Per qualche minuto è parso di rivivere la stessa scena del 4 aprile, quando il Giro dei Paesi Baschi rovinò la primavera del ciclismo. Gli stessi attori – Evenepoel e Roglic – e uno scenario tutto sommato simile. Questa volta però teatro della maxi caduta sono stati il Criterium del Delfinato e la Cote de Bel Air, salitella di poco conto nel finale della quinta tappa.
Eppure dopo essersi lasciati alle spalle quei quasi due chilometri al 5 per cento di pendenza, i corridori hanno scoperto che la discesa sarebbe stata ben più insidiosa della salita. Strada stretta e bagnata. Le squadre spalla a spalla per stare tutte davanti. E appena uno ha toccato i freni, è iniziato il disastro. Un altro, verrebbe da dire, provocato dalla scarsa propensione alla prudenza, anche quando in ballo c’è l’incolumità a tre settimane dal Tour.
Come ai Paesi Baschi, i corridori hanno atteso che la Giuria e la Direzione Corsa prendessero una decisioneCome ai Paesi Baschi, i corridori hanno atteso che la Giuria e la Direzione Corsa prendessero una decisione
Il cuore di Lefevere
Le immagini per qualche istante hanno raggelato il cuore. Evenepoel nuovamente per terra, questa volta con la maglia gialla a poche ore dalla crono dominata. Fermo nell’erba, la mano sulla spalla e una ferita sul ginocchio, come per fare il punto della situazione e scacciare i fantasmi.
«Posso immaginare che Remco si sia spaventato dopo una caduta del genere – dice Patrick Lefevere – quindi per questo si è toccato la spalla. Non dico che il mio cuore si sia fermato, non succede così spesso. Ma certo il divertimento è un’altra cosa. Però vorrei dire che questa volta non c’è nessuno da incolpare, certo non gli organizzatori del Delfinato. Era tutto anche ben segnalato, ma all’improvviso ha iniziato a piovere e il gruppo si è schiantato. E’ stata una reazione a catena».
Patrick Lefevere era in ammiraglia e ha seguito le fasi dopo la grande caduta del DelfinatoEvenepoel e il suo ginocchio malconcio, per fortuna pare sia un piccolo colpoPatrick Lefevere era in ammiraglia e ha seguito le fasi dopo la grande caduta del DelfinatoEvenepoel e il suo ginocchio malconcio, per fortuna pare sia un piccolo colpo
Remco nell’erba
Per fortuna il leader della corsa alla fine si è rialzato e approfittando della neutralizzazione della tappa, è andato a riprendere il suo posto. Poco prima si era anche sfilato la mantellina, perché mancavano 20 chilometri e la tappa sarebbe presto entrata nel vivo. L’attesa è stata un po’ ansiosa, soprattutto pensando al Tour. Poi Remco ha parlato con il medico della squadra, che era in ammiraglia, ha sorriso ed è ripartito.
«Mi ha salvato il casco – ha detto Evenepoel – e questo dimostra ancora una volta quanto sia importante indossarlo. Sapevamo che c’erano già state delle cadute durante la discesa precedente, quindi forse avremmo potuto viverla con un po’ più di tranquillità. Amo ancora il mio lavoro, ma il mio obiettivo è vincere gare e non finire per terra. Ho battuto sul lato destro. Ero seduto perché non riuscivo a muovere il ginocchio, ma quando ho visto che altri intorno erano messi peggio, mi sono rialzato.
Il gruppo viene scortato dal regolatore del Delfinato ad andatura blanda fino al traguardoVista la caduta, la tappa viene neutralizzata a 20 km circa dall’arrivoIl gruppo viene scortato dal regolatore del Delfinato ad andatura blanda fino al traguardoVista la caduta, la tappa viene neutralizzata a 20 km circa dall’arrivo
«Sono felice perché sono ancora vivo. L’anno scorso ero dieci secondi davanti a qualcuno che subito dietro è morto (il riferimento è al Tour de Suisse 2023 e alla morte di Gino Mader, ndr). Purtroppo le cadute fanno parte dello sport, ma a volte bisogna fare i conti anche con la morte. Questo mi aiuta ad accettare i momenti difficili e a tenere alto il morale».
Roglic si ritira?
Chi non ha troppa voglia di sorridere è Primoz Roglic, che quando c’è una caduta, ci finisce spesso dentro. Così era stato martedì e così anche questa volta. Va bene non avere paura, ma forse se lo sloveno cade così spesso, probabilmente un motivo deve esserci.
«Sono caduto sulla spalla – dice – quella che ho dovuto operare qualche anno fa, quindi non va bene. Non posso dire con certezza che continuerò, dovrò prima farmi controllare dal medico».
Wellens, colpo nell’area dello scafoide, ma piena funzionalità e nessuna fratturaVink, UAE Emirates. Per lui caduta sul gomito sinistro e sull’anca. Abrasioni, ma nessuna fratturaLa Visma-Lease a Bike ha perso in un solo colpo Kruijswijk e Van BaarleIl gruppo ha tagliato il traguardo di Saint Priest ad andatura controllataWellens, colpo nell’area dello scafoide, ma piena funzionalità e nessuna fratturaVink, UAE Emirates. Per lui caduta sul gomito sinistro e sull’anca. Abrasioni, ma nessuna fratturaLa Visma-Lease a Bike ha perso in un solo colpo Kruijswijk e Van BaarleIl gruppo ha tagliato il traguardo di Saint Priest ad andatura controllata
Difficile credere che, non avendo corso dai primi di aprile, Roglic valuti il ritiro dal Delfinato se non ci sono motivazioni più che valide. Arrivare al Tour senza questa corsa nelle gambe significa concedere a certi avversari un vantaggio sin troppo importante. Sono invece otto i corridori che hanno dovuto lasciare la corsa. Fra loro Dylan Van Baarle con una clavicola fratturata e Steven Kruijswijk con un trauma al bacino: entrambi elementi molto importanti per Vingegaard al Tour.
Terzo riposo alle spalle, la Vuelta affronta la terza settimana. Quattro tappe di montagna e tre sfidanti: Evenepoel, Roglic e Mas. Ognuno con le sue storie
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Toscana protagonista dei campionati italiani di quest’anno, saranno ben 25 i titoli messi in palio fra strada, pista e offroad nel corso dell’estate. E infatti il tutto è stato ribattezzato “Toscana Tricolore 2024”.
Giusto oggi a Firenze, a Palazzo Vecchio, è stato presentato il tricolore dei professionisti, che di base ricalcherà le strade della Per Sempre Alfredo, in onore al grande Alfredo Martini, ex ciclista e storico cittì azzurro. Oggi sulla “sua ammiraglia” siede Daniele Bennati, il quale a sua volta ci presenta il percorso del prossimo 23 giugno più nel dettaglio.
Il cittì Bennati sul palco della Per Sempre Alfredo di un paio di anni faIl cittì Bennati sul palco della Per Sempre Alfredo di un paio di anni fa
Nel segno di Alfredo
Come detto, il percorso tricolore ricalca per grande, grandissima parte quello della Per Sempre Alfredo, ciò che cambia principalmente è la distanza: 230 chilometri per il tricolore, circa 180 per la Per Sempre Alfredo.
Se il primo centinaio di chilometri è pressoché identico tra le due corse, varia un po’ l’anello che va verso il Mugello, in particolare verso le località di Scarperia e Sant’Agata. Questo anello è unico ma un po’ più ampio, nel senso che si evita il secondo anello che passava per Barberino del Mugello. Questo fa sì che la prima vera scalata del percorso tricolore è quella delle Croci di Calenzano.
Quel che cambia di più è il finale. La salita della Collina (via Baroncoli) si affronterà per cinque volte e non per tre come nella Per Sempre Alfredo. Si percorreranno quindi 4 giri di 19 chilometri ciascuno con questa dura salita tra Calenzano e Sesto, dove è previsto l’arrivo.
