UAE Emirates, le regole per mangiare sul pavé

12.04.2025
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COMPIEGNE (Francia) – La presenza di Pogacar alla Roubaix, come spiegava Pino Toni un paio di giorni fa, significa spingere verso l’alto ogni dettaglio all’interno del UAE Team Emirates. Questo non vuol dire che senza il campione del mondo la squadra sarebbe andate a sfidare il pavé senza ambizioni, ma che certo avrebbe avuto una minore necessità di portare tutto al limite. Superiore attenzione ai sopralluoghi (in apertura foto Fizza/UAE Emirates) e ai settaggi della bicicletta. Una maggiore presenza sui social (anche se questo non inciderà minimamente sulle prestazioni). Superiore attenzione sulla supplementazione in corsa. Va bene garantire a tutti la base migliore, ma ritrovarsi al via con qualcuno che può puntare alla vittoria spinge ad andare oltre il meglio. Anche nel mangiare.

«In realtà – spiega Gorka Prieto, nutrizionista del team – le classiche del Nord e la stessa Roubaix sono diverse da una tappa piatta del Tour perché certo mangiano di più. Ci sono più punti in cui prendere il rifornimento, ma in compenso è più difficile prenderlo. Ci sono gare in cui mangiano le stesse quantità, ma meno punti in cui passargli il sacchetto».

Le barrette in allenamento: per mangiare in corsa nelle classiche si ricorre più spesso a gel e borracce
Le barrette in allenamento: per mangiare in corsa nelle classiche si ricorre più spesso a gel e borracce
I muri del Fiandre, ma anche il primo settore di pavé domani arrivano rispettivamente dopo tre e due ore di corsa: significa che si comincia a mangiare con calma?

Al contrario, iniziamo a mangiare dall’inizio perché altrimenti se ti dimentichi di farlo, puoi arrivare vuoto alle prime fasi impegnative. Quando poi si parla di classiche, mangiano sempre un po’ di più, perché parliamo di percorsi più impegnativi. Il Fiandre è durato 6 ore, mangiano più che in una tappa di 4 ore. Ma per il resto, non c’è niente di così diverso.

Si riesce a quantificare il consumo calorico tra muri e settori di pavé?

Alla fine noi guardiamo i watt, non c’è un modo diverso per guardare l’energia che si spende sul pavé rispetto all’energia che spende in una salita. Se guardiamo i watt, otteniamo le informazioni che ci servono. E dalla nostra osservazione, è venuto fuori che un settore di pavé può essere anche più impegnativo di un tratto in salita. Se si va a tutta, spingono oltre i 420, 450, forse 500 watt che quando sei in salita significa andare a tutta. Anche considerando i watt per chilo, le differenze sono minime.

Per la Roubaix avete studiato qualcosa di particolare da mettere nelle borracce?

Mangiano lo stesso di un’altra gara, non cambia niente. Anche se è cambiato il regolamento sui punti di rifornimento, si riesce a fare tutto lo stesso, perché alla fine mettono più punti. A patto che anche gli organizzatori imparino a sceglierli nel modo giusto. Nelle prime gare, ci siano ritrovati con il rifornimento in discesa e a quelle velocità prendere la borraccia è difficilissimo e anche pericoloso.

Impossibile per Pogacar trovare il tempo per mangiare o bere sui muri: alla Roubaix sarà lo stesso
Impossibile per Pogacar trovare il tempo per mangiare o bere sui muri: alla Roubaix sarà lo stesso
Al Fiandre c’è stato forse il primo caldo vero in gara, domani sarà coperto con rischio di pioggia. Come cambia il consumo dei corridori?

Con il caldo del Fiandre, sapevano di dover assumere ogni ora la quantità pattuita di sodio, che chiaramente è legata alla temperatura. Per questo, quando si dispongono i punti di rifornimento, abbiamo anche noi, come tutte le squadre, un’applicazione in cui si guardano il vento, il caldo, l’umidità, ogni fattore ambientale. Una volta che hai stabilito quali siano le variabili ambientali, puoi mettere più elettroliti oppure più sali o carboidrati.

Quanto tempo prima fate questo tipo di valutazione?

Io lo faccio il giorno prima, quindi oggi. Si può provare ad anticipare, ma mi è capitato di farlo tre giorni prima e di essermi ritrovato con tutt’altro tempo. E’ sempre bene arrivare più vicino possibile. Il giorno prima posso sapere con sufficiente precisione se domani sarà caldo oppure freddo.

Percorsi nervosi, strade strette, alimentazione prevalentemente liquida con aggiunta di gel?

All’inizio magari si mangia più facilmente, ma poi viste le condizioni ambientali, è più facile prendere un gel e spremerlo in bocca. I gel Enervit che usiamo hanno 30-40 grammi di carboidrati e sono più facili rispetto a prendere una barretta, aprirla, mangiare un pezzo col rischio che ti cada. Anche per loro è più semplice mettersi in tasca più gel che barrette.

In che modo si compongono i fatidici 120-130 grammi di carboidrati per ora in una Roubaix?

Non esiste uno schema fisso dei prodotti con cui arrivare a quella quota. La fisiologia del corpo richiede che vengano assunti nella quantità prestabilita, non quale sia il mezzo di trasporto. Quello che importa è mangiare i carboidrati e per le caratteristiche di queste corse, in cui è molto facile cadere, è più semplice prendere borracce e gel e mangiare poi quello che serve.

A che temperatura sono le borracce che passate ai corridori?

Bel tema. Se è caldo, la temperatura giusta perché la digestione sia precisa è da 10 a 13 gradi. La borraccia troppo fredda è un rischio per l’ingestione, ma quando è caldo davvero gliela passiamo ugualmente, perché la usano per versarla in testa e abbassare la temperatura corporea. Ma di base, la borraccia da bere si aggira fra 10 e 13 gradi: non di più e non di meno.

In che modo riesci a gestire tutti questi aspetti se non sei presente alla gara?

Parlo ogni giorno con il corridore, quindi faccio tutto io con il cuoco. Loro hanno tutto su una app, in cui possono vedere la la quantità di cibo che indico. Io parlo con loro, con il cuoco e anche con il direttore. Alla fine, essendo organizzati così, non bisogna essere in tutte le gare. Abbiamo sviluppato questa app con la squadra che permette a me di non essere presente e a loro di verificare tutto nel telefono. In questi giorni ad esempio sono al Giro dei Paesi Baschi, ma credo che ormai in tutte le squadre si regolino così.

Prossima gara dopo i Baschi?

Il Giro d’Italia. Quello ad esempio lo seguirò tutto.

Parigi-Roubaix: i consigli per decifrare il percorso

11.04.2025
6 min
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Due giorni per gli uomini, appena uno per le donne. La Parigi-Roubaix suona al pari di un regolamento di conti per qualcosa che si è messo in moto alla Sanremo, ha fatto il punto al Fiandre e si ripeterà domenica. Sta succedendo quel che un tempo era la regola e che ultimamente si era perso: gli stessi corridori in tutte le corse, anche quelle che in apparenza non sono le più adatte.

