Ciccone: «Gara nervosa, servirà restare attenti»

29.09.2024
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OPFIKON (Svizzera) – La vigilia del campionato del mondo su strada scorre lenta, con la pioggia che picchia sui vetri dell’hotel degli azzurri. Fuori gli aerei partono, non siamo lontani dall’aeroporto di Zurigo, facendo un gran rumore. I ragazzi scelti da Bennati, al suo terzo mondiale da cittì, scendono nella hall dell’albergo e si prestano alle varie interviste. Passano in rassegna davanti alla telecamera della RAI dove Ettore Giovannelli ne testa gli umori e i sorrisi. Le settimane che hanno anticipato la prova iridata sono state quasi monopolizzate dalla prestazione di Tiberi al Giro di Lussemburgo. Ma tra gli italiani non c’è solo il ciociaro pronto a dar battaglia, nel vociare generale si sente anche l’allegria e la determinazione di Giulio Ciccone. 

Il corridore della Lidl-Trek è seduto a un tavolo, nascosto da un muro ornato da disegni di legno intagliati. Con lui ci sono i membri dello staff della squadra americana. Si parla del più e del meno, ma l’argomento principale è il circuito finale di Zurigo, da ripetere otto volte e che non farà prigionieri. 

Giulio Ciccone alle prese con le domande della RAI nella vigilia del suo primo mondiale
Giulio Ciccone alle prese con le domande della RAI nella vigilia del suo primo mondiale

Un mese dopo

Ciccone si è ritirato dalla Vuelta alla decima tappa, era il 27 agosto. Oggi, più di un mese dopo torna in corsa e lo farà con una gara tosta e impegnativa. Le domande sulla sua condizione si sprecano, ma solo lui può sapere come sta, e noi glielo chiediamo. 

«A questo mondiale – racconta nel nostro faccia a faccia – arrivo sicuramente con una buona condizione. Diciamo che non è stata un’annata facile, però il mondiale era un obiettivo quindi sono riuscito a lavorare bene. Nell’ultimo periodo ho avuto belle sensazioni e mi sono messo alle spalle un bel blocco di lavoro, quindi siamo a posto. Fino al Tour de France andato tutto è andato abbastanza bene, poi dopo la Grande Boucle ho corso a San Sebastian e la Vuelta. In Spagna sono andato con l’obiettivo di dare supporto alla squadra e ritrovare la condizione in vista di Zurigo». 

Alla Vuelta l’abruzzese si è ritirato a causa di una caduta nella decima tappa
Alla Vuelta l’abruzzese si è ritirato a causa di una caduta nella decima tappa
Il ritiro è stato un intoppo sul cammino, come lo hai superato?

La caduta della decima tappa mi ha costretto ad andare a casa, ma lo sguardo è sempre rimasto verso il mondiale. Ho fatto un paio di giorni in cui mi sono riguardato, in prevenzione per il ginocchio e per curare un po’ le botte. Una volta accertato che stessi bene sono rimontato in bici in ottica corsa iridata. 

Il ginocchio come sta?

Bene, bene, diciamo che i due giorni dopo la caduta ho avuto un po’ di fastidio, non si capiva bene la situazione. Poi però tutto è andato per il meglio e mi sento pronto.  

Ciccone guida il gruppo azzurro nella prova percorso, il ritmo è sostenuto
Ciccone guida il gruppo azzurro nella prova percorso, il ritmo è sostenuto
Che emozione provi nell’essere qui?

Il mondiale è sempre il mondiale, quindi sicuramente c’è una motivazione extra e sarà sicuramente una bella giornata. (Ciccone ha corso diverse volte con la nazionale ma il mondiale mancava nella sua carriera, ndr). 

Venerdì avete pedalato sul percorso, cosa ne pensi?

Sarà durissimo per via della distanza e dell’altimetria, penso verrà fuori una gara molto nervosa. Ovviamente non ci sono salite lunghe. Però il tratto con il primo strappo e la salita che segue, dove lo sforzo supera i 10 minuti, si faranno sentire

Per lui un 2024 iniziato solamente al Romandia dopo i problemi al soprasella
Per lui un 2024 iniziato solamente al Romandia dopo i problemi al soprasella
Quello sarà il punto cruciale?

Sì. Da quel momento segue la parte tecnica con strappi e discese, quindi non c’è mai un vero punto dove si può recuperare. Scollini e non scendi mai fino per un po’ di chilometri, sarà importante stare davanti e tenere alto il ritmo. Prima della discesa che porta sul lago c’è un tratto con i due strappi e la discesa tecnica. Sicuramente verrà fuori un mondiale duro e anche tatticamente non sarà facile.

Perché?

Non c’è una strategia lineare da parte di nessuno. Ripeto, sarà dura, ma noi siamo pronti e con lo spirito giusto per far bene.

Al Tour de France una buona prova e l’undicesimo posto nella classifica finale
Al Tour de France una buona prova e l’undicesimo posto nella classifica finale
Che ruolo avrai? Ne hai già parlato con Bennati?

L’idea è quella di star lì davanti e farmi trovare pronto. E’ chiaro che non si possono aspettare le mosse dei migliori, staremo lì e proveremo a inventarci qualcosa. 

Gli otto passaggi su quella parte dura che dicevamo prima sono tanti.

Sì, bisogna essere un gruppo unito, muoversi con intelligenza ed essere sempre presenti. Questo è un po’ lo spirito che serve.

Grazie e in bocca al lupo. 

Crepi!

Il riscatto di Elisa con Sangalli e Slongo: «La risposta giusta»

28.09.2024
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ZURIGO (Svizzera) – Piove senza sosta dal mattino. Le strade sporche hanno ridotto le biciclette un accumulo di tubi e fango, le ragazze che le cavalcano attraverso la zona mista hanno facce nere e le labbra che tremano. Oggi la Svizzera ha mostrato un assaggio della sua durezza e per questo sul traguardo alla fine si sono presentate solo 81 delle atlete partite. Paolo Sangalli arriva dopo aver parlato ai microfoni della televisione, con l’aspetto soddisfatto, come chi si è appena alzato da tavola e se ne va con un buon sapore in bocca. Non il migliore, probabilmente, ma comunque un bel ricordo. Il bronzo di Elisa Longo Borghini ha dato un senso a tanta fatica.

«Avevamo in testa l’oro – dice – ma è andata così. Abbiamo portato a casa una medaglia e ricordiamoci che Elisa ha battuto in volata una come la Lippert che è veloce. Dopo un certo chilometraggio, le velociste soffrono, mentre Elisa ha un gran motore. Ha vinto Kopecky, ma Elisa l’ha staccata. Da sola non poteva tirare dritto, chiaramente. Oggi Vollering non era performante e in macchina ci siamo accorti di questa cosa, come pure di Kopecky. Però lei è un corridore di classe…».

