Rotta a sud, riposo e crono: inizia la vera Vuelta di Remco

29.08.2022
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Secondo giorno di riposo della Vuelta e Remco sembra veramente molto rilassato. Come un corridore molto fresco o che non abbia niente da perdere. Finora ha controllato e fatto quel che voleva. Non ha vinto, ma la superiorità sui rivali diretti è parsa abbastanza netta. Solo Mas sembra al suo livello, ma fino a un certo punto. La prima settimana è stata dura e il trasferimento dalle Asturie all’area di Valencia ha portato un caldo asfissiante e umido. In queste condizioni domani la Vuelta ripartirà con una cronometro di 30,9 chilometri, che per il belga potrebbe essere la prima occasione di vincere una tappa: il suo obiettivo di partenza.

Soltanto Mas finora ha dato la sensazione di riuscire a seguirlo
Soltanto Mas finora ha dato la sensazione di riuscire a seguirlo

Un nuovo Wolfpack

La situazione nell’hotel della Quick Step-Alpha Vinyl è strana. Raramente finora, forse solo al tempo di Rigoberto Uran e poi con Alaphilippe al Tour, la squadra belga si è ritrovata ad affrontare il riposo di un leader. E se nei casi precedenti era abbastanza chiaro che si trattasse di primati a orologeria, stavolta la sensazione che il bimbo possa sorprendere e tenere sino in fondo si va facendo largo.

«La squadra è forte e ha fiducia – dice lui – e anche se per noi è una situazione nuova, cerchiamo di fare del nostro meglio ogni giorno. Le ultime tappe sono state durissime, ma la squadra le ha gestite bene. Siamo rimasti concentrati. Ogni cosa che abbiamo fatto sinora cercheremo di ripeterla nelle due settimane che restano. E alla fine tireremo le somme».

Finora anche Alaphilippe è stato a disposizione di Remco, in attesa di giocare la sua chance
Finora anche Alaphilippe è stato a disposizione di Remco, in attesa di giocare la sua chance
Alaphilippe sta facendo un lavoro meraviglioso…

Raramente ricordo un campione del mondo mettersi così a disposizione. Sembra di salire su un taxi e aspettare che ti dicano di scendere. Ma tutta la squadra sta facendo grandi cose. Siamo un diverso tipo di Wolfpack rispetto ai giorni delle classiche, ma se ci fate caso siamo la squadra col maggior numero di uomini sulla salita finale, assieme forse alla Ineos. Dries Devenyns è un maestro nel posizionamento, per portare i rifornimenti, per guidarmi nelle situazioni più complicate. Anche Pieter Serry finché c’è stato (è stato costretto al ritiro per positività al Covid, ndr) ha fatto la sua parte. Potrei parlare per ore dei miei compagni…

Sei tiratissimo, ieri sulle pendenze estreme del finale sei parso a tuo agio oltre ogni previsione…

Sono il figlio di allenamenti diversi. Sono dimagrito e ho lavorato tanto su salite più ripide. Ho modificato anche il mio assetto sulla bici, per quei tratti in cui non conviene alzarsi sui pedali. Ho odiato il mio allenatore per quei lavori, non sono stati facili, ma stanno funzionando. E se vedi che la fatica ripaga, poi è più facile avere fiducia in se stessi.

Remco ha raccontato di aver lavorato sodo per andare forte sulle pendenze più ripide
Remco ha raccontato di aver lavorato sodo per andare forte sulle pendenze più ripide
Per contro si fa un gran parlare della tappa di Sierra Nevada di domenica prossima. Scalata lunga e arrivo in alta quota…

Conosco bene quella tappa, chiunque si sia allenato da queste parti sa di cosa parliamo. L’Alto del Purche è ripido. Poi arriva la salita finale, che inizia ripida, poi è lunghissima, regolare e con l’arrivo sopra i 2.500 metri. L’altitudine rischia di essere l’aspetto più difficile da gestire, ma ci sto lavorando da tutta l’estate. A Livigno ho dormito a 2.300 metri e poi all’hotel Syncrosphera anche più in alto, ma non ricordo i numeri. Domenica però è lontana, pensiamo prima alla crono di domani.

Non è tanto frequente la crono all’indomani del riposo: la tua routine quotidiana è cambiata?

Non tanto, in realtà. Avrò tempo domattina per riscaldarmi e tutte le cose che si fanno prima della crono. Oggi era importante recuperare le fatiche dei giorni scorsi e semmai mangiare un po’ di più, perché la bilancia dice che sono un po’ sceso.

La crono di domani, 30,91 chilometri da Elche ad Alicante, potrebbe dare la svolta alla Vuelta di Remco
La crono di domani, 30,91 chilometri da Elche ad Alicante, potrebbe dare la svolta alla Vuelta di Remco
Che crono ti aspetti?

E’ completamente piatta. Trenta minuti da fare a tutto gas, con qualche strappetto nel finale e l’arrivo in discesa. Conosco il percorso. Sono partito dicendo di volere un posto nei primi 10 e vincere una tappa. Domani potrebbe essere il giorno per vincere, la classifica invece andrà conquistata un po’ ogni giorno.

Che effetto fa essere davanti?

Non cambia il mio obiettivo. La Vuelta è il primo grande Giro cui punto con consapevolezza, non si può paragonare al Giro dello scorso anno. A volte guardo la maglia rossa e mi rende orgoglioso. Sono contento di averla, è come una promessa, qualcosa che devo guadagnarmi ogni giorno. Cerco di non guardare gli altri come rivali, per evitare che diventino una trappola per la mente. Nei giorni scorsi ho anche chiesto qualche cambio, però Mas non me l’ha dato. Vado avanti giorno per giorno. Se avrò buone gambe, potrò provare a incidere. Sono abbastanza sicuro che ci saranno dei momenti duri. Spero di recuperare nei prossimi 2-3 giorni per essere pronto per le tappe del weekend. E lo stesso nella terza settimana, per arrivare in forma per quelle più dure.

Al Giro 2021, le grandi pendenze dello Zoncolan hanno fatto capire quali fossero i fronti su cui Remco potesse migliorare
Al Giro 2021, la crisi di Remco sullo Zoncolan ha messo nel mirino le pendenze elevate
Quanto pesano le formalità del dopo tappa?

Per fortuna prima di cominciare avevamo studiato una strategia con la squadra. In caso di qualche maglia o di vittorie, l’obiettivo è ridurre al minimo il tempo perso fra l’arrivo e il ritorno in hotel. Per cui rulli, podio, mini conferenza stampa in zona mista, antidoping e via in hotel per iniziare a recuperare il prima possibile.

Qual è la raccomandazione che ti fanno più spesso in squadra?

