La parola d’ordine è non dire nulla. Attorno a Cavendish non ci sono versioni ufficiali e tantomeno sirene d’allarme, al punto che il sospetto che qualcosa non vada ti viene da sé. Pur capendo le parole di Martinelli sull’importanza del britannico per l’Astana e consapevoli del fatto che Mark già in altre occasioni ha cambiato pelle in modo repentino, non è facile convincersi che le cose vadano secondo i piani.
La vittoria in Colombia è parsa davvero tempestiva, anche se l’espressione del battuto Gaviria non ha trasmesso la sensazione di uno sprint tirato alla morte. L’esclusione dalla Tirreno-Adriatico per essere arrivato fuori tempo massimo nel primo giorno di montagna potrebbe essere fisiologica, se non fosse per il fatto che Cavendish ha bisogno di correre per mettersi a posto e sperare di combinare qualcosa al Tour.
Tirreno, tappa di Giulianova. Cavendish è staccato, il giorno dopo si ritireràTirreno, tappa di Giulianova. Cavendish è staccato, il giorno dopo si ritirerà
Il ritorno a casa
E’ riuscito ad allenarsi dopo il ritorno dal Tour Colombia? Chi era laggiù e lo ha incontrato nuovamente alla Tirreno ha storto il naso. E Max Sciandri, che lo conosce sin da quando era un ragazzo, al via dell’ultima tappa della Tirreno-Adriatico, ci ha detto che a suo avviso un corridore come Mark a questo punto della carriera avrebbe bisogno di correre anche il Giro d’Italia, per sperare di arrivare pronto al Tour.
Di certo sul volto del britannico non si riconoscono grandi sorrisi e anche mercoledì, al via della Milano-Torino, ha salutato restando però alla larga da taccuini e microfoni. Il ritiro ha reso il quadro ancora più nebuloso.
La vittoria di Roma, ultima tappa del Giro 2023, è stata un bel capolavoro di caparbietàLa vittoria di Roma, ultima tappa del Giro 2023, è stata un bel capolavoro di caparbietà
Fuori tempo massimo
Richiamato dall’Australia per stare vicino al suo vecchio capitano, Mark Renshaw è salito sull’ammiraglia della Astana, componendo il cerchio magico attorno a Mark, assieme a Morkov e l’allenatore Vasilis Anastopoulos. Il giorno dopo che il suo amico è finito fuori tempo massimo alla Tirreno, Renshaw ha provato in tutti i modi a spiegarne le ragioni, senza risultare tuttavia troppo convincente.
«Anche lui era stanco – ha spiegato – e forse anche per questo ha mancato di entrare nel gruppetto e si è staccato. Lui e Morkov hanno inseguito. Sono arrivati a un minuto e mezzo dal riprenderlo, ma non ci sono riusciti. E a quel punto era impossibile con due soli corridori contro tutti, in una tappa breve come quella di venerdì e con il tempo massimo al 12 per cento che ha reso tutto più difficile».
Questa la vittoria di Cavendish al Tour Colombia. Gaviria, accanto, non sembra troppo impegnatoQuesta la vittoria di Cavendish al Tour Colombia. Gaviria, accanto, non sembra troppo impegnato
Nessun allarme
Se è vero che la concentrazione di un corridore la vedi anche nel modo in cui gestisce le crisi, la situazione attuale potrebbe tradire un malessere più profondo.
«Fino a un certo punto – dice Renshaw – credo che Mark fosse contento della sua prestazione. Hanno combattuto, ma ad un certo punto ha mollato la presa. Non avrebbe avuto senso andare a tutta per tutto il giorno, ma i dati di potenza dimostrano che si sono impegnati. Comunque hanno terminato la tappa ed essere finiti fuori tempo è stato deludente. Non entro nel merito della preparazione, che compete al nostro allenatore Vasilis, non voglio parlare al suo posto. Ma non credo che ci sia un campanello d’allarme. Il programma va avanti. Peccato che abbiano indurito il finale della Milano-Torino che altrimenti sarebbe stata un obiettivo. Ma Cav è un corridore che quando vede il traguardo, ci prova».
Sin dal primo ritiro di Altea, Cavendish è parso molto motivatoSin dal primo ritiro di Altea, Cavendish è parso molto motivato
Il corridore di sempre
Peccato che Cavendish il traguardo non l’abbia riconosciuto e alla Milano-Torino si sia fermato prima del tempo. Su questo Renshaw non si esprime e allora per capire basta scrutare negli sguardi del personale.
«Dal punto di vista psicologico – spiega l’australiano – è il corridore di sempre. Mentalmente è forte e ha un’ottima squadra attorno a sé. No, non mi manca il fatto di essere con lui nel gruppo per aiutarlo (ride, ndr). L’ho fatto per qualche anno, ma ora sono piuttosto felice di essere sull’ammiraglia e mi diverto davvero. Eppure non è un ruolo facile, è come essere corridore. E io sto imparando molto da quelli che mi circondano. E intanto mi diverto».
E mentre Renshaw fa esperienza, Cavendish è al lavoro per le prossime corse: Scheldeprijs, Giro di Ungheria e Tour de France. Domani, si sa, niente Sanremo. La sensazione di un distacco crescente affiora, ma per ora preferiamo credere alla serietà del professionista e alla sua voglia di fare la storia.
VILLANTERIO – Le ombre si allungano sull’Agriturismo il Cigno come braccia che vogliono avvolgere tutto quello che incontrano. Mathieu Van Der Poel arriva puntuale, alle 18,30 per la conferenza stampa di rito pre Milano-Sanremo. La prima Classica Monumento della stagione si avvicina e l’olandese ripartirà da qui con la strada, esattamente come fece nel 2023, quando vinse sul traguardo di Via Roma.
Le giornate si allungano piano piano e nel momento in cui il campione del mondo in carica inizia a parlare ancora il sole non si è deciso ad andare via. Fa caldo, le temperature invogliano a togliere la giacca, la primavera è alle porte, è proprio il clima da Milano-Sanremo. Van Der Poel è andato a provare il percorso, la maglia iridata brillava sotto il sole della Liguria. Il corridore della Alpecin-Deceunink ha provato Cipressa e Poggio, anche con un buon ritmo, viste le quasi 48 ore che lo dividono dalla partenza di sabato mattina. Il tempo per recuperare c’è tutto.
Nella giornata di oggi, giovedì, Ven Der Poel e compagni hanno fatto la ricognizione (Instagram/Photonews)Nella giornata di oggi, giovedì, Ven Der Poel e compagni hanno fatto la ricognizione (Instagram/Photonews)
Nessuna gara
Le prime domande dei giornalisti presenti, tanti provenienti dal Belgio e dall’Olanda, solo pochi gli italiani, vanno subito sulla preparazione invernale. Si farà sentire l’assenza di gare?
«Mi sento bene – dice prontamente Van Der Poel con voce bassa, come se il risparmio delle energie iniziasse già da ora – ho accumulato tante ore di allenamento in Spagna. La prima corsa dell’anno porta tante domande, anche per me, ma ho pedalato molto e bene, alzando l’intensità giorno dopo giorno. Non ho corso la Parigi-Nizza o la Tirreno-Adriatico, è difficile simulare l’intensità di corse di questo tipo. Però ho fatto tanta fatica sulle strade spagnole, penso di essere pronto».
