Scalco: la costanza e la voglia di misurarsi con i grandi

25.07.2025
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VALTOURNENCHE – Matteo Scalco ha trovato una buona continuità nei risultati anche nel Giro Ciclistico della Valle d’Aosta. Per lo scalatore della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè sono arrivati tre piazzamenti in top 10 nelle quattro tappe disputate. Il risultato finale è un quinto posto nella classifica generale che fa da eco al nono del Giro Next Gen. Alla terza stagione all’interno del progetto giovani della squadra di Bruno e Roberto Reverberi è il momento di fare un punto sulla sua crescita. 

Matteo Scalco al Giro della Valle d’Aosta ha conquistato un buon quinto posto finale
Matteo Scalco al Giro della Valle d’Aosta ha conquistato un buon quinto posto finale

La salita

Dopo le buone prestazioni al Giro Next Gen insieme a Filippo Turconi per Matteo Scalco si sono aperte le porte del Giro della Valle d’Aosta. 

«Tra queste due gare a tappe – racconta Scalco – siamo andati in ritiro sul Pordoi per prepararci al meglio. Cercavamo gare con tanta salita, perché è il mio terreno, dove riesco a dare il massimo. Non sono un corridore molto esplosivo, quindi soffro un po’ nelle gare mosse. All’inizio dell’ultima tappa guardavo ancora con speranza al podio finale, purtroppo è sfumato per una trentina di secondi ma mi ritengo soddisfatto».

Una delle qualità del giovane scalatore della Vf Group-Bardiani è la costanza
Una delle qualità del giovane scalatore della Vf Group-Bardiani è la costanza
Sei al terzo anno del tuo cammino in Vf Group-Bardiani, che bilancio fai?

Nel corso delle varie stagioni sono sempre migliorato, con passi anche ben evidenti. Ognuno ha i suoi momenti e i suoi tempi per crescere, non tutti vincono subito appena arrivati. I miei compagni di squadra qui al Valle d’Aosta erano tutti al primo anno e ne abbiamo parlato spesso. 

Di cosa?

Che non si può raccogliere tutto e subito, non tutti passano da juniores a under 23 e fanno faville. E’ normale però avere tanti dubbi e tante apprensioni quando sei al primo anno in una nuova categoria.

Scalco aveva un conto aperto con il Giro Next Gen, quest’anno è tornato e ha conquistato il nono posto nella generale (photors.it)
Scalco aveva un conto aperto con il Giro Next Gen, quest’anno è tornato e ha conquistato il nono posto nella generale (photors.it)
Tu in queste stagioni hai raccolto quello che ti saresti aspettato?

Per certi versi sì. Avevo un conto aperto con il Giro Next Gen dopo il ritiro a causa di un virus lo scorso anno. Sono tornato e ho trovato una buona top 10. Alla fine in questi tre anni da under 23 penso di aver capito che il mio punto di forza è la costanza. Da un lato potrebbe anche essere una debolezza. 

In che senso?

Non ho ancora trovato un giorno nel quale riesco ad andare veramente forte. Però in questi tre anni ho ottenuto un decimo posto nella generale all’Avenir, un nono al Giro Next Gen e il quinto posto qui al Valle d’Aosta. Nei tre grandi giri under 23 ho raccolto tre top 10. 

Con la Vf Group-Bardiani per Scalco sono già arrivate le prime esperienze nel WorldTour, qui alla Tirreno-Adriatico 2025
Con la Vf Group-Bardiani per Scalco sono già arrivate le prime esperienze nel WorldTour, qui alla Tirreno-Adriatico 2025
Questo fattore di non spiccare pensi sia una cosa sulla quale devi lavorare?

Magari sì, credo che con il passare del tempo possa venire fuori. Una volta trovato il tuo livello provi a porti un obiettivo secco. Comunque, a mio avviso, essere costanti è una bella cosa, perché comunque durante tutto l’anno non ho mai periodi “bui”. 

Quali sono gli aspetti su cui devi lavorare?

Sicuramente l’esplosività, soffro parecchio i cambi di ritmo in salita. Quest’anno ho cambiato preparatore passando da Artuso, che per motivi contrattuali non può più seguire atleti esterni alla Red Bull-BORA, a Cucinotta. I due hanno metodi simili di lavoro e questo mi ha permesso di avere continuità. 

Quest’anno sei in scadenza.

Sì, il contratto che avevo firmato finita la categoria juniores era di tre anni. In queste settimane parlerò con la squadra e faremo il punto della situazione. Penso di aver fatto il mio percorso nella categoria under 23. I risultati ci sono stati, è mancato quello di spicco ma la crescita è arrivata. Vorrei provare a correre con costanza tra i grandi.

