La lista delle defezioni di atleti e federazioni al mondiale in Rwanda è iniziata da diverso tempo ed è in continuo aggiornamento. Al netto del recentissimo e riemerso conflitto nella parte orientale della confinante Repubblica Democratica del Congo, tenuto sotto osservazione dall’UCI che ha già diffuso una nota ufficiale sulla (per ora) regolare organizzazione della rassegna iridata, i forfait verso il centro dell’Africa avevano anche radici espressamente tecniche. In particolare in casa azzurri sono già arrivati l’irritazione di Marco Velo e i “no” di Ganna e Guazzini per la crono e l’impressione che altri specialisti puri del “tic-tac” si accoderanno ai due azzurri (in apertura, Ganna nella crono di Perugia del Giro: veloce fino alla salita finale in cui Pogacar ebbe la meglio).
Già l’anno scorso il tracciato di Zurigo era risultato un po’ border line, soprattutto per la pericolosità di una lunga discesa ripida, stretta e veloce, anche se poi accontentò tutti e ne uscì una crono da oltre 52 chilometri di media oraria. Stavolta invece non appena sono usciti i dati delle prove contro il tempo, è parso abbastanza evidente che le altimetrie del Rwanda strizzassero l’occhio a uomini da Grandi Giri o corridori piuttosto completi. Cosa scatta quindi nella mente dello specialista? La molla per prepararsi a puntino per una sfida nuova e stimolante oppure la volontà di puntare ad altri obiettivi senza snaturarsi? Abbiamo chiesto tutto ad Adriano Malori, ormai nostro consulente per le cronometro.
Altimetrie e planimetrie
Il percorso che si snoda attorno all’altopiano di Kigali assume la forma di una Y molto tortuosa, con poca pianura ed un arrivo all’insù. Quattro le ascese previste: Côte de Nyanza all’andata (2,5 km al 5,8%) e al ritorno (6,6 km al 3,5%), Côte de Peage (2 km al 6%, che non verrà fatta dalla donne) e Côte de Kimihurura (1,3 km in pavè al 6,3%) prima degli ultimi 600 metri tutti a salire. Gli uomini si confronteranno su 40,6 chilometri per un dislivello di 680 metri, le donne faranno 31,2 chilometri per un dislivello di 460 metri.
Per ritrovare un tracciato contro il tempo piuttosto anomalo, bisogna tornare al 2017 quando a Bergen in Norvegia la crono maschile si concluse in vetta a Mount Floyen e diversi atleti scelsero di cambiare la bici ai piedi della salita finale. Vinse Dumoulin davanti a Roglic (l’unico del podio a fare il cambio) e Froome al termine di una prova di 31 chilometri con 660 metri di dislivello chiusa a 41,6 km di media oraria.
Scelta condivisa
Alla luce di quanto detto sopra, Malori va subito al sodo senza troppi giri di parole come sa fare lui. «I forfait già annunciati di Ganna e Guazzini – parte il preparatore parmense – sono state le scelte giuste, le stesse che avrei fatto io. Onestamente credo e spero che possano fare altrettanto anche atleti come Kung, Affini, Tarling o simili. Per me è un percorso assurdo. Lo dico da cronoman che ama quel tipo di esercizio proprio nella sua essenza. In questa crono manca il punto in cui lo specialista possa davvero spingere con una certa continuità e tenere alta la media.
«A parte i primi 8,3 km pianeggianti – prosegue il “Malo” – poi sono tutte salite ravvicinate e altrettante discese. E’ come una mini gara in linea, ma da fare singolarmente. Questa crono è adatta a gente da gare a tappe. Roglic, Evenepoel se non soffrirà in discesa, Vingegaard e Pogacar sono i favoriti. Ci metto però pure Van Aert, che secondo me sta tornando quello del 2022 quando vinse tre tappe diverse al Tour e fece terzo ad Hautacam. Tra gli italiani potrebbero andare molto forte Cattaneo e Tiberi. Anche tra le donne vedo favorita una da Grandi Giri come Longo Borghini, che per noi sarebbe un bene».
Strategia mediatica
Malori conosce bene il mondo del ciclismo, avendo visto da dentro come funzionano certi meccanismi per le manifestazioni più importanti. Un’idea sul perché di una crono così se la è fatta.
«La morfologia del Rwanda – spiega – probabilmente non offre alternative a percorsi da specialisti o magari non ne hanno voluti trovare in altre zone del Paese lontano dalla sede principale, come invece è successo in altre edizioni. La prendo però un po’ da lontano. Se andiamo a rivedere i percorsi dei mondiali precedenti, abbiamo visto come ci sia stata la tendenza a rendere le crono sempre meno semplici dal punto di vista altimetrico. Il caso del 2017 è più unico che raro e a mio modo di vedere incomprensibile. Nel 2023 in Scozia si arrivò su uno strappo secco in pavé, però alla fine era una crono veloce. Insomma è come se l’UCI ci volesse abituare a quest’anno perché hanno un interesse ben preciso».
«Tutto ciò – va avanti Malori – potrebbe essere una mossa ad hoc per avere l’ennesima sfida tra Pogacar e Vingegaard con Evenepoel terzo incomodo come all’ultimo Tour. Anche adesso che è inizio stagione, sui social si parla solo di loro. La gente vuole un confronto ovunque tra questi fenomeni. La sfida del Tour riportata al mondiale sia in linea che a crono. Forse l’UCI vuole un corridore che sia in grado di vincere tutto e gli importa molto poco dei cronoman puri.
«Attenzione però al rovescio della medaglia. Se vince tutto sempre il solito, anche le cronometro di mondiali o europei, gli stessi appassionati possono perdere interesse. Per me il Pogacar del 2024 in Rwanda può fare doppietta senza nemmeno faticare troppo. E potrebbe arrivarci dopo aver già vinto tantissimo in stagione. Se la strategia dell’UCI è quella di sfruttare il monopolio vincente di Pogacar, deve mettere in conto che la gente possa poi stancarsi di seguire le corse».
Obiettivi diversi
Il ragionamento di Malori torna comunque all’inizio immedesimandosi a quando si infilava nei body aerodinamici del club e della nazionale per vincere dove sa che poteva.
«Ci sono gare in cui ti devi preparare meglio o più approfonditamente – finisce la sua analisi Adriano, che da pro’ ha vinto 14 crono su 16 successi totali – altre invece dove è inutile farlo. Per essere veramente competitivo e considerando la iper specializzazione del ciclismo attuale, Ganna per questo mondiale, dovrebbe stravolgere la sua preparazione e forse anche snaturarsi un po’. Ne vale la pena?
«Lui ha già vinto due mondiali a crono e tanto altro, non ha bisogno di fare i salti mortali per questa gara. Anche perché rischierebbe di impostare una stagione su questa crono e magari raccogliere un piazzamento nei dieci o nei cinque se va bene. Già l’anno scorso ha dimostrato su un percorso poco incline a lui e dopo un periodo fuori forma, di aver fatto una grande prova. Fossi in lui mi concentrerei su altri appuntamenti per vincere. Che siano a crono o altre gare, lui ha le carte in regola per farlo».