Lenny Martinez si infila nel Tour. E Mauduit spiega

26.06.2024
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Quando lo raggiungiamo, Philippe Mauduit sta guidando verso l’Italia. Il Tour è alle porte e per il responsabile sportivo della Groupama-FDJ si avvicinano giorni importanti. La squadra ha inserito Lenny Martinez all’ultimo momento, nonostante tutto quello che era stato detto al riguardo. E l’annuncio del Covid che ha impedito a Gaudu di partecipare al campionato nazionale accentua la scelta di non avere un team che ruoterà attorno ad un solo uomo. Per questa volta, la Grande Boucle della squadra di Madiot seguirà altri schemi.

Sarà per i trascorsi italiani da corridore, Mauduit è sempre stato più un uomo da Giro d’Italia, anche per il suo gusto personale. Però è innegabile che per lo squadrone che ebbe Pinot e che non ha trovato (finora) in Gaudu un successore all’altezza, la corsa della maglia gialla sia un passaggio cruciale.

Philippe Mauduit ha 56 anni e da quest’anno è responsabile tecnico del team (foto Groupama FDJ)
Philippe Mauduit ha 56 anni e da quest’anno è responsabile tecnico del team (foto Groupama FDJ)
Come mai una squadra così sbarazzina quest’anno, con i due giovani più forti?

Gregoire era previsto da gennaio. A dire la verità, quasi tutti erano previsti da gennaio, Lenny è entrato più tardi nel gioco. Però da un paio di mesi, se guardate bene il suo programma di gare, avevamo anticipato parecchio. Ha fatto l’inizio stagione fino al Catalunya, poi un periodo di riposo. Ha ripreso ad aprile nelle gare di Besançon, Grand Jura e Tour de Romandie, poi di nuovo un periodo di riposo. Quindi è ripartito a fine maggio col Mercantur (che ha vinto, foto in apertura, ndr) e poi il Giro di Svizzera. Volevamo tenerlo fuori perché è ancora giovane, ma sapevamo anche che aveva tanta voglia di esserci. E guardando come ha gestito la sua stagione, abbiamo pensato che avendo avuto il programma ideale di preparazione, non avremo niente da perdere. Noi e tantomeno lui.

Lenny ha solo sette mesi meno di Gregoire: basta questo poco tempo per fare la differenza nelle scelte?

In tutte le categorie, Lenny ha sempre gareggiato contro ragazzi che avevano quasi un anno di più. Romain è molto più maturo fisicamente, anche nel suo modo di affrontare le corse. Per questo con Lenny ci siamo andati un po’ più tranquilli.

Amorebieta, così Gregoire ha centrato la sua ultima vittoria (finora) ai Paesi Baschi
Amorebieta, così Gregoire ha centrato la sua ultima vittoria (finora) ai Paesi Baschi
Resta il cambio di impostazione. Non più tutti per uno…

A gennaio abbiamo iniziato a dire che non vogliamo una squadra legata al 100 per cento al suo capitano, ma una squadra combattiva che corra con l’istinto e la voglia di vincere tappe. In più Gaudu ha avuto un problema di Covid al Delfinato, come molti altri, e sappiamo tutti che questo non è facile da affrontare. Dipende del carico virale, c’è qualcuno che dopo dieci giorni non ha più sintomi e qualcuno che invece rimane fiacco per due o tre settimane. Guardando come sta recuperando, abbiamo pensato di portarlo comunque al Tour. L’ha avuto da più di dieci giorni, ora si sta allenando bene. Eravamo anche incerti se dirlo o meno, ma poiché questo gli ha impedito di correre il campionato nazionale, abbiamo pensato di dare una spiegazione, prima che tutti cominciassero a chiedersi perché mai non lo avesse corso.

Cosa pensi di un Tour con le prime due tappe molto dure e il Galibier il quarto giorno?

E’ un tour un po’ particolare. Alla sera della quarta tappa nessuno lo avrà ancora vinto, penso, ma qualcuno lo avrà già perso. Questo di sicuro. C’è anche la tappa con le strade bianche che sarà molto impegnativa, perché i settori sono lunghissimi. E’ un disegno un po’ particolare (dice dopo una pausa di perplessità, ndr), ma proprio per questo si può pensare che ci sarà animazione per tutto il Tour. Chi sarà andato male nella prima settimana, nella seconda e nella terza andrà per vincere le tappe. Ci sarà spettacolo e insieme ci sarà la lotta per la maglia gialla.

Stefan Kung, di nuovo campione svizzero, va al Tour con la sfida di due crono e poi quella di Parigi (foto Instagram)
Stefan Kung, di nuovo campione svizzero, va al Tour con la sfida di due crono e poi quella di Parigi (foto Instagram)
Che cosa faranno i vostri due giovani? Martinez ha il sogno della maglia a pois da regalare a suo nonno…

Con Lenny non si sa mai. Lui è molto grintoso, non fa ciclismo per passeggiare, ma per vincere. Per andare avanti e migliorare in tutto. Non parliamo di classifica generale ovviamente, però nei primi giorni e anche con questi disegni del percorso, qualcosa potrebbe inventarsi. Ovviamente anche Gregoire viene per fare la prima sua esperienza del Tour e con l’obiettivo di puntare a qualche tappa.

Tutta la Francia li aspetta per la maglia gialla?

La gente è sempre orgogliosa, così c’è chi pensa e chi invece lascia parlare le emozioni. Sapete come sono i tifosi, loro aspettano il successore di Bernard Hinault (ultimo vincitore francese del Tour nel 1985, ndr) e non hanno pazienza. Però dobbiamo essere onesti. Con Pogacar, Vingegaard e Roglic questi bimbi hanno ancora tanto da imparare.

Si può fare una domanda un po’ maligna?

Certo.

Gaudu ha corso il Delfinato sotto tono e ne è uscito con il Covid, come anche altri
Gaudu ha corso il Delfinato sotto tono e ne è uscito con il Covid, come anche altri
Si dice che Lenny Martinez cambierà squadra: è stato portato per averlo almeno in un Tour?

Non credo che il suo contratto sia stato definito, anche perché il regolamento dice che prima del primo agosto non c’è possibilità di firmare contratti. Da noi in Francia di solito succede il contrario. Tante volte le squadre che non hanno confermato un corridore non lo fanno partecipare al Tour. Se guardi il passato, è sempre stato così. Noi non siamo nella stessa situazione, non si tratta di sfruttare Lenny per almeno un Tour. Il nostro obiettivo è solo sportivo.

Come ti trovi nel tuo nuovo ruolo?

Non è sempre facile. Sin da gennaio c’è stato tanto lavoro da fare, tanti cambiamenti di programma. Nonostante ciò, abbiamo due vittorie di più dell’anno scorso. Quello che mi dispiace è che stiamo scendendo un po’ nella classifica del WorldTour e anche se non guardiamo mai i punti, non è bello. L’obiettivo di fine stagione è ritrovare il nostro posto e continuare a gareggiare per vincere.

Oltre alla nuova bici da crono per Kung, la Groupama porta al Tour la nuova Wilier Verticale (foto Groupama FDJ)
Oltre alla nuova bici da crono per Kung, la Groupama porta al Tour la nuova Wilier Verticale (foto Groupama FDJ)
Per te che sei mezzo italiano che effetto fa il Tour che parte da Firenze?