Una sola, ma me lo dicono in continuazione. Mi dicono tutti di stare calmo. Per ora ci sono riuscito, nelle prossime tappe di montagna chissà…

Da Zwift al ciclismo reale, così Vine ha preso a schiaffi la Vuelta

28.08.2022
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Zwift aveva organizzato un concorso alla fine del 2020. Il vincitore sarebbe stato premiato con un contratto da professionista.

«Per me era una possibilità – racconta Jay Vine – adesso o mai più. Avevo 25 anni, a nessuno importava molto delle competizioni amatoriali australiane. Avevo ottenuto alcuni risultati nelle gare australiane UCI, ma in Europa nessuno ne sapeva nulla. Quindi, se volevo diventare un professionista, quella era la mia occasione. Sì, mi sono preparato in modo molto specifico per quella gara. Comunque in Australia non avevo molto altro da fare. Quando ho saputo che avevo vinto la gara di Zwift, ho capito subito che la mia vita sarebbe cambiata completamente. Avrei dovuto firmare con la ARA Pro Racing Sunshine Coast, mi sono ritrovato alla Alpecin».

E’ stata la sua vittoria della challenge virtuale a lanciare Vine tra i pro’ (foto Zwift)
E’ stata la sua vittoria della challenge virtuale a lanciare Vine tra i pro’ (foto Zwift)

Doppietta spagnola

Ieri Jay Vine, australiano alto 1,84 per 69 chili, ha preso a calci i pregiudizi e vinto la seconda tappa della Vuelta in due giorni. Prima al Pico Jano, precedendo Evenepoel. Poi al Collado Fancuaya, precedendo questa volta Marc Soler.

«Quando Lutsenko ha provato ad attaccare – dice – stavo bene. A quel punto sembrava che non ci sarebbero stati più attacchi. Così ho deciso di mettere un po’ di pressione al gruppo e di accelerare. Quando mi sono guardato intorno dopo il tornante, ho visto che non c’era più nessuno alla mia ruota, così ho continuato. E’ stata una fatica di 25 minuti, ma dopo la mia prima vittoria, avevo molta fiducia. Mi sono davvero divertito. E’ stata una bella giornata».

Anche nei tratti più ripidi della salita, Vine è rimasto seduto alzando la cadenza
Anche nei tratti più ripidi della salita, Vine è rimasto seduto alzando la cadenza

La salita finale non faceva sconti, ma davvero a guardare la compostezza in sella dell’australiano, è venuto di pensare che sia riuscito a trasferire su strada l’attitudine ai grandi sforzi sui rulli, dove non ci si scompone e si lavora tanto sulla frequenza di pedalata.

La prima Vuelta

I fratelli Roodhooft, capi della Alpecin-Deceuninck, sono stati inizialmente molto accorti con il nuovo arrivato australiano. Prima della Vuelta 2021 il suo calendario parlava di appena 15 giorni di gara, anche se il secondo posto al Giro di Turchia aveva fatto intuire il suo talento di scalatore.

«La salita è il mio terreno – diceva forse con eccesso di entusiasmo un anno fa al via della corsa spagnola – cercherò di seguire il più da vicino possibile gli uomini di classifica. Più i percorsi sono difficili, più mi piace. Il caldo? Sono australiano, non dovrebbe essere un problema. Quando sono venuto in Europa, il tempo non era così buono. Ma nelle ultime settimane mi sono allenato principalmente in altura e al caldo. Non ho mai corso in un gruppo così grande, ma non ho paura. Sarà una nuova esperienza e il team mi guida in modo eccellente. La Vuelta è la gara migliore per debuttare. Le strade sono larghe, ci sono poche curve e piove raramente. Voglio imparare il più possibile e restare un ciclista professionista il più a lungo possibile».

Un anno dopo

E’ passato un anno e il vincitore del mondiale sui rulli sta vivendo i giorni più belli della sua carriera. Dopo essersi guadagnato un contratto, Vine è tornato sul luogo del… delitto e ha partecipato nuovamente alla gara di Zwift. 

La vittoria aò Pico Jano, 6ª tappa della Vuelta, è stata una grande sorpresa
La vittoria aò Pico Jano, 6ª tappa della Vuelta, è stata una grande sorpresa

«La competizione quest’anno non è stata eccezionale – sorride – con un velocista come Bryan Cocquard in partenza, non ho avuto scampo. Perché ho deciso di partecipare? Il premio in denaro. C’erano 8.000 euro per il vincitore, per un’ora di ciclismo. Un sacco di soldi, eh? E’ iniziato tutto alla fine del 2019, prima del Covid. Dove vivevo, c’erano gravi incendi boschivi, quindi l’allenamento all’aperto non era un’opzione. Dieci minuti di pedalata all’aperto equivalevano a fumare tre sigarette. Ma io volevo andare bene all’Herald Sun Tour e quindi ho dovuto allenarmi».

Vine è alto 1,84 e pesa 69 chili: numeri da scalatore e azione sempre composta
Vine è alto 1,84 e pesa 69 chili: numeri da scalatore e azione sempre composta

«Poi è arrivato il Covid anche in Australia e improvvisamente non ci è stato più permesso di lasciare la nostra casa. La soluzione? Continuare sui rulli. Ma intanto vedevo diminuire le mie possibilità di una carriera da professionista. Finché all’improvviso è saltata fuori quella competizione della Zwift Academy».

Stupore permanente

Quando vive in Europa, fa base ad Andorra. Si allena in altura e racconta che se anche venisse convocato per il mondiale australiano, gli piacerebbe comunque tornare in Europa e partecipare alle corse italiane di fine stagione.

Seconda tappa vinta da Vine in due giorni, la sorpresa continua…
Seconda tappa vinta da Vine in due giorni, la sorpresa continua…

«Se mi chiedete di confrontare la mia vita con quella di un anno fa – sorride – non trovo le parole per descrivere la mia situazione. Faccio parte di una squadra vincente. Non ho perso un minuto dell’ultimo Tour de France e anche lì abbiamo vinto delle tappe. E’ davvero bello far parte di una squadra del genere. Un anno fa partecipavo a gare amatoriali in Australia, in un gruppo di quaranta corridori. Oggi sono in uno dei Grandi Giri al fianco di corridori che hanno vinto grandi corse, inclusi tre campioni olimpici. Ho vinto due tappe e questo è davvero surreale. Rimarrò stupito per i prossimi diciotto giorni».

Battistella alla Vuelta, replay di una volata già vista

27.08.2022
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«Cercasi qualcuno che mi insegna a fare le volate ristrette! Un secondo posto che brucia, ma ci saranno altre occasioni». Scrive così Samuele Battistella su Instagram dopo la volata di ieri alla Vuelta. E quando stamattina parliamo dopo colazione, il… rodimento s’è solo parzialmente attenuato.

Sul traguardo di Cistierna è sembrato di rivedere il film dei mondiali U23 di Harrogate 2019. Il vicentino divenne sì campione del mondo, ma perse allo stesso modo la volata contro Nils Eekhoff, poi squalificato per rientro irregolare.

