Un anno dopo, ancora Agostinacchio! Ma questa pesa di più…

Un anno dopo, ancora Agostinacchio! Ma questa pesa di più…

08.11.2025
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Dopo un anno, c’è ancora lui sul gradino più alto del podio. Cambia la località, cambia anche la categoria, ma al primo posto c’è sempre lui, Mattia Agostinacchio che dopo il titolo juniores 2024 porta a casa anche quello europeo al suo esordio internazionale fra gli under 23. Una prestazione straordinaria quella del campione dell’EF Education EasyPost: «Ho visto tra i messaggi di WhatsApp che mi hanno già scritto per complimentarsi, ma in neanche mezz’ora dopo l’arrivo erano già oltre 300 chat attivate…».

Il podio finale con il valdostano fra Haverdings (NED) e De Bruyckere (BEL)
Il podio finale con il valdostano fra Haverdings (NED) a 17″ e De Bruyckere (BEL) a 20″
Il podio finale con il valdostano fra Haverdings (NED) a 17" e De Bruyckere (BEL) a 20"
Il podio finale con il valdostano fra Haverdings (NED) a 17″ e De Bruyckere (BEL) a 20″

Tanta gente ad applaudire l’impresa

Mattia ha appena chiuso la cerimonia di premiazione ed attende pazientemente all’antidoping quando risponde da Middelkerke per raccontare la sua ennesima impresa: «Era un percorso davvero duro, a dispetto delle perfette condizioni climatiche, con tanta sabbia che in molti tratti costringeva a scendere di bici. Era davvero una prova dove si andava sia in sella che correndo a piedi, un ciclocross vecchio stampo e aver vinto così mi dà ancora più soddisfazione. Senza poi considerare la gente: ce n’era davvero tanta…».

Una gara per lui difficile sin dall’inizio. Appena approdato nella categoria, Agostinacchio non ha dalla sua un ranking di livello e quindi si è ritrovato a dover partire dalla terza fila, Pontoni in sede di presentazione aveva avvertito di questo problema confidando nella sua esplosività: «Confidavo di ritrovarmi presto con i primi, ma nel primo giro mi si è staccato il boa di una scarpa e ho perso tempo a rimetterlo, così la rimonta è stata più lenta e dispendiosa del previsto, infatti mi sono agganciato ai primi alla fine del secondo giro con Sparfel che aveva già lanciato la sua fuga».

Aubin Sparfel era il favorito e ha provato a fare la differenza, pagando dazio nella seconda parte
Aubin Sparfel era il favorito e ha provato a fare la differenza, pagando dazio nella seconda parte
Aubin Sparfel era il favorito e ha provato a fare la differenza, pagando dazio nella seconda parte
Aubin Sparfel era il favorito e ha provato a fare la differenza, pagando dazio nella seconda parte

Scacco matto all’imbattuto francese

La gara degli under 23 ha avuto lì un primo scossone, d’altro canto il francese della Decathlon AG2R, protagonista anche su strada, era forse il più accreditato alla vigilia, imbattuto in questa stagione. Mattia però non si è spaventato se, nel riprendere i primi (fra cui Stefano Viezzi, alla fine 12°), il francese era più avanti: «Io non pensavo tanto alla vittoria, ero il più giovane del gruppo, mi dicevo che una medaglia poteva essere alla mia portata, ma non andavo oltre. Quindi non mi sono posto tanto il problema, ho pensato solo a spingere».

Il talentuoso valdostano ha pensato solamente a correre, riassaporando le sensazioni che lo scorso anno lo avevano proiettato in cima al mondo e quel breve divario, fatto di secondi, è andato assottigliandosi, anche perché il tracciato di Middelkerke era davvero infido (e ne saprà qualcosa, più tardi, Sara Casasola, che ha visto sfumare il podio per una caduta quand’era nel mezzo del “panino” olandese). Sparfel è stato ripreso dopo uno scivolone da un gruppetto di 6, ha riprovato ad andar via ma il serbatoio di energie era al limite.

Il momento dell'attacco di Agostinacchio, Haverdings prova a tenere ma cederà poco dopo
Il momento dell’attacco di Agostinacchio, Haverdings prova a tenere ma cederà poco dopo
Il momento dell'attacco di Agostinacchio, Haverdings prova a tenere ma cederà poco dopo
Il momento dell’attacco di Agostinacchio, Haverdings prova a tenere ma cederà poco dopo

«L’ultimo giro? E’ stato un po’ strano…»

E’ lì che è emersa la forza di Agostinacchio, incurante delle energie spese in precedenza. Quando ha portato la sua azione ha fatto il vuoto: «Prima mi trovavo in una situazione di tira e molla, ero davanti e poi mi ritrovavo dietro. A un certo punto, quando stavamo entrando nell’ultimo giro, mi sono detto di provarci e ho visto che non mi seguiva nessuno. L’ultimo giro è stato un po’ strano, mi sentivo come in un limbo non sapendo se Haverdings, l’olandese era ancora in grado di riprendermi. E’ stato difficile contenere gli altri, ma anche le emozioni, fino all’arrivo».

Mattia è sempre abituato a vivere le emozioni lasciando trasparire poco, mentre intorno Pontoni e tutti gli altri lo raggiungevano: «Non posso negare che mi fa un po’ strano questa vittoria, è molto diversa da quelle della passata stagione perché qui sono un po’ un neofita, un ragazzino a confronto con ragazzi più grandi ed esperti di qualche anno, non di uno solo come da junior. Lo devo ammettere, non mi aspettavo di battere gente che a questi livelli c’è già da qualche stagione. Il secondo e terzo sono all’ultimo anno di categoria, io al primo…».

Ma il pensiero è anche alla strada…

E ora? Agostinacchio guarda già avanti, come sempre diviso fra due direzioni da prendere e da seguire in maniera parallela: «E’ vero, ora arrivano le prove di Coppa del mondo ma io devo pensare anche alla squadra. Avremo nei prossimi giorni il primo raduno e sarà importante per conoscersi, per prendere le misure di questa nuova avventura su strada, saranno giorni importanti ai quali tengo molto». Potersi presentare con una maglia stellata indosso ha sicuramente un valore speciale…

Pietro Solavaggione, Team Fratelli Giorgi 2025

Solavaggione: altro junior con la valigia, direzione Cannibal Team

08.11.2025
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Il nome di Pietro Solavaggione in gruppo gira da qualche settimana, da quando è arrivata l’ufficialità che sarebbe andato a correre all’estero: al Cannibal Team, la formazione juniores development della Bahrain Victorious. Diciassette anni, idee già chiare e la voglia di emergere. La bicicletta per Pietro Solavaggione ha smesso di essere un gioco, ora è nell’orbita dei grandi e bisogna fare le cose sul serio. Presto o tardi che sia. 

«Questa è la terza settimana di stacco – racconta Pietro Solavaggione da casa – sono fermo e, scuola a parte, non ho grandi impegni. La bici tornerà nella mia routine questo fine settimana probabilmente. Non sono mai stato abituato a fare lo stop invernale, gli anni scorsi il mio preparatore (Piotti, ndr) mi diceva di continuare se avessi avuto voglia di pedalare per divertirmi. Da un mese, però, sono passato sotto il preparatore del Cannibal Team che mi ha detto di staccare e riposare in vista della nuova stagione». 

Pietro Solavaggione mtb
Pietro Solavaggione nasce nella mountain bike, è arrivato al ciclismo su strada più tardi
Pietro Solavaggione mtb
Pietro Solavaggione nasce nella mountain bike, è arrivato al ciclismo su strada più tardi
Piotti era il tuo preparatore al Team Giorgi?

