Barcellona, domenica la Vuelta: 7 tappe per battere Vollering

02.05.2025
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Lo scorso anno finì con Demi Vollering prima, davanti a Rjejanne Markus ed Elisa Longo Borghini. L’olandese del Team SD Worx dominò la Vuelta Espana con relativo agio, mettendo in fila le vittorie di una primavera strepitosa. Fra il 10 maggio (data di Fine Vuelta) e il 15 giugno, vinse in serie Itzulia Women, la Vuelta a Burgos e il Tour de Suisse. Troppo fieno in cascina, pensò probabilmente il fato, che di lì in avanti la relegò al secondo posto del Tour de France e del Romandia e al quinto del mondiale.

Vollering aveva già annunciato che avrebbe cambiato squadra e il 28 ottobre, un mese dopo i mondiali di Zurigo, arrivò l’ufficialità della firma alla FDJ-Suez con Specialized al suo fianco.

La Vuelta Femenina 2025 ha 7 tappe, da Barcellona a Cotobello, nel Nord della Spagna
La Vuelta Femenina 2025 ha 7 tappe, da Barcellona a Cotobello, nel Nord della Spagna

Super tris FDJ-Suez

A distanza di un anno, Vollering ci riprova. E anche se la squadra francese di Delcourt ha dichiarato di avere occhi (quasi) solo per il Tour de France, schiererà al via il meglio del meglio. Vollering, appunto, Labous e Muzic: le tre punte in grande spolvero. Va bene il Tour, avranno pensato, ma intanto portiamoci avanti.

«Lo scorso anno, tutti rimasero stupiti – ha raccontato Muzic – dal fatto che fossi riuscita a battere Demi sulla salita di Laguna Negra (sesta tappa, ndr). E’ stata un’esperienza illuminante, perché ha dimostrato quanto lontano potrei arrivare. C’era un punto interrogativo sulla mia partecipazione quest’anno, ma ho chiesto di essere presente perché è ci tengo molto. Condividerla con Demi e Juliette Labous è molto emozionante per me».

Vuelta 2024, Muzic stacca Vollering nella sesta tappa a Laguna Negra
Vuelta 2024, Muzic stacca Vollering nella sesta tappa a Laguna Negra

Sette tappe nel Nord della Spagna

La Vuelta Espana Femenina non c’era, a differenza del Giro e del Tour che possono aver avuto delle interruzioni, ma hanno alle spalle una storia decennale. Quando nacque nel 2016, la Vuelta era prova di un giorno: la Madrid Challenge by La Vuelta. Salì a 2 giorni di gara nei due anni successivi, divennero 3 nel 2020, quando divenne Challenge by La Vuelta, poi 4 nel 2021. Nel 2022 le tappe passarono a 5 e dal 2023 si è arrivati a quota 7: un bel passo avanti e una conquista in più per il ciclismo delle ragazze.

Tuttavia 7 tappe sono poche per esplorare un Paese grande come la Spagna, così la Vuelta Femenina 2025 è una corsa che non scende verso Sud, ma si mantiene a una longitudine più o meno costante per le 7 tappe che la compongono. La sola cronometro è quella a squadre di apertura e poi, come sempre, saranno le salite a decidere.

DatatappaPartenza-ArrivoKm
4 maggio 1ª tappaBarcellona-Barcellona (cronosquadre)8,1
5 maggio 2ª tappaMolins de Rei-Sant Boi de Llobregat99
6 maggio 3ª tappaBarbastro-Huesca132,4
7 maggio 4ª tappaPedrola-Borja111,6
8 maggio 5ª tappaGolmayo-Lagunas de Neila120,4
9 maggio 6ª tappaBecerril de Campos-Baltanás126,7
10 maggio 7ª tappaLa Robla-Cotobello. Asturias152,6
Totale km750,8

Cronosquadre a Barcellona

La Vuelta Femenina 2025 partirà domenica da Barcellona con una cronometro a squadre di 8 chilometri. Fu così anche lo scorso anno e la vittoria della Lidl-Trek consegnò la maglia di leader a Gaia Realini. La capitale della Catalogna aveva già ospitato la Vuelta nel 2023 e accoglierà il Tour del 2026, ugualmente con delle prove a squadre. Da qualche anno infatti l’amministrazione della regione ha visto nella bicicletta un mezzo chiave per il turismo e la sostenibilità.

Anche questa volta, il percorso porterà le squadre e le inquadrature su alcuni dei monumenti più rappresentativi. La crono partirà appena fuori Casa Milà, nota come “La Pedrera” (edificio progettato da Antoni Gaudí) e farà il giro di boa di fronte ai giardini del Palacio de Pedralbes. Le atlete probabilmente non avranno tempo per guardarsi intorno. Il percorso è infatti impegnativo e richiederà la massima concentrazione.

Dopo la cronosquadre d’avvio a Valencia, la prima leader della Vuelta 2024 fu Gaia Realini
Dopo la cronosquadre d’avvio a Valencia, la prima leader della Vuelta 2024 fu Gaia Realini

Tra vento e strappi in Aragona

La seconda tappa porta da Molins de Rei a Sant Boi de Llobregat. Salita dura in partenza, l’Alto de la Creu de L’Aragall, e occasione d’oro per andare in fuga.

Il vento sarà un fattore determinante nella terza tappa da Barbastro a Huesca, promettendo ventagli o velocità folli, a seconda della sua direzione.

Si entrerà poi in Aragona con la tappa da Pedrola a Borja, con le salite di Moncayo ed El Buste, trampolino di lancio prima della discesa sul traguardo.

Lo scorso anno finì con Vollering davanti a Markus e Longo Borghini
Lo scorso anno finì con Vollering davanti a Markus e Longo Borghini

Gran finale a Cotobello

La quinta tappa apre le porte agli scalatori, con l’intermezzo della sesta che si conclude a Baltanás, con una ghiotta occasione per i velocisti.

