Widar affonda il colpo, vince in rosa e gli avversari crollano

14.06.2024
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FOSSE – Sembra tutto semplice per Jarno Widar, il giovane belga della Lotto Dstny Development che ha stregato il Giro Next Gen e i suoi avversari. Seconda vittoria, la prima indossando la maglia rosa, per di più nella tappa regina. Widar ha 18 anni, è classe 2005, nato a novembre. Fisico magro e statura da fantino, i dati parlano di 166 centimetri per 52 chilogrammi. 

Lo scorso settembre si era presentato al mondo vincendo le prime due tappe del Giro della Lunigiana. Ora Widar si è presentato al grande pubblico del ciclismo vincendo altrettante tappe al Giro Next Gen. Durante l’inverno non è cambiato affatto: stesso sorriso, volto giovane e una voce talmente flebile che si fa fatica ad udirla. 

Avversari domati

Questa mattina l’intento del gruppo e dei suoi avversari era di scalzare Widar dal primo posto. Fin da subito la corsa si è fatta a ritmi elevati, con una prima ora di corsa fatta a quasi 54 chilometri orari di media. Lui non si è scomposto, ha seguito il ritmo e sull’ultima salita ha lasciato fare. 

«Abbiamo fatto forte ogni salita – racconta Widar dietro al palco delle premiazioni – i miei compagni non sono rimasti con me, si sono staccati sulla prima salita. L’unico a rimanere al mio fianco è stato Milan Donie. Abbiamo parlato, io stavo bene e gli ho chiesto di mantenere un ritmo alto finché avesse potuto, un grazie speciale se lo merita. La Tudor sulla salita finale ha lavorato per Rondel e ha cercato di farmi saltare, senza riuscirci. Non so quale fosse la loro tattica ma non importa molto».

Dopo aver perso tutta la squadra subito è toccato a Donie Milan caricarsi la corsa sulle spalle (foto LaPresse)
Dopo aver perso tutta la squadra subito è toccato a Donie Milan caricarsi la corsa sulle spalle (foto LaPresse)

Mettersi alla prova

A inizio stagione Widar aveva detto di volersi mettere alla prova nelle corse a tappe e così ha fatto. Il risultato però è sorprendente, perché oltre ai due successi al Giro Next Gen il belga aveva fatto sua anche l’Alpes Isère Tour

«Mi sento davvero molto bene – continua – forse come non mi sono mai sentito prima. E’ la prima volta che arrivo al sesto giorno di corsa, le precedenti corse a tappe si erano fermate a cinque. Vincere la tappa di oggi mi dà ottime sensazioni e davvero tanto morale. Questa mattina il sogno era portare a casa la vittoria, così è stato. Mi rendo conto che la condizione è veramente buona, vedermi così forte in una corsa a tappe dura come il Giro Next Gen mi fa pensare di aver trovato la mia strada».

Wouter Toussaint è il grande sconfitto di giornata che scivola fuori dalla top 15, qui consolato da Gualdi
Wouter Toussaint è il grande sconfitto di giornata che scivola fuori dalla top 15, qui consolato da Gualdi

In sicurezza

Poco prima di partire alla conquista del Giro Next Gen Jarno Widar ci aveva detto che l’obiettivo sarebbe stato il podio. Alla luce dei risultati ottenuti è possibile pensare di alzare l’asticella?

«Non saprei – conclude tra uno sbadiglio e un tremolio per il freddo il detentore di tre maglie sulle quattro conquistabili – per prima cosa penso a portare a casa questo successo. Dovrò restare al riparo e lontano dai pericoli. Penso che le minacce, nei prossimi giorni, arriveranno dai puncher e non dagli scalatori. Vincere con questa maglia (la rosa, ndr) è speciale, lo sognavo quando ero piccolo e sono contento di averlo fatto già al primo anno da under 23».

Si rivede Sanguineti, presto non più orfana di Balsamo

14.06.2024
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Torna a farsi vedere Ilaria Sanguineti, nelle parti alte della classifica di una classica belga. Una delle tante prove del calendario locale, la SPAR Flanders Diamond Tour, certamente non una di quelle corse da far tremare i polsi, ma per chi come la sanremese attendeva un piazzamento da tempo, per rinfocolare il suo entusiasmo, ha comunque un valore anche un quinto posto. Anche perché Ilaria non è certo una finalizzatrice, nella Lidl Trek i suoi compiti sono altri.

Per questo anche un piazzamento ha un valore, in un momento della stagione dove le certezze sul futuro non sono poi così tante: «Dà morale, dopo un periodo vissuto in continua altalena fra alti e bassi. Per tutta la stagione ho inseguito finora la forma migliore e sembrava non arrivasse mai, finalmente si è intravisto uno spiraglio».

La volata vincente della Consonni con la Sanguineti dietro, alla fine quinta, miglior risultato del 2024
La volata vincente della Consonni con la Sanguineti dietro, alla fine quinta, miglior risultato del 2024
Che corsa era?

Una gara completamente piatta, ma a far la differenza è stata la stanchezza per molte partecipanti, me compresa, che il giorno prima avevano preso parte a un’altra corsa belga, l’Elmos Dwars door het Hageland che era stata molto dura e nella quale noi del team avevamo lavorato per la Brand, alla fine vincitrice. Noi sapevamo che in una corsa così pianeggiante e con una probabile conclusione in volata la Consonni sarebbe stata favorita, quindi lavoravamo per favorire una fuga. La selezione c’è stata, siamo rimaste in 25 a giocarci il successo, ma la corsa non è andata come volevamo.

Perché?

Perché come detto era nostro interesse favorire una fuga, ma la Brand era stanca come altri e quindi ci siamo ritrovate a giocarci la vittoria in volata. In quel caso diventavo io la finalizzatrice e quindi ho fatto del mio meglio. Il quinto posto non è male, ma è chiaro che si spera sempre in qualcosa di meglio.

La ligure in gara all’Elmos Dwars door het Hageland, dove aveva favorito la vittoria della Brand
La ligure in gara all’Elmos Dwars door het Hageland, dove aveva favorito la vittoria della Brand
Tu sei al secondo anno nel team americano, come ti trovi?

Benissimo, c’è una bella atmosfera perché nel team siamo amiche prima che colleghe e questo aiuta molto, anche in corsa. A me capita spesso di avere compagno di stanza straniere e ormai la lingua non è più un problema, anzi ci confidiamo molto. La cosa importante è che si sia formato un gruppo, che agisce dentro e fuori la nostra attività.

Proprio a livello di atmosfera, come avete assorbito le ultime settimane senza la Balsamo?

La sua mancanza si è sentita molto. Anche perché io ed Elisa siamo amicissime da sempre, condividiamo tutto e non averla in squadra è strano. Anche il fatto che mi ritrovo in corse come quella di domenica a dover fare la volata invece di pilotarla, non nascondo che mi spiazza sempre un po’. L’importante è che stia sempre meglio e possa tornare il prima possibile.