«Avevo già visionato, o meglio scelto, questo percorso a febbraio – ci confida l’erede di Martini, Daniele Bennati – lo avevo osservato e avevo fatto le mie richieste, come quella di allungarlo. Che dire: è un percorso abbastanza impegnativo. La scalata finale va su a strappi, spesso anche in doppia cifra. La strada quindi è tecnica, anche perché è stretta. E lo stesso vale per la discesa. Dalla cima all’arrivo quindi non c’è tanto respiro e si potrebbe scappare via anche con pochi secondi».
Uno scatto della salita finale da ripetere 5 volte. Anche il caldo potrà incidere (foto Instagram)Uno scatto della salita finale da ripetere 5 volte. Anche il caldo potrà incidere (foto Instagram)
Percorso per molti
Si parte da Firenze dunque, capitale del ciclismo visto che una settimana dopo vedrà la partenza del Tour de France. Il percorso scelto dall’UC Larcianese, la società organizzatrice, è tipico da classiche, ondulato e nervoso. Non è un caso che a vincere la Per Sempre Alfredo sia stata gente come Marc Hirschi, tanto per dirne uno.
«Questo percorso – va avanti Bennati – non ricalca né quello Olimpico, la cui salita più lunga è di un chilometro, né di quello dei mondiali. E poi stabilire da questo percorso, da questa gara, che si tiene a giugno, chi dovrà essere competitivo a settembre sarebbe complicato.
«Tanti atleti ci arrivano per vie diverse: chi esce dal Giro d’Italia e ha tenuto duro, e chi invece è pronto per il Tour ma magari ha corso meno. Quindi conciliare il picco tricolore con quello del mondiale è dura».
Bennati insiste sul discorso che in qualche modo bisognava anche “adattarsi” a quelle che erano le possibilità offerte dal territorio. E in Toscana, si sa, questo è ondulato. Ma il cittì dice anche che è giusto offrire un tracciato aperto a tanti corridori. Un percorso che non sia troppo duro, così da favorire solo gli scalatori, né piatto che esalti i soli sprinter.
Filippo Ganna in azione con la sua maglia tricolore. A Grosseto tanta pianura per i cronoman (foto Fci)Filippo Ganna in azione con la sua maglia tricolore. A Grosseto tanta pianura per i cronoman (foto Fci)
Parola a Velo
E le crono? Sempre la Toscana ospiterà qualche giorno prima (19-20 giugno) le prove a cronometro. E la crono ha invece una valore diverso in relazione ai due appuntamenti estivi: Olimpiadi e Mondiali.
«Ho cercato – ha detto Marco Velo, responsabile della crono – un tracciato che fosse il più simile possibile a quello delle gare contro il tempo di Parigi, il cui percorso è pianeggiante. Ho chiesto io questo chilometraggio: 35 chilometri per gli uomini e 25 per donne e Under 23».
Crono nel grossetano dunque, nessuna difficoltà altimetrica, né tecnica Ma il vento, visto che siamo vicini alla costa, come sarà?
«Di fatto – riprende Velo – la planimetria è come un grande quadrato: una volta il vento sarà a favore, una volta contro e una di lato. Quindi in qualche modo si annulla. Spero solo che non vari troppo nel corso della gara. Però non siamo in un grande Giro in cui il primo parte magari prima di pranzo e l’ultimo a pomeriggio inoltrato. Qui nell’arco di mezz’ora sono tutti in corsa».
I cinque cittì azzurri di strada e crono sono stati per due giorni a Zurigo studiando i percorsi iridati. Bennati in bici. Percorso duro che farà selezione
Bennati ha convocato Carboni alla Adriatica Ionica. Non correva dal Sicilia. Il motivo per tenere duro è la tappa di casa. Ma sulla Gazprom ancora niente
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Non di sole gambe, ha detto l’altro giorno anche Paolo Slongo. La vita del corridore si fonda soprattutto sull’aspetto psicologico. E in base alla formazione ricevuta, l’atleta sarà in grado di gestirsi fra le sue aspirazioni e le richieste di chi lo paga. Gianpaolo Mondini è stato corridore fino al 2003, vincitore di una tappa nel Tour del 1999. E anche se dal 2010 tutti lo conoscono come uomo di Specialized, nel cassetto ha una laurea in psicologia presa in quello stesso anno. Finora gli americani gli hanno dato da mangiare, ma questa volta abbiamo chiesto al romagnolo di Faenza di rispolverare il suo titolo.
Intendiamoci, in gruppo operano diversi psicologi, alcuni molto bravi e più preparati di lui. Tuttavia parlando con Mondini alla partenza della Freccia Vallone, avevamo notato quanto l’aver corso e poi frequentato il gruppo in una veste differente gli abbia dato un punto di vista piuttosto completo. Perciò, con il discorso di Slongo nelle orecchie a proposito di giovani atleti e pressioni da sopportare, abbiamo deciso di metterlo alla prova.
«Quello che bisogna cercare di fare è non generalizzare – dice sicuro Mondini – perché il problema grosso è capire quanto il soggetto sia indipendente per riuscire a gestire certe dinamiche. Quello che secondo me viene a mancare e che invece bisognerebbe riuscire a fare, è una sorta di adattamento, di preparazione mentale già partendo dagli juniores. Adottare pratiche per imparare a gestire lo stress nei vari momenti: nella preparazione, nella corsa e nel dopocorsa. Qualcuno potrebbe dire che sono cose basilari, ma non vengono fatte».
Gianpaolo Mondini, classe 1972, è stato professionista dal 1996 al 2003. Dal 2010 lavora per SpecializedGianpaolo Mondini, classe 1972, è stato professionista dal 1996 al 2003. Dal 2010 lavora per Specialized
Un esempio?
La gestione della sconfitta e della vittoria. Sembra banale, ma alcune vittorie possono mettere in difficoltà più di alcune sconfitte. E’ più facile imparare quando perdi, perché comunque davanti al risultato non ottimale, hai una spinta a fare meglio. Prima ci sarà una fase di depressione o di accettazione. Poi però ti arriva la reazione che quasi sempre corrisponde a un allenarsi di più, a un incentivo per migliorarsi. Ma quando vinci, come fai a migliorarti? Quando arrivi al numero uno, cosa fai?
Già, cosa fai?
Chi vince corre il rischio di sedersi o comunque di dire a se stesso di aver ottenuto quello che voleva e sentirsi appagato. Mi riposo e mi guardo attorno. Questa è la fase più pericolosa. Pogacar ha stravinto il Giro d’Italia, ha dominato. E’ riuscito praticamente a vincere tutto quello che voleva, forse l’unica cosa che gli è scappata è stata la prima tappa. Ha fatto tutto quello che voleva e anche secondo i piani. Può succedere che alla prima difficoltà non prevista, potrebbe soffrire più di quanto si aspetti e questo può creare grossi problemi.
Il crollo dello scorso anno al Tour all’indomani della batosta nella crono potrebbe spiegarsi anche così? Non pensi però che siano fasi legate anche alla maturazione personale?
Certamente. Quello che secondo me intanto bisognerebbe riconoscere, parlando di atleti molto giovani, è che alcuni di loro sono ancora in fase preadolescenziale. E’ quella in cui viene sviluppata la capacità di risolvere i problemi in maniera autonoma e di imparare a risolvere i conflitti. Quando fai l’atleta professionista a questo livello, è una fase che viene accantonata, ma non vuol dire che sia risolta. Questi sono gli aspetti che creano la personalità. E questo capitolo andrebbe approfondito per capire come sono fatti questi campioni.
Tour 2023, il giorno dopo la crono di Combloux, Pogacar perde 5’45” da Vingegaard a Courchevel: anche per un crollo psicologico?Tour 2023, il giorno dopo la crono di Combloux, Pogacar perde 5’45” da Vingegaard a Courchevel: un crollo psicologico?
Che personalità hanno secondo te?
