La crescita, le ambizioni e la tecnica di Matteo Bianchi

25.01.2024
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Un anno e mezzo dopo quel 59.661 e l’argento europeo di Monaco nel chilometro da fermo, Matteo Bianchi ha conquistato il primo titolo europeo di sempre di un corridore italiano in questa specialità. Le sue qualità tecniche hanno già riempito articoli e interviste e abbiamo imparato a conoscerle apprendendone la portata. Abbiamo però deciso di mettere sotto la lente d’ingrandimento questa sua crescita che è culminata con un successo storico per il movimento della velocità italiano. Con lui abbiamo analizzato le differenze e gli ambiti su cui ha lavorato insieme al team della nazionale per arrivare al titolo europeo. 

Da quel risultato sfiorato all’europeo di Monaco 2022 è nata la consapevolezza che potevi aspirare anche all’oro?

Sicuramente sì. Quell’anno lì mi ha aiutato a crescere, a capire il mio livello internazionale. In realtà non è che avessi preparato più di tanto il chilometro, perché lavoriamo più che altro sul team sprint e quindi di conseguenza anche sul chilometro. Sono tornato a essere terzo frazionista e quindi è un tipo di sforzo molto simile al chilometro.

L’anno scorso invece hai fatto quinto Grenchen…

Sì, l’anno scorso ero arrivato fuori forma, nel senso che la gara collocata così presto nel calendario mi aveva colto un po’ impreparato e quindi non ero al top della mia condizione e si è visto. 

Da lì è cambiato qualcosa o è sempre la stessa preparazione, stessa alimentazione?

No, sapevo come prepararmi a un appuntamento così presto nell’anno, perché ovviamente avere delle gare d’estate o in inverno cambia, soprattutto a livello di preparazione. Allenarmi su strada mi dà una grossa mano quindi ovviamente è diverso in certi periodi. Però sento di avere avuto una crescita generale con il team sprint. Anche grazie al mio preparatore che mi segue su strada da ormai un po’ di anni e collabora con Ivan Quaranta. Loro si organizzano e pensano a quello che è meglio per me. 

Hai trovato una tua dimensione e stai notando una crescita costante?

Sì, è la conseguenza di lavori costanti. Per stare dietro al team sprint bisogna migliorare per forza, quindi questo porta ad avere tempi migliori anche nel chilometro probabilmente.

Lato tecnico, cura delle traiettorie, posizione, stai imparando sempre di più una specialità così tecnica come il chilometro e anche la velocità a squadre?

Ogni giorno si cerca di limare qualcosa, che siano le traiettorie durante la prova oppure l’uscita dal blocco. Ce ne sono di cose da migliorare anche a livello aerodinamico. Rispetto al 2022 ho cambiato sia bicicletta che posizione. Se si guardano due foto a confronto tra europeo 2022 e quello 2024 le posizioni sono abbastanza diverse. In più sto usando un casco diverso. Questo è frutto del lavoro che fanno gli atleti endurance. Perché abbiamo la fortuna di avere uno dei settori top a livello internazionale, dove si investe molto e si fanno studi su posizioni, materiali e preparazione. Io sto utilizzando la loro stessa bicicletta e posso bene o male adattare un po’ quello che fanno loro.

Quaranta insieme a Bianchi dopo il successo
Quaranta insieme a Bianchi dopo il successo
Tu infatti utilizzi la Bolide con una forcella differente. Sai se ci sono nuovi modelli in arrivo?

E’ già uscito un altro modello nel senso che c’è il telaio, diciamo quello da corsa a punti classico, quindi non da inseguimento che l’anno scorso è stato riadattato sulle nostre esigenze per il team sprint. Sono venuti gli ingegneri di Pinarello per sviluppare questo telaio che ci sta dando dei vantaggi rispetto al materiale di prima. Invece la nuova Bolide ha delle misure un po’ particolari che stiamo cercando di adattare.

Hai parlato di un nuovo casco…

Kask ha visto che in galleria del vento, per chi ha le spalle un po’ più larghe come me, conviene utilizzare il modello Mistral LW. E’ un casco leggermente più grande, dentro è imbottito per avere lo stesso comfort a livello di calotta. La sua peculiarità è appunto quella di essere visibilmente più grande e questa cosa a livello aerodinamico, abbinata alla mia posizione, dà dei vantaggi. In più si aggiunge la lente, che ne aumenta la rendita. 

A livello di posizione cosa hai cambiato rispetto al 2022?

Ho il telaio di una taglia più grande. Le protesi non sono più dritte, ma le punte sono più verso l’alto, quindi ho le mani più alte così come i gomiti, per coprire meglio il busto. Tutto qui, so che può sembrare poco, ma fa già molta differenza.

Come sei arrivato a questi miglioramenti? Sei mai andato in galleria del vento?

Non sono ancora andato, però diciamo che è in previsione. Tutti i consigli sono basati su aspetti che i tecnici hanno analizzato e che funzionano a livello generale, anche guardando la concorrenza.

In una precedente intervista ci raccontasti che non senti la pressione pre-gara. E’ ancora così?

Sì, è una mia caratteristica. Negli appuntamenti importanti riesco sempre a mettermi nella situazione mentale non proprio di comfort, però riesco ad entrare in uno stato di tranquillità e consapevolezza di cosa devo fare.

Quaranta dopo il tuo successo ci ha detto che l’abilità più importante per fare quei risultati è il “peggiorare di meno“, visto che adesso ci sono molte prove in poco tempo, è così?

Sì, se prendiamo come esempio questo europeo, io in realtà pensavo di fare un tempo migliore nella seconda prova. Poi ho visto che un po’ tutti sono peggiorati o comunque non c’è stato nessuno che ha migliorato in maniera particolare. Se devo analizzare la mia seconda prestazione, direi che non è stata al top. Sono riuscito a portare a casa un buon risultato però non mi ha del tutto soddisfatto. Probabilmente ho sbagliato qualcosa sul recupero dopo la prima prova. Si poteva fare meglio.

Bianchi terzo frazionista sarà determinante per la qualificazione alle Olimpiadi di Parigi
Bianchi terzo frazionista sarà determinante per la qualificazione alle Olimpiadi di Parigi
Cosa pensi di avere sbagliato?

Sono sceso di pista che non stavo così male, quindi non ho fatto troppi rulli. Quando in realtà solitamente facevo esercizi 3-5 minuti sotto il medio intorno ai 200 watt, solo per smaltire più velocemente l’acido lattico. Diciamo che forse è stata questa la mancanza. 

Obiettivi imminenti in Coppa del mondo?