«Una volata identica – conferma con una punta di amarezza. Anche quella volta ero in fondo, poi presi la ruota dell’olandese e invece di passarlo a destra, mi spostai a sinistra. Identica. E feci pure secondo».

Il video del mondiale U23 di Harrogate 2019: la volata dal minuto 2’10”

Volata dalla coda

Era riuscito tutto alla perfezione, compreso prendere la fuga che in questa Vuelta sempre a cento all’ora non è affatto scontato. Dall’ammiraglia Martinelli gli aveva detto di stare attento a Herrada e Wright, i due più veloci. Per questo Samuele si era messo in ultima posizione, pronto a partire in rimonta. Prima di parlare con lui abbiamo anche riletto il pezzo in cui Ulissi spiegava come si faccia a non fallire certi arrivi, anche se la ricetta non è uguale per tutti. Anche se a parole siamo tutti campioni.

Quindi?

Sapevo che Herrada era veloce, ma stando in fondo ho perso due metri quando è partito. Ho visto che avrebbe fatto la volata a sinistra. Ero nella sua scia e avrei potuto passare dalla stessa parte, ma ho pensato che se si fosse allargato, mi avrebbe portato fuori. In quel momento si è aperto il varco a destra e mi sono infilato. Andavo a doppia, ma non è bastato. Ho rivisto il video e ho capito di aver fatto una cavolata. Per questo il giramento c’è ancora.

Il pianto di Herrada dopo la vittoria: non alzava le braccia da febbraio 2021
Il pianto di Herrada dopo la vittoria: non alzava le braccia da febbraio 2021
L’hai rivisto da solo?

No, insieme a Martinelli, Zanini e Mazzoleni

Capirai, Zanini certe volate sapeva farle alla grande, ti avrà mangiato…

A dire il vero Zazà è stato anche pacato, invece Martinelli proprio no. Mi ha detto che sono in debito con lui di due vittorie. Quella di ieri e il campionato italiano…

Sono attimi, le volate ristrette non sono facili da interpretare…

Non sai mai chi sia più veloce, chi abbia fatto il furbo. Servono occhio ed esperienza e io sto imparando. Appena trovo la formula giusta, applico sempre quella e sono a posto (sorride, ndr). Copia e incolla.

Per esempio hai pensato di partire tu per primo?

Ero dietro per evitare che qualcuno mi fregasse. Janssens e Wright erano quelli che in pianura erano sembrati più forti ed erano davanti pronti a prendere la ruota del primo che fosse partito. Non ho voluto rischiare, ho preferito giocarmela così.

Con quale rapporto hai sprintato?

Il più lungo, il 54×11, anche perché la strada un po’ scendeva. Il lato positivo, perché va sempre cercato il lato positivo, è che adesso manca solo la ciliegina. La torta l’ho costruita e forse una vittoria dal nulla avrebbe un altro sapore. Sono certo che ci saranno altre occasioni, fra la prossima e la terza settimana.

Battistella si è giocato la sua carta nella tappa di ieri a Cistierna, 7ª della Vuelta
Battistella si è giocato la sua carta nella tappa di ieri a Cistierna, 7ª della Vuelta
Hai già visto dove riproverai?

Onesto, non ancora. In questi giorni ho lavorato parecchio per Lopez e Nibali e posso assicurarvi che è una Vuelta pazza, si va a tutta tutti i giorni.

Bennati si è fatto sentire?

Mi ha chiamato due giorni fa. Mi ha chiesto di farmi vedere e ieri sono andato in fuga. Non so se mi porterà ai mondiali, ma di sicuro l’ho preso alla lettera. Certo però (fa una breve pausa, ndr), se vincevo era meglio…

La metamorfosi di Kelderman, pronto a cambiare ruolo

25.08.2022
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Neanche il tempo di prendere il via alla Vuelta che già su tutti i media compariva la notizia del nuovo cambio di casacca per Wilco Kelderman (in apertura accanto a Hindley), che dopo neanche due stagioni passate alla Bora Hansgrohe approda alla Jumbo Visma di Roglic e Vingegaard. Per il 31enne olandese si tratta del settimo cambio di squadra e considerando il roster della formazione olandese, potrebbe anche significare un cambio nel suo ruolo, non più come punta ma come luogotenente di lusso.

Suonano quasi beffarde a questo punto le dichiarazioni rilasciate da Kelderman alla vigilia della Vuelta: «Siamo una squadra con 3 capitani (oltre a lui il vincitore del Giro Hindley e Higuita, ndr), si deciderà alla fine chi comanda, chi starà meglio nella terza settimana. Io di regola sono sempre andato in crescendo, so di essere bravo e mi sento pienamente a posto in bici, poi dipenderà dalla gara».

Kelderman Hindley
Kelderman e Hindley, sodalizio ricostruito alla Bora, senza rancori e con buoni risultati (foto Getty Images)
Kelderman Hindley
Kelderman e Hindley, sodalizio ricostruito alla Bora, senza rancori e con buoni risultati (foto Getty Images)

Top 5 in tutti i grandi Giri

La storia di Kelderman è per certi versi singolare. Ha corso ben 13 grandi Giri e il suo bilancio non è neanche malvagio: 6 presenze nella top 10 con il 3° posto al Giro d’Italia 2020 come miglior risultato, ma è entrato nei primi 5 anche nelle altre due prove, in quanti possono dire la stessa cosa? Eppure la sua figura è associata a quella di un’eterna promessa mai sbocciata. Un buon piazzato, sì, ma mai realmente candidato alla vittoria. Eppure le caratteristiche ci sono tutte, considerando le sue capacità a cronometro e la sua tenuta su qualsiasi tipo di salita.

Curiosamente, proprio quel podio conquistato al Giro è stato una sorta di crocevia per l’olandese. In quell’edizione della corsa rosa, Kelderman era il capitano della Sunweb, ma assistette alla crescita esponenziale di Hindley, arrivato a giocarsi la corsa all’ultima tappa con Tao Geoghegan Hart. Quanto avvenne però al Sestriere ha lasciato sempre molte perplessità: Kelderman era partito in rosa, con Hart (Ineos) e Hindley a 15”. Dietro i continui attacchi della formazione rivale, la Sunweb decise di appoggiare più Hindley, lasciando che Kelderman venisse staccato.

Giro 2020: podio per Hindley e Kelderman, ma con qualche lato oscuro nella condotta della Sunweb
Kelderman Giro 2020
Giro 2020: podio per Hindley e Kelderman, ma con qualche lato oscuro nella condotta della Sunweb

Un nemico in casa?