Pogacar, Van der Poel, Pedersen, Ganna, Stuyven e poi una rosa che si va allargando, perdendo forse di peso specifico, ma componendo un quadro di altissima competitività. E allora andiamo a guardare come è fatta la terza Monumento del 2025 e in quale scenario si svolgerà la sfida di domenica. 

I tre di Sanremo si sono incrociati nuovamente al Fiandre e ora, assieme a Pedersen e Van Aert, si sfideranno ancora a Roubaix
I tre di Sanremo si sono incrociati nuovamente al Fiandre e ora, assieme a Pedersen e Van Aert, si sfideranno ancora a Roubaix

400 metri di differenza

La Parigi-Roubaix numero 122 misura 259,2 chilometri. Il via sarà dato alle 11,10 da Compiegne, l’arrivo è previsto fra le 17,03 e le 17,35 nel velodromo di Roubaix. Le previsioni del tempo sono da qualche giorno tendenti al brutto. Dovrebbe piovere e la pioggia su quelle strade potrebbe riscrivere verdetti già scolpiti.

Il chilometraggio complessivo dei settori in pavé sarà leggermente inferiore rispetto allo scorso anno. Partendo dal primo di Troisvilles (chilometro 95), si contano 30 settori per un totale di 55,3 chilometri (in calo rispetto ai 55,7 del 2024). Differenza di 400 metri che può dire poco come fare la differenza tra chi vince e chi perde.

Vinto il Fiandre, Pogacar è ora puntato sulla Roubaix. Poi per lui, Amstel, Freccia e Liegi.
Vinto il Fiandre, Pogacar è ora puntato sulla Roubaix. Poi per lui, Amstel, Freccia e Liegi.

I 31 settori di pavé e le loro stelle

Ecco a seguire i 30 settori di pavé che decideranno la Parigi-Roubaix numero 112. Il primo a Troisville, l’ultimo in quel breve tratto lastricato prima di entrare nel velodromo. Sono tre quelli a 5 stelle, salgono a sei quelli a 4 stelle. La numerazione è inversa rispetto all’avvicinamento al traguardo. Il settore numero 8 è composto da due tratti di pavé. Le donne affronteranno gli ultimi 17 settori.

N.Settore (km fatti – lunghezza)Difficoltà
30Troisvilles a Inchy (km 95,8 – 2,2 km)⭐⭐⭐
29Viesly a Quiévy (km 102,3 – 1,8 km)⭐⭐
28Quiévy a Saint-Python (km 104,9 – 3,7 km)⭐⭐⭐⭐
27Saint-Python (km 109,6 – 1,5 km)⭐⭐
26Vertain a Saint-Martin-sur-Ecaillon (km 116,7 – 2,3 km)⭐⭐⭐
25Verchaing-Maugré a Quérénaing (km 128 – 1,6 km)⭐⭐⭐
24Quérénaing a Artres (km 130,9 – 1,3 km)⭐⭐
23Artres a Famars (km 133,8 – 1,2 km)⭐⭐⭐
22Quérénaing a Maing (km 138,5 – 2,5 km)⭐⭐⭐
21Maing a Moncheaux-sur-Ecaillon (km 141,6 – 1,6 km)⭐⭐⭐
20Haveluy a Wallers (km 154,5 – 2,5 km)⭐⭐⭐⭐
19Trouée d’Arenberg (km 163,9 – 2,3 km)⭐⭐⭐⭐⭐
18Wallers a Hélesmes (km 170 – 1,6 km)⭐⭐⭐
17Hornaing a Wandignies (km 176,8 – 3,7 km) ⭐⭐⭐⭐
16Warlaing a Brillon (km 184,2 – 2,4 km)⭐⭐⭐
15Tilloy to Sars-et-Rosières (km 187,7 – 2,4 km)⭐⭐⭐⭐
14Beuvry a la Forét a Orchies (km 194,1 – 1,4 km)⭐⭐⭐
13Orchies (km 199,1 – 1,7 km)⭐⭐⭐
12Auchy lez Orchies a Bersée (km 205,2 – 2,7 km)⭐⭐⭐⭐
11Mons-en-Pévèle (km 210,6 – 3 km)⭐⭐⭐⭐⭐
10Mérignies to Avelin (km 216,7 – 0,7 km)⭐⭐
9Pont-Thibault à Ennevelin (km 220 – 1,4 km)⭐⭐⭐
8Templeuve – L’Epinette (km 225,4 – 0,2 km)
8Templeuve – Moulin-de-Vertain (km 226 – 0,5 km)⭐⭐
7Cysoing to Bourghelles (km 232,4 – 1,3 km)⭐⭐⭐
6Bourghelles to Wannehain (km 234,9 – 1,1 km)⭐⭐⭐
5Camphin-en-Pévèle (km 239,4 – 1,8 km)⭐⭐⭐⭐
4Carrefour de l’Arbre (km 242,1 – 2,1 km)⭐⭐⭐⭐⭐
3Gruson (km 244,4 – 1,1 km) ⭐⭐
2Willems to Hem (km 251,1 – 1,4 km)⭐⭐
1Roubaix, Espace Crupelandt (km 257,8 – 0,3 km)

L’ingresso nella Foresta

Di nuovo rispetto allo scorso anno, ma in continuità rispetto alla chicane del 2024, la deviazione prima dell’ingresso di Arenberg toglie dal mazzo la situazione potenzialmente più pericolosa. Parlandone con i media, il direttore di gara, Thierry Gouvenou, ha spiegato la logica alla base della scelta di disegnare un anello attorno a Querenaing con due nuovi settori di pavé, lunghi rispettivamente 1.300 e 1.200 metri.

«Non sono particolarmente difficili – ha spiegato – ma significa che avremo cinque settori consecutivi senza asfalto. A quel punto, prima di entrare nella Foresta, i corridori faranno una deviazione attraverso il sito minerario di Arenberg. Ci saranno quattro curve a 90 gradi nel volgere di 600 metri. L’approccio al settore dovrebbe essere quindi più fluido rispetto al tornante che avevamo disegnato lo scorso anno. La comunità di Porte du Hainaut ha fatto riasfaltare un piccolo tratto che necessitava di rattoppi».

L’ispirazione di Stablinski

Inserita nel percorso nel 1968 per l’insistenza del francese Stablinski, la foresta di Wallers-Arenberg è il passaggio più suggestivo della gara. Il vero nome del settore, per come riportato sulla guida tecnica, è Trouée d’Arenberg, mentre il nome della strada è La Drève des Boules d’Hérin.

Si incontra a 90 chilometri dall’arrivo e il colpo d’occhio è spettrale e affascinante, come una lama di 2,3 chilometri inizialmente in discesa, che taglia in due la distesa di alberi alti. Nel giorno della corsa, i bordi sono assaliti da una massa di persone che lasciano ai corridori a malapena lo spazio per passare. Il posizionamento in gruppo prima della Foresta è fondamentale ed è questo il motivo per cui i chilometri precedenti sono sempre stati teatro di volate, spallate e varie… cortesie.