Adesso abbiamo la prima di tre prove. Partiamo domenica prossima e vediamo cosa riusciamo a portare a casa. Il nostro obiettivo sarà quello di ottenere la qualifica olimpica nel team sprint, visto che il chilometro non rientra tra le specialità olimpiche. Al momento siamo fuori dagli otto che vanno a Parigi. 

La velocità a squadre è sempre quella più trainante per tutto il reparto velocità…

Sì, nel senso che stiamo preparando prevalentemente quello e poi tutto quello che viene è frutto della preparazione che facciamo lì.

Van Petegem: il ciclismo moderno e il nuovo ruolo alla Bingoal

25.01.2024
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Nel ritiro spagnolo della Bingoal-WB era presente, in una nuova veste, Peter Van Petegem. L’ex corridore fiammingo ricopre dal 2024 il ruolo di Sport & Business Development Manager. Il suo arrivo ha un gran significato. La sua storia, il suo carisma ed il suo nome vanno di pari passo con la crescita della professional belga. Nello specifico il ruolo ricoperto da Van Petegem è quello di trovare sponsor e di coordinare l’attività della Bingoal. 

Peter Van Petegemè il nuovo Sport & Business Development Manager della Bingoal-WB (foto Instagram)
Peter Van Petegemè il nuovo Sport & Business Development Manager della Bingoal-WB (foto Instagram)

Sempre più costi

Abbiamo così contattato direttamente il due volte vincitore del Giro delle Fiandre e di una Roubaix per farci raccontare di questa sua nuova avventura. 

«Lavoro a stretto contatto con Christophe Brandt, General Manager del team – spiega Van Petegem – ieri abbiamo fatto un meeting a proposito dei prossimi impegni. Entro ufficialmente in squadra da quest’anno, ma già dal 2023 ho collaborato con loro. La ragione per la quale mi trovo qui è far crescere la Bingoal, vogliamo provare a fare un passo in avanti. Mi occupo di trovare gli sponsor e recuperare così il budget. Non è semplice, anche qui in Belgio. I costi crescono sempre di più e non è facile trovare qualcuno che ha così tanti soldi da mettere. Parliamo anche di cifre di 2-3 milioni di euro per il top sponsor».

Van Petegem insieme a Christophe Brandt, General Manager del team (photonews)
Van Petegem insieme a Christophe Brandt, General Manager del team (photonews)
Il costo per una squadra di ciclismo sta aumentando sempre di più…

E’ vero, come detto servono sempre più soldi. I costi si alzano costantemente e molta parte del budget viene spesa per la gestione. Ci sono sì gli stipendi dei corridori, ma ormai gli staff diventano sempre più grandi e questo fa lievitare i costi.  

Tra le spese ci sono anche i training camp, siete rientrati da poco dall’ultimo in Spagna.

I viaggi hanno un prezzo elevato. Devi trasportare tantissimo personale, una cosa che ha un peso sul budget. Considerate che anche noi abbiamo fatto un ritiro a dicembre e uno ora a gennaio. Tutto è cresciuto rispetto a qualche anno fa: staff, costi per il cibo, viaggi…

Com’è stato tornare in un ritiro?

Bello, è sempre una sensazione speciale, anche se vissuta in maniera diversa. I ragazzi si allenano molto, anche a dicembre e gennaio, ma è giusto così, ora si parte presto a correre. Quello che vogliamo fare è costruire un ambiente familiare, far sentire ognuno di loro come se fosse a casa. Arriveranno anche le corse di casa, quelle del Nord, e per una squadra come la nostra è sempre qualcosa di speciale. Speriamo arrivi anche qualche bella prestazione. 

Van Petegem è stato presente ad entrambi i ritiri invernali della Bingoal a Calpe (photonews)
Van Petegem è stato presente ad entrambi i ritiri invernali della Bingoal a Calpe (photonews)
Anche in Belgio, patria del ciclismo, si fa fatica a trovare sponsor?

Ci sono tante persone interessate nel mondo del ciclismo, questo non cambia. Però quello che nel tempo si è modificato è il budget per fare un certo tipo di attività. La passione delle persone resta, ma quando parli di soldi c’è chi si tira indietro, magari anche giustamente. 

La Bingoal come reagisce a tutto questo?

Anche solo la mia presenza all’interno del team aiuta. Alla Bingoal piace questa cosa, i corridori mi chiedono tante cose e vedo un ambiente sereno. Il mio obiettivo è far sì che il team cresca, non è facile perché molti ragazzi giovani ora chiedono contratti sempre migliori. 

“Colpa” dei Devo team del WorldTour?

Sicuramente i ragazzi ora hanno maggiori occasioni di entrare nell’orbita di certe squadre. I ragazzi giovani e forti ci sono, chiaro che quando arriva una squadra WorldTour competere diventa complicato. Il nostro obiettivo rimane comunque lavorare con i giovani. Lo facciamo da tempo e la nostra filosofia non deve cambiare. 

La Bingoal punta tanto sui giovani, come Villa e Persico, appena arrivati dall’Italia
La Bingoal punta tanto sui giovani, come Villa e Persico, appena arrivati dall’Italia
Il ciclismo belga, invece, conta su tanti atleti forti, ognuno diverso: Evenepoel, Van Aert, Philipsen e il giovane De Lie.

Vero, il periodo è piuttosto bello per il ciclismo belga, negli ultimi cinque anni ci sono stati tanti giovani che sono emersi. E’ emozionante guardare le corse e sapere di avere tanti corridori che possono fare bene. I risultati forse potrebbero essere migliori, ma c’è tempo per crescere e raccogliere i frutti del lavoro fatto fino ad adesso. 

Del Toro vince, Pellizzari “rosica” e si consola col Giro

25.01.2024
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La stagione di Giulio Pellizzari inizierà l’8 febbraio al Tour of Antalya, in Turchia. Il ritiro di gennaio si è concluso con un salto a Benidorm per vedere la Coppa del mondo di ciclocross e adesso il marchigiano è a casa per l’ultima rifinitura. Nel programma è previsto anche qualche giro con il suo mentore Massimiliano Gentili sulle strade intorno Colfiorito, fra le Marche e l’Umbria. Ma la vera notizia è il fatto che correrà il Giro d’Italia: l’elenco delle squadre diffuso martedì da RCS Sport ha dato alla notizia il senso dell’ufficialità.

Sono mesi strani. Appena alla fine di agosto, quindi cinque mesi fa, Pellizzari e Piganzoli lottavano alla pari con Del Toro al Tour de l’Avenir e ne composero il podio. L’altro giorno il messicano ha vinto la prima tappa al Tour Down Under. Lui subito a mille, altri a metà fra la voglia di bruciare le tappe e la consapevolezza che è meglio procedere per gradi.