Sì, ma mi seguiva come esterno, non avevamo preparatori all’interno del team. Lui mi allena da quando ero secondo anno allievo, dall’inverno tra il 2023 e il 2024. L’ho conosciuto quando ero entrato a far parte della selezione regionale del Piemonte di mountain bike. 

Anche tu arrivi dal fuoristrada?

Ho iniziato a correre in mtb quando ero G3, anche se allora non mi piaceva troppo la bici perché non vincevo e quindi non mi divertivo tanto. Nel frattempo ho provato tanti altri sport: calcio, nuoto, sci, corsa… Poi sono tornato a correre in mountain bike da esordiente secondo anno e ho visto di essere forte, di conseguenza mi sono convinto a restare sul ciclismo. 

Pietro Solavaggione, Team Fratelli Giorgi 2025
Il primo anno da junior lo ha corso con i colori del Team Giorgi, squadra che ha chiuso i battenti a fine stagione
Pietro Solavaggione, Team Fratelli Giorgi 2025
Il primo anno da junior lo ha corso con i colori del Team Giorgi, squadra che ha chiuso i battenti a fine stagione
Poi sei passato alla strada, quando?

E’ da quando sono allievo secondo anno che mi dedico interamente al ciclismo su strada. Mi sarebbe anche piaciuto continuare con la mountain bike, ma ci sono molte meno squadre e le possibilità di carriera sono ridotte. Si fa lo stesso sport, andare in bici, ma economicamente sono senza paragoni. Poi ho visto che anche i biker più forti sono passati alla strada: Grigolin e Pezzo Rosola. 

C’è un altro piemontese che però è emerso dalla mtb: Scagliola…

Vero, però lui ha corso in una squadra che gli ha fatto fare entrambe le discipline. Inoltre io volevo emergere su strada e se avessi fatto anche mtb non avrei avuto una stagione così soddisfacente come quella passata. Ho pensato fosse meglio specializzarsi subito e via. 

Pietro Solavaggione, Team Fratelli Giorgi 2025
Ecco Pietro Solavaggione (a sinistra) con il compagno di squadra Thomas Bernardi
Pietro Solavaggione, Team Fratelli Giorgi 2025
Ecco Pietro Solavaggione (a sinistra) con il compagno di squadra Thomas Bernardi
Non era troppo presto?

Non ci ho pensato molto, anche perché in un solo anno su strada da junior ho raccolto tantissimo e sono arrivato a firmare con il Cannibal Team Development. Inoltre ho anche l’accordo per la categoria U23, infatti sarò nel devo team della Bahrain. Un percorso lineare e continuo. 

Come ti sei trovato al Team Fratelli Giorgi?

Benissimo. Meglio di così sarebbe stato impossibile, purtroppo la squadra ha chiuso i battenti. Sarei potuto entrare nel nuovo progetto dove andrà Leone Malaga, ma non sarebbe mai stato come il Team Giorgi. Magari lo diventerà in futuro, perché lui è molto bravo. 

Poi è arrivato il richiamo del Cannibal Team…

Era un’occasione che non mi sono fatto sfuggire, dopo le prime vittorie a inizio anno ho firmato con i Carrera, mi seguirà Johnny lui è quello che lavora maggiormente con i giovani. Da lì sono arrivate a bussare tante squadre internazionali e tra tutte ho scelto il Cannibal Team.

Pietro Solavaggione, Team Fratelli Giorgi 2025 (Photors.it)
Pietro Solavaggione si è messo in mostra con ottimi risultati in questo 2025, qui al GP Sportivi Loria concluso al terzo posto (Photors.it)
Pietro Solavaggione, Team Fratelli Giorgi 2025 (Photors.it)
Pietro Solavaggione si è messo in mostra con ottimi risultati in questo 2025, qui al GP Sportivi Loria concluso al terzo posto (Photors.it)
Perché?

Mi è sembrata la scelta migliore per il 2026, sono una realtà competente e familiare, in tutti i sensi. Il diesse è Francis Van Mechelen e dentro lo staff ci sono sua moglie e sua figlia. In quel contesto mi sono sentito a mio agio fin da subito, senza pressioni intorno. 

Hai anche avuto modo di correre con loro?

Sì, ho fatto l’ultima gara della stagione, a ottobre alla Philippe Gilbert Junior. E’ stata un’esperienza utile, nella quale ho capito cosa vuol dire correre a livello internazionale. La corsa è stata dura, selettiva, ho visto che c’è tanto da imparare. Ad esempio il vento forte ha portato alla formazione di ventagli, cosa che non avevo mai fatto prima d’ora. 

Non è un salto troppo grande? 

Restare in Italia sarebbe stato più comodo e un’idea migliore da un lato. Ho scelto la strada più difficile ma l’ho fatto per il mio futuro: una lingua diversa e un calendario impegnativo. Però ho già una squadra per la categoria under 23 e mi sento sereno. Certo che partire e prendere l’aereo da solo per andare a correre in Belgio non è stato facile, era anche la prima volta che volavo in vita mia. 

Pietro Solavaggione, Cannibal Team Development 2025
Solavaggione ha avuto modo di vestire la maglia del Cannibal Team già a ottobre di quest’anno, per lui un assaggio di futuro
Pietro Solavaggione, Cannibal Team Development 2025
Solavaggione ha avuto modo di vestire la maglia del Cannibal Team già a ottobre di quest’anno, per lui un assaggio di futuro
Avete parlato di ritiri e calendario?

Non sono ancora sicuro degli impegni perché nel ritiro in Spagna di dicembre avremo meno posti rispetto al numero di atleti in squadra (al momento il Cannibal Team conta una ventina di ragazzi, ndr). Probabilmente verrà dato spazio a quelli che correranno le prime gare dell’anno, corse non adatte alle mie caratteristiche. Quelle inizieranno a giugno, quindi c’è tutto il tempo. 

Hai pensato anche alla scuola?

Sarà un aspetto, non semplice, che dovrò gestire. Ad ora ho cambiato scuola e sono passato a una online, così da potermi coordinare meglio tra lezioni e allenamenti senza il problema delle assenze.

Iserbyt resta al palo e non per scelta tecnica…

Iserbyt resta al palo e non per scelta tecnica…

08.11.2025
4 min
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«La gente, quando va a vedere questi eventi, cerca i campioni, ma ha comunque la stessa attenzione nei confronti della prova, anche se i big non ci sono. Sicuramente quando ci sono, la gente accorre più numerosa, anche i tifosi stranieri. Gli organizzatori lo sanno, ma certe volte ci puoi fare poco». Parole del cittì azzurro Daniele Pontoni alla vigilia della rassegna continentale di Middelkerke che si disputa tra oggi e domani. Priva dei Tre Tenori per le loro scelte che probabilmente li vedranno in gara nel ciclocross solo a dicembre, ma mancherà anche un altro grande protagonista delle ultime stagioni, Eli Iserbyt e nel suo caso il problema è ben più serio.

Iserbyt in ospedale: la seconda operazione all'arteria iliaca non ha dato i risultati sperati (foto Instagram)
Iserbyt in ospedale: la seconda operazione all’arteria iliaca non ha dato i risultati sperati (foto Instagram)
Iserbyt in ospedale: la seconda operazione all'arteria iliaca non ha dato i risultati sperati (foto Instagram)
Iserbyt in ospedale: la seconda operazione all’arteria iliaca non ha dato i risultati sperati (foto Instagram)

Un problema di lunga data

Personaggio controverso, spesso fuori dalle righe e capace di destare grandi divisioni nel pubblico tra chi lo ama incondizionatamente e chi lo vede col fumo agli occhi, Iserbyt l’anno scorso aveva chiuso la stagione in grave crisi fisica, con problemi alla gamba sinistra. Gli accertamenti avevano rilevato una restrizione all’arteria inguinale che ha richiesto un’operazione e la consapevolezza che avrebbe dovuto saltare l’inizio di stagione. Avrebbe dovuto riprendere a Niel il prossimo martedì, ma in gara non ci sarà.