Roubaix 2023, Van Aert fora nel Carrefour de l’Arbre, Van der Poel prende il largo
Roubaix 2023, Van Aert fora nel Carrefour de l’Arbre, Van der Poel prende il largo

Due settori a 5 stelle

Dentro e fuori in continuazione, con i massaggiatori all’uscita dei settori di pavé e gli uomini con le ruote che spuntano sul ciglio in ogni situazione critica.  Oltre alla Foresta, i settori a cinque stelle sono Mons en Pévèle e il Carrefour de l’Arbre.

Il primo (numero 11) è lungo 3 chilometri e si incontra a 48,6 chilometri dal traguardo di Roubaix. I corridori sono già oltre la fatidica soglia dei 200 chilometri e sanno che hanno davanti il settore più malconcio dell’intero menù.

Il secondo (numero 4) invece è lungo 2,1 chilometri e si trova 17 chilometri dal traguardo. Sarà per la fatica o per la sua durezza, è il pavé che decide la corsa, con il fondo scassato e curve tecniche che favoriscono chi è più bravo a guidare.

A quel punto non resta che il glorioso arrivo nel velodromo André Pétrieux: una pista in cemento lunga poco meno di 500 metri, sulla quale i corridori devono ancora completare due giri.

La Roubaix Femmes del 2024 è stata vinta da Lotte Kopecky in volata su Elisa Balsamo
La Roubaix Femmes del 2024 è stata vinta da Lotte Kopecky in volata su Elisa Balsamo

La quinta per le donne

La quinta edizione della Parigi-Roubaix Femmes partirà domattina da Denain, su una distanza totale di 148,5 chilometri, la stessa del 2024. Resta invariato anche il conteggio dei chilometri sul pavé: le donne affronteranno gli ultimi 17 settori del percorso maschile, per un totale di 29,2 chilometri. Per loro non è prevista la Foresta di Arenberg, ma sulla via della parità anche questo potrebbe essere un muro da abbattere.

I vincitori uscenti delle due Roubaix sono da un lato Mathieu Van der Poel e dall’altro Lotte Kopecky, entrambi iridati al momento del trionfo francese, come già accaduto nel recente Fiandre. Con Pogacar lanciato alla conquista del celebre blocco di pavé e la belga in grande spolvero, l’opzione è nuovamente sul tappeto.

Scalco vuole una stagione da protagonista tra gli U23

11.04.2025
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Matteo Scalco è uno dei ragazzi della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè che è entrato nella squadra di Bruno e Roberto Reverberi dalla porta del progetto giovani e ora si trova a bussare al piano superiore. Al suo terzo anno nella professional italiana il giovane di Thiene ha progetti ambiziosi, consapevole che il tempo di imparare c’è, ma è anche ora di mettere in pratica quanto visto. 

Scalco ha iniziato la stagione correndo tanto con i professionisti e alzando l’asticella della gare a cui ha preso parte
Scalco ha iniziato la stagione correndo tanto con i professionisti e alzando l’asticella della gare a cui ha preso parte

Altalena

Lo stesso discorso fatto per Turconi vale per Scalco e gli altri ragazzi che da un po’ militano nel progetto under 23. La stagione scorsa è servita per capire cosa serve per essere competitivi, ora è il momento di esserlo.

«Essere qui – racconta Matteo Scalco – è come essere in un devo team. Solo che noi l’abbiamo interna e siamo parte di un’unica formazione. L’obiettivo è quello di provare a crescere, fare esperienza al di là (tra i professionisti, ndr) dove c’è il vero ciclismo. Dopo quando torniamo tra gli under 23 lo facciamo per provare a cogliere il risultato, e fare la gara».

Gli impegni tra gli U23 rimangono centrali nella sua crescita
Gli impegni tra gli U23 rimangono centrali nella sua crescita
Com’è stato l’approccio con il ciclismo dei grandi all’inizio di questa stagione? 

Ho iniziato subito con la Valenciana e il Gran Camino, dopo sono andato alla Tirreno-Adriatico. Tutte gare di un livello alto, forse l’unica era il Gran Camiño, che era un po’ più semplice. Però alla fine sei sempre accanto a corridori dalle ottime qualità. 

Hai alzato la qualità delle gare rispetto allo scorso anno, come ti sei trovato?

Bene, devo dire. Già l’anno scorso ho fatto metà stagione con gli under e metà con i professionisti. Fa tutto parte di un “piano di avvicinamento” per arrivare a fare quei ritmi.  

Durante l’inverno hai lavorato in maniera diversa?

Ogni anno ho aggiunto un piccolo tassello. Rispetto alle stagioni passate durante la preparazione ho messo un po’ più di obiettivi specifici. Si cerca di fare sempre quel passo in avanti per poi subire meno la gara. La grande novità dell’inverno è che ho cambiato preparatore passando da Artuso a Cucinotta. Per motivi contrattuali non ha più potuto seguirmi ed è stato proprio lui a indirizzarmi verso Cucinotta. 

Da sinistra: Pinarello e Scalco, il progetto giovani inizia a dare i suoi frutti
Da sinistra: Pinarello e Scalco, il progetto giovani inizia a dare i suoi frutti
Come ti trovi?

Bene, abbiamo fatto dei piccoli passi per provare a salire quello scalino necessario alla crescita generale. Gli allenamenti sono gli stessi fondamentalmente. Però al posto che due salite fai un allenamento con tre, oppure allunghi i tempi delle ripetute. Tutti step brevi che messi insieme diventano grandi.  

E stai riuscendo a mettere insieme questi passettini? 

Ci proviamo. Le sensazioni sono positive, legate anche al fatto che non ho smesso di crescere e svilupparmi, quindi ogni anno c’è anche un incremento fisiologico. 

Con il Piva è iniziata la stagione U23, quali sono gli obiettivi?

Provare a vincere, tutti noi della Vf Group-Bardiani abbiamo questa ambizione. Non dimentichiamoci che anche andare alle gare per cercare di fare risultato è un fattore di crescita

Gli impegni con la nazionale di Amadori rimarranno centrali per Scalco (foto Tomasz Smietana)
Gli impegni con la nazionale di Amadori rimarranno centrali per Scalco (foto Tomasz Smietana)
Cosa senti di poter fare in più rispetto al 2024?

Il livello medio è molto alto, se si guarda ai primi dieci della classifica generale lo si capisce subito. Tutti, o quasi, sono diventati professionisti o comunque stanno facendo vedere grandi cose. Gli step si fanno anche in queste competizioni. Ad esempio l’anno scorso all’Avenir avevo l’obiettivo di stare nei dieci, nel 2025 l’asticella si alza inevitabilmente. 

Poi c’è un conto in sospeso con il Giro Next Gen…

Lo scorso anno mi sono dovuto ritirare per una faringite e non sono mai riuscito a dimostrare le mie qualità. Ora la voglia è di riprendermi quel che mi è mancato

La nuova Ferrand Prevot, pronta per l’Inferno del Nord

11.04.2025
6 min
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Il secondo posto di domenica al Giro delle Fiandre rappresenta per Pauline Ferrand Prevot la risposta che cercava. Non è arrivata la vittoria, ma essere stata lì, a lottare per una Monumento fino all’ultimo centimetro, dimostra che la sua scelta di mollare la mountain bike dopo il trionfo olimpico è stata quella giusta. Molti, al momento del suo annuncio, erano scettici: dopo  5 anni di pressoché totale lontananza dalla strada, sarebbe mai riuscita a tornare quella che era, quella che nel 2014 vinse la Freccia Vallone e poi conquistò addirittura il titolo mondiale? Ora la risposta c’è ed è positiva.