La quinta, si diceva, va da Golmayo a Lagunas de Neila, salita totem della Vuelta a Burgos e della Vuelta dei professionisti. La settima tappa si spinge invece nelle Asturie con la partenza a La Robla e l’arrivo a Cotobello: 152 chilometri con tre salite della seconda metà di tappa. L’Alto de la Colladona, l’Alto de la Colladiella e il durissimo Cotobello, per un totale di 2.500 metri di dislivello, che sono un record per le tappe della Vuelta Espana Femenina.

Non c’è niente di scontato. La riunione dei tecnici domattina renderà definitivo l’elenco partenti che vede al via anche la vincitrice del Tour 2024 Niewiadoma, le italiane Ciabocco, Magnaldi, Borghesi, Trinca Colonel, Marturano e Paternoster, come pure Marianne Vos e la vincitrice della Roubaix Ferrand-Prevot.

Come accadde con gli uomini fino al 1994 (nel 1995 la corsa spagnola passò a settembre), la Vuelta in primavera fatica per avere al via tutte le migliori, soprattutto da quando è tornato il Tour de France Femmes spostando tutte le attenzioni più avanti nell’estate, ma resta l’occasione per completare un grande blocco di corse WorldTour in Spagna. E per riempire la prima casella, lasciando agli altri l’onere della mossa successiva.

La “prima” della Magnaldi. Col permesso della “Longo”

27.04.2025
5 min
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L’ha atteso a lungo, quel momento, quando ha potuto alzare le braccia come liberandosi da un fardello. Erica Magnaldi aveva già iniziato tardi la sua carriera ciclistica, provenendo dal mondo amatoriale, aveva fatto la trafila, era approdata nel WorldTour alla UAE nel 2022. Ci era andata tante volte vicina, ma solo a Chambery ha finalmente assaporato il gusto della vittoria, sette anni dopo la tappa del Tour de l’Ardeche, quando tutto stava praticamente iniziando.

La fuga vincente a Chambery, dov’era stata seconda nel ’23 e terza nel ’24 (foto Vaucolour)
La fuga vincente a Chambery, dov’era stata seconda nel ’23 e terza nel ’24 (foto Vaucolour)

Non è un caso se la vittoria è arrivata proprio a Chambery, tanto è vero che la cuneese aveva segnato in rosso la data della classica transalpina: «E’ una prova che mi si attaglia perfettamente, tanto è vero che nelle altre due volte che ho partecipato sono sempre andata sul podio, diciamo anzi che con questa vittoria ho completato la collezione… Era un obiettivo, uno dei tanti posti in questa stagione, contenta che sia stato centrato».

Come ti sei avvicinata, anche dal punto di vista psicologico visto che ritenevi la gara un passaggio nodale nella tua stagione?

Ero molto fiduciosa perché avevo visto nelle prove precedenti che le gambe giravano bene, che la condizione c’era. Ho vissuto una buona preparazione invernale che comincia a dare i suoi frutti. Alla vigilia il team aveva posto me come leader della squadra insieme a Greta Marturano e la corsa si è messa bene. Abbiamo controllato la gara nella prima parte e quando si è fatta più dura la naturale selezione ha portato a rimanere davanti in 5, tra cui sia io che Greta. Era la situazione tattica ideale e devo dirle grazie perché è stata fondamentale nella gestione della corsa fino al mio attacco, che mi ha permesso di arrivare da sola.

Il podio della classica francese con la cuneese fra Mitterwallner e Curinier (foto Vaucolour)
Il podio della classica francese con la cuneese fra Mitterwallner e Curinier (foto Vaucolour)
Prima dell’inizio della stagione si parlava molto del tuo ruolo in squadra come principale aiutante di Elisa Longo Borghini e da quel che si è visto, il ruolo ti ha calzato a pennello…

Lavorare per Elisa è un onore, ma devo dire che è lei stessa che ci tiene che tutte le compagne abbiano il loro spazio ed è la prima a dire che non sono solo il suo luogotenente. Questo vale per tutte, bisogna essere pronte a lavorare per lei che è il nostro capitano e una delle più forti al mondo, ma anche saper prendersi la propria responsabilità quando lei non c’è. E’ chiaro che la gara di Chambery aveva un livello più basso rispetto alle prove WorldTour, ma sono stata contenta di provarci e ancor più di riuscirci. Ho ripagato la fiducia.

Ora si prospetta per te la lunga trasferta in Spagna a cominciare dalla Vuelta. Con che ruolo andrai?

Dipende molto dalle scelte della squadra e dall’eventuale presenza di Elisa, che inizialmente non aveva in programma la Vuelta anche perché è attesa da Giro e Tour, ma potrebbe essere chiamata a farla perché abbiamo alcune compagne infortunate. Nel caso ci sia dipenderà da che cosa vorrà fare, ma per quanto mi riguarda, anche se mancasse Elisa non penso che punterò alla classifica, preferirei avere più libertà di movimento e poter correre in maniera aggressiva, cercando una vittoria di tappa. Magari cercare una fuga com’è avvenuto al Giro dello scorso anno.

La collaborazione con la Longo Borghini (qui dopo la Freccia Vallone) è solidissima e fondamentale per entrambe
La collaborazione con la Longo Borghini (qui dopo la Freccia Vallone) è solidissima e fondamentale per entrambe
Poi avrai l’Itzulia e la Vuelta a Burgos, più brevi…

Mi piacciono molto. La gara basca l’affronto con curiosità non avendola mai corsa prima ma sapendo che è molto dura, proprio come piace a me. Alla Vuelta a Burgos spero di ripetere le prestazioni di due anni fa, quando finii seconda nella tappa finale di Lagunas de Neila, traguardo che tra l’altro sarà quest’anno alla Vuelta Espana. Vedremo con quale condizione ci arriverò dopo la dura campagna delle Ardenne. I ruoli verranno stabiliti di volta in volta.