Nel 2023 ha vinto la sua prima Milano-Sanremo, anche in quel caso era al debutto stagionaleNel 2023 ha vinto la sua prima Milano-Sanremo, anche in quel caso era al debutto stagionale
Le tattiche
La Milano-Sanremo è la Classica Monumento più difficile da vincere, non per la sua difficoltà, ma per le tante possibilità che si concentrano in pochi chilometri. Un attacco potrebbe bastare, come potrebbero risultare vani altri cento. Serve trovare il momento giusto.
«Questa gara – continua il campione del mondo – è l’unica che puoi vincere senza essere al massimo della condizione. Infatti sono sereno anche se non ho altre gare nelle gambe. La Sanremo si può vincere in diversi modi, ma tutti hanno il Poggio come scenario principale. Si può scattare in cima, oppure in discesa, ma prima è difficile fare la differenza. Non ricordo di edizioni vinte con un attacco sulla Cipressa o in altre situazioni di gara. Le posizioni saranno super importanti sul Poggio, anche più rispetto alla Cipressa, poi saranno le gambe a determinare il vincitore».
L’anno scorso Ganna impressionò per la capacità di rispondere agli scatti di PogacarVDP colse il momento giusto, attaccando negli ultimi metri del Poggio, lo rividero solo dopo il traguardoL’anno scorso Ganna impressionò per la capacità di rispondere agli scatti di PogacarVDP colse il momento giusto, attaccando negli ultimi metri del Poggio, lo rividero dopo il traguardo
Gli avversari
L’avversario numero uno è Tadej Pogacar, il nome dello sloveno è sulla bocca di tutti. La vittoria alla Strade Bianche ha impressionato. Anche lo stesso Van Der Poel ha commentato il post di Tadej con una frase che fa capire il rispetto che c’è tra questi due grandi corridori: amico, mi sto spaventando un po’.
«Ho visto la Strade Bianche una volta rientrato dall’allenamento – racconta VdP – l’attacco di Pogacar mi ha impressionato. Tra noi c’è rispetto, so quello che può fare, ma non è l’unico da tenere sotto controllo. Ganna nell’edizione scorsa ha fatto molto bene, rispondendo all’attacco di Tadej. Ma penso davvero che prima del Poggio sia difficile attaccare e andare via da soli con tutti i grandi team alle spalle che tirano».
La Sanremo sarà la sua prima Monumento in maglia iridata, ma l’olandese non sente la pressione (Instagram/Photonews)La Sanremo sarà la sua prima Monumento in maglia iridata, ma l’olandese non sente la pressione (Instagram/Photonews)
L’arcobaleno addosso
«Il 2023 è stato un anno eccezionale – conclude Van Der Poel – nel quale ho vinto due Classiche Monumento (Milano-Sanremo e Parigi-Roubaix, ndr). Poi ho vinto anche il mondiale di Glasgow, che è stato davvero speciale. Correre con la maglia arcobaleno addosso è veramente bello, ma non penso che cambierà qualcosa nel modo di correre o di approcciare le gare. Non so ancora con quali pantaloncini partirò – ride – dipenderà dal mood di sabato mattina».
Van Der Poel poi si alza e risponde alle domande delle televisioni davanti a telecamere che lo accerchiano con microfoni puntati. L’olandese esprime una calma senza eguali, assomiglia ad un giocatore di poker, solo lui conosce le carte che ha in mano. Sabato sarà il momento di giocarle…
Quante volte lo abbiamo visto in testa. Per quanti chilometri ha preso aria per il suo capitano, Remco Evenepoel. Mattia Cattaneo è reduce da una Parigi-Nizza decisamente buona. Così come buona è stata anche per il suo leader appunto.
Il belga della Soudal-Quick Step in qualche modo è “condannato” a vincere, specie se in corsa non ci sono Vingegaard o Pogacar, ma bisogna ricordare che per lui si trattava della prima esperienza su certe strade della Francia.
Spesso lo abbiamo visto far tirare la squadra e poi non cogliere il lavoro fatto. E spesso, davanti c’era Mattia Cattaneo.
Cattaneo in testa al gruppo per Remco. Il bergamasco non ha mai avuto paura del vento in facciaCattaneo in testa al gruppo per Remco. Il bergamasco non ha mai avuto paura del vento in faccia
Mattia, prima di tutto: come stai?
Onestamente sto bene. Sono super contento della mia condizione e del lavoro che ho fatto. Un buon lavoro. Sto dove volevo essere e forse anche un po’ meglio.
Cosa significa un po’ meglio?
Per un corridore come me certi percorsi esplosivi e con salite brevi non sono il massimo, invece in questa Parigi-Nizza ero competitivo. Da questo dico che sto un po’ meglio di quanto mi aspettassi. Se uno come me non è in forma vera, certi percorsi li soffre.
Hai parlato di buon lavoro: a cosa ti riferivi?
Un po’ a tutto. Che si dovesse tirare per 100 metri o per 50 chilometri, quando serviva io ero sempre al vento. Ho sempre detto che per proteggere i capitani bisogna prendere tanta aria, bisogna esporsi. Se fai così, è la cosa più facile che c’è. Riesci a portarlo sempre nella posizione giusta…
Ma servono gambe…
Esatto, per questo sono contento. E dico di aver fatto bene il mio lavoro. O che l’ho fatto come penso… andasse fatto!
In certe corse anche prendere posizione prima di un ponticello è causa di stressIn certe corse anche prendere posizione prima di un ponticello è causa di stress
Veniamo a Remco. Spesso vi ha fatto tirare, ma poi ha raccolto poco. Posto che comunque ha sempre vinto una tappa e se l’è giocata fino alla fine. Cosa, tra virgolette, non ha funzionato?
Dire che qualcosa non ha funzionato è relativo. Era la prima volta che Remco faceva la Parigi-Nizza e certe corse sulle strade francesi (non ha mai fatto né il Tour, né il Delfinato). Si sa che il livello è altissimo in certe gare. Ci sono 3-4 corse che sono notoriamente più dure e complicate di altre e una di queste è la Parigi-Nizza. E un po’ di timore forse Remco lo aveva. In queste corse c’è più nervosismo, tutto è più estremizzato.
Quindi quanto è stato importante fare questa gara in vista del Tour de France?
Importantissimo. Fare otto tappe così ti fa rendere conto di ciò che troverai al Tour, anche se poi lì le cose saranno ancora diverse. E la stessa cosa vale per il Delfinato. Sono le due corse che più somigliano al Tour anche se di una settimana. Però è anche vero che quella davvero critica al Tour è la prima settimana, poi le forze iniziano a scemare, ognuno trova il suo posto in classifica e tutto diventa un pizzico meno nervoso.
Hai parlato di nervosismo, ma cambia qualcosa anche sul piano tattico?
Beh, il nervosismo è un fattore importante, che influisce anche sulle tattiche.Queste corse super importanti hanno una sorta di status di nervosismo acquisito in cui tutti vogliono stare davanti a prescindere, anche se c’è un ponticello a 100 chilometri dall’arrivo. Perché? Perché è così… In altre corse neanche te ne accorgeresti di quel ponticello. Tutto è dunque vissuto in modo esponenziale e diventa complicato.
Questo ha messo in difficoltà Remco?
In difficoltà no, ma si è reso conto che il gruppo si muove in modo un po’ diverso. Semmai è rimasto sorpreso che in quei frangenti si lottasse così tanto. Ma lì sta a me, al mio ruolo, intervenire. E se devo tirare un chilometro a tutta, anche se l’arrivo è lontano, lo faccio. Se devo spendere, spendo: non sto lì a pensare di risparmiare qualcosa.