Hindley si ritrovò alla sera a pari merito con Geoghegan Hart, ma la cronometro finale gli era contraria a differenza di Kelderman, che infatti il giorno dopo avrebbe fatto meglio del britannico. Molti sussurrarono che la Sunweb avrebbe deciso di appoggiare Hindley sapendo già dell’addio imminente di Kelderman, visto quasi come un ospite indesiderato. Certamente però quell’episodio segnò l’evoluzione della carriera dell’olandese, che un anno dopo si sarebbe ritrovato in compagnia proprio di Hindley.

Al Giro d’Italia di quest’anno troppa è stata la differenza di rendimento fra i due, Kelderman molto presto si è dovuto piegare alle esigenze della squadra e supportare il compagno, ma almeno questa volta non ci sono state polemiche. Ora però Wilco corre nuovamente a parità di grado con l’australiano, ma con in tasca il passaporto per un altro team: la Bora-Hansgrohe gestirà la cosa in maniera diversa?

Ennesima caduta per l'olandese al Giro del Benelux 2021. Problemi alla clavicola
Ennesima caduta per l’olandese al Giro del Benelux 2021. Problemi alla clavicola
Kelderman Benelux 2021
Ennesima caduta per l’olandese al Giro del Benelux 2021. Problemi alla clavicola

Luogotenente di lusso

E’ anche vero che l’olandese vuole monetizzare il più possibile l’ultima parte di carriera, sapendo forse che contro i super talenti di oggi difficilmente troverà posto sul gradino più alto del podio. La Jumbo Visma aveva bisogno di una figura di riferimento in appoggio ai suoi big, Kelderman può ricoprire il ruolo anche se non gli è propriamente calzante. D’altronde tanti sono stati nella storia i corridori che, dopo lunghi tentativi di emergere in un grande Giro hanno trovato la loro più adatta collocazione al fianco di un altro capitano, ultimo esempio Rafal Majka con Pogacar.

Kelderman però a questo epilogo non vuole ancora piegarsi, conta di dare un ultimo colpo alla botte. Si è preparato con scrupolo dopo la corsa rosa e il Delfinato, una breve pausa e poi tre settimane per ricaricare le batterie a Park City nello Utah, con la sua famiglia. Una famiglia di ciclisti considerando che la moglie, Rebecca Talen era stata professionista fino al 2014 alla Rabobank prima di dedicarsi alla crescita del figlio. Si è allenato cercando di riannusare le sensazioni di gioventù, tornando addirittura con i suoi team delle categorie minori, WV Eenland e UWTC De Volharding. I ragazzi erano al settimo cielo ritrovandolo fra loro, per Wilco è stato un utile recupero di vecchie sensazioni, avvicinandosi a una Vuelta dai significati più profondi che mai.

Kelderman Tour 2021
Al Tour Kelderman ha colto il 5° posto lo scorso anno, confermandosi predisposto per i grandi Giri
Kelderman Tour 2021
Al Tour Kelderman ha colto il 5° posto lo scorso anno, confermandosi predisposto per i grandi Giri

E se chiudesse col botto?

«Ho imparato che in 3 settimane può succedere di tutto – ha dichiarato a Cyclingtips – devi affrontare ogni giorno, ogni ora, ogni chilometro senza essere nervoso. Puoi anche perdere alla fine 15 secondi, ma quel che conta è risparmiare energie e colpire quando conta davvero. Ogni grande Giro ti accresce e ti migliora, ti insegna qualcosa del tuo corpo, come mangiare, come bere, come coprirti. Bisogna però saperlo ascoltare.

«Io non mi sono mai arreso, neanche di fronte agli infortuni peggiori (si è rotto clavicole, vertebre, dita, ndr), ma se non avessi avuto passione, se avessi pensato che era solo un lavoro non sarei qui ora. So solo che quel che verrà sarà meglio». Lo sperano soprattutto quelli della Jumbo Visma, oggi avversari, domani datori di lavoro.

Affini, pensieri e parole di un giorno da leader

23.08.2022
5 min
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Sono passati sette anni da quando Aru vestì per l’ultima volta la maglia rossa della Vuelta e quest’anno ancora nessun italiano era mai stato leader fra Giro e Tour. Saranno piccole cose, ma si capisce bene perché sul podio della Vuelta a Breda, due giorni fa, Edoardo Affini avesse un sorriso pieno di orgoglio e soddisfazione. L’ultima volta che aveva indossato una maglia di leader fu al Giro d’Italia U23 del 2018, quando vinse il prologo e conquistò la rosa. Oppure la maglia dei giovani al Giro di Norvegia del 2019. Al Giro del 2020 dice scherzando, ha avuto la ciclamino in prestito da Ganna, che aveva preso la rosa.

«Penso che sia una cosa che non capita tutti i giorni – dice il mantovano della Jumbo Visma – è ovvio che essere leader in uno dei tre grandi Giri sia motivo di orgoglio. E’ stato bello finché è durato, anche se per un solo giorno. Anzi no, sono stato leader anche nel giorno di riposo (ieri, ndr), anche se la maglia non l’ho messa per allenarmi. Mi sarebbe sembrato troppo da convintone…».

Roglic a sorpresa

Sull’arrivo di oggi a Laguardia il primato è passato sulle spalle di capitan Roglic. E se la staffetta della leadership fra gli uomini del team olandese finora era stata concordata, il primato dello sloveno è capitato, ma non era stato progettato. La giornata è stata durissima. Prima ora oltre i 47 di media. Temperatura fra 33 e 35 gradi, mentre ieri il cielo era velato e la temperatura più gradevole. Bilancio giornaliero (per Affini) di 4.500 calorie e 14’13” di ritardo. Edoardo è un tipo spiritoso, capace di una bella ironia. Il suo racconto è coinvolgente…

Una giornata niente affatto banale, insomma…

Neanche un po’. C’erano strappi duri e il mio compito era portare la testa del gruppo ai piedi della salita ai meno 20 dall’arrivo. Poi ho potuto rialzarmi e mi sono goduto i tifosi. Nei Paesi Baschi sono belli… motivati, per cui anche se ero staccato, sentivo che mi indicavano e parlavano del leader.

E’ vero che il passaggio della maglia fra compagni di squadra è stato organizzato?

A Utrecht, avevamo deciso che se avessimo vinto la crono, sarebbe passato per primo Robert (Gesink, ndr). Il giorno dopo ha fatto la volata Mike Teunissen e l’ha presa lui. E a Breda mi hanno detto che se ci fossero state le condizioni, sarebbe toccato a me.

Così adesso toccherà a Kuss come si è scherzato nelle interviste?

Ho qualche dubbio che, avendola Roglic, ora sia così facile da passare. Ma non si può mai dire (ride, ndr).

Dopo il podio della maglia rossa, l’abbraccio della compagna olandese Lisa (foto Bram Berkien)
Dopo il podio della maglia rossa, l’abbraccio della compagna olandese Lisa (foto Bram Berkien)
Cosa cambia ad andare alle partenze da leader?