Al Tour de l’Avenir la sfida finale fra Del Toro e Pellizzari: a Giulio la tappa, al messicano la classifica (foto Avenir)
Al Tour de l’Avenir la sfida finale fra Del Toro e Pellizzari: a Giulio la tappa, al messicano la classifica (foto Avenir)
Che effetto fa iniziare la stagione sapendo che potrai correre il Giro d’Italia?

E’ un bello stimolo, la voglia di farlo c’è sicuramente. Per ora sto andando bene, quindi la voglia sale. Per esserci dovrò andare forte, mettermi in mostra. Le gare che farò sono di buon livello, però ad esempio non farò la Tirreno-Adriatico. Mi ritrovai in ballo per il Giro anche l’anno scorso dopo il Tour of the Alps, dove ero andato forte, però giustamente abbiamo deciso che sarebbe stato meglio aspettare ancora un anno.

Non hai avuto voglia di buttarti nemmeno per un secondo?

Sinceramente la cosa mi prese alla sprovvista. Ovvio che se dici a un ventenne, che sogna di fare il ciclista e sta vivendo il suo sogno, che andrà a fare il Giro, partirebbe subito. Però a mente lucida dico che abbiamo fatto bene a non rischiare.

Che cosa ti ha dato questo anno fra i professionisti e cosa speri di trovare da qui a maggio?

Ho visto che rispetto all’anno scorso sono cresciuto molto. Sicuramente le tante gare a tappe che ho fatto l’anno scorso mi hanno dato una marcia in più, cui si somma il fatto che stia ancora maturando. Vedo che in allenamento sopporto molto meglio il carico e tengo senza problemi le 5-6 ore. Sono migliorato nella resistenza e da qui a maggio mi aspetto di continuare in questo modo. Sono appena stato in Spagna con la squadra e abbiamo lavorato forte. Ora sono a casa e rifiato un attimo, perché la stagione è lunga.

Giulio Pellizzari è nato a Camerino il 21 novembre 2023. E’ pro’ dal 2022
Giulio Pellizzari è nato a Camerino il 21 novembre 2023. E’ pro’ dal 2022
Da cosa si capisce che sei al livello giusto per fare il Giro?

I tempi sulle salite. Un giorno in ritiro è venuta fuori una gara tra noi, vera battaglia. Abbiamo fatto tre salite a tutta e la seconda era Tarbena. Per farla ho impiegato 10 secondi più di Remco. Mentre l’ultima salita era il Coll de Rates e, dopo quasi 5 ore, ho fatto 23 secondi peggio di Ayuso. Quindi ho valori buoni e questo sicuramente mi motiva. E’ ovvio che in gara cambia molto, però il fatto di esserci non è affatto male.

Vedere che il tuo amico Del Toro ha già vinto che effetto fa?

Un po’ rosico, è normale. Fino ad agosto ce la giocavamo, adesso mi sveglio la mattina, vedo su Instagram che ha vinto nel WorldTour e penso che vorrei essere al suo posto. Però alla fine so che me la sono giocata con lui fino ad agosto e anche questa è un’iniezione di fiducia.

Perché Del Toro di colpo ha questo livello, che cosa può essere successo?

Sicuramente è un fatto fisico e di crederci, ma secondo me la differenza la fa l’ambiente. Dopo l’Avenir ha staccato, non ha più corso e già da novembre faceva dei bei carichi. Poi a dicembre si è trovato ad allenarsi con Pogacar, con Ayuso, Hirschi e tutti più forti al mondo e quello secondo me fa tanto. Prendi consapevolezza dei tuoi mezzi, perché dalle voci che girano, in allenamento non era niente di meno dei migliori.

I tempi sulle salite della Costa Blanca dicono che Pellizzari sta crescendo (foto Sprint Cycling)
I tempi sulle salite della Costa Blanca dicono che Pellizzari sta crescendo (foto Sprint Cycling)
Ti sta bene la tua crescita graduale o preferiresti essere buttato in mischia come lui?

Sto bene così. Vedo che ogni anno miglioro e sento che sto crescendo bene. Ovvio che la foga è tanta, vorrei spaccare il mondo, però sento che qui sto facendo i passi giusti.

Cosa farai dopo Antalya?

Dopo Antalya vado sull’Etna fino al 23, poi faccio Laigueglia, Coppi e Bartali, Tour of the Alps e Giro.

Come hai reagito quando ti hanno detto che avresti fatto il Giro?

Bello, bellissimo, ma rimaniamo coi piedi per terra. Manca tanto e quindi guarderò gara per gara, ma è ovvio che l’emozione c’è. Un amico non vede l’ora di venire a vedermi. Però dico anche a lui di stare calmo.

Te la sentiresti di fare come Pantani che promise di staccare Indurain al primo Giro oppure è meglio stare coperti?

No, magari lo penso, ma non lo dico. Dico che mi stacca lui, però penso il contrario.

La crono non è nemica di Pellizzari: in quella del Tour de l’Avenir si è piazzato al quarto posto (foto Sprint Cycling)
La crono non è nemica di Pellizzari: in quella del Tour de l’Avenir si è piazzato al quarto posto (foto Sprint Cycling)
Hai guardato il percorso del Giro?

Qualcosa, ma poco. Conosco la crono Foligno-Perugia, che conosco bene perché su quelle strade mi allenavo da piccolo. Non so se ci sarà il tempo di vedere qualche tappa. Qualche giorno fa ero a Torino e ho pensato di andare a vedere Oropa, ma c’erano tre gradi e ho rinunciato.

Vai al Giro per fare cosa?

La maglia bianca, quindi la classifica, diciamo che è meglio lasciarle stare. Tre settimane sono tre settimane, non so sinceramente cosa aspettarmi. Io spero di andare forte dall’inizio alla fine, però vediamo come risponde il fisico. Sicuramente un obiettivo è mettersi in luce nelle tappe, quindi nelle fughe, nelle tappe in salita. Sono le due quelle che mi piacciono tanto. L’arrivo a Livigno e quella a Bassano del Grappa, perché papà è della zona, quindi conosco bene le strade. E anche il Monte Grappa l’ho già fatto un paio di volte…

Cavendish in altura. Coach Anastopoulos ci va con le pinze

25.01.2024
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Mark Cavendish, forse l’emblema del velocista, sta lavorando in altura in Colombia. Altri colleghi sprinter invece non vogliono sentir parlare di training camp in quota. Uno su tutti? Mads Pedersen. Ma dopo tanti anni di esperienza e con il ritorno del suo allenatore, Vasilis Anastopoulos approdato quest’inverno all’Astana Qazaqstan, Cav ha trovato nuove certezze. Cerchiamo dunque di capire come sta lavorando.