Devono avere il classico killer instinct. Quando vedono l’avversario in difficoltà, gli passano sopra: in quei momenti non hanno pietà. Magari altri sono fortissimi, ma al momento di affondare il colpo si livellano verso il basso e alla lunga finiscono col perdere. Ultimamente ci troviamo davanti ad atleti che si preparano al 100% dal punto di vista fisico in una bolla, che può essere anche l’allenamento in altura. Sono in una comfort zone senza collegamenti con l’esterno, senza relazioni. Sei addirittura tolto dal tuo ambiente familiare, dove ci potrebbero essere delle dinamiche di vita normale. Al contrario, sei in un ambiente gestito da altri. E se non sei in grado di rispettare le indicazioni del direttore sportivo, rischi il panico, la caduta, rischi di fare degli errori banali.
Slongo parla dell’importanza di avere acanto un corridore più esperto a fare da parafulmine.
Ha due facce. Da una parte ti aiuta, dall’altra restare nell’ombra del campione può non essere utile. Potresti non uscirne fuori, potrebbe affermarsi la personalità di gregario, più che di leader della squadra. Avere davanti uno come Basso o Pellizotti può aver aiutato Nibali, ma sicuramente l’ha aiutato anche il fatto di aver pianificato obiettivi alla sua portata. Quando devi costruire un atleta, gli insegni come preparare la gara in tutti dettagli: dalla vigilia a quello che c’è dopo l’arrivo. Definisci con la squadra obiettivi a breve, medio e lungo termine, che possono essere anche modificati leggermente durante la stagione, ma cui bisogna attenersi. Ogni volta che cambi gli obiettivi, rischi di perdere un po’ di incisività.
Aru dice che fare due Grandi Giri in un anno potrebbe averlo danneggiato.
E’ assolutamente fondamentale che gli obiettivi siano determinati con la squadra, ma devono essere condivisi anche a livello concettuale. Se la squadra ti dice che quest’anno punti al Giro e alla Vuelta, ma tu nella tua testa sai che sarà dura riuscire a fare il Giro, non avrai mai la determinazione che serve. Perché Pogacar fa solo ora il secondo Grande Giro? Forse perché è in grado e ha la forza per definire gli obiettivi con la squadra. Altri invece si affidano ai preparatori e ai tecnici e accettano qualsiasi cosa gli venga detto di fare, spesso senza averli introiettati. Però aggiungerei una cosa…
Giro 2021, prima difficoltà per Evenepoel sugli sterrati: gestire gli imprevisti per Mondini è una dote da educareGiro 2021, prima difficoltà per Evenepoel sugli sterrati: gestire gli imprevisti per Mondini è una dote da educare
Prego.
Quando vai a stipulare un contratto, se hai delle pretese dal punto di vista economico, è chiaro che la squadra si aspetta che tu rispetti certe consegne o certi accordi. Quindi a volte potrebbe essere meglio accettare di guadagnare qualcosa in meno, ma poter incidere sugli obiettivi. Pogacar finora si è gestito il calendario. Quando ha voluto fare il Fiandre, gliel’hanno fatto fare. Quando ha voluto fare le Ardenne, glielo hanno permesso, ma era un rischio enorme. Tanto che per una caduta alla Liegi, ha compromesso il Tour.
Avere accanto uno psicologo aiuta a non subire i piani fatti da altri?
Puoi arrivare alla partenza meno impreparato. Lo scheduling aiuta a calcolare quasi tutto quello che può succedere durante la gara. Quindi non è solo il team che ti dice la strategia, sta a te essere nella condizione di prevedere tutto quello che ti può capitare. Dall’alimentazione, alle condizioni del meteo, fino ai punti critici in gara. La sera prima di competizione dovresti fare questo. Chiederti: qual è il mio ruolo all’interno della gara? Molti atleti durante il Giro d’Italia, passate le prime 4-5 tappe, entrano in una sorta di trance non agonistica. Praticamente stanno in gruppo, ma non danno nessun contributo al team. Non sfruttano nessuna occasione di gara e tirano a finire il Giro. Questo secondo me è completamente inutile.
Lo psicologo gli impedirebbe di cadere in questi blackout?
Se hai iniziato il lavoro da prima, puoi provarci (Mondini su questo punto è perplesso, ndr). Purtroppo invece viene gestita con direttori sportivi che cercano di fare da motivatori, per tirare fuori il massimo. Lo psicologo invece cercherebbe di smuoverti internamente per trovare le tue risposte: le dinamiche perché tu riesca da solo a gestire questi aspetti. E’ una cosa che oggi manca. Siamo davanti a un sistema che funziona sempre più dall’esterno verso l’interno, cioè dal team verso l’atleta. Se non si costruiscono individui forti, avranno dei problemi alla fine della carriera anche nel gestire la quotidianità. Cosa che per certi versi succede anche ora.
Vuelta 2022, il ritiro di Aru. Non tutti i corridori dopo la carriera, dice Mondini, riescono a inserirsi facilmente nella quotidianitàVuelta 2022, il ritiro di Aru. Non tutti i corridori dopo la carriera, dice Mondini, si inseriscoo facilmente nella quotidianità
In che senso?
Ci sono ragazzi che non sanno gestire il quotidiano. Il giorno in cui devono fare il lungo, escludono tutto il resto, anche cose di breve durata. Non si rendono conto che la giornata è fatta di 24 ore e possono tranquillamente fare altre cose. Non hanno una programmazione, non sanno risolvere le questioni più semplici. Quella fase di preadolescenza resta latente, poi esplode e provoca l’altissima percentuale di divorzi, separazioni e problemi dal punto di vista relazionale. Una volta che vengono a mancare l’obiettivo e le regole che ti dà lo sport, rischi di trovare individui completamente disequilibrati che perdono le facoltà quotidiane delle persone normali. Devono reimparare da zero, esattamente come fanno i ragazzi in comunità di recupero.
Perché il supporto degli psicologi, soprattutto nelle categorie giovanili, viene spesso escluso?
Perché in qualche modo ti può anche rallentare la prestazione. Se si trova davanti un ragazzo che sta facendo fatica come individuo ad affrontare certe dinamiche, che è in preda all’ansia, lo psicoterapeuta ti dice che per il suo bene è meglio che cali un pochino con la bici. Che stacchi un attimo, si rilassi e faccia un percorso per poi ritornare al suo livello. Ma questo vorrebbe dire stare fuori dalle corse per qualche mese e spesso la squadra non se lo può permettere. Stessa cosa per l’atleta, che ha paura di rimanere fuori squadra. Dicono che lo psicologo è un guaio perché tira fuori il problema…
Invece?
Se il problema c’è, non individuarlo e affrontarlo può diventare un guaio anche superiore.
Con Inigo San Millan, preparatore del UAE Team Emirates, proviamo a capire come si alleni Pogacar. E' tutto super controllato. Ma Tadej ha la sua libertà
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Per Kevin Pezzo Rosola quella di domenica è stata una giornata importante, forse decisiva. Il figlio d’arte non aveva ancora assaggiato il dolce sapore della vittoria da quando era passato nel ciclismo che conta, prima alla Tirol e poi, dallo scorso anno, alla General Store. Lo ha fatto in una gara importante del calendario italiano, la Coppa della Pace e chissà, ora quel successo potrebbe anche cambiare le prospettive.
Il giovane veronese ne è cosciente e infatti racconta la sua vittoria con dovizia di particolari, quasi a volerla rivivere passo dopo passo: «Erano tre anni che correvo questa gara, la conosco ormai molto bene. All’inizio sono entrato nella fuga di 14 corridori che è andata avanti per gran parte della gara. C’era molta collaborazione, poi su uno strappo che andava ripetuto 8 volte, man mano il gruppetto si è assottigliato. Siamo rimasti in 7 e ho visto subito che Zamperini era l’uomo forte».
Il podio della Coppa della Pace a Sant’Ermete con Pezzo Rosola fra il sudafricano Stedman e PeschiIl podio della Coppa della Pace a Sant’Ermete con Pezzo Rosola fra il sudafricano Stedman e Peschi
Ti sei messo alle sue calcagna?