Senti più persone che ti chiamano e ti cercano per un autografo. E poi la cosa curiosa di stamattina alla partenza è che il corridore con la maglia a pois schierato accanto a me, Julius Van den Berg, è stato mio compagno di squadra da U23 alla Seg Academy Racing. Ci siamo guardati e ci siamo detti che alla fine qualcosa di buono siamo riusciti a farla. Poi è vero che tutti e due abbiamo perso la nostra maglia, ma la soddisfazione resta.

Che effetto ha fatto essere presentato come leader al foglio firma?

Basta considerare il fatto che abbiamo in squadra uno che l’ha vinta tre volte e quindi l’entusiasmo e le aspettative sono altissime? Un gran bell’effetto, niente da dire…

Dicevi che oggi non era nei piani la maglia per Roglic.

Non era nostra intenzione tirare a quel modo. Bisognerebbe chiedere alla Bora perché si siano messi a fare quell’andatura. Forse volevano gli abbuoni del traguardo volante? Ognuno fa le sue scelte, bisognerebbe chiedere a Fabbro perché si siano mossi così. Comunque abbiamo messo uno davanti e li abbiamo aiutati.

Nella tappa da leader, Affini ha tirato come se nulla fosse
Nella tappa da leader, Affini ha tirato come se nulla fosse
Il fatto che fossi leader ha cambiato il tuo ruolo in corsa?

Non è cambiato niente. Se non avesse tirato la Bora, saremmo stati davanti in due. Invece, come dicevo, abbiamo messo Teunissen e sono riuscito a salvarmi per un po’ e per fare il lavoro che avrei dovuto fare.

Hai mai pensato di poterla tenere?

Impossibile (ride, ndr). Dovevo lavorare, il percorso era duro ed è stata comunque una bella giornata. Ma siamo alla quarta tappa della Vuelta, sarà lunga e avrò da lavorare, soprattutto adesso che la maglia l’ha presa Primoz.

Qualcuno si è lamentato che le strade olandesi siano state pericolose…

Ho letto le interviste. Partendo dal presupposto che in Olanda le strade sono piene di infrastrutture e che per far passare la Vuelta abbiano tolto rotonde, attraversamenti e spartitraffico, poteva andare molto peggio. Ci sono stati dei passaggi particolari, i paesi pagano per avere la corsa e non si può pretendere di andare sempre sugli stradoni. Diciamo che non sono stati giorni semplici. Il vento non ha influito, ma appena c’era un soffietto, erano tutti davanti, immaginando di fare chissà cosa…

A Laguardia vince Roglic, quarto corridore Jumbo Visma in rosso
A Laguardia vince Roglic, quarto corridore Jumbo Visma in rosso
Santini ha realizzato una maglia rossa per l’Olanda e una per il resto della Vuelta: quale ti piace di più?

La rossa classica, quella olandese però era perfetta per quel tipo di evento.

Ora che la maglia è andata, cosa ti resta nella valigia?

Mi resta la maglia, anzi le maglie, perché sono l’unico ad aver avuto entrambi i tipi. E quelle non me le tocca nessuno. Poi c’è qualche pupazzetto, ma so già che mi toccherà regalarli. Così alla fine, ciò che resta davvero è un’esperienza impagabile. Quella continuerò a portarmela dentro a lungo.

La Vuelta di Roglic è un’altra sfida alla cattiva sorte

22.08.2022
5 min
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Non c’è una risposta chiara alla domanda su come stia Roglic e desta sollievo il fatto che la Vuelta sia partita dall’Olanda con percorsi perfetti per prendere il ritmo. Senza salite né troppo vento. Già alla vigilia della cronosquadre si ragionava sul fatto che Primoz all’80 per cento sia uno dei migliori cronoman della squadra, cercando poi di capire se riuscirà ad arrivare al suo massimo, per puntare al poker di maglie rosse consecutive.

Sta di fatto che quel corridore così forte che in certi momenti assomma su di sé le sfortune di Paperino e una costanza quasi commovente nel rialzarsi ogni volta, ha fatto breccia nei cuori dei tifosi.

Prima di ritirarsi dal Tour, Roglic era stato decisivo nel giorno del Granon, aiutando Vingegaard a fiaccare Pogacar
Prima di ritirarsi dal Tour, Roglic era stato decisivo nel giorno del Granon

Preparazione non ideale

Il primo problema su cui stanno ragionando i tecnici della Jumbo Visma è che a causa del ritiro dal Tour e i dolori alla schiena, conseguenza della caduta nella tappa del pavé, lo sloveno abbia saltato una parte significativa della preparazione. E quando ha ricominciato, anche la sua resistenza era diminuita, proprio a causa dello stesso dolore.

«La sua preparazione non è stata certo ideale – dice Merijn Zeeman, suo tecnico, al belga Het Nieuwsblad – ma è stato così anche negli ultimi due anni. L’anno scorso ci sono state di mezzo le Olimpiadi, che hanno reso tutto complicato. Due anni fa aveva chiuso il Tour con un terribile colpo psicologico (la maglia gialla persa alla penultima tappa, ndr), ma ciò non ha impedito a Primoz di vincere la Vuelta. Credo che Primoz sia il miglior corridore al mondo nel lasciarsi alle spalle delusioni».

La Jumbo Visma è arrivata alla Vuelta in formazione rimaneggiata, ma sempre fortissima
La Jumbo Visma è arrivata alla Vuelta in formazione rimaneggiata, ma sempre fortissima

Il dolore alla schiena

Quello che va capito è come stia effettivamente la schiena, dato che si è temuto a lungo che a causa del dolore Roglic avrebbe rinunciato alla Vuelta. Lo sloveno dice di avere ancora problemi nel fare certi movimenti, ma non c’è una diagnosi precisa dell’infortunio o almeno la Jumbo-Visma non aggiunge altro perché si tratta di informazioni che attengono alla sua privacy.

«Non c’era necessità medica di lasciare il Tour – dice però Mathieu Heijboer, preparatore del team – ma è comprensibile che a un certo punto Primoz non ce l’abbia più fatta. E’ stato grande a resistere così a lungo e che sia stato così prezioso per Vingegaard nella tappa che ha deciso il Tour (quella del Granon, ndr). In ogni caso, posso dire che Primoz è sicuramente pronto per la Vuelta. Ed è chiaro che stiamo andando al 100 per cento con lui per la vittoria finale».

Il dubbio su cui si ragiona è se la preparazione di Roglic sia stata all’altezza della sfida
Il dubbio su cui si ragiona è se la preparazione di Roglic sia stata all’altezza della sfida

Mollare mai

Si scopre adesso che l’ipotesi di non partire non sia stata mai presa seriamente in considerazione e che per scongiurarla Roglic si sia sottoposto a un intenso lavoro di recupero.