Tanta attenzione mediatica. «Ma Remco – dice Cattaneo – ci è abituato»Tanta attenzione mediatica. «Ma Remco – dice Cattaneo – ci è abituato»
E le strade? In Francia tutto sommato sono abbastanza larghe. Remco ha potuto saggiare anche queste…
No, quello è l’ultimo dei problemi. Non c’è niente di diverso rispetto ad altre corse. Quello che contava era la corsa nel suo insieme.
Riguardo all’impatto mediatico? La Parigi-Nizza è un piccolo Tour…
Credo che un po’ in effetti Remco si sia reso conto di cosa lo attenderà a luglio. Però è anche vero che uno come lui è abituato a stare sotto la lente d’ingrandimento, specie dei media belgi. Lo avrebbero criticato o esaltato anche se avesse fatto la Coppi e Bartali, con tutto il rispetto per questa gara.
Ti ha chiesto, Mattia, qualcosa ti particolare in questa settimana francese?
Qualche consiglio sulla cronosquadre, su come la pensassi riguardo a determinate scelte tecniche. In più spesso abbiamo analizzato insieme il pre e post gara. Diciamo che Remco si fida molto di me e mi segue. Poi quando io finisco le gambe, lui inizia la sua corsa!
Alla luce di quanto detto e dell’importanza dell’esperienza sulle strade francesi, Remco può vincere il Tour al debutto?
Secondo me sì. E’ una corsa strana, ma sempre una corsa. Tutto deve andare bene e serve anche un po’ di fortuna. Ma a livello di preparazione fisica ci può stare. E non è un caso che dopo la tappa di Nizza siamo rimasti in Francia altri due giorni. Abbiamo visionato due frazioni: la crono finale e la penultima tappa del Tour.
Cetilar Nutrition, brand della casa nutraceutica e farmaceutica PharmaNutra, quest’anno approda nel ciclismo rifornendo gli atleti della VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè. L’azienda italiana, già impegnata nel mondo dello sport, da 20 anni opera nell’ambito specifico della nutrizione clinica e della medicina sportiva con rigore scientifico e una forte spinta all’innovazione tecnologica. Ne abbiamo parlato con il dottor Valerio Miale, che ha curato lo sviluppo dei prodotti della linea nutrizione di Cetilar® Nutrition.
In cosa consiste la grande innovazione nella supplementazione di Nutrition?
La nuova linea di prodotti è dedicata alla nutrizione e al miglioramento della performance dell’atleta agonista. Le nostre tecnologie e i nostri brevetti sono il risultato di anni di studi in ambito nutrizionale e rappresentano un nuovo approccio sicuro ed efficace per supportare le esigenze dell’organismo impegnato in un’intensa prestazione sportiva.
La tecnologia Sucrosomiale® di Cetilar è un delivery system che permette di avere integratori più stabiliLa tecnologia Sucrosomiale® di Cetilar è un delivery system che permette di avere integratori più stabili
Qual è la tecnologia che avete brevettato?
Abbiamo brevettato la tecnologia Sucrosomiale®, ovvero un delivery system che permette di avere integratori più stabili, più facilmente assorbibili, evitando sintomi come il gonfiore, la diarrea o la nausea. Questa tecnologia, già conosciuta per gli integratori a base di ferro, la applichiamo anche ad altri minerali fondamentali per sostenere lo sportivo, come il selenio, il magnesio, il cromo, lo iodio e lo zinco. In forma Sucrosomiale® essi non entrano in competizione tra loro, permettendoci anche di formulare degli integratori completi e garantendo l’assorbimento di ciascun principio funzionale.
In che modo migliora l’assorbimento?
La tecnologia Sucrosomiale® mette al centro il minerale, che viene avvolto da una matrice di fosfolipidi e da un altro strato di sucrestere, un emulsionante che lo rende gastroresistente. Con questa struttura riesce quindi a raggiungere intatto gli enterociti nel duodeno, dove poi può essere assorbito senza il vincolo di legarsi ai recettori specifici per quel determinato minerale, un po’ come se fosse un “cavallo di troia”.
Cetilar ha investito sul ciclismo, realizzando studi mirati: a breve verranno annunciati prodotti total carbo specificiCetilar ha investito sul ciclismo, realizzando studi mirati: a breve verranno annunciati prodotti total carbo specifici
Di quanto può migliorare l’assorbimento?
Nel caso del ferro si passa dal 25% delle forme comuni all’85% nel caso della tecnologia Sucrosomiale®. Per il magnesio ad esempio si raddoppia. Dal 40% massimo quando assunto sotto la classica forma di sale di magnesio, ad oltre l’80% nel caso dell’Ultramag, il magnesio Sucrosomiale®.
Quali sono gli altri punti di forza della vostra linea?
Abbiamo posto molto l’attenzione sulla palatabilità e sull’assorbimento di ciascun prodotto, selezionando le materie prime migliori. Ad esempio nell’integratore con azione immunomodulante e antiossidante, abbiamo abbinato ai minerali in forma Sucrosomiale® e alle vitamine D e C, il coenzima Q10 e il licopene che agiscono come antiossidanti in maniera diversa. Il primo oltre ad essere un tonico-adattogeno con azione ricostituente, agisce direttamente nei mitocondri, le centrali energetiche all’interno della cellula. Il licopene invece fortifica la membrana cellulare esterna, e riduce lo stress ossidativo delle cellule muscolari.
Nel Recover, che amplifica la capacità di sintesi proteica non mancano le proteine e i carboidratiNel Recover, che amplifica la capacità di sintesi proteica non mancano le proteine e i carboidrati
Oltre a integratori di Sali minerali da sciogliere nella borraccia, nella linea prodotti ci sono anche gli immancabili carboidrati. Avete usato una formula particolare anche in questo caso?
Sì, abbiamo cercato anche per quanto riguarda i carboidrati di fare un prodotto utile all’atleta di endurance, con carboidrati a differente velocità di assorbimento. Accanto ai classici – maltodestrine e fruttosio – abbiamo inserito il trealosio: uno zucchero semplice, ma con una conformazione difficilmente aggredibile dagli enzimi digestivi e che quindi viene assorbito più lentamente, garantendo energia ad effetto prolungato.
E per quanto riguarda il recupero?
Ci siamo concentrati sull’implementare la capacità di sintesi proteica, attraverso l’aggiunta della leucina, del suo catalizzatore, lo zinco, e dell’idrossimetilbutirrato (HMB), che è normalmente prodotto dal nostro organismo a partire dalla leucina. Questo abbinamento è giustificato dal fatto che la leucina raggiunge il picco a 60 min dall’assunzione dell’integratore, mentre l’HMB agisce dopo 3 ore. Nel Recover ovviamente non mancano le classiche proteine e i carboidrati.
I gel hanno una densità tale da evitare riversamenti di liquido zuccherino sulle maniI gel hanno una densità tale da evitare riversamenti di liquido zuccherino sulle mani
A completare la linea attuale ci sono delle barrette con suddivisione tra carboidrati, proteine e grassi pari a 40-30-30, che si discosta un po’ da ciò a cui noi ciclisti siamo abituati. Quali sono le ragioni?