Io non sono appassionato del Tour, preferisco il Giro. A dire tutta la verità, ho più passione per la cultura italiana che per la cultura francese, anche se la storia in Francia è ugualmente importante. Anche noi abbiamo qualche scrittore, pittore, artisti bravissimi che mi appassionano, ma l’Italia per me ha un sapore particolare. Sono molto felice quando ci vado e credo che vivere questi giorni tra Firenze e tutte le città che attraverseremo, sarà speciale. Cesenatico, il paese di Pantani: questo per me è molto importante. Adesso posso farla io una domanda un po’ maligna?

Certo.

Sarebbe stato possibile destinare i soldi spesi per portare il Tour a Firenze per creare una squadra italiana?

E cosa vuoi rispondergli? Probabilmente no, quello non interessa. Sono soldi pubblici, come i miliardi stanziati per le Olimpiadi invernali, mentre ad esempio ci sono ancora case distrutte dal terremoto di otto anni fa che aspettano di essere ricostruite. Non roviniamoci la festa Philippe, ci vediamo a Firenze…

Il Tour della rinascita. Bernal vuole tornare… Bernal

26.06.2024
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Per certi versi passa inosservato e potrebbe questo essere anche un vantaggio. A Firenze, tra i partecipanti al Tour de France ci sarà anche Egan Bernal e già questo è un risultato eccezionale se si ricorda quanto gli è accaduto nel gennaio 2022. Parliamo di uno che il Tour l’ha vinto, nel 2019, di uno che sembrava destinato a collezionare grandi giri come caramelle, di uno che era accreditato, in quel maledetto mese, della fama di più grande avversario di Tadej Pogacar, quando ancora Vingegaard era solo un giovane di belle speranze.

C’è voluto tanto tempo per Bernal per tornare a essere Bernal. Forse oggi, per la prima volta, si può dire che il colombiano stia tornando se stesso, solo che sono passati oltre due anni che in questo ciclismo sono un secolo, un lasso di tempo nel quale moltissimo è cambiato e allora il colombiano resta un oggetto quasi sconosciuto, imponderabile.

Bernal è sempre fra i più amati dai tifosi, anche per tutto quel che ha passato
Bernal è sempre fra i più amati dai tifosi, anche per tutto quel che ha passato

Giovanni Ellena, diesse della Polti Kometa conosce bene Bernal, al quale è legato da una sincera amicizia e prima di parlare delle sue possibilità nella Grande Boucle ci tiene a sottolineare un aspetto che non deve mai essere dimenticato: «Il fatto che Egan sia qui è un miracolo. Quando ha avuto l’incidente era dato quasi per morto, la stessa ripresa come essere umano prima che come ciclista sembrava un miraggio. Invece oggi è qui e questa, a prescindere da come il Tour finirà, è una grande vittoria».

Tu gli sei stato vicino anche nei momenti immediatamente successivi al gravissimo incidente?

La sera stessa chiamai la madre che mi disse con molta schiettezza che c’era da far passare la notte per capire se all’indomani Egan ci sarebbe stato ancora. Eravamo a questo punto. A inizio stagione, tornando in aereo da O Gran Camino ci siamo ritrovati fianco a fianco e abbiamo parlato, ci siamo raccontati le nostre peripezie (anche Ellena è caduto durante un’escursione in montagna e ha rischiato di non camminare più, ndr). Entrambi abbiamo non so quante viti che tengono insieme il nostro corpo, ma per lui è diverso. Parliamo di uno sportivo, un ciclista, pensate che cosa significa gareggiare nelle sue condizioni…

Bernal ha vinto il Tour nel 2019 battendo Thomas e Kruijswijk, poi ha trionfato al Giro 2021
Bernal ha vinto il Tour nel 2019 battendo Thomas e Kruijswijk, poi ha trionfato al Giro 2021
Eppure sembra davvero che stia tornando lui, si è visto anche al Giro della Svizzera chiuso al quarto posto.

E’ a buon punto, io dico che è quasi come prima, solo che adesso ci sono fenomeni in giro e non solo loro a ben guardare. La concorrenza è spaventosa. Ma lui è tornato a un livello importante, in Svizzera l’ho visto andare davvero forte, ha trovato anche una notevole costanza di rendimento, finendo ogni corsa a tappe sempre nelle prime posizioni.

L’impressione guardandolo è che siamo di fronte a un corridore che si sta ancora scoprendo e che per questo corre molto coperto, senza prendere iniziative com’era solito fare…

Non è che corra in maniera passiva, è che deve capire ancora dove può arrivare. Ora pensa di più prima di attaccare. Io credo che tutto quel che ha passato l’abbia fatto maturare, ma dal punto di vista psicologico e mentale deve ancora fare un piccolo scatto per tornare completamente quello di prima. Al Tour correrà insieme a due altri capitani, si spartiranno i compiti e questo sarà un aiuto, potrà capire durante la corsa che cosa potrà fare. E’ però consapevole che, in mezzo ai più forti, a quelli che lottano per i quartieri alti della classifica ci può stare.

Il colombiano con Pogacar: dovevano essere grandi rivali a Giro e Tour, l’incidente ha rovinato tutto
Il colombiano con Pogacar: dovevano essere grandi rivali a Giro e Tour, l’incidente ha rovinato tutto
Credi che potrà un giorno tornare a competere ad armi pari con Pogacar e Vingegaard?

E’ una domanda alla quale potrà rispondere solo il tempo. Noi (mi ci metto in mezzo come suo amico ed estimatore) possiamo solo sperarlo. Il fatto è che il ciclismo corre, oggi è già differente rispetto al gennaio 2022. Io però confido nella sua capacità di adattamento: al Tour ad esempio ci sarà una tappa dove si andrà oltre i 2.000 metri, io penso che quello sia il suo pane e se sarà in forma metterà alla frusta gli altri. Tenendo sempre presente che in giro troverà veri fenomeni.

Lui se ne rende conto, di questo cambiamento?

Sì, ma non è uno che si adatta. Voglio dire che non è tornato in bici, si è sacrificato settimane, mesi, anni per essere uno che porta le borracce. Ha grandi ambizioni, vuole emergere e se è lì sa di poterlo fare. Non è uno che si adagia sulla mediocrità. E’ un leader, esattamente come quando vinceva Giro e Tour quindi mi aspetto che sia lì davanti.

Dopo il Tour Egan sarà a Parigi il 3 agosto nella gara olimpica, insieme a Daniel Martinez
Dopo il Tour Egan sarà a Parigi il 3 agosto nella gara olimpica, insieme a Daniel Martinez
Pensi che essere stato scelto per la gara olimpica del 3 agosto, insieme a Daniel Martinez, gli abbia dato motivazione in più?