«Il punto centrale – prosegue Merijn Zeeman – era che dovesse essere in forma. E sebbene il dolore non sia sparito del tutto, Primoz ha voluto comunque affrontare la sfida. In una prima fase si è concentrato prevalentemente sul recupero fisico e mentale. Quando poi ha ottenuto il via libera per iniziare ad allenarsi, ha ripreso il filo della preparazione. Non si è allenato in quota, come avrebbe fatto normalmente. Ma stiamo comunque parlando di un atleta con qualità speciali, perché Primoz è sempre lì dopo le battute d’arresto».

La maglia a Gesink

Oltre ai dubbi sulla condizione del capitano, l’invincibile armata giallo-nera ha dovuto fare i conti con alcune defezioni e convocazioni dell’ultima ora. Normalmente al suo fianco ci sarebbe stato infatti Steven Kruijswijk, che però si sta riprendendo a sua volta dopo la caduta del Tour in cui ha riportato fratture alla clavicola e alla spalla. Koen Bouwman, l’uomo delle due tappe al Giro, era atteso, ma ha avuto problemi al ginocchio. Rohan Dennis è stato dichiarato in forma all’ultimo minuto dopo fastidiosi disturbi allo stomaco.

«Molte cose sono state incerte – ha spiegato Zeeman – ma siamo qui con una squadra forte. L’inizio in Olanda è stato molto speciale nel mostrarci subito al nostro pubblico. Nella cronometro a squadre “Rogla” ha lasciato il primo posto a Gesink, perché non è solo un vincitore, ma anche un vero uomo squadra. Quello che abbiamo fatto al Tour ha superato di gran lunga le nostre aspettative, ma puntiamo anche al massimo nella Vuelta».

Dennis, le mille facce di un campione complicato

20.08.2022
5 min
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La carriera di Rohan Dennis è come una gimkana, piena di svolte. L’ultima risale a pochissime settimane fa: l’australiano aveva appena vinto la medaglia d’oro ai Giochi del Commonwealth (foto di apertura Getty Images) e quella di Birmingham non era stata una vittoria qualsiasi.

«Ho sempre amato tutto quello che riguarda i “Giochi” – aveva detto – ero già salito sul podio nel 2014 e avevo anche conquistato una medaglia alle Olimpiadi, ma mai avevo vinto l’oro in una manifestazione plurisportiva e per me ha un valore prezioso».

Pochi giorni dopo, Dennis disertava la gara in linea, venendo ricoverato in ospedale perché accusava un non meglio identificato malore. Poi, è notizia di ieri, ha preso il via alla Vuelta, come colonna per la Jumbo Visma al servizio di Roglic a caccia del poker e che ha pilotato il team alla vittoria nella cronosquadre di apertura.

Dennis Vuelta 2022
L’abbraccio con Affini al termine della cronosquadre della Vuelta, vinta con 13″ sulla Ineos
Dennis Vuelta 2022
L’abbraccio con Affini al termine della cronosquadre della Vuelta, vinta con 13″ sulla Ineos

Un nuotatore mancato

C’è da perderci la testa, ma a ben guardare è sempre stato così, sin dagli inizi. D’altronde Rohan il ciclista neanche lo voleva fare. Da ragazzino il suo mito era Kieren Perkins, doppio oro sui 1.500 stile libero di nuoto. Voleva assolutamente seguire le sue orme, ma a scuola erano di parere diverso. Bisogna sapere che ogni ragazzino australiano viene sottoposto al Talent Identification Program, in cui attraverso una serie di test si stabilisce quale sia la disciplina sportiva più adatta e nel suo caso risultò il ciclismo. Rohan, diffidente per natura, era poco propenso ad accettare di cambiare. «Vabbé, io mi alleno e verrà buono per il nuoto» pensava. Dopo tre mesi era talmente coinvolto che al nuoto non ci pensava più…

Dennis non ha un carattere facile, lo ammette lui stesso. Un giorno ammise sinceramente: «Non so davvero come faccia la mia ragazza a starmi accanto. Quando perdo, quando anche la più piccola cosa non va come dico io mi butto giù e lei mi ammazzerebbe… Mi ricorda sempre tutto quello che ho vinto, quello che ho fatto, mi fa vedere l’altro piatto della bilancia». Non si tratta d’altro canto di una donna qualsiasi, ma di Melissa Hoskins, oro iridato con il quartetto nel 2015.

Melissa Hopkins 2019
La moglie di Dennis, l’ex iridata d’inseguimento a squadre Melissa Hoskins con il figlio Oliver
Melissa Hopkins 2019
La moglie di Dennis, l’ex iridata d’inseguimento a squadre Melissa Hoskins con il figlio Oliver

Odia dire: «Te l’avevo detto…»

Molto, nella sua evoluzione, è dipeso e dipende dall’ambiente. A dir la verità non ce n’è stato uno che gli si sia adattato come un vestito su misura, ha sempre trovato qualcosa che alla fine ha corroso i rapporti. Un giorno, intervistato da Procycling, dette una spiegazione a tutto ciò: «Non sono i problemi grossi che mi infastidiscono, ma le piccole cose, quelle che con un pizzico di attenzione e di cura eviteresti. Non sopporto di dire “te l’avevo detto”, ma tante volte non vengo ascoltato ed ecco che poi saltano fuori le magagne».

Tanti hanno provato a dirgli di prendere tutto più alla leggera, ma non è da lui: «Non riesco a girare intorno alle cose, se c’è un problema devo risolverlo e ci sbatto la testa finché non l’ho fatto, il resto passa tutto in second’ordine».

Dennis Bahrain 2019
Dennis affranto esce dal pullman della Bahrain: il Tour 2019 si è chiuso anzitempo e malamente
Dennis Bahrain 2019
Dennis affranto esce dal pullman della Bahrain: il Tour 2019 si è chiuso anzitempo e malamente

Il misterioso Tour 2019

Un esempio classico è quanto avvenuto al Tour 2019. Al tempo Dennis corre per la Bahrain-Merida. Ha puntato tutto sulla 13ª tappa, la crono di Pau, per questo ha anche evitato di guardare alla classifica, per non disperdere energie. Il giorno prima, alla Tolosa-Bagneres de Bigorre, arriva al chilometro numero 80, scende dalla bici e sale sull’ammiraglia. Non una parola, non una spiegazione. Ai diesse che chiedono risponde lapidario: «Non ne voglio parlare». Arriva al bus posto al traguardo, entra e scoppia in un pianto dirotto. I giornalisti assediano il bus, chiedono spiegazioni, ma nessuno ne ha. L’unica risposta ufficiale è in un laconico comunicato nel quale, oltre ai classici ringraziamenti, Dennis dice che ritirarsi è stata la cosa giusta perché il suo stato d’animo non era dei migliori.

