Pescador: dalla Colombia alla Movistar con un sogno in tasca

09.10.2024
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Sulle strade delle classiche italiane dedicate agli under 23 quest’anno si è spesso vista tra le prime posizioni la maglia della GW Erco Shimano. Team continental colombiano abituato a partecipare alle corse del calendario europeo. Chi si è messo spesso in evidenza è stato Diego Pescador, magro, agile e capace di mettersi alla pari dei migliori in salita. Un sorriso grande e argentato, visto che ancora indossa l’apparecchio. Un segno distintivo che in gruppo però sparisce, per fare largo a uno sguardo attento e concentrato. 

Pescador è nato nel comune di Quimbaya, a metà strada tra Cali e Bogota. E’ giovane, visto che non ha ancora compiuto 20 anni, lo farà il prossimo 21 dicembre. Eppure lo scalatore colombiano ha appena firmato un contratto di tre anni nel WorldTour con la Movistar di Unzue

Diego Pescador da under 23 ha corso la GW Erco Shimano (foto Nicolas Mabyle/Direct Velo)
Diego Pescador da under 23 ha corso la GW Erco Shimano (foto Nicolas Mabyle/Direct Velo)

Consigliato da Mori

Uno degli artefici del suo trasferimento è stato Massimiliano Mori, suo procuratore. E’ stato lui a condurlo nel ciclismo dei grandi seguendolo passo dopo passo. 

«Pescador – ci spiega Mori – l’ho conosciuto perché già lavoro con altri atleti colombiani come Restrepo e Gomez della Polti-Kometa. Ho visto i suoi dati e sono rimasto molto colpito da quello che può fare. Così l’ho seguito passo dopo passo nella sua crescita. Già al primo anno da under 23 si era messo in mostra al Tour de l’Avenir e nelle corse a tappe del suo Paese. Quest’anno è arrivato un ulteriore step di crescita e la chiamata della Movistar gli ha fatto sicuramente piacere».

Nel 2022 ha indossato la maglia della Colombia al Giro della Lunigiana (foto Instagram)
Nel 2022 ha indossato la maglia della Colombia al Giro della Lunigiana (foto Instagram)

In Italia fin da giovane

Diego Pescador ha corso molto in Europa, in particolare in Italia, già quando era junior. Abbiamo deciso di farci raccontare personalmente questa sua crescita che in breve lo ha portato nel mondo del WorldTour. 

«Grazie a Dio – dice subito il giovane colombiano – ho avuto l’opportunità di andare in Europa da quando avevo 16 anni con la squadra del Ministero dello Sport, già da junior. Quello che ho trovato è un ciclismo molto duro per la tecnica e per la professionalità che i ragazzi hanno fin da giovani. Ho sempre partecipato alle gare del calendario italiano, la base della squadra è sempre stata in Italia. E’ un Paese che mi piace molto. Il livello è altissimo, mi ricordo che le gare erano praticamente ogni otto giorni. Ho preso parte a corse importanti come il Giro della Lunigiana, forse la più difficile fatta in quel periodo».

Pescador ha partecipato a diverse gare con i pro’ nel 2023, qui al Giro di Sicilia
Pescador ha partecipato a diverse gare con i pro’ nel 2023, qui al Giro di Sicilia
Che differenza hai visto tra il ciclismo europeo e quello colombiano?

Quando ho avuto modo di fare questo confronto per la prima volta era il 2022. Direi che è abissale, è stato davvero qualcosa di molto sorprendente. Credo che venire in Europa così presto sia stato qualcosa di molto positivo per avanzare nel mio processo di crescita come corridore. Grazie alle gare uno con il passare dei mesi acquisisce esperienza. E’ normale soffrire nelle prime uscite ma bisogna avere il coraggio di buttarsi alle spalle quella paura. In Europa è importante la posizione in gruppo, si deve restare sempre tra i primi 20 perché ci sono parecchi passaggi tecnici.  

Poi da under 23 sei andato a correre anche tra i professionisti. 

Ho avuto modo di prendere parte al Giro di Sicilia, al Tour de Bretagne e altre gare con squadre WorldTour. Questi appuntamenti mi hanno dato qualcosa in più grazie ai lunghi chilometraggi. E’ stato un altro step nella mia crescita. In Colombia si corre spesso al mattino presto, ma devo ammettere che mi trovo meglio in Europa, dove spesso si gareggia al pomeriggio. 

Hai fatto bene sia in gare a tappe che in corse di un giorno, quali preferisci?

Quelle a tappe. Ho visto che con il passare dei giorni il mio corpo si riesce a esprimere al meglio. Per quanto riguarda le corse di un giorno mi piacciono quelle con tanta salita. Ma se proprio devo scegliere direi che non ho dubbi: gare a tappe. 

Quest’anno si è messo in luce nelle classiche di primavera U23, qui al Recioto dove è arrivato secondo (photors.it)
Quest’anno si è messo in luce nelle classiche di primavera U23, qui al Recioto dove è arrivato secondo (photors.it)
Tanto che al Tour de l’Avenir hai colto un ottimo settimo posto finale quest’anno. 

E’ una competizione che mi piace molto, nella quale ho gareggiato due volte. Mi sono divertito molto a correre con la nazionale colombiana, sarà sempre un orgoglio rappresentare il mio Paese. In più in una gara in cui i colombiani hanno sempre fatto molto bene. Per noi che arriviamo da lontano è sempre più complicato fare bene, dato che la nazionale colombiana non ha una base in Europa. E’ difficile trasportare l’attrezzatura necessaria per il recupero e tutto il materiale tecnico. Penso sia uno svantaggio in questo ciclismo moderno, dove ogni piccola cosa è un guadagno per il giorno dopo. 

Cosa ti manca per essere al tuo massimo?

Oltre quello che ho detto direi che mi serve continuità nel correre in Europa. Ad esempio: al Tour de l’Avenir non è facile confrontarsi con ragazzi che fanno un calendario di alto livello da gennaio o febbraio. 

Dietro quel sorriso si nascondono tanta determinazione e voglia di arrivare (photors.it)
Dietro quel sorriso si nascondono tanta determinazione e voglia di arrivare (photors.it)
Quali sono le tue qualità principali?

In salita vado molto bene grazie anche alla mia corporatura. Dall’altro lato essere leggero non mi aiuta nelle cronometro e negli sprint, quindi dovrò migliorare questi aspetti. In discesa mi difendo bene ma il mio terreno preferito è la montagna.

Dal 2025 sarai con la Movistar, come vedi questo passo?

L’opportunità che ho di correre in un team WorldTour senza passare da una squadra development non mi spaventa molto. Penso che per competere in questo ciclismo moderno saltare nel WorldTour a 19 anni sia la cosa giusta da fare. Così da essere pronto per qualche grande corsa a 22 o 23 anni come hanno fatto Remco Evenepoel o Pogacar. Il 2025 mi servirà per imparare dai più esperti. Anche se ho già detto in altre occasioni che mi piacerebbe vincere al mio primo anno da professionista so che è abbastanza difficile, ma non impossibile.