Non credo, non ne ha bisogno. E’ sempre onorato se può vestire la maglia della nazionale e anche su un percorso certamente non proprio adatto alle sue caratteristiche farà il massimo per essere degno di quella maglia della nazionale, ma non ha bisogno di incentivi particolari. Bernal li ha già dentro di sé, sono sicuro che freme per la partenza da Firenze, per cominciare la lunga lotta…

Il primo Tour di Gazzoli: il cuore per “Cav” e un angolino per sé

26.06.2024
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Il Tour de France come primo Grande Giro non sarà un’esperienza da poco. Per questo Michele Gazzoli nel parlarne sta un po’ sul chi vive, con la voce che lascia trasparire un’immensa emozione. Un conto è essere inseriti nel gruppo di coloro che lavorano per andare, altra cosa è ricevere una maglia per la corsa più grande che ci sia e per giunta con un compito da far tremare le ginocchia. Aiutare Mark Cavendish, il suo idolo di sempre, a centrare il record di tappe.

«Alla fine siamo lì per lui – dice – alla ricerca della trentacinquesima vittoria. Io avevo i suoi poster in camera. Avevo la sua immagine profilo quando ero bambino. Avevo comprato tutte le sue cose, le sue scarpe, la sua bici, i suoi occhiali. E adesso vado al Tour con il mio idolo per battere un record. Penso che di più non potrei chiedere, no? E’ come uno che cresce guardando Ronaldo e a un certo punto gioca la Champions con lui».

Michele Gazzoli è nato il 4 marzo 1995, è alto 1,80 e pesa 76 chili
Michele Gazzoli è nato il 4 marzo 1995, è alto 1,80 e pesa 76 chili
Quando hai saputo di essere stato convocato?

Martedì scorso, una settimana fa. Sicuramente ci speravo, avevo fatto tutto per andare al Tour. Avevo corso in Ungheria, poi il ritiro di Sierra Nevada e alla fine il Delfinato. Tutto con il gruppo Tour, quindi non è stata una sorpresa. C’era una lunga lista. Poi è successo che Schelling si è ammalato e anche Battistella, mentre io stavo bene e alla fine è toccato a me. Però quando me l’hanno detto, ovviamente un piccolo colpo c’è stato. Insomma, sto andando al Tour de France…

E’ la corsa dei sogni?

Nel mondo del ciclismo, sappiamo tutti che il Tour è il Tour. E’ la corsa che guardi per forza, che ti fanno vedere le immagini e i risultati da tutte le parti. Arrivi a sera e in qualche modo hai saputo chi ha vinto la tappa. In più mettiamoci questa cosa di Mark e ci vuole un attimo perché diventi la corsa dei sogni.

A Mark hai mai raccontato di quanto fossi suo tifoso?

Certo! Il bello di Mark è che è una persona veramente di cuore, lui ti vuole proprio bene. Prima che essere compagno di squadra, ha la capacità trasmetterti affetto. Io sono giovane, quindi per lui potrei non essere nessuno. La prima volta ci siamo incontrati l’anno scorso in Turchia e io ero super imbarazzato. Vedi il tuo idolo, ci sei in squadra insieme. E invece lui è arrivato e mi ha abbracciato. Sapeva che avevo vinto in Norvegia, sapeva già tutto di me. E io sono rimasto a bocca aperta. Non sono uno che ha dei pregiudizi, però onestamente da fuori vedevo una persona abbastanza distaccata, come è giusto che sia per un campione. Uno così non può essere attaccato a tutti, come fai? Devi sempre prendere quella mezza distanza, sia con la stampa sia con i fans, che ti permette di andare avanti. Per qualcuno puoi sembrare antipatico, ma ora che ho vissuto accanto a lui, ho capito cosa voglia dire essere Mark Cavendish.

E’ il 9 maggio, Cavendish vince in Ungheria: l’abbraccio è con Gazzoli (foto Astana Qazaqstan Team)
E’ il 9 maggio, Cavendish vince in Ungheria: l’abbraccio è con Gazzoli (foto Astana Qazaqstan Team)
Che cosa significa?

Non hai vita. A qualsiasi gara tu vada, hai una folla fuori dal pullman per Mark Cavendish. Lui ci prova ed è cordiale con tutti, però trovi sempre il momento… Siamo esseri umani! Quindi è molto meglio di come me l’aspettassi, senza però che mi fossi fatto un giudizio prima. Non lo conoscevo e spesso, quando conosci bene una persona, si rivela meglio di come te l’aspettavi.

Per Michele Gazzoli andare al Tour significa sacrificarsi completamente per Cavendish o ci sarà la possibilità di fare qualcosa per te?

Il primo obiettivo è Mark, sicuramente: su questo non c’è dubbio. Poi anche con la squadra si è detto che se si creerà un’occasione positiva, si potrà provare. Una tappa al Tour ti può cambiare veramente la carriera, la vita.

Avete già studiato le tappe in cui attaccare il record?

Non so dire le tappe esatte, numero per numero. So che le prime due saranno da salvarsi, mentre la terza è già un’ottima occasione. Si va in Pianura Padana che è anche meglio della Francia, perché comunque è veramente tutta piatta. Quindi quella secondo me può essere già una gran bella occasione. Le altre tappe le sta vedendo Renshaw nei vari sopralluoghi. E poi sicuramente, quando saremo lì, faremo tutti un meeting per vedere più approfonditamente tutte le tappe per Cav.

Quando Cavendish punta il Tour, si trasforma. Gazzoli lo ha percepito in ritiro e nelle corse (foto Astana Qazaqstan Team)
Quando Cavendish punta il Tour, si trasforma. Gazzoli lo ha percepito in ritiro e nelle corse (foto Astana Qazaqstan Team)
Sai già quale sarà la tua collocazione nel suo treno?

Dovrei essere davanti a Ballerini. Quindi io, Ballerini, Bol, Morkov e Cavendish. Sarà una bella sfida. Quando si parla di Tour, Cav cambia. Io l’ho proprio visto dal UAE Tour, che era a inizio anno. L’ho visto alle gare in Italia, in Ungheria e l’ho visto a Sierra Nevada. Per il Tour, Cav è un’altra persona. Fa proprio uno switch mentale.

Visto che sei veloce anche tu, da uno come Cavendish sei riuscito a imparare qualcosa?

Ho imparato a fare le volate. Ho fatto con lui lunghi periodi di training camp e abbiamo corso parecchie volte insieme. L’ho vissuto tanto e alla fine impari. Un conto è fare le volate da under 23 che alla fine vinci con la forza senza grandi tatticismi. Invece con lui ho visto come si crea una volata, cosa devi fare. E’ una cosa completamente diversa da come le facevo io. Sprecavo un sacco di energie, poi sul più bello non ne avevo più. Cav invece ti parla in radio, ti dice quello che devi fare e a forza di farlo, impari come muoverti. L’ho visto al Delfinato, nella prima tappa che ha vinto Pedersen.

Come è andata?

Ho fatto un buon risultato (sesto, ndr), ma non era certo la mia volata perché era in discesa e negli ultimi 5 chilometri abbiamo fatto i 103 all’ora. Ho preso tante botte e non sono stato capace di uscire. Però avevo in testa ciò che avevo imparato da Mark su come si fanno le volate e quanto dovevo aspettare. Perché alla fine per vincere devi saper aspettare e quel giorno alla fine non mi è uscita una super volata, perché sono rimasto chiuso, ma prima non l’avrei neanche fatta.

Gazzoli è rientrato alle corse ad agosto 2023 e al secondo giorno di gara, ha vinto alla Arctic Race of Norway
Gazzoli è rientrato alle corse ad agosto 2023 e al secondo giorno di gara, ha vinto alla Arctic Race of Norway
Senza rivangare episodi poco felici, avresti mai immaginato di passare in un anno dalla sospensione al Tour de France?

