Ayuso in crisi al Giro d’Italia, Ayuso fuori dalla lotta per la maglia amarillo, Ayuso poi trionfatore di tappa alla Vuelta con imprese di spicco. Si è parlato tanto del giovane talento spagnolo quest’anno, ma in fin dei conti più per questioni “fuori gara” che per i suoi successi. L’iberico lascia la UAE per passare alla Lidl-Trek e la sensazione è che nel team degli Emirati siano pochi a piangere per il suo addio.
Ha destato sensazione però l’annuncio del suo passaggio arrivato già a Vuelta in corso e proveniente direttamente dal suo team, mettendolo in chiara difficoltà. Testimonianza ulteriore di rapporti che si erano incancreniti. Giuseppe Saronniconosce bene quell’ambiente e dall’alto della sua esperienza a 360 gradi nel mondo del ciclismo si è fatto una sua idea.
Lo spagnolo ha corso finora 59 giorni con 8 vittorie e 11 top 10Lo spagnolo ha corso finora 59 giorni con 8 vittorie e 11 top 10
«Non essendo più responsabile della squadra – spiega Saronni – guardo le cose un po’ al di fuori pur sapendo alcune situazioni che ci sono. Ayuso è un corridore che ha delle buone potenzialità, ma questo si sapeva, è già da qualche anno che è ai vertici. Io credo che il problema fondamentale sia che non è mai entrato in sintonia con i compagni di squadra. Si è notato che anche con i corridori di una certa esperienza della squadra si è sempre un po’ scontrato, si sono creati attriti. Ma questo può anche capitare, perché i ragazzi di oggi sono sempre un po’ esuberanti, magari non rispettano certe situazioni nei confronti dei corridori che hanno più esperienza ma questo ci sta».
E’ chiaro però che il team non potesse sopportare a lungo una certa atmosfera negativa…
Teniamo presente che in una squadra come la UAE hai dei compiti e dei ruoli che vanno rispettati avendo compagni di grandissimo peso specifico. E’ chiaro che a volte non puoi fare solo quello che ti pare, ma devi anche stare a certe regole, a certe gerarchie. Quindi secondo me si è scontrato un po’ con l’esuberanza giovanile e un po’ con le esigenze di alcuni corridori della squadra.
Con i compagni, Ayuso non sempre ha legato. Alla Lidl-Trek andrà diversamente?Con i compagni, Ayuso non sempre ha legato. Alla Lidl-Trek andrà diversamente?
All’annuncio del suo approdo alla Lidl-Trek, Skjelmose ha detto che ha dubbi sul fatto se collaborerà con gli altri in un ipotetico grande giro. Non è che adesso si è fatto una brutta fama che lo accompagna?
In corsa i corridori vedono e sanno, vedono i comportamenti, vedono il carattere, vedono tante cose più di noi che guardiamo da fuori. Anche se ormai le corse le vediamo per intero, ma in mezzo al gruppo le prospettive sono molto diverse. E quindi anche gli altri corridori sanno di questo caratterino. Quindi certe domande se le pongono. Poi dipende da tante cose, soprattutto dal rendimento, da come gira la ruota. Certo che i corridori in gruppo probabilmente hanno visto che questo ragazzo ogni tanto fa un po’ troppo quello che vuole. Poi sul talento non si discute, ma se sei giovane devi capire, devi valutare, devi migliorare e crescere, io dico che sicuramente lo farà.
Il Saronni corridore come avrebbe vissuto la vicenda del cambio di squadra durante una corsa, cioè la comunicazione da parte della tua squadra che andrai via?
Io questo problema non l’ho mai vissuto perché ai nostri tempi le regole erano diverse, quindi un corridore non poteva lasciare la squadra a metà anno o durante la stagione. Oggi questi ragazzi crescono con una mentalità e con norme diverse e quindi crescono in base ad esse. Io credo che se non si sentiva più di rimanere in questo gruppo, sicuramente per lui è una liberazione andare a fare altre esperienze. Alla fine è stato quasi un naturale evolversi delle cose.
Dopo l’annuncio dell’addio in piena Vuelta, lo spagnolo si è risentito attraverso media e socialDopo l’annuncio dell’addio in piena Vuelta, lo spagnolo si è risentito attraverso media e social
Ma secondo te la squadra poteva gestire la vicenda in maniera diversa, proprio sapendo le difficoltà che Ayuso aveva di coesistenza in quel gruppo?
E’ stata una sorta di liberazione un po’ per tutti, per questo ha anticipato rispetto ai tempi previsti. Sto facendo un ragionamento su sensazioni personali, non ho chiesto notizie nell’ambiente. Alla fine quando la convivenza non può più esserci, credo che sia una soluzione giusta per tutti. La UAE ha talmente tanti corridori, oltre a Pogacar su cui far conto, quindi per il team Ayuso era un valore aggiunto, ma se le cose avessero funzionato. Io credo che anche a lui farà bene cambiare aria, trovare nuovi spazi.
Credi che alla UAE ne avesse?
Secondo me abbastanza, perché mi sembra che avesse un ruolo importante, che poi il corridore ha un po’ sprecato, giocandosi la fiducia riposta in lui.
Un freddo saluto al Giro con il compagno di colori Del Toro. La frattura era già in essere…Un freddo saluto al Giro con il compagno di colori Del Toro. La frattura era già in essere…
Allargando un attimo il discorso, i tempi attuali del ciclomercato, dove dopo il 31 agosto si possono già ufficializzare i contratti per il nuovo anno, sono qualcosa che funziona?
A volte l’UCI tira fuori delle norme anche abbastanza discutibili. Io sono un po’ vecchia maniera, dell’idea che un corridore può cambiare squadra a fine anno. Poi è anche vero che il ciclismo di oggi ha delle esigenze diverse, oggi dietro i corridori ci sono i procuratori che hanno rivoluzionato ogni rapporto. Io sinceramente preferivo la regola di prima in cui tu cambi squadra a fine stagione. Era molto più semplice e più chiaro…
Altro che stanchezza, altro che viaggio lungo: 72 ore dopo la folle prova iridata, Remco Evenepoel va a prendersi anche il titolo europeo a cronometro. E lo fa indossando la fresca maglia iridata e conquistando una maglia che a questo punto non vedremo mai. Ma tant’è. La bella (o brutta) notizia è che Remco ha battuto di nuovo Filippo Ganna. Bella perché alla fine Pippo è sempre lì, brutta… perché gli è arrivato davanti.
Ma certo la notizia di giornata, per noi italiani, è senza dubbio l’oro di Federica Venturelli tra le under 23. Una vittoria netta, schiacciante, con (quasi) lo stesso distacco che Remco ha inflitto a Ganna. Si apre così con una abbuffata di crono la cinque giorni di campionati europei in Francia, nella zona della Drôme-Ardèche.
Evenepoel formidabile: 72 ore dopo la corsa in linea in Africa eccolo mangiarsi i 24 km della crono europeaEvenepoel formidabile: 72 ore dopo la corsa in linea in Africa eccolo mangiarsi i 24 km della crono europea
Venturelli d’oro
La prima news che giunge dal dietro le quinte, nel vero senso della parola, è mentre Federica è al controllo antidoping. Al suo fianco c’è una donna che di maglia azzurra e grandi successi ne sa qualcosa: Marta Bastianelli. «Appena è arrivata – ci dice Marta – ha detto finalmente, come se si fosse liberata. Era davvero contenta, felice. Federica è una ragazza fortissima che a volte ha solo bisogno di credere un po’ più in sé stessa e oggi ci è riuscita alla grande».
