EDITORIALE / Forza, talento e determinazione non si insegnano

07.08.2023
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GLASGOW – Quando si trattò di distribuire i suoi doni, madre natura diede a Mathieu Van der Poel talento, forza fisica e determinazione. A Van Aert una testa da schiacciasassi, tanta forza e meno talento. Infine a Pogacar diede indiscutibilmente talento e testa, ma meno forza rispetto agli altri due. Ovvio che ogni percorso faccia risaltare una caratteristica tecnica rispetto all’altra, ma la sintesi del mondiale di ieri è tutta qui. Quando le situazioni sono estreme o lo scontro è particolarmente elevato, vince chi ha tutte le doti al posto giusto. Van der Poel ha vinto a Glasgow perché più di Van Aert ha avuto il talento per indovinare l’attacco giusto e più di Pogacar, che un’azione del genere avrebbe potuto anche pensarla, la forza per realizzarla e portarla a termine.

Quando si dice che il podio del mondiale sia il più bello degli ultimi anni, forse ci si riferisce proprio a questo. Non tanto al palmares dei tre occupanti, quanto alle doti grazie alle quali li hanno riempiti di successi.

Bettiol non avrebbe potuto reggere il confronto diretto con i primi e ha fatto bene ad anticipare
Bettiol non avrebbe potuto reggere il confronto diretto con i primi e ha fatto bene ad anticipare

Gli azzurri di Bennati

Che cosa avrebbe potuto fare l’Italia di Bennati per infilarsi nel mezzo? Tentare la carta della superiorità numerica, come detto tante volte nell’avvicinamento al mondiale. Dato che anche i fenomeni a volte commettono qualche errore o si mostrano stanchi (anche Evenepoel ha dovuto alzare bandiera bianca), avere più uomini per approfittarne poteva essere il modo per portare qualcosa a casa. Altrimenti, nel confronto diretto chi dei nostri avrebbe potuto mettere sul tavolo talento, forza fisica e determinazione per battere Van der Poel, Van Aert e Pogacar?

Bettiol ha talento e forza fisica, ma si perde spesso dietro ai suoi ragionamenti. Trentin ha forza e testa, ma forse gli manca il guizzo risolutore o gli anni se lo sono portato via. Bagioli ha talento e una serie di altre fragilità che speriamo vengano superate dal passare degli anni. Forse Baroncini potrebbe mettere sul tavolo doti all’altezza, ma è troppo giovane per pretendere che possa già farlo.

Allora bene ha fatto Bettiol, perso il supporto di Trentin, a giocare la carta solitaria. Sarebbe arrivato ugualmente decimo, staccato inesorabilmente quando Van der Poel avesse deciso di partire. Attaccando, ha se non altro inseguito il sogno di vincere.

Una pioggia di watt sul percorso di Glasgow: a certe andature la cilidrata è comunque decisiva
Una pioggia di watt sul percorso di Glasgow: a certe andature la cilidrata è comunque decisiva

Il miglior Nibali

Una cosa però è certa: corridori come quelli che stanno dominando la scena saranno anche il prodotto di una scuola che funziona, ma sono essenzialmente delle splendide eccezioni. Quei watt nelle gambe li ha messi la natura.

Van der Poel è nato così forte magari anche per i geni di famiglia. Il Van Aert ragazzino non godeva di una grandissima considerazione: ricordano però tutti quanto fosse volitivo e capace di lavorare su se stesso. E Pogacar, corridorino già noto da junior, ha avuto la fortuna di essere gestito bene, ma tutto quello che scarica nei pedali viene da sua madre e suo padre.

Questo per dire che se ieri nel gruppo ci fosse stato il miglior Vincenzo Nibali, l’ultimo italiano al top di gamma, sul piano del talento e della forza fisica avrebbe avuto poco da invidiare agli altri tre, della determinazione invece si sarebbe potuto parlare.

Ganna avrebbe potuto ben figurare su strada? Ha preferito vincere l’oro in pista: non male
Ganna avrebbe potuto ben figurare su strada? Ha preferito vincere l’oro in pista: non male

Lo sport dei social

La scuola italiana è in crisi, ha detto qualche giorno fa Bettini in un’intervista su Tuttobiciweb, ma sarebbe riduttivo ridurre il tutto a un problema del ciclismo. E’ la società italiana che ha perso l’orientamento e fa sembrare il ciclismo uno sport troppo faticoso rispetto al giocherellare sui social. Avete provato a chiedere a un ragazzo di 17 anni di aiutarvi a fare un lavoro minimamente faticoso?

I governi si fronteggiano su decine di temi, ma dello sport nelle scuole non si parla, dello sport come palestra di vita non si parla, di borse di studio per meriti sportivi non si parla. Lo sport è ai margini. Lo sport è il calcio, per il resto non c’è posto.

Siamo certi che da qualche parte in Italia non ci sia un Van der Poel o un nuovo Nibali? Nessuno dei presenti si sente di escluderlo. Dice Bettini che abbiamo solo Ganna e forse ieri Pippo, visto il quinto posto di Kung, avrebbe potuto fare la sua parte anche su strada. Ha preferito correre in pista e vincere il mondiale dell’inseguimento. Non ci pare che sia andata tanto male, insomma. Quanti hanno nelle loro bacheche quei titoli e quel campione? Ma a noi non basta, forse il problema in qualche modo ce l’abbiamo anche noi. Quanto alla strada, bene insistere sulle scuole, soprattutto per il reclutamento dei talenti. Ma scordiamoci che possa essere una scuola di ciclismo a tirar fuori certi mostri. Non si può dare a nessuno la colpa per il sole che tramonta né il merito per quando sorge.