Le barrette 40 30 30 non sono sostitutive del pasto, ma possono comunque essere un ottimo snack per sport con durata molto lunga, tale da comportare la rinuncia a uno dei pasti principali di giornata. A breve comunque verrà implementata la linea endurance, con prodotti total carbo specifici per il ciclismo.
Dottore, cosa può dirci di più su queste novità?
Oltre a quanto già detto, gli ultimi aggiornamenti riguardano la sicurezza che i carboidrati disciolti in borraccia siano in soluzioni isotoniche per non causare problemi intestinali. Poi abbiamo lavorato molto anche sulla densità dei gel, per evitare i fastidiosi riversamenti del liquido zuccherino sulle mani, e sul gusto e quindi la palatabilità dei prodotti.
Di Mattia Proietti Gagliardoni si fa davvero un gran parlare. Dopo i buoni risultati internazionali nel ciclocross sono arrivate la piazza d’onore al GP Baronti e le parole lusinghiere del cittì Pontoni, che su di lui confida molto per il “dopo Viezzi”. Una sua affermazione però ha suscitato clamore nell’ambiente, tanto che Luca Scinto, il direttore sportivo del Team Franco Ballerini (dove l’umbro corre da quest’anno) ha fatto sentire la sua voce tramite Facebook. Abbiamo voluto allora andare direttamente alla fonte per capirne di più.
«Il cittì è stato molto preciso nella definizione di Mattia – dice Scinto – salvo che per un passaggio, quando parla delle sue ore di allenamento. Dire che si allena per 25 ore settimanali è esagerato, non siamo di fronte a un professionista e so che il suo preparatore Massimiliano Gentiliè molto attento nel dosare la sua crescita. Condivide con me le tabelle e i lavori, so che siamo intorno alle 13-14 ore settimanali e d’inverno, quando preparava il cross, andavamo dalle 9 alle 11 ore.
Proietti Gagliardoni in gara al GP Baronti, in 2ª posizione, battuto dal solo Enea Sambinello (foto Team Ballerini)Proietti Gagliardoni in gara al GP Baronti, in 2ª posizione, battuto dal solo Enea Sambinello (foto Team Ballerini)
Il talento e la pazienza
«Certamente l’attività degli juniores – prosegue Scinto – non è quella dei miei tempi. I corridori arrivano già svezzati e praticamente quando ancora non sono maggiorenni si giocano il loro futuro come professionisti. Ma non bisogna precorrere i tempi, noi siamo abituati a coltivare i talenti con attenzione e parsimonia, facendoli crescere con calma».
Scinto ne fa una questione di rapporto tra quantità e qualità: «Dire che pedala tante ore è sbagliato perché non fa parte del nostro concetto di lavoro. Sia io che Massimiliano guardiamo alla qualità dei lavori, è su quella che facciamo leva. Le 25 ore sono un numero che di per sé dice poco. Mattia ci arriverà, con il tempo. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un ragazzo che va ancora a scuola…».
In nazionale con il cittì Pontoni. Per l’umbro due piazzamenti in Coppa del Mondo entro i primi 20 (foto Fci)In nazionale con il cittì Pontoni. Per l’umbro due piazzamenti in Coppa del Mondo entro i primi 20 (foto Fci)
Valori da corridore vero
Come si sono incrociate le strade di Proietti Gagliardoni e di Scinto? «Lui viene dal ciclocross perché lì lo ha portato il padre che era un praticante e un appassionato. So che poi all’Uc Foligno ha lavorato con Gentili che me ne ha parlato molto bene ed effettivamente ho potuto constatare che ha numeri eccezionali, come ho potuto raramente constatare nell’ambiente e proprio per questo bisogna lavorarci con calma».
Il tecnico toscano, anche se ha potuto lavorare ancora poco con il giovane appena approdato al suo team e alla categoria, si è già fatto un’idea sulle sue caratteristiche.
«Ha valori da corridore vero, che va forte in salita e che riesce a essere presente nelle corse dure, proprio com’era il GP Baronti, in quelle occasioni allora può essere anche veloce e giocarsi la vittoria. C’è però tanto da fare, perché il ciclocross può darti la brillantezza, ma ora c’è da riabilitare il suo fisico sul piano della resistenza e del fondo. Si deve abituare alla categoria, ai carichi di lavoro. Quando avrà finito la scuola potrà lavorare con più calma e assiduità, anche aumentare un po’ i carichi, ma sempre senza esagerare».
Per Proietti Gagliardoni tanti risultati d’inverno. Qui secondo a Osoppo al Giro d’Italia (foto Billiani)Per Proietti Gagliardoni tanti risultati d’inverno. Qui secondo a Osoppo al Giro d’Italia (foto Billiani)
Attesa per la crono
La piazza d’onore al Baronti è stata una sorpresa, considerando la sua relativa esperienza? «Un po’ sì, ma so che se un ragazzo ha talento si vede subito, sa emergere anche se non è al massimo e quel giorno Mattia non era certo al 100 per cento».
Va forte in salita, si difende bene in volata, ha grandi capacità sul passo. Ma a cronometro? «Non ci ha ancora lavorato, per questo aspetto che ci sia il tempo per farlo. Non puoi scendere da una bici e salire sull’altra aspettandoti chissà che cosa. Io dico che ha i mezzi per far bene anche lì, ma dovrà intanto essere dotato di una bici adeguata e so che gli sta per arrivare la Corratec da crono della squadra pro’, poi deve imparare a lavorarci. Ci vogliono almeno 20 giorni, cronoman non ci s’improvvisa…».
Mattia e Massimiliano Gentili: il corridore ha voluto l’ex pro’ al suo fiancoMattia e Massimiliano Gentili: il corridore ha voluto l’ex pro’ al suo fianco
Il legame con Gentili
Chiamato in causa anche da Scinto, lo stesso Massimiliano Gentili ha voluto dire la sua, partendo dalla propria storia personale.
«Io avevo interrotto i contatti con il suo team, Uc Foligno alla fine del 2022. Nei primi mesi dello scorso anno – spiega – Mattia era un po’ sbalestrato e stava perdendo gusto per quest’attività. Ricordiamo che si parlava di un allievo: io dico sempre che fino al primo anno, il ciclismo è un gioco, poi al secondo si comincia a fare sul serio, più che altro per non trovarsi impreparati all’approccio con la categoria juniores, diventata ormai il vero serbatoio del professionismo. Mattia mi ha contattato per chiedermi se potevo tornare ad allenarlo e così è stato. Per me è come un figlio, lo seguo con enorme passione e piano piano è tornato a essere il campioncino che conosco, infatti ha conquistato due vittorie e tanti piazzamenti.
«Mattia sta imparando come allenarsi per la nuova categoria. Voglio che cresca con calma, fa parte della mia filosofia: l’allenamento è un percorso graduale. Non ho problemi a fornire i suoi dati: dal 2 gennaio a oggi non ha mai superato le 14 ore settimanali, fino al 12 marzo ha fatto 72 uscite per 4.200 chilometri totali con una media mensile di 1.200 chilometri. La mia ottica non è quella di farlo vincere prima di tutti e più di tutti ora, ma di vederlo crescere costantemente, nei valori, nel rendimento».