Il cittì Sangalli in zona mi sta si è detto molto soddisfatto della gara di Longo Borghini
Il cittì Sangalli in zona mi sta si è detto molto soddisfatto della gara di Longo Borghini

Un tarlo da scacciare

C’era da riequilibrare la delusione di Parigi. Da fare pace con il ruolo di leader della squadra, come anche Elisa ci aveva confidato in un video girato nell’hotel degli azzurri martedì sera, alla vigilia del Team Relay in cui ugualmente è venuto il bronzo. C’era da proseguire il filotto meraviglioso di questo 2024 che ha portato il Fiandre e il Giro d’Italia a un’atleta di 32 anni, che solo adesso sembra aver capito a fondo le sue potenzialità.

«Avevamo entrambi questo tarlo dall’Olimpiade per una giornata storta – dice ancora Sangalli – altrimenti l’Olimpiade sarebbe finita in questo modo. Oggi Elisa ha dimostrato tutto il suo valore sotto un diluvio universale e fino all’ultimo ha fatto vedere che poteva vincere. Chiaramente una come lei non la fanno andare via, ma sarebbe bastato che si fossero guardate un attimo e lei avrebbe tirato dritto. Avevamo individuato quello strappo per attaccare all’ultimo giro e per poco non riusciva il colpo. Però va bene così, una medaglia di assoluto valore in un livello di ciclismo femminile davvero alto. Mentre le altre ragazze hanno pagato questo tempo. Loro sono delle scalatrici e hanno avuto freddo, però devo ringraziare la Federazione per i mezzi che ci ha dato. La Gabba R è stata veramente fantastica. Elisa l’ha tolta prima dell’ultimo strappo ed è servita a tenerla calda e asciutta sino in fondo».

A Parigi una giornata storta, oggi Elisa ha mostrato tutto il suo valore
A Parigi una giornata storta, oggi Elisa ha mostrato tutto il suo valore

Una carriera ancora lunga

Questi 32 anni, che sembrano non essere un limite ma un grande valore aggiunto, tornano anche nei ragionamenti di Paolo Slongo. Dal prossimo anno, l’allenatore trevigiano seguirà Elisa Longo Borghini in una nuova avventura professionale e che oggi potesse essere un bel giorno lo aveva immaginato da tempo. Si potrebbe dire che lo avesse progettato, ma in un così alto livello dello sport suonerebbe come una dichiarazione impudente

«Sapevo che aveva una buona condizione – dice Slongo davanti al pullman dell’Italia – e che aveva preparato bene il mondiale. Purtroppo per un problema di salute ha dovuto saltare il Romandia che magari le avrebbe dato tre giorni di corsa in più. Però siamo arrivati comunque in buona condizione. Elisa secondo me ha corso benissimo. Non è stata come sempre troppo generosa, quindi le va dato merito di una corsa perfetta. Ha provato nel momento giusto, peccato che Vollering abbia dato tutto per prenderla e poi arrivare qui senza neanche prendere una medaglia. Questo è il ciclismo. Pensavo che il podio fosse possibile, soprattutto su un percorso così e la corsa con la pioggia. Penso che da quest’anno sia una nuova Elisa e che possa stare per altri anni a questo livello. Poi nelle donne, se guardate, le carriere si allungano rispetto agli uomini, quindi mi auguro e sono certo che sarà competitiva anche in futuro».

Longo Borghini, un altro bronzo. Nessun rimpianto e tanto cuore

28.09.2024
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ZURIGO (Svizzera) – Cominciamo dalla fine e dalle lacrime ricacciate giù a fatica, quando Elisa Longo Borghini viene invitata a parlare di Muriel Furrer, scomparsa giusto ieri mentre era in pieno svolgimento la gara degli under 23. Finora si è parlato di questo bronzo mondiale, del modo in cui è venuto, della vittoria di Lotte Kopecky e del correre incomprensibile dell’Olanda. Ma a volte è giusto anche fermarsi, alzare la testa dal manubrio e guardarsi intorno. La serata di colpo si tinge di un’umanità che finora pochi avevano mostrato e forse la grandezza della campionessa piemontese sta nella capacità di fermarsi e pensare.

«Credo che nessuno oggi al via – dice – abbia potuto fare a meno di pensare a lei. Il nostro lavoro è correre, siamo sempre molto concentrate sulla corsa e forse a volte questo non è molto corretto. Dovremmo pensare di più alla nostra salvaguardia. Stamattina, quando la corsa è partita, tutte abbiamo pensato a lei e poi però siamo tornate con gli occhi sulla strada. Correre per me oggi è stato il modo per celebrare la sua vita e quello che amava. Perché Muriel tristemente è morta facendo quello che amava. Alla fine aveva tre anni più di mia nipote e pensare che potrebbe essere toccato a lei mi ha toccata particolarmente. Ho pensato tanto a mia cognata e a mio fratello e a tutta la mia famiglia. Muriel era una ragazza che avrebbe corso con me, era una parte del gruppo».

Ha corso per sbancare Zurigo e Dio solo sa se non ce l’ha messa tutta. In corsa è stata la più forte. Nessun attacco in salita l’ha sorpresa. E alla fine, nonostante il suo attacco a fondo sull’ultimo strappo, ha avuto le gambe per fare una volata per lei magistrale. In certi sprint, Lotte Kopecky non la batti e per ottenere il bronzo Elisa ha dovuto stringere davvero i denti. Ora è stretta nella sua giacca azzurra, con le guance che iniziano a riprendere colore. La giornata è stata davvero dura, fredda e fradicia. Per arrivare in fondo è servito davvero tirare fuori ogni grammo di carattere rimasto.

Cosa hai pensato al momento di attaccare?

A due chilometri dall’arrivo mi sono detta: «Non fa niente se non vado sul podio. Sono venuta per vincere e ho fatto tutto quello che potevo». Ero orgogliosa di quello che avevo fatto fino a quel punto.

Pensavi che Vollering riuscisse a seguirti in quel tuo scatto?

Lo speravo. Il guaio è che Demi era disperata per vincere questa corsa ed è normale che quando un corridore vuole davvero troppo una corsa, alla fine non ci riesca. Non è andata perché le altre hanno avuto qualcosa di più, ma sono molto felice di questo bronzo.

Per Sangalli e Longo Borghini il mondiale è stato la rivincita dopo Parigi
Per Sangalli e Longo Borghini il mondiale è stato la rivincita dopo Parigi
Ti sei ritrovata da sola in mezzo a due belghe e quattro olandesi, eppure alla fine sul podio ci sei andata…

Ho sempre rispetto per i miei avversari. Ma faccio sempre la mia corsa. Se pensi troppo agli altri, finisce che sbagli anche tu. Per cui controllo quello che posso e per il resto mi concentro sul mio risultato.

