche un giro, perché ero davvero in difficoltà. A quel punto mi sono fermato per prendere la seconda bici dall’auto. Sfortunatamente in quel tratto c’erano alcuni corridori staccati e un po’ di traffico, quindi ho dovuto aspettare un po’ per la macchina. Una volta presa la bici, ho sentito che ero nella posizione giusta e tutto girava correttamente. Così sono rientrato in gara e ho concluso con un secondo posto.

Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel con BEn Healj e atias Skjelmose
La compagnia di Healy e Skjelmose dopo un po’ non è bastata e Remco li ha staccati, ma Pogacar era imprendibile
Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel con BEn Healj e atias Skjelmose
La compagnia di Healy e Skjelmose dopo un po’ non è bastata e Remco li ha staccati, ma Pogacar era imprendibile
Hai pensato anche solo per un secondo di ritirarti?

Sì, l’ho pensato. Ero fermo, con la bici rotta. Guardavo con stupore il mio distacco che ormai era di 1’45”. A quel punto mi sono chiesto: perché continuare? Mancavano ancora cinque giri o qualcosa del genere, per cui è stata dura. Poi però ci siamo ritrovati tra le ammiraglie, almeno fino a che c’è stato il barrage e così sono tornato nel gruppo. Con il secondo cambio di bici, mi sentivo di nuovo meglio, le gambe giravano e avevo meno crampi. Ho sentito che c’era ancora un po’ di potenza e qualcosa da fare. Ovviamente in quel momento il distacco era già troppo grande per colmarlo, perché sappiamo tutti che se Tadej prende vantaggio, non rallenta. Siamo bravi cronomen, sappiamo come mantenere un certo margine. Quindi, la gara in quel momento era già persa, potevo solo sperare nel meglio e puntare al massimo.

Sei andato fortissimo, sapevi di stare così bene?

Credo di essere andato piuttosto forte, ma Tadej ancora una volta ha fatto una corsa fenomenale ai campionati del mondo. Ero frustrato perché sapevo che oggi sarebbe potuta andare diversamente senza i problemi alla bici. Penso che se non avessi avuto i crampi sul Mount Kigali, sarei riuscito a stare al passo con lui e Del Toro. E a quel punto la gara sarebbe finita, perché in tre saremmo arrivati davvero lontano. Le gambe c’erano, ma ho avuto anche un po’ di sfortuna.

Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel all'arrivo
Evenepoel ha mantenuto pressoché invariato il suo ritardo da Pogacar, segno di due andature piuttosto simili
Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel all'arrivo
Evenepoel ha mantenuto pressoché invariato il suo ritardo da Pogacar, segno di due andature piuttosto simili
Ti accorgi che il gap da Tadej è sempre più sottile?

Mi rendo conto che il mio livello è salito. Oggi sono finito dietro Pogacar, ma non a tre minuti come al Lombardia dell’anno scorso. Sono rimasto dietro di un minuto e non sono diventati tre. L’ho inseguito andando alla sua stessa velocità. A un certo punto abbiamo perso terreno in tre. Io stavo lavorando molto, invece sentivo che Ben e Matthias (Healy e Skjelmose, ndr) ci stavano rallentando ed è per questo che ho deciso di provarci sulla cima della salita del golf. E alla fine ho sempre mantenuto lo stesso distacco. Mi sento abbastanza bene e spero di poter mantenere questa forma la prossima settimana agli europei e poi anche al Lombardia. E’ una gara che prima o poi nella mia carriera mi piacerebbe vincere.

Alcuni corridori hanno detto che si è trattato della gara più dura della loro carriera.

Per me no, per esempio Glasgow fu qualcosa di completamente diverso perché eri sempre in salita. Certo, il tratto sul pavé alla fine ha reso tutto davvero difficile, perché inizi a essere stanco e poi hai di nuovo quel pavé e ancora quel pavé e ancora, ancora, ancora. Non era una cosa che mi infastidisse, ma alla fine ho iniziato a odiarla. Non mi è sembrata la gara più dura, probabilmente perché sono in ottima forma.

Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel, affaticato dopo l'arrivo
Dopo il traguardo, Evenepoel non ha voluto altro che un angolo di asfalto per sedersi a smaltire fatica e delusione
Campionati del mondo 2025, Kigali, Remco Evenepoel, affaticato dopo l'arrivo
Dopo il traguardo, Evenepoel non ha voluto altro che un angolo di asfalto per sedersi a smaltire fatica e delusione
Perché a un certo punto hai dovuto andare in un bagno chimico? Problemi di stomaco?

Dovevo fare pipì e non ho osato farla da qualche altra parte per paura che mi squalificassero. Ma poi, dopo qualche chilometro, ho visto tre australiani che la facevano sul ciglio della strada. E allora mi sono chiesto: perché non l’ho fatto anch’io? Però è vero che negli ultimi giorni ho avuto qualche problema di stomaco, non serve che vi spieghi cosa (ride, ndr). All’inizio della gara è andata abbastanza bene, ma appena ho cominciato a mandaregiù dei gel, ho avvertito un po’ di crampi allo stomaco. Ma non mi hanno frenato, solo che dopo l’arrivo sono dovuto correre in bagno per sfogarmi, diciamo così. Penso di non essere il primo e neanche l’ultimo in questa trasferta ad avere problemi di stomaco.

Vincere il campionato europeo di domenica prossima potrebbe riequilibrare la situazione?

L’ultimo mese della mia stagione ha da tempo tre obiettivi: il mondiale di Kigali, gli europei in Ardeche e il Lombardia. La maglia degli europei è anche l’unica che manca dal mio armadio, quindi nel prossimo fine settimana avrò molta motivazione. Ma non cerco la vendetta, è solo un obiettivo molto ambizioso e mi sento pronto. Quindi spero di riprendermi bene e poi ci riproveremo.