Hai già avuto modo di vedere come si corre…

E’ un bel modo, forse anche più tranquillo, rilassato. Tra gli under 23 ci sono tanti giovani che hanno voglia di dimostrare e c’è maggiore tensione. Un modo di correre regolare penso sia più vicino alle mie caratteristiche. 

Turconi: migliore degli italiani e la conferma i progressi fatti

23.06.2025
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PINEROLO –  Il migliore degli italiani al Giro Next Gen è stato Filippo Turconi, a testimoniare i progressi visti fare al giovane della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè. Vestire la “maglia tricolore” alla corsa rosa under 23 è un simbolo che dona certezze a lui e alla sua squadra. Le qualità ci sono ed è ora di lavorarci su al fine di farle uscire. Se poi ci mettiamo che la posizione finale in classifica generale di Turconi è un ottimo quinto posto alle spalle di corridori forti e davanti a nomi altrettanto importanti, tutto prende maggiormente forma (in apertura foto La Presse). 

In cima a Prato Nevoso, il secondo arrivo in salita del Giro Next Gen, ha trovato una sesta posizione solida e frutto di grande determinazione. Lui al momento si gode il tutto con la leggerezza dei suoi diciannove anni anche se è consapevole di cosa significano certi passaggi. 

«Sono molto felice di portare a casa questa maglia tricolore – dice al margine della premiazione finale – alla fine ho provato anche a conquistare delle posizioni in classifica ma non sono riuscito. Volevo tentare di tornare sul podio (la mattina della settima tappa era terzo alle spalle di Tuckwell e Omrzel, maglia rosa finale, ndr) ma non ho rimpianti».

Filippo Turconi, quinto nella classifica finale di questo Giro Next Gen è stato anche il miglior italiano (foto La Presse)
Filippo Turconi, quinto nella classifica finale di questo Giro Next Gen è stato anche il miglior italiano (foto La Presse)
Con quali obiettivi eri venuto a questo Giro Next Gen?

Non nascondo (dice con un sorriso appena accennato, ndr) che l’obiettivo all’inizio era quello di provare a entrare nei primi dieci. Avevo dei dubbi visto che non avevo mai provato a fare classifica e non sapevo come avrei reagito. Inoltre c’è da considerare che  è stata una corsa dura, di altissimo livello. 

Quanto è stato importante portare la maglia tricolore fino alla fine?

Tanto perché è un simbolo bello e importante visto che è riservata al miglior corridore italiano, ma alla fine l’idea era di spingere per trovare il miglior piazzamento in classifica. Diciamo che è arrivata di conseguenza al mio andare forte.

Per Turconi un Giro corso con costanza con quattro top 10 di tappa, miglior risultato il secondo posto a Gavi (photors.it)
Per Turconi un Giro corso con costanza con quattro top 10 di tappa, miglior risultato il secondo posto a Gavi (photors.it)
E’ una stagione di conferme…

Sì, ho vinto la mia prima gara internazionale, è arrivata la convocazione in nazionale. Non me lo sarei mai aspettato e sono contentissimo per come sta andando. Le sensazioni sono buone, sono arrivato a non mettermi troppa pressione addosso visto che comunque non mi ero mai messo alla prova in corse a tappe. 

Questa è la tua seconda esperienza al Giro Next Gen, cosa hai portato dallo scorso anno?

Tanta esperienza. Nel 2024 ero un primo anno e il mio compito era quello di dare supporto a compagni molto forti. Mentre quest’anno sono arrivato con intorno a me una bella squadra insieme a Scalco, Paletti, Conforti e Biagini. I primi due sono due terzi anno e sono anche molto forti in salita, quindi io arrivavo senza pressioni. 

Turconi in questa stagione sta crescendo tanto sia fisicamente ma soprattutto mentalmente, un passaggio importante per il futuro
Turconi in questa stagione sta crescendo tanto sia fisicamente ma soprattutto mentalmente, un passaggio importante per il futuro
Qual è il progresso più grande che senti di aver fatto?

Sono uno che si mette tante pressioni da solo e sto cercando di imparare a gestire meglio questo aspetto. Dal punto di vista fisico sono felice di aver avuto delle ottime conferme. Ogni giorno mi sentivo pieno di energie anche in un Giro Next Gen senza mai una giornata di riposo o di relax in gruppo. 

Che tipo di pressioni ti mettevi?

Il giorno prima di una gara pensavo tutto il tempo a come si sarebbe svolta e ai vari scenari. Mentalmente diventava difficile perché comunque mi stancavo e non riuscivo a riposare bene. Ora invece sto provando a non pensare giorno per giorno. 

Cioè?

Mi concentro sulla tappa dalla mattina a colazione fino alla sera sul pullman quando parliamo con i diesse, poi però una volta a casa o in hotel voglio staccare. Durante questi otto giorni i compagni e lo staff mi hanno dato una grande mano, abbiamo un bel gruppo con il quale è bello andare alle corse e passare del tempo insieme.