Una vera macchina schiacciasassi è stata Venturelli. Dopo il bronzo iridato eccola prendersi l’oro continentale. Il tracciato europeo era circa 2.000 metri più lungo rispetto a quello africano, ma con oltre 100 metri di dislivello in meno, o meglio il 30 per cento. Ed ecco che Federica ha potuto dare sfogo alla sua potenza e, se vogliamo, anche alle sue doti di pistard.
L’azzurra, che è atleta della UAE Development Team e che dal 2026 passerà al team WorldTour, è partita con un setup a dir poco aggressivo: doppia corona 58-44 all’anteriore con l’11-34 al posteriore.
Dopo il bronzo iridato Venturelli si prende l’oro continentale. La sua crescita è costante e potenteDopo il bronzo iridato Venturelli si prende l’oro continentale. La sua crescita è costante e potente
In bici con Federica
E partendo proprio da quei rapporti, ecco le parole di Venturelli. «Quale rapporto mulinavo di più? Non so, so solo che volevo mantenere le 95-100 rpm, cioè quelle che mi danno una buona sensazione di gamba piena. Ma in qualche tratto in discesa ho spinto il massimo rapporto».
Federica è ai massaggi mentre racconta. La voce è quella di chi è felice, ma anche consapevole: insomma dei veri campioni che non si lasciano andare alla gioia sfrenata. «In questa crono più che crederci – racconta la fresca campionessa europea – ci speravo. La forma era buona e il percorso era adatto alle mie caratteristiche, in quanto più filante».
Ma un altro “oro” Federica ce lo regala mentre racconta la sua crono: un vero compendio di tecnica, musica per gli appassionati. «Oggi c’era molto vento – spiega Venturelli – così abbiamo deciso di gestirci nella prima metà della crono per poi dare il massimo nella seconda, perché col vento potevano esserci maggiori differenze. Guardavo i watt ma non tanto per i numeri in sé, quanto per vedere se quei valori corrispondessero alle mie sensazioni, pensando sempre a poter aumentare nel finale. In pratica partire al 90 per cento del mio potenziale nella prima parte e poi dare tutto. Per me le sensazioni restano centrali».
Ganna secondo sull’arrivo di Étoile sur Rhône. Il piemontese ha dato tuttoGanna secondo sull’arrivo di Étoile sur Rhône. Il piemontese ha dato tutto
Ganna vs Remco
Mentre si scrutano i vari ordini di arrivo e non si può certo gioire per il 12° posto di Vittoria Guazzini e il 14° di Lorenzo Milesi, ecco che si passa a parlare di Pippo Ganna. Intanto va avanti l’immensa gioia di e per Venturelli.
«Appena sono arrivata – riprende Federica – ero troppo stanca per pensare alla vittoria. Ci ho messo un po’ a realizzare. E poi ero anche un po’ tesa per le ultime due ragazze che dovevano arrivare. Insomma ero un mix tra stanchezza e agitazione!».
Agitazione che di certo non aveva Evenepoel. Ormai Remco è ufficialmente la bestia nera di Filippo Ganna. Che le crono siano filanti o mosse, financo dure, il belga lo precede. E’ dalla crono alla Vuelta 2023 che Ganna non batte Remco a cronometro. E il più delle volte il belga è arrivato primo e Pippo secondo. La cosa preoccupante è il trend del distacco. Sin qui si parlava di 6”-14”, stavolta siamo arrivati a 43”. Come mai?
E’ Remco che è volato o Pippo che non era al suo top? Forse, ma in tal senso siamo nel pieno campo delle ipotesi, una via di mezzo. Di certo il belga è in una condizione stratosferica, Ganna sta bene ma non sappiamo se era sui suoi valori migliori di sempre.
Il podio finale degli elite uomini: primo, Remco Evenepoel, secondo Filippo Ganna a 43″, terzo Niklas Larsen a 1’08”Anche Marlene Reusser concede il bis rispetto alla crono iridata. Lascia a 49″ Ottestadt e a 51″ BredewoldTra i tanti italiani impegnati quest’aggi in Francia, da segnalare l’incoraggiante sesto posto di Nicolas Milesi tra gli U23Il podio finale degli elite uomini: primo, Remco Evenepoel, secondo Filippo Ganna a 43″, terzo Niklas Larsen a 1’08”Anche Marlene Reusser concede il bis rispetto alla crono iridata. Lascia a 49″ Ottestadt e a 51″ BredewoldTra i tanti italiani impegnati quest’aggi in Francia, da segnalare l’incoraggiante sesto posto di Nicolas Milesi tra gli U23
Questione di vento?
Il vento ci ha messo lo zampino. Vedevamo come tutti quelli più alti, quindi Ganna, ma anche Stefan Küng, Vacek e Josh Tarling, sbandassero non poco. Mentre Evenepoel era molto più stabile. Essendo più basso era meno esposto alle folate laterali. «Ho fatto la mia gara – ha detto Ganna dopo la cronometro – e sono contento della prestazione. Non pensavo che Remco riuscisse a recuperare le fatiche del mondiale in così poco tempo. E’ stato bravo, ha fatto un tempone, non ho nulla da rimproverarmi. Il vento? C’era per tutti, ma sicuramente il sottoscritto ha un fisico più imponente degli altri ragazzi saliti sul podio». Insomma la nostra teoria non era poi così sbagliata.
A Ganna dunque non si può rimproverare nulla. Lui stesso ha rifilato 25” al terzo, vale a dire oltre 1” al chilometro. E anche la tattica di partire forte per mettere pressione a Remco, tattica studiata con il cittì Marco Villa, non era poi così sbagliata. Semplicemente Remco è stato più forte.
Alla vigilia della Vuelta a San Juan passano sullo stesso palco Remco Evenepoel ed Egan Bernal. Le loro risposte incrociate in un'insolita intervista doppia
Jonathan Milan ha riallacciato il filo con la vittoria qualche settimana fa al Kampioenschap Van Vlaanderen con uno sprint di forza nel quale si è messo alle spalle Dylan Groenewegen e Tim Merlier. Smaltite le fatiche del Tour de France e la felicità per la conquista della maglia verde il ragazzone di Buja si era poi rimesso in gioco per il finale di stagione. Il cammino che ha portato fino alla conquista della maglia dedicata al miglior velocista è stato lungo e impegnativo.
«Ero tornato in gara ad Amburgo – racconta Jonathan Milan – con l’obiettivo di riprendere la mano in vista del Lidl Deutschland Tour. I valori che avevo fatto registrare in allenamento erano buoni, anche se questo non si è tramutato in un risultato pieno. E’ mancata solamente la vittoria.
Milan è tornato alla vittoria in Belgio al Kampioenschap Van VlaanderenNelle Fiandre il velocista della Lidl-Trek ha anticipato Groenewegen e MerlierMilan è tornato alla vittoria in Belgio al Kampioenschap Van VlaanderenNelle Fiandre il velocista della Lidl-Trek ha ritrovato Tim Merlier, suo rivale sulle strade del Tour
Belgio a due facce
Successo che è poi arrivato alla prima delle tre gare previste in Belgio nel mese di settembre, infatti al Kampioenschap Van Vlaanderen il velocista delle Lidl-Trek è tornato ad alzare le braccia al cielo. Nelle giornate successive però non è riuscito a replicare la vittoria ottenuta sulle strade delle Fiandre.