A tal proposito è molto interessante rileggere il resoconto di quelle difficili settimane che lo psicologo David Spindler ha raccontato a Cyclingtips. Spindler, molto esperto nel mondo del ciclismo professionistico, andò a prenderlo direttamente a Pau per riportarlo ad Andorra e iniziò a lavorare con lui in profondità. Innanzitutto gli azzerò i social, perché era solito leggere i commenti e deprimersi per quelli avversi. Poi lo spinse a vivere più in profondità in famiglia.

Famiglia della quale per due settimane entrò a far parte anche lui: dava una mano a Melissa nelle faccende domestiche e nell’accudire il bambino e al contempo ascoltava i suoi sfoghi. Addirittura si metteva sullo scooter per seguire i suoi allenamenti e spesso fargli fare dietro motori: «Doveva sentire la presenza di chi gli era più caro». Un lavoro che sembrava una goccia cinese, tale da scalfire la sua diffidenza e il suo pessimismo, finché un giorno si risvegliò col sorriso. Dieci giorni dopo avrebbe vinto il titolo mondiale…

Dennis Birmingham 2022
L’australiano alla conquista dell’oro ai Giochi del Commonwealth 2022 (foto Getty Images)
Dennis Birmingham 2022
L’australiano alla conquista dell’oro ai Giochi del Commonwealth 2022 (foto Getty Images)

Per la Ineos parole pesanti

Il divorzio dal team era scontato e imminente, sarebbe arrivato un paio di mesi dopo, al termine dei mondiali. «Non era l’ambiente giusto per me e il mio malessere stava condizionando anche la mia situazione familiare, cosa intollerabile. Dovevo cambiare».

Con la Ineos Grenadiers, dov’è rimasto per tre anni abbondanti, le cose non sono andate poi molto diversamente, anche se dalle sue parole al momento dell’addio non traspare astio. Ma critiche sì, neanche tenere.

«Si sono un po’ accontentati di dove si trovavano e quel che hanno fatto. Sono stati in cima per una decade abbondante e per certi versi si sono un po’ cullati sugli allori. Uae Team Emirates e Jumbo Visma nel frattempo hanno costruito il loro castello mattone su mattone. Negli ultimi due anni i corridori di valore c’erano, eccome, ma ci si chiedeva perché non si vinceva come prima. Ma i corridori non bastano. La Ineos per anni è stata la punta della piramide tecnologica, ma ora il predominio ce l’abbiamo noi alla Jumbo Visma, mai stato in una squadra come questa». Per quanto la penserà ancora così?

Dal Carpegna ad Utrecht, la chiamata last minute per Fabbro

19.08.2022
4 min
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Matteo Fabbro è riuscito nell’impresa di battere Filippo Conca nel sapere di andare alla Vuelta. Per Filippo la chiamata è arrivata alle 12 del 14 agosto, per Matteo addirittura nella mattinata di Ferragosto. Ma l’importante è esserci!

Il friulano della Bora-Hansgrohe, nell’immagine di apertura impegnato nelle foto di rito prima di un grande evento, è stato chiamato per il forfait di Emanuel Buchmann. Quando le cose vanno così l’avvicinamento non può essere dei migliori. Ma questo non significa che Matteo non ce la metterà tutta.

Un buon Delfinato per lo scalatore friulano, in fuga nelle ultime due frazioni di montagna
Un buon Delfinato per lo scalatore friulano, in fuga nelle ultime due frazioni di montagna

Fame di scalatori

E anche la squadra sa bene che Fabbro non l’ha preparata a puntino. Ma resta lo scalatore che più serviva alla causa del team tedesco.

«Matteo parteciperà alla Vuelta – ci aveva detto il diesse Gasparotto – la sua presenza è stata una decisione dell’ultimo minuto a causa della defezione di Buchmann, dovuta ad un’infezione. Si tratta del primo grande Giro per Matteo in questa stagione. Aveva dovuto rinunciare al Giro d’Italia a causa di problemi fisici che ne avevano compromesso la preparazione». 

«Inizialmente avevamo deciso di mantenere più o meno gli stessi scalatori che avevano fatto il Giro. Con Buchmann avremmo avuto 3-4 corridori pronti per la generale, senza Emanuel perdiamo un possibile uomo da classifica ma Matteo sarà in grado di dare una mano e sono certo che lo farà bene».

Fabbro (classe 1995) ha iniziato la sua seconda parte di stagione a San Sebastian
Fabbro (classe 1995) ha iniziato la sua seconda parte di stagione a San Sebastian

Quei lavori in quota

E Fabbro cosa dice? «Io – spiega il friulano – spero di essere pronto. Il mio post Giro tutto sommato era mirato su questo appuntamento. All’inizio ero nella squadra per la Vuelta, poi no… il problema è che avendo corso poco dopo il Giro e non essendoci state gare durante il Tour non avevo potuto fare e dimostrare molto. Da parte mia ho lavorato molto e punto ad essere competitivo, molto competitivo».

Dopo il Giro Fabbro si è allenato ad Andorra. Era di fatto con la squadra del Tour. Ha corso il Delfinato, ma sapeva che non sarebbe stato della partita per la Grande Boucle. Poi si è spostato a Livigno, dove vi è restato per un lungo periodo.

«E lì – spiega Fabbro – ho lavorato molto cercando di sopperire la mancanza di corse con lavori d’intensità».

E questa è un po’ una novità rispetto a quel che ci hanno detto praticamente tutti gli altri pro’, cioè che in altura hanno fatto quantità e non qualità. Anche perché si rischia di fare più male che bene.

«Ho fatto dietro moto, ma soprattutto a casa, mentre in altura ho fatto dei lavori intensi, però per questo tipo di sedute scendevo in basso. O non sopra i 1.600 metri. Pedalavo nella zona di Bormio, Valdidentro. Facevo i lavori verso Bormio 2000 o fino alla metà dello Stelvio».

I ragazzi di Gasparotto hanno fatto le prove per la cronosquadre di oggi pomeriggio ad Utrecht (foto Instagram @veloimages)
I ragazzi di Gasparotto hanno fatto le prove per la cronosquadre di oggi pomeriggio ad Utrecht (foto Instagram @veloimages)

Per la squadra e non solo

Come dicevamo, Fabbro ha saputo davvero tardi che sarebbe dovuto volare in Olanda. L’aver lavorato bene e tanto però è più di una consolazione per quando si parte per un grande Giro. La coscienza è a posto, ma soprattutto lo sono le gambe e si ha la consapevolezza di poter fare bene.

«Quando l’ho saputo – racconta Fabbro – ero sul Carpegna, mi stavo allenando e avevo anche rotto il cambio. Diciamo che il mio umore in quel momento non era dei migliori! Poi ha squillato il telefono, mi hanno detto della Vuelta e ho recuperato la giornata! Sinceramente ci speravo…».

Ma tornando al discorso del “fare bene” questa definizione ha molte sfaccettature e Fabbro con Hindley e Higuita in squadra rischia di avere poco spazio.