Magli, uno step in più fra conferme e nuove ambizioni

10.06.2025
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Sembra passato un secolo dal Giro d’Italia, ma i protagonisti girano ancora nei nostri occhi e nei nostri ricordi. Okay gli uomini di classifica e Pedersen, ma ci sono stati alcuni italiani che si son dati da fare e in qualche modo distinti. Uno di loro è Filippo Magli.

Il corridore della VF Group-Bardiani il Giro forse se lo è lasciato alle spalle più di noi, visto che ha già ripreso a correre. Era in Belgio per la Brussels Classic – dove è caduto e da buon toscano ha sentenziato: «Qualche gratta che fa mestiere» – e la Antwerp Port Epic.

Filippo Magli (classe 1999) ha concluso il suo secondo Giro d’Italia
Filippo Magli (classe 1999) ha concluso il suo secondo Giro d’Italia

La solidità dell’esperienza

E’ un Magli sereno e riflessivo quello che incontriamo a pochi giorni dal Giro. Ha già la testa avanti, ma è ben consapevole di cosa ha appena vissuto.
«E’ stato un Giro duro – racconta – siamo andati veramente forte rispetto a quello che avevo fatto nel 2023. Sembra passato tanto tempo, ma in realtà sono solo due anni. Il ciclismo però va avanti ad una velocità incredibile. Il meteo ci ha aiutato, perché non abbiamo quasi mai preso acqua e arrivare a Roma è sempre un’emozione. Bellissimo».

Lo si è visto spesso davanti, con coraggio. Niente fughe da vetrina, solo attacchi con l’idea del risultato.
Si dice che le squadre italiane non vanno che il WorldTour vola, ma partiamo da quello che abbiamo in Italia.

«Secondo me – spiega Magli – a volte ci piangiamo un po’ addosso. Noi, per le nostre possibilità, ci siamo difesi. Come squadra siamo una realtà piccola, però abbiamo fatto 8 top 10, sempre con l’obiettivo di arrivare, non solo per farci vedere. E’ mancata la vittoria, ma in un Giro in cui metà delle tappe le ha vinte Pedersen, è difficile per tutti».

Ecco Magli nella fuga di Cesano Maderno con Van Aert
Ecco Magli nella fuga di Cesano Maderno con Van Aert

Quante gare…

Filippo racconta il giorno più duro, quello che si è portato dietro anche a livello emotivo e di come quando si parla di esperienza ci sia anche un riscontro concreto.
«Sicuramente il giorno dopo Cesano Maderno, quando ho fatto quarto – racconta Magli – è stato tosto. La tappa da Biella a Champoluc mi ha fatto soffrire. Sin dalle prime salite sentivo già che non stavo bene, ma in quel caso l’esperienza del Giro 2023 mi ha aiutato. Se tieni duro, quei momenti passano».

E da qui scatta anche un ricordo (misto paragone) con la corsa del debutto, quella del 2023.
«Quel Giro è stato una bella batosta – ricorda – io e Marcellusi siamo stati sempre insieme, anche in camera. Era il nostro primo grande Giro e ci siamo detti: “Se abbiamo superato questo, non ci fa più paura niente”. E infatti quest’anno ci siamo divertiti».

Intanto già dopo la serata di Roma Magli guardava avanti. Come molti suoi compagni, forti anche della condizione accumulata durante la corsa rosa, pensava alle prossime gare. Del Belgio vi abbiamo accennato ma il calendario non si ferma lì.
«Poi andremo a Gippingen. Le corse in Nord Europa mi piacciono, anche quando il meteo è un po’ avverso. E’ un altro ciclismo, molto intenso, ma mi stimola. Voglio sfruttare la forma che arriva da tre settimane di fatica vera».

Il toscano è veloce e tiene sulle salite brevi
Il toscano è veloce e tiene sulle salite brevi

Quel che resta del Giro

Ma si guarda anche al futuro più remoto e non solo prossimo. Questo Giro d’Italia ha significato molto. Dalla corsa rosa Magli esce con più di qualche certezza in tasca.
«Mi sento un corridore migliore – afferma Filippo – e più completo. Non ho un picco eccezionale in nulla, ma vado bene quando le condizioni si fanno dure, in Belgio, in Francia, quando il tempo cambia. O le corse si fanno caotiche. E’ lì che mi trovo a mio agio».

E a proposito di caos si è visto a Cesano Maderno, quando è stato il primo degli italiani.
«Quel giorno non si poteva fare molto quando è partito Denz – spiega allargando le braccia – abbiamo un po’ dormito a dire il vero. Quando Denz parte è difficile tenerlo. Ha fatto un gran numero. Appena ha preso il largo ci siamo guardati e sapevamo che si correva per il secondo posto. Forse ho impostato male la volata, potevo fare meglio. Però anche il quarto posto mi soddisfa, sono sincero».