Van der Poel li stronca tutti: è lui il campione del mondo

06.08.2023
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GLASGOW – Dice con gli occhi chiari che conosceva esattamente il punto in cui avrebbe attaccato. Non perché lo avesse provato prima, ma perché se ne è accorto col passare dei giri. Così Mathieu Van der Poel riconduce a una tattica apparentemente logica la sua vittoria che sfugge a ogni definizione. Ha saputo aspettare, diverso dal cavallo pazzo che alla Tirreno del 2021 rischiò di mandare tutto in malora a Castelfidardo, per la crisi di fame conseguenza di un attacco scriteriato. Ha lasciato che fossero gli altri a mettere nel mirino Bettiol. Van Aert, Pedersen e Pogacar: la crema del ciclismo mondiale. Evenepoel invece si era già staccato, come tutti gli altri, in questo giorno di battaglia strappo dopo strappo, curva dopo curva. Chi aveva valutato il mondiale di Glasgow come corsa per passisti veloci, davanti all’ordine di arrivo avrà i suoi begli spunti di riflessione.

Uno dei podi più belli degli ultimi anni: con Van Aert, il vincitore Van der Poel e Tadej Pogacar
Uno dei podi più belli degli ultimi anni: con Van Aert, il vincitore Van der Poel e Tadej Pogacar

Il punto studiato

Mathieu ha fatto la sua parte e intanto studiava. Alla partenza aveva parlato chiaramente. Sapeva, lo sapevano tutti, che a meno di una clamorosa impresa, l’azzurro fosse destinato a spegnersi chilometro dopo chilometro. E quando finalmente se lo sono ritrovato nel mirino, non ci ha pensato due volte ed è partito secco in contropiede.

«Sapevo che il punto in cui avrei attaccato – racconta – sarebbe stato il punto più duro del mondiale, perché c’era subito la discesa e poi una nuova salita. Mi sentivo forte e ho notato invece che gli altri stavano soffrendo. Quando ho guardato indietro dopo il mio scatto e ho notato che non mi aveva seguito nessuno, mi sono spuntate le ali. Fino alla caduta, almeno. A quel punto ho davvero pensato che il bel gioco fosse finito…».

Caduta per caso

Quella curva a gomito verso destra aveva già tradito altri corridori. Ci si arriva velocissimi e si ha la pretesa di farla frenando il meno possibile. Pretesa impossibile anche per un mago della bici come l’olandese, che è finito pesantemente sull’asfalto. Il Boa dei suoi scarpini Shimano si è strappato via, per fortuna c’erano i lacci a tenergli chiusa la scarpa. E’ caduto, ha imprecato, si è rialzato, è ripartito. E degli altri non si vedeva ancora l’ombra. Quando li abbiamo visti passare ai piedi della penultima scalata a Montrose Street, avevano le facce spente e lo sguardo sbarrato.

«Non ho corso particolari rischi – ragiona – ma era super scivoloso. Non so ancora esattamente come abbia fatto a cadere, ero davvero furibondo con me stesso. Tutto quello che dovevo fare era restare sulla mia bici. Se quella caduta mi fosse costata il titolo mondiale, non avrei dormito per qualche notte».

Polemica Van Aert

La stretta di mano a Van Aert è stata più fredda di quella che lo stesso belga riservò al giovane Evenepoel lo scorso anno a Wollongong. Il grande belga ha fatto tutto alla perfezione, ma su quello strappo così duro ha dovuto arrendersi.

«Non faccio salti per la felicità – dice – ma devo dire che Mathieu è stato il più forte. Ero sulla sua ruota e non sono riuscito a tenerlo. Basta. Come ho conquistato il secondo posto? Ho notato che Pedersen non era molto sicuro in curva. Inizialmente avrei voluto prendere l’iniziativa sull’ultima salita e l’ho fatto, perché dopo c’erano solo curve fino al traguardo. Però non credo di averlo distanziato sullo strappo, quanto piuttosto nelle curve.

«Invece un aspetto su cui non riesco a restare tranquillo è l’assenza di comunicazioni nella corsa più importante dell’anno. Quando gli ambientalisti hanno fermato il gruppo, noi non sapevamo nulla. Eravamo lì su una strada in mezzo alla campagna, allo stesso modo in cui non ho mai saputo che Mathieu van der Poel fosse caduto».

Nello sprint per il terzo posto, Pogacar ha battuto Pedersen, non troppo a sorpresa
Nello sprint per il terzo posto, Pogacar ha battuto Pedersen, non troppo a sorpresa

Il malore di Pogacar

Pogacar è sfinito, durante le interviste è quasi svenuto e hanno dovuto portarlo via a braccia. Si aveva quasi paura nel pronosticarlo, pur sapendo che il biondino sia capace di tutto. E in effetti le sue accelerazioni si sono sentite. Proprio durante un suo scatto, si è verificata la caduta di Trentin, con il gruppo allungato allo spasimo.

«E’ stato uno dei miei giorni più difficili in bicicletta – spiega la medaglia di bronzo di Glasgow durante la conferenza stampa – e dopo l’arrivo, durante le interviste nella zona mista sono stato anche poco bene. Ho dovuto sdraiarmi e andare urgentemente in bagno, per fortuna ora le cose vanno meglio. Van der Poel è stato fortissimo, non siamo proprio riusciti a rispondergli. Aveva così tanto vantaggio, che la caduta non avrebbe potuto influire. Sul suo scatto, abbiamo dovuto tutti riprendere fiato. E’ sicuramente il giusto vincitore di oggi».

Mondiale cross, Sanremo, Roubaix e mondiale strada: il 2023 di Van der Poel è stellare
Mondiale cross, Sanremo, Roubaix e mondiale strada: il 2023 di Van der Poel è stellare

Vendicata Wollongong

Mathieu ringrazia, ma chi l’ha seguita con attenzione ha capito che mai e poi mai gli inseguitori sarebbero riusciti a riprenderlo. A meno che, chiaramente, lui fosse rimasto più a lungo contro quella transenna.