Magnaldi è ora attesa dal maggio iberico, a cominciare dalla Vuelta con un ruolo da scoprire via via
Magnaldi è ora attesa dal maggio iberico, a cominciare dalla Vuelta con un ruolo da scoprire via via
Gli appuntamenti con la nazionale sono ancora lontani nel tempo, ma è chiaro che non capita spesso che sia europei che mondiali propongano percorsi durissimi, tipici per scalatori. Senti il richiamo?

Mi piacerebbe essere in azzurro, questo è chiaro, per dare una mano a Elisa che sarebbe la capitana e una delle candidate alla vittoria considerando i tracciati. Il nostro feeling che si va costruendo in squadra sarebbe utilissimo. Ma parliamo di eventi ancora lontani, con il cittì non ho avuto modo di parlarne anche perché è ancora presto. Vedremo in che forma sarò per quel periodo, che cosa avverrà in estate. Per ora lascio tutto nel cassetto, insieme agli altri sogni…

Uno da tirarne fuori?

Mah, mi piacerebbe riassaporare quella gioia provata a Chambery, si dice sempre che quando riesci a sbloccarti, poi diventa tutto più facile. Vediamo intanto di far capitare l’occasione, ovunque sia…

Longo Borghini tira il fiato: primavera superba e l’estate che bussa

09.05.2024
7 min
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Tre giorni senza bici dopo la Vuelta, Elisa Longo Borghini ha avvertito la voglia di ripartire. La sua primavera è stata un inno all’alto rendimento. Il terzo posto alla Omloop Het Nieuwsblad, il secondo alla Strade Bianche e poi le vittorie del Trofeo Oro in Euro, del Fiandre, della Freccia del Brabante. A seguire ci sono stati il terzo posto alla Freccia Vallone e il secondo della Liegi. Fra i tanti sorrisi delle ultime settimane, quello è stato il più tirato. Vissuto e convinto sul momento, con tanto di complimenti a Grace Brown. Ma pesante come un pranzo indigesto nei giorni successivi.

«Ogni tanto viene su – ammette Elisa con un sorriso rassegnato – però più ci penso e più credo che Grace Brown quel giorno non potesse che vincere. Se uno fa dieci volte quella rotonda come l’ha fatta lei, cade undici. Lei invece è rimasta in piedi e quello è stato il segno che avrebbe vinto. E poi è sempre un cliente scomodo nelle volate, perché è forte…».

Nessun problema a farsene una ragione se fossi stata la Elisa di due anni fa, che perdeva volate in serie. Ma da quando hai pure imparato a vincerle…

E non ditelo a me! Io ci ho creduto fino a 25 metri dall’arrivo, poi mi ha passato a doppia velocità e quando l’ho vista ho detto: «No! Ma che vuole questa? No!». Sai quando resti male perché ti cade il gelato o la fetta biscottata dalla parte della marmellata? E’ stato uguale…

Lo sprint della Liegi, Grace Brown non lascia scampo: seconda Longo Borghini e terza Vollering
Lo sprint della Liegi, Grace Brown non lascia scampo: seconda Longo Borghini e terza Vollering
Torniamo alla Vuelta: era un obiettivo o il modo per chiudere la primavera?

Era in programma dall’inizio. Solo che ci sono arrivata con la condizione probabilmente già al limite. L’ho finita un po’ stanca. Alle Ardenne andavo veramente tanto forte, ma il clima non ci ha aiutato. Io sono una che non soffre troppo il freddo, invece l’ho sentito e quelle ghiacciate ti rimangono addosso. Con Slongo avevamo messo in conto che sarei arrivata alla Vuelta un pelo stanca, quasi al limite e alla fine non è andata così male. Mi è solo dispiaciuto che Gaia si sia dovuta ritirare, quella caduta non ci voleva (Gaia Realini si è ritirata per una caduta, dopo essere stata anche leader, ndr). Siamo partite entrambe leader, ma lei aveva seguito un diverso avvicinamento.

Hai capito subito che non fosse una Vuelta da dare fastidio a Vollering?

Vollering secondo me era alla portata, non è imbattibile o non ha lo stradominio dell’anno scorso. Piuttosto ero io in fase calante, ero abbastanza stanca e quindi non sono riuscita a tenerle tanto testa. Ma alla fine sul primo arrivo in salita mi sono mancati gli ultimi 700 metri e lei nella penultima tappa è stata battuta dalla Muzic, quindi non era irraggiungibile.

Gaia Realini è caduta nella quinta tappa e l’indomani si è preferito non farla ripartire:
Gaia Realini è caduta nella quinta tappa e l’indomani si è preferito non farla ripartire:
Resta il fatto che gli obiettivi di primavera erano le classiche e ora verrà il Giro, giusto?

Sì, adesso come primo obiettivo c’è il Giro d’Italia. Al Tour de France andrò veramente più in appoggio e per fare le tappe, con un approccio mentale diverso. Invece al Giro sarebbe bello poter fare classifica sul serio.

Come si concilia la generale del Giro che finisce il 14 luglio con la prospettiva, in caso di convocazione, di andare alle Olimpiadi che si corrono il 4 agosto?

Diciamo che adesso sto affrontando un periodo di stacco dopo la Vuelta. Poi avrò due settimane in cui ricomincerò ad allenarmi qui a casa, prima del training camp a San Pellegrino dal 27 maggio all’11 di giugno. Poi farò lo Svizzera e il campionato italiano, quindi avrò tempo di essere fresca sia fisicamente sia mentalmente, prima di affrontare un blocco di corse importanti come Giro d’Italia, Olimpiadi e Tour. Ho di fronte a me praticamente una quarantina di giorni per poter riprendere fiato, recuperare energie mentali e fisiche e poi ributtarmi nella stagione.

Come funziona il riposo a casa di Elisa Longo Borghini?

Ho fatto tre giorni senza andare in bici. Finché ha piovuto, ho detto: «Vabbè dai, riposa perché sta piovendo». Poi il tempo è migliorato e mi girano già un po’ le scatole a star ferma. Dopo la Vuelta ho sentito la necessità di stare ferma. Mi è venuto mal di gola, ho sentito un po’ di stanchezza, tutte le cose che ti vengono quando sei cotta. Quando Vollering mi ha staccato negli ultimi 700 metri della prima tappa che ha vinto (ad Alto del Fuerte Rapitàn, quinta tappa, ndr) ho capito che ero in calando.