Come la stanno gestendo in casa Visma-Lease a Bike? Se la scommessa è stata vinta è grazie a loro, che hanno creduto nella transalpina anche se a 33 anni poteva sembrare un azzardo. Rutger Tijssen, direttore sportivo del team olandese, però non ha mai avuto dubbi e in vista della Parigi-Roubaix è pronto a rilanciare perché ormai manca un solo scalino, in fin dei conti.

La Ferrand Prevot nella decisiva fuga a 4 del Fiandre, chiuso al secondo posto
La Ferrand Prevot nella decisiva fuga a 4 del Fiandre, chiuso al secondo posto
Come avete trovato Pauline all’inizio della preparazione, quali differenze c’erano rispetto alle altre?

Difficile dirlo. Ho incontrato Pauline a ottobre e l’ho trovata davvero motivata per tornare ad avere successo nel ciclismo su strada. Si è rimessa in discussione, ha scelto di ricominciare lasciando una comfort zone per rimettersi in discussione. E da quel momento in poi, ha fatto tutto il necessario per diventare una brava ciclista.

Lei veniva da 5 anni dedicati solo alla mountain bike. Questo a tuo giudizio ha rappresentato un problema?

No, non è assolutamente un problema, ma è più una sfida che stiamo vivendo con lei giorno dopo giorno. Portarla da gare di un’ora e mezza, diciamo 2 ore, a gare come il Fiandre, di circa cinque ore è stato il nocciolo del discorso, la transizione che abbiamo dovuto fare partendo dall’allenamento. Lei si è adattata, ha accettato di ricominciare e di faticare, per raggiungere questo risultato.

Già alla Strade Bianche si era visto come l’olimpionica avesse raggiunto il livello delle migliori
Già alla Strade Bianche si era visto come l’olimpionica avesse raggiunto il livello delle migliori
Quando hai capito che la vecchia Pauline, la Pauline che ha vinto campionati del mondo e classiche, stava tornando?

A quel tempo non la conoscevo. Io mi posso basare su quel che vedo ora. L’elemento principale è che i suoi dati di allenamento, in uno o due mesi, erano già allo stesso livello delle ragazze che gareggiavano ai massimi livelli da anni. Quindi ha davvero fatto un passo avanti, può sembrare un passo abbastanza facile, ma non è così: è costato tanta fatica e applicazione mentale.

L’età può essere un problema o fisicamente e mentalmente la vedi più fresca, proprio per la lontananza da quest’ambiente?

Sì, credo che si possa dire così. Fisicamente, il corpo umano è molto forte. Soprattutto l’aspetto mentale è quello che si vede quando si hanno atlete più mature come lei, che ora ha 33 anni. Si vede che sono mentalmente più preparate a lavorare, si mettono davvero in discussione. Sei pronta a fare tutto il necessario per vincere? Per Pauline, ovviamente, la risposta a questa domanda è sì. Ha fatto e sta facendo tutto.

Per la Ferrand Prevot ben 12 titoli mondiali fra strada (qui a Ponferrada 2014), mtb, ciclocross e gravel
Per la Ferrand Prevot ben 12 titoli mondiali fra strada (qui a Ponferrada 2014), mtb, ciclocross e gravel
Lavorandoci insieme, quali sono le sue caratteristiche principali?

Quello che mi piace davvero di lei è che mi sfida sempre. Mi porta ogni volta a portare il limite un po’ più in là. Lei vuole migliorare, e con questo mi sfida. Mi fa domande. Discute con me quando si tratta di gare. Quando si tratta di allenamento. Quando si tratta di confrontarsi con cicliste straniere. Come allenatore, è bello lavorare con lei.

Lei ha detto lo scorso anno di sognare la maglia gialla al Tour de France: secondo te può raggiungerla già quest’anno?

Oh sì, penso che possa. Non sto dicendo che lo farà, ma penso che ci siano le condizioni per provarci. Se vedi come sta gareggiando ora, nelle ultime gare è arrivata terza alla Strade Bianche e quarta alla Sanremo. La giuria ha detto che è stata una volata irregolare a Sanremo: accettiamo la decisione, ma ci sarebbe molto da discutere. Poi è arrivato un secondo posto al Fiandre. Se riesci a tenere questo livello, oserei dire che puoi competere con le migliori anche nell’arco di un grande giro. Certo, dobbiamo confrontarci con gli avversari, fare i conti con la fortuna, ma ci siamo, questo è sicuro.

Nella gara olimpica di Parigi la Ferrand Prevot ha completato il suo palmarès sulla mtb, dove ha vinto tutto
Nella gara olimpica di Parigi la Ferrand Prevot ha completato il suo palmarès sulla mtb, dove ha vinto tutto
Viste le sue caratteristiche, meglio per lei la Roubaix di domani o le Ardenne?

A dire il vero, penso entrambe. Penso che possa emergere ovunque. Lei sa “sentire” il pavé e leggerlo, allora può essere molto brava. Tecnicamente è brava in bici, mentalmente è forte ed è quello che serve per vincere, ma d’altra parte è anche molto brava in salita, quindi direi che è molto completa e può emergere ovunque. Il punto è che vogliamo vedere dove è più adatta, ma per ora penso che sia così completa da poter fare entrambe le cose.

La francese ha detto di volersi concentrare solo sulla strada. Da quel che sai, la mountain bike è parte del passato o potrebbe tornare a correre entrambe, magari per le prossime Olimpiadi?

Non credo. Penso che la mountain bike sia qualcosa del passato. E il motivo per cui lo dico è che nella mountain bike lei ha conquistato tutti gli obiettivi, mentre ne ha raggiunti alcuni anche nelle gare di ciclismo su strada. E’ diventata campionessa del mondo. Ha vinto le classiche. L’unica cosa che le manca nel palmarès è il Tour de France. E’ per questo che sta lavorando: ci siamo dati tre anni per raggiungere l’obiettivo. Fino a quel momento non gareggerà più in mountain bike.

Rutger Tijssen, direttore sportive del team femminile della Visma-Lease a Bike
Rutger Tijssen, direttore sportive del team femminile della Visma-Lease a Bike
La sua esperienza che peso può avere nel vostro team e che legame c’è con le giovani più in vista come Wolf e Bunel?

Quello che porta con sé è la sua grande esperienza, ovviamente. Quello che si nota è che, come una biker, è davvero ben preparata quando si tratta di affrontare una gara. Quindi vuole fare una ricognizione. Vuole conoscere il programma di gara in tempo. E’ metodica. Discute e stabilisce una strategia di gara. E questo è qualcosa che si può davvero trasmettere ai giovani ciclisti, nella loro mente: se vogliono diventare dei buoni atleti, devono essere ben preparati per tutto ciò che li aspetta. E più lo si fa prima delle gare, meglio è. Ti racconto un aneddoto…

Dì pure…

Per 2 giorni ha percorso il tracciato della Roubaix su Strava. Due o tre settimane prima della corsa. Per accumulare sensazioni, esperienza, farsi un’idea. Ed è questa la differenza tra la mountain bike e le gare su strada: nella mountain bike vai a un evento. Vedi il percorso, lo riempi, analizzi i salti, analizzi tutti i rock garden e poi vai in gara. Su strada sta portando la stessa filosofia, anche attraverso i mezzi virtuali a disposizione. Nella nostra squadra è un esempio molto prezioso.