«Diventare campione del mondo – dice – era uno dei grandi obiettivi che mi restavano. Riuscire a vincere questa maglia iridata è fantastico. Non vedo l’ora di andare in giro indossandola per un anno intero. Penso che la mia carriera sia quasi completa ora. A cosa pensavo in quegli ultini chilometri? Penso che sia stata la rivincita dell’anno scorso (quando fu coinvolto in una rissa, ndr) e per questo provo una soddisfazione incredibile».

Remco furioso, Mathieu gasato, Wout roccioso

06.08.2023
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GLASGOW – «La mia concentrazione non è stata disturbata – ha detto Remco Evenepoel prima di partire – ma personalmente penso che tutti dovrebbero stare zitti e lasciarmi fare le mie cose. So abbastanza bene a me ciò che è e ciò che non è possibile. Sia mio padre che Patrick farebbero meglio a stare zitti».

Evenepoel al via con quella che sembra essere la nuova Tarmac Sl8 di Specialized
Evenepoel al via con quella che sembra essere la nuova Tarmac Sl8 di Specialized

Remco: «Buono per attaccare»

La voce secondo cui Remco potrebbe passare subito alla Ineos Grenadiers per avere tutte le carte in regola in vista del Tour è deflagrata come una bomba, con un tempismo che lascia di stucco, pensando che l’ha messa in giro suo padre Patrick alla vigilia del mondiale. La reazione di Lefevere non è tardata ed è stata piuttosto dura nei confronti della famiglia Evenepoel, accusata di avere i violini scordati, visto il diverso tenore delle dichiarazioni. Insomma, in questa mattina mite sull’Atlantico, in casa Belgio speravano tutti di dover e poter fare altri ragionamenti.

«Può essere anche un percorso da specialisti del cross – ha proseguito Remco cambiando decisamente discorso – ma tutti sappiamo andare in bicicletta. Sarà un lungo finale, quasi undici giri. Sarà abbastanza difficile, ma siamo pronti. Siamo più forti insieme che da soli su questo percorso. Cosa ho imparato dalle gare juniores? Che non è necessariamente uno svantaggio se l’attacco viene da lontano. E questo per me è un bene».

Van der Poel ha scherzato sulla vigilia dello scorso anno. Il Tour sarà una buona base?
Van der Poel ha scherzato sulla vigilia dello scorso anno. Il Tour sarà una buona base?

Mathieu: «Non si vince in curva»

Il rivale numero uno, Mathieu Van der Poel, arriva al giorno del mondiale sicuramente meglio dello scorso anno, quando passò la notte in una centrale di Polizia, per l’accusa di aggressione dalla quale fu successivamente assolto.

«Se ho dormito meglio dell’anno scorso? Sì – ha scherzato – non poteva andare peggio. E’ un mondiale che aspettavo da tempo, un percorso che avrei sempre voluto affrontare. Quindi spero di avere anche delle buone gambe. E’ un po’ difficile stimare a che punto è la mia condizione, perché è la prima volta che continuo ad allenarmi per un obiettivo dopo un grande Giro. Sul fatto che la mia capacità di guida mi avvantaggerebbe sugli altri, non è che gli altri non sappiano fare le curve. E poi non credo che il mondiale si vincerà in curva. E’ un percorso molto difficile in cui sarà importante stare davanti. Non guarderemo solo i belgi, anche francesi e danesi hanno un blocco fortissimo».

Van Aert sente che il giorno è speciale, l’avvicinamento è andato benissimo
Van Aert sente che il giorno è speciale, l’avvicinamento è andato benissimo

Wout: «Un giorno speciale»

Sull’altra sponda belga, quella della Jumbo-Visma, Wout Van Aert è arrivato alla partenza con la calma dei giganti e insieme l’occhio laser, consapevole di avere una buona occasione e dopo un avvicinamento meno fragoroso dello scorso anno. La famiglia al seguito gli ha dato serenità, dopo che nei giorni del Tour era stato impossibile.

«Sono molto emozionato – dice – è sempre elettrizzante svegliarsi in una giornata del genere. Mi sono alzato abbastanza presto e mi sono reso conto che non sarà una giornata qualunque. E’ un circuito molto tecnico, resta da vedere cosa significherà. Di certo, non siamo più abituati a certi percorsi. Dalle corse di ieri si è capito che basta distrarsi un attimo e i distacchi si dilatano, mentre dietro è molto stressante e difficile restare nel gruppo. C’era il fuggitivo davanti e, dopo che ciascuno aveva terminato il suo turno a tirare, nessuno aveva le gambe per chiudere il buco. E’ un percorso speciale.

«Abbiamo studiato bene le nostre tattiche, ma ovviamente fare un piano è sempre facile. Ci sono molti altri corridori, quindi è particolarmente importante rispondere bene a tutte le situazioni che andranno a creare».

Philipsen-Van Aert, si discute già sulla volata dei mondiali

01.08.2023
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Jasper Philipsen sembra fatto apposta per suscitare clamore. E così, dopo essersi inimicato una fetta di gruppo con alcuni atteggiamenti spregiudicati al Tour, la sua risposta a una domanda sui mondiali di Glasgow ha fatto insorgere l’orgoglio belga. E’ successo infatti che negli ultimi giorni francesi, gli abbiano chiesto come si comporterà con Mathieu Van der Poel che in quell’occasione sarà un avversario. E Philipsen, forse avendolo accanto e certo sbagliando, ha risposto che non farà nulla per mettergli i bastoni fra le ruote. Apriti cielo!

«Non è stata un’affermazione appropriata – ha spiegato il cittì Vanthourenhout – ma Jasper si è scusato. E’ stata una domanda improvvisa che ha ricevuto al Tour. In quel momento, avere Mathieu accanto ha influenzato la sua risposta».