La Balsamo è a terra alle sue spalle. Sanguineti si lascia andare, consolata dalla Brand
La Balsamo è a terra alle sue spalle. Sanguineti si lascia andare, consolata dalla Brand
Proprio perché siete tanto amiche, avrai vissuto in prima persona l’altalena di emozioni che Elisa ha attraversato e che ha anche esternato sui social, passando da un cupo pessimismo alla sfrenata voglia di ripartire con il sogno olimpico ancora ben impresso…

Assolutamente sì, abbiamo condiviso tutto. Io poi ero lì, il giorno della caduta, avendo nella mente quel che era successo un anno prima a Londra (quando invece non c’ero) e sapendo quel che le era costato. Questa volta ho sofferto un po’ di più e capisco tutto quel che ha provato. La paura di veder svanire tutto ciò per cui ha lavorato in questi tre anni. Per me Elisa è come una sorella, abbiamo passato settimane difficili che hanno influito anche su di me, non lo nego. Ma quel che conta è mettersi tutto alle spalle.

Come detto ti sei trovata a recitare in un ruolo non tuo…

Questo è anche uno stimolo, poter cambiare ogni tanto fa bene. In corsa si vedono i risultati di quel gruppo di cui dicevo prima. Io lavoro sempre per le compagne e quando si vince un pezzo della vittoria è anche mio. E’ però bello anche vedere per un giorno le compagne prodigarsi per me e per questo domenica avrei voluto ripagarle con qualcosa di più del quinto posto. Per me poi, che sia corsa d’un giorno o tappa non cambia molto.

Ilaria insieme alla Balsamo, un legame di amicizia di antica data e che si perpetua anche fuori dal ciclismo
Ilaria insieme alla Balsamo, un legame di amicizia di antica data e che si perpetua anche fuori dal ciclismo
A tal proposito, sei in una squadra che, nelle corse a tappe, parte sempre con un doppio obiettivo, pensando alla vittoria parziale ma anche alla classifica. Questo accresce impegno e responsabilità?

Sì, ma è giusto. Abbiamo un organico che impone questo e per noi è stimolante partire pensando a quel che possiamo fare sia per il giorno stesso che in funzione della classifica. Il nostro compito è rendere fruttuosa la nostra partecipazione.

Ti vedremo in un grande giro?

Non è in programma, ora punto sui campionati italiani, poi si vedrà che cosa proporrà il calendario. Non nascondo che mi piacerebbe tornare a vestire la maglia azzurra, i mondiali hanno forse un percorso troppo duro ma per gli europei potrei dare una mano., La maglia azzurra però bisogna meritarsela, io farò di tutto per guadagnarmela, magari proprio per avere Elisa alla mia ruota nel momento decisivo.

Il mondo della Solme Olmo: passi piccoli, ma decisi

14.06.2024
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Tra le squadre escluse dal Giro Next Gen c’è la Solme Olmo, team che nel corso degli anni ha lavorato sempre in maniera ottima, con un percorso di crescita costante. Forse portare alla corsa rosa under 23 una squadra come la loro sarebbe stato un premio e un incentivo a continuare un lavoro metodico. Sulle scelte fatte da RCS ancora ci sono dei dubbi, ma sul metodo di lavoro della Solme Olmo sembrano essercene ben pochi (in apertura, immagine photors.it) 

«Per il discorso Giro Next Gen – spiega subito il presidente Gian Pietro Forcolin – dobbiamo chiarire che si parla di business, che non sempre va d’accordo con il merito. Me ne faccio una ragione, anche se è vero che guardando alle squadre scelte si potrebbe aver da ridire. RCS si è trovata in mano l’organizzazione di questa corsa e ha deciso per i propri interessi. Sarebbe stato compito di chi ha lasciato il Giro U23 dare indicazione su come distribuire gli inviti. Il Giro è una corsa della Federazione che è passata nelle mani di RCS, con tutti gli oneri e onori del caso. Quest’ultima ha ragionato da azienda e il dado è tratto».

Gian Pietro Forcolin, presidente della Solme Olmo, alla presentazione della squadra (photors.it)
Gian Pietro Forcolin, presidente della Solme Olmo, alla presentazione della squadra (photors.it)

Impegno costante

La Solme Olmo è una squadra abituata a muoversi, viaggiare e correre all’estero. Abitudine rinforzata sicuramente in questi ultimi anni, ma che è diventata subito una parte importante del lavoro di Forcolin e del suo staff.

«Innanzitutto – prosegue il presidente Forcolin – noi corriamo tutto il calendario nazionale e internazionale in Italia. Spesso siamo anche fuori confine tra Slovenia, Ungheria, Croazia, Romania e Polonia. Abbiamo costruito ottimi rapporti con questi territori e ci piace andare alle loro corse. Il 6 e 7 luglio saremo in Slovacchia e Ungheria per due gare. Poi il 4 agosto in Romania per una corsa di un giorno e il 6 saremo al via del Tour of Szeklerland, sempre in Romania.

«Abbiamo iniziato a gettare lo sguardo oltre confine, vista la mancanza di corse a tappe in Italia. Ci siamo arrangiati. All’estero le federazioni nazionali danno spazio alle squadre del Paese con gare adeguate (problema affrontato nell’editoriale di lunedì, ndr). L’estero si è dimostrato un’ottima palestra, lì ci sono tante squadre professional e i corridori sono di buon livello».

La squadra tra luglio e agosto correrà molto all’estero, più precisamente nell’Est Europa (photors.it)
La squadra tra luglio e agosto correrà molto all’estero, più precisamente nell’Est Europa (photors.it)

Diversi obiettivi

Investimenti di tempo e denaro hanno portato la squadra di Forcolin a correre fuori dall’Italia. Il calendario del nostro Paese perde corse e tante ne ha perse in passato, e se in quelle poche che si sono vengono preferiti i devo team allora è facile far migrare le squadre verso altri mondi. 

«Molti – dice ancora Forcolin – ci considerano una squadra piccola, forse hanno anche ragione. Ma la nostra struttura è solida e di buon livello. La squadra conta su una casa con una dozzina di posti letto, nella quale vive un massaggiatore. Abbiamo quattro diesse, un meccanico fisso e altri due a chiamata. E da quest’anno, per la prima volta abbiamo deciso di avere un preparatore unico per tutta la squadra».

Un bel mix

«La rosa è composta da 18 ragazzi – continua – con una buona distribuzione tra under 23 ed elite. Per noi è più facile avere corridore elite di qualità che under 23 (questa potrebbe essere l’unico motivo valido all’esclusione della Solme Olmo dal Giro Next Gen, visto che i punti sono stati ottenuti principalmente da corridori elite: Buda, Chiarucci e Nordal, ndr). Gli juniores quando passano preferiscono andare negli squadroni, però poi trovare spazio lì è difficile e il rischio è quello di tirare per il più forte.

«Nel 2023 abbiamo preso Menghini al primo anno juniores, era senza squadra e rischiava di smettere. L’anno scorso ha ottenuto tanti buoni risultati e in inverno è passato alla General Store, squadra continental. Penso che avere buoni corridori elite permetta ai giovani di crescere, migliorare e imparare tanto».