Da cosa lo hai capito?

Già a inizio salita avevo iniziato a sentire che mi facevano troppo male le gambe. E poi quando sono esplosa e lei ha vinto, mi sono resa conto che a cose normali avrei tenuto quei wattaggi senza problemi e ho capito che stavo raschiando il fondo del barile. Sono sintomi che ormai conosco bene, tipici di quando sono al lumicino. Non riesco più a riposare bene e inizio a capire che il mio corpo sta dicendo basta.

Quinta tappa, Longo Borghini cede negli ultimi 700 metri e arriva terza. E’ il giorno che dà la svolta alla sua Vuelta
Quinta tappa, Longo Borghini cede negli ultimi 700 metri e arriva terza. E’ il giorno che dà la svolta alla sua Vuelta
E se queste sono le sensazioni di sfinimento, come va quando si riparte dopo tre giorni?

Inizio a pensare di non essere sulla mia bicicletta. Sono talmente abituata ad uscire tutti i giorni, che anche dopo tre giorni, penso che il manubrio sia strano e l’altezza sella diversa. Un motore ingolfato, come quando cerchi di accendere la Vespa dopo tutto l’inverno che è stata in garage. Come dopo le ferie, insomma. Se invece stacchi due giorni dopo aver fatto il ritiro di gennaio, è tutto diverso. Il ritiro è stressante anche a livello di testa, perché ci sono centomila impegni. E se fai due giorni tranquilla dove mangi e riposi bene, quando risali in bici sembra che non hai neanche staccato.

Qual è stato il giorno dell’anno in cui ti sei sentita più forte?

Quello del Fiandre, avrei potuto fare ancora 20 chilometri. Stavo veramente bene. Di solito scendo dall’altura e alla terza corsa vado forte. Avevo fatto la Gand e la Dwars door Vlaanderen come gare di rodaggio e al Fiandre mi sentivo veramente bene e mentalizzata. Non era l’obiettivo stagionale e nessuno ne aveva parlato, neppure in squadra. Ci eravamo solo dette di arrivare al Koppenberg, perché lì si capisce sempre tutto. E quando ci siamo arrivate è stato come se, senza essercelo dette, tutte volessimo fare qualcosa di grande. E lo abbiamo fatto.

Eppure non era un tuo obiettivo, come le prime gare in cui sei andata forte: sarà che ormai hai raggiunto una base di forza che ti permette di essere competitiva anche quando non sei al top?

Forse in un certo senso è vero, però questo livello di base ho dovuto recuperarlo quest’inverno. Credo che aver lavorato tanto a bassa intensità mi abbia dato le fondamenta della forma. Quindi da questa base posso avere dei buoni picchi, ma non dei down incredibili. Poi magari mi smentirò tra qualche mese o tra qualche settimana, però ho visto che la mia condizione media va bene, basta anche per essere vincenti. Magari non in tutte le corse, ma ci si va vicino. In fondo alla Vuelta ero in fase calante, però mi sono difesa e alla fine sono salita sul podio.

Quagliotto, cosa significa correre in un team basco?

19.05.2023
5 min
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In questi giorni l’attività di Nadia Quagliotto è frenetica, come per tutte le cicliste coinvolte nella lunga serie di corse spagnole. Tanti impegni ravvicinati, soprattutto con l’immissione quasi forzata della Vuelta spostata da settembre e portata da 3 a 7 tappe. La veneta di Montebelluna però ha fatto buon viso a cattivo gioco: per lei d’altronde è quasi come correre in casa, ora che fa parte della Laboral Kutxa Fundacion Euskadi.

La scelta fatta lo scorso anno di trasferirsi in un team basco aveva stupito molti. Un vero salto per lei dalla Bepink, anche se un assaggio di ciclismo spagnolo lo aveva vissuto nel 2020, quando aveva militato nella Cronos Casa Dorada, ma quella era stata una stagione strana, praticamente aveva potuto disputare solo il Giro d’Italia.

«Quando sanno che corro in un team basco – racconta la ventiseienne veneta – molti rimangono stupiti, eppure per me non è stato un salto nel vuoto. E’ un ottimo team, sono molto professionali e mi hanno accolto bene, sono quasi coccolata in questo gruppo».

Nadia ha un contratto di due anni con il team basco, dove le straniere sono 4
Nadia ha un contratto di due anni con il team basco, dove le straniere sono 4
Correre in un team basco non è la stessa cosa di una squadra spagnola, c’è una forte componente identitaria…

La squadra femminile è un po’ diversa dall’Euskaltel, lì ci sono solamente 3-4 corridori non baschi e l’apertura è anche abbastanza recente. Nel team femminile si è invece sempre cercato di avere porte più larghe, anche se il nocciolo del gruppo resta basco. Ora è arrivata a farmi compagnia anche Debora Silvestri, proveniente dalla Zaaf. Poi ci sono anche una ciclista tedesca e una lettone.

Si sente il fatto che dietro c’è un popolo che cerca fortemente di difendere la propria identità e cultura?

Sì, per i Paesi Baschi è molto importante l’attività che facciamo. Nel team si parla comunque spagnolo, anche perché quando parlano l’euskadi non si capisce nulla… Chi non è di qui è comunque perfettamente integrato e questa è una cosa che mi piace e aiuta nelle prestazioni.

Alla Vuelta la veneta ha finito in crescendo, risultando la migliore del suo team
Alla Vuelta la veneta ha finito in crescendo, risultando la migliore del suo team
In squadra hai un ruolo di leader?

Diciamo che sono una di quelle deputata a portare a casa il risultato, siamo 2-3 le capitane della squadra, che ha al suo attivo 18 atlete. Per noi la Vuelta è stata molto importante, anche se non è finita come volevamo: puntavamo alla top 10 della classifica a squadre, ma abbiamo chiuso al 12° posto: prime fra quelle non appartenenti al WorldTour.