Il Criterium di Herentals si svolge nel quadro di Herentals Fitest Feest (foto Event Photography Peter)
Il Criterium di Herentals si svolge nel quadro di Herentals Fitest Feest (foto Event Photography Peter)

Belgio a tre punte

Quel che però resta è il quesito che la conferenza stampa del Belgio non ha fugato del tutto: chi farà l’eventuale sprint al mondiale tra Van Aert e Philipsen?

«Dipende da chi si sentirà ancora meglio dopo una gara difficile – ha risposto Vanthourenhout – ma sono abbastanza sicuro che Wout e Jasper (in apertura l’immagine Photonews dal Criterium di Herentals) non seguiranno la stessa tattica di corsa. Con Remco e Wout possiamo correre in modo molto offensivo. Con Jasper siamo forti sulla difensiva. Abbiamo delle ottime possibilità con qualsiasi scenario di corsa. Andiamo a Glasgow con tre leader che possono vincere il titolo mondiale».

Tra Philipsen e Van de Poel c’è grande complicità: come la gestiranno a Glasgow?
Tra Philipsen e Van de Poel c’è grande complicità: come la gestiranno a Glasgow?

Poco riposo dopo il Tour

Philipsen dal canto suo ha ultimato il giro dei criterium del Belgio, dove ha monetizzato le fatiche del Tour e ha salutato i suoi tifosi.

«Diciamo che prima ho avuto bisogno di una breve fase di decompressione – dice – ma non troppo breve. Un bicchiere o forse anche due, non oltre. Domenica a Parigi abbiamo fatto una festa tranquilla con la squadra, non mi sono riposato molto dopo il Tour. Ho portato la maglia verde nei circuiti, a Herentals e ad Haast, in modo da restituire qualcosa ai miei tifosi. E anche per vendicare la mancata vittoria a Parigi contro Jordi Meeus».

Philipsen è uscito dal Tour stanco ma tirato a lucido, con la maglia verde e 4 tappe vinte (foto Instagram)
Philipsen è uscito dal Tour stanco ma tirato a lucido, con la maglia verde e 4 tappe vinte (foto Instagram)

La verde e quattro tappe

Aver perso l’ultima volata del Tour un po’ gli brucia. Ad attenuare il fastidio c’è il fatto che Jordi Meeus, vincitore dei Campi Elisi, è suo amico e compagno di allenamenti.

«Se dovevo perdere – ammette – meglio che sia stato per mano sua. E’ stato uno sprint diverso rispetto allo scorso anno. Ero già praticamente a ruota di Van der Poel e sicuramente avevo ancora le gambe, ma alla fine ho pagato il conto a un Tour difficile. Come tutti i velocisti, anche Jordi ha sofferto sulle montagne e la vittoria è stata una bella ricompensa.

«Io ho portato la maglia verde a Parigi e mentalmente è stata molto dura. Il Tour non è un giro di piacere. Ho sofferto parecchio e posso solo essere felice di esserci riuscito. Quattro vittorie di tappa sono un bel bottino, non credo che ci riuscirò tutti gli anni, quindi sono soddisfatto. Penso di poter dire che sono stato il velocista più forte del Tour».

La sua compagna Melanie ha ricevuto minacce di morte indirizzate a Jasper, che preferisce non pensarci
La sua compagna Melanie ha ricevuto minacce di morte indirizzate a Jasper, che preferisce non pensarci

Le minacce di morte

Quel che gli ha guastato parzialmente la festa sono state le minacce di morte ricevute dalla sua compagna Melanie nel momento in cui impazzavano le polemiche sulle sue presunte scorrettezze, allo stesso modo in cui fu minacciato di morte Groenewegen dopo la caduta di Jakobsen.

«E’ stato brutto – dice – ma mi rendo conto di averci pensato anche troppo. E quando inizi a pensare alle cose negative, metti da parte quelle positive. Perciò, finiti i criterium in Belgio, adesso mi concentro sul mondiale. Terrò le gambe ben salde per mostrare qualcosa anche a Glasgow».

Strade diverse in direzione Glasgow: Ballan fa il punto

31.07.2023
6 min
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Il mondiale di Glasgow, anticipato ad inizio agosto rispetto al solito, ha un dettaglio da non trascurare, ovvero quello di essere a ridosso del Tour de France. Solitamente la corsa a tappe che precede l’appuntamento iridato è La Vuelta. In Spagna si presentano grandi nomi, sì, ma non tutti i primi della classe. Alla Grande Boucle, invece, il parterre è il migliore al mondo, praticamente un mondiale di tre settimane. In Scozia Evenepoel rimetterà in palio la maglia più ambita (nella foto di apertura alla Clasica di San Sebastian), chi la indosserà?

A Glasgow, Milan correrà su pista: una scelta causata dalle fatiche accumulate al Giro e dal calendario
A Glasgow, Milan correrà su pista: una scelta causata dalle fatiche accumulate al Giro e dal calendario

Settimana compatta

Alessandro Ballan, a distanza di quindici anni, rimane l’ultimo italiano ad aver indossato l’iride. Il veneto ha dimostrato di saper vincere in questo appuntamento, ed averlo corso per tre volte gli ha dato una certa esperienza nel capire come si gestiscono certe situazioni.

«Quello di Glasgow è un percorso per corridori da classiche – dice subito Ballan – il Tour ha dato un bel preannuncio di quello che potrà essere il mondiale. Bene Van Der Poel e Van Aert, ma io ho visto in splendida forma anche Pedersen. Ci sarà sicuramente da divertirsi».

Il calendario è corto, tante prove ravvicinate, l’Italia perde Ganna e Milan vista la (quasi) concomitanza della pista.

E’ un bel mondiale perché tutti gli impegni sono raggruppati, però questo mette i cittì in difficoltà con le scelte di formazione. Sia Ganna che Milan avrebbero potuto fare una bella figura, ma i corridori che escono dal Tour hanno una marcia in più.