Sì, sentivo che la gamba era buona e potevo giocarmi qualcosa d’importante. Lui ci ha provato una prima volta all’ultimo giro in salita ma l’ho tenuto, poi in discesa ci sono venuti a prendere. Io intanto ho rifiatato ed è stata la scelta giusta. Anche perché avevo con me Peschi che mi ha aiutato. Così a 600 metri ho provato il colpo di mano e mi è andata bene, infatti ho vinto con un paio di secondi (foto di apertura Rodella).
Finora eri passato per un perfetto uomo squadra, non per un finalizzatore…
Lo so e questo è dovuto all’evoluzione degli ultimi anni della mia carriera. Il primo anno da junior ero andato bene, poi sono iniziati i problemi, soprattutto negli ultimi due anni. Non trovavo mai la condizione giusta, a quel punto era giusto lavorare per gli altri. Nel team però mi sono trovato subito bene, ho visto che apprezzavano il mio lavoro, ma intanto mi accorgevo anche che raggiungevo numeri mai fatti in precedenza. Devo dire grazie ai miei preparatori di quest’anno, Luca Zenti e Riccardo Bernabé che hanno cambiato molto nel mio modo di allenarmi, ma anche a chi mi è stato psicologicamente vicino, dalla mia famiglia alla mia fidanzata Sabrina.
Papà Paolo è sempre prodigo di consigli, ora è il diesse di Kevin alla General StorePapà Paolo è sempre prodigo di consigli, ora è il diesse di Kevin alla General Store
Tuo padre raccontava di come invece tu sia vicino a tuo fratello Patrick, riesci a farti ascoltare molto più di lui…
Abbiamo un bel rapporto. Io cerco semplicemente di metterlo di fronte alla realtà. Il ciclismo è già cambiato rispetto a quando avevo la sua età, io ci sono passato e so quanto quelli che sta vivendo lui siano anni importanti, nei quali già ci si gioca tutto. Ora le grandi squadre guardano agli juniores, a chi è appena passato Under 23 ma già il tempo passa e diventa sempre più difficile trovare spazio. Bisogna cogliere l’attimo, io cerco di responsabilizzarlo in tal senso.
Che cosa hanno detto a casa della tua vittoria?
Erano quasi più sorpresi di me, non ci sono molto abituati… Erano davvero contenti, come da tempo non li vedevo.
Per il veronese quella di Sant’Ermete è stata la prima vittoria da Under 23Per il veronese quella di Sant’Ermete è stata la prima vittoria da Under 23
Una buona candidatura per un posto al Giro Next Gen…
Infatti sono selezionato nel team, dopo la corsa rosa si vedrà come impostare la seconda parte di stagione. Per me partecipare è importantissimo anche per mettere una pietra sopra a quel che è successo lo scorso anno. Per me quella corsa (contraddistinta dalla squalifica sua e di tanti altri corridori per traino, ndr) è stata un punto di svolta. Ho capito che dovevo cambiare io per primo, nel mio approccio a questo mestiere. Quest’anno deve essere diverso, voglio riscattare la mia immagine.
Ti è pesato tutto quel che è successo, soprattutto le polemiche che ne sono seguite?
Moltissimo, è stata una brutta pagina di ciclismo, oggi ne ho la consapevolezza. Quel giorno ho capito tanto, è stato uno sbaglio che almeno mi ha insegnato qualcosa. Non è un caso se tanti di quelli che sono stati squalificati come me oggi sono tra i migliori U23. Ora lavorano duro, nessuno di noi cerca più scuse o sotterfugi.
Il veneto con i compagni di squadra: questa volta hanno corso tutti per luiIl veneto con i compagni di squadra: questa volta hanno corso tutti per lui
Con che aspirazioni andate alla corsa rosa?
Non abbiamo un leader che punta alla classifica, vedremo di valutare giorno dopo giorno, Noi cerchiamo soprattutto le tappe, di sfruttare i percorsi vallonati che offrono molte occasioni.
Sarà anche un confronto con i team stranieri, i devo team del WorldTour. Ci sono ancora le differenze viste nel 2023?
Io credo che il gap sia stato ridotto. Abbiamo avuto occasione di gareggiare in Belgio, a casa loro per così dire e abbiamo visto che non è più come lo scorso anno. Ci saranno tanti protagonisti di quelle cose, noi partiamo con la consapevolezza che ce la possiamo giocare.
Il rientro alle gare, prima del Giro Next Gen, è arrivato in extremis per Edoardo Zamperini. Il corridore della UC Trevigiani si era infortunato sulle strade della Ronde de l’Isard, corsa a tappe francese che lo vedeva proiettato tra i primi della classifica. Una scivolata gli ha causato la frattura della clavicola, costringendolo ad un lungo calvario e una ripresa da vivere tutta d’un fiato. Alla Coppa della Pace è tornato in gruppo, giusto una settimana prima dell’inizio della corsa rosa U23.
«E’ una gara – racconta Zamperini – che avevo già disputato, quindi avevo un’idea di come si sarebbe svolta. Nel lungo tratto in pianura era importante stare davanti perché sarebbe potuta uscire una fuga, e così alla fine è stato. Mi sono ritrovato nel gruppo di testa e siamo andati fino al traguardo, perdendo man mano componenti. Alla fine ci siamo giocati la volata in sette, ho fatto sesto, ma me lo aspettavo. Il braccio infortunato non ha ancora la forza necessaria per “tirare” il manubrio in uno sprint».
Prima di cadere e ritirarsi Zamperini era ottavo nella generale della Ronde de l’Isard (foto DirectVelo/Florian Frison)Cinque tappe corse sempre gomito a gomito dei migliori U23 del mondo (foto DirectVelo/Florian Frison)Prima di cadere e ritirarsi Zamperini era ottavo nella generale della Ronde de l’Isard (foto DirectVelo/Florian Frison)Cinque tappe corse sempre gomito a gomito dei migliori U23 del mondo (foto DirectVelo/Florian Frison)
Brusca frenata
La caduta alla Ronde de l’Isard ha fermato Zamperini nel mese cruciale, quello che anticipa il Giro Next Gen. Lui non si è abbattuto, e poco dopo l’operazione era di nuovo in sella, pronto a ripartire.
«Eravamo in Francia – prosegue – perché era una bella corsa da fare prima del Giro. Tanto dislivello e corridori molto forti, un bel banco di prova insomma. Sono riuscito a fare tutte le tappe, infatti sono caduto proprio l’ultimo giorno, quando mi trovavo in ottava posizione nella generale. La fortuna, nel rompermi la clavicola, è che la frattura era brutta, tanto da richiedere un’operazione. Questo mi ha permesso di accorciare i tempi di recupero, cosa che non sarebbe stata possibile se mi avessero messo un tutore. Lo stop totale è durato una decina di giorni, comunque tanti, soprattutto in un momento così delicato della stagione».
La rieducazione è finita, Zamperini ora fa rotta sul Giro Next Gen (foto Instagram/Alessandro Riccio)La rieducazione è finita, Zamperini ora fa rotta sul Giro Next Gen (foto Instagram/Alessandro Riccio)
Ottima condizione
L’ottavo posto, conquistato dopo le fatiche di Plateau de Beille, aveva acceso una speranza in Zamperini. Il giovane veneto va forte da inizio anno e sta facendo parlare di sé, in vista anche di una chiamata dal mondo dei grandi nel 2025.
«La caduta ha un po’ rovinato il lavoro – conclude – sarebbe stato tutto un altro discorso se avessi terminato la Ronde de l’Isard, ma è inutile piangersi addosso. Il riscontro che ho avuto in gara è stato molto positivo, soprattutto nelle salite medie, da 30 minuti. Nelle scalate lunghe, da un’ora, devo migliorare ancora ma sono fiducioso. E’ anche una qualità che si sviluppa facendo tante corse a tappe, cosa che non ho mai fatto. Penso di avere un bel margine di crescita da giocarmi nel caso dovessi passare tra i professionisti. Al Giro Next Gen vedremo come andrà, sono fiducioso, ma la prima risposta l’avrò nella terza tappa, con arrivo in salita a Pian della Mussa. lì capiremo se puntare alle tappe o alla classifica generale».