Il suo punto forte è la salita, mentre a cronometro deve crescere parecchio (foto Nicolas Mabyle/Direct Velo)
Il suo punto forte è la salita, mentre a cronometro deve crescere parecchio (foto Nicolas Mabyle/Direct Velo)
Hai firmato per tre anni, cosa vedi nel futuro?

La Movistar mi può dare l’approccio per diventare un leader un giorno, se Dio mi darà l’opportunità e le attitudini per diventare un ciclista di successo. E’ quello per cui lotto ogni giorno. Questa è stata l’unica squadra, delle tante che mi hanno contattato, che mi ha dato queste garanzie e mi ha assicurato che mi avrebbe fatto crescere con calma. 

Quanto è difficile lasciarsi alle spalle la propria casa e la propria vita?

La cosa più difficile sarà salutare la famiglia, al primo anno non credo di riuscire a portare qualche parente con me. Ma il mio sogno è diventare il miglior ciclista nella storia della Colombia. So di poterlo realizzare con molto lavoro, dedizione e disciplina. I miei genitori e le persone che mi circondano hanno sacrificato molto perché io sia dove sono e non posso deluderle. Non vedo l’ora di indossare la divisa della Movistar e fare la prima gara. La verità è che sono molto ansioso e aspetto quel momento, ma sono molto motivato.

Crescioli: «Cara UCI, quanta confusione sui mondiali U23»

03.10.2024
4 min
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Durante i giorni di Zurigo, con i mondiali in corso e tutti gli occhi puntati sullo spettacolo offerto dai vari campioni e futuri campioni, si è aperto il tema degli under 23. Sia chiaro, è un problema tutto italiano sul quale bisogna riflettere internamente prima di cercare il colpevole all’esterno. In tanti si sono lamentati sul fatto che corridori professionisti abbiano preso parte alla prova riservata agli under 23. L’oggetto del dibattito è stato il fatto che la loro presenza abbia chiuso le porte ai ragazzi delle squadre continental e di club. L’UCI ha messo mano al regolamento e dal 2025 i mondiali U23 non vedranno i corridori di formazioni WorldTour e professional. Per essere chiari non vedremo Del Toro, ma nemmeno i nostri Busatto, De Pretto e Pellizzari. L’eccezione viene fatta verso i corridori dei devo team in quanto non professionisti ma appartenenti ad una formazione continental. 

Uno dei ragazzi esclusi da Marino Amadori per il mondiale di Zurigo è Ludovico Crescioli, il quale quest’anno ha corso per la Technipes #InEmiliaRomagna. Formazione continental che gli ha permesso di correre 20 dei 58 giorni di gara con i professionisti. 

«E ci correrò ancora – racconta Crescioli – visto che sabato sarò al Lombardia U23 e la domenica alla Coppa Agostoni. Dopo la caduta all’Avenir, nel quale ho vinto la seconda tappa, mi sono rimesso in sesto e ho corso il calendario professionistico tra Toscana, Emilia Romagna e Abruzzo».

Crescioli alla Coppi e Bartali, la prima delle sue tante gare con i pro’ nel 2024
Crescioli alla Coppi e Bartali, la prima delle sue tante gare con i pro’ nel 2024

Idee poco chiare

Insieme a lui commentiamo questo cambio di regolamento. Crescioli è uno di quei ragazzi che, se dovesse passare professionista nel 2025, non potrà correre il mondiale nonostante sia ancora a tutti gli effetti U23. 

«Non fare il mondiale mi è dispiaciuto – commenta – ma mi sono trovato completamente d’accordo con Amadori. Le regole erano chiare e l’Italia si è attrezzata per competere contro corridori di prima fascia, di cui la maggior parte provenienti dal WorldTour. La decisione presa dall’UCI mi sembra strana, perché se pensiamo all’Italia ci sono ragazzi che non potranno mai fare un mondiale under 23. I corridori della Bardiani, che da juniores passano professionisti, possono correre le gare internazionali under 23 ma non il mondiale. Mi sembra un controsenso. Il mondiale under 23 deve essere fatto per accogliere i migliori ragazzi della categoria. Tanto che a Zurigo ha vinto Behrens che arriva da una formazione development». 

I mondiali U23 sono stati vinti dal tedesco Behrens, che corre in un devo team, ovvero una continental
I mondiali U23 sono stati vinti dal tedesco Behrens, che corre in un devo team, ovvero una continental

Problema di calendario

Il punto centrale del discorso non è capire se la regola imposta dall’UCI sia giusta o meno. La domanda che sorge parlando con Crescioli è: i ragazzi under 23 che militano in una continental italiana fanno un calendario adeguato al titolo della loro squadra? In Technipes il toscano ha corso in egual modo tra professionisti e under 23, facendo un calendario completo.

«Alla fine i ragazzi dei devo team – continua – fanno diverse corse con i professionisti, quindi di esperienza ne accumulano. Chi milita in una formazione di sviluppo o una continental dovrebbe avere un calendario proporzionato al titolo della squadra. Io sarei rimasto per un’inclusione totale di tutti i ragazzi under 23. Anche perché, ripeto: un corridore juniores che passa alla Bardiani non può correre il mondiale fino ai 23 anni, in teoria. Però viene a fare il Giro Next Gen. Mi sembra solo un modo per creare ancora più confusione».

Ludovico Crescioli quest’anno ha vinto una tappa all’Avenir contro corridori WT
Ludovico Crescioli quest’anno ha vinto una tappa all’Avenir contro corridori WT

Esperienza

Le voci vedono Crescioli prossimo ad un passaggio tra i professionisti nel 2025, anche se lui svia e non vuole dire ancora nulla a riguardo. Il tema però rimane. 

«Se ciò dovesse accadere – conclude – mi troverei fregato due volte. Quest’anno sono stato escluso perché c’era la possibilità di portare i professionisti, mentre l’anno prossimo potrei non partecipare in quanto uno di loro. Alla fine credo che il mondiale sia un’esperienza e che debba essere alla portata di tutti. Poi consideriamo che all’Avenir, ad esempio, possono partecipare i corridori provenienti dal WorldTour. Mi sembra tutto un modo per creare confusione. Sarebbe stato meglio che i mondiali rimanessero una competizione aperta a tutti».

Romeo mette nel sacco Segaert: l’oro tra gli U23 va alla Spagna

23.09.2024
5 min
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ZURIGO – Le emozioni più forti nel corso della seconda giornata dei campionati del mondo di Zurigo arrivano con la cronometro dedicata agli under 23. Sullo stesso percorso che ieri ha visto protagoniste le donne i ragazzi più forti al mondo si sono dati battaglia a colpi di secondi, curve spericolate e watt. Di energia nelle gambe questi giovani ne hanno parecchia e pensare che si voglia rimettere mano al regolamento impedendo loro di correre questi appuntamenti ci rattrista. Far parte del mondo WorldTour dovrebbe essere un merito non una discriminante, eppure c’è chi si ostina a voler escludere questi atleti da tali appuntamenti. 