I due che hai nominato prima, Van Der Poel e Van Aert, si sono nascosti un po’…

Van Der Poel di più, visto che aveva il compito di fare da ultimo uomo a Philipsen. Van Aert è stato chiamato in causa spesso, anche perché la Jumbo aveva da difendere la maglia gialla. Sicuramente il belga è stato chiamato ad un lavoro di supporto. Dopo che ha cercato di vincere nelle prime tappe, si è “risparmiato”. Non ha speso come lo scorso anno, quando attaccava ovunque. 

Sembrerebbero arrivati al Tour un po’ indietro di condizione…

Può essere una tattica: lavoro per i compagni senza mettermi in mostra, così sembro meno pronto. Diciamo che hanno abbassato le aspettative, forse. Il mondiale è un obiettivo goloso per tutti, il fatto che sia a due settimane dalla fine del Tour vuol dire che questi due sono arrivati non al massimo.

Van Aert è andato a casa quattro giorni prima, per assistere alla nascita del figlio Jerome, questa cosa può influenzare la sua preparazione?

Ha avuto modo di recuperare un po’ di più, alla fine si è saltato quattro tappe, ma solo una era davvero impegnativa (quella con arrivo e Le Markstein, ndr). Di fatica poi ne ha messa comunque nelle gambe.

Solitamente chi esce da un grande Giro ha qualcosa in più, no?

Qualche anno fa era così, io e Bettini uscivamo entrambi dalla Vuelta, così come Boonen nel 2005. Ma anche Alaphilippe nel 2021 ed Evenepoel lo scorso anno arrivavano direttamente dalla Spagna. 

L’ultimo che ha vinto un mondiale senza passare da una corsa a tappe è stato Pedersen, nel 2019. 

Ci sono dei corridori che sono dei fenomeni: Evenepoel, Van Aert, Van Der Poel, Pogacar. Loro possono vincere un mondiale anche senza una preparazione adeguata. Pedersen non è un fenomeno, ma un campione sì. Ha una marcia in più rispetto agli altri, basti vedere cosa ha fatto per Ciccone. Dovesse piovere come ad Harrogate, Pedersen diventa pericolosissimo. 

Ai mondiali di Wollongong 2022, Trentin era il regista in corsa e Bettiol una delle punte. Sarà ancora così?
Ai mondiali di Wollongong 2022, Trentin era il regista in corsa e Bettiol una delle punte. Sarà ancora così?
Degli altri che ne pensi?

Mohoric ha dimostrato di essere forte, ha vinto una tappa non banale. Anche Asgreen ha dato prova della sua forza, e se avesse azzeccato il colpo di reni avrebbe vinto due tappe. I velocisti puri non li prendo in considerazione, è mondiale esplosivo, non adatto a loro. 

E di Evenepoel, campione del mondo ancora in carica, che cosa dici? 

Non ha fatto il Tour, ma ha lavorato tanto in altura qui in Italia, a Passo San Pellegrino. Farà di tutto per tenerla, il percorso si addice ai suoi attacchi da lontano, le 42 curve permetteranno a chi è davanti di fare la stessa fatica di chi è in gruppo. Dovesse fare un attacco simile a quello dello scorso anno, sarà difficile riprenderlo.

L’Italia, lo abbiamo detto prima, è senza Ganna e Milan, ma qualche risultato è arrivato. Vero, non erano tappe del Tour, ma bisogna sempre vincerle le gare…

Trentin è il nostro uomo di esperienza, al Tour ha lavorato tanto e bene, nella tappa vinta da Mohoric si è fatto vedere. Bettiol sarà il nostro uomo probabilmente, consapevoli che se è in giornata può fare una grande gara. Però di testa è altalenante, alterna alti e bassi, ma sugli appuntamenti importanti sà farsi trovare. L’anno scorso si è fatto scappare Evenepoel, quest’anno dovrà essere bravo a stargli dietro. 

Dicevamo delle vittorie, tipo quella di Bagioli su un percorso simile. 

E’ giovane e veloce, non ha tanta esperienza (anche se potrebbe arrivare al suo quarto mondiale in altrettanti anni di professionismo, ndr). Anche Battistella e Sobrero sono buoni corridori che potrebbero giocare d’anticipo. Inserire un uomo davanti, una classica “imboscata italiana” per far saltare il banco. Dovessimo riuscire a sorprendere gli altri la corsa potrebbe diventare molto interessante.

Van Aert tornato a casa, il perché della scelta

21.07.2023
4 min
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Anche Richard Plugge ha appoggiato la scelta di Van Aert. Il fondatore della Jumbo-Visma ha raccontato di quanto a sua volta ritenga importante condividere i momenti importanti con la famiglia e ha elogiato la decisione del campione.

La notizia che la presenza di Van Aert al Tour potesse essere a orologeria era nell’aria. Qualcuno aveva visto nella nascita di suo figlio il pretesto per non condividere la Grande Boucle con Vingegaard. Invece il belga ha scortato il compagno fino al giorno di Courchevel. Poi lo ha abbracciato, lo ha guardato negli occhi, ha pronunciato la parola «Incredible» e ha lasciato il Tour de France. La squadra ha diffuso il video il mattino successivo (in apertura un fotogramma dello stesso), ma a quel punto Wout era già nella sua casa di Herentals.

Gennaio 2022, George, primogenito di Wout e Sarah, compie un anno: la famiglia è unitissima (foto Instagram)
Gennaio 2022, George, primogenito di Wout e Sarah, compie un anno: la famiglia è unitissima (foto Instagram)

Nel giorno di riposo

La decisione è stata presa nel giorno di riposo, cosicché quando il piano è scattato, c’erano già pronti un elicottero e un aereo privato della famiglia Van Eerd, titolare dello sponsor Jumbo, che lo hanno riportato in Belgio.