Cavendish inizierà la sua stagione proprio in Sudamerica. Dopodiché andrà al UAE Tour e quindi affronterà la Tirreno. Tre corse a tappe prima della Milano-Sanremo, primo appuntamento da bollino rosso della stagione. Ma il suo grande obiettivo è un altro… L’inglese vuol essere al suo massimo per luglio quando ci sarà di scena la Grande Boucle.

Anastopoulos (a destra) è l’allenatore di Cavendish (foto Instagram)
Anastopoulos (a destra) è l’allenatore di Cavendish (foto Instagram)

Cav in Colombia

La rincorsa al fatidico record assoluto di vittorie al Tour è il nocciolo della questione. Cavendish vuol staccare anche Merckx. E sarebbe tra i pochi ad esserci riuscito! Scherzi a parte in Colombia l’ex iridato è con diversi compagni di squadra. Molti di questi condivideranno con lui una buona fetta della stagione agonistica. Si lavora dunque anche sulle affinità del treno e del gruppo che dovrà scortare Mark.

«Cavendish – spiega Anastopoulos – inizierà la sua stagione con la tournée in Colombia e questa va inquadrata come parte della sua preparazione iniziale. Le sue condizioni per ora sono okay. Sin qui abbiamo lavorato principalmente sulle ore di bici e meno sugli sprint».

Il programma di Cavendish è sostanzioso. Sarà in Colombia per tre settimane: due di allenamento e una di gara. Pertanto il suo approccio all’esordio stagionale, soprattutto perché sarà in quota, è ben calibrato. Anastopoulos non vuol sbagliare nulla e conosce bene certe dinamiche.

Lo scorso anno a Bordeaux, Philipsen tolse a Cavendish la gioia del record assoluto di vittorie al Tour. Forse ora non sarebbe di nuovo in pista
Lo scorso anno a Bordeaux, Philipsen tolse a Cavendish la gioia del record assoluto di vittorie al Tour

Più ore che intensità

Tanti coach infatti ci hanno detto in questi anni che in quota è difficile, se non controproducente, eseguire lavori massimali. Il lavoro di Cav va preso con le pinze.

Viene dunque da chiedersi come farà Cavendish ai 2.125 metri di Rionegro, nei pressi di Medellin ad uscire più forte di come è arrivato. In fin dei conti un velocista è chiamato a fare determinati sforzi massimali per migliorare. Almeno così è lecito pensare.

Ma Anastopoulos ha le idee chiare: «Il motivo principale per cui Mark fa il ritiro in quota in Colombia è perché vuole migliorare la sua capacità aerobica. Combina alcune lunghe pedalate con un po’ di lavoro anaerobico, in questo caso si tratta di sforzi la cui durata è breve». Il coach greco dunque non va ad intaccare la parte metabolica anaerobica a quanto pare.

Quindi sprint e lavori massimali sì, ma con moderazione. E sempre Anastopoulos riferisce che a parte alcune sessioni specifiche a corpo libero, Cav non solleverà pesi in palestra durante questo training camp sudamericano.

L’inglese (classe 1985) durante uno dei suoi sprint brevi in Colombia (foto Instagram)
L’inglese (classe 1985) durante uno dei suoi sprint brevi in Colombia (foto Instagram)

Massima attenzione

L’argomento “alta quota e lavori intensi” resta questione di dibattito. Lo dicono la scelta differente di alcuni sprinter, ma anche di cacciatori di classiche.

Abbiamo visto per esempio che Battistella quest’anno punterà solo sulle corse di un giorno e sulle brevi gare a tappe (niente grandi Giri), andrà in altura mentre molti belgi da classiche non lo faranno. Lo stesso Pogacar ha detto che eviterà l’alta quota prima del Giro per essere più brillante per le Ardenne. E ci ricordiamo ancora dell’esperienza di Consonni e Rota dopo l’altura, proprio in Colombia, dell’anno scorso. I due lavorarono forte. Al ritorno, all’inizio volavano, poi però pagarono dazio. E furono loro stessi a raccontarci di determinate difficoltà.

«Esistono molti modi per affrontare l’altura – spiega Anastopoulos – ma bisogna sempre stare attenti a ciò che si fa. Come detto, Cavendish sta facendo soprattutto ore di sella e solo delle brevi sessioni esplosive e per ora sembra rispondere bene.

«Per me anche se si è uno specialista delle classiche fare almeno un ritiro in quota è necessario. Se non è possibile, si può fare un camp al livello del mare, ma credo davvero che i benefici che si ottengono con l’altura siano maggiori. Anche per questo Mark tornerà in quota a maggio. Andremo a Sierra Nevada».

Venturelli, Giaimi e quel chilometro che fa la differenza

24.01.2024
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Un chilometro in più nel velodromo di Apeldoorn significavano quattro giri oltre il limite della fatica abituale, dato che l’anello olandese misura 250 metri spaccati. E’ questa la distanza in più che sono stati chiamati a percorrere Federica Venturelli e Luca Giaimi, convocati da Marco Villa per gli europei dei grandi.

Non si parla di due atleti qualsiasi, ancorché molto giovani. Venturelli infatti era campionessa del mondo in carica dell’inseguimento juniores (le donne corrono sulla distanza di 2 chilometri), con tanto di record del mondo stabilito a Cali lo scorso anno in 2’15″678. Giaimi invece il record del mondo lo ha fatto registrare ugualmente nel 2023 agli europei di Anadia (gli juniores corrono sulla distanza di 3 chilometri) con il tempo di 3’07″596.

Agli europei 2023, Giaimi ha fatto il record del mondo in semifinale e lo ha poi abbassato in finale: 3’07″596
Agli europei 2023, Giaimi ha fatto il record del mondo in semifinale e lo ha poi abbassato in finale: 3’07″596

Un chilometro in più

Fra gli elite cambia tutto: 3 chilometri di gara per le ragazze, 4 chilometri per i ragazzi. E sebbene avessero fatto prove in allenamento, per i nostri due atleti al primo anno fra gli U23 si è trattato di un battesimo da capire. A monte di tutto, ci era rimasta per la mente la considerazione di Diego Bragato, responsabile dell’Area Performance della FCI.

«Si tratta di atleti così forti – ci aveva detto alla vigilia degli europei di Apeldoorn – che hanno vinto i mondiali del quartetto e dell’inseguimento individuale, da risultare già maturi fisicamente. Abbiamo iniziato a inserirli nelle nuove distanze e abbiamo scoperto che si trovano meglio a fare l’inseguimento con un chilometro in più, piuttosto che con le distanze da juniores. Per come lavoriamo, usciamo sempre alla distanza e quindi quei 4 giri in più per Giaimi e soprattutto per Venturelli sono stati un vantaggio più che un limite».