In attesa di raccontarsi alla stampa, Ivan Romeo firma il solito mucchio di maglie iridate e non sta nella pelle
In attesa di raccontarsi alla stampa, Ivan Romeo firma il solito mucchio di maglie iridate e non sta nella pelle

Felicità estrema

Sulla hot seat di Zurigo ci sta stretto lo spagnolo alto, anzi altissimo. Si muove, alza le braccia, porta le mani al volto. E quando Alec Segaert arriva all’ultimo chilometro in evidente ritardo capisce di aver compiuto un’impresa e si lascia andare nel pianto di un bambino. Accovacciato ai piedi della sedia che ospita il corridore con il miglior tempo, viene preso d’assalto dallo staff e dal compagno di nazionale Markel Beloki. 

«Posso solo dire che è il giorno più felice della mia vita – confida Ivan Romeo a chi ancora non avesse visto quanto brillano i suoi occhi – credo di non sapere ancora quello che ho raggiunto. Ci vorrà del tempo. Se questa mattina mi avessero chiesto quanto tempo avrei potuto guadagnare nei confronti di Segaert nel tratto di pianura avrei risposto: nulla. Invece dopo aver tagliato il traguardo sapevo di aver fatto la miglior prova possibile».

Nel 2024 Romeo, 1,93 per 75 kg, era già stato 7° nella crono della Vuelta Burgos e 10° in quella del UAE Tour
Nel 2024 Romeo, 1,93 per 75 kg, era già stato 7° nella crono della Vuelta Burgos e 10° in quella del UAE Tour

Equilibrio

Al primo intertempo, in cima alla salita che poi avrebbe portato i ragazzi verso la temibile discesa, Romeo aveva un ritardo di pochi secondi. Dopo altri 10 chilometri il distacco da Segaert era minimo, cinque secondi. Tutti erano convinti che il belga avrebbe poi sfruttato il tratto favorevole per dilagare, invece la sua barca è naufragata

«Sul lago – spiega Romeo – c’era vento contrario, sapevo di dover risparmiare un po’ di energie nella parte iniziale per non arrivare stanco alla fine. Avevo in mente questo piano di passo fin dalla mattina, non pensavo però di guadagnare così tanto tempo. Mi sono sentito benissimo negli ultimi dodici chilometri, andando molto, molto più forte di quanto mi aspettassi. Quando ho visto che Segaert era cinque secondi più veloce di me, ad essere sincero, ho capito che avrei potuto vincere. Ho lasciato tutti gli avversari dai trenta secondi in su, credo che quegli ultimi dieci chilometri siano stati i migliori della mia vita».

Secondo posto con 32 secondi di ritardo per Soderqvist che dopo l’arrivo ha faticato a mandarla già
Secondo posto con 32 secondi di ritardo per Soderqvist che dopo l’arrivo ha faticato a mandarla già

L’emozione non ha età

A chi pensa di togliere la gioia di un appuntamento iridato a questi ragazzi chiediamo di porgere lo sguardo sul sorriso di Ivan Romeo mentre esulta sul podio in Sechselautenplatz. Ha una gioia talmente forte che frantuma le telecamere e un’energia così potente da invadere il cuore di tutti noi. La medaglia d’oro arriva dopo due anni con il team Movistar, con una progressione continua e un bagaglio di esperienze sempre più grande: perché non sfruttarlo?

«Questi due anni con la Movistar – conclude – sono stati bellissimi. Sto imparando tanto da loro e adoro questa squadra, da spagnolo è un sogno correre lì. E sì, essere in un team WorldTour per un anno e mezzo è ovviamente molto importante per acquisire esperienza e fiducia in se stessi. Si impara a gestire tutti i momenti, quelli buoni e quelli cattivi. Naturalmente ci sono entrambi». 

Christen ha chiuso al terzo posto, a 40″ da Romeo. Si è detto soddisfatto e pensa alla gara su strada di venerdì
Christen ha chiuso al terzo posto, a 40″ da Romeo. Si è detto soddisfatto e pensa alla gara su strada di venerdì

La delusione di Segaert

Chi mastica amaro è Alec Segaert. Il belga era il grande favorito di giornata dopo la vittoria del titolo europeo, invece se ne va da Zurigo con un pugno di mosche e una bella lezione. Imparare fa parte del processo per questi ragazzi ed è meglio farlo ora che in futuro, ma la seconda delusione iridata brucia.

«Credo che le gambe siano la cosa che mi ha fatto più male – dice trovando la forza di fare una risata –  ma sì, di sicuro è una delusione. Sono venuto per ottenere il massimo, ma oggi non era nelle mie corde. Il meteo alla fine non ha giocato una parte così importante nel risultato. Era prevista molta più pioggia, invece ho corso su una strada praticamente asciutta. La differenza vera l’ha fatta la parte pianeggiante, dove non sono riuscito a spingere quanto avrei voluto. Dopo il secondo intermedio mi sono buttato nel tratto in discesa, era rischioso ma sono andato abbastanza bene. Però si trattava di un settore difficile per tutti, il divario Romeo lo ha costruito nel finale».

Un podio che fa riflettere. Il primo, Romeo, corre alla Movistar nel WorldTour, il secondo nel devo team della Lidl-Trek, il terzo alla UAE Emirates
Un podio che fa riflettere. Il primo, Romeo, corre alla Movistar nel WorldTour, il secondo nel devo team della Lidl-Trek, il terzo alla UAE Emirates

I migliori

Alec Segaert è l’esempio più grande di un corridore che gareggia nel WorldTour e allo stesso tempo si trova ad affrontare eventi da under 23. Ha corso al Renewi Tour battendo a cronometro atleti che ieri hanno gareggiato tra i professionisti. Appena gli chiedono cosa pensa del possibile cambio di regolamento risponde subito.

«Se guardo a me stesso, penso che non correrò l’anno prossimo tra gli under 23, spero di farlo tra gli elite. Ma per me la gara under 23 dovrebbe essere per tutti gli atleti sotto quella età. Oggi, c’era un bel gruppo di corridori professionisti, ma penso che dovrebbe essere così. Anche se gareggi un anno intero con gli elite ma sei il migliore tra gli U23 allora meriti il titolo».

Amadori: «A Zurigo con una rosa competitiva e varia»

20.09.2024
5 min
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La lista degli otto corridori scelti da Marino Amadori per il mondiale under 23 è stata resa pubblica martedì insieme a tutte le altre dei vari cittì. I cinque nomi selezionati per la prova in linea di Zurigo sono: Giulio Pellizzari, Francesco Busatto, Davide De Pretto, Pietro Mattio e Florian Kajamini (in apertura, De Pretto e Pellizzari). A questi si aggiungono le tre riserve: Simone Gualdi, Federico Savino e Ludovico Crescioli. 

Il solito “problema”

Tre dei cinque nomi scelti da Amadori sono già nel mondo dei professionisti, un dato che però unisce tutte le selezioni nazionali di rilievo. Chi vuole provare a vincere ha portato i migliori atleti under 23, professionisti o meno. Da quando l’UCI ha aperto queste competizioni anche ai corridori che hanno messo nelle gambe corse WorldTour le scelte diventano obbligate. 