«Lunedì – racconta il diesse Arthur Van Dongen – siamo stati informati che il momento della nascita si stava avvicinando. Wout ha comunicato la sua intenzione ai compagni. Alcuni di loro hanno dei figli, quindi hanno accolto il suo pensiero. Non è stata una vera sorpresa, perché sapevamo che sarebbe potuto succedere. Una volta un fatto come questo non sarebbe stato digerito così facilmente, ma noi crediamo che sia importante pensare alla persona che c’è dietro al corridore. Per cui, mentre dopo l’arrivo si commentava la corsa, nessuno si è accorto che Wout veniva trasferito verso l’elicottero».

Un cambio di rotta

Cipollini lasciò per una sera il Giro del 1997. Era appena nata sua figlia Lucrezia e Mario salì su un elicottero, tornando in gruppo per la tappa successiva. Interrogati dalla stampa belga sulla scelta di Van Aert, alcuni psicologi hanno ravvisato un cambio di direzione nell’essere campioni.

«E’ il segno una più ampia evoluzione sociale – ha detto il dottor Cedric Arijs a Het Nieuwsblad – in passato il valore del lavoro era più alto di adesso, tutto ruotava intorno alla prestazione. Si diceva che il focus doveva essere tutto sullo sport e per questo bisognava rinunciare al resto. La generazione più giovane afferma di volere una vita al di fuori del lavoro o dello sport. La scelta di Wout si sposa bene con questo: tenere conto del benessere. Come psicologo, penso che sia una buona evoluzione. Possiamo dire che un buon atleta di alto livello dovrebbe essere più di un semplice atleta. Ci sono altri ruoli. Quella del padre, per esempio. Sono convinto che una persona che si sente bene in tutti i ruoli ha un’identità più ampia e sarà mentalmente più forte».

Van Aert è uno dei beniamini del pubblico: la vittoria mancata di tappa non intacca la sua popolarità
Van Aert è uno dei beniamini del pubblico: la vittoria mancata di tappa non intacca la sua popolarità

La maglia al sicuro

Van Dongen, che della squadra è il tecnico e anche il padre buono, va avanti nel resoconto delle ore che hanno portato alla partenza di Van Aert. Il quale in ogni caso, ha aspettato che Vingegaard raggiungesse il margine rassicurante di 7’35” sul secondo.

«L’obiettivo – racconta Van Dongen – era vincere una tappa con lui. L’anno scorso c’era stato l’obiettivo della maglia verde, con diverse vittorie. Ora, oltre alla maglia gialla, il nostro obiettivo era conquistare altre tappe. Non ha funzionato. Wout ha lavorato duramente per questo, ma alcune volte ha trovato avversari più forti. E’ un peccato, ma nessuna vittoria di tappa mancata al Tour sminuisce le qualità di Wout van Aert. Quanto alla classifica, anche se dobbiamo rimanere vigili, dovrebbero succedere cose molto strane perché Jonas perda la maglia gialla. Abbiamo una squadra forte, penso che a questo punto del Tour l’assenza di Wout avrà un impatto gestibile».

Per Pogacar e per il mondiale: parole chiare di Trentin

17.07.2023
4 min
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SAINT GERVAIS LES BAINS – Tanto lavoro si fa per qualche buon motivo. Prima chiaramente c’è da vincere il Tour con Pogacar, rinunciando alle proprie chance. Poi però c’è il mondiale di Glasgow, cui Matteo Trentin non può certo essere indifferente. I motivi sono due. Il primo è che l’ultima volta che ha corso da quelle parti, ha vinto il campionato europeo su Van der Poel e Van Aert. Il secondo è che l’ultimo mondiale nel Regno Unito lo aveva praticamente vinto, ma si fece infilare da Mads Pedersen. Detto adesso che il danese vince anche tappe al Tour, potrebbe non essere troppo strano, ma allora fu una bella beffa.

«Per adesso siamo qua – sorride il trentino – tutti molto tranquilli. Abbiamo passato secondo me il punto in cui magari eravamo più in difficoltà, vale a dire la prima settimana. Tadej veniva da un infortunio e adesso sicuramente, mano a mano che passa il tempo, starà sempre meglio. Quindi cos’altro dire? Siamo fiduciosi».

La caduta di San Sebastian lo ha fatto penare con il ginocchio destro
La caduta di San Sebastian lo ha fatto penare con il ginocchio destro

Come nel 2018

Sul ginocchio destro porta un bendaggio, la fisionomia è quella tipica del Tour de France che ti asciuga anche se non ne hai voglia. In questi giorni il lavoro di Trentin è chiaro: tirare in pianura e fino alle prime rampe delle salite, poi farsi da parte. In un modo o nell’altro, anche un buon percorso di preparazione.

«Nei primi giorni purtroppo sono caduto – dice – quindi ho dovuto soffrire molto a causa della botta al ginocchio. Adesso piano piano sta andando per il meglio e quindi anche le gambe iniziano a girare come Dio comanda. Il mondiale avrà un percorso tecnico, un po’ simile a quello su cui corremmo l’Europeo e su cui prima erano stati fatti i Commonwealth Games, anche perché in quella città c’è poco più di qualche curva. Semmai, un fattore molto determinante sarà la pioggia. Se non ci sarà, forse sarà un po’ più facile di quando ho vinto l’europeo, perché si faceva tutto in circuito. Questa volta invece, abbiamo 100 e passa chilometri di trasferimento da Edimburgo, anche se non sembrano troppo tecnici».

Van Aert e Van der Poel hanno lavorato per i compagni, ma si sono anche allenati
Van Aert e Van der Poel hanno lavorato per i compagni, ma si sono anche allenati

Occhio a Van Aert e Vdp

Il Tour è un obiettivo per molti, ma anche una palestra. E così, scorrendo avanti e indietro per il gruppo, Trentin si è accorto di non essere l’unico a pedalare con un secondo fine nella testa.