Con il tuo 30° posto finale sei stata comunque la migliore del team. E’ davvero così difficile correre contro le formazioni della massima serie?

La differenza c’è, è indubbio. Corrono più amalgamate e unite, ogni mossa anche delle capitane è studiata a tavolino, si lavora molto per arrivare a quel punto. Noi cerchiamo di migliorare proprio su questo aspetto. Alla Vuelta avevamo iniziato bene, anche se il ritardo accumulato nella cronosquadre del primo giorno era stato pesante. Le ultime tappe erano le più difficili, ci siamo difese, ma probabilmente riuscire a fare meglio non era possibile.

Alla Durango-Durango Emakumeen di partedì, la veneta è stata la migliore con un 25° posto
Alla Durango-Durango Emakumeen di partedì, la veneta è stata la migliore con un 25° posto
Sei soddisfatta finora della tua stagione?

Sì, anche perché non era iniziata nel migliore dei modi. Ho sofferto per una gastroenterite, fino al Trofeo Binda avevo fatto tutto per bene e la condizione era in crescendo, poi non ho più potuto gareggiare per un mese.

Il tuo miglior risultato è stato il 4° posto alla ReVolta, sempre in Spagna…

Sì, anche se il podio mancato è stata una sorta di rivincita. Prima avevo sfiorato per tre volte la top 10 e a un certo punto cominciavo a pensare che la stagione fosse stregata… E’ vero che tra un 10° e un 11° posto non c’è grande differenza, neanche a livello di punteggi Uci, ma per me contava molto. Un po’ mi rodeva anche se dimostravo di esserci…

Seconda in una tappa del Giro nel 2019, la Quagliotto è ancora alla ricerca della sua prima vittoria
Seconda in una tappa del Giro nel 2019, la Quagliotto è ancora alla ricerca della sua prima vittoria
Che differenze hai trovato rispetto al ciclismo italiano?

Sul piano generale il livello italiano è superiore, come qualità e attività. Qui al di là della Garcia non ci sono altre grandi campionesse, in Italia di atlete al top ce ne sono tantissime e questo è un fattore importante anche per chi arriva dopo, per le più giovani, c’è maggior spirito di emulazione. In Spagna poi c’è il problema del calendario troppo concentrato. I team si sono lamentati soprattutto dopo lo spostamento della Vuelta, perché si è realizzato un tour de force quando poi l’attività negli altri mesi è molto diradata. Chi non è nel WorldTour non può girare così tanto per l’Europa…

Quali sono i prossimi obiettivi?

Vedremo che cosa proporrà il nostro calendario, dopo la lunga parentesi spagnola. Io vorrei sfruttare al meglio la condizione trovata alla Vuelta e magari essere davanti a cercare il risultato pieno. Credo che me lo merito io e ce lo meritiamo come squadra.

Cavalli, il peggio è passato. Ora in fondo c’è la luce

19.05.2023
6 min
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Che fine ha fatto la Marta Cavalli del 2022? Nelle interviste lette finora, ha sempre parlato di risalita e della necessità di sbloccarsi. Però a un certo punto le domande sono state più delle risposte e così siamo tornati da lei con tutti i nostri dubbi, anche per capire in che modo la stia vivendo. Perché alle gambe magari basta girare, ma la testa come la tieni a bada quando di colpo fai fatica a riconoscerti nelle foto che ti ritraggono?

Il ritorno alla Freccia Vallone, dopo la vittoria 2022, ha visto Cavalli chiudere a 5’02” da Demi Vollering
Il ritorno alla Freccia Vallone, dopo la vittoria 2022, ha visto Cavalli chiudere a 5’02” da Demi Vollering
Cara Marta, abbiamo perso il filo della tua stagione. Quando siamo venuti da te all’inizio dell’anno sembrava che andasse tutto bene e poi di colpo c’è stata questa frenata. Come va adesso?

Va meglio, diciamo. Di preciso, non so neanch’io spiegare cosa sia successo. Sicuramente quest’inverno abbiamo fatto il massimo per recuperare e prepararsi al massimo. Invece in UAE non ho avuto grandi sensazioni e all’Het Nieuwsblad si è confermato quello che avevamo già visto. Così abbiamo deciso di fare il punto della situazione a casa, di recuperare, riprendere una preparazione leggermente diversa. Non tutti gli anni sono uguali, quindi non si può riproporre sempre lo stesso schema, così abbiamo detto: «Okay, vediamo di aggiustare i punti che in questo momento ci sembrano carenti». E da lì abbiamo ripreso a costruire nuovamente dalle basi.

Che cosa ha comportato?

Ho perso il lavoro specifico e il ritmo di gara. E ovviamente, avendo saltato una grande fetta della prima parte di stagione, non ho avuto l’occasione di rientrare in forma grazie alle gare. Sono stata catapultata in una stagione già iniziata, con atlete in forma che avevano una forza clamorosa e l’abitudine a quel tipo di sforzi. Mi sono ritrovata indietro e si è trattato di accettare la situazione, considerandola parte di un processo di recupero che sta richiedendo più tempo.

Perché?

Non so bene perché questa grande botte perda acqua. Sono andata a correre la Vuelta, perché un grande Giro è l’occasione per mettere fatica nelle gambe e migliorare giorno dopo giorno. Mi sono trovata abbastanza bene. Non posso dire di aver avuto le sensazioni dell’anno scorso, ma allo stesso tempo neanche le peggiori di inizio stagione.

Alla Itzulia Women, 53 chilometri di fuga e settimo posto nella terza tappa: il primo bel segnale
Alla Itzulia Women, 53 chilometri di fuga e settimo posto nella terza tappa: il primo bel segnale
Come convivi con questa situazione?