La sensazione è che ti sia divertita, possibile?

Tantissimo! Sono contenta di come è andata la corsa, sinceramente. Ci eravamo proposti di arrivare qui con la nazionale per vincere la gara. Le ragazze sono venute per aiutare me e oggi lo hanno fatto veramente. Ci hanno provato, per cui un ringraziamento speciale va a loro. Se ci penso, in maniera particolare a Elisa Balsamo che si sposerà il primo di ottobre e oggi era qui a tirare per me. E poi vorrei spendere una parola di ringraziamento per Soraya Paladin. Sicuramente la prova di mercoledì nel Team Relay non l’ha lasciata soddisfatta ed ero sicura che quello non fosse il suo vero valore. Oggi invece ha dimostrato di essere veramente forte e ai miei occhi ha fatto una gara splendida.

In conferenza stampa qualcuno sosteneva che il bronzo possa essere una delusione, invece?

Invece no. Ci abbiamo provato, abbiamo provato in tutti i modi a vincere la corsa ed è arrivato un bronzo che mi soddisfa. Sono riuscita a dare il mio 100 per cento e anche in volata non era scontato arrivare sul podio. Invece ci sono riuscita e sono orgogliosa di me stessa.

Sei partita lunghissima, scelta ragionata?

Ho visto gambe stanche e soprattutto ho visto Vollering davvero in crisi per questa voglia di vincere. Sapevo che avrebbe tirato e così ho provato a lanciarla lunga, proprio perché so di essere un’atleta di endurance e in una gara così le volate non sono scontate. Qualche anno fa probabilmente non sarei riuscita a salire su questo podio e probabilmente questo è sintomo di una crescita sia fisica e mentale, dettata da molti fattori.

Elisa Balsamo ha accettato la convocazione e ha tirato per la Longo, con il matrimonio in programma per il primo ottobre
Elisa Balsamo ha accettato la convocazione e ha tirato per la Longo, con il matrimonio in programma per il primo ottobre
Ti sei sentita la più forte in corsa? Prima della volata, la sensazione da fuori è stata questa…

Sì, mi sono sentita la più forte. Anche Demi Vollering era forte, ma secondo me non ha avuto il giusto equilibrio. Con questo non voglio mettere in croce la povera Demi, perché alla fine anche lei avrà provato a fare il meglio, ma le cose vanno così. E quindi chapeau anche a lei che ci ha provato al cento per cento. Se penso a me, potrei aver avuto la stessa ossessione a Parigi, però a me lì sono proprio mancate le gambe.

Con Slongo si parlava di quanto sia stata positiva questa tua stagione, che ad ora forse è la migliore della tua carriera…

Sì, effettivamente ci ho pensato brevemente sul podio. Non ero molto sicura di me stessa questa estate, soprattutto quando sono caduta e sono rimasta fuori dal Tour. Mi sono sentita sciocca a cadere in allenamento e auto eliminarmi, però ancora una volta devo ringraziare tantissimo proprio Slongo. Mi ha sostenuto e mi ha detto che saremmo arrivati al mondiale in ottima condizione. Anche prima del Romandia sono stata male una notte e non sono riuscita a parteciparci, ma Paolo non ha mai perso le speranze. Per fortuna, direi, perché io invece ero un pochino indecisa.

Le ultime parole in sala stampa, prima della meritata doccia e di un bel brindisi
Le ultime parole in sala stampa, prima della meritata doccia e di un bel brindisi
Riguardo a cosa?

Nell’ultima settimana, prima di arrivare qui, gli ho disobbedito tantissimo. Sono uscita a cercare delle risposte sulle salite, a fare i miei best sui 10 minuti, a cercare di fare i tempi. Paolo continuava a dirmi che dovevo stare tranquilla perché ero in forma, mentre io cercavo risposte a destra e a sinistra. Poi alla fine mi ha ripresa e a quel punto gli ho detto: «Ok, va bene, forse hai ragione tu». Ed era vero. Anche questa volta ha avuto ragione lui.

Van der Poel si nasconde. Poche gambe o pretattica?

28.09.2024
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WETZIKON (Svizzera) – All’appello mancava il campione del mondo. Invocato, indicato, suggerito da alcuni come possibile favorito, mentre altri lo danno per spacciato su un percorso per lui troppo severo. Scherzando, ieri Evenepoel ha rammentato di un allenamento insieme a Van der Poel sulle strade spagnole, in cui avrebbe tirato il collo al rivale/amico olandese. La salita, un certo tipo di salita non gli è amica. Mathieu lo sa, i rivali lo sanno. E forti di questa consapevolezza tutti si affacciano sulla vigilia della sfida.

«Intanto io un mondiale l’ho vinto – ha detto ieri sera – e penso sia stato un privilegio. Questo era in ogni caso un obiettivo che volevo raggiungere nella mia carriera e che sicuramente dà tranquillità. Quanto a domenica, siamo sempre in attesa di capire se avrò la super giornata».

In casa Olanda c’è chi scalpita anche fra le donne: Demi Vollering è impaziente
In casa Olanda c’è chi scalpita anche fra le donne: Demi Vollering è impaziente
Definisci la super giornata: a Glasgow ne hai avuta una?

Non so se la mia forma sia paragonabile a quella dello scorso anno. E’ difficile da dire. In quel momento stavo uscendo dal Tour de France e non vedevo davvero l’ora che arrivasse quel grande giorno. Ora ho un atteggiamento leggermente diverso, lo stesso cui sono più abituato quando si tratta delle classiche. So che sto andando bene, ma resta da vedere se avrò davvero una bella giornata.

Credi che Evenepoel e Pogacar ti permetteranno di entrare facilmente in corsa?

Non credo che si guarderanno troppo, ma di certo faranno corsa parallela. Molte nazionali cercheranno di anticipare e proveranno a isolare sia Evenepoel che Pogacar. Se lo farò anche io? Dipende dalle gambe, dall’andamento della gara e da quanto sono forti i team che cercheranno di controllare. Anticipare deve avere senso, non serve a niente correre con trenta secondi di vantaggio sul gruppo. Alcune gare in questi giorni, anche gli under 23 hanno dimostrato che è un modo di correre che ti svuota e ti punisce.

Dopo le Olimpiadi, Van der Poel è tornato ad allenarsi in Spagna, preparando il rientro al Renewi Tour
Dopo le Olimpiadi, Van der Poel è tornato ad allenarsi in Spagna, preparando il rientro al Renewi Tour (foto Instagram)
Due giorni fa Pogacar ha fatto un riferimento al tuo peso, dicendo che avresti perso un chilo e mezzo per andare forte qui…

Quanto sono più leggero? Non lo so esattamente. Dalle Olimpiadi ho iniziato a mangiare un po’ meno. In primavera non guardo quasi nulla, ovviamente mangio sano, ma presto meno attenzione alle porzioni. Ora ci sono stato più attento.