La scorsa settimana, alla prova di Lokeren dell’H2O Badkamers Trofée l’atmosfera in casa Pauwels Sauzen era molto mesta a dispetto dei buoni risultati e a spiegare il perché a Wielerflits era stato il team manager Jurgen Mettepenningen: «Le cose stavano andando bene fino a due settimane fa, ma poi Eli ha avuto una ricaduta in allenamento. La gamba ha ricominciato a dargli dolore e i controlli hanno rilevato che il flusso sanguigno all’arteria femorale non è tornato ottimale».

Jurgen Mettepenningen, direttore sportivo della Pauwels Sauzen (foto TVO)
Jurgen Mettepenningen, direttore sportivo della Pauwels Sauzen (foto TVO)
Jurgen Mettepenningen, direttore sportivo della Pauwels Sauzen (foto TVO)
Jurgen Mettepenningen, direttore sportivo della Pauwels Sauzen (foto TVO)

4 settimane di stop, poi si vedrà

Un successivo controllo svolto a Gent ha dato una piccola speranza a Iserbyt ed è stato lo stesso campione belga ad annunciarlo sui propri canali social insieme a sua moglie Fien Maddens: «Metterò da parte la bici in maniera totale nelle prossime 4 settimane e vediamo che succede, poi mi sottoporrò a un nuovo controllo. Ringrazio tutti coloro che mi hanno sostenuto e che spero di rivedere presto sui campi».

Il team manager ha riassaporato un filo di speranza, ma obiettivamente la situazione non è semplice: «E’ chiaro che l’operazione non ha avuto il successo che tutti ci aspettavamo – afferma Mettepenningen – Eli è un professionista, vedere i compagni gareggiare senza poter essere con loro è dura, è il suo lavoro e non può farlo. E’ importante che non perda la speranza, il ritorno in gara passa in secondo piano rispetto alla sua salute e alla sua autostima».

Iserbyt Insieme alla moglie, su un post social ha annunciato un mese di riposo assoluto per risolvere il problema
Iserbyt Insieme alla moglie, su un post social ha annunciato un mese di riposo assoluto per risolvere il problema
Iserbyt Insieme alla moglie, su un post social ha annunciato un mese di riposo assoluto per risolvere il problema
Iserbyt Insieme alla moglie, su un post social ha annunciato un mese di riposo assoluto per risolvere il problema

Un colpo alla sua autostima

Su questo aspetto Mettepenningen è stato particolarmente attento nelle sue osservazioni: «Il problema è che è già stato sotto i ferri due volte senza trovare la soluzione e questo alla lunga pesa, toglie fiducia. Non so in questo momento se Eli se la sente di tornare sotto i ferri. Il ciclocross in questi livelli è secondario, conta che possa tornare in piena salute».

Il caso di Iserbyt non è comunque il primo nel mondo del ciclismo: «Ci sono passati in tanti. Marianne Vos è tornata ai massimi livelli. Credo che Eli sia stato solo sfortunato, perché nel suo caso l’operazione non ha sortito l’effetto sperato. Eli riesce a camminare, in bici può pedalare senza assolutamente forzare, praticamente ha nella gamba sinistra la metà della forza della destra».

A 28 anni Iserbyt vanta un titolo europeo e il successo in tutte e tre le principali challenge
A 28 anni Iserbyt vanta un titolo europeo e il successo in tutte e tre le principali challenge
A 28 anni Iserbyt vanta un titolo europeo e il successo in tutte e tre le principali challenge
A 28 anni Iserbyt vanta un titolo europeo e il successo in tutte e tre le principali challenge

Un team orfano del suo campione

Nel team l’assenza di Iserbyt si sente e non solo a livello di risultati: «Eravamo abituati a schierarci nelle grandi prove con due grosse punte come Eli e Vanthourenhout, ora Michael spesso si trova a fronteggiare giochi di squadra senza un valido supporto. Abbiamo bisogno di Iserbyt, speriamo che si riprenda presto, per lui e per noi. Pensare che la sua carriera sia finita? Non vogliamo neanche prendere in considerazione questa ipotesi…».

El Giro de Rigo, Aru e Uran

El Giro de Rigo: ricordi e sorrisi a casa di Uran. Aru racconta

08.11.2025
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Lo scorso weekend per un po’ è sembrato non solo che ci fosse ancora una corsa, ma anche di essere tornati indietro nel tempo. In un grande gruppo c’erano nello stesso momento Rigoberto Uran, Vincenzo Nibali, Fabio Aru, Egan Bernal, Valerio Agnoli, Nairo Quintana… Era El Giro de Rigo, la tradizionale gran fondo organizzata da Uran che è ormai sempre più un giorno di festa.

A raccontarci come è andata è proprio Aru, fortemente voluto da Uran. A Barranquilla, nella sua Colombia, Rigoberto ogni anno raduna migliaia di appassionati provenienti da tutto il Paese, ma anche da molte nazioni vicine e lontane.

Il fiume degli 8.000 al via, da 28 Nazioni per El Giro de Rigo
Il fiume degli 8.000 al via, da 28 Nazioni per El Giro de Rigo

La grandezza di Uran

Prima di entrare nel dettaglio con Aru, bisogna sapere che Uran è una vera star nel suo Paese, nonostante abbia vinto meno rispetto a gente come Bernal o Quintana. Sui social è seguitissimo, ha un tour operator specializzato, una catena di ristoranti e gode di enorme rispetto tra i colleghi, anzi ex colleghi. In tanti anni di interviste non c’è stato uno che non abbia espresso parole di stima nei suoi confronti. L’ultimo in ordine di tempo è stato Gianluca Brambilla.

«Posso confermare che è così – ha detto Aru – anche se non ho mai corso con Rigo, tra di noi c’è un ottimo rapporto. Nel 2020 passai alcuni giorni in Colombia, dalle sue parti a Medellín: ci allenammo insieme e restammo amici. In gruppo era sempre rispettato e benvoluto».

E’ così che in una soleggiata mattina di Barranquilla, cittadina colombiana nel distretto dell’Atlantico affacciata sul mar dei Caraibi, 8.000 ciclisti si sono ritrovati per affrontare due percorsi: uno da 165 chilometri e uno da 72.

«E’ stato un evento veramente bellissimo – ha raccontato Aru – Rigoberto è davvero popolare e in Colombia è una star, ha un seguito pazzesco. Per non parlare poi dell’organizzazione: perfetta. Tanti spazi dedicati dopo l’arrivo, servizi ad hoc… Agnoli ha anche fatto i massaggi! C’erano ciclisti dal Venezuela, dall’Argentina, dall’Ecuador e tutto questo bene Rigo se lo merita. Tra l’altro una giornata così è un’ottima propaganda per il ciclismo. E il fatto che tanti campioni abbiano risposto presente la dice lunga».

Campioni tra la gente

E’ stata così una due giorni di festa. Dall’Italia, Agnoli, Nibali e appunto Aru sono volati tutti insieme. Già l’accoglienza all’aeroporto è stata super calorosa, tra foto, fan e l’ospite di casa ad attenderli. Sono arrivati il venerdì, hanno fatto un giro per la città, anche in barca, e il sabato sono stati con Uran al villaggio della gara per le attività legate all’evento. Poi, la domenica mattina, si sono buttati nella mischia.