«Una volta arrivati in Belgio mi sentivo nella giusta forma – continua Milan – e ne ero felice, anche perché a fine stagione bisogna sempre fare i conti con le energie rimaste. Ero parecchio motivato, insieme al team ci eravamo dati l’obiettivo di raccogliere quante più vittorie possibile. Siamo partiti bene a Koolskamp con una bella volata. Purtroppo nei due giorni successivi non mi sono sentito bene, anzi nell’ultima gara delle tre previste ho preso l’influenza».
Nei giorni successivi Milan è stato vittima di un’influenza che ha condizionato le altre gare in Belgio, qui alla partenza della Super8 ClassicNei giorni successivi Milan è stato vittima di un’influenza che ha condizionato le altre gare in Belgio, qui alla partenza della Super8 Classic
Come si riparte dopo aver centrato l’obiettivo della stagione?
La maglia verde al Tour era il focus dell’anno, una volta raggiunto ero molto felice. Sono contento anche di come ho vissuto quell’esperienza: le tappe, le volate, le persone sulla strada. Mi sono divertito parecchio e penso che questo aspetto sia stato importante e che mi abbia dato una grande mano nel raggiungere l’obiettivo.
Cosa ti è rimasto da questo Tour?
La consapevolezza di avere al mio fianco una squadra forte, continuerò a ringraziarli sempre per quanto fatto e per come mi hanno supportato nei momenti difficili. Ce ne sono stati, ad esempio qualche salita o fasi della corsa concitate, magari in televisione sono aspetti che si vedono di meno ma hanno fatto un grandissimo lavoro. Quando si raggiunge un obiettivo è sempre qualcosa appagante, magari sembra banale dirlo ma è veramente così.
La conquista della maglia verde per Milan è stato il coronamento di un lavoro durato una stagione interaLa conquista della maglia verde per Milan è stato il coronamento di un lavoro durato una stagione intera
Ti scorrono in testa determinati momenti?
Prima di partire immagini tutto, studi ogni dettaglio, poi inizia la parte di preparazione nella quale ci si allena per settimane con un unico pensiero. Arrivare a Parigi e dire che siamo riusciti a portare a casa la maglia verde è stato qualcosa di molto emozionante.
E’ cambiato qualcosa in te? C’è una maggior consapevolezza nei tuoi mezzi?
No, è stato tutto uguale. Ogni volta che risalgo in bici c’è il solito mal di gambe che mi accompagna per i primi quattro o cinque giorni. Tirare fuori una buona condizione dopo le fatiche del Tour è stato importante. Il Lidl Deutschland Tour è stato un passaggio importante, ci sono stati dei momenti di difficoltà però sono felice di com’è andato. Diciamo che è stato un buon rodaggio per tornare alle corse. Duretto, devo ammetterlo, però siamo andati vicini alla vittoria. Vediamo il prossimo anno se riusciremo a fare meglio.
Milan è ritornato in corsa prima ad Amburgo e poi al Deutschland Tour ritrovando buone sensazioni, è mancata solamente la vittoriaMilan è ritornato in corsa prima ad Amburgo e poi al Deutschland Tour ritrovando buone sensazioni, è mancata solamente la vittoria
L’ultima trasferta in Giappone è come un capitolo conclusivo di una stagione che ti ha regalato cosa, oltre ovviamente ai successi su strada?
Che mi ha insegnato tanto a gestire impegni grandi come la preparazione di un Tour de France. Alla fine è stato un anno nel quale mi sono divertito tanto, non per le vittorie ma in generale. In squadra abbiamo condiviso tanti bei momenti, è stata una stagione veramente molto molto bella. Adesso ci saranno queste due ultime gare in Giappone dove cercheremo di andare a fare il meglio.
Riprenderai anche con la pista?
Ho già sentito il cittì Dino Salvoldi, ci siamo già sentiti un po’ più volte. Adesso parlerò anche con la squadra e andremo a vedere le date che ci saranno per quanto riguarda il calendario su pista. Gli ho già dato un occhio, però fra obiettivi su strada e pista si vorrebbe cercare di fare tutto ma è impossibile. Andremo a definire il tutto, sicuramente tornerò in pista ad allenarmi con il nuovo anno.
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Nella squadra azzurra presente agli europei e in gara nella prova juniores maschile c’è anche Thomas Bernardi. Una convocazione, la sua, raggiunta proprio in extremis, guadagnata sul campo domenica aggiudicandosi la Olgiate-Ghisallo, ennesimo acuto di un’estate davvero encomiabile per il portacolori del Team F.lli Giorgi. Preparando le valigie per la trasferta europea, Bernardi fa un po’ il punto considerando questa trasferta un po’ lo snodo della sua ancor giovane carriera.
«Io ho iniziato abbastanza presto, da G6 – dice – seguendo le orme di mio fratello e rinunciando al calcio. Ho fatto questo cambio perché vedevo che lui correva, si divertiva, volevo imitarlo. L’allenatore di mio fratello mi aveva detto di provare anche io e sono contento di averlo fatto».
Il successo alla Coppa Valle Grana gli è valso anche il titolo di campione provinciale (foto Facebook-Team Giorgi)Il successo alla Coppa Valle Grana gli è valso anche il titolo di campione provinciale (foto Facebook-Team Giorgi)
La gara di domenica com’è stata?
Nei giri in pianura c’è stata una fuga di tre atleti tra cui il nostro Giacomo Agostino. Quindi eravamo messi bene perché è uno che va forte. All’inizio dell’ultima salita li abbiamo ripresi e poi ho fatto il mio ritmo e sono arrivato da solo.
Dal 13 luglio hai fatto tutte top 10 con tre vittorie e sei uscito dai primi 10 soltanto una volta al Paganessi. A che cosa si deve questo cambio di passo?
Prima di luglio, non sono mai riuscito a allenarmi regolarmente. Ho avuto la mononucleosi quest’inverno, poi a Massa mi sono rotto la mano e quindi non sono mai riuscito ad allenarmi con costanza. Da inizio giugno ho ritrovato un po’ di pace seguendo alla lettera i programmi del mio preparatore Dario Giovine e devo dire che sto migliorando giorno dopo giorno.
Delle tre vittorie che hai fatto, qual è quella alla quale tieni di più, che meglio rispecchia le tue caratteristiche?
Direi il GP Loria, perché cioè dopo tutto quello che ho passato è stata veramente una rinascita, emergendo di forza nel finale fino a tagliare il traguardo a braccia alzate. E’ stata quella dove sono stato più soddisfatto di me stesso.
Le tre vittorie di Bernardi: il GP Loria con 2″ sui compagni di fuga (Photors)La Coppa Valle Grana arrivando insieme a Solavaggione (foto Rodella)E infine l’arrivo solitario sulla cima del Ghisallo (foto Rodella)Le tre vittorie di Bernardi: il GP Loria con 2″ sui compagni di fuga (Photors)La Coppa Valle Grana arrivando insieme a Solavaggione (foto Rodella)E infine l’arrivo solitario sulla cima del Ghisallo (foto Rodella)
Ti aspettavi la convocazione per gli europei?