Hai detto che aver vinto il mondiale è stato un privilegio: credi che tutti possano meritarlo?

Con la maglia iridata mi sono divertito. Il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix sono ricordi sicuramente speciali. Chi vorrei che vincesse domenica? Remco e Tadej sarebbero dei bellissimi campioni del mondo. Se guardi la loro stagione, se lo meriterebbero davvero. Ma diventare campione del mondo non è facile. E i giri che abbiamo fatto sul percorso hanno confermato che sarà molto dura.

Hai cambiato idea dopo aver visto il percorso?

Forse in parte sì. Sarà molto dura, lo ripeto e lo sapevo già prima della ricognizione. Ora però ne ho avuto la conferma. E’ possibile vincere contro uno come Pogacar? Sì, è sempre possibile. Magari non per me, ma per altri ragazzi. Se tutti dovessero andare in partenza con l’idea che Tadej ha vinto comunque, tanto varrebbe regalargli subito la maglia iridata.

Di più non dice. La sensazione è che in cuor suo avrebbe voglia di fargliela vedere, ma sappia anche di non avere la condizione dei momenti migliori. L’estate non è stata la sua stagione migliore. Chiuse le classiche con il Fiandre e la Roubaix, dal Tour in avanti non c’è stato un solo giorno in cui Mathieu sia sembrato Van der Poel. La vittoria nella prima tappa del Lussemburgo potrebbe essere l’eccezione che conferma la regola o il segnale dell’atteso risveglio. Il percorso di Zurigo non farà certo sconti.

Muriel Furrer, la morte, il mistero, l’inchiesta, il silenzio…

27.09.2024
5 min
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ZURIGO (Svizzera) – Un minuto di silenzio, che probabilmente ha detto molto più di quello che è emerso dalla conferenza stampa indetta dall’UCI e dall’organizzazione del mondiale di Zurigo. Seduti al tavolo, Peter Van de Abeele e Oliver Senn, rispettivamente UCI Sports Director e General Manager dei mondiali, hanno invocato rispetto per la privacy della famiglia e poi si sono chiusi dietro il fatto che sulla morte di Muriel Furrer è stata aperta un’inchiesta. Di fronte a ciò, che è assolutamente fondato, forse l’idea stessa di una conferenza stampa poteva essere superata.

Muriel Furrer si era piazzata 44ª nella crono della scorsa settimana
Muriel Furrer si era piazzata 44ª nella crono della scorsa settimana

La dinamica da capire

Muriel era nata il primo luglio del 2006 ed è morta oggi nell’ospedale di Zurigo. Scorrere le foto del suo account Instagram è una disperazione per noi che non l’abbiamo mai conosciuta. Possiamo a stento immaginare quella della famiglia, avendo avuto comunque la sorte maledetta di piangere più di un amico corridore. Stamattina fra i pullman della gara under 23, chi era in corsa ieri con le donne junior faceva racconti i cui temi chiaramente saranno oggetto dell’inchiesta.

La versione che più d’uno ha confermato è che Muriel si trovasse da sola fra due gruppi e che nessuno l’abbia vista cadere. Deve essere finita fuori strada e non avendo la radio, qualora fosse stata ancora cosciente, non ha potuto avvisare i suoi tecnici. Pare che i soccorsi siano scattati in modo meno tempestivo del necessario perché solo con grande ritardo ci si è resi conto che la ragazza non fosse passata sul traguardo. A quel punto, il condizionale è d’obbligo, pare che la sua posizione sarebbe stata rintracciata grazie ai dati del GPS del suo ciclocomputer.

Van den Abeele, responsabile della parte sportiva dell’UCI, ha portato la posizione ufficiale
Van den Abeele, responsabile della parte sportiva dell’UCI, ha portato la posizione ufficiale

Inchiesta in corso

Quando Peter Van den Abeele prende la parola, è evidente che sia scosso e non abbia molto da dire. Legge il testo del comunicato inviato dall’UCI non appena la notizia è stata diffusa. Cambia qualche parola, ma il succo è lo stesso.

«C’è grande tristezza – dice – perché l’UCI e il comitato organizzatore del mondiale sono stati informati oggi della tragica morte della giovane Muriel Furrer. La ciclista diciottenne è caduta gravemente durante la gara su strada femminile di ieri. Ha subito un grave trauma cranico prima di essere portata all’Ospedale Universitario di Zurigo in elicottero in condizioni molto critiche. Purtroppo è morta il giorno successivo in ospedale. I miei pensieri, i nostri pensieri, i pensieri dell’intera famiglia ciclistica sono con la sua famiglia, i suoi cari, i suoi compagni di squadra e gli amici della Federazione Svizzera.

«Con la scomparsa di Muriel, la comunità ciclistica internazionale perde una ciclista con un futuro luminoso davanti a sé. Al momento, l’incidente è ancora sotto inchiesta da parte delle autorità competenti. L’UCI e il comitato organizzatore rispettano il desiderio della famiglia di continuare questi campionati mondiali».

Oliver Senn, general manager dei mondiali, ha spiegato di aver studiato il punto della caduta per metterlo in sicurezza
Oliver Senn, general manager dei mondiali, ha spiegato di aver studiato il punto della caduta per metterlo in sicurezza

Cancellato il Galà UCI

La parola è poi passata a Oliver Senn, che ha ricordato brevemente come l’accaduto gli ricordi quanto accadde lo scorso anno con Gino Mader.

«E’ ovviamente un giorno molto triste per tutti coloro che sono coinvolti in questi campionati mondiali – dice – ma non possiamo immaginare cosa provino la famiglia, gli amici e il pubblico, cui esprimiamo le nostre condoglianze. Abbiamo perso una giovane atleta promettente con una vita piena davanti a sé. Questo è molto difficile da accettare, ma dobbiamo farlo. Abbiamo modificato il programma. Isseremo le bandiere a mezz’asta per il resto dei campionati mondiali. Oggi abbiamo deciso di ridurre la cerimonia del podio.

«Abbiamo annullato tutte le attività serali per stasera e, in pieno accordo con l’UCI, abbiamo deciso di annullare il gala UCI, che avrebbe dovuto svolgersi domani sera. Potrebbero essere prese altre decisioni, ma per il momento, ci concentriamo su oggi e sugli eventi più importanti che si terranno domani e domenica. So che tutti vogliamo informazioni, ma lasciamo alla famiglia la privacy e lo spazio per affrontare questa cosa».