La saggezza di Ulissi: la Grecia, la squadra, le Ardenne

11.04.2025
6 min
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Vista l’ultima corsa a cui ha preso parte e visto il suo ruolo, potremmo definire Diego Ulissi come l’Apollo delfico, il Dio pieno di saggezza. L’esperto corridore della XDS-Astana ci ha raccontato il Tour of Hellas, ma anche il suo ruolo nel team e l’avvicinamento alle Ardenne. Il tutto con grande lucidità e misura, doti sempre più rare nel ciclismo moderno.

Con Ulissi si è parlato a tutto tondo. Ne è nato un bel “a tu per tu” con un uomo che ha ancora molto da dire in questo ciclismo.

Guai a pensare che i tracciati greci siano facili. Spesso sono tortuosi e con grande dislivello
Guai a pensare che i tracciati greci siano facili. Spesso sono tortuosi e con grande dislivello
Diego, sei reduce dal Tour of Hellas: che impressioni ti ha lasciato?

Una bella corsa, con un buon livello di atleti e per me una novità assoluta. Ero curioso. Di solito in Grecia ci si va in vacanza! Dopo la pioggia della Coppi e Bartali pensavo: “Ora vado in Grecia e trovo il caldo…” e invece abbiamo trovato un freddo assurdo. Un giorno siamo stati anche sotto i 10 gradi, mentre vedevamo le gare nel resto d’Europa dove c’era il sole. Però dai, alla fine è andata bene. Si è fatto ritmo, è stata intensa, utile per la condizione.

Che tipo di tracciati hai trovato?

Tappe abbastanza varie. Alcune semplici, altre miste, una addirittura con più di 3.000 metri di dislivello. L’arrivo ad Atene è stato spettacolare, abbiamo corso anche lungo il mare. Peccato solo per il meteo come dicevo: pioggia nei primi giorni, tanto che una tappa è stata cancellata. Gli ultimi due giorni, per fortuna, sono stati più asciutti.

Che strade avete trovato: tortuose o meno? Con un fondo buono o brutto?

Direi strade tipiche del sud, simili a quelle del Sud Italia. Con la pioggia diventano un po’ più scivolose, quindi serve attenzione. Il fondo stradale non era sempre perfetto, quindi la corsa diventava un po’ più nervosa, con curve e saliscendi che richiedevano concentrazione continua. Di certo, non potevi rilassarti mai.

Hai notato uno stile di corsa particolare da quelle parti?

Oggi si corre più o meno allo stesso modo ovunque, però in Grecia mi è sembrata una corsa più aperta, meno controllata. Mi ha ricordato un po’ il livello dilettantistico di una volta, nel senso buono: attacchi da lontano, più spettacolo. Per noi comporta maggiore fatica sin dall’inizio, ma è anche più stimolante.

Diego Ulissi (quinto da sinistra) è il road captain della XDS-Astana. Eccolo sulle strade del Tour of Hellas
Diego Ulissi (terzo da sinistra) è il road captain della XDS-Astana. Eccolo sulle strade del Tour of Hellas
La corsa l’ha vinta il tuo compagno Harold Martin Lopez, tu hai chiuso terzo. Puoi raccontarcela brevemente?

Siamo partiti entrambi per fare classifica, l’obiettivo era raccogliere più punti possibili. Harold è in grande forma, va forte in salita e lo ha dimostrato anche al Catalunya e alla Milano-Torino. Nella prima tappa io ho perso tempo, 27″, per una caduta. In una gara di pochi giorni e non estrema è chiaro che ci si gioca tutto sui secondi. A quel punto ho lavorato per Lopez, ma nella penultima tappa ho fatto secondo, ed essendo rimasti in pochi ho recuperato in classifica. Alla fine è andata bene.

Peccato per quella tappa, di fatto lì hai perso la corsa…

Si, ci ho provato, ma ho speso un po’ troppo prima, come detto ho aiutato Lopez e ho preso aria, anche per recuperare in classifica generale. Alla fine ero un po’ cotto per fare la volata perfetta. Chi ha vinto era più fresco. In queste corse conta molto il piazzamento generale, quindi meglio un bel quinto che una tappa vinta e classifica lontana. Noi, come ripeto, dovevamo sì vincere ma ancor prima fare punti.

Passiamo a te Diego. Hai avuto un inizio stagione un po’ travagliato. Cos’era successo?

Già in Oman mi sono fermato per un virus: prima intestinale, poi febbre alta. Ho perso dieci giorni di allenamento in tutto. Visto che era febbraio e non c’era super fretta, ho preferito prendere qualche giorno in più per recuperare al meglio. Alla fine ho saltato alcune corse, ma ho ripreso con ordine. A Laigueglia non stavo bene. Alla Strade Bianche sono caduto, nulla di che… E alla Coppi e Bartali, prima corsa a tappe che facevo, ho fatto tanta, tanta fatica. Ma lo sapevo. Me lo aspettavo. Poi però in Grecia ho sentito subito di aver fatto dei passi avanti. Ed era quello che cercavamo con la squadra.

Diego ha aiutato moltissimo Harold Lopez a vincere la corsa. Lui alla fine ha conquistato la maglia a punti (che indossa nella foto di apertura)
Diego ha aiutato moltissimo Harold Lopez a vincere la corsa. Lui alla fine ha conquistato la maglia a punti (che indossa nella foto di apertura)
Sei uno dei veterani più rispettati in gruppo. Valoti ci diceva che i suoi ragazzi alla Coppi e Bartali la sera parlavano di te. Appena arrivato in XDS-Astana ti hanno consegnato “le chiavi” della squadra. Come vivi questo ruolo? E soprattutto: non è che ti fa sentire vecchio!

E’ senza dubbio così: sono vecchio, i numeri parlano! Scherzi a parte, sono contento che in squadra, e non solo, tanti ragazzi mi stimino. Quando hai una carriera lunga alle spalle e al tempo stesso hai ancora voglia di esserci, ti viene naturale voler chiudere al meglio. Di conseguenza immagino si diventi un esempio. In Astana cerco di dare il mio contributo, sia in termini di risultati che di supporto ai giovani.

Ti ascoltano anche in riunione?

Nelle riunioni parlano i direttori, io cerco di intervenire fuori, nei momenti di vita quotidiana. Sono più uno che prende da parte in corsa, a tavola, in camera. I più giovani mi cercano spesso, chiedono consigli e questo mi fa piacere. Quando sono passato io, avevo vicino corridori di 30-40 anni ed io ero davvero un bambino. Ho imparato tanto da loro e oggi provo a fare lo stesso.

Chi erano i tuoi punti di riferimento all’epoca?