Con la medaglia d’argento Magagnotto all’Eyof 2023, dove l’umbro ha chiuso al 6° postoCon la medaglia d’argento Magagnotto all’Eyof 2023, dove l’umbro ha chiuso al 6° posto
25 ore settimanali? Con il tempo…
Sulle parole di Pontoni, Gentili aggiunge: «Ringrazio il cittì perché ha espresso giudizi lusinghieri sul ragazzo, ma era giusto puntualizzare le cose. Altrimenti si potrebbe pensare che emerge solo perché lavora come un pro’ e questo non è assolutamente vero. Alle 25 ore ci arriverà, con il tempo, ma io non guardo a quello, preferisco privilegiare l’intensità. Diamogli tempi e vedrete che ci darà belle soddisfazioni».
Avete mai sentito parlare di Bryan Olivo? Nel giorno della Coppa del mondo a Tabor, ecco un ragazzino azzurro forte su strada, cross e pista. Ha soltanto 17 anni
«Roma non è stata costruita in un giorno, abbiamo ancora tempo per arrivare al nostro obiettivo. Grazie allo staff che ci ha supportato». Queste per sommi capi le parole che Enrico Gasparotto ha affidato a un post su Instagram dopo la Tirreno-Adriatico, in cui con Hindley ha provato a far saltare Ayuso per prendergli il secondo posto. La Bora-Hansgrohe ha mandato in Francia Roglic con Vlasov e ha tenuto qui in Italia Hindley con Kamna (i due sono insieme in apertura) e “Dani” Martinez, in un’insolita commistione fra uomini del Giro e gente da Tour. E mentre qui si facevano i conti con Vingegaard, alla Parigi-Nizza si è lottato contro le stesse maglie, ma indossate da Jorgenson e McNulty.
Il programma della squadra tedesca è importante e prevede l’attacco frontale ai giganti Visma e UAE al Tour de France, lasciando però spazio ai suoi leader che da un giorno all’altro hanno scoperto l’arrivo di Roglic e le sue (legittime) ambizioni che rischiavano di sovrapporsi alle loro. Martedì Gasparotto è andato con Kamna a provare la salita di Oropa e, sorridendo, ha ammesso che la ricordava meno dura.
Enrico Gasparotto, friulano classe 1985, è stato pro’ dal 2005 al 2020. Dal 2022 è diesse alla Bora-HansgroheEnrico Gasparotto, friulano classe 1985, è stato pro’ dal 2005 al 2020. Dal 2022 è diesse alla Bora-Hansgrohe
Che cosa volevi dire con quel post?
In generale, è sempre un processo riuscire a far sì che i ragazzi lavorino bene assieme. L’ho detto per noi, ma vale per tutti. Del gruppo della Tirreno, 5 su 7 erano tutti ragazzi che erano già al Giro 2022, con l’innesto di Martinez e Macejuk, per cui gli automatismi si guadagnano correndo assieme. E credo che valga anche per la Parigi-Nizza.
Come sta andando finora l’inserimento di Roglic?
Va tutto com’era normale aspettarsi e probabilmente quella mia frase è veramente di attualità. Martinez ha subito vinto la prima gara in Algarve perché aveva una gamba stratosferica, però lui ha cambiato diversi team nella sua carriera. Invece Roglic ha vissuto tanti anni in un unico ambiente e quindi, una volta che esci dalla bolla, ti devi adattare nelle gare più importanti del calendario europeo. Non è automatico ed è stato voluto che andasse alla Parigi-Nizza piuttosto che alla Tirreno, perché in Francia ci sono sempre criticità maggiori, nelle quali si cementa il gruppo.
Come dire che sbagliando s’impara?
Quando viene tutto facile, gli errori non si capiscono, non si riconoscono. Quando invece le cose sono leggermente più complicate, si deve lavorare per adattarsi reciprocamente. Lui a noi e noi nei suoi confronti.
Roglic è andato alla Parigi-Nizza per avere un banco di prova davvero impegnativoRoglic è andato alla Parigi-Nizza per avere un banco di prova davvero impegnativo
Quando Viviani lasciò la Quick Step, tentò di replicare in Cofidis quel che faceva nel team belga…
Non credo che Primoz voglia ricreare qui l’ambiente Visma. E’ un fatto che negli ultimi anni ci sia stata prima Sky che si è posta per tutti come punto di riferimento, perché era una squadra vincente e organizzata. In questo momento quel ruolo ce l’ha la Visma. Io credo che ci siano molti spunti interessanti da prendere da organizzazioni che funzionano, però il copia e incolla non funzionerà mai. Perché non è reale e soprattutto farebbe sparire le caratteristiche dell’altro ambiente. Ogni gruppo ha la sua filosofia e le sue differenze, che verranno capite col tempo e con le varie situazioni.
Però Roglic potrebbe portare qualcosa di buono dalla precedente esperienza, no?
Questo è certo. Ho passato con lui finora solo cinque giorni sul Teide e mi ha dato la sensazione di un atleta molto meticoloso e probabilmente è così non solo perché è stato nella Jumbo. Anzi, al contrario, non dimentichiamoci il suo ruolo nella crescita di quella squadra. Secondo me è così preciso per via dello sport che faceva prima. Uno che fa salto con gli sci sa che se sbaglia lo stacco di 10 centesimi, va in terra. Sono certo che la meticolosità di Primoz, che è di alto livello, arriva proprio da lì. Ed è una dote che nel ciclismo attuale è decisiva e lui la sta portando da noi, allo stesso modo in cui ha dato il suo contributo per far diventare grande la sua vecchia squadra.
Con quale criterio avete operato la divisione degli uomini fra Giro e Tour?
Martinez è il leader del Giro e tutti gli altri saranno insieme al Tour perché comunque sul Tour ci giochiamo la scommessa più grande. Primoz è un vincente e ha vinto. Non ha vinto il Tour, ma ci è arrivato vicino. Rispetto a Hindley, Vlasov, Kamna o Martinez, ha un’età diversa. Lui per primo sa che non è che ha davanti sei chance di vincere il Tour de France, ne ha meno. Di conseguenza lo sforzo della squadra è quello di dargli il supporto necessario per quello che sarebbe la grande ciliegina che manca su una carriera incredibile. Per contro, avendo diverse punte, al Giro andremo con Martinez e Kamna, che sono corridori solidi, e cercheremo di approfittare anche degli arrivi in volata.
Vlasov ha vinto la tappa a Madone d’Uteille alla Parigi-NizzaVlasov ha vinto la tappa a Madone d’Uteille alla Parigi-Nizza
Come si fa, infilandoci un attimo nei panni del diesse, a mettere d’accordo le ambizioni di Vlasov oppure Hindley? E’ una grande pressione?
Non mi sento messo alla prova, perché se apprezzano quello che faccio, va bene. Se non apprezzano, baci e arrivederci. E la stessa cosa vale per chi è sopra di me nella gerarchia della squadra. Io sono come sono, personalmente la ragiono così. Sul fatto di mettere assieme le varie personalità e soprattutto le varie ambizioni, all’inizio avevamo qualche timore.
Invece?
Invece quando è stato chiesto ai vari Hindley e Vlasov di andare al Tour, ci hanno detto di sì, purché si vada con un solo obiettivo che deve essere Primoz e a patto di essere anche loro allo stesso livello di condizione. Quindi hanno sposato il progetto e ci hanno davvero colpito. Sono bravi ragazzi e persone intelligenti, a volte probabilmente sono anche troppo bravi e troppo onesti. La cosa che ci siamo sempre sentiti di fare nei loro confronti è dargli delle opportunità prima del mese di maggio. Per questo Jai era alla Tirreno e non alla Parigi-Nizza. Per questo Vlasov sarà al Catalunya e non ai Paesi Baschi. E per questo Jai sarà ai Paesi Baschi insieme a Primoz. Abbiamo gestito le ambizioni in questo modo.