Ad Aprile, Muriel Furrer aveva partecipato alla Omloop Van Borsele in Belgio (foto Swiss Cycling)
Ad Aprile, Muriel Furrer aveva partecipato alla Omloop Van Borsele in Belgio (foto Swiss Cycling)

Percorso in sicurezza

Il resto è un mix fra il cercare di capire e la chiusura da parte dei due interlocutori. Nessun dettaglio in più sui tempi del soccorso. Nessun dettaglio sul punto esatto dell’incidente. Solo la conferma che i dati del GPS sulla bici di Muriel saranno utilizzati dagli inquirenti.

«Dato che le prossime gare si svolgeranno sullo stesso percorso – spiega Oliver Senn – abbiamo esaminato la situazione che si è verificata ieri. Abbiamo leggermente modificato la situazione in loco, soprattutto perché nel pomeriggio ha ricominciato a piovere e non sappiamo se ciò abbia avuto un impatto sull’incidente. Come sempre, crediamo di fare il massimo per la sicurezza e la protezione dei corridori».

Di chi è la colpa? Esiste davvero un colpevole? Si corre in bici e, sebbene sembri paradossale in questo ciclismo monitorato e ingabbiato, ci sono momenti in cui nessuno ti vede e nessuno ti sente. Negare le radio per non incidere sulla tattica significa privare gli atleti di un’estrema garanzia di sicurezza? Se Muriel avesse potuto chiamare sarebbe cambiato qualcosa?

L’inchiesta probabilmente andrà avanti cercando di capire come mai, se così davvero è andata, sia servita quasi un’ora prima che si facesse qualcosa. Ma intanto Muriel Furrer non c’è più ed è un dramma enorme, a prescindere che avesse o meno una carriera luminosa davanti a sé.

Dramma a Zurigo. Muriel Furrer non ce l’ha fatta

27.09.2024
< 1 min
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E’ con grande tristezza che l’Unione Ciclistica Internazionale ha appena comunicato la tragica notizia della morte della giovane ciclista svizzera Muriel Furrer.

Con la scomparsa di Muriel, la comunità ciclistica internazionale perde una ciclista con un futuro luminoso davanti a sé. La ciclista diciottenne è caduta pesantemente ieri, giovedì 26 settembre, durante la gara su strada femminile juniores. Pare che i soccorritori abbiano potuto trovarla solo dopo lungo tempo, dato che nessuno la aveva vista cadere. Nell’incidente, Muriel ha riportato una grave ferita alla testa prima di essere trasportata in ospedale in elicottero in condizioni molto critiche. Muriel Furrer è purtroppo scomparsa oggi all’Ospedale Universitario di Zurigo.

La famiglia di Muriel Furrer, cui vanno le condoglianze di tutta la redazione di bici.PRO, chiede rispetto per la sua privacy in questo momento molto doloroso. Un anno dopo Gino Mader, il ciclismo svizzero piange un’altra tragedia.

Alle 17 nella sala stampa di Zurigo, una conferenza stampa dell’UCI cercherà di spiegare meglio l’accaduto. Probabilmente per questo sono state sospese le interviste in zona mista dopo la gara degli U23. Non si sa ancora se si svolgeranno le premiazioni.

La risposta di Evenepoel a Tadej? Una ventata di ironia

27.09.2024
7 min
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WETZIKON (Svizzera) – Per capire quanto quei due non si amino o comunque abbiano fiutato sportivamente l’uno il sangue dell’altro, basta iniziare dalla risposta che Evenepoel ha dato alla battutina perfida con cui ieri sera Pogacar aveva chiuso la sua conferenza stampa. Richiesto sul rivale belga, lo sloveno ne aveva lodato le abilità e il sangue freddo nella crono. Ma poi, quasi a volerlo tenere distante, aveva detto che la gara su strada sarà un’altra cosa. Aveva parlato di «a different game».

A Remco l’hanno riferito senz’altro. E allo stesso modo in cui la risposta di Pogacar sembrava pensata per l’uso, anche il commento del belga è sottile. Ironico e apparentemente scanzonato: eppure conoscendolo, se l’è legata al dito. Ecco quello che ha detto stamattina il belga, che ha riunito i giornalisti nel suo hotel prima di uscire in allenamento.

«Sarà davvero un altro gioco – ha detto – con una bici diversa, quindi una gara diversa. Ci saranno anche più ciclisti. Non sei da solo, quindi è esattamente un gioco diverso. Voglio dire, sappiamo tutti cos’è una gara ciclistica, quindi non è una novità».

Poi si è voltato verso i compagni, con una risatina che ha fatto capire più di altre parole. Senza Van Aert, che pure gli avrebbe coperto le spalle, il Belgio sarà tutto votato alla sua causa. Per vincere un mondiale serve gente forte e determinata. Per vincerlo contro Pogacar va tutto elevato al quadrato.

Evenepoel è sembrato molto calmo e più aperto all’approfondimento di Pogacar
Evenepoel è sembrato molto calmo e più aperto all’approfondimento di Pogacar
Cosa hai imparato da ieri, guardando la gara degli juniores?

Niente. Abbiamo guardato la loro gara, ma penso che non si possa paragonare alla nostra. Il gruppo è esploso già prima della caduta locale e in più pioveva. Noi avremo condizioni asciutte, quindi non ci sono troppi punti in comune. Penso che sia più importante guardare la gara under 23 di oggi. In ogni caso non abbiamo ancora fatto la riunione tecnica, quindi non so come correremo.

Che tipo di corsa vorresti?

Se devo credere ai giornali, ci sono due grandi favoriti. Quindi penso che i loro team debbano cercare di prendere il controllo della gara. Ma dipende da come si svilupperà la gara una volta entrati nel circuito. E’ sempre speciale gareggiare al mondiale, quindi dovremo valutare giro dopo giro e assicurarci di essere in grado e aperti per fronteggiare situazioni di gare multiple.

La crono iridata ha seguito la crono e la strada delle Olimpiadi. Manca una vittoria per l’enplein
La crono iridata ha seguito la crono e la strada delle Olimpiadi. Manca una vittoria per l’enplein
Dopo la stagione trionfale che hai avuto arrivi qui più rilassato del solito?

Penso di essere sempre abbastanza rilassato, ma la mentalità rimane la stessa. Voglio puntare al massimo e do il 100% di me stesso, come faccio sempre. E se poi verrà una vittoria, allora sarà stato un giorno super buono. Altrimenti, se non succederà… così è la vita. Penso che si debba sempre cercare di motivarsi, non importa in quale situazione. Quindi è abbastanza chiaro che sono rilassato, ma ancora molto motivato per le ultime due, tre settimane della stagione. Qui avremo a che fare con un percorso duro, un sacco di cambi di ritmo e di salite, quindi sarà una gara lunga e dura. Ma forse un po’ meno del previsto, almeno pensavamo che il tratto in linea fosse più impegnativo…

Ti sei allenato in Spagna con Van der Poel, come valuteresti la sua condizione in salita, vedendo questo percorso?