La stagione del classe 2003 della Trevigiani ha come principale obiettivo il Giro Next GenLa stagione del classe 2003 della Trevigiani ha come principale obiettivo il Giro Next Gen
Lo sguardo di Marton
Luciano Marton crede nei suoi ragazzi e in particolare in Zamperini, le qualità di questo atleta sono sotto gli occhi di tutti. La rincorsa per portarlo al Giro Next Gen è stata lunga ma ponderata, seguita passo passo dal diesse Rocchetti.
«Noi – dice Marton – abbiamo iniziato a pensare al Giro Next Gen da questo inverno, Zamperini sarebbe stato, e sarà, la nostra punta. Avrà intorno altri ragazzi giovani come Rosa e Perani che potranno dargli una mano. Il nostro obiettivo con Zamperini è di fargli fare il salto tra i pro’, la Trevigiani ha portato tanti ragazzi tra i grandi e lui merita di essere uno di questi».
«Il merito del rientro in gara di Zamperini – conclude – va in toto a Rocchetti. Dal primo giorno ha preso il ragazzo sotto la sua ala e lo ha riportato in condizione. Si è dedicato 24 ore su 24 a ciò e gliene siamo davvero grati. Al Giro andremo con le giuste ambizioni, non ci sentiamo inferiori agli altri».
POMARANCE – Perché Shimano ha lanciato il sistema gravel elettromeccanico specifico per la doppia corona anteriore? Perché vuole essere il punto di unione tra la strada ed il gravel. Ha l’obiettivo di accontentare gli amanti del doppio plateau anteriore con tutti i benefici e le opzioni dei sistemi Di2 di Shimano.
Non va in contrasto con il GRX meccanico lanciato nel 2023 (che si pone maggiormente tra la mtb al gravel), ma vuole essere un’alternativa meno sbilanciata verso le ruote grasse. Lo abbiamo provato nel magnifico contesto toscano della Geo Gravel Tuscany, al fianco di Paolo Bettini e dei tecnici Shimano.
Abbiamo provato il GRX Di2 sulla RaceMax Italia di 3TAbbiamo provato il GRX Di2 sulla RaceMax Italia di 3T
Con Bettini la prova alla Geo Gravel Tuscany
«Per me è motivo di grande orgoglio – ci racconta Paolo Bettini – il fatto che Shimano abbia identificato questa manifestazione come il luogo adatto per il test ufficiale del nuovo gruppo. Quando si tocca il gravel si aprono orizzonti e pensieri. Per quanto mi riguarda è il primo motivo per salire in bici da quando ho tolto i panni del corridore professionista. Shimano mi ha coivolto nel progetto: dal primo GRX DI2 a 11 rapporti, sono tornato ad una trasmissione meccanica con il GRX a 12 meccanico. Poi di nuovo un Di2, una sorta di ritorno al futuro con il nuovo GRX 12. Colpisce il fatto delle 2 corone davanti. Una soluzione che vuole portare verso questa terra di mezzo il classico stradista».
Paolo Bettini durante la sua Geo Gravel TuscanyI momenti a ridosso della partenza della Geo Gravel TuscanyLa manifestazione rende merito a Pomarance e al territorio toscanoUna zona ricca di natura e molto diversa dal senesePaolo Bettini, mattatore e regista dell’eventoPaolo Bettini durante la sua Geo Gravel TuscanyI momenti a ridosso della partenza della Geo Gravel TuscanyLa manifestazione rende merito a Pomarance e al territorio toscanoUna zona ricca di natura e molto diversa dal senesePaolo Bettini, mattatore e regista dell’evento
E’ la prima del Front Next Shifting
«Il deragliatore del nuovo GRX Di2 supporta al massimo la corona da 52 – dice Nicola Sbrolli di Shimano – significa che si può montare anche una configurazione più stradale delle corone. Il perno passante della guarnitura è sempre da 24 millimetri. Fa parte di un ecosistema a 12 rapporti Di2 della nuova generazione. Inoltre sul nuovo GRX Di2 abbiamo anche una sorta di prima, quasi come fosse un debutto ufficiale della funzione Front Next Shifting.
«Significa che i due pulsanti superiori ai manettini, se opportunamente configurati con la app E-Tube, agiscono direttamente sulla deragliata e sulla risalita della catena sulle corone. Così si amplia ulteriormente la customizzazione del Di2, perché un solo pulsante agisce su due funzioni. In questo modo si liberano altri due bottoni che possono essere utilizzati per altro. Questa funzione è ora disponibile anche per il comparto strada a 12 rapporti Di2».
Nicola Sbrolli del Servizio Tecnico ShimanoNicola Sbrolli del Servizio Tecnico Shimano
Doppia corona e meno attriti
«Merita una spiegazione – prosegue Sbrolli – la scala dei rapporti che Shimano ha dedicato al nuovo GRX, mi riferisco in modo particolare alle due corone 48-31. Dietro la derivazione dall’Ultegra Di2 è lampante. Ad esempio se usiamo la combinazione 31/34, corona piccola e pignone grande dietro, questa ha il medesimo sviluppo metrico del monocorona con soluzione 44 davanti e 51posteriore. La catena lavora con una linea ottimizzata, eliminando molti degli attritiche si generano sulle maglie quando si utilizza una monocorona.
«Inoltre – conclude – in qualità tecnico e meccanico Shimano mi preme aggiungere due cose. Qualsiasi trasmissione a batteria deve tenere conto di una lunghezza della catena che rientra in un range specifico, al pari di un cambio posteriore che sfrutta una tensione ottimale. Sono due fattori estremamente importanti per sfruttare la trasmissione elettromeccanica al pieno delle postenzialità».
L’ultimo aggiornamento prevede anche la nuova funzione per il deragliatoreIl deragliatore è una via di mezzo tra 105 e UltegraAnche il cambio posteriore, per design, si posiziona tra Ultegra e 105Il bilanciere rimane il cervello della trasmissioneL’ultimo aggiornamento prevede anche la nuova funzione per il deragliatoreIl deragliatore è una via di mezzo tra 105 e UltegraAnche il cambio posteriore, per design, si posiziona tra Ultegra e 105Il bilanciere rimane il cervello della trasmissione
Sensazioni dopo l’utilizzo
Rimaniamo dell’idea che una trasmissione Di2 abbia bisogno di tempo per essere utilizzata al pieno delle funzioni e per sfruttare le diverse possibilità di configurazione. La trasmissione Di2 di Shimano non si basa su una sola funzione, ne ha 3. Può essere manuale, semi-automatica e completamente automatica. Per sfruttare a pieno queste ultime due, è necessario capire e adeguare al “proprio stile di cambiata” gli sviluppi metrici e avere un plateau anteriore 48-31 non è usuale. Non è al pari di una combinazione da strada. Il contesto ambientale di Pomarance non è un tappeto di velluto e nel suo essere divertente mette anche alla prova la tecnica del mezzo e le capacità di guida.
Cosa è emerso dopo circa 7 ore di guida spalmati su due giorni? Lanuova ergonomia dei manettini offre dei vantagginon trascurabili, perché si adatta bene ai manubri con flare diversi e offre tanto appoggio per palmi e polsi. Quando si pedala sullo sterrato aumenta il grip, quando si è su asfalto sono aumentate le possibilità di mettere le mani in diverse posizioni (senza gravare sui polsi). La regolazione della distanza della leva dalla piega (non è una cosa nuova) è sempre un valore aggiunto di grande livello.
Il nuovo bilanciere posteriore con il meccanismo di blocco e sbloccoIl nuovo bilanciere posteriore con il meccanismo di blocco e sblocco
Un Di2 non mente
Tutto quello che riguarda la trasmissione è perfettamente in linea con un pacchetto Di2 Shimano e questo identifica l’efficienza del cambio. Aggiungiamo la bontà della doppia corona che non lascia spazi vuoti in fatto di sviluppi metrici, su asfalto e su sterrato, quando si vuole fare velocità, oppure sulle rampe più arcigne.