Nel 2023 Forcolin e il suo staff hanno rilanciato Alessio Menghini che rischiava di rimanere senza squadra (photors.it)
Nel 2023 Forcolin e il suo staff hanno rilanciato Alessio Menghini che rischiava di rimanere senza squadra (photors.it)

Budget

I soldi muovono gran parte dell’attività e degli atleti, c’è poco da girarci intorno. Avere un budget elevato permette di prendere le prime scelte e di avere una rosa più competitiva. Però questo non è sempre detto, soprattutto con i giovani, dove spesso la chiave giusta è la pazienza, arma che non si può comprare. 

«Abbiamo un budget inferiore alle continental – continua – e alle altre squadre, ma è anche una scelta. Sembra che tutto si basi sul rimborso ai corridori, noi facciamo fatica a proporre un rimborso sostanzioso. Per questo magari molti corridori non ci pendono in considerazione, ma negli ultimi anni le quote sono cambiate. Abbiamo tanti progetti in testa, non è facile però trovare gli sponsor, noi la struttura l’abbiamo. Chiaro che sarebbe più facile fare una cosa come fanno i Reverberi con professionisti e under 23, così da partecipare alle migliori gare. Se dovesse arrivare lo sponsor giusto non avrei dubbi sul da farsi».

Buitrago, i brividi addosso a un passo dal sogno

14.06.2024
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Ieri la squadra lo ha raggiunto ad Andorra. Così Santiago Buitrago ha lasciato casa ed è salito a quota 2.300, ancora 200 metri sotto il suo paese in Colombia, ma abbastanza per rifinire la preparazione in vista del primo Tour. Quando era bambino, il colombiano fece un disegno con il podio del Tour 2022: è ancora sopra all’armadio nella sua cameretta. Era il grande sogno, cui arriva con due anni di ritardo. La sua non è una famiglia colombiana come altre, in cui si corre per rabbia o per fame. Santiago corre per amore della bici, con i piedi per terra e la lucidità che serve per essere professionista in ogni ambito. Nel frattempo ha vinto due tappe al Giro e al recente Delfinato si è mosso vicino ai più forti. Cosa si prova quando un sogno sta per realizzarsi?

«E’ una cosa speciale – dice – ho lasciato il mio Paese con la voglia di fare bene una cosa grande, il mio sogno. Vedi la tua famiglia e le persone vicine a te che si emozionano nel sapere che vai a fare il primo Tour, sapendo tutto quello che hai fatto per arrivare fino a quell’obiettivo. Sono partito veramente motivato. Normalmente a casa può essere difficile stare concentrato su un solo obiettivo, però avendo davanti agli occhi il Tour de France, ti svegli ogni mattina per fare il meglio possibile».

Ultima tappa del Delfinato, Buitrago arriva 5° dietro De Plus a 35″ da Rodriguez
Ultima tappa del Delfinato, Buitrago arriva 5° dietro De Plus a 35″ da Rodriguez
La condizione c’è, al Delfinato sei stato spesso insieme ai più forti…

E’ andato abbastanza bene. Peccato per un giorno, il primo di montagna, che mi sono bloccato. Invece sono contento delle ultime due tappe e della crono in cui sono migliorato tanto. Avevo qualche dubbio…

Perché?

Non correvo dalla Liegi e in Colombia mi era venuto male a un ginocchio. Sono stato a casa a lungo e dopo tanto tempo in altura, nella prima gara rischi di non trovarti bene. Non si può mai sapere. Però sapevo che i numeri erano buoni e che la preparazione era quella giusta. Sono andato in Francia pensando di entrare nei primi cinque. Speravo di non perdere tanto nella crono e lottare per la vittoria. Invece sono saltato in un giorno di montagna e questo un po’ mi disturba…

Hai chiuso undicesimo, come pure al Giro dei Paesi Baschi: che differenze ci sono?

Al Delfinato è andata meglio, perché in salita sono rimasto con i migliori. Ero più convinto di andare bene, mentre ai Paese Baschi venivo della caduta alla Parigi-Nizza. Con tutte le scivolate che si sono viste, avevo paura di andare in gruppo e di fare le discese. Poi c’è stata la tappa in cui sono caduti Vingegaard e gli altri e la corsa di colpo è stata tutta aperta. Non si sapeva chi potesse vincerla…

Il primo Tour: che effetto fa?

Per me questo è un sogno, lo è già solo essere nella lista della squadra. Sarà il primo Tour, per cui l’obiettivo è farlo al meglio possibile. Farlo nella maniera più corretta e professionale, con la convinzione di arrivarci al 100 per cento. Farlo bene vuol dire che sei fra i migliori al mondo. Riuscire a vincere in mezzo a tanti uomini forti sarebbe importantissimo e solo pensarci mi fa emozionare tanto.

Alcuni dei più forti li hai visti da vicino al Delfinato, almeno Roglic, Evenepoel, Rodriguez…

In realtà non ho sentito una differenza così abissale, di uno che attaccava e poi non lo vedevi fino all’arrivo. Mi è piaciuta come gara perché eravamo tutti lì, nelle stesse condizioni, con pochi secondi di differenza. Per vincere partivano all’ultimo chilometro. L’ultimo giorno, Roglic e Ciccone sono saltati. Jorgenson è andato fortissimo, però non è ho visto tanta differenza. Okay, nella crono Remco è stato inavvicinabile. Non sono partito con l’idea di poter prendere due minuti, però poi ho visto che in montagna ha sofferto. Va bene, mancavano Pogacar e Vingegaard, ma voglio pensare che non siano troppo lontani…

In gruppo cosa si dice di Vingegaard?

Se ne parla, si ragiona di come potrebbe arrivare al Tour. Ce ne sono tanti che dicono che arriverà al 100 per cento, altri secondo cui salterà nel primo giorno di montagna. Io penso che lui arriverà a un livello top, non lo so se al 100 per cento, però arriverà bene. Magari non sarà il miglior Vingegaard di sempre, ma sarà forte abbastanza per dare battaglia.

Hai parlato della crono, è qualcosa su cui avete lavorato tanto?

La squadra si impegna tanto a migliorare nella crono. Si lavora tanto con Alé per l’abbigliamento e con Rudy Project per i caschi. Con Merida e Vision per bici e ruote. Quest’anno tutti gli sponsor hanno fatto tanti investimenti per migliorare e abbiamo lavorato davvero bene. C’è stato davvero un salto di qualità. Penso che si possa ancora crescere, però fino ad ora sono contento per il miglioramento che abbiamo avuto.

Però Santiago resta un scalatore…

Sì, la natura è la natura, anche il cuore è il cuore. Santiago Buitrago non sarà mai un cronoman, sono e resto uno scalatore. Quello mi piace tanto di più.

Il ginocchio sta bene?

Adesso sì, in Colombia ho lavorato tanto con il fisioterapista e sono venuto in Europa guarito al 100 per cento.