L’ultimo allenamento che abbiamo fatto insieme, per lui non è stato molto buono (ride, ndr). Penso che sia migliorato al Giro del Lussemburgo. E’ un corridore che sa come entrare in forma al momento giusto. Alla fine saranno passate tre settimane tra quell’allenamento e la gara di domenica, quindi sono abbastanza convinto che sarà in buona forma. E’ anche chiaro che Mathieu è un po’ più pesante di me e Tadej, quindi dovrà sollevare quel peso a ogni singolo giro. Questo potrebbe forse costargli un po’ di energie nel finale. Però è un corridore di livello mondiale, quindi non puoi mai darlo per morto, finché non è finita davvero.

Evenepoel pensa che il percorso sia duro per Van der Poel: ma gli atleti di questa classe non vanno sottovalutati
Evenepoel pensa che il percorso sia duro per Van der Poel: ma gli atleti di questa classe non vanno sottovalutati
Pensi che dopo quell’allenamento con te in Spagna si sia demotivato?

No, è quasi impossibile. E’ sempre molto motivato e sa come ricaricare le batterie dopo un periodo difficile. Quindi penso che sarà pronto.

Si può pensare che in qualche modo sarete alleati per battere Pogacar, anche solo per il fatto che parlate olandese?

No, penso che sia abbastanza semplice da capire. Sono qui con la nazionale del Belgio, non con l’Olanda. Non sarò mai loro alleato. Abbiamo il nostro piano e dobbiamo cercare di correre nel modo migliore per me e non per Mathieu. Non faremo accordi con altre nazioni.

Remco, domenica vorresti ritrovarti da solo con Pogacar ai 5 chilometri dall’arrivo?

Se non ci sono altre opzioni, penso che non avrei scelta. So che Tadej è un corridore molto veloce, ha un ottimo sprint. Ovviamente è una gara di 280 chilometri, quindi lo sprint potrebbe essere un po’ diverso. Ma se quella fosse la situazione, allora la accetterei e proverei a fare lo sprint per cercare di vincere. Il finale non è durissimo, quei 5 chilometri sono veloci, ma dopo una gara così lunga saranno ugualmente impegnativi. 

Ieri Pogacar ha punzecchiato Evenepoel, che stamattina ha risposto con l’ironia
Ieri Pogacar ha punzecchiato Evenepoel, che stamattina ha risposto con l’ironia
Saresti disposto a collaborare con lui fino all’ultimo, dato che è così veloce?

Se parliamo dello sprint in una corsa a tappe, in cui ci sono in ballo anche altri interessi, allora forse il risultato di uno sprint a due sarebbe già abbastanza definito. Ma al mondiale è diverso. C’è qualcosa da conquistare al traguardo, quindi penso che sarebbe nel mio diritto non tirare più negli ultimi chilometri. Tadej ha dimostrato un paio di volte di essere il più veloce di noi due, quindi ci sarà da vedere. E spero anche che alle nostre spalle non ci sia un gruppo che può rimontare (sorride, ndr). Tadej si è ritrovato in quella situazione una volta al Fiandre e non è andata bene. Se vai verso il traguardo del mondiale, vuoi vincere. Ma ovviamente, anche gli altri hanno medaglie da conquistare. Spero io non debba trovarmi nella stessa situazione.

E’ facile adattarsi a una situazione simile, per te che di solito tiri dritto sino in fondo?

No, credo di averlo già imparato soprattutto al Tour, dove ho dovuto correre in modalità più difensiva. Penso che il Tour mi abbia davvero insegnato a pedalare con una maturità superiore, diciamo, e anche a pensare un po’ di più.  Quindi penso che se domenica la situazione sarà quella, non mi troverò di fronte a qualcosa di nuovo.

Eveneoel racconta che al Tour ha imparato a correre in modo più conservativo
Eveneoel racconta che al Tour ha imparato a correre in modo più conservativo
Senti una pressione aggiuntiva, dato che sei sul punto di centrare la seconda doppietta, dopo quella olimpica?

No, è una cosa che mi spinge e basta. Sarebbe folle riuscirci ed è sempre più facile parlarne che correre per farlo. Quindi dovremo vedere come andrà. Certo, ora che ne ho tre su quattro, sono un po’ più vicino che lontano. Ci proveremo e si vedrà.

Negli ultimi anni, il Belgio ha raccolto molti successi: merito dei grandi corridori, ma anche del cittì Vanthourenhout. Qual è secondo te la sua migliore qualità come tecnico della nazionale?

Penso che Sven sia davvero bravo a creare un rapporto professionale tra i nuovi corridori che entrano nella nazionale. E’ anche piuttosto rilassato e giovane e questo aiuta. Conosce il ciclismo un po’ meglio dei tecnici più anziani, coglie bene certe situazioni e questo è molto positivo per il gruppo. Certo, è sempre più facile lavorare con un gruppo forte, con leader forti: nazionali forti e corridori forti. Ma ovviamente, devi essere anche in grado di gestire la pressione. E penso che lui l’abbia fatto molto bene. Di sicuro chi dovrà sostituire Sven avrà un compito difficile.

La crono iridata ha seguito la crono e la strada delle Olimpiadi. A Evenepoel manca una vittoria per l’enplein
La crono iridata ha seguito la crono e la strada delle Olimpiadi. Manca una vittoria per l’enplein
Se dovessi indicare tre corridori per il podio, quali nomi faresti?

Non lo farò. E’ un campionato del mondo, ci sono sempre delle sorprese. Chi potrebbe esserlo? Faccio un nome secco: Victor Campenaerts…

Il compagno di nazionale solleva lo sguardo dal punto in cui lo teneva fisso da un pezzo, si volta verso di lui e sorride. Ridono tutti. Il tempo delle interviste con le televisioni e poi andranno a pedalare sul percorso. Cresce la sensazione che stiamo per assistere a un mondiale di rara intensità.

Salvoldi corona il suo triennio con la maglia iridata

27.09.2024
4 min
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ZURIGO (Svizzera) – Siamo sempre stati abituati a vedere Dino Salvoldi come un uomo dal carattere duro, come il suo sguardo. Alto, con un piglio o fermo e deciso, tanto da incutere timore e richiamare rispetto. Invece quando lo vediamo arrivare in mixed zone per le interviste post mondiale l’emozione e la commozione hanno preso il sopravvento. Lorenzo Finn ha appena vinto la prova iridata su strada tra gli juniores con una bellissima azione dal lontano. Ha viaggiato per tutti gli ultimi 20 chilometri da solo, si è girato spesso a parlare con l’ammiraglia nella quale era seduto il cittì. A due chilometri dalla fine quella vettura ha affiancato il giovane scalatore azzurro e solo Dio sa cosa si sono detti

«Non ce n’era per nessuno oggi – dice con fare orgoglioso Salvoldi – Lorenzo (Finn, ndr) è andato fortissimo. Ha attaccato fin da subito, diciamo molto prima di quanto avevamo ipotizzato in partenza. Evidentemente era la sua giornata, soprattutto in salita. Non ha avuto rivali».