«Abbiamo fatto il tracciato da 165 chilometri – prosegue Aru – ci siamo fatti una bella foto davanti al grande gruppo e poi abbiamo pedalato con la gente. L’obiettivo era proprio quello di stare tra gli appassionati. Alla fine il dislivello era di 1.500-1.600 metri, quindi non era impossibile. Ho pedalato con Vincenzo, Rigoberto ed Henao, mentre Bernal e Quintana erano più avanti. Ai ristori ci siamo fermati, fatto foto… e oltre ai sali e alle barrette ho mangiato anche le tipiche papas, una sorta di patate bollite!.

«Ci siamo divertiti molto, sia durante che dopo la gara. Nibali e Quintana sono saliti sul palco e si sono messi a cantare, altri hanno ballato. Io ci ho provato, ma sono davvero un pessimo ballerino!».

Il podio del Giro 2014: Quintana, Uran e Aru. Nairo fu il primo colombiano a conquistare la maglia rosa
Il podio del Giro 2014: Quintana, Uran e Aru. Nairo fu il primo colombiano a conquistare la maglia rosa

Il podio del Giro 2014

Aru rimarca il grande calore che Barranquilla e la Colombia intera hanno riservato a Uran. Questo evento è nato nel 2018 e ogni anno è cresciuto, diventando un vero must. Si dice anche che Uran voglia “esportare” le sue gare in tutto il mondo: sponsor e amici certo non gli mancano.
Come ricorda Aru, pur essendo una gara, esattamente come una nostra granfondo, c’è chi ha spinto, ma la maggior parte era lì per godersi la giornata.

L’occasione è stata anche un modo per raccontare aneddoti. «Alla fine – ricorda Aru – c’era presente il podio del Giro d’Italia 2014: primo Quintana, secondo Uran e terzo io. Fu una bella sfida e l’abbiamo ricordata».

Tra l’altro, una cosa che piace molto ai fan italiani è che, nonostante il Tour o la Vuelta, Uran abbia voluto chiamare la sua granfondo “Giro”, come il Giro d’Italia, per sottolineare il legame profondo con il nostro Paese e con la nostra corsa.

«Ma forse la cosa che mi ha colpito di più – aggiunge Aru – è stato il soprannome che mi hanno affibbiato i colombiani: El hombre de las mil caras, l’uomo dalle mille facce, per le mie espressioni quando pedalavo. Un po’ come Julian Alaphilippe. Gli ho spiegato che ero così perché facevo una gran fatica e spesso davo più di quello che avevo. Per il resto non abbiamo parlato troppo di ciclismo, ma ci siamo davvero divertiti e rilassati».

Tour de France 2025, Parigi, podio Campi Elisi, Jonas Vingegaard, Tadej Pogacar

Vingegaard fra la voglia di Giro e la prigione del Tour

07.11.2025
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Quello che ci ha raccontato Marta Cavalli l’ha confermato Jonas Vingegaard. La sua visione del ciclismo è certamente estrema: il solo modo per partecipare è poter vincere. Ma il danese, che ha vinto la Vuelta dopo essere arrivato secondo al Tour, ha ben spiegato a L’Equipe perché sia stato importante vincere in Spagna. Non tanto per la vittoria di un Grande Giro in sé, quanto per la sensazione di aver ripreso la traiettoria spezzata dall’incidente al Giro dei Paesi Baschi 2024. E anche in questo caso, non tanto per la gravità dell’infortunio, quanto per ciò che ha significato essersi dovuto fermare per dei mesi.

«Ritrovare la condizione ha richiesto tempo – ha spiegato il leader della Visma-Lease a Bike – rimettermi in sella, ma soprattutto tornare al livello a cui ero prima della caduta. Credo di averlo ritrovato. Da quello che vedo nei miei dati, sono in grado di generare la stessa potenza di prima. Ma anche il ciclismo si evolve, quindi in un certo senso per tornare ai livelli di prima c’è voluto un anno e mezzo, in cui invece avrei potuto lavorare per progredire. Prima della caduta ero in forte crescita, stavo progredendo molto velocemente, quindi spero di essere tornato su quella traiettoria. Bisognerà vedere se migliorerò ancora e farò assolutamente tutto il possibile perché ciò accada».

Il ciclismo dei primi è un treno che va veloce, un gruppo costantemente in fuga. Essere costretto a scenderne significa aspettare il gruppo successivo, che va più piano. E per rientrare su quelli di testa c’è da fare una fatica non comune. Chi ci riesce torna a brillare, gli altri devono rassegnarsi. Per una semplice frattura dello scafoide, nel 2023 Pogacar perse il Tour de France. Non sono scuse, sono le regole del ciclismo che non aspetta.

Tour de France 2023, Morzine, Jonas Vingegaard, TAdej Pogacar
Il Tour de France 2023 vide Pogacar soccombere agli attacchi di Vingegaard, in salita e anche a crono
Il Tour de France 2023 vide Pogacar soccombere agli attacchi di Vingegaard, in salita e anche a crono

Il sogno del Giro

Che cosa ci sarà nel 2026 di Vingegaard? Il Tour resta lo snodo centrale e decisivo. Al contempo la vittoria della Vuelta ha fatto capire al danese e alla sua squadra che sia saggio monetizzare il lavoro portando a casa quel che Pogacar non ha in animo di raggiungere. Forse non è stato per caso che ai campionati europei Vingegaard abbia ammesso che gli piacerebbe cimentarsi nelle classiche e ha messo per la prima volta sul tavolo l’ipotesi del Giro d’Italia.

«Il 2025 – ha spiegato – è stato un’annata piuttosto buona. Non la migliore che abbia mai avuto, penso che il 2023 sia stato di gran lunga migliore. Ma arrivare secondo al Tour de France e vincere la Vuelta non è una brutta stagione. Il mio obiettivo era vincere in Francia, quindi da quel punto di vista non è andata bene. Alla fine potrei darmi un sette in pagella, forse un otto. Il ciclismo esiste anche oltre il Tour de France, anche se resta la gara più importante. Mi sono divertito anche nelle corse di una settimana (Vingegaard ha vinto la Volta ao Algarve ed è arrivato secondo al Delfinato, ndr). Ma non posso dimenticare di essere caduto alla Parigi-Nizza e quella commozione cerebrale mi ha messo fuori gioco e ha condizionato il seguito della primavera. Non abbiamo ancora definito il piano con la squadra, certo ho le mie idee e i miei desideri. Il Tour è così importante che sicuramente farà parte del calendario, vedremo se anche il Giro potrà essere incluso. Sarebbe fantastico. Vincere tutti e tre i Grandi Giri è il sogno di ogni ciclista. Quindi è qualcosa di molto importante, sarei molto felice di andare al Giro».

Vuelta Espana 2025, Bola del MUndo, Jonas Vingegaard, Matteo Jorgenson
Il successo alla Bola del Mondo ha incorniciato la Vuelta di Vingegaard: a Madrid l’inomani non si sarebbe corso
Vuelta Espana 2025, Bola del Mundo, Jonas Vingegaard, Matteo Jorgenson
Il successo alla Bola del Mundo ha incorniciato la Vuelta di Vingegaard: a Madrid l’inomani non si sarebbe corso

Il Tour non si molla

Il Tour non si molla: impossibile immaginare che il danese decida di saltarlo finché sarà uno dei pochi pretendenti credibili. Perché dovrebbe farlo? Con Pogacar è il solo a poter scavare un baratro rispetto alla concorrenza e non è detto che lo sloveno sia sempre inattaccabile. Un’intervista di Wellens pochi giorni fa ha rivelato che il campione del mondo abbia corso l’ultima Grande Boucle con forti dolori a un ginocchio e in squadra si sia anche temuto che potesse ritirarsi. Vingegaard era lì e sarebbe ancora lì per approfittare di ogni cedimento, indotto grazie ai suoi attacchi o dettato dalle circostanze.