Foto dalla Colombia su Instagram: una “arepita” (una focaccia) e poi si riparte (foto Pipe Cano)
Foto dalla Colombia su Instagram: una “arepita” (una focaccia) e poi si riparte (foto Pipe Cano)
Come sei stato accolto in Colombia, sapendo che farai il Tour?

Ogni volta che torno a casa, vedo più gente che va in bici. Ci sono più tifosi, ma il momento è un po’ complicato. Il colombiano si era abituato a vedere Egan Bernal vincere il Tour, Nairo Quintana lottare per il podio, Uran e Chaves. Adesso non siamo a quei livelli, però abbiamo un numero più alto di corridori che fanno dei bei risultati, mentre prima erano solo due o tre. Siamo tanti e facciamo bene. A me è piaciuto come ha corso Rubio al Giro d’Italia e anche lo stesso Dani Martinez. Penso che piano piano ci stiamo riprendendo la strada. Ed è bello quando sei in Colombia, con tutti questi tifosi che urlano il tuo nome.

Qual è il primo Tour di cui hai memoria?

Forse quello del 2009, vinto da Contador. E’ il primo che ho visto in televisione, avevo 10 anni. Contador per me è stato per tanti anni un modello, per un bambino che sogna di diventare uno scalatore e di vincere il Tour, capisci? Perciò ci vediamo a Firenze fra un paio di settimane. Ormai il Tour arriva per davvero…

Formolo votato alla causa di Mas. Ma la gamba sembra buona

14.06.2024
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Non si può dire che il Delfinato di Davide Formolo sia stato fortunato. O forse sì, vista la situazione. Il corridore della Movistar è stato coinvolto nella maxi caduta che ha poi portato alla neutralizzazione della terza tappa.

«Sono scivolato anche io quel giorno – racconta Davide – e per fortuna non ho riportato grossi danni, ma davvero non ci si capiva niente. Avete visto quel video che gira su internet? Lì si vedono solo gli ultimi che cadono, ma davanti ce n’erano già tantissimi. Si andava a 70 all’ora e come tocca i freni uno, giù tutti gli altri».

“Roccia” non perde però il suo classico buon umore e nonostante le botte resta positivo.

La grinta di Davide Formolo (classe 1992) alla 11ª stagione da pro’
La grinta di Davide Formolo (classe 1992) alla 11ª stagione da pro’
Quindi Davide cosa ti sei fatto?

Una bella grattata sul gluteo destro e un forte dolore al fianco e alla zona lombare. Quando vado in bici ancora si sente e sinceramente ad una settimana di distanza pensavo si facesse sentire meno.

E ora?

Mi sono allenato un po’ più piano, poi sono sceso a Roma un paio di giorni fa per le visite al Coni. Anche se prima bisogna iniziare a fare vedere qualcosa d’importante.  Scendo ogni 4 anni, dovrei farlo più spesso: Roma è bellissima. Magari dovrei venirci con la famiglia.

Al netto della caduta come stai?

Al Delfinato i primi due giorni devo dire molto bene. Il livello era alto e su quelle salite al 6 per cento si doveva spingere forte… Poi però se non sei al top, con il livello che c’è paghi. Ora l’italiano sarà un bel banco di prova. 

La Movistar in ritiro ad Andorra (foto Instagram)
La Movistar in ritiro ad Andorra (foto Instagram)
Quindi sarai al via in Toscana?

Normalmente sì, se non lo sarò è perché il dolore sarà così forte da non permettermi di pedalare. Ma non credo, dai. Anche perché a Roma ho approfittato anche per fare una tac, per scongiurare qualcosa di peggiore, e infatti sono emerse solo contusioni. Da parte mia sono contento di aver tenuto duro al Delfinato, perché comunque mi ha dato qualcosa in termini di condizione. Nonostante tutto, ne sono uscito più forte di come ci ero andato. E ho fatto bene a tenere duro e a non tornare a casa anzitempo.

E ora il Tour de France: come ci andrai?

Il mio compito sarà quello di aiutare Enric Mas e vado senza nessuna ambizione personale.

Mas è un leader, ma non dà le garanzie di un Pogacar…

Con Tadej se vogliamo era anche più facile, tanto era forte, per questo il mio compito sarà ancora più delicato ed importante. Stargli vicino, supportarlo sempre.

Come avete lavorato? E come sta Mas?

Bene, proprio prima del Delfinato siamo andati ad Andorra. E’ stato un bel ritiro. Utile per la gamba e per il gruppo. Ci siamo conosciuti meglio (Formolo e Mas quest’anno hanno corso insieme solo alla Tirreno, ndr) e abbiamo fatto un bel po’ di “acido” insieme. Non ci siamo tirati indietro.

Avete anche visto qualche tappa?

Sì, ne abbiamo approfittato per andare a vedere la tappa con l’arrivo in salita a Plateau de Beille.

Tirreno-Adriatico, si riconoscono appena (in basso a sinistra): una delle rare corse di Mas e Formolo insieme (foto Getty)
Tirreno-Adriatico, si riconoscono appena (in basso a sinistra): una delle rare corse di Mas e Formolo insieme (foto Getty)
Hai parlato di acido lattico e quindi di un certo tipo di lavori e hai detto che prima della caduta al Delfinato stavi bene: ma quindi la gamba per un colpaccio ce l’avresti?

Sì, certo che mi piacerebbe fare bene, se ci fosse la possibilità, ma non è la priorità. La priorità è Mas. Chiaro che se dovesse capitare l’occasione, non mi tirerò indietro… terreno permettendo.

A distanza di sei mesi, come è stato questo cambio di squadra?

Si ha sempre bisogno di un po’ di tempo per adattarsi, per ambientarsi ai nuovi metodi di lavoro. Ma io devo dire di aver trovato un gruppo molto ben organizzato, molto di più di quel che si possa immaginare. Sono precisi, presenti…

Cosa intendi per nuovi metodi?

Ogni squadra ha le sue modalità di lavoro, la sua filosofia… piccole variazioni. Qui per esempio la palestra, che io in passato avevo un po’ sottovalutato, è parte fondamentale della preparazione. Che poi sono queste cose che fanno la differenza: siamo tutti al limite, lottiamo per migliorare un 1-2 per cento e se sbagli qualcosa poi le differenze diventano grandi.

Gianetti e la UAE: un mosaico costruito minuziosamente

13.06.2024
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La Svizzera è una cartolina, la bellezza ti viene in faccia quando meno te lo aspetti allo stesso modo in cui, non appena la pendenza delle salite si fa cattiva, i corridori si trovano senza gambe. Carì si trova sulle montagne del Ticino a 1.655 metri di quota, luogo incantato per escursioni e sport invernali. Ed è proprio in un punto più verde di altri che Adam Yates, dopo l’assaggio di ieri, decide di attaccare. E’ la quinta tappa del Tour de Suisse e ancora una volta il UAE Team Emirates ha preso in mano la corsa, risucchiando i fuggitivi.