«La prima premessa che voglio fare – commenta Amadori – è che ci sono dei regolamenti e bisogna agire di conseguenza. Noi come Italia ci organizziamo per fare il massimo nella gara che assegna la maglia iridata. In una gara che vede 40 ragazzi che provengono da squadre professionistiche, noi dobbiamo agire di conseguenza per provare a essere competitivi. Con i ragazzi scelti mi auguro di esserlo, ma non sarà facile, non è che con questi andremo sicuramente a podio oppure a medaglia. Vi basti sapere che ci saranno Del Toro e Morgado, giusto per dire due nomi. Il primo ha fatto la stagione che ha fatto, mentre il secondo, al primo anno tra i professionisti, si è piazzato quinto al Fiandre. All’europeo abbiamo subito alla grande, al mondiale voglio portare una squadra che può essere protagonista».

Crescere e imparare

Ne abbiamo parlato anche con Pellizzari nell’ultima intervista. Per vincere serve imparare a farlo e abituarsi a vivere determinate situazioni. Il corridore della Vf Group-Bardiani ha detto di essersi pentito per non aver corso l’Avenir. La corsa a tappe francese, che racchiude il meglio del movimento under 23, sarebbe stata un punto importante per la sua crescita. 

«Il punto che mi va di sottolineare – riprende il cittì – è che noi come Italia facciamo fatica nel mondo dei professionisti. Portare ragazzi come Pellizzari, Busatto e De Pretto al mondiale under 23 può essere una bella occasione per migliorare e vivere queste gare da protagonisti. Sono corridori che tra uno o due anni magari  saranno protagonisti con la nazionale maggiore e lo saranno anche grazie a questo passaggio. E’ chiaro che mi spiace lasciare fuori i vari Zamperini, Crescioli, Gualdi, Savino e gli altri che erano nella mia lista. Però la maglia azzurra va onorata e andare al mondiale per fare piazzamento da “ennesima” posizione non è ciò che merita la nazionale italiana».

Questione di equilibrio

Cinque nomi in una lista dove tanti meriterebbero spazio, ma ciò che serve è avere equilibrio per partire competitivi e ricoprire bene tutto il percorso. 

«Dei cinque ragazzi – spiega Amadori – non tutti sono da ragazzi da ultimo momento e non ci sono solamente leader. E’ importante trovare il giusto compromesso. Mattio è una sicurezza, il suo Tour de l’Avenir corso sopra le righe mi ha fatto capire che potrà essere molto utile alla causa fin dal chilometro zero. Kajamini, ad esempio, è uno di quelli che non ha paura di prendere vento in faccia e anche lui all’Avenir ha fatto vedere di andare forte in salita. Poi lui è uno che attacca, da noi in Italia tanti ragazzi corrono sulle ruote per fare ottavo o quindicesimo, Kajamini invece è uno che si muove, anticipa e lotta.

«I leader – riprende – saranno Pellizzari, Busatto e De Pretto, almeno sulla carta. Li conosciamo bene e sappiamo quanto valgono. Pellizzari ha un valore, in salita, fuori dal comune e può lottare con i vari Torres, Nordhagen e Widar. De Pretto ha fatto un bell’avvicinamento, dimostrando ottime sensazioni visto anche il quarto posto al Matteotti. Busatto, infine, è colui che ha messo nelle gambe più gare di qualità in questo periodo e da dopo l’altura di luglio ha corso solamente in gare WorldTour».

In ordine due delle tre riserve scelte da Amadori: Gualdi e Crescioli. Tra gli esclusi anche il campione italiano Zamperini
In ordine due delle tre riserve scelte da Amadori: Gualdi e Crescioli. Tra gli esclusi anche il campione italiano Zamperini

Importante vedere il percorso

Non resta che fare la valigia e imbarcarsi verso Zurigo, il 24 settembre, martedì, Amadori e i suoi arriveranno in città. Poi sarà il tempo di entrare nella “bolla iridata”. 

«Il percorso è duro – conclude il cittì – ma non durissimo. Gli under 23 dovranno fare quattro giri del circuito finale, non sarà così micidiale. Vero anche che all’europeo il percorso non era proibitivo eppure i distacchi sono stati incredibili. La gara la fanno i corridori e se come all’europeo la prima ora si fa a 51 di media ci sarà da divertirsi e soffrire. Il mondiale sicuramente sarà selettivo, noi dovremo studiare bene ogni evenienza per farci trovare pronti. Partiamo martedì perché mercoledì dalle 8 alle 10 ci sarà il percorso chiuso al traffico. E’ importante vederlo visto che ci sono dei passaggi delicati in città. Provarlo in modalità gara sarà basilare».

Juniores: la corsa all’oro che non fa bene ai ragazzi

10.09.2024
6 min
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TERRE DI LUNI –  La nostra presenza alla 48ª edizione del Giro della Lunigiana ci ha permesso di vedere ancor più da vicino e per più giorni il mondo degli juniores (in apertura foto Duz Image / Michele Bertoloni). Da tanto tempo questo spiraglio di ciclismo ha acquisito un’importanza sempre maggiore, diventando, a tutti gli effetti, la categoria di riferimento. Da qui i team, WorldTour e non, prendono i migliori ragazzi con l’intento di farli crescere attraverso i loro vivai. Succede però che il meccanismo porta alla ricerca costante dell’oro e, come succede con il nobile metallo, il rischio è quello di scavare sempre più a fondo. 

Paul Seixas, Lorenzo Finn i due nel 2024 hanno corso con i devo team di Bora e Decathlon AG2R
Paul Seixas, Lorenzo Finn i due nel 2024 hanno corso con i devo team di Bora e Decathlon AG2R

Tutto subito

Sono nati così dei team satellite o development anche tra gli juniores. La Bahrain Victorious ha il Cannibal Team, la Bora ha la Grenke Auto Eder e la Decathlon ha il team U19 dal quale ha tirato fuori gli ultimi due vincitori del Lunigiana: Bisiaux e Seixas. 

Alla presentazione delle squadre a Lerici, in occasione dell’inizio del Giro della Lunigiana, lo aveva sottolineato Dmitri Konychev. L’ex campione russo ha ricordato quanti ragazzi a 14 anni sembrano dover spaccare il mondo per poi fermarsi alla prima difficoltà. Con lui sul palco c’era anche Stefano Garzelli, che in Spagna ha gestito un team juniores, per poi arrivare a chiuderlo a fine 2023. 

«Per me si tratta di un movimento molto preoccupante – spiega Garzelli – perché i devo team andranno a prendere gli juniores migliori. E ora si tratta di avere 8 ragazzi, magari in futuro arriveranno a 10 e 12. L’ambizione di un ragazzino è di andare a correre lì perché pensa di essere già arrivato, pensa di essere già un campione, forse. Ma non tutti questi passeranno professionisti, magari ora sì perché i team sono pochi. Ma in futuro aumenteranno e le possibilità diventeranno sempre meno. Il rischio è che poi i ragazzi vedano come un fallimento il mancato passaggio trasformandolo in un “non sono bravo”. Saranno pronti a metabolizzare questo fatto? Credo di no, semplicemente smetteranno di correre».