«Nel 2018 a Glasgow – appunta – mi lasciai dietro Van der Poel e Van Aert, un bel podio da avere nella foto. E credo che anche questa volta fra i protagonisti ci saranno quei due. Li ho visti pedalare molto bene, ognuno fa il suo. Van Aert lavora per Vingegaard, mentre Van der Poel finora ha fatto un grande lavoro per Philipsen. Ora vediamo cosa farà nella terza settimana, dove sicuramente avrà libertà e lo vedremo molto di più».

Ai mondiali di Wollongong 2022, Trentin era il regista in corsa e Bettiol una delle punte. Sarà ancora così?
Ai mondiali di Wollongong 2022, Trentin era il regista in corsa e Bettiol una delle punte. Sarà ancora così?

Getxo poi Barberino

Non resta che finire il Tour, insomma. Poi tirare un po’ il fiato e preparare la valigia per Glasgow, non prima di aver fatto una tappa in Spagna.

«La settimana dopo il Tour – conferma Trentin – dovrei correre a Getxo e poi andare al mondiale, passando per il ritiro di Barberino del Mugello. Ma prima abbiamo ancora da fare qui, lasciatemi andare. Al Tour ci sono sempre un sacco di cose da mettere a posto».

Pedersen stronca Philipsen, ma pesa l’addio di Cavendish

08.07.2023
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La tappa di Limoges ha la gioia di Mads Pedersen e dei suoi compagni della Lidl-Trek e lo sguardo silenzioso e sconfitto di Cavendish sull’ambulanza. «Questo è il ciclismo», diceva stamattina il velocista dell’Isola di Man, ma non avrebbe mai immaginato che il suo sogno di superare il record di Merckx si sarebbe fermato sull’asfalto a 60 chilometri dall’arrivo.

Mancano 60 chilometri all’arrivo, una distrazione e Cavendish finisce sull’asfalto. Il sogno finisce qui
Mancano 60 chilometri all’arrivo, una distrazione e Cavendish finisce sull’asfalto. Il sogno finisce qui

Quelli del cross

Non sarebbe stata la sua tappa e Mark lo sapeva. Scherzando aveva parlato di traguardo disegnato per gli uomini del ciclocross, indicando così Van der Poel e Van Aert, ma di colpo su quei due si è abbattuta una nemesi sfavorevole. L’olandese si è votato ancora una volta alla causa di Philipsen, finito secondo. Il grande belga invece aveva le gambe per vincere, ma si è dovuto fermare a ruota di Laporte che, nel tirargli la volata, ha avuto un rallentamento che l’ha fatto inchiodare.

«E stato uno sprint molto lungo – racconta Pedersen, il danese diretto e fortissimo – ma i ragazzi mi hanno pilotato bene. Ero ancora fresco quando ho iniziato la volata. Sprintare in salita in quel modo è molto difficile. A 50 metri dalla linea, le gambe mi facevano così male che ho avuto la tentazione di sedermi. Ma sapevo che anche Philipsen avrebbe fatto uno sforzo estremo per rimontare. E al Tour non importa che si vinca per un metro o per un centimetro».

I record intoccabili

Chissà a cosa starà pensando adesso Cavendish, che aveva davanti alle ruote altre due tappe per dare l’assalto a Merckx. Verrebbe quasi da dire che certi record andrebbero rispettati. Armstrong provò a umiliare quelli dei cinque Tour e finì schiacciato dalla sua arroganza, ma qui la storia è diversa. Lo sport si costruisce sull’abbattimento dei limiti insuperabili e abbiamo sognato tutti accanto a Cavendish. Solo che adesso davanti a lui non c’è più uno scopo apparente.

«E’ un onore aver corso con Mark – dice Pedersen – e a proposito, deve ancora darmi una maglia, perché dovevamo scambiarcele. Spero di esserci quando farà la corsa d’addio».

Il contratto di Mark con l’Astana Qazaqstan Team è per tutto l’anno, ma aveva il fuoco sul Tour: l’unica corsa che ha sempre avuto la capacità di accenderlo. Il secondo posto di ieri gli ha dato la sensazione di essere vicino, ma ora? Cav troverà ancora motivazioni ad andare avanti?

I due sconfitti

In cima al rettilineo di Limoges è andato in scena uno scontro fra pesi medi dotati di infinita potenza. E se tutti si aspettavano una resa dei conti fra Van Aert e Van der Poel, l’evidenza ha proposto lo scontro fra Pedersen e Philipsen, uno scintillante Groenewegen e lo sfortunato Van Aert.

«Mads è stato più forte – dice Philipsen – io ho sentito le gambe inchiodarsi. Mathieu ha fatto un altro super lavoro e mi dispiace non essere riuscito a finalizzarlo, soprattutto perché questo era un arrivo adatto anche a lui. Abbiamo deciso di puntare su di me, perché altrimenti avrei potuto perdere troppi punti per la maglia verde».

«E’ sempre frustrante – dice Van Aert – quando non riesci a finalizzare il lavoro della squadra. Ho fatto l’errore di aspettare troppo. Mathieu e Jasper mi hanno superato proprio mentre Christophe Laporte si è fermato. E’ colpa mia, dovevo partire prima. Avevo le gambe per vincere? Ce l’ho da tutta la settimana. Ma ora è il momento di lavorare per la maglia gialla, sperando di cancellare presto lo zero dalla casella delle mie vittorie».

Van der Poel avrebbe potuto fare il suo sprint? Probabilmente sì, ma è rimasto fedele a Philipsen
Van der Poel avrebbe potuto fare il suo sprint? Probabilmente sì, ma è rimasto fedele a Philipsen

Irriconoscibile VDP

Chi dovrebbe e di sicuro avrebbe qualcosa da dire è Mathieu Van der Poel, che continua nel cambiamento. Già qualche settimana fa aveva spiegato la necessità di selezionare gli obiettivi, il fatto che a Limoges si sia piegato alla necessità di difendere la maglia verde lo rende quasi irriconoscibile.