Federica ha fatto qualche prova sui 3 chilometri durante le sessioni di allenamento a Montichiari
Federica ha fatto qualche prova sui 3 chilometri durante le sessioni di allenamento a Montichiari

A un passo dal podio

E loro come hanno commentato il nuovo sforzo sperimentato agli europei? Entrambi corrono nelle file della UAE e sono all’alba della stagione su strada, con Venturelli che dopo gli europei in pista si è concessa un passaggio nel cross alla Coppa del mondo di Benidorm, chiusa in 21ª posizione (6ª fra le U23), poi forse al mondiale.

«Fare un chilometro in più nell’inseguimento fa cambiare totalmente la gestione della gara – spiega Federica – perché la gara di 2 chilometri non è neanche un vero e proprio inseguimento. L’importante è partire forte, perché è più il tempo che si perde in partenza di quello che si può perdere nell’ultima parte, anche se si rallenta un po’. Passando invece a 3 chilometri, la gestione della gara deve essere totalmente opposta. E’ importante partire non troppo forte, perché al contrario è più il tempo che si può perdere nell’ultima parte se non si riesce a mantenere l’andatura.

Dopo gli europei, Venturelli ha partecipato al cross di Benidorm, piazzandosi come 6ª miglior U23
Dopo gli europei, Venturelli ha partecipato al cross di Benidorm, piazzandosi come 6ª miglior U23

Una gara di resistenza

«E’ una gara più di resistenza – prosegue Venturelli – che forse si addice meglio alle mie caratteristiche. Però sicuramente ho bisogno di fare esperienza sulla nuova distanza. In qualifica, in particolare, sono partita troppo forte. Avevo l’esperienza degli scorsi due anni di inseguimenti di 2 chilometri e non sono riuscita a reggere fino alla fine. Infatti già dopo i primi 2 chilometri ho iniziato a rallentare. In finale invece sono riuscita a gestirla meglio. Sono arrivata all’ultimo chilometro con ancora un po’ di energia, per cercare di aumentare o comunque di non calare come avevo fatto in qualifica. Quindi è andata decisamente meglio. Qualche prova in allenamento l’avevamo fatta, appena ho scoperto che agli europei avrei fatto l’inseguimento».

Venturelli ha chiuso il suo primo inseguimento fra le elite al quarto posto, con il tempo di 3’27″475 (meno di 5″ dal podio): con 1’12” circa di gara più del suo miglior tempo da junior. Ha spinto il 60X15, sviluppo di 8,544 metri, come dire che per compiere il terzo chilometro di gara ha dovuto compiere 117 pedalate in più.

Giaimi ha fatto il suo esordio tra i grandi agli europei, finendo 12° nell’inseguimento
Giaimi ha fatto il suo esordio tra i grandi agli europei, finendo 12° nell’inseguimento

Tattica e condizione

Gli europei di Giami nell’inseguimento individuale si sono chiusi al dodicesimo posto con il tempo di 4’17″379, 1’10” circa per compiere quel chilometro in più: pressoché in linea con la prestazione della collega d’azzurro.

«Il chilometro in più – spiega il ligure – fa tanto la differenza soprattutto sulla gestione dello sforzo. In 3 chilometri ti puoi ancora permettere di partire forte senza avere un calo troppo gravoso nel finale. Sui 4 chilometri è tutto diverso. Bisogna partire con le giuste accortezze, senza forzare troppo. Altrimenti finisce come ho fatto io, che nell’ultimo chilometro ho avuto un calo drastico. L’ideale, da quanto ho appreso in questa mia prima gara, è che per riuscire al meglio bisogna fare una progressione per arrivare agli ultimi giri ancora con gambe e saltare anche l’ultimo chilometro.

Giaimi, come pure Venturelli, dice la sua anche nelle crono: qui all’europeo (che la cremonese ha conquistato)
Giaimi, come pure Venturelli, dice la sua anche nelle crono: qui all’europeo (che la cremonese ha conquistato)

Obiettivo 4’10”

«In allenamento – prosegue Giaimi – mi è capitato di provarlo ed ero alla ricerca della giusta sensibilità, che però purtroppo non ho ancora trovato. Sicuramente provando più volte e con le giuste accortezze, si migliora già di tanto. Tralasciando la condizione fisica, che a gennaio e da primo anno U23, era buona ma non ottimale come altri specialisti della pista. Il mio obiettivo di quest’anno sarebbe arrivare a un 4’10”, ma ci vorranno altre prove, accorgimenti su posizione e materiali, oltre a una condizione fisica ottimale che arriverà sicuramente con il proseguire della stagione».

Giaimi ha corso con il 60×14, sviluppo di 9,154 metri, questo significa che per percorrere il chilometro di differenza ha dovuto compiere 109 pedalate in più.

Come già scritto in un precedente editoriale, la WorldTour della pista azzurra sta lavorando con grande verticalità e notevole efficienza. Non ci stupiremmo affatto se Federica Venturelli di questo passo si ritrovasse, giovane e spaesata, nel trenino azzurro del quartetto alle Olimpiadi di Parigi.

Esclusivo / I nuovi Keo Blade, più grandi, resistenti e rivoluzionati

24.01.2024
6 min
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La prima versione del Look Keo Blade nasce nel 2011. E’ stato il pedale che, grazie alla lama di tensionamento in carbonio, ha cambiato il DNA della categoria. Il nuovo Blade non cambia il concetto che lo ha reso celebre, ma tutto quello che sta intorno sì.

Entriamo nel dettaglio del nuovissimo pedale di casa Look, snocciolando i dettagli e la tecnica del prodotto, ma anche le prestazioni. Lo abbiamo provato in anteprima.

Nuovo Look Blade, forma diversa e appoggio maggiorato
Nuovo Look Blade, forma diversa e appoggio maggiorato

Blade Carbon, inizia tutto qui

Una delle caratteristiche tecniche principali è l’aumento della superficie di appoggio, che nel nuovo Blade Carbon si amplia a 705 millimetri quadrati (in precedenza era 700). Il corpo del pedale è in carbonio. La tacchetta appoggia completamente sull’area superiore del pedale, con dei vantaggi tangibili sulla ripartizione delle masse durante le fasi di spinta e trazione. Le tacchette Look Keo non sono cambiate.

Aerodinamico. Lo si nota fin dal primo sguardo, per via del suo profilo laterale ridotto, così come tutta la sezione anteriore. Non solo per via della lama in carbonio, il nuovo Keo è completamente “calottato” nella parte interna, soluzione che contribuisce ad aumentare l’efficienza aerodinamica, ma anche la rigidità. Le lame in fibra sono sostituibili in modo semplice in fase di manutenzione. Noi l’abbiamo fatto e l’operazione richiede solo qualche minuto. Le lame disponibili sono 4, con altrettante tensioni: 8, 12, 16 e 20 Nm. Le “vecchie” lame Blade sono perfettamente compatibili.