La consapevolezza di aver fatto bene alimenta la voglia di crescere ancora: «Adesso cominciano ad essere un po’ di anni che corro – conclude – prima si parlava di che corridore potessi diventare, oggi mi chiedo cosa voglio essere davvero. La risposta è chiara: uno che non si tira mai indietro, che prova a giocarsela».

Tarozzi: Re delle fughe al Giro che ora vuole imparare a vincere

05.06.2025
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Il post Giro d’Italia di Manuele Tarozzi prosegue con qualche sgambata in compagnia dell’amico Filippo Baroncini e delle brevi fughe al mare. Da Faenza la riviera romagnola dista solamente una cinquantina di chilometri. Dal suo secondo Giro d’Italia Manuele Tarozzi è uscito con il Premio Fuga e ha vinto anche la prima edizione del Red Bull KM. La corsa rosa ha messo la parola fine sulla prima parte di stagione del corridore della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè

«E’ stato un Giro d’Italia impegnativo – racconta – penso che non avrei potuto fare più di così. Sono arrivato alla tappa di Roma abbastanza stanco, ho dato davvero tutto. Insieme alla squadra avevamo battezzato una corsa all’attacco per cercare di anticipare i migliori e portare a casa qualche risultato. Avevamo anche Fiorelli e Marcellusi per le volate ma per cercare la vittoria l’unico modo era quello di attaccare. 

Manuele Tarozzi al Giro si è aggiudicato il Premio Fuga e quello del Red Bull KM
Manuele Tarozzi al Giro si è aggiudicato il Premio Fuga e quello del Red Bull KM

Un Giro al gancio

Il tema, alla partenza in Albania, era aperto sulla competitività di questo Giro d’Italia. C’era chi pensava, convinto dall’assenza dei fenomeni, di avere un livello più basso. Ci ha pensato la strada a togliere ogni dubbio. Il Giro d’Italia appena concluso è stato impegnativo e spettacolare, corso sempre al massimo e senza risparmiare energie. 

«Noi ci abbiamo provato a fare la nostra gara – prosegue nel racconto Tarozzi – ma la verità è che non c’è stato un giorno tranquillo. Siamo andati sempre a tutta, molto più dello scorso anno. Nella passata edizione c’erano state giornate in cui si riusciva a parlare in gruppo, quest’anno no. In ogni tappa per fare andare via la fuga ci volevano tanti chilometri e medie altissime. Inoltre non veniva mai lasciato troppo spazio, quindi arrivare al traguardo era difficile. Nonostante sia migliorato parecchio dalla passata stagione sono convinto che per vincere in certe corse serve fare un passo ulteriore di crescita».

I premi per Tarozzi sono stati il frutto del suo modo di correre che lo porta spesso in avanscoperta
I premi per Tarozzi sono stati il frutto del suo modo di correre che lo porta spesso in avanscoperta
E’ stata una prima parte di stagione solida, nella quale hai vinto anche la classifica dei GPM alla Tirreno…

Il passo in più rispetto allo scorso anno è evidente e lo sento nelle gambe. Credo manchi qualcosa per vincere, ma direi che serve una giornata davvero positiva in questo ciclismo. Rispetto al 2024 sto facendo registrare valori migliori ma riuscire a vincere è difficile. Poi fa piacere quando arrivano questi risultati, ma si parte sempre con in testa la vittoria. 

Cosa che tu cerchi di trovare andando sempre in fuga.

Credo sia l’unico modo possibile e anche quello che mi piace di più. Non sono uno che si ostina a rimanere in gruppo alla ricerca del piazzamento, anche perché abbiamo già dei corridori del genere in squadra. C’è bisogno di chi prova ad andare in avanscoperta.

Lo spirito di Tarozzi ha portato tanti tifosi a fare il tifo per lui
Lo spirito di Tarozzi ha portato tanti tifosi a fare il tifo per lui
Qual è l’aspetto che ti piace maggiormente?

L’imprevedibilità. Poi credo che essere davanti ti metta in una posizione di vantaggio, alla fine è il gruppo che deve venire a chiudere e in una gara può succedere di tutto. Lo scorso anno dopo il Giro sono riuscito a trovare due vittorie correndo in questa maniera, penso sia tutto parte di un processo di crescita. Quest’anno alla Tirreno ci sono andato vicino, essere arrivato a pochi metri da una vittoria nel WorldTour mi ha dato fiducia. Inoltre dopo il mio primo Giro d’Italia, nel 2024, sento di avere una condizione diversa. 

In quale aspetto senti di essere migliorato?