«Oggi all’arrivo le primissime parole che mi ha detto Adam Yates – fa Gianetti al settimo cielo – sono state: “Mamma mia, che lavoro di squadra”. Lo ha detto un metro dopo l’arrivo e neanche ringraziando loro, ma dicendolo a me. La squadra ha fatto il lavoro e lui l’ha solo finalizzato. Questo è uno spirito bellissimo, che mi piace. Adam e Joao Almeida sono dei ragazzi straordinari. Non sono solo dei corridori veramente fenomenali, ma delle persone molto intelligenti con le quali è veramente bello lavorare».

Il Giro di Svizzera si corre in uno scenario da cartolina, ma a volte la fatica è meno poetica
Il Giro di Svizzera si corre in uno scenario da cartolina, ma a volte la fatica è meno poetica

Yates e dietro Almeida

Yates attacca come gli scalatori di una volta: lui l’alta frequenza di pedalata non sa cosa sia. Quando dà la prima bordata, il primo a tenerlo è Bernal. Poi il colombiano cede e si fa sotto Mas, finché entrambi vengono ripresi da Almeida. Procedono così, staccati di una manciata di secondi fino al traguardo. Primo Yates, secondo Almeida a 5″, terzo Bernal a 16″, quarto Riccitello a 18″, quinto Mas a 22″. Lo scenario dei due compagni di squadra quasi appaiati ricorda l’identico scenario alla Vuelta dello scorso anno.

«Sapevamo di voler fare un ritmo serrato – racconta il leader – l’intera squadra ha lavorato davvero duramente per tutto il giorno. All’inizio la Ineos ha provato a spronarci un po’ nelle prime due salite, quindi abbiamo dovuto riorganizzarci. Poi però i ragazzi sono stati super forti. Hanno controllato la fuga e poi abbiamo fatto un gran ritmo nel finale. Soprattutto con Joao (Almeida, ndr) salivamo davvero forte. E quando dalla macchina mi hanno detto che stava risalendo, mi sono voltato e quasi pensavo di vederlo passare. So che anche lui è in ottima forma, siamo venuti qui come leader alla pari. Quindi per la squadra è stata una giornata fantastica».

Un mosaico chiamato UAE Emirates

Domani intanto si vivrà uno scenario che ricorda quello del Giro nel giorno di Livigno, ma con il dovuto anticipo. La tappa regina non si potrà fare a causa della neve e in alternativa verrà proposta una… tappetta di 42,5 chilometri. Nonostante gli sforzi, si è deciso che anche il percorso alternativo previsto per la tappa regina attraverso i passi del San Gottardo e del Furka non è fattibile. Si partirà da Ulrichen con la salita finale di Blatten-Belalp che potrebbe riservare comunque degli attacchi. Gianetti da queste parti gioca in casa e ancora una volta, dopo le meraviglie del Giro, si trova ad abbracciare i corridori dopo una gigantesca prova di squadra.

«E’ una soddisfazione – dice – dopo anni di costruzione minuziosa. Pezzo dopo pezzo, come un mosaico, ogni piccola pietrina fa parte del disegno globale. Il personale, i direttori sportivi, i massaggiatori, i meccanici, i manager, il nutrizionista, i cuochi, i fisioterapisti, gli ingegneri, i nostri partner… tutti! Ciascuno mette veramente qualcosa per far sì che questo mosaico sia un bel disegno. E’ bello perché è frutto di tanta passione».

Dopo la vittoria al Giro, al Tour si andrà tutti per Pogacar: Gianetti, grande capo della UAE, non ha dubbi sulla lealtà del team
Dopo la vittoria al Giro, al Tour si andrà tutti per Pogacar: Gianetti, grande capo della UAE, non ha dubbi sulla lealtà del team

Il segreto dell’amicizia

Yates disposto a mettersi a disposizione di Almeida, poi tutti a disposizione di Pogacar al Tour. Come si costruisce una simile intesa? Bastano gli ingaggi alti per spegnere le velleità di corridori nati per essere campioni? Gianetti ascolta. E’ stato corridore. Sa com’è quando dentro hai il fuoco della vittoria.

«Questa è la cosa della quale sono più orgoglioso – dice il Team Principal e CEO del UAE Team Emirates – perché abbiamo creato la squadra partendo dai giovani. Forse uno dei pochi innesti per cui siamo andati sul mercato è proprio Adam Yates. Però Almeida, Ayuso, Hirschi, McNulty, Bjerg, Del Toro e lo stesso Pogacar sono corridori che abbiamo forgiato noi, anche nel senso dell’amicizia. Vogliamo da subito che ogni corridore abbia lo spazio per vincere, tutti i nostri giovani quest’anno ci sono già riusciti. Sei giovane, ma non devi solo lavorare e questo dà loro una carica incredibile. Avete visto con quale personalità hanno lavorato oggi Christen, Del Toro e lo stesso Mark Hirschi? Insistiamo quotidianamente su questo aspetto, per far sì che i ragazzi abbiano rispetto uno dell’altro. Affinché ciascuno in questa squadra abbia rispetto per gli altri. Dobbiamo stare assieme tutti i giorni dalla mattina alla sera, anche in camere doppie: bisogna andare d’accordo.

«Vogliamo che abbiano una mentalità molto aperta, propositiva. Non critica, ma propositiva perché vogliamo migliorare. Voglio che ognuno possa portare qualcosa di suo. Siamo la squadra migliore al mondo perché ci sono 140 persone, tra corridori e personale, che fanno il meglio per far crescere la squadra: se stessi e il gruppo. I corridori questa cosa la sentono, la percepiscono. E’ un circolo che abbiamo costruito in maniera veramente ricercata e dettagliata e io ne vado veramente molto orgoglioso».

Bernal è stato il primo a rispondere all’attacco di Yates, poi ha pagato con 16″ di ritardo
Bernal è stato il primo a rispondere all’attacco di Yates, poi ha pagato con 16″ di ritardo

Al Tour per Pogacar

Per questo stesso motivo andranno al Tour a lavorare per Pogacar: sette capitani al servizio del più capitano di tutti. Come si fa a essere certi che uno non parta con il pugnale nascosto sotto la maglia? Mauro sorride, la situazione è sotto controllo.

«Siamo chiari dall’inizio della stagione – sorride – anzi da prima che il corridore firmi il contratto. “Vuoi venire da noi? Bene, perché vuoi venire da noi? Cosa vuoi da noi come squadra? Noi da te vogliamo questo, ma tu perché vuoi venire da noi? Vogliamo capire se siamo la squadra giusta per quello che tu vuoi”. Quindi è importante chiarire questo aspetto prima di tutto. Poi inizia la stagione e a novembre Matxin fa un lavoro straordinario, corridore per corridore, su quali siano le loro ambizioni e cosa vogliano fare.