Sto cercando di accettarla. Non tutte le annate sono uguali e spero che questa diventi una buona lezione per me e per il mio preparatore, in modo da creare uno storico di quello che sto facendo, con cui capire ancora meglio come rispondo agli stimoli e a determinati allenamenti. Quindi, anche se i risultati non arrivano, cerco di mantenere una mentalità positiva

Si è capito se tutto questo dipenda dalla caduta del Tour o da un difetto di preparazione?

Sicuramente non aver corso da luglio a febbraio ha influito, potrei essere arrivata con una preparazione incompleta. Non so se la caduta abbia cambiato qualcosa. Il corpo si assesta in base ai colpi, attua degli adattamenti che magari non percepiamo, ma si fanno sentire a livello biomeccanico o fisiologico. Io credo sia questione di tempo. Dopo una prima parte in cui è stato abbastanza difficile per me accettarlo, adesso corro con più serenità, rincorrendo il livello dell’anno scorso.

Andavi davvero forte…

Dopo la primavera, avevo grande fiducia in me. Sapevo qual era il mio livello, quanto e cosa potevo fare. Magari c’era la giornata che stavo bene e quella un po’ meno, per cui potevo fare il numero oppure essere comunque competitiva, invece mi sono ritrovata a vagare nel limbo di chi si stacca dopo un paio di salite e a livello motivazionale non è stato facile. Però, grazie alla Vuelta e alle tappe più impegnative, sto tornando a costruire questa fiducia in me stessa.

I tifosi la cercano per le vittorie 2022: non è stato sempre facile gestire le attese (foto FDJ-Suez)
I tifosi la cercano per le vittorie 2022: non è stato sempre facile gestire le attese (foto FDJ-Suez)
A un certo punto ci è venuto il sospetto che, volendo puntare tutto su Giro e Tour, tu abbia scelto volutamente una prima parte più lenta…

No, il ragionamento non è mai stato questo. Volevo partire subito forte e riconfermare la scorsa stagione. A questo punto però, visto che la partenza è andata male, è meglio gestirsi e poi esplodere nella seconda parte dell’anno. I grandi obiettivi ora sono due: i campionati italiani su un percorso che mi piace molto, poi il Giro. Successivamente dovrei far rotta sul Tour de France.

Le sensazioni in corsa sono migliorate? 

Sì, in modo sensibile. In corsa sono un’altra persona. La squadra ha aiutato tanto. Hanno messo le mani in avanti per tener lontani tutti i malcontenti, i giornalisti troppo invadenti, le televisioni. Il loro interesse principale è che io recuperi in serenità con i miei tempi e il mio staff. Hanno creato una bolla di sicurezza intorno a me, in cui non abbia la tensione di dovermi ripetere. L’hanno accettato prima di me. E infatti sono stata molto contenta di essere andata in Spagna, perché abbiamo creato veramente un grande gruppo di lavoro.

Cos’aveva di speciale?

Ho potuto aiutare la mia compagna Evita Muzic, che è giovane ed ha avuto per la prima volta la squadra a disposizione. Per me è stato veramente appagante esserci, anche non al 100 per cento, perché io sento che non sono al massimo. Potrei fare di più, essere più competitiva, però in questo momento qualcosa me lo impedisce.

Marta ha corso la Vuelta in supporto alla compagna Evita Muzic, che ha chiuso al 6° posto (foto FDJ-Suez)
Marta ha corso la Vuelta in supporto alla compagna Evita Muzic, che ha chiuso al 6° posto (foto FDJ-Suez)
Cos’hai nella testa quando sei da sola e pensi a Vollering, Realini e le ragazze che stanno uscendo?

Mi fa rabbia perché l’anno scorso ero lì a giocarmela, invece quest’anno devo stare riguardata e calibrare le mie cartucce col contagocce. Si tratta di aspettare. Per ora vado al massimo con quello che ho, sperando di arrivare più in alto col lavoro.

Si corre per trovare la gamba?

E per rimanere sempre sul pezzo e motivati, anche se non si è al top. Mastico questo mondo perché si percepiscono aspetti che perderei di vista se dovessi allontanarmi per fare una preparazione troppo lunga. E’ importante andare a correre, perché vedo come si muovono gli altri tatticamente e sono lezioni che entrano in testa. Faccio una salita a tutta e non sono tra le prime, però intanto mi riabituo a soffrire. Così il giorno che avrò la gamba, soffrirò allo stesso modo, ma sarò là davanti a giocarmela.

Cosa farai da qui al campionato italiano?

Andrò in ritiro, ma sarà un lungo ritiro “home made”. Non ho intenzione di fare altura e nessun tipo di ritiro specifico, perché sono stata via già parecchio. Preferisco non allontanarmi ancora, farò un ritiro a casa Cavalli, grazie a mia sorella e al mio fidanzato che sono fisioterapisti. Ho il cuoco che è mia mamma, l’autista per il dietro motore che è mio papà. Ho tutto il supporto che mi serve. Ho la mia palestra di fiducia, quindi l’avvicinamento sarà molto tranquillo. Mi concentrerò su me stessa, senza avere distrazioni dall’esterno. Sarà un percorso interessante, una riscoperta, sperando di avere finalmente dei buoni riscontri.

Dalla Vuelta ecco la nuova Magnaldi. Pronta a vincere

11.05.2023
5 min
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Alla Vuelta le imprese della Realini hanno fatto passare un po’ in sott’ordine, in chiave italiana, la prestazione di Erika Magnaldi. L’ex granfondista ha confermato la sua grande propensione per le corse a tappe, chiudendo all’ottavo posto dopo essere stata per tutta la settimana a diretto contatto con le migliori.

La sua prestazione assume maggior valore pensando che le cose sarebbero potute andare anche meglio, se la classifica della Magnaldi non fosse stata resa difficile dall’esordio.

«Nella cronosquadre – racconta la ragazza del Uae Team Adq – non siamo andate benissimo, siamo finite fuori dalle prime 10 e abbiamo accumulato un distacco superiore ai 40” che di fatto ha pesato non poco sulla classifica. E’ stato un peccato perché poi non abbiamo sbagliato nulla, siamo sempre rimaste all’avanguardia e la mia posizione finale lo dimostra».