«Salterei il Tour – ha spiegato – solo se capissi di non poter lottare per la vittoria. Penso che il Tour sia così importante che le squadre che abbiano un pretendente alla vittoria vogliono portarlo. Questo vale per me e immagino anche per Tadej. Anche se non volessimo andarci, penso che dovremmo comunque accettarlo. Questo non significa che non mi piaccia, intendiamoci, perché il Tour è qualcosa di immenso che ha il suo fascino. E’ molto più grande della Vuelta, non posso parlare del Giro. In Francia, arrivi sul podio per firmare e ci sono trenta giornalisti che vogliono chiederti qualcosa. Alla Vuelta, scendevo dal palco e pensavo: “Ce ne sono solo due, così mi piace”. E’ questo che rende il Tour così faticoso. I media, il protocollo, i trasferimenti, ma è anche ciò che lo rende speciale. Lo capisci solo quando ci sei dentro».

Campionati europei Drome et Ardeche, Jonas Vingegaard, Tadej Pogacar
Non capita spesso di vedere Vingegaard e Pogacar contrapposti fuori dal Tour: qui sono agli europei
Campionati europei Drome et Ardeche, Jonas Vingegaard, Tadej Pogacar
Non capita spesso di vedere Vingegaard e Pogacar contrapposti fuori dal Tour: qui sono agli europei

In questo incastro maniacale di ritiri e corse, Vingegaard ammette che farebbe fatica a programmare la Liegi, che pure gli piace, perché in quel periodo solitamente si trova in altura. Allo stesso modo, pur ammettendo il fascino del mondiale di Montreal, dice che se dovesse fare la Vuelta troverebbe difficile prevedere il viaggio in Canada. Una visione a scomparti ben divisi. C’è davvero posto per il Giro d’Italia nel suo calendario?

Filippo Agostinacchio, EF Education-EasyPost-Oalty, Liguria, novembre 2025

Filippo Agostinacchio: il WorldTour rimandato di un anno

07.11.2025
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Sulle strade della Liguria, Filippo Agostinacchio è già tornato a pedalare in vista della stagione di ciclocross. Una settimana di allenamenti passata a sfruttare il clima favorevole della costa, con un sole ancora caldo sopra la testa (nella foto di apertura durante un allenamento). 

«Ho iniziato a far girare le gambe e prepararmi per la stagione invernale – racconta il più grande dei due fratelli – sono venuto qui in Liguria insieme a un amico. Abbiamo affittato un appartamento e ci stiamo allenando lontani dal freddo di Aosta».

Filippo Agostinacchio, EF Education-EasyPost-Oalty, Liguria, novembre 2025
Filippo Agostinacchio durante uno dei primi allenamenti in maglia EF Education-EasyPost-Oalty
Filippo Agostinacchio, EF Education-EasyPost-Oalty, Liguria, novembre 2025
Filippo Agostinacchio durante uno dei primi allenamenti in maglia EF Education-EasyPost-Oalty

Il cross

Una ripresa che lo ha già visto indossare la maglia della EF Education-EasyPost-Oatly con la quale correrà nella stagione del ciclocross. Il valdostano è alla ricerca della condizione, l’esordio nel fuoristrada non è lontano e c’è da lavorare

«La ripresa degli allenamenti sta andando bene, a livello metabolico – racconta – mentre sotto l’aspetto fisico ho un problemino al ginocchio da sistemare. Nulla di grave, è un edema osseo al terzo distale del femore che mi causa un leggero fastidio. Si tratta di un problema che arriva a causa di diversi microtraumi. In bici riesco ad andare e allenarmi senza problemi, per il momento ho interrotto palestra e corsa. Metabolicamente posso lavorare e arrivare in condizione alle prime gare di ciclocross, dovrei iniziare il 7 dicembre in Sardegna».

Il 2025 per Filippo Agostinacchio è stato l’anno della consacrazione tra gli U23: qui nella vittoria di tappa al Giro Next Gen (foto La Presse)
Il 2025 per Filippo Agostinacchio è stato l’anno della consacrazione tra gli U23: qui nella vittoria di tappa al Giro Next Gen (foto La Presse)
Ti stai già allenando con la nuova divisa…

E’ quella del team di ciclocross, ha la stessa grafica di quella WorldTour. Posso indossarla per via dell’accordo “tre parti” dell’UCI, il prevede che su strada continuerò a correre con la squadra di provenienza, e per il ciclocross correrò con la EF Education-EasyPost-Oalty. 

L’anno prossimo non correrai più con la Biesse-Carrera-Premac?

In realtà qui arriva la novità, in realtà nel 2026 su strada correrò ancora con loro. Alla fine per me non si è liberato il posto nella formazione WorldTour. A causa di certe dinamiche interne al team non si è trovato il modo di farmi passare con la EF Education-EasyPost.

Nonostante gli ottimi risultati per Agostinacchio, a causa di sfortunate coincidenze, non si sono aperte le porte del WorldTour
Nonostante gli ottimi risultati per Agostinacchio, a causa di sfortunate coincidenze, non si sono aperte le porte del WorldTour
Come mai?

Perché secondo gli accordi iniziali, presi a maggio, dovevo passare nel devo team, poi la mia stagione è decollata e mi hanno detto che avrebbero preferito farmi entrare nel WorldTour. In squadra si sarebbero liberati tre posti, ma altri atleti avevano già firmato a maggio per subentrare. Dovevano uscire altri corridori ma così non è stato (Carapaz doveva essere uno di quelli, ma dopo tante voci di mercato dovrebbe proseguire con la EF Education-EasyPost, ndr). Io dovrei entrare in squadra nel 2026 come stagista e passare ufficialmente nel 2027.

Dopo una stagione dove sei andato davvero forte che effetto fa non passare professionista?

Diciamo che era l’anno sfortunato per raccogliere così tanti risultati, molte squadre cambiano licenza, visto che è finito il triennio, altre si uniscono. D’altro canto la EF Education era l’unico team che mi avrebbe fatto correre nel cross. Infatti hanno comunque messo in piedi una formazione per me e mio fratello, quindi credo in questo progetto. 

Marco Milesi e la Biesse, una volta saputo che Agostinachio non sarebbe passato pro’ lo hanno accolto per un altro anno
Marco Milesi e la Biesse, una volta saputo che Agostinachio non sarebbe passato pro’ lo hanno accolto per un altro anno
Che inverno sarà?

Se avessi saputo prima quella che poi è stata la decisione finale, avrei gestito diversamente gli ultimi mesi su strada e avrei prolungato la stagione del ciclocross. A settembre avevamo deciso insieme alla EF Education di fare due mesi intensi, poi staccare e ripartire a dicembre. Alla fine il mio calendario con la formazione di ciclocross prevederà quindici gare. Dopo l’esordio in Sardegna partirò insieme a mio fratello per il Belgio e staremo lì tre settimane per correre. Saremo in un appartamento insieme a un massaggiatore e con nostro padre come accompagnatore e diesse. 

Nel 2026 sarai elite, hai già parlato con la Biesse del calendario?

Devo ringraziarli perché appena hanno saputo della situazione, si sono messi a disposizione e mi hanno tenuto con loro. Dovremo decidere bene quali gare fare e come gestirmi, anche perché sanno che poi ad agosto dovrei andare a fare lo stagista con la EF Education-EasyPost. 