Nella resistenza, l’ho notato subito all’inizio di questa stagione. Lo scorso anno dopo tre o quattro giorni di gara, soprattutto se corsi all’attacco come piace a me, mi sentivo stanco. Invece quest’anno sento la gamba diversa. 

Rispetto al 2024 Tarozzi ha fatto passi in avanti ed è arrivato a conquistare traguardi importanti come la maglia dei GPM alla Tirreno
Rispetto al 2024 Tarozzi ha fatto passi in avanti ed è arrivato a conquistare traguardi importanti come la maglia dei GPM alla Tirreno
Cosa ti riesce a dare una corsa come il Giro?

Tanto ritmo. Il giorno di Sestriere ero in fuga e penso sia stato uno dei più duri. Sul Colle delle Finestre ero stanco ma ho dovuto spingere comunque perché la corsa era esplosa sia davanti che dietro. Questo tipo di sforzo riesci a farli solamente in gara, in allenamento è difficile andare oltre i propri limiti.  

Inizi ad avere esperienza, un corridore come te in una squadra come la Vf Group-Bardiani cosa può dare?

Difficile da dire. Credo che l’esperienza che un corridore della mia età ha fatto nei primi anni da professionista ora la si fa da juniores e da under 23. Vedo arrivare ragazzi sempre più pronti. Quando la squadra ha preso Pellizzari e Pinarello nel 2022 mi sono stupito, io non ero come loro a diciotto anni. Io a quell’età correvo per divertirmi, adesso se vuoi fare il ciclista a sedici anni devi saper gestire certe dinamiche. 

Il suo secondo Giro d’Italia lo ha portato ancora una volta al limite e in estate spera di vedere dei miglioramenti
Il suo secondo Giro d’Italia lo ha portato ancora una volta al limite e in estate spera di vedere dei miglioramenti
Magari l’esperienza conta nei dettagli, i giovani conoscono tante cose ma poi in gruppo la vita è diversa?

Alcune cose sì. Ma anche in questo caso molte volte ci parli e alcuni non ti ascoltano e fanno di testa loro. E’ anche vero che nel ciclismo moderno ci si vede sempre meno, al massimo posso scambiarci qualche parola durante i ritiri invernali per frenare il loro entusiasmo che a volte li porta a fare troppo. 

Una volta finito il riposo qual è il programma?

Cambieremo qualcosa rispetto allo scorso anno, andremo a cercare qualche gara per accumulare punti. Il ciclismo vuole questo adesso. Per il resto vedremo cosa mi avrà lasciato nelle gambe questo secondo Giro d’Italia, ma questo lo vedremo solamente a luglio. Lo scorso anno le due vittorie sono arrivate nella seconda parte di stagione, quindi vedremo.

Piedi e benessere: quando il plantare cambia la vita

13.05.2025
6 min
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DURAZZO (Albania) – Seduto sui gradini del pullman a un’ora dalla partenza del Giro d’Italia, Filippo Fiorelli si è prestato a raccontarci un aspetto della sua dotazione tecnica: il plantare. Il tema è spesso sottovalutato. Del piede si parla poco, ma chiunque sia stato in bicicletta per più di sei ore, sa che il mal di piedi è uno dei peggiori. E se il sollievo nel togliere gli scarpini è una bella sensazione, evidentemente c’è un problema che andrebbe affrontato.

Filippo Fiorelli, 31 anni, sta correndo il sesto Giro d’Italia
Filippo Fiorelli, 31 anni, sta correndo il sesto Giro d’Italia

Perfetta aderenza

La VF Group-Bardiani utilizza il plantare BMZ di cui Adriano Malori è da tempo convinto sostenitore. Il motivo di interesse deriva dal fatto che l’obiettivo dell’azienda giapponese che li produce è mettere il piede nelle condizioni di lavorare in libertà, creando l’arco plantare naturale grazie alla pressione esercitata fra l’osso cuboide e il calcagno. Senza costrizione dei vasi sanguigni. Le dita sono così scaricate dall’eccesso di pressione e la muscolatura della gamba ha una miglior attivazione.

«L’ho provato per la prima volta l’anno scorso – dice Fiorelli – quando ci siamo visti nella zona di Reggio, vicino alla sede della squadra. C’era anche Malori e ci hanno spiegato come funziona. Visto che io non usavo niente di particolare, ma tenevo le solette degli scarpini, li ho provati e mi sono trovato bene. La sensazione è che ti riempia il piede, non sono plantari su misura però si adattano a tutti, con la suola che aderisce alla perfezione alla pianta. E’ un vantaggio? Certo. Se pensi che il piede potrebbe posare su una superficie che non è pari, magari sul momento non te ne accorgi, però con l’andare delle ore in bicicletta può creare dei fastidi».