Manuele Mori, Daniele Righi, Alessandro Spezialetti, Alessandro Petacchi. Io ero uno che parlava poco, cercavo di sbagliare il meno possibile. Ma gli errori ci stanno. Ho avuto anche grandi direttori sportivi, come Orlando Maini. Gente che ti formava. Ora mi trovo dall’altra parte, ma cerco di essere presente senza invadere. Quando i ragazzi ti cercano vuol dire che hai seminato bene.

Nel 2019 Ulissi fu 3° alla Freccia, dietro Alaphilippe e Fuglsang
Nel 2019 Ulissi fu 3° alla Freccia, dietro Alaphilippe e Fuglsang
Stai arrivando alle Ardenne con un percorso un po’ insolito: come ti senti?

Credo di arrivarci discretamente bene. L’idea iniziale era di crescere gradualmente, ma il virus ha un po’ modificato il piano. Però con Grecia e Coppi e Bartali ho messo nelle gambe buoni ritmi. Oggi non esistono più corse lente, anche le “puntoPro” sono piene di giovani forti, alcuni fanno la spola tra devo team e WorldTour, altri solo WorldTour, quindi il livello è alto ovunque. E questo ti fa arrivare pronto.

Avresti preferito un altro tipo di avvicinamento? Magari passare dai Paesi Baschi?

Era stato scelto questo calendario, anche per esigenze di punteggio. Avevo in programma Oman, poi alcune gare in Francia, ma ho dovuto saltare tutto. Come dicevo, sono rientrato a Laigueglia, dove non ero ancora al top, però alla Milano-Torino è andata bene e da lì abbiamo costruito questo percorso. Adesso l’obiettivo è arrivare bene alle Ardenne e soprattutto al Giro d’Italia: per la corsa rosa siamo davvero fiduciosi. Abbiamo un bel gruppo.

Qual è un obiettivo concreto per le Ardenne, Diego?

Intanto recuperare bene in questi giorni per metabolizzare il buon lavoro fatto e poi puntare forte sulla Freccia Vallone, che è una gara che mi piace. Il Muro d’Huy è speciale: lo sali piano, senti il tifo, senti quasi il profumo della gente. Sono sempre riuscito a fare bene, voglio provarci ancora. Alla Liegi sarà più difficile, ma l’obiettivo resta sempre lo stesso: essere davanti e fare più punti possibili.

Philipsen, qualche dubbio da scacciare per la sfida del pavé

11.04.2025
3 min
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Gli anni non sono mai uguali, ma questo sembra il meno uguale di tutti. Quelli forti sembrano ancora più forti e gli altri, che nel 2024 erano parsi alla loro altezza, sono alle prese con varie vicissitudini. Se nel 2024 la Alpecin-Deceuninck era arrivata alla Roubaix con Philipsen vittorioso alla Sanremo e Van der Poel al Fiandre, questa volta la sensazione è che l’olandese dovrà fare da solo. Philipsen infatti c’è, ma al pari di Van Aert non dà la sensazione di solidità che lo scorso anno gli permise di vincere la Classicissima e arrivare secondo nel velodromo francese.

Mercoledì alla Scheldeprijs, Philipsen è stato secondo dietro Merlier
Mercoledì alla Scheldeprijs, Philipsen è stato secondo dietro Merlier

Caduta alla Nokere Koerse

Nella squadra dei fratelli Roodhooft una spiegazione se la sono data e sono convinti che la situazione sia ormai recuperata. Alla radice di tutto ci sarebbe la brutta caduta che Philipsen ha subito alla Nokere Koerse. Si correva due settimane dopo la sua vittoria di Kuurne e tre giorni prima della Sanremo. E proprio nel giorno della Classicissima, Philipsen sembrò davvero lontano dalla baldanza dell’anno precedente.

«Sono caduto piuttosto violentemente battendo il viso – ha raccontato mercoledì dopo il secondo posto nella Scheldeprijs – e sento ancora dolore. Non voglio cercare scuse, la caduta è avvenuta tre settimane fa, ma non voglio sottovalutarla. Subito dopo ho avuto un vero e proprio contraccolpo, credo di aver subito un piccolo colpo di frusta. L’osteopata ha lavorato molto sui muscoli che dal collo vanno verso il cranio, perché ho sofferto parecchio di mal di testa e non mi sono sentito bene in diverse occasioni. Non mi sono sentito bene nemmeno durante gli allenamenti della scorsa settimana».

Alla Sanremo, tre giorni dopo la caduta alla Nokere Koerse, di cui porta i segni sul mento
Alla Sanremo, tre giorni dopo la caduta alla Nokere Koerse, di cui porta i segni sul mento

Nuovi dubbi a Waregem

Ci sono stati sicuramente medici chiamati a valutare la sua situazione e non può essere il racconto dell’atleta a far suonare qualche campanello d’allarme, ma certo la scelta di correre la Sanremo dopo una caduta così violenta potrebbe non essere stata la più azzeccata. Pensiamo a Elisa Longo Borghini, appena fermata per una settimana, dopo la caduta al Fiandre.

«Alla Gand-Wevelgem – aggiunge – sono stato bene (Philipsen è stato uno dei pochi a rispondere a Pedersen, perdendo poi contatto per una foratura, ndr), ma pochi giorni dopo, alla Dwars door Vlaanderen, ho avuto ancora una brutta sensazione e mi sono fermato. Quindi dovremo aspettare e vedere se sarò di nuovo in forma alla Parigi-Roubaix. Ci abbiamo lavorato duramente e speriamo che domenica saremo ricompensati. La Roubaix è in ogni caso la classica che più mi si addice. Faremo la valutazione dopo domenica».

Dopo essere stato uno dei pochi a rispondere a Pedersen, la Gand di Philipsen si è chiusa per una foratura
Dopo essere stato uno dei pochi a rispondere a Pedersen, la Gand di Philipsen si è chiusa per una foratura

L’avvicinamento di Philipsen alla Roubaix procede. Anche lo scorso anno era stato battuto da Merlier alla Scheldeprijs, ma non doveva fare i conti con i postumi della caduta. E’ certo che avere in gruppo il miglior Philipsen potrebbe dare a Van der Poel la leggerezza per accettare lo scontro frontale con Pogacar, contando sulla volata del compagno casomai gli attacchi non portassero a nulla. Anche se quest’ultima ipotesi suona davvero improbabile. Quelli forti sembrano così più forti degli altri, che difficilmente un attacco a due di quei due potrebbe cadere nel vuoto.

Ricorda di santificare le feste: guardare il Fiandre in tv

10.04.2025
5 min
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Finalmente è arrivato aprile con le sue lunghe domeniche da dedicare all’unica cosa più bella di pedalare in prima persona: guardare pedalare i campioni nella settimana santa del ciclismo.  A cominciare, naturalmente, dal Giro delle Fiandre

L’organizzazione

Per godersi al meglio queste giornate campali occorre, come per tutto, una certa organizzazione.  La prima cosa è individuare il luogo. Fondamentale che vi sia uno schermo che proietti la gara, sia esso tv (meglio) o computer: nessun telefonino vale quando ci sono in gioco le Monumento sulle pietre. Poi, la compagnia. Personalmente chi scrive preferisce godersi questi momenti con un gruppetto ristretto di amici il cui numero può variare tra uno e tre.