Dino Salvoldi insieme ai cinque azzurri che hanno corso a Zurigo
Dino Salvoldi insieme a quattro dei cinque azzurri che hanno corso a Zurigo

Un lungo cammino

I passaggi che hanno portato alla vittoria di Lorenzo Finn sono iniziati in primavera, quando Salvoldi ha iniziato a costruire un gruppo sul quale lavorare in vista degli eventi della stagione (i due sono insieme nella foto di apertura di Federciclismo / Maurizio Borserini). 

«Come nazionale – prosegue – abbiamo condiviso un bel percorso di avvicinamento al mondiale. Proprio con voi avevo chiesto di aspettare oggi prima di fare un bilancio di questi tre anni di gestione del gruppo juniores. Oggi abbiamo raggiunto e conquistato un titolo che nella categoria mancava da 17 anni. Il risultato di Finn secondo me deve essere interpretato come un bello spot per il nostro ciclismo giovanile. Prima di quello di oggi, nel corso dei tre anni, sono arrivati anche tanti risultati in altri campi, come la pista. Tutto questo è la dimostrazione che applicandosi, con metodo, non siamo poi così distanti dagli altri. I ragazzi che hanno voglia di emergere e hanno fame agonistica ce li abbiamo anche noi. Certo dobbiamo fare questo step tutti insieme».

Salvoldi arrivava dalla rassegna iridata juniores su pista, molto fruttuosa anche quella
Salvoldi arrivava dalla rassegna iridata juniores su pista, molto fruttuosa anche quella
Finn è uno di loro, quando ti sei reso conto che era davvero la giornata giusta?

Un po’ prima, quando ha attaccato nel giro precedente all’ultimo passaggio sotto lo striscione d’arrivo. Era rimasto in un gruppo di 15 corridori con tante squadre formate da coppie. Finn è un ragazzo meticoloso, quindi probabilmente aveva già ragionato decidendo di anticipare. Ha pensato che poi gli sarebbero andati sotto i più forti, tenendo quella distanza di controllo. 

Poi sono rientrati e davanti erano in sei. 

In quel momento l’attenzione si è spostata su Philipsen, che era il campione del mondo in carica. Credo però che fosse nervoso, si è mosso spesso e in alcuni momenti male. Finn ne aveva di più, la sua azione da lontano lo ha dimostrato. Poi era proprio tranquillo nel fare le cose, non ha mosso passi azzardati, fondamentalmente ha attaccato due volte e gli sono bastate per vincere.

Una parte importante del lavoro di Salvoldi sono i ritiri, dove i ragazzi costruiscono il gruppo e il feeling
Una parte importante del lavoro di Salvoldi sono i ritiri, dove i ragazzi costruiscono il gruppo e il feeling
Quando lo hai affiancato a due chilometri dall’arrivo che gli hai detto?

Chiedete a lui, non me lo ricordo, ero in trance agonistica. 

Invece quando ai 400 metri siete entrati nella corsia delle ammiraglie, perdendolo di vista, cosa hai pensato?

C’è sempre un po’ di apprensione per il disguido che può succedere all’improvviso. Però c’è stato un flashback su tutto, anche il mio percorso professionale. Chiaramente questa emozione mi mancava, a me e ai miei uomini, tutti. Ho ripensato a tutto quello che c’è stato prima, proprio in modo super rapido, e dici questa ci mancava, doveva arrivare e ce l’abbiamo fatta.

Il campionato del mondo su strada è il successo che mancava nella carriera da cittì di Salvoldi
Il campionato del mondo su strada è il successo che mancava nella carriera da cittì di Salvoldi
In questi tre anni hai trovato tanti ragazzi, costruendo un cammino con loro. 

Vero che oggi ha vinto Finn, ma è il coronamento di un percorso, che è iniziato cercando un dialogo con chi c’era da prima di noi. Abbiamo cercato di imparare, di informarci e di proporre anche un metodo che chiaramente ha bisogno di tempo per essere attuato. Perché i miracoli nello sport di alto livello non esistono. O almeno, io ci credo poco. Quindi oggi si chiude un triennio con uno dei più bei successi che si possono ottenere, e ripeto: credo che sia un bene per tutto il nostro movimento e di questo sono particolarmente contento. 

Cham, parlano gli sloveni. E Pogacar sfida Evenepoel

27.09.2024
7 min
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CHAM (Svizzera) – Si capisce che la Slovenia abbia la certezza di essere diventata una grande nazione del ciclismo quando viene annunciato che la conferenza stampa di Pogacar e Roglic si svolgerà inizialmente in sloveno. I primi 15 minuti per loro e i quindici successivi per noi che invece ricorriamo all’inglese.

Prima dell’inizio, il microfono viene ceduto ad Hans-Peter Strebel, un medico che con due colleghi ha messo a punto una terapia modificatrice della sclerosi multipla recidivante, della quale hanno beneficiato circa 600.000 pazienti in tutto il mondo. E’ lui il proprietario di OYM, l’hotel per sportivi in cui alloggia la Slovenia, pieno di impianti sportivi e la cucina con 8 chef e nutrizionisti che cucinano per gli atleti.

Hans-Peter Strebel è il proprietario dell’hotel OYM, ma anche un medico di fama
Hans-Peter Strebel è il proprietario dell’hotel OYM, ma anche un medico di fama

La Slovenia cresce

Poi dopo il meritato applauso e la sua richiesta almeno di menzionarlo, inizia il flusso delle domande in sloveno. Pur registrando le risposte da decifrare con qualche provvidenziale traduttore, non si può far altro che guardarsi intorno e scrutare le espressioni sul volto dei due campioni che domenica in corsa dovranno aiutarsi oppure evitare di pestarsi i piedi.

«Il flusso dei giornalisti è per noi – dice il cittì Uros Murn – ogni anno devo dire che la nostra nazionale cresce. Ogni anno siamo più bravi ad attirare sempre più attenzione e penso che questo sia un ottimo segnale per gli sloveni e il ciclismo sloveno. Siamo tutti consapevoli che sarà necessario fare qualcosa nella corsa su strada e credo che da un lato questa sia una grande sfida per loro. Dall’altro credo che abbiano bisogno di un po’ di incoraggiamento prima della corsa forse più importante della loro carriera».

Pogacar ha già raccontato più volte che la fatica di Glasgow 2023 fu per lui impressionante
Pogacar ha già raccontato più volte che la fatica di Glasgow 2023 fu per lui impressionante

Mondiale e classiche

Si comincia con Pogacar. La stanza è un anfiteatro, i corridori sono in basso sulle poltroncine. Ricordiamo tutti quando Tadej, dopo il terzo posto nel mondiale di Glasgow 2023, disse di esserne uscito distrutto. La corsa più dura della sua vita.