«Abbiamo una squadra forte. C’è un velocista di spessore come Sam Bennett e ci sono tre uomini di classifica come Hindley, Higuita e Kelderman… e capisco che potrei non avere troppo spazio. Ma senza Buchmann c’è un uomo di classifica in meno. Io credo che andremo avanti giorno per giorno e già la cronosquadre di oggi sarà importante per la generale. Se piove sarà pericolosissimo visto che il percorso di Utrecht è tecnico».

«Le montagne in questa Vuelta non mancano e se ci sarà un’occasione sarò pronto a sfruttarla. Certo, se andiamo in maglia sarà difficile e dovrò restare vicino al capitano. Ma avrò comunque l’occasione di mettermi in mostra tirando forte in montagna. Come del resto in passato hanno fatto dei grandi atleti e come mi dice il mio preparatore Sylwester Szmyd, lui è stato un ottimo corridore pur facendo il gregario».

Tiberi è pronto: «Ultimi dettagli e poi si parte per la Vuelta»

06.08.2022
5 min
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Antonio Tiberi plana verso la Vuelta Espana, sua prima grande corsa a tappe, una bella prima esperienza per un ragazzo giovane ma che si è meritato la convocazione sul campo. Appena 21 anni, con alle spalle già una stagione tra i professionisti in casa Trek Segafredo.

Si è costruito questi buoni risultati grazie alla costanza del lavoro fatto lo scorso anno. Tanti piccoli gradini che lo hanno portato vicino al bordo, pronto per spiccare il volo e planare sulla Vuelta. 

Tiberi si è guadagnato la convocazione alla Vuelta grazie alla costante crescita, il passo decisivo la vittoria al Tour de Hongrie
Tiberi ha vissuto una crescita costante, il passo decisivo è stato la vittoria al Tour de Hongrie

In cerca del ritmo

Antonio lo incontriamo al Tour de Pologne e approfittiamo della sua gentilezza e disponibilità per parlarci quasi ogni giorno. D’altronde il bello delle corse è poter guardare i corridori negli occhi, cogliendo ogni smorfia del loro volto.

«E’ stata la prima gara dopo un periodo di assenza dalle corse – dice – l’ultima corsa era stata il campionato italiano. Nel mezzo c’è stato il classico periodo di altura dove si è lavorato per richiamare la condizione.

«In Polonia mi sono riabituato ai ritmi di gara. Agli sforzi massimali che in allenamento ovviamente non riesci a fare. Sfrutto questa gara per avvicinarmi al meglio alla Vuelta».

Al Polonia il corridore laziale (classe 2001) ha rifinito la condizione per la Vuelta
Al Polonia il corridore laziale (classe 2001) ha rifinito la condizione per la Vuelta

Gli ultimi passi

Prima di partire alla volta di Utrecht (quest’anno le prime tre tappe della Vuelta si correranno in Olanda) Tiberi ha mosso gli ultimi passi per arrivare pronto e carico. 

«Ad essere sincero – dice Antonio – ho fatto anche un po’ di stacco, per recuperare le energie, fisiche e mentali, tre settimane di corsa non le ho mai fatte, è un bel banco di prova. Il fatto di aver intensificato gli allenamenti, soprattutto quelli lunghi e di aver fatto un bel po’ di corse a tappe mi ha aiutato. E’ la prima esperienza, si impara anche facendo. Poi sono andato in altura dove ho fatto lavori di qualità, con qualche salita ma anche tanta cronometro (il laziale ha vinto il mondiale di specialità nello Yorkshire, nel 2019, categoria juniores, ndr).

«Qui in Polonia ho fatto un po’ di lavori di rifinitura. E poi… Si parte! Non sono ancora in preda all’emozione. Ci penserò sicuramente da oggi, cioè nelle tre settimane tra la fine del Tour de Pologne e l’inizio della Vuelta».

Antonio ha curato molto anche la cronometro, una disciplina che gli piace molto e con la quale si è tolto grandi soddisfazioni
Antonio ha curato molto anche la cronometro, una disciplina che gli piace molto

Obiettivi e ambizioni

Parlare di ambizioni e di obiettivi può sembrare paradossale, ma un corridore professionista, in quanto tale, si pone dei traguardi da raggiungere, proporzionali all’età e alle capacità.

«Non abbiamo ancora parlato nello specifico di quel che farò – spiega Tiberi – la squadra mi ha già accennato che dovrò andare lì con la massima tranquillità. Questo è anche uno degli aspetti positivi del team, mi lasciano lo spazio per crescere e fare esperienza, senza pressioni.

«Il fatto di aver lavorato abbastanza sulla crono in altura è dovuto un po’ al fatto che ce ne saranno due belle lunghe in Spagna (54 chilometri complessivi, ndr). Poi è una disciplina che mi piace molto, di conseguenza cerco sempre di curarla un po’. E infatti speravo di fare bene nella cronoscalata».

Purtroppo, proprio nella cronometro, Tiberi è stato vittima di una caduta che ne ha compromesso la prestazione finale.

«Oltre ad avermi lasciato dei bei segni sul corpo – dice Tiberi – ho dei segni sulle gambe, un bell’ematoma sulla schiena ed uno anche sul fianco. Speriamo non comprometta il mio avvicinamento alla Vuelta, ma c’è tempo per rimettersi in sesto»

Il ritorno in gara di Antonio prosegue spedito, qui dopo l’arrivo della terza tappa vinta da Higuita
Il ritorno in gara di Antonio prosegue spedito, qui dopo l’arrivo della terza tappa vinta da Higuita

Pendenze toste

Nell’arrivo della terza tappa del Tour de Pologne, Sergio Higuita ci aveva raccontato come le pendenze incontrate sullo strappo finale (1,5 chilometri con punte al 13 per cento) siano molto simili a quelle che si troveranno alla Vuelta. Motivo per cui molti corridori che correranno la corsa a tappe iberica, passano dalla Polonia per affinare la gamba. Come si è trovato Tiberi su queste pendenze?

«Allora diciamo che mi trovo anche abbastanza bene – ride per un attimo e poi risponde – ma su salite un po’ più lunghe. Con strappi così brevi e sforzi massimali un po’ li soffro perché sono strappi adatti a gente esplosiva.

«La Polonia è stata un bel banco di prova, ci sono tanti corridori competitivi e forti. Vi faccio un esempio: nella tappa che dice Higuita (la terza, ndr) l’anno scorso ho fatto 21° a 25 secondi dal primo. Ieri sulla stessa salita sono arrivato 34° sempre a 25 secondi. Però va bene anche così, sono venuto qui per fare un po’ di fuori giri e di fatica. Nei giorni che mi separeranno tra la fine del Tour de Pologne e la Vuelta non farò molto a livello di preparazione, oramai il più è fatto».