«Penso che Jasper non sia più riuscito a fare il suo sprint – dice – il che non è illogico in un simile arrivo. Peccato, ma ha fatto un buon lavoro per la maglia verde. Mads è ovviamente forte negli sprint lunghi e impegnativi come questo, sapevamo che la pendenza sarebbe stato il limite per Jasper. L’ho lasciato bene alla ruota di Pedersen, però Mads ha continuato ad accelerare. Se ho pensato a fare il mio sprint? No, avrei avuto carta bianca se Philipsen non avesse avuto gambe. Ma le aveva e poteva fare un buon lavoro per la maglia verde».

Il Tour è lungo, occasioni non mancheranno. In questa dolce serata nella Nouvelle Aquitaine si segnalano i brindisi in casa Lidl-Trek, per la gioia di Luca Guercilena e dei nuovi investitori. Ma chissà che l’imprevedibile Mathieu non abbia in testa di fare bene domani sul Puy de Dome, sulle strade che fecero la storia di suo nonno Raymond Poulidor. Anzi, varrebbe quasi la pena di scommettere che qualcosa inventerà…

Il risveglio di Pogacar ricompatta la Jumbo-Visma

07.07.2023
4 min
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Tappa facile oggi verso Bordeaux al limite del surplace e Van Aert sorridendo alla partenza ha ammesso che finalmente potrà riposarsi. Quel che ha fatto ieri il belga ha prosciugato la scorta degli aggettivi. Neppure il fatto che alla fine Pogacar da solo abbia messo in croce la corazzata Jumbo-Visma riesce a ridimensionare l’enormità del suo lavoro. La sola spia della grandezza del gesto sta nel barcollare nel momento in cui ha smesso di pedalare, avendo raschiato veramente il fondo.

Jumbo-Visma compatta: ultime tirate fino a 5 chilometri dall’arrivo, la tappa di Van Aert ieri è stata monumentale
Jumbo-Visma compatta: ultime tirate fino a 5 chilometri dall’arrivo, la tappa di Van Aert ieri è stata monumentale

Da zero a 140

Van Aert se ne è andato al chilometro zero ed è rimasto davanti fino a 5 chilometri dall’arrivo di una tappa che ne misurava 144,9. Vicino a lui c’era Nathan Van Hooydonck, che ha subito intuito la portata di quell’accelerazione.

«Avevamo progettato di avere qualcuno in fuga – racconta – e sapevo che Wout sarebbe partito nella scia delle prime auto. Nel primo chilometro lo abbiamo visto accelerare e se non riesci a prendergli la ruota, non lo vedi più. La fuga è stata istantanea. Qualcuno dice che Wout non sarebbe forte come lo scorso anno, ma non è vero. E’ partito perché già da due giorni aveva vinto il premio della combattività. Wout è un ragazzo di classe e un corridore super bravo, dobbiamo fregarci le mani per il fatto di avere un corridore del genere».

Che sia stato per accumulo di fatica o per un calo di zucchero, Vingegaard al traguardo era davvero sfinito
Che sia stato per accumulo di fatica o per un calo di zucchero, Vingegaard al traguardo era davvero sfinito

Piano sfumato

Difficile dire se le tensioni dei giorni scorsi siano state tutte dimenticate o se si sia trovata una soluzione diplomatica. Sta di fatto che dopo il gran lavoro di ieri, anche Vingegaard ha faticato a restare del tutto indifferente: la sensazione è che il crescere del “nemico” Pogacar abbia compattato il fronte della Jumbo-Visma.

«Wout è stato ancora una volta super forte – ha detto la maglia gialla – ma non lo è stato solo lui. L’intera squadra è stata fantastica. Tutti hanno corso alla grande, ma Wout è stato davvero eccezionale».

Difficile dire meno a un campione che lo ha scortato fino a meno di 5 chilometri dal traguardo, nel giorno in cui lo stesso Vingegaard è stato meno fantastico del giorno precedente.

«L’intenzione – ha spiegato – era quella di staccare Pogacar sul Tourmalet e poi approfittare dell’aiuto di Wout dopo lo scollinamento per guadagnare ancora, ma non ha funzionato. Tadej è riuscito a passare bene il Tourmalet e sulla salita finale verso Cauterets è stato il più forte. Meritava di vincere».

L’analisi serale dei dati ha evidenziato che proprio sul Tourmalet, Vingegaard ha battuto il record di scalata, salendo in 45’11, quasi due minuti meglio del record fissato da David Gaudu nel 2021. Lui è andato forte, Pogacar non è stato da meno.

Dopo aver scortato Roglic alla vittoria del Giro, Sepp Kuss si è preso la Jumbo-Visma sulle spalle
Dopo aver scortato Roglic alla vittoria del Giro, Sepp Kuss si è preso la Jumbo-Visma sulle spalle

Ancora super Kuss

La restituzione dei complimenti a 24 ore da quelli ricevuti da Pogacar potrebbe suonare anche come un atto formale, ma è un fatto che dopo l’arrivo quei due si siano abbracciati, in un gesto di riconoscimento reciproco che non è sfuggito neppure ai compagni.

«Volevamo provare a scoprire Pogacar – ha detto un immenso Sepp Kuss – ma forse Jonas aveva ancora nelle gambe la dura tappa di mercoledì, quando ha dovuto pedalare molto a lungo a un ritmo altissimo».

«Sono felice di essere di nuovo in giallo – ha chiuso Vingegaard – sarebbe stato meglio avere un vantaggio di due minuti, ma anche 25 secondi non è male. Non sono stato affatto sorpreso che Tadej abbia risposto. Questo Tour è stato già molto duro e siamo ancora nella prima settimana. Penso che possa rimanere emozionante fino a Parigi».