Da sinistra: Mattia Agostinacchio, Filippo Agostinacchio, EF Education-EasyPost-Oalty, ciclocross, novembre 2025
I due fratelli Agostinacchio avranno modo di correre insieme nel cross, su strada ci sarà da attendere ancora un altro anno
Da sinistra: Mattia Agostinacchio, Filippo Agostinacchio, EF Education-EasyPost-Oalty, ciclocross, novembre 2025
I due fratelli Agostinacchio avranno modo di correre insieme nel cross, su strada ci sarà da attendere ancora un altro anno
Pensi di poter vivere il 2026 su strada in maniera più tranquilla?

Di tranquillo nella mia carriera non c’è stato praticamente nulla (dice con una risata, ndr). Ho parlato con il mio procuratore e sono in contatto con Vaughters che è il general manager, quindi sono abbastanza tranquillo. Spero non ci siano problemi e di aver modo di fare le cose al meglio, a partire da questo inverno con il ciclocross.

Avrai comunque modo di stare vicino a tuo fratello?

Assolutamente, per un paio di giorni sono ancora il suo preparatore (dice ancora ridendo, ndr). Poi avrò modo di stargli vicino e aiutarlo in questo primo anno di WorldTour.

Gasparotto cambia e torna a un antico amore

Gasparotto cambia e torna a un antico amore

07.11.2025
5 min
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Chiusa la sua esperienza alla Red Bull, Enrico Gasparotto approda alla Bahrain Victorious e per lui è quasi un ritorno alle origini. Nel team arabo ha infatti vissuto due stagioni da corridore, nel 2017 e l’anno successivo, quand’era quasi agli sgoccioli della sua fruttuosa carriera da corridore. L’ambiente giusto per ripartire dopo un’esperienza nel team tedesco durata un quadriennio nel quale ha imparato molto, ma sa che ora si riparte su nuove basi.

Il quarantatreenne di Sacile, appena chiusa la carriera di corridore è sempre rimasto nel ciclismo
Il quarantatreenne di Sacile, appena chiusa la carriera di corridore è sempre rimasto nel ciclismo
Il quarantatreenne di Sacile, appena chiusa la carriera di corridore è sempre rimasto nel ciclismo
Il quarantatreenne di Sacile, appena chiusa la carriera di corridore è sempre rimasto nel ciclismo

Tornare a casa dopo 7 anni non è mai semplice. L’Odissea di Ulisse insegna che le cose cambiano nel frattempo: «Molta strada la Bahrain ha fatto da quell’epoca. E anche molte persone nuove sono arrivate all’interno del team. Conosco il management, conosco Milan Erzen perché c’era già, conosco Vladimir Miholjevic perché abbiamo anche corso assieme in Liquigas come con Pellizotti. O con Bozic per esempio, parlando di direttori sportivi, però il resto dello staff per me è tutto nuovo, ma è anche bello ogni tanto vedere facce nuove e cambiare ambienti per avere nuovi stimoli».

Tu hai militato con loro nel 2017 e 2018, che anni furono quelli per te lì?

Intanto porto con me i ricordi di aver fatto parte del Giro d’Italia dove Nibali colse il podio nel 2017. Era il primo podio in un grande giro perché era il primo che facevamo come team Bahrain e con lo Squalo cogliere quel risultato è stata una grande soddisfazione. Poi ho partecipato a diverse gare con Colbrelli, che ho aiutato a cogliere i suoi primi successi. Quando è esploso con vittorie importanti, io non c’ero più, ma sono contento di averlo visto sbocciare. All’epoca era la prima esperienza post Bardiani, nel WorldTour ed ero affiancato a lui in diverse gare, quindi sono stato partecipe dei suoi successi e abbiamo iniziato una grande amicizia ancora viva. E a tal proposito c’è qualcosa che vorrei chiarire…

Gasparotto ha chiuso un quadriennio nella Red Bull Bora Hansgrohe partecipando alla sua evoluzione
Gasparotto ha chiuso un quadriennio nella Red Bull Bora Hansgrohe partecipando alla sua evoluzione
Gasparotto ha chiuso un quadriennio nella Red Bull Bora Hansgrohe partecipando alla sua evoluzione
Gasparotto ha chiuso un quadriennio nella Red Bull Bora Hansgrohe partecipando alla sua evoluzione
Riguarda il vostro passaggio di consegne?

Non è stato tale. Leggere che sono il rimpiazzo di Sonny mi è dispiaciuto, sono due cose completamente disgiunte. Io con Sonny mi sento quasi quotidianamente, siamo amici veri, è come mettere zizzania fra noi e non è giusto. Ho bellissimi ricordi con lui e questo è quello che voglio portarmi con me in Bahrain.

Come risultati che cosa ricordi?

Innanzitutto che nel 2018 feci terzo all’Amstel in maglia Bahrain, il mio il mio ultimo podio in quella che per me era come una seconda casa. Poi sesto alla Liegi. La fine della carriera si avvicinava (si sarebbe ritirato due anni dopo, ndr) ma ero ancora competitivo ad alti livelli.

Alla Bahrain Gasparotto ha corso due anni, vincendo l'Amstel Gold Race nel 2018
Alla Bahrain Gasparotto ha corso due anni, vincendo l’Amstel Gold Race nel 2018
Alla Bahrain Gasparotto ha corso due anni, vincendo l'Amstel Gold Race nel 2018
Alla Bahrain Gasparotto ha corso due anni, vincendo l’Amstel Gold Race nel 2018
Quei due anni hanno avuto un influsso nel tuo futuro, nel fatto che sei diventato un direttore sportivo di grande successo?

Hanno contribuito, certamente. Quasi tutta la mia carriera è stata nel WorldTour, tranne un anno in Barloworld dove ho vinto tanto, ho fatto risultati importanti e poi due anni alla Wanty dove ho rivinto l’Amstel. Ma quando arrivai alla Bahrain fu uno “step back” nel WorldTour e credo che questo processo di riuscire a rivincere gare importanti con squadre piccole e poi portare questa esperienza nel WorldTour di nuovo e chiudere la mia carriera, questo sì, mi ha aiutato molto nella mia carriera da direttore sportivo.

In quale maniera?

Nell’ultima fase di carriera sono stato affiancato a corridori giovani, Sonny in Bahrain e il compianto Gino Mader in Dimension Data, per cercare di aiutarli a crescere e a capire quello che poi il World Tour significa e le squadre importanti richiedono come impegno. I ragazzi giovani devono anche imparare un po’ a gestire poi quello che è l’approccio della stampa, che all’epoca era molto diverso rispetto ad oggi perché l’influenza dei social media era inferiore, anche se parliamo di 7-8 anni fa.

Enrico insieme a Kreuziger in un'Amstel. Oggi i due sono colleghi nello stesso team
Enrico insieme a Kreuziger in un’Amstel. Oggi i due sono colleghi nello stesso team
Enrico insieme a Kreuziger in un'Amstel. Oggi i due sono colleghi nello stesso team
Enrico insieme a Kreuziger in un’Amstel. Oggi i due sono colleghi nello stesso team
Nella Bahrain c’è una forte componente slovena, non solo per il fatto che c’è Milan Erzen ai vertici. Era già così quando tu ci correvi?

Quando Bahrain ha iniziato nel WorldTour si è appoggiata al gruppo Nibali e quindi c’era un entourage italiano, molto più staff italiano. Oggi il baricentro è spostato in Slovenia, ho avuto occasione di visitare il loro magazzino a Novo Mesto. Hanno molte più persone dello staff slovene, ma credo che ci sia molta più internazionalità rispetto a prima. Abbiamo fatto un performance meeting con i vari direttori sportivi, allenatori, dottori, nutrizionisti e in realtà su 30 persone c’erano 16 nazionalità diverse…

Come la Red Bull?