Le versioni sono tre

Le prime due hanno i cuscinetti ceramici, sono il Keo Blade Ceramic Ti (con asse in titanio e ad un prezzo di listino di 310 euro) ed il Ceramic (quello provato da noi, con un listino di 210 euro) con asse in acciaio chromo. Rispetto alla precedente versione è stato cambiato il grasso che è contenuto nei cuscinetti, oggi più longevo del 18% e in grado di offrire una maggiore stabilità del comparto. Il primo ha la lama in carbonio con tensione 16, mentre il secondo porta in dote la 12 (noi abbiamo montato una “vecchia” 20). Il terzo modello è il Look Keo Blade (145 di listino) con asse e cuscinetti in acciaio.

Il design non cambia per nessuno di loro, così come il fattore Q di 53 millimetri e un’altezza tra asse e suola che è di 14,8 millimetri.

Petilli al Tour Down Under 2024 con i nuovi materiali
Petilli al Tour Down Under 2024 con i nuovi materiali

I feedback di Simone Petilli

Simone Petilli, corridore della Intermarché-Circus-Wanty, ha iniziato a usare i nuovi pedali alla vigilia della trasferta australiana del Tour Down Under.

«Colpisce subito e in positivo – spiega – l’ampiezza della superficie di appoggio, sicuramente utile ad una migliore espressione della potenza. La percezione di sfruttare una maggiore forza impressa sui pedali è assolutamente reale. Al pari della versione precedente, lasciano la pedalata libera e rotonda. Ho trovato anche una maggiore stabilità della tacchetta che è tutta all’interno del pedale, nonostante io utilizzi la grigia che, rispetto alla nera, offre più agio e libertà laterale».

Sviluppati con modelli CFD

Per contestualizzare ancor di più tutto quello che si cela dietro i nuovi Look, abbiamo interpellato Alexandre Lavaud, Product Manager dell’azienda francese per la categoria dei pedali.

«Il progetto dei nuovi Blade è partito tre anni fa – spiega – con l’obiettivo di incrementare la longevità, la robustezza e tutto quello che tocca la resa tecnica dei pedali. Il nuovo Blade non è solo un pedale diverso – prosegue – ma è un prodotto che ci ha obbligato a cambiare diverse procedure di sviluppo che a cascata coinvolgeranno l’intera gamma dei pedali. In questo rientra anche il modello CFD creato appositamente per i pedali, riferito alla valutazione aerodinamica e da impiegare nella galleria del vento. Questa ricerca ci ha permesso di ridurre l’impatto frontale con effetti positivi del drag e senza sacrificare la resistenza complessiva, che è addirittura aumentata del 200% rispetto alla versione precedente».

Le nostre impressioni

Più rigido, più forte in fase di aggancio e di tenuta della tacchetta, soprattutto nella sezione posteriore (a parità di tensione della molla). Sempre in questo punto trattiene in modo impeccabile la tacchetta che non accenna al minimo basculamento.

Se è complicato quantificare l’efficienza aerodinamica di un pedale, è facile sottolineare quanto il nuovo Look Blade faccia sentire il sostegno nella fasi di rilancio e quando ci si alza in piedi. Supporta ed invita a caricare il peso, inoltre non strozza l’angolo e l’apertura del gesto naturale (e soggettivo) della caviglia (al di la del posizionamento della tacchetta).

Rispetto alla precedente versione non abbiamo sentito la necessità di modificare l’altezza sella, un fattore non banale che aiuta a mutuare un feeling importantissimo ai fini della qualità prestazionale.

All’arrivo in Bora, per Roglic un guardaroba firmato Sportful

24.01.2024
5 min
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Il 2024 ha portato l’arrivo ufficiale di Primoz Roglic alla Bora-Hansgrohe. Nel frattempo il team tedesco ha cambiato fornitore di abbigliamento, tornando a Sportful dopo due stagioni con Le Col. Federico Mele, Head of Global Marketing di Sportful, ci spiega come si è ricostruito il binomio e in che modo si è lavorato per fornire ai corridori il materiale necessario. 

Il training camp di gennaio è servito per le foto ufficiali, ma Sportful ha lavorato fin da ottobre con Bora
Il training camp di gennaio è servito per le foto ufficiali, ma Sportful ha lavorato fin da ottobre con Bora

Nuovo colore

La grande differenza rispetto al 2023 è il cambio di colore per la divisa del team. Si è passati da colori freddi a tonalità più accese. E’ rimasto il verde scuro, ma si è passati dal nero e rosso al verde lime. 

«Partiamo dal presupposto – esordisce Mele – che gli atleti della Bora useranno i capi che già abbiamo in catalogo. Ovviamente quello che cambia sono le grafiche e la colorazione. In base a questo possiamo dire che in Bora c’era la volontà di cambiare grafica passando dal rosso al verde lime. Il motivo è una maggior ricerca di visibilità in gruppo e sulle strade in allenamento. Con le tecnologie a disposizione non ci sono problemi nel creare e modificare i colori. Così, una volta che ci hanno detto di voler usare il verde lime, noi abbiamo proposto diverse tonalità e il team ha scelto quella che vedete».

Un nuovo colore nella divisa del team tedesco: ecco che arriva il verde lime
Un nuovo colore nella divisa del team tedesco: ecco che arriva il verde lime

Divisa estiva

La parte di maggior importanza è ricoperta dalla divisa estiva, che viene utilizzata per tutto l’anno. 

«I ragazzi useranno due maglie – ci spiega Mele – la prima è la Bomber Jersey, un capo dal taglio classico. La seconda invece è la Light Jersey, pensata per climi più caldi. I pantaloncini a disposizione di Bora saranno il modello LTD: dotati di uno dei fondelli meglio strutturati per chi pedala. Per il team tedesco abbiamo pensato a due colorazioni: il classico verde e il nero, da abbinare alle maglie di leader e campione nazionale».

«Gli atleti avranno a disposizione – continua – anche una maglia a maniche lunghe: la Thermal LS Jersey. Questa solitamente non viene usata tanto in corsa, dove solitamente preferiscono la comodità delle maniche corte, quanto piuttosto in allenamento, essendo pensata per le temperature invernali. Invece di utilizzare maglia, manicotti e gilet, si indossa solo la maglia a maniche lunghe».

Freddo e corse

Il vestiario per una squadra WorldTour deve essere completo e coprire tutte le fasi della stagione. Si corre ad ogni latitudine, a partire dal Nord, ma Sportful ha una soluzione che, semplicemente dal nome, fa intuire il suo utilizzo.