Finn e Seixas ogni giorno hanno distrutto record e tempi di scalata (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)
Finn e Seixas ogni giorno hanno distrutto record e tempi di scalata (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)

Ricerca anticipata

Si fa presto a capire che la corsa è agli allievi, categoria che precede gli juniores. Ragazzini trattati come campioni o addirittura fenomeni, con bici e divise uguali a quelle del team professionistico. Una stretta cerchia di ragazzi che vivono come i grandi, ma che tali non sono. Vanno forte, lo si vede sulle strade, all’ultimo Giro della Lunigiana Lorenzo Finn e Paul Seixas hanno disintegrato ogni tempo di scalata degli anni precedenti. Ma sono pronti a vivere e subire delle pressioni che rischiano di farli arrivare stanchi del ciclismo a 18 anni?

«Ho parlato con un team manager di una squadra juniores – continua Garzelli – e già ragionava del 2026. Mi diceva che deve cercare tra gli allievi altrimenti rischia di non fare più la squadra. Se il meccanismo è questo, tra un po’ andremo a prendere gli esordienti. Il rischio è che tra 7-8 anni non avremo più una base, ma se non hai niente sotto come fai a costruire sopra?».

La preoccupazione di Garzelli, al Lunigiana per il commento tecnico, è che i ragazzi siano già al massimo delle prestazioni (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)
La preoccupazione di Garzelli, al Lunigiana per il commento tecnico, è che i ragazzi siano già al massimo delle prestazioni (Foto Duz Image / Michele Bertoloni)

Accecare i ragazzi

Il problema è che un meccanismo simile porta i ragazzi a pensare che la realtà delle cose sia diversa. Uno junior vuole a tutti i costi entrare in un devo team altrimenti pensa di aver fallito. 

«In Spagna – prosegue Garzelli – in gruppo i ragazzi dicono che ormai tra gli juniores o passi in una devo o sei finito. E’ la cosa più sbagliata del mondo. E il rischio è di distruggere tutte le squadre juniores nazionali, perché alcuni ragazzi preferiscono smettere piuttosto che continuare nelle squadre “normali”. Ma non tutti hanno gli stessi tempi di crescita e in una squadra più piccola ti lasciano il tempo di maturare. I talenti, Lorenzo Finn ad esempio, la strada la trovano comunque. Noi dobbiamo lavorare sui ragazzi che hanno numeri minori con un’attività dedicata per permettergli di crescere. Chi corre nella squadra satellite di una WorldTour ha tutto: preparatore, nutrizionista, mezzi migliori. Ma quali sono i suoi margini di crescita? Molto pochi o probabilmente nessuno. Se da junior mi alleno già 26 ore, da professionista quante ne devo fare, 40?».

Dopo i grandi successi ottenuti nel 2024 è bastato un Avenir sotto tono per far vacillare la fiducia di Widar (qui a destra)
Dopo i grandi successi ottenuti nel 2024 è bastato un Avenir sotto tono per far vacillare la fiducia di Widar (qui a destra)

Saper perdere

E’ voce di queste settimane che Jarno Widar, belga del Lotto Dstny Development Team, sia in rottura con la squadra dopo la delusione del Tour de l’Avenir. Il belga, al primo anno da under 23, ha vinto in ordine: Alpes Isere Tour, Giro Next Gen e Giro della Valle d’Aosta. Un bottino che difficilmente abbiamo visto raccogliere a un ragazzo di 18 anni al primo anno della categoria. Eppure lo scricchiolio del Tour de l’Avenir sembra aver rotto il quadro e la sua cornice. E’ vero che quando si vede la torta sul tavolo la voglia è di mangiarla tutta, ma bisogna anche sapersi accontentare e mangiarne qualche fetta. 

«Se non hai margini di crescita – prosegue Garzelli – quando passi non ottieni più gli stessi risultati. Perché ora stai dando tutto e allora vai avanti, ma poi non avrai più niente da dare e il livello sarà talmente alto che per forza troverai gente che ha i tuoi stessi valori o maggiori. Per questo bisogna imparare a perdere, meglio, a gestire la non vittoria. Widar è un esempio, non ha saputo gestire la sconfitta dell’Avenir e al posto che rimboccarsi le maniche e ripartire, ha voltato le spalle alla squadra».

Mentalità vincente

I ragazzi che vediamo darsi battaglia sulle strade delle corse internazionali e non, stanno imparando a gestire la gara, a vincere, creandosi una mentalità improntata a questo. Ma cosa succede se una volta passati smettono di farlo?

«Gli atleti corrono e lo fanno con in testa la vittoria – conclude – ed è giusto che sia così. Però servono degli step. Uno junior che passa professionista e fa gruppetto per tutto il primo anno e magari anche al secondo, rischia di perdere la mentalità vincente. Markel Beloki, figlio di Joseba, è passato dagli juniores alla EF Easy Post e per tutto il 2024 non ha mai visto la testa del gruppo. La capacità di gestire determinate situazioni in corsa la perdi dopo un po’. Invece se da junior vinco, poi passo under 23 e mi metto ancora in gioco e così via, mentalmente mi mantengo sul pezzo.

«La mia preoccupazione deriva dal fatto che l’Italia non ha squadre WorldTour. Questo vuol dire che il ragazzo forte va all’estero e che la squadra straniera tuteli i suoi talenti di casa. Rischiamo di perderli. Bisogna ricordare ai ragazzi che il loro bene passa anche da chi li tutela, non solo da chi fa promesse».

Delle Vedove scalpita: ora vuole un progetto su misura

26.07.2024
5 min
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La stagione di Alessio Delle Vedove lo ha rivisto riattaccare il numero brevemente verso la fine di giugno. Ha partecipato prima al campionato italiano under 23 e poi ad una corsa in Belgio: la SD Worx BW Classic. Una breve apparizione, nessun risultato rilevante visti anche i percorsi poco adatti e la lunga assenza dalle gare. In questi giorni il veneto della Wanty-ReUz-Technord, il devo team della Intermarché Wanty, è in ritiro in altura. 

«Sono qui da tre settimane – dice Delle Vedove – oggi (ieri per chi legge, ndr) ho fatto un lungo di 5 ore e mezza. Un bell’allenamento intenso con 3.400 metri di dislivello, sono andato fino a Tirano e poi sono risalito da l’Aprica e ritornato a casa. Ho deciso di prendermi un appartamento, mi trovo meglio, ho i miei ritmi e gestisco io il tempo».

Delle Vedove ha corso due gare a fine giugno, uno era il campionato italiano under 23 a Trissino (photors.it)
Delle Vedove ha corso due gare a fine giugno, uno era il campionato italiano under 23 a Trissino (photors.it)

Lenta ripresa

Il grande carico di lavoro fa intuire che la stagione di Delle Vedove stia per riprendere, per tuffarsi in un rush finale e poi vedere che aria tira. 