Sapevo che forse fosse in ballo. Leone (il diesse Malaga, ndr) mi aveva detto prima del Buffoni che se avessi fatto bene anche lì, ci sarebbe stata questa opportunità. Lì ho fatto secondo, non ho vinto, infatti un po’ mi è dispiaciuto perché ci avevo davvero creduto e temevo che non fosse stato abbastanza. Poi comunque mi sono reso conto che il secondo posto non era male. E penso che quello che avevo fatto prima e la vittoria del Ghisallo, siano stati quelli gli appuntamenti che han fatto decidere in mio favore.
Quindi prima del Ghisallo non sapevi se saresti stato convocato…
No, al seguito della gara c’era uno della nazionale in moto e dopo è venuto a dirmi che riferiva tutto a Salvoldi e da lì ho capito che andavo in Francia. E’ stato davvero emozionante, un bell’effetto perché comunque è una gara importante e c’è da onorare questa opportunità.
Il secondo posto al Trofeo Buffoni l’aveva lasciato con l’amaro in bocca (foto Facebook-Team Giorgi)Il secondo posto al Trofeo Buffoni l’aveva lasciato con l’amaro in bocca (foto Facebook-Team Giorgi)
Che cosa sai della gara, del percorso?
E’ un percorso duro perché ci sono due salite lunghe e poi altre corte. Rispetto al mondiale, qui le salite sono più lunghe. A Kigali magari era un po’ più da scattisti, invece qua il passo paga di più e a me va bene perché io preferisco il passo al cambio di ritmo. Ma la stagione non finirà in Francia, avremo l’appuntamento di San Paolo d’Argon al quale la società tiene tanto perché è a 5 minuti dalla sede e si disputa sulla salita che facciamo in tutti gli allenamenti invernali. Poi avremo il tricolore di cronometro a squadre.
Tu a fine anno cambi categoria. Hai già contatti?
A dir la verità ho già firmato con la Caja Rural Under 23, che è una squadra spagnola.
Come sei arrivato a loro e perché li hai scelti?
C’è stata questa opportunità procurata dalla mia agenzia GL Promotion e mi hanno detto che c’era questo team spagnolo che era interessato a me. Poi ho parlato direttamente con loro e mi hanno accontentato in tutto, mi offrono tutto quello di cui ho bisogno e quindi penso sia la cosa migliore da fare.
L’europeo potrebbe essere nelle sue corde di scalatore adatto a salire col suo passo (foto Instagram)L’europeo potrebbe essere nelle sue corde di scalatore adatto a salire col suo passo (foto Instagram)
Farai un calendario più spagnolo o più italiano?
Mi hanno detto che ne parliamo a dicembre, al primo ritiro, ma lì ci sono tante gare internazionali, in Italia comunque hanno già l’invito per il Giro della Valle d’Aosta. Poi si vedrà, per ora so che sarò l’unico italiano. Sarà davvero una bella avventura… Io la vedo un po’ come il premio per la mia perseveranza anche in una stagione che era iniziata in maniera davvero difficile ed è andata avanti così fino all’estate, ma poi sono riuscito a trasformarla. Europei, maglia azzurra, prospettive internazionali: che cosa potrei volere di più?
KIGALI (Rwanda) – Rieletto alla guida dell’UCI per i prossimi quattro anni, il presidente dell’UCI Lappartient si è mostrato in giro per i mondiali con un bel sorriso e la sicurezza di chi non ha avuto neanche bisogno di difendersi da candidati avversi. L’apparato federale svizzero è ormai una solida industria, che produce fatturato e continua la sua espansione verso confini un tempo inimmaginabili. Lo sbarco in Rwanda è stato accolto con toni trionfali sia da parte del presidente dell’UCI, che se l’è appuntato sul petto, sia da parte dei media locali. Peccato ad esempio che alla celebrazione sia subito seguito ad esempio il contraltare delle parole di Girmay, che ha smontato il castello delle cerimonie. E invitando a riflettere sulla parola stessa: l’Africa non è il Rwanda. L’Africa è un continente immenso e ciascun Paese ha la sua storia e le sue esigenze.
All’indomani della sua elezione, Lappartient ha incontrato i media nella conferenza stampa di rito, in cui ha mostrato delle straordinarie doti oratorie, ma anche la scarsa volontà di affrontare a fondo i temi più seri. La sicurezza in gara. Le proteste contro Israele. Le rivolta delle aziende. Le azioni contro le squadre per l’annosa (e noiosa) vicenda dei GPS. Le cose hanno un solo punto di vista valido: quello dell’UCI. Intanto però le 5 squadre escluse dal Romandia Donne si sono rivolte al TAS, mentre SRAM si è rivolta al Garante Belga della concorrenza per la decisione legata alla limitazione dei rapporti. Quando abbiamo chiesto all’ufficio comunicazione dell’UCI di conoscere in che modo si svolgeranno i test in questo senso al Tour di Guangxi, ci è stato risposto che proprio in seguito al ricorso di SRAM, tali informazioni non possono essere condivise con i media.
Girmay ha detto chiaramente che in Africa servono cose più elementari – ad esempio le bici – che grandi eventi internazionaliGirmay ha detto chiaramente che in Africa servono cose più elementari – ad esempio le bici – che grandi eventi internazionali
Finalmente in Africa, dunque?
Ho avuto l’obiettivo di organizzare i campionati mondiali in Africa e finalmente, 8 anni dopo la mia prima elezione, siamo qui in Rwanda e sono molto felice per l’alto livello di organizzazione e gare meravigliose. Il ciclismo in Africa sta crescendo. Tanti di noi non sapevano cosa aspettarsi. Sono rimasti colpiti dal livello dell’organizzazione.
Non rischia di essere un grande evento che domani non lascerà nulla?
Il ciclismo su strada è diverso da tutte le altre discipline. Bisogna correre, non puoi solo allenarti e gareggiare una o due volte al mese. Purtroppo non ci sono abbastanza gare e a volte ci sono problemi di risorse. Servono più corse a livello locale, ma anche internazionali. Se gli atleti africani vogliono raggiungere un determinato livello, non c’è nessun plan B che tenga: devono trasferirsi in Europa. Solo lì sono in grado di competere ogni settimana. Organizzare le gare, vista l’economia di alcuni Paesi, è molto più difficile.
E come si fa?
Il nostro obiettivo è che questo mondiale non sia un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Il fatto che gli eventi siano stati trasmessi in quasi tutti i Paesi dell’Africa ci aiuterà. Sono sicuro che potremo avere molti più eventi internazionali e in altre discipline, come la mountain bike o il gravel. Continueremo a investire, ma l’Africa è grande ed è difficile spostarsi da uno Stato all’altro. Per questo l’idea è di aprire un centro di ciclismo all’Ovest. Questi hub regionali saranno molto importanti per individuale i talenti e poi portarli al livello più alto. Dobbiamo continuare a discutere con le Federazioni nazionali per aiutarli a portare avanti una vera agenda, perché non sempre sono strutturate. Dobbiamo implementare una strategia per i prossimi 5 anni in Africa. E’ importante prendere in considerazione i risultati positivi di questi mondiali, ma anche quello che si può migliorare.
Il rifiuto dell’UCI e dello sport di prendere posizione sulla situazione di Gaza ha prodotto le proteste della VueltaIl rifiuto dell’UCI e dello sport di prendere posizione sulla situazione di Gaza ha prodotto le proteste della Vuelta
Mentre qui si celebra il mondiale, la Vuelta in Europa è stata fermata per una protesta politica.