«Okay, è chiaro, al Tour c’è Tadej e si lavora per lui: questo è scontato, quindi tutti lo sanno. E sanno che se vogliono trovare un’occasione per vincere, dovranno concentrarsi e identificare il momento in cui loro stessi avranno la squadra a disposizione. E’ frutto di una programmazione molto oculata e discussa in maniera esaustiva. Da domani Yates e Almeida faranno corsa parallela perché ovviamente non corriamo da soli. Ci sono molti avversari che proveranno ad attaccare, che proveranno a fare la corsa dura, difficile, complicata. Quindi ovviamente bisognerà correre bene, sfruttare questa situazione che ci vede al comando della classifica. E se alla fine uno dei due starà meglio dell’altro, la situazione sarà accettata in modo molto sereno».

Primi passi di SafeR: cartellini gialli e radio nel mirino

13.06.2024
7 min
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Dopo un meeting che si è tenuto ad Aigle dal 10 al 12 giugno, in Svizzera, il Comitato Direttivo dell’UCI ha preso diverse decisioni per rafforzare la sicurezza dei corridori nelle corse su strada (in apertura la foto UCI del gruppo riunito, con il presidente Lappartient al centro). Esse si fondano sulle raccomandazioni elaborate all’interno di SafeR, la nuova struttura dedicata alla sicurezza, composta da rappresentanti di tutte le componenti del ciclismo professionistico.

Le principali misure adottate sono: l’introduzione del sistema del cartellino giallo, la possibile restrizione dell’uso degli auricolari nelle gare, la modifica della cosiddetta regola dei “3 chilometri”, la semplificazione del metodo di calcolo dei distacchi nelle tappe con arrivo in volata di gruppo.

    L’aumento delle cadute in tratti senza protezioni ha dettato la necessità di intervenire
    L’aumento delle cadute in tratti senza protezioni ha dettato la necessità di intervenire

    Tour 2023: nasce SafeR

    Facciamo un passo indietro, alla partenza del Tour 2023 a Bilbao, quando vede la luce SafeR (SafeRoadcycling). Creata con il contributo di UCI, organizzatori, associazione dei gruppi sportivi maschili e femminili e associazioni dei corridori di ambo i sessi, SafeR serve per migliorare la sicurezza delle competizioni maschili e femminili del calendario internazionale dell’UCI.

    Visto l’aumento degli incidenti, si è convenuto sulla necessità di un approccio più strutturato e sistematico per garantire la sicurezza. La collaborazione è stata ritenuta essenziale per raggiungere questo obiettivo e consentire a tutte le parti di contribuire al miglioramento della situazione. Poco importa che esistessero già una Commissione strada in ogni Federazione nazionale e che ogni percorso debba essere verificato dall’UCI prima di ricevere l’approvazione. Dato che (evidentemente) chi già c’era lavorava male o non lavorava affatto, anziché sostituirlo, si è deciso di sovrapporgli un’altra struttura che chiaramente ha dei costi.

    Delfinato, tappa neutralizzata per una caduta di gruppo su strada bagnata
    Delfinato, tappa neutralizzata per una caduta di gruppo su strada bagnata

    Nasce il SafeR Analyst

    Parallelamente alle misure sopra citate, nasce la figura dei SafeR Safety Analyst. Saranno nominati da ciascuna delle parti interessate e dovranno rivedere le misure di sicurezza messe in atto dagli organizzatori, in particolare per quanto riguarda le sezioni problematiche dei percorsi di gara. Questo comprenderà raccomandazioni sui tracciati e gli interventi necessari, nonché la formazione sulle migliori pratiche da adottare. Inoltre gli analisti esamineranno le abitudini e le politiche all’interno dei team, per garantire che gli stessi si assumano la responsabilità della sicurezza dei propri atleti, sia in gara che in allenamento.

    Gli analisti inoltre accederanno al database degli incidenti di gara dell’UCI, per garantire una raccolta dei fattori che contribuiscono agli incidenti e agli incidenti di gara. Questo li porterà a proporre misure correttive basate su fatti e dati oggettivi.

    Questo il casco Giro della Visma, approvato dall’UCI e poi messo sotto osservazione: SafeR si occuperà anche di materiali
    Questo il casco Giro della Visma, approvato dall’UCI e poi messo sotto osservazione: SafeR si occuperà anche di materiali

    Valutazione dei materiali

    Altro caso di apparente sovrapposizione: SafeR lavorerà con partner riconosciuti per la loro competenza scientifica per effettuare studi su vari pezzi di attrezzatura. Questo ruolo, come già spiegato in un precedente articolo, viene già svolto dalla WFSGI, l’organizzazione mondiale che si occupa dei rapporti tra UCI e aziende in tema di nuovi materiali, ma evidentemente l’interazione è ritenuta insufficiente. SafeR lavorerà per definire quali misure potrebbero essere utili sul fronte dei materiali per ridurre il rischio di incidenti e cadute.

    I risultati di questi studi potrebbero portare a nuove normative e alla revisione delle specifiche delle attrezzature usate in competizione o all’introduzione di specifiche per altre attualmente non regolamentate. E al rafforzamento delle procedure di autorizzazione (a pagamento) prima dell’approvazione dell’utilizzo in competizione.

    La caduta provocata da Maciejuk al Fiandre del 2023 fece invocare l’adozione dei cartellini gialli
    La caduta provocata da Maciejuk al Fiandre del 2023 fece invocare l’adozione dei cartellini gialli

    Il sistema dei cartellini gialli

    Dal primo agosto e fino al 31 dicembre sarà introdotto un sistema di “cartellini gialli” nelle gare professionistiche maschili e femminili. Essi rappresenteranno una sanzione, ma non esisteranno fisicamente: saranno elencati nel comunicato ufficiale pubblicato dopo l’arrivo.

    L’idea è che generino un effetto dissuasivo nei confronti di chiunque faccia parte del convoglio di gara (corridori, direttori sportivi, medici, altri conduttori e motociclisti) e che tenga comportamenti che mettono a repentaglio la sicurezza della manifestazione. Inoltre, il sistema mirerà a responsabilizzare le persone del seguito. Verrà infatti introdotto il monitoraggio dei comportamenti scorretti nel tempo, incoraggiando di conseguenza comportamenti rispettosi.

    La casistica dei comportamenti pericolosi è già compresa nell’articolo 2.12.007 del Regolamento UCI (da pagina 104). In futuro sarà possibile imporre il cartellino giallo sia in aggiunta alle altre sanzioni sia come sanzione autonoma. E’ già prevista anche la possibilità di squalificare un corridore: essa rimarrà anche quando entrerà in vigore la nuova normativa.

    Hansen, presidente del CPA (qui nella neve di Livigno con Salvato), ha espresso soddisfazione
    Hansen, presidente del CPA (qui nella neve di Livigno con Salvato), ha espresso soddisfazione

    In vigore dal 1° gennaio

    Durante il periodo riservato al test, i cartellini gialli non determineranno alcuna sanzione, anche se la loro… distribuzione evidenzierà ugualmente le abitudini dei soggetti che li avranno ricevuti. Per tutto il 2024 continueranno ad essere applicate le sanzioni già esistenti, fra cui multe, sottrazioni di punti UCI, retrocessioni e squalifiche. Alla fine della stagione 2024, SafeR effettuerà una valutazione completa del sistema del cartellino giallo prima di presentarlo al Consiglio del ciclismo professionistico e poi al Comitato di gestione dell’UCI.