Su quella strada, ma la Red Bull secondo me ha veramente un’incidenza internazionale a tutti i livelli soprattutto da quando la Red Bull stessa è entrata come proprietario e co-owner del team. C’è un’internazionalità incredibile e per questo secondo me il Bahrain sta andando in quella direzione lì. Poi i paragoni sono sempre difficili da fare perché i budget sono diversi nel team.

Insieme a Nibali e Colbrelli. In quegli anni la Bahrain aveva una forte impronta italiana
Insieme a Nibali e Colbrelli. In quegli anni la Bahrain aveva una forte impronta italiana
Insieme a Nibali. In quegli anni la Bahrain aveva una forte impronta italiana
Insieme a Nibali. In quegli anni la Bahrain aveva una forte impronta italiana
Che idea ti sei fatto come primo approccio?

L’età media è relativamente bassa. C’è un grande numero di giovani, promettenti e quindi faremo il primo ritiro a dicembre e avrò tempo di incontrarli, conoscerli, inquadrarli. Per questo prevedo che farò entrambi i team camp che ci saranno a dicembre e gennaio appunto per trascorrere tempo insieme e capire quel che ci sarà da fare.

red Bull Bora

Ricerca del limite: cosa troverà Remco alla Red Bull-Bora?

07.11.2025
5 min
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Qualche tempo fa, durante una conferenza stampa, Ralph Denk, patron della Red Bull-Bora, aveva parlato della svolta che sta interessando la sua squadra. Un investimento record di 50 milioni di euro, nuovi ingressi e una struttura sempre più multidisciplinare per limare i famosi marginal gains e alzare ulteriormente l’asticella. A tutto ciò si è aggiunto l’arrivo di Remco Evenepoel, insieme ad alcune persone a lui vicine, come Matteo Cattaneo e il direttore sportivo Sven Vanthourenhout.

Remco Evenepoel (classe 2000) approderà alla Red Bull. Un progetto di grandi ambizioni che ruota attorno a lui. Saprà supportare la pressione?
Remco Evenepoel (classe 2000) approderà alla Red Bull. Un progetto di grandi ambizioni che ruota attorno a lui. Saprà supportare la pressione?

A capo dei vari settori operano figure di spicco come Dan Bigham per l’aerodinamica, Asker Jeukendrup per l’alimentazione, Peter Kloppel per il mental coaching e Dan Lorang per la performance, in particolare per l’endurance. Tutti nomi di altissimo livello: Bigham contribuì allo sviluppo aerodinamico della Ineos Grenadiers e fu lui stesso a stabilire il record dell’Ora, poi battuto da Filippo Ganna, che sfruttò proprio quegli studi. Klöppel ha lavorato con Max Verstappen in Formula 1.

Per capire meglio come funziona questa macchina perfetta, abbiamo parlato con Matteo Sobrero, in procinto di passare dalla Red Bull Bora, appunto, alla Lidl-Trek. E’ lui a raccontarci il metodo Red Bull-Bora e cosa potrà trovare Evenepoel in questo nuovo ambiente. In fin dei conti, quando il belga ha avuto le maggiori pressioni, non sempre ha brillato. Ora, tutto ciò che riguarda la performance, in teoria, dovrebbe tranquillizzarlo. In teoria…

Matteo Sobrero è stato per due anni alla Reb Bull e ha notato grandi cambiamenti nell’ultima stagione
Matteo Sobrero è stato per due anni alla Reb Bull e ha notato grandi cambiamenti nell’ultima stagione
E quindi Matteo, si avverte anche all’interno, così come da fuori, questa ricerca dell’estremo in Red Bull-Bora?

Sì, si avverte eccome. Ma onestamente, e non che sia una critica, non è nulla di nuovo: è ciò che succede anche in altri top team. Almeno nelle migliori dieci squadre del mondo. Direi che si avverte più nel ciclismo in generale che solo nella Red Bull-Bora. Ormai in tanti hanno figure simili. La Ineos Grenadiers fu la prima a intervenire in modo massiccio sull’alimentazione e poi la Visma-Lease a Bike ha fatto un ulteriore step, proprio con Jeukendrup, e gli altri man mano hanno seguito.

I famosi marginal gain…

E’ la filosofia del ciclismo attuale: stare al passo coi tempi, e in alcuni casi, come per le squadre migliori, cercare di anticiparli. Red Bull ha investito tanto in altri sport e ora sta facendo lo stesso nel ciclismo, puntando su quei reparti dove ritiene di poter migliorare ancora.

Vogliono essere i numeri uno…

Esatto, non tra i migliori, ma i migliori. Il problema è che lo vogliono anche altri team! Va detto che io sono passato professionista nel 2020 e ho già cambiato diverse squadre: la grande differenza che ho notato è che rispetto agli altri team, anche se internazionali, qui c’è un clima più “aziendale”. Non c’è la familiarità di un tempo: soprattutto in questo ultimo anno si è avvertito questo cambiamento. Ognuno ha un settore di riferimento e dà il massimo nel proprio ambito.

red Bull Bora, Lipowitz e Roglic
Non solo staff di elevata qualità. Nel parco top rider della Reb Bull ci sono anche Roglic e Lipowitz (in foto), Pellizzari, Vlasov, Hindley, Martinez…
red Bull Bora, Lipowitz e Roglic
Non solo staff di elevata qualità. Nel parco top rider della Reb Bull ci sono anche Roglic e Lipowitz (in foto), Pellizzari, Vlasov, Hindley, Martinez…
Tu come ti sei trovato?

Personalmente ho lavorato bene con tutti loro, ma nei top team è così. Il bello di questo ciclismo è che i grandi investimenti spingono tutto e tutti verso l’alto, il brutto è che si perde un po’ l’aspetto umano. Le squadre oggi contano quasi 200 persone: c’è gente che vedi al primo ritiro di ottobre e poi non rivedi più per il resto dell’anno.

Parliamo di Lorang: qual è il suo ruolo? Cosa significa che cura la parte endurance?

Lui viene dal triathlon, dove è stato un vero guru. Red Bull seguiva già quel mondo e quando è subentrata nel ciclismo lo ha nominato responsabile della preparazione. E’ lui che organizza e supervisiona gli altri coach. Poi, se devo essere sincero, non so cosa faccia nel dettaglio, ma so che è una persona che fa molta ricerca, studia e si aggiorna sui nuovi metodi di lavoro. E’ un “ricercatore della ricerca”. In poche parole, se la Red Bull non performava, come si dice oggi, lui interveniva per capire cosa non funzionasse.

Passiamo a Jeukendrup, quindi dell’alimentazione: tu come ti confrontavi con lui?

Premetto che noi italiani veniamo da una cultura alimentare che ci porta naturalmente a essere equilibrati nel mangiare. Siamo bilanciati, come dicevano anche in Red Bull. Solo che lì lo sei al grammo. Asker ha inventato una App, “Food Coach”, con cui sei collegato al tuo nutrizionista di riferimento e ad ogni pasto inserisci cosa e quanto hai mangiato. Jeukendrup è sempre stato un ricercatore per Red Bull, poi era passato alla Visma, ma quando Red Bull ha preso in mano la squadra lo ha richiamato. Le sue ricerche funzionano, e nei Grandi Giri il suo sistema fa la differenza. Però ormai certe metodologie le adottano anche gli altri. Torno al punto di prima: tutto il ciclismo si è allineato verso l’estremo.