«Il mondiale è una gara molto diversa – dice – è una gara di un giorno con la nazionale, cosa che non facciamo quasi mai. L’anno scorso è stata una delle gare più dure che abbia mai fatto, perché non era percorso adatto a me. Era troppo esplosivo nelle ultime 3 ore di gara, quindi dopo l’arrivo ero davvero esausto. Quest’anno però il percorso è molto meglio e così vedremo cosa ci riserva la gara.

«E’ diverso da una classica. Corriamo tutto l’anno con la squadra. In teoria potresti paragonare i monumenti ai campionati del mondo, ma quelli lì corri con la squadra dove i compagni potrebbero essere migliori rispetto a quelli della nazionale. Si tratta di dinamiche diverse. Anche il fatto che non hai le radio in gara e che si corra in circuito fa la differenza rispetto a una gara che si svolge da una città all’altra».

Pogacar è parso sicuro di sé, soprattutto nel ridimensionare le chance degli avversari
Pogacar è parso sicuro di sé, soprattutto nel ridimensionare le chance degli avversari

Un grande obiettivo

Roglic seduto accanto ascolta e deve aver capito che la maggior parte delle domande sarà per il giovane compagno di nazionale, che già una volta gli ha tolto il Tour e adesso gli porta via la luce. Sapranno convivere? E mentre facciamo questa riflessione, la domanda per Pogacar riguarda la maglia iridata.

«La maglia iridata è qualcosa di veramente speciale nel ciclismo – ammette – la maglia più unica. Tutti la vogliono, credo. Puoi indossarla tutto l’anno e ti definisce come il miglior ciclista del mondo. Quindi ovviamente è un grande obiettivo per me da un paio d’anni. Mi impegnerò. E se non sarà quest’anno, ci riproverò nei prossimi».

A Roglic parrebbe affidato un ruolo da comprimario, ma è davvero così remissivo?
A Roglic parrebbe affidato un ruolo da comprimario, ma è davvero così remissivo?

Il precedente di Imola

La memoria va a quando Pogacar e Roglic si ritrovarono in nazionale a Imola 2020, appena dopo lo… scippo della maglia gialla da parte di Pogacar. Già allora ci si chiedeva come avrebbero convissuto, ora la curiosità esplode. Lavorerete insieme? Roglic ride e prova a sviare, poi risponde.

«Se si tratta di tattiche e cose del genere – dice – io non sono io il tipo giusto, chiedete al nostro tecnico. Penso a tutti gli scenari che possono accadere e a come reagiremo. Mi sono detto spesso che Tadej sta vincendo tutte le gare di un giorno, quindi è uno dei migliori. Io ne faccio solo un paio all’anno, forse neanche quelle, quindi è una bella sfida».

«Abbiamo una squadra davvero forte – si inserisce Pogacar – grandi nomi e grande squadra. Direi una delle migliori al mondo di sempre. Abbiamo due carte molto forti, forse anche tre, da giocare nel finale. Quindi penso che siamo avvantaggiati in questo, ma dobbiamo comunque stare attenti e correre in modo intelligente».

Pogacar e Roglic in gara a Imola 2020, poche settimane dopo il Tour soffiato da Tadej a Roglic
Pogacar e Roglic in gara a Imola 2020, poche settimane dopo il Tour soffiato da Tadej a Roglic

A proposito di Van der Poel

Di nuovo per Pogacar, che ha ascoltato con attenzione le parole del primo mentore. Parla un collega olandese e gli chiede se a suo avviso Van der Poel potrà difendere la maglia iridata.

«Mathieu è in buona forma – dice – e l’anno scorso ha conquistato la maglia iridata molto bene e altrettanto bene l’ha vestita. Ha ottenuto vittorie davvero incredibili, ma domenica è un’altra gara in cui dovrà difendere il titolo. E’ un po’ più dura per lui, c’è un po’ più di salita. Ho sentito da qualche parte che ha perso un chilo e mezzo, forse è stato bravo a prepararsi solo per questa corsa. Vedremo come andrà, non possiamo escluderlo. Lo teniamo sicuramente a mente per il finale, può essere pericoloso se si sveglia in una buona giornata.

«Ci sono molte salite – prosegue – nessuna davvero lunga. Ma anche dopo la salita, non c’è una discesa dritta, quindi non c’è molto tempo per recuperare. Immagino tanti scenari diversi e fra questi mi viene da dire che c’è tanto spazio per attacchi a lungo raggio o per rendere la gara più dura. E’ davvero difficile dire quale salita farà la differenza, ma penso che la differenza sarà nei chilometri finali».

Hirschi lascia la UAE Emirates: un eventuale successo porterebbe la maglia iridata alla Tudor Pro Cycling
Hirschi lascia la UAE Emirates: un eventuale successo porterebbe la maglia iridata alla Tudor Pro Cycling

A proposito di Hirschi

I discorsi vanno avanti. Gli chiedono come se la caverebbe in un finale allo sprint e lui risponde che non immagina un grande gruppo. E in ogni caso aggiunge che lo sprint dopo 270 chilometri è qualcosa di completamente diverso rispetto ad altre situazioni. Piuttosto, fra i rivali da tenere d’occhio, Tadej ha già inserito da tempo Marc Hirschi, che alla fine dell’anno lascerà la AUE Emirates, per approdare alla Tudor Pro Cycling. Poi l’attenzione approda ai piedi di Roglic, cercando di capire come si senta.

«Ora mi sento bene – risponde – vedere come mi sentirò dopo i 250 chilometri è sicuramente un’altra questione. Alla fine in questa settimana ho fatto quello che potevo, per cercare di prepararmi bene».

Pogacar applica l’adesivo della sua fondazione sulla nuova Colnago appena presentata
Pogacar attacca l’adesivo della sua fondazione sulla nuova Colnago appena presentata

Forchettata a Evenepoel

La chiusura, prima che Pogacar si trattenga per raccontare la bicicletta con cui correrà il mondiale, lo porta a parlare di Remco Evenepoel. A ben pensarci, è la prima volta che i due si sfidano nella corsa di un giorno, dopo la caduta di Pogacar alla Liegi di due anni fa e quella di Remco ai Paesi Baschi del 2024.

«Remco sembra super bravo nella crono – spiega Pogacar – ha gestito bene anche la pressione dopo il salto della catena sulla linea di partenza. Da quello che ho letto, non aveva il misuratore di potenza, quindi immagino che si sia preparato davvero bene, soprattutto per la cronometro. E’ la disciplina in cui brilla di più ma penso che domenica sarà un gioco diverso».