Ne stavo parlando anche con il mio preparatore, con Mazzoleni, che c’è sempre stato e mi ha sempre dato una mano anche quando ero lontano. Continuo a dire che la sospensione sia stata una cosa giusta. C’è un regolamento, non l’ho rispettato e mi sono meritato quello che è venuto (Gazzoli è stato squalificato per aver usato uno spray nasale non consentito, ndr). Anzi, sarebbe stata una cosa sbagliata non essere punito, perché avrei creato un precedente. Però ovviamente quando vedi tutto buio, è normale starci male. E sicuramente non pensavo che in così poco tempo avrei raggiunto obiettivi tanto grandi.

Il Tour sarà il tuo primo Grande Giro, cosa metti nella valigia?

L’ho appena fatta e continuo a pensare di aver dimenticato qualcosa, perché mi pare tanto leggera. E’ vero, sarà un debutto col botto, per cui se ho portato qualcosa in meno avrò diritto al perdono. Partiamo per 21 giorni, in più a Firenze ci daranno un sacco di materiale nuovo. Io per non sbagliare il casco e le scarpe li ho. E poi c’è una cosa che mi porto dietro da quest’anno ed è il mio portafortuna: un elastico della mia ragazza, che mi ha regalato prima di andare in Australia. Diciamo che ogni volta controllo che ci sia. Anche se non lo vedo ogni volta che apro la valigia, mi piace sapere che c’è. Ma vi giuro che sono in ansia, qualcosa ho dimenticato di sicuro…

L’Unbound di Mattia De Marchi: dopo 200 miglia, a 5″ dal podio

25.06.2024
7 min
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Dopo un passato da pro’ che l’ha visto vincere una tappa al Tour of China nel 2016, da diversi anni Mattia De Marchi ha deciso di dedicarsi a tempo pieno al gravel. Una scelta che l’ha portato a vincere la scorsa edizione della famosissima corsa spagnola The Traka, e che quest’anno l’ha fatto volare in Kansas per partecipare al più importante evento gravel al mondo, l’Unbound 200.

Alla fine di una gara tiratissima contro alcuni mostri sacri della disciplina (in apertura, foto Roszko), Mattia è arrivato 5°, a cinque secondi dal podio. Il migliore degli italiani (nel gruppo dei nostri c’era un debuttante d’eccezione: Daniel Oss). Ci ha raccontato com’è andata.

Mattia, cominciamo dall’inizio. Com’è andato il tuo avvicinamento all’Unbound 2024?

Rispetto alle passate tre edizioni anni abbiamo deciso di arrivare molto più all’ultimo, senza viaggiare troppo presto, perché diciamo che l’America non è un posto facile dove allenarsi. L’anno scorso abbiamo passato lì tre settimane prima della gara e alla fine sono arrivato alla partenza che ero già finito. Perché quando sei lì non riesci ad allenarti con i tuoi soliti ritmi, seguendo l’alimentazione alla quale sei abituato, nel tuo ambiente familiare. Quindi questa volta siamo arrivati quattro giorni prima, che andava benissimo anche considerando il fuso orario, visto che la gara parte la mattina molto presto.

E’ stato utile?

Questa freschezza mentale mi è servita moltissimo. Arrivavo da un momento di stress dopo aver rotto il cambio alla fine della The Traka e non aver portato a casa niente. Un evento come l’Unbound è imprevedibile, ti giochi tutto in un giorno solo, possono succedere mille cose. In più quest’anno c’erano almeno 30 corridori che potevano vincere. L’importante è gestirsi a livello mentale.  Infatti nella prima metà di corsa avevo più paura di forare che di staccarmi dal gruppo principale.

Questo però significa che stavi molto bene fisicamente

Devo dire di sì. Mi avevano detto che il percorso sarebbe stato più duro di quello dell’anno scorso, ma io non l’ho trovato così più difficile. Il dislivello totale era maggiore, ma le salite sono comunque molto corte e quindi in realtà non riesci a fare troppa differenza. Poi quest’anno c’è stato anche un po’ controllo e dopo 150 km davanti eravamo ancora in 50, rispetto ai 15-20 delle passate edizioni, questo anche per il livello più alto in generale. Infatti è uscita una gara molto tattica, in cui tutti i favoriti si controllavano.

Tutti tranne un paio…

Lachlan Morton infatti ha corso senza pensare agli altri, a suo modo, seguendo la sua idea, e lo stesso ha fatto Chad Haga. Io invece per una volta – anche d’accordo con i preparatori – ho deciso di rischiare e stare più a ruota possibile. Poi forse se anche li avessi seguiti, gli altri non mi avrebbero lasciato spazio, perché ormai sono abbastanza conosciuto anche in America. Quindi ho deciso di rischiare, cercando di giocarmi il mio jolly più avanti possibile, anche perché in un percorso molto veloce in cui serve tanta forza io con con i miei 60 kg partivo svantaggiato. Quando in effetti me Io sono giocato, a 80 km dall’arrivo, mi sono reso conto che stavo ancora bene. 

Raccontaci un po’ meglio di questo jolly

A 80 km dalla fine c’era l’ultima feed zone, che ormai sono diventate come la Formula Uno. Una volta ci si rilassava, si respirava anche un po’, adesso se ti fermi più di 20 secondi rischi di rimanere indietro e buttare via la gara. Un po’ di esperienza gli anni scorsi l’avevo fatta e appena mi sono accorto che un gruppetto di corridori forti è ripartito prima di me, ho colto l’attimo e ho cercato subito di rientrare da solo. Perché sapevo che quella era un’ottima occasione di entrare in una fuga di qualità, dove è anche più facile andare d’accordo rispetto che in un gruppo con tanti corridori. Sono rientrato senza fare neanche troppa fatica e siamo andati avanti in 6-7 così per un po’, poi anche noi abbiamo iniziato a guardarci e quelli dietro ci hanno raggiunti. Lì mi sono detto che avrei dovuto inventarmi qualcosa.

E cosa hai fatto?

Ho attaccato una prima volta, ma nessuno mi ha seguito, allora mi sono fermato. Poi ho approfittato di un momento di indecisione e mi sono avvantaggiato con Stetina, assieme ad altri due ragazzi. Siamo stati per un bel po’ di chilometri con solo una decina di secondi di vantaggio sugli altri, ma è in quei momenti lì che devi tenere duro, perché poi basta poco per fare la differenza. Infatti col passare del tempo abbiamo preso un bel vantaggio. All’improvviso Stetina si è staccato e così abbiamo perso uno che ci dava una grossa mano. A quel punto ce l’abbiamo messa tutta per ricucire il distacco che avevamo su Morton e Haga, circa 1’30’’. Ma in quei momenti più vai avanti nella gara più è difficile rientrare, soprattutto quando ti trovi davanti gente come loro due, due regolaristi che possono andare avanti all’infinito.  Ormai non avevo molta scelta e dovevo cercare di arrivare al traguardo in meno possibile, ma ai -30 km sono rientrati su di noi 5-6 corridori tra cui Van Avermaet, e la corsa è ricambiata di nuovo. Ci siamo resi conto che i primi due erano andati e quindi sono saltati tutti i possibili accordi.