Incuriositi dal racconto di Fiorelli, il quale ha aggiunto che cambia il plantare durante la stagione al momento di cambiare le scarpe, ci siamo rivolti a Filippo Agnetti, CEO di BMZ Europe. Quello che ci incuriosiva è l’universalità del loro prodotto, a fronte di aziende che producono scarpe su misura partendo dal calco del piede.

In che modo BMZ lavora con la squadra della famiglia Reverberi? 

Dopo aver incontrato Roberto Reverberi, cui abbiamo fatto provare il plantare, abbiamo incontrato gli atleti e chiesto di sapere quali plantari usassero. Poi abbiamo iniziato a fornirgli i vari prodotti che avevamo in produzione qui in Italia e a tanti di loro abbiamo chiesto di testare anche quello in carbonio che arriva direttamente dal Giappone. Poi abbiamo aspettato i loro feedback per capire quali volessero. Se quello più morbido in doppio Eva che produciamo qui o quello più duro.

In che direzione è andata la scelta?

Hanno tutti optato per i modelli più rigidi con l’inserto in carbonio o con la doppia EVA rinforzata, mentre per l’uso quotidiano gli abbiamo fornito un plantare Ccomfort. Il concetto di poggiare sul cuboide e scaricare le dita è attuale anche quando si tratta di camminare o correre a piedi. Così abbiamo fornito plantari per la vita di tutti i giorni, come pure per la palestra.

Lo spessore tra il cuboide e il calcagno fa sì che si crei l’arco plantare naturale (depositphotos.com)
Lo spessore tra il cuboide e il calcagno fa sì che si crei l’arco plantare naturale (depositphotos.com)
Prima di fornire i plantari avete verificato che i piedi dei corridori non avessero delle problematiche?

Diciamo che la diversità del nostro plantare, che per alcuni è un pregio e per altri magari è un difetto, è che si adatta al 99,9 dei piedi. Non avendo il supporto dell’arco plantare, ma essendo praticamente una soletta quasi piatta, con la sola protuberanza nella posizione del cuboide, il piede è libero. A differenza di un plantare su misura o di quasi tutti i plantari che vengono inseriti in alcune scarpe, per i quali il piede è vincolato, dato che l’arco plantare creato dalla suola comprime il piede. Il nostro plantare mantiene il piede libero, creando l’arco plantare in modo naturale.

In che modo?

Viene sollecitata la parte compresa fra il cuboide e il calcagno, che è studiata con questo brevetto. E’ l’unico punto del piede che, sollecitato, ti permette di creare l’arco plantare in modo naturale. Sembra di essere a piedi nudi: le dita si allargano e il piede si arriccia. Pertanto non c’è bisogno di verificare o di prendere l’impronta del piede.

E va bene per tutti?

Chiaramente può esserci chi preferisce il sostegno dell’arco plantare, non è detto che il nostro prodotto sia apprezzato da tutti, perché comunque dà una sensazione molto diversa da tutti gli altri.

Anche nello sprint, la possibilità di sfruttare le dita dei piedi nella spinta è molto importante
Anche nello sprint, la possibilità di sfruttare le dita dei piedi nella spinta è molto importante
Fiorelli dice che cambia il plantare ogni volta che cambia le scarpe.

Dipende dall’utilizzo. Se si si parla di un plantare per il running, ci sono stati degli atleti che fanno OCR, quindi corsa a ostacoli, che li cambiano ogni due mesi. Invece per un ciclista, che lo sottopone a uno schiacciamento più omogeneo, potrebbe durare molto di più, anche 6-7 mesi. Però non c’è modo di stabilire una durata uguale per tutti.

Siete in contatto diretto con gli atleti?

Sì, perché c’è chi ha bisogno di qualcosa in più o di diverso. Ad esempio Tarozzi ha voluto un’altra coppia di plantari per le scarpe di scorta. Sono esigenze individuali, ma quello che più conta è avere da loro delle osservazioni che ci permettano di migliorare ancora.

Non le sembra che generalmente ci sia poca attenzione al piede?

In Europa è così, al punto che scarpe da diverse centinaia di euro viaggiano con solette sottili e quasi inesistenti, che infatti i corridori sostituiscono con plantari su misura. Posso capire su prodotti a buon mercato, ma sull’altissimo livello lo trovo incomprensibile. Questi prodotti sono nati in Giappone 15-20 anni fa per la quotidianità. Il presidente lavorava per lo sci e faceva scarponi su misura. Poi ha lavorato in aziende del ciclismo e ha visto come effettivamente ci fosse poco interesse per i plantari. Per questo ha cominciato a studiare e ha realizzato il brevetto, per lo sport, ma anche per l’esercito.