    Dal primo gennaio, il sistema sarà esteso agli eventi UCI ProSeries, alle Olimpiadi, ai campionati del mondo UCI e ai campionati continentali. L’UCI manterrà una banca dati dei cartellini gialli emessi: il loro accumulo in un periodo definito comporterà le sanzioni indicate nella tabella che segue.

    Ecco la tabella delle infrazioni e delle pene che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2025
    Ecco la tabella delle infrazioni e delle pene che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2025

    Auricolari in gara

    Si parla di sicurezza anche nella decisione presa riguardo l’uso degli auricolari in gara, dato che a detta di molti alcune cadute sono causate dall’impossibilità di concentrarsi a causa delle continue comunicazioni.

    L’UCI ha deciso di testare gli effetti di una restrizione del loro uso in alcune gare di un giorno e a tappe ancora da definire. Oltre a essere causa di distrazione, SafeR si è soffermata sul rischio costituito dall’oggetto collocato sulla schiena in caso di caduta e sulle conseguenze delle continue chiamate di tutte le squadre affinché i loro uomini si spingano in testa alla corsa. 

    I report delle parti coinvolte verranno raccolti e analizzati per studiare gli effetti di questa limitazione, valutando anche misure intermedie, come ad esempio la limitazione nel loro uso a due corridori per squadra o la collocazione della radio stessa al di sotto della sella (dove già viene collocato il transponder).

    Nelle volate stesso tempo per tutti se il distacco dal corridore che precede è inferiore ai 3 secondi
    Nelle volate stesso tempo per tutti se il distacco dal corridore che precede è inferiore ai 3 secondi

    Volate e distacchi

    Tra le nuove misure di sicurezza ci sono infine quella legata alla cosiddetta regola dei “3 chilometri” in caso di arrivo di gruppo e al calcolo dei distacchi negli arrivi di gruppo compatto.

    La regola dei tre chilometri fu introdotta nel 2005 e sembrò una salvezza rispetto a quando la neutralizzazione dei finali avveniva solo nell’ultimo chilometro. Essa prevede che in caso di caduta, problema meccanico o foratura negli ultimi tre chilometri, il corridore venga classificato con il tempo del gruppo nel quale si trovava al momento dell’incidente. La novità prevede che in caso di necessità dovuta a particolari condizioni ambientali, concordando la variazione prima dell’inizio della gara, si possa portare questa distanza fino a 5 chilometri. In teoria questo ridurrà la pressione sui corridori nelle fasi che precedono lo sprint.

    Per lo stesso motivo potrebbe cambiare il metodo di calcolo dei distacchi negli arrivi di gruppo. La regola attuale, varata nel 2018, prevede che i corridori vengano tutti classificati con lo stesso tempo, a meno che fra due atleti non ci sia un distacco superiore a un secondo. In tal caso, i corridori alle spalle del secondo corridore saranno classificati con quel ritardo. Per casi eccezionali e su richiesta dell’organizzatore, era tuttavia possibile aumentare quel gap a 3 secondi. SafeR ha chiesto di aumentare tale distacco (3 secondi) per tutti gli arrivi di gruppo. In questo modo durante la stessa volata, i corridori ad essa estranei non saranno costretti a restare incollati alla ruota che li precede, riducendo i fattori di rischio.

    Kajamini lancia la sfida a Widar: domani si sale di nuovo

    13.06.2024
    5 min
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    Il giorno dopo la scivolata che ha coinvolto i ragazzi della MBH Bank-Colpack-Ballan e due dopo il primo arrivo in salita di Pian della Mussa, domani la strada tornerà a salire. La continental bergamasca si trova con entrambi i suoi capitani ancora in classifica, Kajamini settimo a 1’07” (foto NB Srl in apertura) e Novak due secondi più indietro. Dopo la scalata in terra piemontese il gruppo è arrivato in Lombardia, da dove partirà la tappa regina di questo Giro Next Gen: la Borgo Virgilio-Fosse. 

    Il primo arrivo in salita del Giro Next Gen è andato a Jarno Widar (foto LaPresse)
    Il primo arrivo in salita del Giro Next Gen è andato a Jarno Widar (foto LaPresse)

    Contenere i danni

    Florian Kajamini è anche il miglior italiano in classifica, gli azzurri più vicini sono Pinarello e Scalco, il duo della Vf Group Bardiani è lontano più di un minuto. Il corridore della MBH Bank-Colpack fa il punto a metà Giro, prima di tornare a dare battaglia sulle rampe di Fosse. 

    «Nella tappa di Pian della Mussa – racconta lucidamente Kajamini – il belga della Lotto Dstny Devo, Jarno Widar, aveva un diavolo per capello. Ha piazzato diversi scatti prima di portare via un terzetto e poi vincere in solitaria. Novak ed io siamo stati bravi a resistere e limitare i danni, accumulando solamente 27 secondi. Personalmente non mi sentivo molto bene, avevo un po’ le gambe ingolfate, colpa della quota probabilmente. Appena si superano i 1.500 metri soffro un po’ e a Pian della Mussa la parte più dura della salita era dai 1.600 metri in su».

    Kajamini e Novak hanno contenuto i danni, perdendo solo 27″ da Widar (foto NB Srl)
    Kajamini e Novak hanno contenuto i danni, perdendo solo 27″ da Widar (foto NB Srl)

    Non rispondere

    Jarno Widar ha conquistato la maglia rosa proprio sulle rampe di Pian della Mussa. Ha rifilato 21 secondi a Toussaint e Rondel, rispettivamente dei devo team della Intermarché e della Tudor. Il vantaggio in classifica è figlio anche della crono di Aosta, dove Widar è stato il migliore degli uomini di classifica. 

    «Widar stava davvero molto bene – continua Kajamini – era in giornata di grazia. Come si dice in questi casi “non sentiva la catena” quindi era importante non perdere troppo tempo. La salita non era delle più dure, lunga sì ma non impossibile. Nei 19 chilometri di ascesa c’erano tanti “risciacqui” che permettevano di respirare. La parte più impegnativa erano gli ultimi tre chilometri, tutti aspettavamo quel punto. Il ritmo è stato parecchio elevato fin da subito, tanto che la scalata finale l’abbiamo iniziata con un gruppo di una ventina di corridori. Come detto non stavo nemmeno troppo bene, forse anche per l’altura. Poi io sono uno che esce con il passare dei giorni, quindi guardo con fiducia a domani».

    La squadra è pronta

    I ragazzi della MBH Bank-Colpack stanno lavorando in maniera ottimale e sono in linea con il programma dettato dal diesse Gianluca Valoti

    «Per la squadra è importante che Novak ed io siamo riusciti a rimanere in classifica – spiega – stiamo andando bene. Tutti stanno andando forte: Nespoli, Ambrosini, Bagatin e Valent sono sempre accanto a noi. Il lavoro in altura sembra aver pagato, ora tocca a noi farci valere e vedere».