E qui hai deciso di giocarti il secondo jolly di giornata?

Esatto, ho dovuto inventarmi qualcosa per portare almeno a casa un bel risultato e a 10 km dalla fine ho attaccato ancora. Siamo andati via in tre, poi io a quel punto a dire la verità ero abbastanza stanco, con gli altri due molto forti in pianura e sono riuscito ad arrivare giusto alla fine, dove ho fatto 5°. E’ il mio miglior risultato all’Unbound, dopo il 13° del 2022 e le difficoltà dovute al terreno dell’anno scorso. Quindi devo dire che per me, anche se non ho vinto o centrato il podio, è stata comunque davvero un’ottima giornata.

Wilier Verticale SLR leggerissima ed elegante

25.06.2024
8 min
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La Wilier Verticale SLR è la naturale evoluzione della famiglia Zero SLR, quella che va alla ricerca della massima leggerezza. Una bici “solo” per gli scalatori? A nostro parere c’è molto di più.

Verticale va oltre il progetto bicicletta, perché porta in dote un rinnovato processo di costruzione del telaio, impiegando un blend di fibre composite (sono tre) dalla qualità elevatissima. Non è solo una questione di carbonio, perché la leggerezza della Verticale è ottenuta anche grazie alla cura maniacale delle lavorazioni. E poi le geometrie, tutte diverse rispetto anche a Filante SLR, con taglie che non presentano nessuna sovrapposizione (considerando anche l’esposizione che si ottiene abbinando le diverse misure del manubrio integrato).

Materie prime e lavorazioni di altissima qualità

Entriamo nel dettaglio grazie al contributo di Claudio Salomoni, responsabile dell’innovazione Wilier. «Il carbonio e le resine di alta qualità – spiega – sono più che importanti, fanno la differenza nell’economia prestazionale e nella bontà complessiva del progetto, ma non si riduce tutto alla fibra composita. Sono importantissime anche le lavorazioni e i procedimenti con i quali le materie prime vengono plasmante. Ogni telaio della Wilier Verticale SLR è costruito grazie ad oltre 400 pelli di carbonio ed è un monoscocca vero e proprio. E’ un blocco unico.

«Gli step di crescita e di valore del progetto sono più di uno. Ad esempio la zona della testa della forcella – prosegue Salomoni – ha un design asimmetrico e nel punto dove è ancorata la pinza del freno permette di distribuire meglio le forze che si generano. La testa conica collima con una sorta di inspessimento maggiorato, soluzione che permette di sfruttare la continuità nel posizionamento delle fibre. Non ci sono interruzioni, non ci sono angoli e/o gomiti che possono creare stress. Il tutto si riflette in modo esponenziale sul feeling e precisione di guida».

Verticale SLR, come è fatta

Un monoscocca in carbonio che utilizza un mix di fibre T800, T1100 e M46JB, ognuna applicata in modo specifico in zone dedicate e con orientamento altrettanto specifico. T800 e T1100 sono caratterizzate da resistenza alla rottura, la terza è usata per aumentare la rigidità torsionale. Al pari della laminazione del carbonio all’interno degli stampi, c’è l’innovativo processo Active Molding, che utilizza dei controstampi in polimeri espansi. L’obiettivo è quello di consolidare i materiali e curare ogni singola parte delle tubazioni, azzerando la formazione di arricciature e dopositi di materiale.

Oltre ai dettagli costruttivi e di design citati da Claudio Salomoni, è stato ridisegnato il sistema di blocco del reggisella. La vite lavora diagonalmente e l’intero blocchetto è integrato nel nodo sella (la vite di chiusura è posta nel rinforzo tra piantone ed orizzontale). Il seat-post è sfinato, ma non è rotondo ed ha una sorta di disegno a goccia. Supporta una luce con batteria ricaricabile e lo stesso supporto può essere utilizzato come portanumero. Due gli arretramenti disponibili, 15 millimetri oppure zero off-set.

Una brugola, due asole, doppia possibilità di posizionare il support del deragliatore
Una brugola, due asole, doppia possibilità di posizionare il support del deragliatore

Corone fino a 56 denti

L’attacco del deragliatore non è più rivettato e mobile. Tutta la zona è più leggera rispetto al passato e meno soggetta a stress. Il doppio posizionamento del deragliatore dà modo di supportare corone fino a 56 denti (in ottica WorldTour non è un dettaglio banale).

Rimanendo nella zona della trasmissione, c’è un forcellino sagomato che supporta il bilanciere posteriore. E’ intercambiabile e presenta una sorta di sbalzo all’interno (ricorda quelli UDH, ma è disegnato da Wilier). Ottima scelta, perché il suo disegno tiene lontana la catena dai foderi del telaio e lo stesso forcellino non è soggetto a rotazione. Inoltre, così come è disegnato permette di risparmiare un foro, che andrebbe rinforzato.

Bici sviluppata a braccetto con il Team Groupama-FDJ (foto Wilier)
Bici sviluppata a braccetto con il Team Groupama-FDJ (foto Wilier)

Nuovo concetto per le geometrie

La geometria della nuova Wilier Verticale SLR è completamente differente dalla Zero SLR e dalla Filante SLR, sviluppata grazie alla collaborazione con il Team FDJ-Groupama. Se lo stack (a parità di taglia) è rimasto quasi invariato, il reach è stato modificato profondamente, concentrandosi sul binomio telaio/manubrio.

In linea generale la Verticale SLR nelle taglie più piccole è stata accorciata, mentre per le misure più grandi è stata allungata leggermente. E’ bene considerare che questo nuovo progetto nasce per la competizione, quindi le valutazioni finali partono sempre dalle posizioni più aggressive del corridore.

Cockpit integrato, non solo questione di flare

Un manubrio integrato che colpisce non poco grazie alla sagoma non usuale, bella da vedere e capace di completare il pacchetto Verticale. Un monoblocco in carbonio da 310 grammi dichiarati, dove tutto scorre internamente.

Tra la sezione superiore dove appoggiano i polsi (ed i manettini del cambio) ed i terminali bassi ci sono 3 centimetri di differenza (ad esempio 37 sopra e 40 centimetri sotto, oppure 39 e 42). Ma è la sezione centrale della piega a fare la differenza, con una sorta di gomito che agevola la presa ribassata e lo scarico della forza in fase di sprint e rilancio. Efficiente e funzionale.

Tanta componentistica Miche

Miche è entrata a fare parte del portfolio Wilier, non è un segreto. Sulla Verticale SLR è montato il movimento centrale Miche Integrale RD sviluppato in collaborazione con CeramicSpeed. Scorrevolissimo e rigido, capace di influire in modo positivo sulla rigidità della stessa scatola centrale. Ottima soluzione. Tutte le versioni della Verticale SLR portano in dote le ruote Miche Kleos, versioni standard oppure le top di gamma RD.

Miche ha sviluppato e dedicato al nuovo manubrio una prolunga per il computerino, con il braccetto che si innesta frontalmente e all’interno del cockpit. Pulito, elegante e un altro componente che permette di risparmiare grammi, per un kit telaio Verticale SLR (telaio, forcella e reggisella, manubrio e serie sterzo, viteria inclusa e nella taglia media), con un valore dichiarato alla bilancia di soli 1.669 grammi.