Il primo brivido per gli spettatori è arrivato attorno ai 130 km dall’arrivo, con la caduta che ha coinvolto anche Van der Poel (nella foto Degenkolb, costretto al ritiro)
Il primo brivido per gli spettatori è arrivato attorno ai 130 km dall’arrivo, con la caduta che ha coinvolto anche Van der Poel (nella foto Degenkolb, costretto al ritiro)

Infine, i rifornimenti. Difficile godersi un Giro delle Fiandre senza qualche birra, meglio se belga d’accordo, ma l’importante è che ci siano. Il loro numero varia secondo le abitudini personali, ma l’esperienza insegna che l’intensità dell’assunzione segue il ritmo della corsa. Velocità di crociera nella prima parte (quasi 270 km sono lunghi) poi accelerazione costante via via che ci si avvicina ai muri decisivi.

Primo brivido, la caduta di Van der Poel

Con queste promesse si può cominciare a godersi un Giro delle Fiandre secondo tutti i crismi che un evento del genere merita.  Chi scrive si è sintonizzato verso ora di pranzo, attorno alle 13 (ma i veri puristi, onore a loro, erano davanti allo schermo già dalle 9:45). In tempo per vedere il vantaggio della fuga di giornata, controllare chi tira il gruppo, la posizione dei favoriti. 

Fiandre e birra sono un binomio inscindibile
Fiandre e birra sono un binomio inscindibile

Da lì è iniziata una lunga attesa verso i momenti clou, animata comunque dal brivido della caduta di Van der Poel: sospiro di sollievo, il divino non mostrava segni di ferite e dopo un po’ di trambusto è rientrato in gruppo. Lo spettacolo era salvo. Ma ormai abbiamo imparato che in quest’epoca quasi ogni momento può essere un momento clou. E infatti dai -100 km non c’è stato quasi mai un attimo di respiro. 

La faccia di Pogacar e telefonate inopportune

L’attacco del gruppo di passistoni tra cui Ganna, Kung, Benoot e compagnia. Dunque la Visma era belligerante, ottima notizia. Solo la UAE non aveva qualcuno in fuga: sarebbero riusciti i compagni di Pogacar a non far prendere troppi minuti a quei cavalloni lì davanti? Ma i (pochi) dubbi sulle chance del campione del mondo non sono durati molto.

Quando il gruppo volava ad altissima velocità verso l’inizio del 2° Kwaremont, Morgado si è portato in testa per dare un’ultima trenata. L’ha fatto con tutto l’impegno possibile, quindi anche un po’ scomposto nella pedalata, con la testa ciondolante.

Filippo Ganna ha provato ad anticipare assieme ad altri atleti di qualità come Ballerini, Kung e Benoot
Filippo Ganna ha provato ad anticipare assieme ad altri atleti di qualità come Ballerini, Kung e Benoot

In quel momento Pogacar l’ha visto passare e ha riso, gli ha fatto il verso divertito, come fosse seduto al bar, o sul divano a fianco a noi. Dalla tv si è visto benissimo, poco dopo è stato riproposto anche il replay. In quel momento chi scrive ha pensato: “Non c’è niente da fare, salvo cataclismi, oggi vincerà lui”.

Un’amica ha telefonato giusto quando i migliori erano all’imbocco del Kwaremont. Errore da principianti, durante il Fiandre il telefono va spento e basta. Da quel momento in poi è stato puro show, il massimo che questo sport può regalare agli spettatori seduti (o anche in piedi o, perché no, sdraiati) in ogni parte del mondo. 

Tutto lo spettacolo dei grandi

Pogacar che attaccava talmente tante volte che anche a riguardare la gara è stato quasi impossibile tenere il conto. Van der Poel che lo seguiva sempre, e sembrava sarebbe stata di nuovo una sfida tra loro due. Il commovente Pedersen che come al solito provava ad anticipare, si staccava ma poi rientrava. Van Aert finalmente lì davanti giocarsela: gaudium magnum, il belga era tornato tra i grandi. 

Ma quell’espressione sul viso del campione del mondo non lasciava dubbi, infatti allultimo passaggio sul Kwaremont lo sloveno ha salutato tutti e se n’è andato, anche il divino Mathieu ha dovuto cedere. Nei chilometri tra il Paterberg e il traguardo l’amico con cui guardavo la gara ha posto una domanda che tecnicamente non faceva una piega

Negli ultimi chilometri in pianura Pogacar ha continuato a guadagnare sugli inseguitori, fino al trionfo finale
Negli ultimi chilometri in pianura Pogacar ha continuato a guadagnare sugli inseguitori, fino al trionfo finale

La legge del Fiandre (e della Roubaix?)

«Com’è possibile che uno scalatore guadagni in pianura contro quattro tra i passisti più forti al mondo?». Perché questa è la legge del Giro delle Fiandre, la gara che inaugura la settimana santa della bicicletta.  Una gara di 269 chilometri, zeppa di insidie, pietre e muri in cui si sfidano tutti i migliori corridori del mondo, in cui però il più forte, alla fine, può piegare le leggi che normalmente regolano il ciclismo

E tra pochi giorni, in questo inizio aprile che tutti ricorderemo per molti anni, c’è la Parigi-Roubaix: un’altra grande domenica da santificare davanti alla tv. 

Nys il braccio, Bagioli la mente. E la Lidl fa il colpaccio

10.04.2025
5 min
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La partenza della tappa si avvicina e in certi momenti un’intervista può anche essere un buon modo per scaricare la tensione. Andrea Bagioli è in Spagna, alla Iztulia Basque Country, per dare seguito a un inizio stagione finora abbastanza positivo con 3 Top 5, ma nel quale manca ancora quell’acuto che aspetta. Intanto però la sua presenza si nota e lo si è visto soprattutto domenica, al GP Indurain, dove la vittoria di Thibau Nys ha impresse le sue impronte in maniera molto chiara.

Nys taglia il traguardo del GP Indurain con 3″ su Molenaar, Bagioli è nascosto dietro l’olandese (foto Getty Images)
Nys taglia il traguardo del GP Indurain con 3″ su Molenaar, Bagioli è nascosto dietro l’olandese (foto Getty Images)

Mentre procede al necessario riscaldamento, il valtellinese risponde con piacere alle domande, partendo proprio da quel che sta vivendo nei Paesi Baschi: «Abbiamo trovato un clima ideale, anche abbastanza caldo. Siamo partiti, noi della Lidl-Trek, con idee molto chiare, lavorando per Skjelmose per la classifica e con molte frecce per le tappe, tra cui anche io».

Al GP Indurain hai mostrato di essere nella forma giusta: tutte le cronache della gara dicono che la vittoria del belga è nata proprio dalle tue iniziative…

La cosa che ci ha fatto più piacere è che a Lizarra abbiamo visto concretizzato tutto il nostro lavoro e soprattutto i progetti che avevamo fatto alla vigilia. Eravamo d’accordo che sulla salita finale sarei stato io a impostare lo strappo più forte che potevo per selezionare il gruppo e raggiungere chi era davanti, poi verso la cima Thibau sarebbe partito e così è stato. Io però avevo ancora la gamba per tenere e chiudere su chi lo inseguiva in discesa, ho anche avuto la forza di fare la volata.