Alla Vuelta la cuneese ha chiuso ottava, a 4’46” dalla vincitrice Van Vleuten
Alla Vuelta la cuneese ha chiuso ottava, a 4’46” dalla vincitrice Van Vleuten
Nella tappa dei ventagli che è costata un grande ritardo alla Realini, tu eri l’unica italiana nel primo gruppo…

Non è stata fortuna, sapevamo che sarebbe stata una tappa difficile e l’avevamo studiata alla vigilia, evidenziando i punti delicati in caso di vento. Ci sarebbe stata battaglia, era chiaro che i team principali si sarebbero fatti la guerra e dovevamo rimanere davanti. Non siamo rimaste sorprese al momento dei ventagli, tanto è vero che alla fine nel primo gruppo eravamo in 3. Devo dire grazie alla squadra perché io patisco molto il vento. Devo dire che quel giorno ho provato una grande soddisfazione.

Com’eri arrivata alla corsa a tappe spagnola?

Ero in una buona forma, ma non al massimo. La ripresa dall’operazione all’arteria iliaca a ottobre è stata lunga e difficile, i dottori mi hanno detto che prima di giugno non avrei potuto ottenere il 100 per cento dal mio rendimento, quindi la mia Vuelta è stata davvero buona e questo mi fa ben sperare per i prossimi impegni.

La piemontese ha avuto un grande supporto dal team, soprattutto nella tappa dei ventagli
La piemontese ha avuto un grande supporto dal team, soprattutto nella tappa dei ventagli
Che dovrebbero prevedere sia Giro che Tour…

Non è ancora ufficiale chi verrà portato alle altre grandi corse a tappe – specifica la Magnaldi – si aspetta di sapere nei particolari come sarà il percorso del Giro d’Italia donne. La cosa comunque non mi spaventa e non sarebbe per me la prima volta, so che le capacità di recupero sono una mia prerogativa.

A tal proposito molto si è discusso sull’anticipo della Vuelta in primavera. Tu sei d’accordo?

Secondo me è stata una buona scelta. Parlo anche per interessi personali, nella collocazione precedente c’era ancora troppo caldo e a me non piace molto, anche se anche questa volta qualche giornata simil estiva l’abbiamo trovata. Il problema è che la Vuelta si è andata a inserire in un mese molto denso, che prevede tante prove a tappe anche in Spagna e infatti non farò tutto. E’ una fase delicata, bisogna lavorare in funzione del Giro, per arrivarci al meglio.

Per Erica l’estate si prospetta impegnativa, con Giro e Tour in rapida sequenza
Per Erica l’estate si prospetta impegnativa, con Giro e Tour in rapida sequenza
La tua preparazione, proprio in virtù della tua operazione, è cambiata?

Non tanto, ma il lavoro è stato molto delicato soprattutto perché ho dovuto completamente cambiare la mia posizione in bici, per non sollecitare troppo la zona interessata dall’arteria. Sono cambiati gli angoli di spinta e ho dovuto fare molto lavoro muscolare. L’inverno è stato difficile, ho potuto allenarmi poco e per questo, prima del periodo delle Ardenne, siamo stati tre settimane e mezzo in altura dove ho accumulato quei lavori e quei chilometri che non avevo potuto fare nei mesi precedenti.

Chi ti allena?

Dario Giovine, il mio compagno, è il preparatore del Team Colpack e un triathleta ancora in attività, oltre a gestire la MenteCorpo Coaching che ha anche un team di mtb di primo piano. E’ stato bravissimo nello riuscire a tenermi a freno dopo l’operazione, io avrei subito ripreso a mille, mi ha fatto fare piccoli passi, facendomi capire che dalla pazienza sarebbero venuti i migliori risultati.

La Magnaldi insieme al suo compagno e preparatore Dario Giovine, decisivo nella sua ripresa
La Magnaldi insieme al suo compagno e preparatore Dario Giovine, decisivo nella sua ripresa
Il lavoro non dev’essere stato semplice dovendo cambiare l’impostazione della pedalata…

Avevo iniziato a farlo già prima dell’operazione, proprio in previsione di questa e devo dire grazie anche ai meccanici di Sport3D che mi hanno molto aiutato in questo. Su questo tema però vorrei dire qualcosa in più…

Prego…

Non è un caso se il 20 per cento dei ciclisti professionisti soffre per questa patologia. Io credo che si possa e si debba fare di più in tema di prevenzione prima di arrivare alla soluzione chirurgica. E’ un ambito non troppo conosciuto, ma ormai ci sono centri in Italia e all’estero che lavorano proprio su questo, per arrivare a una diagnosi precoce. Studiando approfonditamente l’influsso di ogni posizione sul corpo, sul lavoro delle varie parti fisiche si può prevenire il problema.

La sua costanza di prestazioni non è passata inosservata, neanche da parte delle tv spagnole
La sua costanza di prestazioni non è passata inosservata, neanche da parte delle tv spagnole
Tanti piazzamenti, anche quest’anno, ma sinceramente ti manca il sapore della vittoria?

Sì, l’annuso ormai da tempo ma ancora non sono riuscita a metterci le mani sopra. La costanza di rendimento è sempre stata un mio punto forte, ma per vincere serve sempre qualcosina in più e devo ancora trovarla. Io sono sempre più consapevole delle mie possibilità, devo ancora scalare quell’ultimo gradino, ma non manca molto.

Vuelta Femenina, dietro le olandesi spunta Realini

09.05.2023
6 min
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Chi meglio la conosce sa che, sul podio finale della Vuelta Femenina, Gaia Realini si è chiesta cosa ci facesse accanto a Van Vleuten e Vollering. Lei si è limitata a godersi il magnifico stupore, mentre gli altri hanno iniziato a ragionare sulla sua prestazione. Se a 21 anni hai la forza per tenere testa alla campionessa del mondo e all’astro nascente del ciclismo femminile, il terzo posto nella corsa spagnola significa qualcosa di importante.