    «In classifica siamo tutti vicini, tra il secondo che è Rondel e Novak, ottavo, ballano solamente 30 secondi. Tutto è ancora da decidere e la tappa di domani prevede cinque salite vere con la scalata finale di Fosse che misura 9 chilometri con pendenza media dell’8,5 per cento. Li si potranno fare i primi danni e noi siamo in due, questo gioca a nostro favore».

    La maglia rosa rimane saldamente sulle spalle del giovane belga (foto LaPresse)
    La maglia rosa rimane saldamente sulle spalle del giovane belga (foto LaPresse)

    Tanto spavento per nulla

    Intanto nella tappa di ieri con arrivo a Borgomanero Kajamini e Novak sono rimasti coinvolti in una caduta ai meno 40 chilometri dal traguardo. In tanti sono finiti a terra ma per fortuna non ci sono stati danni. 

    «Ho giusto qualche escoriazione al ginocchio – dice Kajamini – ma sto bene. Nei chilometri finali c’è stata questa caduta di gruppo causata da due ragazzi che si sono toccati le ruote. Eravamo anche abbastanza davanti, intorno alla trentesima posizione. Alla fine non esistono tappe tranquille, quella di ieri era facile dal punto di vista altimetrico ma poi si è rivelata tanto nervosa. C’è stata anche una caduta nella volata finale. In giornate come queste è importante portare a casa la pelle, noi ci siamo presi un bello spavento. Anche oggi (frazione totalmente pianeggiante, ndr) toccherà tenere gli occhi aperti».

    «Le gambe – conclude – girano bene, queste tappe possono aiutarci a sbloccare un po’ il motore, ma la risposta vera arriverà domani. Intanto ci godiamo il passaggio da casa, visto che si parte da Bergamo (inizio previsto per le 13, ndr) vedremo di ben figurare».

    Sastre incorona Carlos Rodriguez. Al Tour per il podio?

    13.06.2024
    4 min
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    Alla fine, zitto zitto com’è nel suo stile, Carlos Rodriguez è arrivato quarto al Criterium du Dauphiné. Lo spagnolo è un regolarista, ma di una sostanza potremmo dire alla Indurain, tanto per restare nella penisola iberica e scomodare un gigante. Una sostanza e un rendimento che non hanno lasciato indifferente neanche Carlos Sastre, che un Tour lo ha vinto: quello del 2008.

    «Non ci sono molti corridori spagnoli di altissimo livello oggi – ha detto Sastre ad Europa Press – ma quelli che ci sono, sono davvero molto bravi. Penso a Carlos Rodriguez e a Juan Ayuso. Sono corridori combattivi, che entrano bene in gara e, nonostante siano giovani, hanno già esperienza. Non ho dubbi che lotteranno per darci di nuovo grandi gioie».

    Carlos Sastre (classe 1975) ha vinto il Tour 2008, oggi ha un grande negozio di bici ad Avila
    Carlos Sastre (classe 1975) ha vinto il Tour 2008, oggi ha un grande negozio di bici ad Avila

    Avanti così

    Dopo il suo ormai classico avvicinamento al Tour de France, il corridore della Ineos Grenadiers era andato al Delfinato con lo scopo di rifinire la preparazione. E forse ha reso anche meglio di quel che lui stesso si aspettava. Tanto che dopo la vittoria ottenuta nella tappa finale a Plateau des Glières (nella foto di apertura) è stato più loquace del solito.

    «E’ una vittoria che aiuta molto a rafforzare la mia fiducia – ha detto Rodriguez – nell’ultima tappa abbiamo fatto un buon lavoro di squadra, stavo molto bene. In generale concludo questa gara in buona forma e con grande ottimismo per il futuro. Il buon lavoro fatto nella salita finale ha detto di una Ineos che funziona alla perfezione, tutto è andato secondo i programmi. La preparazione è stata buona».

    Tra l’altro si parla non poco del grande feeling tra lui e Laurence De Plus, mentre Pidcock, altro capitano designato della Ineos Grenadiers al Tour, dal Giro di Svizzera non ha lanciato grandi segnali di amicizia. «Sono io quello che deciderà come voglio che sia il mio Tour», le sue parole.

    Per Carlos Rodriguez ancora qualcosa da mettere a punto a crono
    Per Carlos Rodriguez ancora qualcosa da mettere a punto a crono

    L’erede di Sastre

    Ma torniamo a Carlos Rodriguez. «Nel caso di Carlos – ha ripreso Sastre – l’anno scorso è stata un’esperienza unica per lui. Quest’anno arriva al Tour appunto con quell’esperienza che è stata estremamente importante, gli ha mostrato molte cose. Carlos è stato colui che è rimasto più vicino a Vingegaard e Pogacar e magari si è avvicinato ancora un po’».

    In qualche modo i due Carlos si somigliano: entrambi amano andare di passo, non sono esplosivi, vanno molto forte a crono. Forse Rodriguez è un po’ più scalatore di Sastre, ma oggi poi queste etichette – cronoman, scalatore – contano poco quando si parla di classifica nei grandi Giri. Bisogna andare forte su tutti i terreni.

    «Rodriguez è completo e come detto si è avvicinato a Vingegaard e Pogacar e per questo credo che in un modo o nell’altro potrà esserci», riferendosi presumiamo al podio. E ancora: «E’ emozionante vederlo in azione».

    Podio possibile?

    Davvero quindi Carlos Rodriguez può puntare al podio del Tour? Facciamo “due conti”. Da inizio anno ha mostrato grande solidità. La sua preparazione non ha avuto intoppi e tutto è filato secondo programma. E’ stato un crescendo rossiniano: trentunesimo al Gran Camino, ventottesimo alla Parigi-Nizza, secondo ai Paesi Baschi, primo al Romandia. E quarto al Delfinato.

    Di certo Carlos Rodriguez fa parte della schiera di atleti subito alle spalle dei due ultimi dominatori del Tour. Come si è visto anche al Delfinato la lotta con Roglic è stata quasi alla pari. Molto simili in salita: più esplosivo Roglic quando stava bene, ma più solido Carlos alla distanza.

    Lo spagnolo ha pagato qualcosa contro il tempo: ì deve crescere ancora un po’. Al Delfinato ha ceduto un minuto allo sloveno, ma solo nella crono aveva già perso 1’02”(abbuoni esclusi entrambe le parti).

    E a proposito di Roglic, chi era sul posto ha notato che la defaillance dello sloveno indirettamente abbia dato un grande impulso a Rodriguez, rimasto del tutto stupito dalla controprestazione della Bora-Hansgrohe. «Sono stati fortissimi per tutta la settimana non immaginavamo di batterli», ha detto Carlos ai suoi. Un tarlo di ottimismo che chi lo conosce, assicura, ha messo in cascina pensando al Tour.