Versioni e prezzi

Le taglie sono 6: xs e s, m e l, xl e xxl. Le combinazioni cromatiche 4, per un totale di 7 allestimenti ai quali si aggiunge il frame-kit (5800 euro di listino). L’allestimento con la trasmissione Shimano Dura Ace è disponibile con e senza power meter, con le ruote Miche Kleos RD36. I prezzi di listino sono rispettivamente di 13.000 e 12.200 euro. Si passa all’allestimento con il nuovo Sram Red AXS e Quarq incluso (con ruote Kleos RD) ad un listino di 13.000 euro. Il montaggio con il Campagnolo Wireless e ruote Miche Kleos RD ha un valore di listino di 13.400 euro.

Tre le versioni che hanno le ruote Kleos standard. Quella con Ultegra Di2 e Sram Force AXS, con o senza misuratore di potenza. I prezzi ufficiali sono rispettivamente di 9.900, 10.400 e 9.900 euro.

Wilier

Nuovo Deda Alanera RS, il manubrio che cambia la bici

25.06.2024
6 min
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Deda Alanera, ovvero uno dei manubri integrati capace di aver cambiato i riferimenti della categoria, capace di cambiare la resa tecnica di un'intera bicicletta. Il cockpit integrato cambia e si rinnova, diventa più leggero, rigido e adotta il suffisso RS, ma sopratutto diventa più efficiente in termini di aerodinamica ed ergonomia. E' stato sviluppato anche grazie al contributo della galleria del vento del Politecnico di Milano, un'eccellenza tutta italiana e sempre più un riferimento per il settore del ciclismo. Fausto Parodi, ingegnere Deda alza il velo sul nuovo Alanera RS.

MILANO – Il nuovo Deda Alanera RS nasce anche grazie al contributo tecnologico di una delle eccellenze che il mondo ci invidia, ovvero il Politecnico di Milano e la sua galleria del vento. Il wind tunnel del Politecnico è uno strumento che nel corso degli anni ha visto passare tante biciclette, ciclisti e componenti, testimone fisso dell’evoluzione del ciclismo.

E’ stato emozionante poter entrare nella galleria del vento e vedere per la prima volta il nuovo manubrio Deda, un cockpit integrato che fin dalla prima versione ha cambiato le regole del gioco (e le performances) in questa categoria di prodotti, ora diventati una sorta di standard. Ma Alanera rimane unico, uno dei quei pochissimi manubri super performanti in grado di cambiare il carattere di una bicicletta. Entriamo nel dettaglio.

Minimale e aggressivo nell’impatto estetico
Minimale e aggressivo nell’impatto estetico

Deda Alanera RS, cambia tutto

Accostabile alla versione precedente? Solo per alcuni dettagli che hanno reso celebre la “vecchia” Alanera, ad esempio la nervatura centrale dello stem e per il fatto che è un manubrio integrato in carbonio, nulla più. Il nuovo Deda Alanera RS è un monoscocca in carbonio vero e proprio, che non prevede nessuna sezione incollata in un secondo momento. Non è un semplice dettaglio e non è una soluzione adotatta da molti. Il metodo obbliga ad utilizzare degli stampi appositi con dei margini di errore che sono ridottissimi. Per costruire un singolo Alanera RS sono necessari oltre 180 fogli di carbonio con relative stratificazioni delle pelli. Vengono utilizzate due tipologie di tessuti, il 3D e quello con finitura 3K.

Anche gli orientamenti (con quattro angolazioni diverse per ogni manubrio) della fibra sono stati oggetto di approfondimenti e studi, in modo che ogni singolo strato di carbonio possa rendere al massimo.

Più leggero e più rigido

Deda Alanera RS è più leggero del 6% (il peso dichiarato per la misura 110×42 è di 340 grammi), se messo a confronto con la versione più anziana (a parità di taglia), anche se il confronto preciso tra le misure è difficile. Perché? La piega ha un flare (una svasatura o apertura verso l’esterno) di 6°, con una differenza tra appoggio superiore e terminale della piega di 2,5 centimetri. E’ perfettamente in linea con le nuove normative UCI e con le nuove tendenze che prevedono una sorta di disassamento delle leve rispetto alla linea verticale del manubrio.

Per entrare nel dettaglio dei numeri e considerando le tre larghezze disponibili. 40 centimetri superiore corrisponde a 42,5 inferiore, 42 a 44,5 e la larghezza 44 corrisponde a 46,5 centimetri sul terminale della piega. Le lunghezze dello stem vanno dagli 80 ai 130 millimetri (140 millimetri su richiesta).

I dettagli che fanno la differenza

Partendo dalla sezione posteriore. Il cap che copre la parte superiore dello stelo della forcella è completamente integrato ed in linea con la superficie dell’attacco manubrio. La sua integrazione lascia comunque spazio agli eventuali 5 millimetri di sporgenza dello stelo.

La battuta inferiore dello stem, quella che appoggia sugli spessori è dotata di dentini che vanno ad ancorare gli stessi spessori (con disegno DCR e dedicati). Si azzera il rischio che questi ultimi ruotino su se stessi. La compatibilità (considerando le bici presenti sul mercato) offerta da Deda è molto ampia. La chiusura del collarino si struttura grazie a due viti (in titanio) a brugola ed a un ciclindro metallico, nascosto nel lato opposto. E’ predisposta una cover in TPU che chiude lo spazio delle brugole.

Il passaggio interno delle guaine ed eventuali cavi è stato maggiorato, nonostante un volume esterno del manubrio che è stato ridotto. Infatti, la sezione frontale diventa di 17 millimetri per l’RS, rispetto ai 22 della versione precedente, mentre la superficie di appoggio è aumentata di 2 millimetri (46 rispetto a 44). Anche dal punto di vista estetico, il nuovo integrato Deda è più arrotondato, sinuoso e meno spigoloso rispetto al passato. Significa anche un’efficienza aerodinamica più elevata.

L’angolo dell’attacco è di 82°. Deda è l’unica azienda ad adottare questa angolazione, una soluzione che arriva dal passato e che diventa più che mai attuale con la ricerca estrema dell’aerodinamica. Uno stem con questo angolo sarà sempre perfettamente in linea con l’orizzonte. Infine c’è il supporto frontale specifico. È in alluminio 6061 ed è compatibile anche con la serie Edge 1000 di Garmin. Ogni Alanera è munita di etichetta NFC per l’attivazione della garanzia e per verificare l’originalità del manubrio.

L’ergonomia si basa sul concetto RHM Evo (foto Deda)
L’ergonomia si basa sul concetto RHM Evo (foto Deda)

Estremo nelle prestazioni ed ergonomico

La forma si basa sul concetto RHM Evo di Deda. Significa che il polso può sfruttare un appoggio completo che arriva dal binomio manettino del cambio/manubrio. Sono stati eliminati quegli spazi vuoti che erano presenti sull’Alanera della generazione precedente. La curva ha un’altezza (drop) di 120 millimetri ed una profondità (reach) di 75, valori comuni a tutte le taglie. Il prezzo di listino è di 795 euro, non è poco, ma è perfettamente in linea con una categoria di cockpit integrati hors categorie.