Tarozzi, qui alla Tirreno-Adriatico, ha chiesto doppia fornitura di plantari per le scarpe di scorta
Tarozzi, qui alla Tirreno-Adriatico, ha chiesto doppia fornitura di plantari per le scarpe di scorta
In fondo è un ragionamento semplice…

Questo plantare ti permette di utilizzare le dita dei piedi e pertanto di attivare tutta la muscolatura, partendo proprio dalle dita e interessando dei muscoli che non muoviamo mai perché spesso il nostro piede è… morto dentro la scarpa. Le dita sono strette fra loro e solo da poco stanno iniziando a fare scarpe più larghe davanti. Prima si guardava più il look e il piede era stretto come fosse su una tavoletta.

Parecchio scomodo…

Un conto è stare in piedi con una tavoletta sotto il piede, altro stare in piedi con le dita allargate, usando tutta la muscolatura. Il beneficio si estende alla schiena e alle articolazioni. Per questo vale la pena rifletterci.

Dopo l’Abruzzo, Fiorelli prepara un Giro da protagonista

30.04.2025
5 min
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Nel preparare la valigia per il previsto periodo di altura pre Giro d’Italia, Filippo Fiorelli ci ha messo dentro anche tanti ragionamenti e sogni scaturiti da questa prima parte di stagione. Una prima parte davvero intensa per il siciliano, che ha assommato qualcosa come 31 giorni di gara, viaggiando tra Spagna e Emirati Arabi all’inizio con poche soddisfazioni personali ma tanti chilometri messi nelle gambe e i frutti si sono visti dopo.

Il palermitano secondo nella terza tappa con arrivo a Penne, beffato dal colpo di mano di Oliveira
Il palermitano secondo nella terza tappa con arrivo a Penne, beffato dal colpo di mano di Oliveira

Tornato in Europa infatti, il corridore della VF Group Bardiani ha iniziato a crescere di condizione, centrando una Top 10 alla Tirreno Adriatico, difendendosi più che bene nelle classiche francesi post Classicissima e infine archiviando una seconda parte di aprile da corridore di spicco, non uscendo mai dai primi 8 e svolgendo un ruolo da protagonista assoluto al Giro d’Abruzzo, chiuso con la vittoria nella classifica a punti a testimoniare la sua costanza di rendimento.

Risultati importanti soprattutto in proiezione, come spiega il palermitano dal suo ritiro: «Sono contento che il mio essere sempre davanti sia stato notato, ma d’altronde sarebbe stato difficile non accorgersi che sono sempre stato nel vivo delle corse, probabilmente come mai in passato. Mi sono ritrovato anche a lottare per la classifica, cosa che per me è una novità assoluta e alla quale, anche nelle tappe conclusive abruzzesi, non pensavo più di tanto».

Fiorelli è stato protagonista per tutto il Giro d’Abruzzo, finendo 5° e vincendo la classifica a punti
Fiorelli è stato protagonista per tutto il Giro d’Abruzzo, finendo 5° e vincendo la classifica a punti
A che cosa si deve questo salto di qualità?

Ho lavorato bene d’inverno, con tranquillità, senza grandi novità ma svolgendo tutti i lavori senza impedimenti. Che le cose stavano andando bene l’ho visto alla Tirreno-Adriatico dove con un parterre di altissimo livello, in salita rimanevo sempre nel gruppo dei migliori fino alle battute conclusive. Lì correvo senza ambizioni particolari se non quello di allenarmi bene, eppure un piazzamento è arrivato anche lì. Ed ha aperto la porta…

In Abruzzo dici che non guardavi la classifica, eppure eri lì e hai chiuso quinto. Significa che comincerai a farci un pensierino?

No, io resto il Fiorelli di prima. Quello che vuole mettere la sua firma su una prova secca, che sia una corsa in linea o una tappa. I piazzamenti vanno bene e fanno morale, ma io cerco la vittoria che mi manca da due anni a questa parte, anche per ripagare i sacrifici che non faccio solo io, ma la mia ragazza, la mia famiglia, il team. Sono pensieri che porto sempre con me…

Finora il siciliano (qui con Reverberi) ha corso 31 giorni portando in dote ben 188 punti per il ranking
Finora il siciliano (qui con Reverberi) ha corso 31 giorni portando in dote ben 188 punti per il ranking
Nel team sei tra i più “vecchi” pur avendo solo 30 anni. In mezzo a tanti giovani con gente che ha appena valicato la maggiore età. Ti guardano come la guida spirituale e questo ruolo come si sposa a quello di punta del team?