La frizione posteriore che blocca il bilanciere, stabilizza la catena, soprattutto quando questa è sul pignone più piccolo e/o su quello più grande. Significa che la catena non cade tra telaio e pignone, non cade tra pignone e raggi della ruota. La frizione si attiva manualmente. L’impianto frenante è del tutto accostabile ad un Ultegra, anche in fatto di compatibilità delle pastiglie dei freni e dei dischi. Il liquido all’interno dell’impianto idraulico è sempre di natura minerale.
Il plateau da 48-31Il plateau da 48-31
Un salto di 17 denti
La differenza tra corona grande e piccola è tanta. Se è vero che per questo Shimano Di2 gravel la derivazione Ultegra è reale, è altrettanto vero che un sistema gravel deve agevolare la salita anche su rampe che vanno ben oltre il 20% e sullo sterrato. Qui è fondamentale spingere e guidare la bici al tempo stesso e la combinazione 31/34 è “tanta roba” nei termini di una sfruttabilità del mezzo meccanico.
La corona da 31 è uno strumento di arrampicata. La 48 davanti permette di fare velocità, eventualmente di diminuire il numero delle rpm quando si percorrono i tratti di trasferimento su asfalto. Con un pacco pignoni 11/36 posteriore si può sfruttare molto bene anche in salita (bisogna avere gamba).
Tutto il manettino è maggiorato, rispetto al passatoI pulsanti superiori sono stati rivisitati nel design e posizionamentoAppoggio abbondante e interfaccia perfetta con il manubrioErgonomia adatta ai manubri con flareDischi e pinze mutuati dall’UltegraTutto il manettino è maggiorato, rispetto al passatoI pulsanti superiori sono stati rivisitati nel design e posizionamentoAppoggio abbondante e interfaccia perfetta con il manubrioErgonomia adatta ai manubri con flareDischi e pinze mutuati dall’Ultegra
In conclusione
Lo aspettavamo ed il nuovo GRX Di2 è arrivato. A nostro parere completa la piattaforma Di2 di Shimano, che si pone comunque su un gradino diverso dalle trasmissioni meccaniche. E’ un’opzione e un’alternativa (come lo è anche la configurazione meccanica), sicuramente performante, certamente votata ad implementare l’elettronica funzionale e customizzabile anche in ambito gravel/off-road.
Meglio o peggio di una trasmissione meccanica? Meglio o peggio di un monocorona? Ragionando con il cuore dello stradista vero e proprio, potremmo dire che il nuovo GRX è quello che si avvicina di più al modo di pedalare della strada e forse anche per questo motivo diventa più facile. Una trasmissione 2×12 ha di fatto 24 rapporti da sfruttare ed imparando ad usare le funzioni automatiche non esistono sovrapposizioni quando si tratta di entrare del dettaglio degli sviluppi metrici. Significa avere unpotenziale di configurazione praticamente infinito.
Un post su Instagram per dire ai suoi tifosi di essere sulla via del ritorno (foto di apertura). Così Elisa Balsamo si è mostrata sui rulli dall’hotel di Livigno in cui aspetta il ritorno su strada e da lei iniziamo il nostro incontro con Paolo Sangalli, cittì della nazionale.
«Sta procedendo bene – dice – ma senza fretta. Sta andando tutto per il meglio, mi sento di essere realista e insieme ottimista. Rispetto alla caduta dello scorso anno, questa volta può alimentarsi normalmente, l’ultima volta fu molto peggio. E’ fuori discussione che se sarà in condizione, lei corre. Ci conosciamo da sempre e quindi so benissimo il tipo di corridore che è: sarà lei a dirmi se c’è. Corre perché la primavera ha dato questo responso. Ma sappiamo tutti bene che Elisa Balsamo è un cavallo di classe. Le basta poco per entrare in condizione, ha questa fortuna. Quindi appena starà bene, penso tra un paio di settimane, ricomincerà a fare gli allenamenti normali. E a quel punto si concentrerà anche sul discorso pista, che è importantissimo. A quanto so, il suo programma di gare per ora è stato mantenuto intatto e prevede il Giro d’Italia Women. Casomai non si riuscisse, il piano B potrebbe prevedere il Baloise Ladies Tour che inizia il 17 luglio, quindi dieci giorni dopo. Bisognerà vedere l’evoluzione della sua ripresa».
Sangalli tira un sospiro di sollievo, ma come già lo scorso anno quando Balsamo cadde alla Ride London Classique, l’imperativo è non metterle fretta. Fra le note meno negative della situazione attuale c’è appunto il fatto che possa alimentarsi normalmente e che, non avendo apparentemente memoria dell’incidente, non ne abbia gli inevitabili condizionamenti successivi. E allora il discorso va avanti, con le squadre del Giro d’Italia non ancora annunciate e un mosaico da comporre per arrivare nel modo giusto alla gara su strada di Parigi.
Sangalli e Longo Borghini: Balsamo è una sua compagna alla Lidl-TrekSangalli e Longo Borghini: Balsamo è una sua compagna alla Lidl-Trek
Come stanno le nostre leader?
Si stanno preparando al meglio, secondo me. Quello che ho chiesto loro è di arrivare alle Olimpiadi in condizione e sarebbe già un primo risultato di cui sarei contento. Poi le gare sono gare, ma arrivarci nel modo giusto è già un buon viatico. Per cui l’idea è che arrivino bene alla partenza del Giro e riescano a crescere con il passare delle tappe.
Persico e Longo Borghini potrebbero essere al Giro per fare classifica: hai dato loro qualche indicazione?
Ho lasciato chiaramente libertà di correre come vogliono, ma a condizione di uscire in crescita dal Giro e non di finirlo senza più niente da dare. Questa è l’unica condizione che ho posto, perché dopo c’è un momento in cui si riesce a recuperare e poi ci siamo. Al momento sono entrambe al Passo San Pellegrino, ci sono stato anche io. In più tutte le settimane, se non ogni giorno, mi aggiorno con tutte le probabili olimpiche. E’ un lavoro cominciato a novembre e per questo dico che sarà già un grande risultato arrivare a Parigi al top della condizione.
Perché questo insistere: c’è stata qualche criticità? Forse Silvia Persico non ha vissuto la miglior primavera…
Per lei il problema è stata la perdita della nonna nel periodo dell’Amstel, nel momento in cui stava crescendo. Poi però si è sbloccata, ha vinto anche lei, quindi è stato soprattutto un passaggio a vuoto psicologico. Per il resto sta andando tutto bene, ad eccezione dell’incidente di Bertizzolo e Balsamo. Longo Bborghini ha avuto una bronchite quando siamo andati a vedere il percorso, ma ci può stare. Ma per il resto con tutte le squadre c’è una collaborazione proficua e ne sono contento.
Dopo una promavera difficile, Silvia Persico è tornata a vincere al MorbihanDopo una promavera difficile, Silvia Persico è tornata a vincere al Morbihan
Pare che Lotte Kopecky verrà al Giro per fare classifica.
Secondo me verrà a fare quello che abbiamo appena detto, quindi a cercare le condizioni e uscire al top dal Giro. Immagino anche che farà classifica, dato che nella sua squadra non ci sarà Vollering e nemmeno Wiebes. La SD Worx sarà improntata su di lei, con l’appoggio di Reusser e di Elena Cecchini, quindi avremo anche un po’ il controllo su quello che succede all’interno. Non perché Elena farà la spia, ma perché al momento giusto avremo informazioni vere. Di certo Kopecky avrà la squadra tutta per sé anche alle Olimpiadi, al contrario di quanto avverrà con l’Olanda, che avrà una squadra fortissima. Probabilmente Marianne Vos avrebbe preferito avere la sua compagna Markus, ma dai trials che hanno fatto è venuta fuori Ellen Van Dijk, ma saranno comunque una squadra forte. Poi ci sono anche le altre. Grace Brown o la Ludwig, ci sono tanti corridori che possono fare una bella Olimpiade.