«Riprenderò a correre in Belgio – continua – poi affronterò il calendario di fine anno facendo un po’ su e giù tra professionisti e under 23. Sarò al Tour de Namur e al Flanders Tomorrow Tour, dove nel 2023 ho ottenuto due delle mie tre vittorie stagionali. Nel mese di settembre sarò con i professionisti, mi piace questa cosa di affrontare qualche corsa con i grandi. La squadra mi ha dato un mese per prepararmi al meglio».

Nel ritiro in altura anche il tempo per una pausa bar e godersi il meritato riposo tra un allenamento e l’altro
Nel ritiro in altura anche il tempo per una pausa bar e godersi il meritato riposo tra un allenamento e l’altro
Tu sei anche a fine contratto, sai già cosa farai nel 2025?

Vedremo, devo capire. Mi sono arrivate delle buone offerte da alcune squadre, ora aspetto la controproposta del team. E’ presto per dire se rimarrò qui oppure no.

Ma proposte per passare direttamente nel WorldTour?

Alcune squadre mi hanno fatto delle offerte di questo tipo, ma non mi sono sentito di prenderle in considerazione. Non ho fretta di passare. Vorrei fare ancora un anno in un devo team con la possibilità di dividere il mio calendario con un 60 per cento di gare con i pro’ e il resto con gli under 23. E’ ormai diventata una mezza moda questa di offrire contratti che portano ad accordi del genere. 

Delle Vedove vorrebbe avere un programma di gare diviso così: 60 per cento tra i pro’ e 40 per cento U23 (Micheal Gilson)
Delle Vedove vorrebbe avere un programma di gare diviso così: 60 per cento tra i pro’ e 40 per cento U23 (Micheal Gilson)
Tu cosa vorresti?

Mi piacerebbe avere un progetto triennale. Un contratto con un anno nel devo team e due nel WorldTour. Nel 2024 mi manca ancora la vittoria, ma le squadre ora guardano tutte Training Peaks e non come ti comporti in corsa. Controllano gli allenamenti e i dati. Se hai valori di 7 o 7,5 watt per chilo nei 5 minuti non ti prendono in considerazione. 

Un approccio diverso…

Magari si avvicinano e ti dicono che sono interessati, poi però al secondo colloquio ti chiedono: «Ma possiamo vedere Training Peaks?». I progetti di crescita sono basati sui numeri e i dati degli allenamenti. Le squadre in questo modo sanno come lavori e hanno già un’idea di come potrebbero intervenire. Io in un progetto di due o tre anni penso di poter arrivare a determinati valori, ma non voglio bruciare le tappe. 

Nelle corse con i professionisti la gamba cresce comunque e si guadagna anche in esperienza (Photo Gomez)
Nelle corse con i professionisti la gamba cresce comunque e si guadagna anche in esperienza (Photo Gomez)
In che senso?

Mi piacerebbe arrivare nel WorldTour con delle certezze. Ora avrei paura di staccarmi e non essere competitivo. Che senso avrebbe fare un salto del genere se non lo puoi superare? Meglio fare un anno ancora dove corro tra gli under 23 per vincere. Poi tanto fare un calendario con il 60 per cento di gare tra i pro’ ti permette di crescere comunque. Il motore ne beneficia.

Meglio maturare ancora.

Ho 20 anni, l’anno prossimo 21, mica sono vecchio. Se nel 2025 dovessi andare nel WorldTour rischierei di collezionare minuti e DNF. Un progetto con un mix di gare come vorrei fare io mi permetterebbe di correre nelle categorie .Pro o .1. Poi tra gli under 23 avrei nel mirino gli appuntamenti più importanti: Roubaix, Gent, Giro Next Gen, Tour de Bretagne, Youngster…

Al Tour de Namur, nel 2023, era arrivata la seconda vittoria stagionale (foto DirectVelo)
Al Tour de Namur, nel 2023, era arrivata la seconda vittoria stagionale (foto DirectVelo)
Ne hai parlato anche con il tuo procuratore?

Sì. Vogliamo trovare l’abito su misura. Fino ad oggi sono stato dal sarto e ho visto tante cose che mi possono piacere, ora è il momento di ritagliarmi il mio. Non mi sono pentito della scelta di venire in Belgio, questo deve essere chiaro. Se dovessi tornare indietro rifarei tutto: freddo, pioggia, pavé, muri, ventagli e le gare. Devo capire qual è la cosa giusta per me e a breve lo saprò.

Velocisti: le differenze tra U23 e WorldTour con Bruttomesso

27.05.2024
4 min
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Con Samuel Quaranta, atleta della MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb, si parlava delle volate al Giro di Ungheria. Il giovane pistard e velocista del team bergamasco si è confrontato con i migliori sprinter del mondo, conquistando un secondo posto all’esordio della corsa a tappe magiara. Nel confrontarci era emerso però delle difficoltà nel competere con chi aveva mezzi superiori, a livello di scelta tecnica di materiali e componenti. Quaranta aveva sottolineato come gli fosse mancato quel dente in più per poter scaricare tutta la potenza sui pedali, sottolineando l’importanza di avere una corona grande del 55 e non del 54. 

Con un dente in più davanti Quaranta sarebbe riuscito a contrastare il rientro di Welsford in Ungheria?
Con un dente in più davanti Quaranta sarebbe riuscito a contrastare il rientro di Welsford in Ungheria?

Lo sguardo di Bruttomesso

Alberto Bruttomesso, che su quelle strade c’era ed era al fianco di Rajovic, velocista polacco del team Bahrain Victorious, ci può rispondere a riguardo. 

«Nella prima tappa del Giro di Ungheria – racconta Bruttomesso – avevo montato un 56 cosa che solitamente non faccio. Però l’arrivo era su un rettilineo molto lungo sul quale abbiamo raggiunto velocità folli. Gli ultimi due chilometri la media è stata di 65 all’ora. Io ho lavorato nel treno per Rajovic e mi sono messo in azione tra i meno 1.500 metri e l’ultimo chilometro. Chiaramente a queste velocità con un 54 frulli, il 55 serve tutto. Ma si può mettere tranquillamente anche il 56, più che altro per un discorso di tenere la catena dritta».

La Cinelli di Quaranta monta una doppia corona con misure 54-40
La Cinelli di Quaranta monta una doppia corona con misure 54-40
Spiegaci meglio.

Al posto di spingere un 55×11, e far lavorare la catena storta, usi un 56×13 e la catena si raddrizza, girando meglio. Però la prima tappa dell’Ungheria è stata l’unica gara in cui ho montato il 56, per il resto delle tappe ho montato un 55. 

Si è trattato quindi di un caso eccezionale?

Sì, dovuto più alle caratteristiche dell’arrivo. Su rettilinei lunghi e un po’ favorevoli è facile fare velocità altissime, soprattutto quando si hanno diversi treni che lavorano l’uno accanto all’altro. 

Cosa che tra gli U23 non avviene?

Tra gli under hai due o tre squadre che hanno un treno organizzato, gli altri sono tutti da soli o quasi. Lo stesso Quaranta al Giro di Ungheria ha fatto tutti gli sprint da solo, questo aggiunge un gran valore al risultato fatto. Ma deve andarti tutto bene.

In che senso?