«Ho pensato proprio a questo – sorride Realini col gusto di raccontarlo – cosa ci faccio qui? Non riesco a realizzare dove sono arrivata e dove posso arrivare. Proprio non lo so. La vittoria di tappa e il terzo posto sono stati inaspettati. Quando domenica sono arrivata al traguardo e ci siamo messi a guardare i distacchi, la ragazza che era lì con me mi fa: “Guarda che sei terza in generale!”. Le ho detto che non era possibile. Dopo le prime tappe ero a dir tanto cinquantesima. Poi sono diventata quindicesima e adesso sarei stata terza? Io ero incredula di tutto, lei prendeva i tempi e alla fine ha avuto ragione. Ai Lagos de Covadonga sono volati distacchi pesanti. Ma è stato davvero inaspettato…».

Il viaggio di Gaia alla Vuelta è iniziato dopo il terzo posto alla Freccia Vallone e il settimo alla Liegi: altre anticipazioni di futuro da cogliere con discrezione e mettere da parte. Da qui a dire che sia andata in Spagna per puntare alla generale ce ne vuole, ma il bello del suo stupore è che le impedisce di porsi limiti.

Sei andata sapendo di stare così bene?

Sicuramente la preparazione era buona, però sono andata senza nessuna pretesa, con l’idea di godermi la mia prima Vuelta. Per imparare e mettermi a disposizione della squadra.

Prima Vuelta, ma avevi già esperienza di Giro d’Italia. Ci sono tante differenze?

Molta differenza non c’è stata, perché comunque le ragazze sono le stesse. Forse cambia il modo di correre, dato che in Spagna ci sono solo sette tappe e al Giro invece sono dieci. Con tre giorni in meno, si combatte subito, c’è più bagarre. Ci si risparmia meno.

Siete partite con il terzo posto nella cronosquadre.

Ce la siamo cavata benissimo. Poi sapevamo che la seconda e la terza tappa sarebbero state completamente piatte, senza aspettarci la batosta così dura per i ventagli nella terza. Abbiamo preso il buco, io per prima. Dietro di me Amanda Spratt ha bucato, quindi tutto il team è rimasto nel secondo gruppo. E’ stata una giornata difficile da mandar giù (a La Roda, il distacco della Trek-Segafredo all’arrivo è stato di 2’41”: lo stesso che sul podio la dividerà da Van Vleuten, ndr). 

Parlando a febbraio con Larrazabal, capo dei preparatori alla Trek, si ragionava sui ventagli e ci avvisò che quelli del UAE Tour in cui ti eri mossa benissimo fossero più semplici di quelli belgi o spagnoli…

Le strade erano molto più strette. Siamo sempre 150 ragazze, un conto è metterle su una strada immensa come quelle nel deserto, che di lato c’è la sabbia, altra cosa in Spagna, che a lato ci sono l’erba, le buche e le scarpate. Hai quasi paura, è molto più pericoloso.

Vos sugli scudi: prima vince la cronosquadre con la Jumbo-Visma, poi porta a casa la 3ª e la 4ª tappa
Vos sugli scudi: prima vince la cronosquadre con la Jumbo-Visma, poi porta a casa la 3ª e la 4ª tappa
Dal giorno dopo è scattata la rabbia?

Non abbiamo perso la concentrazione, siamo rimaste sempre noi stesse e super motivate. Sapevamo che la classifica si poteva comunque ribaltare nelle tappe di montagna. Ho dei rimorsi legati a quel giorno, però fino a un certo punto. Sono ancora giovane, devo imparare molto da questo lavoro. Non è scattata la rabbia, semplicemente sapevo che iniziavano le tappe adatte a me. Quindi testa bassa e non mollare. Non voltarsi indietro e guardare avanti. E alla fine, grazie anche al team e al bellissimo clima che c’è, abbiamo portato a casa un bellissimo risultato.

A Laredo ti sei trovata davanti con Van Vleuten, scatti e controscatti e poi l’hai battuta. Come è stato?

Mi sono vista al primo anno in una WorldTour insieme alla campionessa del mondo. Emozione tanta, ma nessuna pressione, perché ero fuori classifica, quindi non dovevo fare chissà cosa. Qualcuno mi ha criticato perché non ho dato mai il cambio, ma io non avevo pretese, non dovevo prendere io la maglia rossa, quindi non avevo niente da perdere. Poi in volata ce la siamo giocata e vedendo il fotofinish, ho vinto davvero per poco.

Van Vleuten ha fatto il forcing perché voleva guadagnare su Vollering, compreso l’attacco mentre Demi si era fermata per fare pipì. Tu cosa hai capito di questa storia?

Van Vleuten sa bene quello che vuole, è molto concentrata e la squadra la asseconda. Non so bene come siano andate le cose. Ho sentito dire che Vollering si è fermata per un pit stop e la Movistar si è messa davanti ad attaccare. Non lo vedo come una cosa molto rispettosa, non c’è stato un grande fair play. Tutti abbiamo necessità fisiologiche.

Van Vleuten ha detto che quello era il punto in cui avevano deciso da tempo di attaccare. Ha sbagliato Vollering a fermarsi proprio lì?

In quel punto c’era molto vento, era molto aperto. Si capiva che potesse succedere qualcosa, però è anche vero che stavamo andando piano, quindi forse Demi ha valutato di potersi fermare. Ma non so davvero bene come sia andata.

Si rivede anche Marta Cavalli: 10ª nell’ultima tappa e 13ª in classifica finale
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Il tuo calendario prevede anche il Giro d’Italia?

Sì e sarò a disposizione della squadra. Quello che mi diranno di fare si farà senza pretese né pressioni. Non mi sarei aspettata che a 21 anni mi sarei trovata così bene, ma bisogna rimanere sempre coi piedi a terra, perché oggi può andare bene e domani può andarti male. Tutto questo è il punto di partenza per migliorare. Ecco, io almeno la penso così.