Noi siamo a metà tra l’Olanda e il Belgio, qualcuno che dovrà lavorare dovrà pur esserci, no?
Lo voglio assolutamente. Dalla mia esperienza nelle tre Olimpiadi precedenti, credo che quando arrivi col numero massimo di atlete (quattro in questo caso, ndr), un corridore che lavori te lo puoi concedere. Anche a livello mentale parte senza un’ambizione di medaglia, ma quella di essere fondamentale per una medaglia. E questa mentalità ce l’hanno i corridori che tutto l’anno fanno questo tipo di lavoro.
Come se avessi fatto cognome e nome: stai parlando di Elena Cecchini?
Lei è sicuramente un elemento prezioso, si è vista tutte le volte che è stata convocata, non la scopriamo oggi. E anche l’Olimpiade è una sintesi degli anni precedenti e degli eventi precedenti. Conosco bene tutte queste ragazze da tanti anni. Mi dispiace davvero per Bertizzolo, che secondo me si sarebbe davvero messa in evidenza anche al campionato italiano, però purtroppo questo è lo sport. Comunque anche a lei lasciamo il tempo per recuperare e se non sarà per le Olimpiadi, c’è sempre il mondiale di settembre. Per quello anche a livello mentale deve stare tranquilla e lavorare. Io le darò tutto il supporto che posso.
Guazzini e Cecchini in allenamento a Livigno: la seconda sarebbe preziosa nella gara su strada (immagine Instagram)Guazzini e Cecchini in allenamento a Livigno: la seconda sarebbe preziosa nella gara su strada (immagine Instagram)
Farete un ritiro prima delle Olimpiadi?
Sì, facciamo un’altura dal 24 giugno al 4 luglio al Passo San Pellegrino. Poi dal 25 di luglio e fino al giorno della partenza, che è il 31 luglio, saremo in Val di Fassa insieme alla nazionale di Bennati. Stiamo davvero facendo un avvicinamento come volevo. Per cui ora si andrà ai campionati italiani, sia su strada che della crono assieme a Marco Velo. E intanto aspettiamo anche di conoscere le squadre del Giro e di capire come procede il recupero di Elisa Balsamo…
Nostro incontro con Elisa Balsamo nel ritiro della nazionale sull'Etna. Gran clima fra le ragazze di Salvoldi e l'obiettivo olimpico, molla di ogni fatica
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La cronometro del Delfinato ha messo subito in chiaro una cosa: Remco Evenepoel è tornato ed anche bene. A Neulise, il campione del mondo, è stato autore di una prova di grande spessore. E non solo per la vittoria, ma anche per come e quando è venuta questa vittoria.
Il come: non ha dominato a mani basse sin dal primo metro, come gli capita la maggior parte delle volte, ma se l’è dovuta sudare anche sul filo dei nervi contro Joshua Tarling. Il quando: questo era il primo vero grande test dopo l’incidente dei Paesi Baschi.
Ora Remco è leder con 33″ su Roglic, 1’04” su Jorgenson e 1’11” su Gee, maglia gialla prima della cronoOra Remco è leder con 33″ su Roglic, 1’04” su Jorgenson e 1’11” su Gee, maglia gialla prima della crono
Parola a Velo
Con Marco Velo, tecnico delle cronometro della Federciclismo, abbiamo rivisto la gara contro il tempo del Delfinato. E lo abbiamo fatto anche in chiave olimpica, in chiave Filippo Ganna, tanto per non girarci intorno.
«Come ho visto Remco? Forte, molto forte. Che lo fosse non avevo dubbi, che dopo l’incidente fosse già a questo livello un po’ meno. Questa cosa non mi lascia tanto sereno! Ha battuto un ottimo Tarling. Che dire… si sapeva. Inutile girarci troppo attorno, i nomi per Parigi sono soprattutto questi tre: Remco, Tarling e Pippo. Sono loro che si andranno a giocare l’oro e le medaglie».
«Il percorso di oggi al Delfinato riprende abbastanza quello di Parigi. Forse era un po’ più duro nella seconda metà (nella parte più veloce Tarling è stato un filo più rapido di Remco, ndr). Questo ci dice che se la giocheranno sino all’ultimo. Ma credo anche che Pippo abbia la testa per arrivare al meglio a Parigi. Dieci giorni fa erano gli altri che lo guardavano al Giro, adesso li ha guardati lui e sicuramente avrà detto: ma quanto vanno forte!».
Per Velo resta importante il test del tricolore, soprattutto per analizzare poi wattaggi, efficienza e velocità in chiave olimpica. E anche le sensazioni…
E a proposito di sensazioni: se Remco ha continuato a dire che in posizione da crono la scapola gli faceva male, Velo ha esaltato la sua stabilità: «Mi è parso molto solido in generale e anche più composto del solito. Neanche sembrava che stesso spingendo poi così tanto. E si è confermato essere molto, molto aerodinamico», segno dunque che stava bene. «Speriamo stia già troppo bene!».
Non per smentire Velo, ma Remco stesso dopo l’arrivo ha detto di non essere ancora al top. «Ma – ha detto il belga – è andata meglio del previsto. E’ stata dura contro Tarling, specie quando ho saputo che al secondo intermedio ero ancora dietro. Ma questa vittoria è stata davvero un bel segnale».
L’adattamento di Roglic con i nuovi materiali sembra ottimaleL’adattamento di Roglic con i nuovi materiali sembra ottimale
Bravo Primoz
L’altra “notizia” di giornata, ma in chiave Tour de France stavolta è Primoz Roglic. Terzo a 39” da Remco, ma migliore tra i grandi della classifica generale. Non che Evenepoel non sia da annoverare tra i pretendenti alla maglia gialla, ma in tal senso dà meno garanzie di Vingegaard, Pogacar e Roglic stesso.
«In effetti – riprende Velo – Roglic ha fatto una buona crono. E’ pur sempre il campione olimpico di specialità, anche se va detto che quella di Tokyo era una crono particolare, molto dura con i suoi 650-700 metri di dislivello. Mi è piaciuta la sua gestione dello sforzo, si vede che ha esperienza e attitudine a questo tipo di prove. Di certo dopo questa crono prenderà confidenza, sotto tutti i punti di vista».
«Roglic si è portato dietro dalla Visma la cadenza. Era molto agile, sulle 100 o più rpm. Ha fatto tesoro di quelle conoscenze apprese nel vecchio team. Mi sembra si stia avvicinando al Roglic migliore e non è poco alla sua età (34 anni, ndr).
«Prima di tutto – ha ironizzato Roglic – sono rimasto sulla bici! Non sono caduto… Sono ancora in crescita, ma fare questi sforzi per me è importantissimo. In allenamento non riesco a spingermi a questo limiti. Crono bene dunque, ora vediamo le montagne».
Per Buitrago, il più scalatore di tutti, un discreto 14° posto. Il colombiano ha perso meno di 3,5″ a chilometro rispetto a RemcoLa perfezione di Jorgenson. Da quando è in Visma ha fatto un grande salto di qualità a crono. E’ uno dei motivi che lo ha spinto verso questo teamE qui, ecco Gaudu… quanto lavoro da fare per il francesePer Buitrago, il più scalatore di tutti, un discreto 14° posto. Il colombiano ha perso meno di 3,5″ a chilometro rispetto a RemcoLa perfezione di Jorgenson. Da quando è in Visma ha fatto un grande salto di qualità a crono. E’ uno dei motivi che lo ha spinto verso questo teamE qui, ecco Gaudu… quanto lavoro da fare per il francese
L’esempio di Buitrago
Grandi note non ci sono dal Delfinato. E’ emerso il grande limite di certi team per questa disciplina nonostante atleti con ottime gambe, si legga Groupama-Fdj che sommando le prestazioni di Gregoire e Gaudu hanno incassato oltre 6′.