Se prendi un po’ d’aria rimbalzi indietro, considerando anche le velocità a cui si viaggia. Se rimani coperto o battezzi la ruota giusta tutto è più semplice.

Tu ora monti un 55 in gara?

Dipende dai percorsi. Ho corso tanto in Belgio quest’anno e ho spesso messo il 54, solo alla Dwars Door Vlaanderen e a De Panne avevo il 55. Al Tour of Antalya, dove ho provato a fare la volata (foto di apertura), e alle altre corse ho messo sempre il 55. Anche se a casa mi alleno con il 54. 

Come mai?

Perché a casa sono da solo quindi le velocità non sono le stesse della gara. Quando faccio gli sprint dietro moto forse dovrei usare il 55, ma per il resto sto bene così. 

Per Bruttomesso la scelta tra il 54 e il 55 dipende dal percorso e dall’altimetria del finale
Per Bruttomesso la scelta tra il 54 e il 55 dipende dal percorso e dall’altimetria del finale
Che differenze hai notato aumentando la corona grande di un dente?

Non tante. Quella più evidente è che a 60 all’ora riesci a fare meno pedalate al minuto passando da 100 a 90. A volte penso che il 54 sia comunque più utile, soprattutto nei finali dove si deve rilanciare spesso (Dainese e Milan nella tappa di Padova hanno sprintato con il 54, ndr). Continuare a rilanciare con un rapporto più duro non è facile, ti consumi prima. 

Stai facendo anche lavori di forza per crescere da questo punto di vista?

In inverno ho fatto tanta palestra, a differenza dello scorso anno non l’ho abbandonata a febbraio, ma la sto portando avanti ancora adesso. Vado una o due volte a settimana, tranne durante le corse. Faccio i classici esercizi di squat e di pressa per aumentare la forza nelle gambe e la resistenza.

EDITORIALE / Parità quasi raggiunta: i problemi sono già gli stessi

29.04.2024
5 min
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Serve una certa coerenza per essere italiani. E d’altra parte il ciclismo mondiale è organizzato secondo lo stesso standard, per cui era prevedibile che i nodi al pettine degli uomini arrivassero anche alle donne. Ed ecco qua che alla vigilia della scelta delle squadre per il Giro d’Italia Women, il movimento italiano è in fibrillazione. Il conto l’ha fatto di recente il cittì Sangalli.

«Al Giro correranno 22 squadre – ci ha detto al Gran Premio Liberazione – ci sono le 15 WorldTour, le 2 prime continental dell’anno scorso e poi altri 5 posti. Sicuramente il Giro d’Italia è una gara di livello altissimo e porteranno il meglio. La Federazione da anni cerca di tutelare le giovani che passano. Se non ci fossero le squadre continental italiane, tantissime ragazze che magari a 18 anni non sono ancora pronte, si perderebbero. Vanno tutelate, però i tempi cambiano e bisogna anche adeguarsi».

Il cittì Sangalli (qui con Barbara Guarischi) ha ben spiegato il delicato equilibrio fra i piccoli team italiani
Il cittì Sangalli (qui con Barbara Guarischi) ha ben spiegato il delicato equilibrio fra i piccoli team italiani

La frase di Bellino

Qualcuno resterà fuori. E dopo anni in cui erano tutti dentro, la scelta di RCS Sport (qualunque sarà) provocherà dei mal di pancia. Nel passaggio di mano, questo era un fattore di cui tenere conto. Alla presentazione del Giro Next Gen, Paolo Bellino ha ringraziato la Federazione per avergli permesso di unificare le tre organizzazioni e (a margine della gaffe passata inosservata) si è capito che il criterio di selezione sarà coerente fra i vari ambiti.

L’Italia delle donne, al pari di quella degli uomini, non ha squadre WorldTour. Il Team Corratec dovrà guardare il Giro d’Italia in televisione: se per le ragazze il tetto resterà a 22 squadre, due delle sette continental italiane rischiano di subire lo stesso destino

Lloyd, Ferguson e Cramer sul podio della Omloop Van Borsele juniores: Ferguson è già con il Movistar Team
Lloyd, Ferguson e Cramer sul podio della Omloop Van Borsele juniores: Ferguson è già con il Movistar Team

Il dominio degli squadroni

I malumori per l’eventuale esclusione dal Giro donne non avranno breve durata. La partecipazione alla corsa rosa è infatti (come per gli uomini) discriminante per alcune sponsorizzazione, ma il peggio deve ancora venire. Se l’UCI andrà avanti nel creare squadre professional anche fra le donne, che cosa ne sarà delle continental italiane?

Sangalli ha ragione. Queste squadre sono la sola garanzia di presenza sul territorio e di intercettazione del talento. Riusciranno a trovare le risorse per salire di livello? Riusciranno a fare fronte comune, unendosi e dando vita a gruppi più solidi? Sapranno rinunciare a qualche indivdualismo per fare fronte comune? Oppure, al pari delle continental maschili, si ritroveranno in una terra di nessuno con pochi soldi e alla mercé degli squadroni?

La prova di Nations’ Cup Juniores corsa dalla nazionale in Olanda, è stata dominata da ragazze già sotto contratto con team WorldTour. Qui non si tratta di fare gli uccelli del malaugurio, ma di pensare al futuro finché c’è ancora tempo per inventarsi qualcosa.

Gli juniores che partecipano alle Nations’ Cup sono il vertice, alla base si cerca la qualità (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Gli juniores che partecipano alle Nations’ Cup sono il vertice, alla base si cerca la qualità (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)

Le continental maschili

La situazione fra le continental maschili è piuttosto complessa. Come in ogni ambito dello sport, la differenza la fanno i soldi. Ci sono i devo team delle WorldTour che hanno vita relativamente facile. Le squadre di mezzo che all’estero ci vanno poco e vivono bene in Italia grazie al blasone delle conquiste passate. Infine le più piccole che faticano a mettere insieme il pranzo con la cena, per la carenza di sponsor e corridori, rastrellati dai team dei piani alti. A ciò si aggiunga la necessità di sottostare al sistema dei punti. Lo junior che sale in una continental U23 deve averne almeno 10: una simile dote al Sud si può mettere insieme partecipando a corse prive di grossa concorrenza o a gare di cross di fine stagione. In questo modo, ragazzi di talento, che invece corrono al Nord e quindi fanno meno punti, rischiano di restare senza squadra.

Se fra le donne si dovesse imboccare la stessa china, forse certe squadre non avrebbero la storicità e la solidità per andare avanti ugualmente. A meno che non si intervenga a livello federale con un progetto che in un solo colpo tuteli o provi a tutelare le continental maschili e le femminili. Occorre mettere mano al calendario e crearne uno riservato che permetta lo svolgimento di un’attività nazionale di base. Senza i costi troppo ingenti di un programma internazionale che sarebbe a quel punto appannaggio delle vere continental, delle professional e semmai della nazionale. Per farlo serve avere una visione e ci spiace prendere nota del fatto che al momento l’attuale gestione e per molti aspetti anche la precedente ne siano state prive.