Deda

Longo Borghini e le juniores: qualcosa di concreto per le ragazze

25.06.2024
5 min
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Mentre è in strada con Jacopo Mosca verso le Dolomiti, per il ritiro in altura che per lei precede il Giro, le Olimpiadi e poi anche il Tour, Elisa Longo Borghini racconta con passione il progetto di una corsa per juniores che si terrà ad agosto a Ornavasso. E’ la seconda edizione e porta il nome di Pietro e Franco Longo Borghini, i due zii con cui Elisa e suo fratello Paolo sono cresciuti quando madre e padre erano in giro sulle piste del fondo. A pensarci bene, non è così frequente che un’atleta in attività si dedichi alle categorie giovanili: alla Lidl-Trek se ne sono trovate due in casa, con il cuore grande. E così, se già lo scorso anno vi avevamo raccontato di Elisa Balsamo con i giovanissimi a Orio al Serio, eccoci con l’altra Elisa, quella tricolore, che ha pensato alle juniores.

«Jacopo dice che l’ho copiato – sorride Elisa – e un pochino è vero, perché tre anni fa ha iniziato a fare una manifestazione per i bambini nel suo paese. E proprio parlando insieme, ci siamo detti che siamo ciclisti professionisti, ma in che modo riusciamo veramente a impattare sul ciclismo giovanile? Possiamo essere dei buoni esempi, possiamo essere degli stimoli, però in che modo possiamo fare qualcosa di concreto per i più giovani? E così mi sono detta che avrei potuto organizzare una gara per le donne junior. Secondo me manca, ricordo che una volta ne facevano una in Toscana: una sorta di Tirreno-Adriatico. Era una corsa carina e normalmente si faceva a marzo: perché non posso provarci anche io?

«Così ne ho parlato con mio fratello e poi abbiamo cercato di confrontarci con la Federazione in Piemonte e con Serena Danesi. Ci hanno risposto che fare subito una corsa a tappe forse era troppo, però era possibile fare una gara a frazioni. Tappa in linea al mattino e poi la crono nel pomeriggio, aperta solo alle prime classificate del mattino. E così siano partiti…».

Prima edizione lo scorso anno, la prossima il 10 agosto.

Ripresentiamo questo format. La gara in linea della mattina ha una salita di circa tre chilometri per un totale di circa 55 chilometri. Le prime 50 classificate, sperando che al via siano in tante, faranno una cronoscalata di 5 chilometri che partirà poco prima di Ornavasso e arriverà in cima alla Madonna del Boden. La chiesa dove mi avevano festeggiato e dove ci siamo sposati. L’anno scorso fra le partecipanti abbiamo avuto la Svizzera che tornerà anche quest’anno. E’ una gara regionale, non possono esserci troppe nazionali.

Che tipo di esperienza sta venendo fuori?

Io non pensavo, onestamente, che potesse essere così difficile organizzare una gara. L’idea è partita da me, ma io non sono mai a casa e devo ringraziare il Pedale Ossolano, la mia prima squadra, mio fratello e la mia famiglia perché si sono fatti in quattro. Io ho dato l’idea e qualche soldino, ma sono loro che fanno tutto. Sembra semplice, ma alla fine dei conti è più complicato di quello che sembra. Se non sei sul posto e non puoi dare anche semplicemente un contributo pratico, come mettere le frecce, ti senti un po’ inutile…

L’anno scorso però c’eri, qual è stata alla fine la tua soddisfazione?

Vedere le ragazze contente e questa è una cosa che mi ha fatto veramente piacere. Invece di limitarci alle prime dieci, abbiamo voluto premiare le prime quindici, anche se solo con un piccolo oggetto. Mio fratello Paolo lavora per Northwave e siamo riusciti a portare a casa dei guanti, dei calzini. Davvero piccoli oggetti, ma è stato bello vedere i sorrisi delle ragazze che si sono sentite valutate, apprezzate e ne hanno tratto un incentivo in più. La soddisfazione è stata veramente vederle sorridere, vederle contente. E’ questo che mi ha spinto a fare la corsa: cercare di dare qualcosa al mio sport, da cui ricevo tanto, col dubbio di non restituire abbastanza. Per me si tratta solo di investire qualcosa e il ritorno è vederle contente per una gara in più.

Il 10 agosto sarai nuovamente tu a premiarle?

Quest’anno purtroppo no, sarò al Tour de France. Non ci sarei dovuta essere neppure lo scorso anno, ma ebbi l’infortunio e essere là mi aiutò anche a distrarmi. Non è stato possibile trovare una data in cui ci fossi anche io, anche perché quello delle date è un tasto difficile. Devo dire che Serena Danesi ci ha aiutato veramente tanto. Per cui appuntamento al 10 agosto nel mio paese, le iscrizioni sono aperte.

Terzo uomo, il dilemma di Bennati: la decisione in settimana

25.06.2024
4 min
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Una mezz’ora prima che il campionato italiano partisse, il cittì Bennati è salito sul camper della famiglia Viviani, su cui si stavano preparando Elia, Ganna, Puccio e Moscon, in qualità di ospite. Non si sa cosa abbia detto, ha chiesto a Cioni il permesso di salire, poi si è chiuso la porta alle spalle. Il momento delle convocazioni olimpiche sta arrivando, probabilmente aveva qualche altro puntino da collegare.

Pogacar e i suoi 9.663 punti sono irraggiungibili, ma scorrendo il dito verso il basso nella classifica UCI, il primo italiano è Jonathan Milan a quota 1.941 e subito dopo arriva Ganna, con 1.749. Loro due Bennati non può convocarli per le Olimpiadi, perché faranno soltanto la pista, cui Ganna aggiungerà la crono. Il terzo italiano della classifica mondiale è Luca Mozzato, 1.722 punti, poi c’è Bettiol a 1.551,7. Se le convocazioni si facessero con il ranking dell’UCI e considerato che Viviani correrà su strada per scelta FCI e per gareggiare nell’omnium, Bennati potrebbe trovarsi con gli altri due nomi già serviti in tavola. Se fosse tutto così semplice, non ci sarebbe bisogno neppure di un commissario tecnico. Ed è per questo che domenica, dopo aver seguito la corsa tricolore dalla moto, il cittì aretino era cogitabondo. La vittoria di Bettiol è stata una grandissima conferma, ma il nome del fiorentino era già scolpito nella pietra.

«Ovviamente il risultato fa sempre piacere – diceva Bennati – a lui in primis. Ma per come ha gestito questo inizio di stagione, il risultato del campionato italiano non era determinante. Poi c’è tutto un Tour davanti, quindi Parigi sembra che sia lì, però la strada è ancora abbastanza lunga».

Bennati ha seguito il tricolore sulla moto anche nei primi chilometri, sotto la pioggia
Bennati ha seguito il tricolore sulla moto anche nei primi chilometri, sotto la pioggia

La corsa sulla moto

I campionati italiani non sarebbero stati utili per definire la posizione di Bettiol, ma forse qualcun altro avrebbe potuto convincere Bennati a tenere aperta la porta. Il giorno delle convocazioni sarà il 5 luglio, quando a Roma ciascun cittì snocciolerà i nomi degli azzurri che porterà ai Giochi. Eppure, parlando da osservatori esterni e poco competenti, la gara di Sesto Fiorentino non ha rivelato identità aggiuntive.