Alla Tirreno nel giorno del Petrano avete corso da Bora, tutti all’attacco per far saltare Ayuso…
A me dispiace solo che sia stata una Tirreno con due salite. Per la squadra che avevo, mi è mancata una giornata da muri come è stata quella di Castelfidardo nel 2021. In quelle giornate, puoi utilizzare i numeri e la quantità di corridori validi che hai in squadra. Invece con salite lunghe nei finali di corsa, viene fuori la superiorità di Vingegaard.
Martinez, uno dei leader per il Giro, ha iniziato vincendo in Algarve su EvenepoelMartinez, uno dei leader per il Giro, ha iniziato vincendo in Algarve su Evenepoel
Solo che di fatto quella superiorità ha schiacciato la corsa.
Rispettiamo profondamente Vingegaard e la sua forza. Hanno il loro modo di correre e di impostare le tappe e l’hanno dimostrato anche al Tour. Per cui ci siamo detti: cosa succede se facciamo qualcosa che a loro non sta bene? E soprattutto sulla prima salita non ho visto un grande Ayuso e se non fosse stato per Del Toro, forse Jai avrebbe guadagnato i 26 secondi che ci mancavano per il secondo posto. Quando poi il giorno di Monte Petrano ho visto che lo spagnolo aveva bucato ed era rimasto dietro, diciamo che li ho incitati con più energia. Ma hanno reagito bene, niente da dire. Resta la grande sorpresa della Tirreno: Del Toro, per me è stato a dir poco impressionante.
La situazione dell’Astana è traballante. Non c’è un capitano carismatico, il budget non è più quello di un tempo, Cavendish fa tanto come immagine, ma forse non basta. Il sistema dei punti rende necessario fare risultati e se questi non vengono, si capisce lo scoramento del personale. L’attività è ugualmente intensa e a tratti frenetica, dice Martinelli, ma nessuno si tira indietro.
Il bresciano è l’ultimo tecnico ad aver vinto il Giro, il Tour e la Vuelta con un corridore italiano. In precedenza ne aveva portati a casa anche altri, l’elenco è lungo, ed è per questo che quando finalmente riusciamo parlare con lui alla vigilia della Milano-Torino (ieri), suona strano sentire che ormai si occupa principalmente di logistica e mezzi. Se a ciò si aggiunge che sua figlia Francesca, pilastro nell’ufficio del team, è passata alla Tudor, si capisce che la situazione sia piuttosto diversa da quella che Martino avrebbe immaginato per l’ultima parte della sua carriera.
Nibali è stato a lungo la bandiera dell’Astana: Martinelli conferma che sostituirlo non è stato facileNibali è stato a lungo la bandiera dell’Astana: Martinelli conferma che sostituirlo non è stato facile
Martino, che momento è questo per l’Astana?
Un momento un po’ particolare. Sono qui dal 2010, veniamo da un passato importante, ma abbiamo pagato il dopo Vincenzo. Sia la prima volta che è andato via, sia l’ultima. Avevamo Fuglsang, ma abbiamo perso uno dietro l’altro Landa, Scarponi, Vincenzo e Aru. Abbiamo un gruppo di corridori buonini, ma quando ti manca un leader carismatico attorno cui costruire la squadra, diventa tutto un mettere insieme che crea confusione. Se non hai il campione, non dico che rischi di fallire, ma di non trovare una direzione unica. Cambi per cambiare e non porta da nessuna parte. E poi c’è una questione di budget.
E’ sceso il vostro oppure è salito quello degli altri?
Il nostro è diminuito e gli altri sono aumentati. Le cifre che si sentono sono pazzesche, c’è chi spende 45 milioni di euro e chi ne spende 15, perciò la differenza è impossibile da reggere. E’ anche uno dei motivi per cui il campione non lo prendi più e fai fatica anche a prendere i giovani talenti. Possiamo fare poco contro chi gli offre 5 anni, perché noi non abbiamo 5 anni di contratto davanti a noi e neppure il budget di 10 anni fa. Non possiamo competere, siamo a inseguire qualcosa che non arriva. Lo staff è ancora l’arma vincente, perché Borselli, Tosello, Possoni e Saturni ci sono, sono il top e vanno avanti. Però secondo me anche a loro ogni tanto vengono in mente le vittorie che facevamo e questo porta un po’ di sconforto.
La partenza di Aru ha interrotto quel ciclo…
Fabio è andato via solo per i soldi, non c’è niente altro da dire. Quando una squadra come la UAE ti offre, a quell’epoca, 3 milioni di euro per tre anni, tu cosa fai? Io personalmente gli dissi che avrebbe fatto bene ad accettare. Il corridore deve guadagnare, il futuro passa da quello. Il problema è che in quei tre anni si è spento, mentre i nostro progetto è ancora in salita. E’ inutile recriminare su un Moscon che non è stato all’altezza della situazione o Ballerini che abbiamo preso per fare le classiche del Nord e alla fine non ce l’abbiamo. Spero che dal Catalunya cominceremo a vedere Fortunato e poi speriamo veramente nel Giro d’Italia.
Aru ha corso all’Astana dal 2012 al 2017, voluto da Martinelli in persona, vincendo la Vuelta 2015Aru ha corso all’Astana dal 2012 al 2017, voluto da Martinelli in persona, vincendo la Vuelta 2015
Quanto è importante Cavendish in questa squadra?
Tanto. A livello mediatico, lo conoscono tutti. L’ho conosciuto anch’io e non credevo che fosse così bravo. Mi sembrava sempre uno un po’ scorbutico, invece è un ragazzo molto intelligente e ha portato qualcosa alla squadra. Specialmente nel momento in cui le cose sembrano vacillare, quando c’è lui alla partenza, hai la sensazione di avere un gioiello. Senza di lui saremmo una squadra qualunque. Quando “Vino” mi disse che c’era la possibilità di prenderlo, dissi subito di sì. Non perché ha un milione e mezzo di follower, ma perché tutto il mondo lo conosce. Non abbiamo Pogacar, Vingegaard o Roglic, ma abbiamo Cavendish.
La scienza comanda: credi ancora nella possibilità di scovare un ragazzino e farlo crescere senza tanti condizionamenti?
Guardate, sono uscite le due cose che provo io in questo momento. Parlano tutti di watt per chilo. Io ascolto, so cosa significa, ma sono convinto che un ragazzino che crede ancora nel ciclismo, nell’andare in bicicletta col sogno di vincere il Giro d’Italia o il Tour de France, non dovrebbe guardare queste cose. Dovrebbe imparare che cos’è realmente il ciclismo. Ho incontrato dei ragazzi quest’inverno, ho parlato con loro senza numeri. Non mi interessava che procuratore avessero, non mi interessava il margine di miglioramento, ma se gli piacesse veramente il ciclismo. Perché questo sport non puoi non amarlo, è forse il ciclismo più bello che c’è. Lasciamo stare quello che ho passato, lo sanno tutti e sono contento di esserci stato. Ma adesso ti alzi la mattina e se in gara c’è Pogacar o Remco, ti godi veramente lo spettacolo. Credo che perdere da questi corridori non sia percepito come una sconfitta. Prima potevi anche inventare qualcosa tatticamente per farli saltare, adesso il livello è incredibile. Non è impossibile, ma molto difficile.