Per Bagioli la trasferta in Australia era stata positiva, con un 7° posto di tappa e tanto lavoro per il team
Per Bagioli la trasferta in Australia era stata positiva, con un 7° posto di tappa e tanto lavoro per il team
Una vittoria di squadra, quindi…

Sì e nel van dopo la gara anche i nostri capi lo hanno ammesso. Abbiamo lavorato bene in una gara difficile, che non si era messa al meglio quando i fuggitivi della prima ora sono arrivati ad avere anche 7’ di vantaggio. A quel punto ci siamo messi anche noi a lavorare per l’inseguimento affiancando la Red Bull e poi sull’Alto de Ibarra abbiamo mosso le pedine giuste, senza spaventarci per le prime azioni prendendo poi noi l’iniziativa.

Come ti trovi a correre con Nys?

Benissimo, è un ragazzo tranquillo e che ha davvero un enorme talento. Una cosa come quella di sabato non la fai alla tua prima uscita stagionale dopo l’intensa stagione del cross se non hai classe. Insieme a lui avevo già corso lo scorso anno il Giro di Polonia, in corsa abbiamo un’ottima affinità.

Bagioli, Mosca e dietro Milan: la Lidl-Trek ha un’anima fortemente italiana
Bagioli, Mosca e dietro Milan: la Lidl-Trek ha un’anima fortemente italiana
Come giudichi questa prima parte di stagione?

Per me è stata buona, certamente superiore a quella dello scorso anno, anche se ho corso meno. Già in Australia sentivo di andare abbastanza forte anche se al Santos Tour Down Under ho ottenuto solo un piazzamento. Sono anche stato un po’ sfortunato in qualche circostanza, ma le sensazioni erano comunque buone. Alla Cadel Evans ho centrato la Top 5, poi ho dovuto correre la Sanremo in sostituzione di un compagno ammalato, ora mi aspettano le Ardenne e poi potrò tirare un po’ il fiato.

In squadra c’è comunque una bella atmosfera, visti i risultati…

Sì, proprio perché vediamo che il lavoro anche prima della corsa produce effetti. Per noi questo è importante, anche l’eco delle gare belghe, la vittoria di Pedersen alla Gand ad esempio, hanno un effetto positivo su tutti noi. Stiamo correndo bene tutti e in questo contesto non è semplice. Sappiamo tutti che c’è quel pugno di corridori, Pogacar in testa, che hanno una marcia in più, ma anche il secondo posto di Mads domenica al Fiandre è la dimostrazione che con il lavoro puoi comunque inserirti, fare grandi cose.

Nella formazione statunitense, il lombardo si trova sempre meglio. Ora è in Spagna
Nella formazione statunitense, il lombardo si trova sempre meglio. Ora è in Spagna
Ora arrivano le Ardenne, qual è la gara che prediligi?

Sicuramente l’Amstel, dove due anni fa ho chiuso al sesto posto. E’ una corsa che, con i suoi tanti strappi e tante curve, permette agguati e mi piace poterla correre essendo protagonista. Io qualche idea me la sono fatta. Intanto chiudiamo come si deve la corsa nei Paesi Baschi, poi parlerò con i diesse per trovare la strategia migliore, ma se sarà possibile vorrei giocare le mie carte.

Successivamente hai in programma un grande giro?

Sì, ma è la Vuelta, quindi è lontana nel tempo. Dopo questa prima parte di stagione, a maggio prenderò un po’ di riposo prima di ricominciare con piccole corse a tappe come il Giro della Svizzera per essere al meglio per la corsa spagnola.

Per ora Bagioli ha colto buoni piazzamenti, ma cerca con ostinazione l’acuto individuale
Per ora Bagioli ha colto buoni piazzamenti, ma cerca con ostinazione l’acuto individuale
Tu sei il classico cacciatore di tappe, ti ritrovi in un Grande Giro?

Diciamo che non è la mia dimensione ideale, io prediligo le corse di un giorno che concentrano in poche ore tutte le emozioni oppure le corse a tappe medio-piccole, dove lo sforzo non si prolunga all’infinito. L’Iztulia in questo caso è l’ideale…

Enervit Magic Cherry, l’estratto di amarena che aiuta il recupero

10.04.2025
3 min
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Cos’è quella bevanda rossa che i pro bevono subito dopo aver tagliato il traguardo? Del Cherry Juice avevamo già parlato lo scorso anno dopo averla osservata da vicino al Giro d’Italia e ora è arrivata sul mercato anche la proposta di Enervit: si chiama Magic Cherry ed è un integratore post attività.

La formula di Magic Cherry è studiata per massimizzare il recupero, è a base di estratto amarena titolato in polifenoli. Non contiene zucchero ed edulcoranti, contiene vitamina E ed è un potente antiossidante. Vediamolo nel dettaglio.

L’integrazione e la supplementazione, sempre più specifiche e per diverse esigenze (foto Enervit)
L’integrazione e la supplementazione, sempre più specifiche e per diverse esigenze (foto Enervit)

L’allenamento e il recupero

In diverse occasioni si è detto e scritto che il recupero ed il riposo sono dei tasselli fondamentali, soprattutto per chi si allena intensamente ed in maniera specifica. Il training intenso è fonte di stress per l’organismo e la fase di adattamento post sforzo è particolarmente importante per finalizzare l’allenamento stesso.

Qui entra in gioco la scienza Enervit, perché oltre ai carboidrati e alle proteine, l’atleta necessita di supporto per contrastare l’azione dei radicali liberi prodotti durante l’allenamento e quando si spinge ad intensità molto alte. Enervit Magic Cherry è stato sviluppato con il contributo dei Team UAE Team Emirates-XRG e Lidl-Trek.

La bevanda rossa nel post gara, tra i simboli dell’integrazione moderna (foto Team UAE Team Emirates-XRG)
La bevanda rossa nel post gara, tra i simboli dell’integrazione moderna (foto Team UAE Team Emirates-XRG)

Come funziona Magic Cherry?

E‘ specifico per il post attività ed è da assumere nell’immediato post training e subito dopo la competizione. Magic Cherry si presenta in busta (9 grammi) da sciogliere in 200/500 millilitri di acqua (in 500 ml si possono sciogliere anche due bustine, ovvero la dose massima consigliata). Ha un bassissimo contenuto di calorie, meno di 1,5 per busta, al contrario ha un altissimo contenuto di polifenoli e vitamina E. Quest’ultima in particolare è una delle protagoniste nelle fasi di protezione delle cellule dallo stress ossidativo.

Non in ultima, è da considerare la gratificazione al palato, possibile grazie all’elevata qualità di ogni singolo elemento ed al gusto naturale, rinfrescante dell’estratto di amarena Tart Cherry.

La confezione del nuovo Magic Cherry
La confezione del nuovo Magic Cherry

In conclusione

Enervit Magic Cherry non sostituisce gli integratori di proteine, carboidrati ed aminoacidi, ma è una sorta di completamento e si integra con questi. Permette di ottimizzare i tempi di recupero e ridurre l’affaticamento muscolare, oltre a fare parte di quella supplementazione continua che viene fatta anche giorni (5/7) prima della gara o di un evento particolarmente importante.

Enervit