«Se dovessi guardare le indicazioni in vista delle Olimpiadi – spiegava – il percorso del tricolore non assomigliava nemmeno un po’ a quello di Parigi. Alberto (Bettiol, ndr) è un corridore più polivalente rispetto a Mozzato, che comunque su un percorso come questo di Sesto Fiorentino, farebbe tanta fatica anche con la condizione del Fiandre. Una conferma poteva venire da Trentin, che comunque è andato forte, Bagioli invece non l’ho mai visto. Vendrame è andato bene, è stato sempre in corsa. I Bardiani sono sempre stati molto presenti, Zoccarato ha fatto una grande corsa e Fiorelli nel finale era lì. Sono i soliti uomini da campionato italiano. E poi c’è Rota…».

Il terzo secondo posto consecutivo rischia di essere fastidioso…

Arriva sempre secondo, però è un corridore che ci crede sempre. Purtroppo non possiamo considerarlo vincente, però è presente. Non ha paura di attaccare da lontano, è un corridore così. Con me ha fatto entrambi i mondiali, quindi è un corridore che può essere determinante all’interno di una squadra. Lorenzo ha la capacità di aprire la corsa da lontano, è un corridore moderno.

Per scegliere il fantomatico terzo uomo aspetti un lampo dal Tour, oppure hai già il nome in testa?

Ce l’ho già, però adesso voglio prendermi 3-4 giorni per fare mente locale su tutto. Penso che non potrò nemmeno aspettare la prima settimana del Tour, perché il 5 luglio dobbiamo dare i nomi. Potrei guardare le prime tappe, ma vorrebbe dire poco. L’idea a questo punto è di scegliere il terzo in questa settimana.

L’appuntamento è per il 5 luglio alle 11 nella Sala Giunta del CONI. Alla presenza di Malagò, Pancalli e Dagnoni, presidenti rispettivamente del Comitato Olimpico, di quello Paralimpico e della Federciclismo, saranno annunciati i nomi degli azzurri che partiranno per Parigi. La maglia tricolore è stata presentata a Napoli durante il Giro d’Italia, non resta che conoscere i nomi degli atleti che la vestiranno.

Virus alle spalle, Masciarelli riparte: «Ora voglio divertirmi»

24.06.2024
4 min
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Il quinto posto al campionato italiano di ieri è il giusto trampolino di lancio che serve a Masciarelli per proiettarsi sul Giro del Veneto, che inizierà domani. Un risultato, quello nella corsa alla maglia tricolore under 23, che dona coraggio e consapevolezza (foto apertura NB Srl). Il corridore della MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb ha rimesso un piede in carreggiata, ora tocca mettere anche l’altro.

«Sono rimasto qui in Veneto, dove si è corsa la prova di ieri – dice – così oggi faccio una breve uscita e domani sono pronto per partire. Il campionato italiano (vinto da Zamperini, ndr) è stata una bella prova tutto sommato, con un po’ di sfortuna, ma non fa niente. Pronti via sono rimasto coinvolto in una caduta banale e così ho inseguito. Poi, appena rientrato, il gruppo si è spezzato. Ancora un altro inseguimento. Quando sono usciti i primi cinque, dove c’era dentro il mio compagno Ambrosini, ero nel secondo gruppo».

Masciarelli è tornato a correre dopo un altro periodo di stop (foto NB Srl)
Masciarelli è tornato a correre dopo un altro periodo di stop (foto NB Srl)

Buona prestazione

Quella ottenuta a Trissino è una quinta posizione di rilievo, arrivata dopo un periodo opaco, l’ennesimo per Masciarelli da quando è tornato in Italia

«In corsa stavo bene – prosegue – non mi sentivo così da un po’. Sono rimasto con i migliori anche quando Gualdi ha alzato il ritmo in salita, ma ormai Zamperini era scappato via. Ho avuto la consapevolezza, dopo un po’ di tempo, che avrei potuto portare a casa qualcosa. La condizione c’era e in vista del Giro del Veneto direi che il segnale è ottimo».

Al campionato italiano under una gara di rincorsa, ma le sensazioni sono state positive (foto NB Srl)
Al campionato italiano under una gara di rincorsa, ma le sensazioni sono state positive (foto NB Srl)
Sei tornato dopo un periodo di assenza…

Anche nel 2024 la fortuna non mi ha sorriso. Dopo il Giro d’Abruzzo ho scoperto di avere un virus a livello di stomaco. Non stavo bene dal periodo delle classiche under 23, quindi tra fine marzo e inizio aprile. Si è trattato di un qualcosa preso nell’alimentazione, forse qualche cibo non pulito e non cucinato a dovere. 

Te ne sei accorto da cosa?

Dal fatto che alle classiche come il Giro del Belvedere e al Piva non riuscissi a performare. I valori erano sballati, ma non abbiamo capito cosa fosse fino al Giro d’Abruzzo. E’ stato un peccato perché dopo un inizio di stagione buono volevo portare a casa qualcosa dalla primavera, invece è arrivato l’ennesimo stop dopo quello del 2023.

L’ultima gara prima dello stop era stato il Giro d’Abruzzo, sulle strade di casa
L’ultima gara prima dello stop era stato il Giro d’Abruzzo, sulle strade di casa
Frustrante?

Non mi sentivo me stesso. Tanto che mi sono fermato completamente per un paio di settimane, ho ripreso quando gli altri erano in ritiro per il Giro Next Gen. Viste le condizioni non ero nella pre selezione, ma mi sarebbe piaciuto farlo. 

Come hai detto tu, altro stop.

Da quando sono tornato in Italia non sono mai riuscito ad essere me stesso al 100 per cento. Dopo i problemi fisici, mi è mancata anche un po’ di fiducia nei miei mezzi, arrivando ad essere fin troppo attendista. Nell’ultimo periodo mi sento meglio, sono più sereno e tranquillo. Appena rientrato alle corse ho fatto un secondo e un quinto posto in Toscana, poi è arrivato il risultato di ieri. Manca la vittoria. 

Masciarelli aveva iniziato la stagione con sensazioni positive, ora vuole ritrovarle per la seconda parte del 2024 (foto NB Srl)
Masciarelli aveva iniziato la stagione con sensazioni positive, ora vuole ritrovarle per la seconda parte del 2024 (foto NB Srl)
Ora arriva il Giro del Veneto, il terreno giusto per provarci…

Se penso alla corsa che arriva, mi sento fiducioso. Il percorso è bello e le tappe dove provare a fare qualcosa non mancano. La seconda è interessante, mentre il circuito di sabato sarà durissimo. Senza dimenticare l’ultima tappa, domenica, con arrivo a Ossario del Pasubio che potrà decidere tutto. 

Cosa ti è mancato fino ad ora?

Fin da quando sono tornato dal Belgio ho avuto determinate aspettative. Sono stato ad inseguirle per tanto tempo, perdendo anche il focus sul divertimento. Ma per andare in bici ed essere prestazionale serve essere leggeri di testa. 

Quindi l’obiettivo in questi giorni è divertirti?

Assolutamente, per ritrovare me stesso serve solo questo, per fare ciò che mi riesce bene.