Chiara Consonni, qui con Augusto Onori, è appena entrata nelle Fiamme Azzurre: dovrà rinunciare?
Chiara Consonni, qui con Augusto Onori, è appena entrata nelle Fiamme Azzurre: dovrà rinunciare?

I corpi militari

Infine, ad arricchire il quadro, c’è l’imminente scadenza della convenzione voluta e rinnovata dall’ex presidente Di Rocco fra i corpi militari e la Federazione. Già alcune ragazze nel corso degli ultimi due anni sono uscite preferendo la via del professionismo. Altre ne fanno ancora parte e la fine della convenzione renderà insostenibile la loro posizione. Mentre non dovrebbero esserci problemi per gli atleti specialisti, l’avvento del professionismo femminile (in Italia per ora è stato riconosciuto quello del calcio) promette di dare un’ulteriore svolta.

Perché abbiamo iniziato parlando di coerenza? Perché si continua a vivere di rattoppi, secondo lo stile italiano, senza il coraggio di attuare vere riforme, ma cercando di accontentare tutti con rimedi posticci più simili a palliativi. E intanto all’estero crescono e si prendono i nostri spazi. L’innalzamento del livello rende meno efficaci le soluzioni posticce: chiunque vorrà candidarsi alle prossime elezioni federali sappia ciò che l’attende. Finora s’è tirato a campare, ma più passa il tempo e meno questo sarà possibile.

EDITORIALE / L’UCI punta ai soldi, il ciclismo viene dopo

02.04.2024
5 min
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Vogliamo tornare sul tema del calendario frammentato e i campioni che si scontrano meno da un paio di anni, stando attenti che non sembri una battaglia di nostalgici contro il nuovo ciclismo che già c’è. Le considerazioni di Moreno Moser hanno scavato il solco. E’ un fatto, come dice il trentino, che i confronti diretti fra i grandi campioni siano sempre meno frequenti. Nelle corse a tappe (il Giro dei Paesi Baschi iniziato ieri è un’eccezione, con Roglic, Vingegaard ed Evenepoel, foto di apertura) e nelle classiche. Nell’ambiente pochi hanno potuto controbattere, perché le differenti scelte e le programmazioni mai precise come quest’anno sono sotto gli occhi di tutti.

La spaccatura invece si è registrata come spesso accade nel mondo dei social, in cui si sono isolati due partiti. Da un lato quelli che va bene così, perché ognuno sceglie il programma che gli pare e non possono farle tutte. Dall’altro quelli che li vorrebbero vedere più spesso come accade nel tennis, in cui i primi del ranking si incrociano svariate volte all’anno, vincendo e perdendo a seconda del periodo di condizione.

Lombardia 2004, Bettini conquista la terza Coppa del mondo davanti a Rebellin e Freire
Lombardia 2004, Bettini conquista la terza Coppa del mondo davanti a Rebellin e Freire

La Coppa e gli scarti

Un richiamo fatto da Moser ha tenuto accesa la fiamma sotto la pentola: il ricordo della Coppa del mondo che fino al 2004 proponeva dieci prove, con i corridori che potevano scartarne al massimo due. Dato che due erano quelle in Canada e non tutti amavano il viaggio o dato che non tutti amavano la Roubaix, la scelta era pressoché fatta.

Il risultato era che nelle grandi corse c’erano tutti o quasi. Non sempre al top, ovviamente, ma eri certo che corridori con caratteristiche simili si sarebbero sfidati nelle corse a loro più adatte. Andate a guardarvi gli ordini di arrivo e capirete di cosa si sta parlando. C’era in quel ciclismo una voglia di esserci superiore all’attuale. Il campione era consapevole che la sua presenza, ancorché non al top, dava consistenza alle vittorie degli altri. E poi quale vittoria era più bella di quella più insperata, venuta apparentemente per caso?

Premiazione UCI ProTour del 2005: Adorni premia Di Luca, primo vincitore
Premiazione UCI ProTour del 2005: Adorni premia Di Luca, primo vincitore

2005, nasce il ProTour

Il 2005 è stato l’anno della svolta nel ciclismo: chi c’era lo ricorda bene. L’UCI introdusse il ProTour, con uno slogan sottoscrivibile in qualsiasi momento: i migliori corridori nelle corse più grandi. Via la Coppa del mondo, largo al nuovo, che però non ha mai funzionato e negli ultimi anni sta funzionando sempre meno. Si passò dalle 10 gare di Coppa alle 28 del ProTour, con l’impossibilità evidente di prendere parte a tutte. Negli anni sono cambiati la formula, il nome che ora è WorldTour e il numero di prove, salite a 35. Come si fa a riconoscere in questa frammentazione quel primo slogan? I migliori corridori nelle corse più grandi è ormai un dire privo di senso, dato che non è mai stato imposto un vincolo di partecipazione.

Alla base non c’è solo la voglia di allargare il ciclismo ed esportarlo in angoli remoti del mondo: non sono le due corse australiane di gennaio e quella cinese di ottobre a giustificare l’esplosione del calendario. Alla base c’è soprattutto la voglia di fare cassa. Una corsa di un giorno che voglia essere ammessa nel WorldTour, deve sborsare quasi 100 mila euro: 10 mila euro a fondo perduto per fare la richiesta, quindi avrà una tassa di calendario per 32 mila, contributo alla lotta al doping per il 24,73 per cento del montepremi e il montepremi di 40 mila+11,82 per cento. Ben altro regime rispetto a una gara 1.1 dello Europe Tour in cui si pagano 4 mila euro di safety manager, 1.500 di corso per 2 persone, 16 mila euro montepremi e il contributo per la lotta al doping ancora in percentuale rispetto al montepremi.

Stando così le cose, è credibile che l’UCI riduca le prove del calendario per favorire i confronti sportivi fra grandi atleti?

Sul podio del Fiandre, Van der Poel con un grande Mozzato e con Politt. Nel 2023 c’erano Pogacar e Van Aert
Sul podio del Fiandre, Van der Poel con un grande Mozzato e con Politt. Nel 2023 c’erano Pogacar e Van Aert

Non si torna indietro

Non si tornerà mai indietro, questo è chiaro. Allo stesso modo in cui difficilmente il campionato di serie A tornerà ad essere giocato soltanto la domenica. Finché c’è una produzione televisiva che copre di soldi federazioni e squadre per avere spettacolo ogni giorno, è chiaro che le partite si vedranno lungo tutta la settimana, con buona pace per la programmazione e la preparazione.

E’ lo sport professionistico 3.0, quello in cui i soldi hanno definitivamente preso il sopravvento sugli atleti. E gli atleti, che stupidi non sono, si tutelano come meglio credono con il sostegno di manager che intendono proteggerne l’integrità allargando a dismisura gli organici per arrivare dove si deve. Sapete se e quando ci sarà la svolta? Quando una produzione televisiva inizierà a coprire di soldi le federazioni e le squadre per avere i corridori più forti nelle gare più grandi, che nel frattempo non sono più soltanto 10. A quel punto, poveri corridori, non avranno più scampo. E andranno alle corse perché costretti e non perché nel frattempo sarà stato creato un ciclismo che li rispetti e rispetti i punti fermi di questo sport.