Cosa possiamo aspettarci da Garofoli, che ha lasciato la DSM per venire da voi?
Ho parlato insieme a Gianmarco per mezz’ora ieri all’ora di pranzo. Ha finito la Tirreno e adesso prepara i Paesi Baschi. Secondo me fatica perché è un po’ troppo esuberante e vuole sempre dimostrare qualcosa a se stesso e a tutto il mondo. Dovrebbe essere più tranquillo e capire che se ti manca solo un 10 per cento, forse ti piazzi, ma di certo non vinci. L’altro giorno leggevo la Gazzetta dello Sport, scusatemi ma vi assicuro che leggo sempre anche voi (ride, ndr), dove Ciro Scognamiglio descriveva il 14° posto finale di Fortunato come il peggior piazzamento italiano degli ultimi anni. Ma che corridori c’erano in gara e che corridori ci sono in Italia per fare meglio di un 14° posto? Perché il nostro ciclismo purtroppo è questo qua. Certo c’è Milan, ma è uno ogni tanto…
Cavendish ha portato esperienza, carisma e il senso di avere un obiettivo condivisoCavendish ha portato esperienza, carisma e il senso di avere un obiettivo condiviso
Un quadro pesante…
Nel ciclismo di oggi, l’Italia è una piccola parte e anche secondo me manca una WorldTour italiana. Giovani buoni li abbiamo e alla fine quello giusto arriverebbe. Ma se va alla Bora o alla Visma, quanti giovani stranieri si troverà davanti? Non crescerà mai come Nibali alla Liquigas. Qui sarebbe il miglior italiano, là sono dei buoni italiani in mezzo ai campioni di casa. Anch’io ho avuto dei corridori italiani nella mia squadra con un’anima italiana, che sono emersi più facilmente perché l’ambiente che li circondava gli ha dato qualcosa in più. Per un belga che corre in una squadra belga oppure olandese, non è come per un italiano che corre in una squadra belga, è tutta un’altra storia. Sei un numero e sperano che tu vada bene, l’altro invece è considerato un investimento nel vero senso della parola.
In gruppo si sussurra che le Olimpiadi potrebbero chiudere il ciclo dell’Astana…
No, abbiamo ancora i contratti fino al 2025, credo però che l’Astana andrà avanti ancora a lungo. Finché c’è Vinokourov, c’è speranza nel vero senso della parola. Lui ha delle conoscenze talmente importanti da poter andare dove vuole. Il problema è che in questo momento avremmo bisogno di più soldi, per crescere veramente. Se li avessimo avuti, magari avremmo potuto trattare lo stesso Milan. La squadra va avanti, ne sono convinto. Invece penso che tutto sommato la mia carriera sia terminata.
Perché?
Mi piace ancora essere qua e dare l’anima, però dico la verità: in questo ciclismo valgo poco. Eppure penso che se trovassi un interlocutore cui far capire veramente certi meccanismi, mi piacerebbe ancora da morire stare in mezzo e fare la squadra. Se non vado alle corse, non è perché non mi piaccia più, ma perché mi sento inutile.
Zanini, Martinelli e Maini: il 2023 è stato l’ultima stagione in Astana per il bolognese, sulla destraZanini, Martinelli e Maini: il 2023 è stato l’ultima stagione in Astana per il bolognese, sulla destra
Anche la mancata riconferma di Maini va in questa direzione?
Questa è una delle sconfitte che mi hanno segnato di più. Non perché Orlando sia un mio amico, perché l’amicizia è una cosa, la capacità e l’intuizione di gestire certi passaggi è un’altra. Non le compri al supermercato e non le compri ad Aigle con un timbro che dice che sei direttore sportivo. E’ stata una scelta dettata dal fatto che sta cambiando tutto e probabilmente non interessa neanche avere un Martinelli. Al giorno d’oggi vale di più un direttore sportivo che ha smesso di correre l’anno prima, piuttosto di uno che ti dice cosa si potrebbe fare e cosa non si deve fare.
Iniziano le classiche, sabato c’è la Sanremo, dove ti troviamo?
Pogacar alla Planche des Belles Filles come Pantani a Campiglio. Perché nessuno ha fatto obiezioni? Il ciclismo è cambiato. Ai fenomeni si perdona tutto
Dall’intervista di Marcellusi è emerso un passaggio importante: «I diesse e i preparatori – ci aveva detto – in accordo tra di loro hanno deciso di cambiare il metodo di lavoro… Lo staff ha preso come modello quello dei team WorldTour».
Una frase che ha aperto alcune domande, una delle quali è stata affrontata anche nell’editoriale di questo lunedì: «Marcellusi è in grado di fronteggiare una programmazione così simile a quella di Pogacar e Van der Poel?».
Marcellusi è tornato in corsa oggi alla Milano-Torino dopo un mese e mezzo (terminata in 8ª posizione)Marcellusi è tornato in corsa oggi alla Milano-Torino dopo un mese e mezzo (terminata in 8ª posizione)
Approccio scientifico
Lo staff performance della Vf Group-BardianiCSF-Faizanè, guidato da Andrea Giorgi e Borja Martinez. è entrato in punta di piedi nel team di Reverberi, portando però tante novità. Una di queste ha riguardato il metodo di allenamento dei ragazzi, in particolar modo di quelli seguiti direttamente da loro. Conforti, che abbiamo sentito di recente ne è una prova. Allora in quale modo Marcellusi è stato indirizzato nel suo nuovo modo di lavorare?
«Il discorso di Marcellusi – ci spiega Borja Martinez – secondo me è diverso. Lui ha cambiato preparatore da tre settimane, passando da quello che aveva prima a me. E’ da poco che lavoriamo insieme quindi. Il concetto che deve passare è che noi non imitiamo il WorldTour, crediamo in quella mentalità. Si cerca l’ultima evidenza scientifica, questo non vuol dire fare copia e incolla, ma studiare e sviluppare. E’ giusto guardare in quella direzione, perché ci confrontiamo tutti i giorni con corridori e staff che vengono da quel mondo. E’ da tanto tempo che Giorgi e io cerchiamo un modo per alzare il livello».
«La mentalità all’estero è diversa – continua Borja – se andiamo a vedere Ineos o la UAE sono tutti team che hanno come capo dello staff performance un dottore di ricerca. In alcuni casi queste persone sono professori universitari. Nel WorldTour c’è un livello accademico alto e professionale, sono sempre stato interessato a portarlo nel mondo delle professional».
L’atleta romano è passato da tre settimane sotto la preparazione di MartinezL’atleta romano è passato da tre settimane sotto la preparazione di Martinez
Cosa ha portato Marcellusi a lavorare con te?
Nel 2023 ci siamo resi conto che Martin ha un bel motore, ma secondo il nostro concetto di squadra gli mancava qualcosa. Abbiamo parlato con lui e abbiamo visto come non sfruttasse il suo talento, a me è arrivato un messaggio e da tre settimane lavoro con lui.
Una mentalità WorldTour, per un ragazzo che ancora sta crescendo potrebbe essere la chiave giusta?
Non deve copiare il metodo di lavoro di Pogacar e di Van Der Poel, non gli si chiede questo. Ma l’evidenza scientifica che emerge è che l’allenamento ad alta intensità che riesce a preparare come una gara. Chiaro che lo stimolo, soprattutto mentale, non è uguale, in corsa è più semplice andare al massimo.