Ancora una volta è emersa la perfezione, sottolineata anche da Velo, della posizione e dei materiali della Visma-Lease a Bike, con un super Matteo Jorgenson. Una posizione del tutto moderna. Schiena piatta, “cascone” aerodinamico e praticamente chiusura totale tra mani e casco. Il tutto con un elevatissima agilità.
E poi c’è Santiago Buitrago. Il colombiano ha incassato 2′ tondi tondi da Remco, ma è senza dubbio il più scalatore. Si è visto che ha lavorato su questa disciplina. «Ed è importante farlo anche se non sei uno specialista», ha sottolineato Velo (ripensiamo per esempio ai due leader della Groupama-Fdj).
«Santiago quando sta bene è capace di fare belle prestazioni anche a corno e questo mi fa piacere. Penso ai nostri ragazzi e penso alle crono lunghe che sono state inserite in queste gare tra Giro, Delfinato… che sia la volta buona? Che si capisca una volta per tutte che questa disciplina è importantissima se vuoi fare bene anche nelle corse a tappe? E lo devono capire le società dei giovani… non i pro’.
«Domenica scorsa ero ad assistere alla crono organizzata dal Pedale Romanengo. C’erano tantissimi ragazzini, allievi e juniores, e anche under 23. Mi ha fatto molto, molto piacere vedere quel fermento e la voglia di migliorarsi anche se non si è degli specialisti come Buitrago».
Per il primo Giro da ex, Nibali ha scelto l'ammiraglia di RCS Sport. Il suo punto di vista sulla sfida fra Roglic e Thomas. E il bello di una corsa vista dall'esterno
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Nel pieno del cambiamento del ciclismo, che a tutti i livelli va verso biciclette capaci di cavarsela su ogni terreno (quasi che il gravel sia una presenza con cui fare quotidianamente i conti), vengono lanciate oggi sul mercato le nuove ruote Sharq. Le prime Fulcrum progettate per utilizzo endurance e allroad, mettendo insieme le caratteristiche di maneggevolezza, reattività e comfort dei precedenti modelli stradali Speed, Wind e Rapid Red Carbon.
E’ evidente la volontà di sottolineare la loro versatilità, che si rivolge a un pubblico certo esigente, ma che rifiuta di essere etichettato. Non più solo corridori, ma anche ciclisti che puntano sulle lunghe distanze e non storcono il naso se l’asfalto è poco meno che perfetto. Le Fulcrum Sharq aprono una porta sul mondo e ci mettono nelle condizioni di affrontarlo in qualunque situazione.
Ecco le nuove Fulcrum Sharq: la coppia pesa 1.440 grammiEcco le nuove Fulcrum Sharq: la coppia pesa 1.440 grammi
Il canale da 25
Ogni passaggio nella loro realizzazione – dalla progettazione all’assemblaggio – avviene in Europa e questo è garanzia di affidabilità. La carta di identità individua una serie di peculiarità tecniche di tutto interesse, a partire dal canale interno da 25 millimetri di larghezza. Una misura non banale che permette l’utilizzo di pneumatici da strada fino a 30 millimetri, sinonimo di sicurezza, comfort, aerodinamica e ottima scorrevolezza. Laddove invece si voglia usare un pneumatico tassellato, alle suddette qualità si unisce l’ottimo supporto alla struttura della gomma. Infine, proprio per offrire la compatibilità con sistemi tubeless e a camera d’aria, il cerchio ha un mini-hook che garantisce massima sicurezza. E dato che il ponte non è forato, come da sempre per Fulcrum in questi casi, per montare il tubeless non è necessario prevedere l’impiego di alcun nastro.
Il canale delle Sharq è da 25 millimetri: c’è un mini-hook per l’uso di tubeless, ma anche camera d’ariaIl canale delle Sharq è da 25 millimetri: c’è un mini-hook per l’uso di tubeless, ma anche camera d’aria
Profilo a onda
Però, cari amici amanti della tecnica, quello che salta subito agli occhi e intriga chi vuole andare oltre è il disegno del profilo del cerchio. Sarebbe troppo facile dire che si è cercato di allinearsi con quanto già presente in altre case, ma la verità è che quel disegno nasce da un processo sperimentale in cui si sono valutati i comportamenti di una ruota e le ripercussioni su maneggevolezza e aerodinamica nelle più disparate condizioni di vento. Che poi volendo stringere, le situazioni più probanti sono quelle di folate frontali e laterali.
Il risultato finale sposato da Fulcrum si chiama 2-Wave Rim: esso prevede un cerchio con onda simmetrica regolare nella parte superiore, che però è asimmetrica sui lati. Il profilo varia fra 42 e 47 millimetri e tale differenziazione permette di mettere insieme maneggevolezza, reattività e aerodinamica.
Per completare il quadro sul fronte del cerchio, va annotato che si è fatto ricorso a una particolare laminazione delle pelli di carbonio e delle resine: una formulazione di cui Fulcrum è titolare, identificata dalla sigla FF100 e già impiegata nelle ruote di maggior qualità. Il peso della coppia è di 1.440 grammi, mentre i dati aerodinamici dichiarati dall’azienda parlano di miglioramento del 21% (rispetto a un cerchio di pari altezza ma con profilo tradizionale) in condizioni di vento laterale fra zero e 10 gradi. Valore che sale al 30% sei il vento arriva fra i 10°e i 20°.
Ecco il profilo a onda delle Sharq: il profilo passa da 42 a 47 millimetriSu strada le nuove Sharq sono veloci, reattive e maneggevoli, con pneumatici fino a 30 mmNessun problema quando poi si trova un tratto sterrato: comfort e maneggevolezza restano al topEcco il profilo a onda delle Sharq: il profilo passa da 42 a 47 millimetriSu strada le nuove Sharq sono veloci, reattive e maneggevoli, con pneumatici fino a 30 mmNessun problema quando poi si trova un tratto sterrato: comfort e maneggevolezza restano al top
Raggi ad hoc
Veniamo ora ai raggi, altro bel dettaglio da approfondire. Per la nuova Sharq è nato un raggio piatto in acciaio, con larghezza di 3 millimetri e spessore di 0,8. Si chiama A3RO e brilla quanto a prestazioni aerodinamiche. Dato che non sono previsti incroci, i raggi riescono a mantenere la tensione nel tempo, per cui la capacità di prestazione della ruota rimane invariata. A questo concorre anche la rivisitazione dell’ingaggio fra la testa del raggio e il mozzo. L’ingresso avviene attraverso due fessure accoppiate a una schiacciatura realizzata ad hoc nella base del raggio. Per cui una volta entrato, questo non sarà sottoposto ad alcuna rotazione, rimanendo perfettamente allineato.
Il mozzo, infine, riprende le caratteristiche già apprezzate nelle Speed e viene costruito con tecnologia Cup&Cone. I cuscinetti cono-calotta hanno sfere ceramiche di tipo USBTM: esse scorrono su un asse passante integrale con ghiera di registro per un precarico precisissimo e la massima scorrevolezza.
I cuscinetti dei mozzi hanno sfere ceramiche di tipo USBTMI corpetti disponibili sono N3W, HG, Microspline e XDRI cuscinetti dei mozzi hanno sfere ceramiche di tipo USBTMI corpetti disponibili sono N3W, HG, Microspline e XDR
Garanzia di qualità
Il risultato finale è una ruota frutto di oltre 4.000 ore di lavoro fra progettazione, sviluppo, test di laboratorio e prove su strada. In attesa di testarla, la sensazione è quella di un prodotto che unisce le prerogative di velocità e capacità di brillantezza delle ruote da strada alla resistenza e la… potenza delle migliori ruote da gravel. Il fatto di realizzarle quasi totalmente in azienda, con componenti totalmente certificati e dichiarati affidabili, fa sì che il prodotto finale non sia per nulla banale e, anzi, sappia fare la differenza in tutte le condizioni di guida in cui sarà chiamato a disimpegnarsi.
Come si fa notare nel comunicato riservato al lancio ufficiale, le ruote Sharq sono in vendita da subito presso i rivenditori Fulcrum di tutto il mondo, al prezzo di 2.460 euro.