CATTOLICA (RN), Ilaria Sanguineti non è solo un’atleta che molti team vorrebbero nel proprio organico, ma è anche un’appassionata di bici e della sua tecnica, competente e preparata, coinvolgente con la sua simpatia e disponibilità.
Con lei abbiamo fatto una chiacchierata in occasione della Granfondo Squali Trek di Cattolica, dove è stata ospite e ha pedalato con il gruppo sotto il diluvio.


Quale è la bici di Ilaria Sanguineti?
Principalmente la Madone, ma il team ci ha messo a disposizione anche la Emonda. Per le mie caratteristiche e per i compiti che devo svolgere, la Madone è più adatta, la sento più mia. Ad esempio alla Vuelta ho usato la Emonda in diverse tappe, visto la tanta salita che abbiamo affrontato.
Come è montata?
La trasmissione ed i freni sono Sram Red. Davanti uso sempre la combinazione 52-39 con il misuratore di potenza. La scelta dei pignoni invece dipende dai percorsi. Di solito chiedo la scala 10-28 oppure 10-33. Quest’ultima soluzione è quella che uso nella bici da allenamento che tengo a casa. Le ruote sono Bontrager e le più utilizzate sono quelle con il profilo da 51, ma onestamente le 62 sono quelle che preferisco. Bello vederle montate, sono un vestito perfetto per la Madone. I tubeless da 28 sono quelli più utilizzati, oppure i copertoncini sulla bici da allenamento.


La home bike, come la chiami tu, è uguale a quella da gara?
Il telaio è lo stesso, non cambia nulla. E’ diverso invece il manubrio. Su quella da gara uso la versione integrata, bellissima anche da vedere, invece su quella da allenamento l’attacco e la piega non sono un blocco unico, ma le misure restano ovviamente invariate.
Un confronto con la bici che usavi in precedenza, cosa è cambiato?
La reattività della Madone mi ha lasciato di stucco fin dalla prima volta che l’ho utilizzata. Sempre pronta a cambiare passo, rigida e agile al tempo stesso, molto veloce e gratificante da spingere al limite anche in discesa. A me piace andare forte in discesa. Ovviamente non è la bicicletta delle grandi e interminabili salite, ma è perfetta per buona parte delle situazioni che incontriamo in gara e per i compiti che devo assolvere.


Invece per quanto concerne i rapporti?
E’ cambiato molto anche in questo senso, ma onestamente, avendo sempre utilizzato le corone 53-39 davanti, per me il cambio non è stato così invasivo. La grossa differenza è il pignone da 10, che non viene quasi mai utilizzato, neppure durante gli sprint più veloci. Viene ingaggiato qualche volta nelle discese quando è fondamentale spingere a fuoco, magari per rientrare sul gruppo davanti, oppure per allungare e cercare di spezzare il gruppo.
Ti piace smanettare sulla bici?
Mi piace tantissimo, è una cosa che ho sempre fatto in passato. Ora in misura minore, ma è per vero che anche le biciclette sono cambiate molto. C’è tanta integrazione che rende più complicate le operazioni meccaniche fatte in casa e poi c’è l’elettronica. Adesso, con il telefonino è possibile regolare il cambio, solo per fare un esempio.


Torneresti ai freni normali?
Direi proprio di no, la differenza con le bici a disco è abissale. Riuserei una bici con i freni caliper solo per curiosità e ripercorrere un po’ il passato.
Invece per quanto riguarda le gomme tubeless, cosa sì e cosa no?
Cosa no, non saprei dire. Da quando utilizzo stabilmente i tubeless non ricordo di aver più forato, neppure sul pavé del Belgio.


Quanti chilometri fai in un anno e quale è la media dell’uscita quotidiana?
Sempre a ridosso dei 30.000 chilometri all’anno, poco più o poco meno. Ogni giorno sono almeno 3 ore di bicicletta, ma ci sono giornate dove starei in bici tutto il giorno, magari senza guardare il misuratore e senza fare tabelle. Sono le giornate in cui la bicicletta diventa un vero e proprio godimento.
Esiste un aspetto noioso del ciclismo?
Noioso è una parola che non mi appartiene e credo che se ami la bicicletta, il ciclismo in genere, la noia non sia un fattore da considerare. Neppure i ritiri sono noiosi, soprattutto quando c’è un bel gruppo.
Un aspetto che, al contrario, reputi particolarmente stimolante?
Mi piace diventare un riferimento quando siamo in gara e diventa palese il fatto che gli altri team stanno a guardare come ci muoviamo noi Trek-Segafredo. Adoro fornire il mio contributo alla vittoria del mio capitano, che in buona parte delle occasioni è Elisa Balsamo: vederla alzare le braccia mi fa stare bene. Così come lavorare a fondo anche per Longo Borghini. Alla Vuelta ho tirato tanto per Gaia Realini e il lavoro ha pagato. Mi piace fare fatica per gli altri.


Qual è l’atleta che ti ha colpito di più?
Ce ne sono due che mi hanno colpito e ogni volta, ancora adesso, mi trasmettono qualcosa. Marianne Vos senza dubbio, ma anche Lizzie Deignan. Marianne Vos era una leader da giovane, un’atleta completa sotto ogni aspetto, dalla guida della bici, fino ad arrivare al carisma ed è così anche oggi che non è più una ragazzina. Lizzie Deignan ha uno stile in bici che non ha nessun’altra, è forte e si percepisce la sua leadership dal solo sguardo. Quando sei sulla bici devi essere anche bella da guardare, non solo forte e lei ha fascino. Ha una personalità esagerata e coinvolgente, senza dimenticare che ha avuto due bambini: una grandissima.