Allora quale sarebbe questa mentalità?
Nel WorldTour è passato il concetto che allenarsi in fatica, quindi ad alta intensità, funziona. E’ un passaggio utile per arrivare pronti alle gare, perché in allenamento si simula la fatica. Ora non posso dire che per Martin questo funzionerà al 100 per cento. Sapete cosa fa davvero la differenza?
Non si vuole imitare il WorldTour ma avere lo stesso approccio scientificoNon si vuole imitare il WorldTour ma avere lo stesso approccio scientifico
Cosa?
Che quando ti alleni in fatica una volta in gara sei pronto. Alle corse vince chi dopo aver fatto tanti sforzi è in grado di andare avanti. Questo risulta più semplice quando hai lavorato bene in precedenza. Molte volte bisogna andare oltre certi limiti. Alla fine si deve allenare la durata per l’intensità.
Come lavorate quindi?
Con i ragazzi della squadra mi sento ogni giorno. Con quelli che seguo direttamente io il passaggio è più semplice perché mi trovo un contatto diretto. Se uno è stanco me lo dice e si cambia allenamento oppure si riduce l’intensità. La cosa difficile è avere a che fare con ragazzi che hanno preparatori diversi, perché poi ognuno ha la sua esperienza e il suo metodo.
Sarebbe meglio avere tutti sotto il vostro controllo?
Per comodità di lavoro sì. Ma in squadra ci siamo solamente Giorgi ed io non potremmo seguire 22 atleti. Con i ragazzi che seguiamo noi possiamo programmare, abbiamo più potere. Il modello ideale sarebbe quello di avere tutti i preparatori della squadra.
Il nuovo metodo di allenamento ha rivoluzionato anche la preparazione di Conforti (foto Vf Group-Bardiani)Il nuovo metodo di allenamento ha rivoluzionato anche la preparazione di Conforti (foto Vf Group-Bardiani)
E’ ancora presto per capire se questo metodo per Marcellusi risulta funzionale?
Lo si vedrà dai dati e dalle prestazioni, potrebbe essere che andrà benissimo oppure meno del previsto. Il focus di Martin non sono le gare di inizio stagione, ma da primavera inoltrata in poi (Marcellusi è nella selezione del Giro, ndr). Allora possiamo dire che ci sentiremo a metà stagione o a fine anno, per trarre le conclusioni insieme.
Maximilian Sciandri ha diretto Matteo Jorgenson per quattro stagioni alla Movistar. Arrivò da lui che non aveva neanche 21 anni. Che fosse un bel talento lo si era notato in questi anni. Sempre più spesso, Matteo faceva capolino nelle parti alte delle classifiche e delle corse più importanti. Lo scorso anno al Tour fu tra gli ultimissimi ad arrendersi sul Puy de Dome.
In questa stagione l’americano ha cambiato team. E’ passato alla Visma-Lease a Bike mostrando di andare ancora più forte. Abbiamo negli occhi ancora il fresco colpaccio della Parigi-Nizza, tra l’altro togliendosi il lusso di lasciar vincere Remco Evenepoel: non uno qualsiasi.
«E’ cambiato tutto in questa nuova squadra – ha detto Jorgenson nelle interviste post gara – ogni dettaglio è curato. Oggi (domenica scorsa, ndr) avevamo programmato di stare davanti in tre punti specifici e ci siamo riusciti. Al via ero parecchio nervoso e infatti ho dormito poco e male la notte precedente. Per la prima volta ho sentito la pressione».
In questa sua intera frase, come ci mostrerà anche Sciandri, c’è tanto se non tutto Matteo Jorgenson. Vediamo perché…
Maximilian Sciandri (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della Movistar dal 2019Maximilian Sciandri (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della Movistar dal 2019
Max, insomma: lo hai diretto un bel po’. E pochi lo conoscono come te…
Giusto il giorno dopo la Parigi-Nizza ci siamo sentiti, gli ho mandato un messaggio. Che andava forte si sapeva, già lo scorso anno vinse in Oman con me. Mantenne quell’unico secondo di vantaggio con grande personalità. E’ un ragazzo di grandi potenzialità.
Che ragazzo è?
E’ certamente un ragazzo molto determinato. Io credo sia andato via con grande consapevolezza. Pur sapendo che in Visma avrebbe incontrato leader importanti, sapeva che si sarebbe potuto giocare le sue possibilità. E infatti eccolo essere leader sin da subito… e in una corsa importante come la Parigi-Nizza.
Ti aspettavi che vincesse subito?
Che vincesse no, tantomeno che lo facesse con quella padronanza, con quella lucidità e quella destrezza, anche nel gestire la squadra. Quindi no, non me lo aspettavo. Piuttosto credevo in una top 5, sarebbe stato comunque un segno di maturità e un ottimo risultato. E invece questo segno lo ha dato ancora più forte. Io lo vedevo già maturo…
Jorgenson, con Woods sul Puy de Dome, una grande prestazione quel giorno al Tour de FranceJorgenson, con Woods sul Puy de Dome, una grande prestazione quel giorno al Tour de France
Ma non così maturo forse…
Matteo sapeva esattamente ciò che voleva. Quando era con noi era così dalla nutrizione ai materiali, dagli all’allenamenti all’aerodinamica. Forse sopperiva anche a nostri gap. Poi su certi dettagli riguardanti l’aerodinamica non entro, non è la mia stretta materia. Però vedevi che lui studiava, rifletteva e cercava di capire come limare qualcosa. S’informava su tutto, sulle corse…
Insomma in Visma a quanto pare ha trovato pane per i suoi denti. Tu Max, sei stato un corridore di prima fascia, secondo te un atleta professionista certi comportamenti li ha di suo o qualcuno glieli insegna?
Non credo che qualcuno gli abbia insegnato certe cose da ragazzino, anche perché è statunitense, californiano, e lì non c’è una scuola di lunghe tradizioni. Una cosa che però deve aver appreso in America, immagino, sia la passione per la Parigi-Nizza.A questa corsa teneva tantissimo. Già con noi fece ottavo l’anno scorso. La voleva, la preparava e non voleva fare mai la Tirreno.
A Nizza Jorgenson ha lasciato la tappa a Remco. Probabilmente era anche più veloce del belga, ma Evenepoel aveva tirato di piùA Nizza Jorgenson ha lasciato la tappa a Remco. Probabilmente era più veloce del belga, ma Evenepoel aveva tirato di più
Dove può arrivare Jorgenson per te?
La tenuta sulle tre settimane va verificata, però il fatto che lo scorso anno al Tour, nella terza settimana, abbia vinto il premio della combattività è un bel segnale. Certo, fare classifica è un’altra cosa, però in futuro potrà provare a vincere un grande Giro. Di certo potrà lottare per un podio. Difficile dirlo, ma credo abbia i margini per provare.
Tecnicamente come lo inquadreresti? E’ un cronoman? Uno scalatore? E’ altro, visto che anche all’Omloop Het Nieuwsblad era davanti?
Se dovessi definirlo scalatore, direi di no. E non direi neanche che è un cronoman. E’ un ciclista moderno che va forte su tanti terreni. Direi quindi che è un corridore completo. Completo anche per quel che riguarda gli aspetti della guida. Davvero uno bravo.
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