Ogni cosa non solo deve essere pesata ma deve essere inserita nella App apposita: in tal modo il nutrizionista di riferimento (e anche l’atleta) sa quanto e cosa deve mangiare e consumare
Ogni cosa non solo deve essere pesata ma deve essere inserita nella App apposita: in tal modo il nutrizionista di riferimento (e anche l’atleta) sa quanto e cosa deve mangiare e consumare
Tutto al limite insomma, Matteo. Ma a livello mentale tutto questo quanto pesa sul corridore? Per un Evenepoel che arriva con già mille pressioni e aspettative, tutto questo peserà?

Eh, un po’ pesa! Ci sono corridori a cui pesa di più e altri a cui pesa di meno. Anche se per certi aspetti è più facile, perché non devi pensare a nulla, ci sono atleti che sono professionisti da dieci anni, hanno sempre fatto in un modo e gli è andata bene: cambiare non è scontato per loro. In quel caso serve la lucidità di dire: «Lo faccio perché è un investimento su me stesso». C’è molta attenzione e per questo servono figure come il mental coach, che aiutano a mantenere equilibrio.

Sei sul filo…

Il quadro generale è quello che abbiamo illustrato. Si fanno sacrifici per arrivare al limite, ma il rischio è quello di finire in burnout. Ed è un problema sempre più comune: tanti ragazzi poi smettono quasi all’improvviso. Spetta allo psicologo evitare che si superi quella linea sottile tra perfezione e logoramento.

Francesco Busatto è nato l'1 novembre 2002 a Bassano del Grappa ed abita a Mussolente (foto Fan Club Busatto)

Busatto tra fan club e compleanno prima di partire con la Alpecin

06.11.2025
5 min
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La serata col fan club di venerdì scorso ha tirato la volata al suo 23esimo compleanno del giorno successivo. Ad inizio novembre la modalità “off season” di Francesco Busatto è già ben attivata, apposta per trascorrere qualche ora assieme a tifosi ed amici. Da Liegi è arrivato pure il mitico Florio Santin, riferimento imprescindibile in Belgio per gli italiani e che cura la sezione locale dedicata al pro’ veneto. Il tempo dei bilanci è anche l’occasione stavolta anche per guardare al futuro che sarà con i colori della Alpecin-Deceuninck.

Manca ancora l’annuncio da parte della nuova squadra ed è singolare che ancora non sia arrivato, ma il suo trasferimento è un segreto di Pulcinella che ormai circola da diversi mesi. Incontrammo Busatto al Tour de Pologne e ci confidò che il passaggio nel team di Van der Poel e Philipsen era cosa fatta, però l’Intermarché-Wanty aveva in quel momento (ed ha tutt’ora) altre questioni più scottanti da risolvere legate alla fusione con la Lotto.

Forse in tutto ciò, tutte le parti in causa stanno attendendo che si sblocchi qualcosa per ufficializzare il passaggio di Francesco. Nel frattempo lui ha salutato e ringraziato la ex squadra attraverso un post su instagram, ricordando come l’esperienza di tre anni, prima nel devo team poi nella formazione WorldTour, sia stata indimenticabile e fondamentale per la sua crescita.

Busatto aveva trovato l'accordo con la Alpecin prima che ad agosto si parlasse della fusione Lotto-Intermarché
Busatto aveva trovato l’accordo con la Alpecin prima che ad agosto si parlasse della fusione Lotto-Intermarché
Busatto aveva trovato l'accordo con la Alpecin prima che ad agosto si parlasse della fusione Lotto-Intermarché
Busatto aveva trovato l’accordo con la Alpecin prima che ad agosto si parlasse della fusione Lotto-Intermarché

Giocata d’anticipo

Lo spettro dell’unione tra Lotto ed Intermarché ha cominciato a profilarsi attorno a metà stagione. Una fusione tra due team, lo abbiamo detto tante volte e a maggior ragione di questa entità, non è mai una notizia necessariamente positiva. Al di là dello status che prenderà il nuovo team (si lavora per mantenere la licenza WorldTour), il grosso guaio sono gli esuberi di atleti e staff da gestire, tenendo conto che entrambe hanno un devo team. In questo senso Busatto è riuscito ad oltrepassare l’ostacolo.

«Avevo il contratto in scadenza – spiega il ragazzo di Mussolente – ed avevo iniziato a guardarmi attorno, anche perché avevo ricevuto diverse proposte per il 2026. Personalmente non ho avuto troppe preoccupazioni per la chiusura della Intermarché, perché in pratica avevo già trovato la sistemazione prima delle voci relative anche alla fusione. Tuttavia mi è dispiaciuto vedere e vivere quel clima di poca serenità tra compagni, meccanici, massaggiatori e altre figure.

«Non è bello né semplice andare avanti – prosegue – quando non sai bene come sarà il futuro. Mi sono messo nei loro panni e non è una bella sensazione, anche perché non ci si aspettava una situazione del genere. E’ vero che abbiamo sempre avuto qualche problema di budget, ma è anche vero che la squadra è sempre stata in crescita. Ora spero per chi ancora non è sistemato che la situazione si risolva per il meglio».

Ottimizzare la crescita

Se il presente per Busatto parla ancora di recupero psicofisico, il prossimo biennio in Alpecin sarà focalizzato sulla definitiva consacrazione. I numeri ci sono tutti, ad esempio, per cercare la sua prima vittoria da pro’ e non solo.

«Quando abbiamo parlato – racconta – mi hanno spiegato le loro intenzioni nei miei confronti. Sono stati abbastanza chiari e diretti. Vorrebbero farmi diventare un corridore per le classiche più impegnative e dure laddove non ci sarà Van der Poel. Diciamo che dall’Amstel in poi, loro puntano su di me. Naturalmente sono molto contento della considerazione e spero di poterli ripagare in fretta.

«Credo – continua Francesco – che la Alpecin sia l’ambiente giusto per fare un bel salto di qualità. L’Intermarché è stata perfetta per crescere, però ora so che posso raccogliere di più o fare ulteriormente meglio. Avrò tanti campioni al mio fianco ed una squadra più improntata sulle classiche adatte a me e in generale. Ovviamente so che devo essere pronto ad essere un supporto importante per i compagni e anche questo è bello stimolo».

La Alpecin punta su Busatto per le classiche più dure in cui non sarà presente Van der Poel
La Alpecin punta su Busatto per le classiche più dure in cui non sarà presente Van der Poel
La Alpecin punta su Busatto per le classiche più dure in cui non sarà presente Van der Poel
La Alpecin punta su Busatto per le classiche più dure in cui non sarà presente Van der Poel

Ritiri e debutto

Nei reiterati paradossi del ciclismo ipermoderno, contrattualmente Busatto è ancora della Intermarché fino al 31 dicembre, ma in pratica può già partecipare ai raduni e ritiri della Alpecin che inizieranno fra qualche settimana pedalando sulla nuova bici ed indossando la divisa della ex squadra.

«Prima di firmare – aggiunge – avevo sentito qualche collega che corre già in Alpecin o che ci era stato. E’ stato però giusto uno scrupolo perché ero già convinto di aver fatto la scelta giusta, vedendo anche i tanti ragazzi che sono andati lì e hanno fatto un bello step in avanti. Insomma, tutto tornava perfetto per me.

«Il primo ritiro – conclude Busatto – lo faremo in Spagna a Benicasim dall’8 al 18 dicembre. Laggiù dovremmo anche stilare una bozza del mio calendario e molto probabilmente il mio 2026 potrebbe iniziare dall’Australia, proprio come ho fatto quest’anno. Sono pronto e motivato per cominciare col nuovo gruppo».