Riconosciamo completamente il potenziale della democrazia e il diritto di protestare, quando le persone non sono d’accordo con qualcosa. Ma protestare ed essere rispettosi è una cosa, protestare e danneggiare gli atleti è un’altra e questo non lo possiamo accettare. E’ molto complicato. In Spagna la polizia ha cercato di proteggere i corridori, ma ugualmente gli atleti si sono sentiti insicuri e spaventati. Nel frattempo, il Primo Ministro spagnolo ha detto che supporta i protestanti, quindi non deve essere stato facile per gli agenti difendere la corsa.
La protesta mirava a escludere la squadra israeliana dal gruppo…
Secondo i valori olimpici, lo sport è un strumento di unità. Chiaramente come UCI non possiamo pretendere di salvare il mondo soltanto portando le persone insieme a una gara di bicicletta o in una competizione. Ma questo è anche il nostro DNA, la storia dei valori olimpici, essere in grado di competere qualunque sia la nostra nazionalità, la nostra religione, il nostro background, anche se i Paesi sono in guerra. Ieri nel Congresso c’erano la federazione palestinese, la federazione israeliana, la federazione ucraina nella stessa stanza, ma dobbiamo essere molto attenti che i nostri team portino un altro tipo di messaggio. Noi siamo sicuri che la Israel-Premier Tech abbia il diritto di partecipare, mentre il governo spagnolo mi ha chiesto di rimuoverlo: su quale base legale?
Sulla base di una inedita sensibilità umana, probabilmente…
Qualsiasi controversia futura sarebbe il pretesto per rimuovere un altro team. La politicizzazione dello sport è un grande pericolo. Non significa che dobbiamo accettare tutto. Quello che è successo il 7 ottobre è stato inaccettabile e ciò che succede oggi a Gaza è terribile per i civili. Se vogliamo la pace, la violenza non è la soluzione. Ma noi siamo politicamente neutrali e non vogliamo entrare nelle decisioni politiche, perché non possiamo diventare un strumento per applicare sanzioni.
Questo il sistema GPS usato dall’UCI al mondiale per la sicurezza dei corridoriQuesto il sistema GPS usato dall’UCI al mondiale per la sicurezza dei corridori
Veniamo ai GPS e a tutto quello che è successo intorno?
Il nostro obiettivo è non avere più un caso come l’anno scorso, in cui il corridore è caduto e non è stato possibile trovarlo (il riferimento è alla morte di Muriel Furrer, ndr) Vogliamo essere in grado di trovare l’atleta e di sapere quando si ferma. E’ chiaro che l’obiettivo è di avere questi dispositivi per tutte le gare in futuro. Non parlo di avere il nostro sistema, ma come principio vogliamo averlo almeno per il WorldTour e se è possibile per le ProSeries, ma sarebbe un grande investimento.
Perché non adottare il sistema Velon, già collaudato e che non avrebbe costi, dato che le squadre WorldTour lo usano già?
Non metteremo mai la sicurezza nelle mani delle compagnie private, privando l’UCI del diritto di adottare un suo sistema. Alcune squadre hanno voluto bloccarci, per il timore che avremmo commercializzato i loro dati. Gli ho detto: ragazzi, la situazione è stata stessa per gli ultimi 6 anni, non lo faremo, non commercializzeremo i dati, ma non voglio essere ricattato (Lappartient usa il termine “blackmailed”, ndr) nel nome della sicurezza, quindi se non volete usare i GPS sarete rimossi dalla gara. E’ stato molto difficile per tutti noi e spero che possiamo trovare soluzioni. Velon non è pronto per questo. Stanno lavorando per mettere a punto e fare un test al Giro di Lombardia. Ma per il futuro voglio essere in grado di avere dei GPS per i corridori, nel nome della sicurezza e senza commercializzare nulla.
Nei giorni scorsi è stata deliberata la fine della Nations Cup per U23: significa che si andrà verso la soppressione della categoria?
C’è una discussione, perché oggi la maggior parte degli under 23 sono professionisti e il livello della gara U23 non è stato molto alto. E’ difficile per le nazioni ottenere un buon livello di partecipazione. Ormai i team professionistici si occupano anche degli juniores, per cui l’esigenza per cui creammo questo sistema oggi non c’è più. Prima i team non investivano nei devo team per cui abbiamo deciso che non fosse necessario mantenere la stessa struttura di un tempo, anche se il Tour de l’Avenir rimarrà una gara per team nazionali. Non siamo gli organizzatori, ma la sosterremo con un contributo perché si tratta di una gara riservata alle nazionali. Il mondiale U23 continuerà, ma a nostro avviso non è più necessario mantenere la Nations Cup. Avevamo avuto delle richieste, ma non tantissime, per cui abbiamo deciso di rinunciare.
Altezza dei cerchi, limitazione dei rapporti e larghezza dei manubri: i punti caldi delle nuove regole UCIAltezza dei cerchi, limitazione dei rapporti e larghezza dei manubri: i punti caldi delle nuove regole UCI
A luglio avete varato le nuove normative tecniche nel segno della sicurezza, ma in una fase in cui i brand stavano lanciando delle novità non i linea con i nuovi standard. Non sarebbe meglio avere una collaborazione migliore con l’industria ciclistica?
Ovviamente possiamo migliorare il livello di discussione, ma posso dirvi che ci sono molti contatti con il WFSGI, che in un certo modo è l’unione di tutti i produttori. Pensiamo che sia buono avere un frame per le nostre discussioni e le relazioni sono state utili anche nelle ultime settimane, ad esempio per raggungere l’accordo sulla larghezza dei manubri. Quanto all’altezza dei cerchi, perché abbiamo scelto come limite massimo i 65 mm? Perché abbiamo osservato. Nell’ultimo Tour de France, nessuno aveva cerchi più alti di 60 mm, quindi la misura che proponiamo è ancora più alta rispetto a ciò che usano i corridori.
Perché non coinvolgere le aziende nel quadro di SafeR?
Il nostro obiettivo non è solo seguire il lavoro dell’industria, ma anche mettere le regole per la sicurezza. Le gare sono sempre più veloci e manovrare una ruota da 80 mm in condizioni di vento è critico. Per questo abbiamo messo la limitazione a 65 mm, ovviamente per le gare su strada, nelle crono sono liberi. Quello che vorrei dire è che siamo aperti a tutte le discussioni, ma una cosa deve essere chiara: non useremo mai la nostra influenza per modificare il mercato. L’innovazione è la chiave dello sport, ma per noi viene prima la sicurezza. Tanti miei colleghi vorrebbero avere un’industria forte come la nostra. Sappiamo anche noi che serve il giusto preavviso perché il lancio di un prodotto richiede anche due anni, ma qui si trattava di limitare la velocità delle gare, perché continuando ad aumentarla, avremmo messo in pericolo i nostri atleti.
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Fino all’inizio dell’estate Martin Marcellusi era stato uno dei corridori pro’ con più chilometri in fuga. Segno che l’atleta della VF Group-Bardiani CSF-Faizanè era attivo, pimpante, sul pezzo… Poi qualcosa si è inceppato e il corridore romano è un po’ uscito dai radar.
Tuttavia qualche giorno fa lo abbiamo di nuovo visto, seppure in una piccola gara, tornare a lottare. Era la Milano-Rapallo e Marcellusi era lì a giocarsela. Ci si chiede se dunque questo finale di stagione possa tornare a splendere per lui. Di certo splendente, ci auguriamo anche nel meteo, sarà il 25 ottobre quando in Sicilia, dove si è trasferito, sposerà la sua Cristina.