«Per il freddo – prosegue Mele – i ragazzi della Bora utilizzeranno la collezione Fiandre, con due giacche: una a maniche corte e l’altra a maniche lunghe. A queste si aggiunge uno smanicato, la Pro Wind Vest. Ovviamente nella collezione Fiandre sono inclusi anche gli accessori contro il freddo: manicotti, gambali lunghi e corti. Ad ultimare il vestiario in dotazione alla Bora ci sono il cappellino e la fascetta da indossare in bici.

Misure e incontri

I primi contatti tra Sportful e Bora, per preparare la stagione 2024, sono iniziati ad ottobre, appena finite le corse. 

«Sono stati fatti diversi fitting a più riprese – racconta Federico Mele – a partire da ottobre quando siamo andati a fare delle prime misure. Poi sono venuti loro in azienda e infine abbiamo fatto le ultime misurazioni al ritiro di dicembre. Con gli atleti di ora, sempre attivi, è possibile fare test e misurazioni anche in pieno inverno, è difficile trovare il corridore fuori forma. Già al ritiro di dicembre Roglic e compagni erano tirati e in forma.

«Per le misure partiamo da una taglia di base e da lì si capisce se devono essere fatte delle personalizzazioni. Negli atleti di spicco come Roglic, Vlasov e Hindley non sono state fatte modifiche, hanno una fisionomia piuttosto standard».

Sportful

Fiorin, l’europeo tra i grandi con rimpianti e voglia di fare

24.01.2024
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Nella spedizione italiana agli europei su pista di Apeldoorn c’era anche Matteo Fiorin, che ha partecipato allo scratch. Una presenza che, a prescindere dal risultato, ha avuto un certo peso specifico perché parliamo di un corridore appena approdato alla categoria U23. Appena approdato alla MBH Bank-Colpack-Ballan, il corridore di Desio ha vissuto quest’esperienza quasi come un regalo di Natale fuori tempo.

«E’ stata una settimana davvero diversa dalle altre – racconta Fiorin – un’esperienza particolare e che mi ha lasciato tanto. Mai lo scorso anno avrei pensato d’iniziare così il 2024, ma con tanti azzurri impossibilitati a partecipare perché in Australia, si è aperta una porta anche per me».

Per Fiorin la presenza ad Apeldoorn è stata una sorpresa, ma è parte del suo futuro su pista, anche per il quartetto
Per Fiorin la presenza ad Apeldoorn è stata una sorpresa, ma è parte del suo futuro su pista, anche per il quartetto
Come sei arrivato ad Apeldoorn?

L’avvicinamento non è stato dei migliori, prima di Natale ho avuto problemi di salute che mi hanno costretto a qualche giorno di stop. Nelle due settimane precedenti la rassegna continentale ho lavorato bene, ma la forma raggiunta non era quella ottimale. Comunque ero pronto per fare la mia figura.

Che impressione ti ha fatto gareggiare fra i grandi?

Inizialmente non nego di aver sentito un po’ la pressione, ero in mezzo a tutti quei corridori che normalmente guardavo in televisione. Poi ho cercato di concentrarmi su me stesso, sulla gara e non ci ho più pensato. In fin dei conti, sono sempre avversari, come quelli che affrontavo prima, da junior.

Il lombardo nello scratch ha chiuso al 15° posto perdendo l’attimo della fuga decisiva
Il lombardo nello scratch ha chiuso al 15° posto perdendo l’attimo della fuga decisiva
La gara com’è stata?

Particolare, diversa da come pensavo sarebbe andata e da come solitamente si svolgono gli scratch. Normalmente i primi giri sono di assestamento, si sta alla corda e si prende velocità, invece sin dall’inizio non c’è mai stato ritmo costante, si sono subito susseguiti gli scatti. A metà corsa c’è stata l’azione decisiva e il gruppo si è praticamente spezzato in due, io non sono stato reattivo in quel momento per attaccarmi al treno giusto e la cosa era possibile. Per questo ho chiuso con molti rimpianti.

Con che ambizioni eri partito?

A dispetto della mia giovane età, volevo giocarmi le mie carte. Tra l’altro prima della partenza Villa mi aveva suggerito di mettere un rapporto 63-64×16, ma io ho optato di comune accordo per il 66×16 proprio perché volevo giocarmi le mie carte allo sprint, anche considerando i rapporti che usavo l’anno scorso. Una scelta che alla fine si è rivelata vana.

Con Fiorin, Boscaro, Bianchi e Napolitano la Colpack era il team più rappresentato a Apeldoorn
Con Boscaro, Bianchi, Fiorin e Napolitano la Colpack era il team più rappresentato a Apeldoorn
Che cosa ti ha detto Villa dopo la gara?

Io ero molto abbattuto, lui prima della corsa mi aveva detto di stare tranquillo, che comunque fosse andata sarebbe stata esperienza da mettere da parte. Alla fine mi ha consolato ribadendo che ero lì per imparare, poi abbiamo analizzato la gara per capire dove avevo sbagliato. Corse del genere servono a questo.

Lo scratch è tra le tue discipline preferite?

Non direi, anche come è andata la gara di Apeldoorn conferma che per certi versi è un terno al lotto, devi essere anche fortunato per poter emergere. Preferisco una gara come l’eliminazione, dove si deve sfruttare la strategia e soprattutto emergono i veri valori.

Con Sierra nella vittoriosa prova internazionale di madison a Gand, la prima di una bella serie
Con Sierra nella vittoriosa prova internazionale di madison a Gand, la prima di una bella serie
Molti successi li hai però ottenuti nella madison, dove con Sierra hai mostrato di avere notevole amalgama, qualità che Villa ritiene appartenere a poche coppie…

Con David ci conosciamo fin quasi da bambini. Ci siamo poi ritrovati insieme in nazionale e Salvoldi ci ha unito. Abbiamo subito trovato il feeling giusto, alla prima gara internazionale a Gand abbiamo subito vinto… Ci siamo presi belle soddisfazioni perché siamo un connubio perfetto, che compendia diverse caratteristiche sia personali che ciclistiche, ma in bici siamo entrambi “cattivi”, io più veloce e lui più resistente. Noi vogliamo andare avanti insieme, questo è sicuro.

A che punto sei ora?

Direi buono, stiamo affrontando il primo ritiro con la Colpack per affrontare a fine mese le prime gare della stagione. La prima parte sarà un po’ a singhiozzo anche perché ho la maturità che mi aspetta, infatti credo che salterò le prove di Nations Cup anche perché ho solo i punti per partecipare allo scratch.

Per Fiorin quest’anno ci sono grandi ambizioni anche su strada, come sprinter e non solo
Per Fiorin quest’anno ci sono grandi ambizioni anche su strada, come sprinter e non solo
Su strada sei considerato uno sprinter puro, ma questa etichetta ti sta bene?