Martin Marcellusi (classe 2000) è alla quarta stagione da pro’Martin Marcellusi (classe 2000) è alla quarta stagione da pro’
Stando alle statistiche, Martin, eri tra coloro con più chilometri in fuga dall’inizio dell’anno rispetto alle corse fatte, poi questa estate cosa è successo?
Parte tutto dal campionato italiano. Sono caduto subito in partenza, forse dopo un chilometro e mezzo, non di più, e tra le varie contusioni ho sbattuto il malleolo. All’inizio non sembrava niente di serio, tanto che avevo fatto i 200 chilometri di gara. Poi però, mentre tornavo a casa, sentivo che c’era qualcosa al malleolo che non andava. Sono andato in ospedale, hanno escluso le fratture, però non mi hanno avvertito di una ferita più profonda del normale.
E come è andata avanti la cosa?
Faceva molto male e le medicazioni erano particolari. Ogni giorno dovevo togliere la benda, raschiare tutto e mettere pomate su pomate. In pratica alla fine sono stato un mese fermo, perché non riuscivo a pedalare.
Per il dolore?
Più che altro perché col gesto della pedalata il malleolo si muove sempre e poi perché, pur coprendolo, alla fine prendeva sporco. Io così facendo ho preso l’antibiotico per quasi un mese. Facevo anche poco, ma non riuscivo proprio e alla fine uscire in bici era quasi più un male che un bene.
Il malleolo ferito di Martin (foto Instagram)Il malleolo ferito di Martin (foto Instagram)
E finalmente sei ripartito…
Attenzione, non è finita qui. Inizio a fare qualcosina di più e un giorno mi fermo ad un semaforo e svengo. Almeno così mi hanno detto… perché io non ricordo nulla. Mi ha soccorso una signora. Vado in ospedale e ci resto una settimana. Mi fanno ogni tipo di accertamenti: analisi, risonanza, visite… non emerge nulla.
E come si spiega questo blackout?
Non si spiega. Io penso perché dopo un mese di antibiotico quello era il primo giorno in cui tornavo a fare qualcosa in più, magari col caldo… Il problema è che dopo questo altro stop non riuscivo ad uscire da solo. Avevo paura.
Il che è comprensibile non conoscendo a fondo le cause…
Cercavo sempre compagnia. E così mi adeguavo, ma a volte non c’era nessuno e non uscivo. Altre magari facevo qualche ora di allenamento in meno se chi era con me doveva rientrare prima o uscire dopo. Alla fine ho deciso di farmi, come dire, passare la paura, e ho ripreso ad andare da solo. Da lì dovevo capire a che punto fossi, in pratica dovevo ripartire da zero.
Dopo il Limousin, Marcellusi ha disputato altre quattro gareDopo il Limousin, Marcellusi ha disputato altre quattro gare
E come è andata? Qual è stata l’evoluzione di questa storia? Perché per andare a correre un minimo di condizioni serve… oggi più che mai.
Il problema è stato proprio quello. Ho ripreso al Tour du Limousin, in pratica due mesi dopo il tricolore. Non avevo una base, non avevo forza. Erano quattro tappe, ne ho fatte tre perché è stata una sofferenza atroce e ad un certo punto anche inutile. Ora fortunatamente va un po’ meglio.
Come ti sei organizzato tra queste corse e quei pochi allenamenti costruttivi che hai potuto fare?
Grazie al preparatore Borja, che ha capito la situazione, abbiamo cercato di trovare un punto di incontro tra l’allenarsi, il correre e ancora di più il recupero al cento per cento. La condizione era pessima. Un giorno magari facevo 4 ore anche bene e poi ero tre giorni distrutto, vuoto. Così ci siamo sentiti più spesso in quel periodo e abbiamo capito che bisognava lavorare un po’ con più calma. Calma però automaticamente non andava bene con i tempi di ripresa in funzione delle gare che invece erano sempre imminenti. Però è stato l’unico modo per uscirne.
Al Giro d’Italia Martin è stato spesso all’attaccoAl Giro d’Italia Martin è stato spesso all’attacco
Quando hai iniziato a sentire che qualcosa stava migliorando?
La scorsa settimana alla Milano-Rapallo. Nel finale sono andato in fuga, tant’è che speravo in un piazzamento. Purtroppo erano rimasti fuori dall’attacco la Polti-VisitMalta e la MBH Ballan CSB che hanno chiuso. Da lì sono sceso in Sicilia e in questi giorni sono riuscito ad allenarmi meglio.
Ora che gare farai?
Domenica corro alla Coppa Agostoni, poi farò un altro paio di gare nel mezzo e dovrei chiudere con il Lombardia. Mi spiace davvero tanto perché questa stagione tutto sommato era partita bene, ma a quanto pare riuscire a farne una intera bene, senza sfortune, sembra impossibile per me. Però sono molto motivato in vista della prossima.
Chiaro…
Voglio fare bene, voglio un salto di qualità definitivo. Anche con Filippo Magli stiamo pensando a dei ritiri ulteriori questo inverno. Speriamo che faremo il Giro d’Italia, per noi è importantissimo, ma a prescindere è ancora più importante saperlo per tempo perché cambierebbe l’approccio e la preparazione alla stagione stessa.
KIGALI (Rwanda) – Giusto per strappare il sorriso, quando alla vigilia del mondiale dei professionisti si componeva fra i pochi giornalisti italiani presenti la rosa dei favoriti o dei probabili protagonisti per l’indomani, il nome di Ben Healy entrava e usciva fra certezze assolute e grossi dubbi.
Questo mondiale così atipico, che alla fine ha avuto lo svolgimento di un tappone di montagna proponendone anche i distacchi, deve aver ricordato all’irlandese il giorno di Vire Normandie al Tour de France. Altra tappa di su e giù in cui il folletto della EF Education-EasyPost si esaltò in una guerra allo sfinimento. Tolti Pogacar ed Evenepoel, la sua corsa a Kigali è stata così: un lungo logorio da cui alla fine è uscito meglio di tutti gli altri. «Penso che il podio con Tadej e Remco – ha detto subito dopo – sia una foto davvero speciale. Insieme a uno dei più grandi e un altro che non è poi così lontano da lui».
Terzo al mondiale come alla Liegi: per l’irlandese di 25 anni una crescita costanteTerzo al mondiale come alla Liegi: per l’irlandese di 25 anni una crescita costante
Il tifo più rumoroso
Il dislivello del mondiale misurava 5.210 metri, quello di Zurigo 2024 si fermava a 4.210, la Liegi del 2025 ne aveva 4.365. Se a ciò si aggiungono la media altura e il fatto che si corresse all’Equatore, è intuitivo capire quale impegno pazzesco sia stato per i corridori.
«E’ stata semplicemente una gara folle – ha spiegato Healy – penso che il risultato lo rappresenti piuttosto bene. Sono riuscito a dare il massimo e arrivare al traguardo è stato davvero bello. Quello che abbiamo vissuto è stato incredibile, a dire il vero. Soprattutto sulla strada per il Mount Kigali, il tifo della gente era pazzesco, uno dei più rumorosi che abbia mai visto. Tantissima gente, è stato davvero bello».
Tutti i corridori hanno rimarcato quanto sia stato travolgente l’appoggio dei tifosi lungo il percorsoTutti i corridori hanno rimarcato quanto sia stato travolgente l’appoggio dei tifosi lungo il percorso
Meglio senza le radio
Da quel tratto in poi, vale a dire dal momento in cui Pogacar ha attaccato, anche la sua indole di lottatore senza limiti ha vacillato. Da quando Tadej è sparito in cima al tratto in pavé, dietro si è trasformata in una gara da vivere pedalata dopo pedalata, sapendo che nulla è mai finito fino alla linea del traguardo.