Fino a un certo punto. Sicuramente lo sprint è la mia caratteristica migliore, ma voglio dimostrare di saper temere anche sugli strappi brevi. Cambiando categoria cambiano la preparazione e anche le gare, saranno più lunghe e complesse. Mi dovrò abituare, ma con l’allenamento e la dedizione voglio arrivarci, voglio far vedere che posso essere un velocista più complesso.

Considerando anche gli impegni scolastici, che cosa ti proponi?

In questo primo anno di aiutare i compagni in primis, di entrare appieno nel gruppo, ma se capita l’occasione giusta non mi tirerò certo indietro…

Il protocollo di Bianchi: 4 ore e 30′ tra recupero, rulli, balzi, riso…

24.01.2024
4 min
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«Non è voluto tornare in hotel e ha messo in atto il protocollo di defaticamento e recupero che abbiamo studiato. E’ stato anche dall’osteopata, poi ha atteso sul pullman». Così Ivan Quaranta, tecnico della pista responsabile del settore velocità, parlava di Matteo Bianchi in occasione della conquista del Chilometro da fermo in quel di Apeldoorn.

Un protocollo del quale ci parla in modo più approfondito il responsabile della performance della Fci, Diego Bragato. Oggi ogni aspetto ha il suo peso e il dettaglio è talmente ricercato che quasi non è più un dettaglio. Specie come nel caso della velocità dove si ragiona sui centesimi, neanche decimi di secondo.

Prove di partenza in allenamento per Bianchi. Bragato al cronometro, Quaranta lo sorregge
Prove di partenza in allenamento per Bianchi. Bragato al cronometro, Quaranta lo sorregge
Diego, parlaci dunque di questo protocollo?

Direi che sono i protocolli, plurale, visto che ormai tutti i ragazzi specie quelli della velocità (e non solo) ne hanno uno personalizzato in base alle loro caratteristiche, agli orari delle gare… E la cosa è importantissima.

Perché?

Perché lo sforzo dopo il chilometro è molto elevato e quindi è importante restare attivi. Ricerche scientifiche dimostrano che per smaltire bene, meglio e più in fretta l’acido lattico che si è accumulato serve un minimo di attività fisica. La componente lattacida da smaltire è davvero elevata in questo caso.

Cosa s’intende per attivazione? E che tempistiche ci sono?

Dipende soprattutto dagli orari tra una prova e l’altra. Ma una cosa è certa: l’attivazione per la seconda prova è un po’ più rapida rispetto alla prima. L’organismo infatti si è già attivato e si è espresso al massimo. Quindi se il riscaldamento per la prima prova dura complessivamente un’ora e 15′-30′, quello per la seconda dura 45′-50′.

Quindi, Diego, nello specifico cosa ha fatto Bianchi tra le due prove?

Immediatamente dopo la prova si è proprio accasciato a terra. Ha recuperato un po’ ed è saltato sui rulli. Ha fatto una decina scarsa di minuti, ma non del tutto blandi, diciamo ad un’intensità che lo stradista individuerebbe come Z2. Successivamente è passato nelle mani dell’osteopata-massaggiatore. Ha eseguito un tipo di massaggio volto a scaricare meglio le tossine e quindi si è riposato veramente. In questa fase ha anche mangiato.

Un po’ di riso in bianco nel bus della nazionale. Questo è stato il pasto principale di Bianchi secondo il suo protocollo
Un po’ di riso in bianco nel bus della nazionale. Questo è stato il pasto principale di Bianchi secondo il suo protocollo
Come si è alimentato?

Principalmente con dei carboidrati. Per la durata del suo sforzo (circa 45”, ndr) serve solo del glucosio. Quindi lo zucchero, la benzina più pregiata. Ha corso le qualifiche alle 15 e la finale alle 19,30. In questo buco centrale di quattro ore e mezza ha anche mangiato del riso. Ancora un piccolo trattamento e poi è tornato in pista per il riscaldamento in vista della seconda prova.

E la riattivazione come è avvenuta?

Ha iniziato con il riscaldamento per la parte neuromuscolare, a secco: esercizi per la mobilità articolare, balzi, stretching… Poi è salito sui rulli, chiaramente, e ha effettuato delle partenze da fermo. Si tratta di volate di 10”, sia da fermo che da una cadenza più alta. Seguite poi anche da volate più lunghe: 30”-40” per attivare la componente lattacida. A quel punto ha iniziato il riscaldamento per la parte metabolica. Il riscaldamento deve essere completato mezz’ora prima della gara. Per la seconda prova ha ridotto un po’ la parte della mobilità articolare.

Credevamo il contrario…

Fosse stato un corridore di endurance, sì. Non esiste il protocollo perfetto. Ma i velocisti tendono a fare così. Un po’ perché lo dice la letteratura scientifica, un po’ perché un riscaldamento è efficace se il corpo lo riconosca come tale. E Matteo, così come altri velocisti, è abituato a riscaldare prima la parte neuromuscolare e poi quella metabolica. Anche in allenamento.

Ogni centesimo conta. Dal protocollo seguito alla perfezione, alle scelte tecniche, al serraggio dei pedali
Ogni centesimo conta. Dal protocollo seguito alla perfezione, alle scelte tecniche, al serraggio dei pedali
Si può dire che il chilometro da fermo del ciclismo su pista corrisponda ai 400 metri piani dell’atletica leggera?

Direi di sì, soprattutto crono alla mano. Fisiologicamente parlando è lo sforzo peggiore che ci sia. Quello che lascia più strascichi, più scorie nei muscoli. In quei secondi l’organismo sfrutta al massimo tutte le sue qualità. E’ una sforzo davvero violento.

Ultima domanda, Quaranta aveva parlato anche dei rapporti da scegliere e del fatto che per la prima prova si poteva optare per un dente più duro e magari Bianchi avrebbe fatto il record italiano. Cosa ci dici in merito?

Che è vero. Ma è anche vero che era la prima volta che nel chilometro da fermo ci trovavamo in una situazione così, vale a dire con un atleta molto valido. Ci siamo quindi ritrovati a fare una scelta tattica. Sapevamo che Bianchi sarebbe entrano tra i primi otto e quindi si sarebbe giocato la finale, pertanto abbiamo deciso di preservarlo per la finale. In altre occasioni avremmo dato tutto per entrarci.

Incide così tanto un dente in termini di dispendio energetico?

Come ho detto, il chilometro da fermo è lo sforzo peggiore: quindi sì, incide. Pensate che in finale hanno peggiorato tutti, “noi” siamo quelli che hanno peggiorato di meno.