«Penso che avere qui la radio – ha commentato – sarebbe stata un’arma a doppio taglio. Poteva andare a tuo favore e anche ritorcersi contro. Ma oggi è stata una gara piuttosto semplice, credo. Si poteva davvero vedere cosa stava succedendo intorno e non ho mai avuto dubbi su dove si trovassero gli altri. Ripeto, forse è bello avere più aggiornamenti sui distacchi, ma penso che in generale crei sicuramente più caos».
Healy è stato uno dei più attivi dopo il rientro di Evenepoel, ma nel finale non ha più avuto gambe per seguirloHealy è stato uno dei più attivi dopo il rientro di Evenepoel, ma nel finale non ha più avuto gambe per seguirlo
I grossi progressi di Healy
Healy racconta e ogni tanto strabuzza gli occhi: difficile dire se sia stupito per il suo risultato. Rileggendo ora i risultati di primavera è facile pensare che sarebbe stato sbagliato non infilare il suo nome nei pronostici. Quarto alla Strade Bianche, quinto alla Freccia Vallone, terzo alla Liegi e con una tappa del Tour, Ben sta facendo passi da gigante.
«Penso di aver fatto progressi anno dopo anno – spiega – anche se solo per qualche punto percentuale qua e là. Ho anche perfezionato il mio modo di correre e sicuramente un Tour come quello dell’estate scorsa mi ha dato una piccola spinta in più. Sapevo cosa dovevo fare oggi e penso che abbia funzionato alla grande».
Il Tour ha dato grande morale a Healy, con la vittoria della sesta tappa a Vire Normandie e due giorni in maglia giallaIl Tour ha dato grande morale a Healy, con la vittoria della sesta tappa a Vire Normandie e due giorni in maglia gialla
Tutti sulle ginocchia
L’ultima osservazione, Healy la dedica alla durezza della corsa e al fatto che il suo inseguimento con Evenepoel e Skjelmose avesse ormai poco altro da dare.
«Credo che fossimo tutti sulle ginocchia – ha spiegato – era molto difficile dare di più. C’era ancora qualche gamba che potesse fare la differenza? Forse mancava un po’ di convinzione di potercela fare, ma nella mia mente ha prevalso la preoccupazione. Sapevo che c’era ancora molta strada da fare e se avessi ceduto, sarei andato alla deriva. Ho preferito concentrarmi su me stesso, cercando di non scavare troppo a fondo e troppo presto, con il rischio di pagarne davvero le conseguenze».
Specialized ufficializza un nuovo cockpit integrato, il Roval Alpinist II e rinnova le sue ruote più leggere della gamma, le Alpinist CLX III di terza generazione.
Il manubrio è full carbon, ha un’ergonomia e forme differenti dalla versione Rapide (normalmente in dotazione alla Tarmac SL8) ed èsviluppato in ottica comfort e piena sfruttabilità. Le ruote sono incredibilmente leggere, 1.131 grammi dichiarati con tubeless tape e valvole inserite. Le nuove Alpinist CLX III hanno i raggi in carbonio. Entriamo nel dettaglio.
Il nuovo cockpit integrato, sempre famiglia Roval (foto Specialized)Le nuove Alpinist III (foto Specialized)Il nuovo cockpit integrato, sempre famiglia Roval (foto Specialized)Le nuove Alpinist III (foto Specialized)
Ruote Specialized per scalatori e non solo
Famiglia Roval e categoria Alpinist, ovvero le ruote con cerchio medio/basso che puntano ad essere leggere fin dalla prima versione. Suffisso CLX III, ovvero il top di gamma Roval di terza generazione. Le nuove adottano i raggi in carbonio Arris (24 per la ruota posteriore, 21 per l’anteriore e con assemblaggio completamente eseguito a mano), soluzione che ha permesso di ridurre il peso rispetto alla versione più anziana con i raggi in acciaio di ben 103,5 grammi (tantissimo). Il cerchio è full carbon da 33 millimetri di altezza, il canale interno è largo 21 millimetri (non è hookless), perfettamente compatibile con tubeless e camere d’aria. I mozzi Roval sono in alluminio con la meccanica interna DT Swiss 180. Hanno un design minimale con il fusto centrale dalle dimensioni ridotte e flange completamente differenziate tra anteriore e posteriore, tra lato destro e quello sinistro.
Torniamo ai raggi. Sono sicuramente belli da vedere e donano un senso di “maggiore pienezza” alla singola ruota, nonostante il profilo basso del cerchio. Questo grazie al disegno piatto/aero che caratterizza buona parte di ogni singolo profilato, ad eccezione dei terminali (arrotondati) che sono fasciati da veri e propri involucri in titanio. Un dettaglio non secondario, a favore della sicurezza e della stabilità dei raggi che si innestano nelle flange dei mozzi e all’interno del cerchio. Non in ultimo permettono interventi rapidi in caso di manutenzione/intervento. Le Alpinist CLX III si rivolgono agli amanti dei pesi ridotti, a chi ricerca una ruota briosa e comoda al tempo stesso. Un prodotto di alta gamma adatto a chi preferisce una guida molto agile ed immediatezza nell’approccio alle traiettorie, azzerando di fatto qualsiasi “effetto steering” dovuto ai profili maggiorati. Il prezzo di listino è di 3.198 euro.
Cerchio ottimizzato per pneumatici da 28Cerchio da usare in configurazione tubeless, oppure con camera d’ariaIl mozzo anteriore completamente differenziato tra lato destro e quello sinistroTutto in alluminio con design asciuttoIl mozzo posteriore ha flange più alte, comunque rastremate ed alleggeriteLe teste dei raggi non si toccano. Gli stessi profilati non vongono a contatto neppure sul punto d’incrocioLa particolarità delle flange che sostengono i raggiCanale interno con tubeless tape, largo 21 millimetri e hookedZona superiore del manubrio tutta dritta e stem smagritoPiega ergonomica e senza spigoli “impegnativi”Svasatura leggera verso l’esternoCerchio ottimizzato per pneumatici da 28Cerchio da usare in configurazione tubeless, oppure con camera d’ariaIl mozzo anteriore completamente differenziato tra lato destro e quello sinistroTutto in alluminio con design asciuttoIl mozzo posteriore ha flange più alte, comunque rastremate ed alleggeriteLe teste dei raggi non si toccano. Gli stessi profilati non vongono a contatto neppure sul punto d’incrocioLa particolarità delle flange che sostengono i raggiCanale interno con tubeless tape, largo 21 millimetri e hookedZona superiore del manubrio tutta dritta e stem smagritoPiega ergonomica e senza spigoli “impegnativi”Svasatura leggera verso l’esterno
Il manubrio integrato Roval Alpinist II
Stem e piega sono un blocco unico: è completamente full carbon, ma si discosta in modo importante dal fratello Roval Rapide. Il nuovo cockpit Alpinist II adotta un design più asciutto e magro, non ha un’aerodinamica marcata come il Rapide e non ha la curva protesa in avanti, una delle caratteristiche principali del Rapide. Alpinist II di Specialized mette sul piatto un comfort maggiore ed una piena sfruttabilità (semplifica) per differenti tipologie di utenza. Resta perfettamente compatibile con la SL8 grazie al medesimo design degli spacers tra zona dello sterzo e stem.
In fatto di numeri parliamo di un cockpit integrato con 270 grammi di peso (dichiarati) la cui ergonomia è stata sviluppata anche grazie al database Body Geometry Retul. La piega (destra e sinistra) presenta 4° di flare (svasatura laterale) e una capacità di smorzamento maggiorata del 28,3% rispetto al modello Rapide. E’ disponibile con lunghezze dello stem a partire da 80 millimetri, fino a 130. Quattro le larghezze della piega: 38, 40 e 42, 44 centimetri. Il prezzo di listino di Specialized Roval Alpinist II è di 579 euro.
Il campione olimpico Remco Evenepoel sul traguardo di Kigali ha passato diversi minuti seduto sull’asfalto africano a pensare e sbollire. La rabbia per il mondiale perso è tanta, soprattutto se il pensiero va ai due cambi di bici che hanno condizionato la corsa del belga.
Al termine della prova iridata Evenepoel ha parlato così in conferenza stampa: «Prima del Mount Kigali, sono finito in una buca della strada e la sella si è abbassata, tanto che stare seduto è diventato un problema. Poi è cominciata la salita e i crampi ai muscoli posteriori della coscia si sono fatti sempre più forti. Non è stato il massimo. E una volta che Tadej ha sferrato il suo attacco, cosa che sapevo sarebbe accaduta lì, ho avuto dei crampi e non riuscivo a spingere bene. Potrebbe sembrare strano, ma è così che funziona quando si cambia posizione drasticamente».
A Kigali Evenepoel è stato messo fuori dai giochi a causa dell’inclinazione della sellaA Kigali Evenepoel è stato messo fuori dai giochi a causa dell’inclinazione della sella
Pochi gradi
E’ possibile perdere un campionato del mondo a causa di una buca? La risposta è sì. Nel ciclismo dell’estremo e della ricerca della massima prestazione ogni dettaglio conta e anche la più piccola variazione causa dei problemi. Siamo però andati a bussare alla porta di Alessandro Colò, biomeccanico del centro Biomeccanica Bodyframe, per un parere tecnico sull’accaduto.
«Che una buca possa causare una variazione dell’inclinazione della sella è possibile – spiega Colò – soprattutto per il modello di reggisella che utilizza Evenepoel. Infatti il belga sulla sua Specialized Tarmac SL8 utilizza l’offset 0 millimetri. Questo modello ha il morsetto che tiene la sella in posizione centrata rispetto all’asse del tubo verticale. Sulla Tarmac SL8 è possibile anche montare il reggisella offset 15 millimetri».
Questi sono i coni del morsetto reggisella offset 0 millimetriEcco Colò nel suo studio alle prese con una Tarmac SL 8 con reggisella offset 15 millimetriQuesti sono i coni del morsetto reggisella offset 0 millimetri
Cosa cambia tra i due?
Che l’offset 0 millimetri permette di tenere la sella più avanti, cosa necessaria per assecondare la posizione estrema che Evenepoel tiene in bici. Infatti per stare così in avanti con il bacino serve spingere molto in avanti la sella. Questo reggisella, per forza di cose, utilizza una sola vite per il serraggio. A differenza dell’offset 15 millimetri che ne utilizza due.
Il rischio, nel montare l’offset 0 è che si possa muovere?
Diciamo che può ruotare. Fondamentalmente l’offset 0 si basa su due coni che si incastrano nel tubo del reggisella. Una volta raggiunta la misura giusta si serra a una forza di circa 13 Nm, che non è poco. E’ progettato per resistere, tuttavia può succedere che in occasioni particolari possa ruotare. Infatti la casa madre segnala di utilizzare anche un grasso specifico, grippante, per tenerlo in posizione.
La posizione estrema di Evenepoel porta il peso sulla punta della sellaLa posizione estrema di Evenepoel porta il peso sulla punta della sella
Possibile sia stato montato male?
Sì. Anche se stretto bene con la giusta chiave al serraggio indicato c’è la possibilità di muoversi.
Evenepoel ha parlato di una buca sull’asfalto…
Probabilmente il belga stava pedalando in punta di sella, quando si viaggia a grandi velocità e si prende una buca il peso dell’atleta può causare un cambiamento dell’inclinazione della sella di 1 o 2 gradi. Questo comporta dei problemi fisici, come dolori alla schiena e alla zona lombare. Infatti un’inclinazione eccessiva verso il basso farà scivolare il bacino in avanti e i muscoli lombari devono lavorare ancora di più per tenere il corpo in posizione.
Ma una buca, a quelle velocità, non avrebbe causato una foratura?
Dipende. Evenepoel utilizza il copertoni tubeless, quindi se fosse stata una buca “classica” avrebbe bucato e ci sarebbe stata la fuoriuscita del liquido sigillante. Probabilmente ha preso un avvallamento importante nell’asfalto, e molto probabilmente in un momento in cui non stava spingendo sui pedali. Il cambiamento dell’inclinazione della sella è dato dalla velocità, se nel mentre avesse pedalato le gambe avrebbero sollevato leggermente il busto e magari non sarebbe successo nulla.
Nei giorni precedenti la corsa Evenepoel ha fatto una ricognizione del percorso pedalando sulla bici nera (la stessa poi presa ai box?) Nei giorni precedenti la corsa Evenepoel ha fatto una ricognizione del percorso pedalando sulla bici nera (la stessa poi presa ai box?)
Evenepoel ha parlato anche di crampi.
Vero. Una sella troppo inclinata in avanti porta i quadricipiti a lavorare male, come se la posizione fosse più bassa. In una fase di piena spinta possono sopraggiungere dei crampi. Non dimentichiamoci che il tutto è accaduto nel momento in cui Pogacar ha alzato il ritmo. Evenepoel si è sfilato, ma a giudicare da come ha proseguito non ha mollato perché stanco o al limite.
Poi è arrivato al box e nemmeno la bici di scorta andava bene…
Questo, invece, è molto più strano. E’ passato dalla bici oro a quella nera e ha lamentato che la sella fosse poco inclinata, troppo orizzontale e questo gli avrebbe dato problemi di schiena (tanto che ha preso a manate la punta della sella alla ricerca della giusta inclinazione, ndr). Mi sembra strano pensare che la terza bici del campione olimpico non sia settata perfettamente. Poi c’è un altro fattore…
Al secondo cambio di bici Evenepoel è tornato ad avere ottime sensazioniAl secondo cambio di bici Evenepoel è tornato ad avere ottime sensazioni
Quale?
Evenepoel ha pedalato con la bici nera nei giorni della ricognizione. Se ci fosse stato qualche problema se ne sarebbe accorto. Magari il meccanico nel montarla ha sbagliato qualcosa, è possibile visti i tanti aspetti da curare. Però Remco ci ha pedalato sopra…
Però si è fermato ancora e ha preso una terza bici.
Lui ha pedalato fino ai box per non perdere troppo tempo sul Mont Kigali, se avesse aspettato l’ammiraglia in quel momento avrebbe perso anche il secondo posto. Nel momento in cui ha cambiato la bici nera ha preso, probabilmente, la seconda bici (sempre con il telaio dorato, ndr) ed è andato fino alla fine. Tanto da dichiarare che è tornato ad avere sensazioni perfette, infatti ha viaggiato alla stessa velocità di Pogacar, ma ormai la corsa era andata.