Io a dir la verità non mi sento un vecchio anche perché corro in bici da relativamente poco, nel senso che non ho fatto la trafila delle categorie giovanili, ho iniziato direttamente da secondo anno U23. Invece vedo che intorno a me ci sono ragazzi che in bici ci sono praticamente nati e che paradossalmente pur essendo più giovani vantano più anni d’esperienza in sella. Non sono un Visconti o un Pozzovivo che possono trasmettere tanta esperienza in più. Poi, rispetto a quando ho iniziato io, vedo che tante cose sono cambiate, dai metodi alla nutrizione. Posso dire che molti ragazzi sono anche più preparati di me. Io posso essere utile in gara, magari suggerendo qualche malizia, ma quel che conta è che ci sia armonia e collaborazione.

Alla Tirreno-Adriatico si era visto che la sua forma era in chiara crescita
Alla Tirreno-Adriatico si era visto che la sua forma era in chiara crescita
Ora ti aspetta il Giro d’Italia nel quale solitamente le wild card come la vostra animano le fasi iniziali della corsa. Sarà così anche quest’anno e sarà così anche per te?

E’ questione di interpretazione. Noi non andiamo in fuga solamente per farci vedere, ma per animare la corsa e smuovere le acque. Anche per noi i risultati sono importanti. Io ad esempio voglio andare al Giro con il sogno della vittoria, anche perché secondo me vincere una tappa lì è più semplice che in una gara secca, dove tutti hanno lo stesso obiettivo. Il Giro d’Italia ha equilibri che cambiano di volta in volta, a seconda degli obiettivi dei singoli corridori e delle squadre. Io ora sono in altura per tenere e se possibile migliorare la condizione perché alla corsa rosa voglio vivere belle emozioni.

Ti sei già fatto un’idea delle tappe a te più adatte?

Ho visto solo l’inizio, la parte albanese e la prima tappa sembrano ideale per me, ma so bene che a quella frazione guarderanno in tanti perché vestire la prima maglia rosa fa gola a tutti. Devo studiare bene il programma, cercando le tappe giuste anche per non fare troppa fatica nei giorni precedenti e preparare la giusta tattica. Sicuramente un aiuto lo potrà dare avere la classifica già delineata.

Alla ruota di Biagini. Fiorelli nel team è oggi il più anziano pur avendo solo 30 anni
Alla ruota di Biagini. Fiorelli nel team è oggi il più anziano pur avendo solo 30 anni
Perché ti piace tanto la prima tappa?

Perché è una frazione dove non credo che i velocisti puri riusciranno a essere protagonisti. Ci sono 5 chilometri di salita dove credo che gente come Pedersen e Van Aert farà la differenza, imporrà un alto ritmo. Io intanto voglio far vedere che quel ritmo posso sopportarlo, d’altronde è un po’ il mio punto di forza tenere gli strappi ed essere ancora veloce. In un gruppo ridotto posso giocare le mie carte. Io dico che può succedere di tutto…

VF Group al Giro, l’ora del debutto per Martinelli e Pinarello

30.04.2025
4 min
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La wild card in più concessa agli organizzatori dei tre Grandi Giri ha permesso a RCS Sport di invitare al Giro d’Italia due delle tre professional italiane: Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè e Polti VisitMalta. Di quest’ultima abbiamo parlato, concentrandoci sul Giro di Piganzoli. Per il team di Bruno e Roberto Reverberi, invece, il discorso si fa un po’ più ampio. 

Con la partenza di Pellizzari e l’addio al ciclismo di Pozzovivo le possibilità di fare classifica sono sfumate. L’attenzione degli otto scudieri di Reverberi sarà sulle singole tappe e le possibilità di fuga. Il Tour of the Alps, corso senza troppi squilli ma in maniera abbastanza solida, è stato un’anticipazione di quello che vedremo a partire dall’Albania

Atteggiamento giusto

Sulle montagne del trentino Roberto Reverberi ha sciolto gli ultimi dubbi di formazione, decidendo chi andrà a completare la formazione della Vf Group-Bardiani. 

«Uscivamo dai cinque giorni di gara del Tour of the Alps – racconta Roberto Reverberi mentre si fa spazio tra i tanti impegni – dove c’era un solo dubbio su chi portare. Alla fine abbiamo scelto per Alessio Martinelli, non tanto perché valga più o meno degli altri, ma per l’atteggiamento che può avere in corsa. E’ uno capace di muoversi e scegliere il momento giusto. In una corsa come il Giro serve questo tipo di idea, andare in fuga. Chiaramente lo si deve fare quando è possibile e non nelle tappe in cui sappiamo di non avere spazio. Abbiamo visto che se restiamo ad aspettare il finale i migliori ci fanno fuori. E tra un ventesimo posto e una fuga fatta bene molto meglio la seconda opzione».

Marcellusi è una garanzia per quanto riguarda le fughe, qui con bici.PRO nel sopralluogo di Tagliacozzo
Marcellusi è una garanzia per quanto riguarda le fughe, qui con bici.PRO nel sopralluogo di Tagliacozzo

L’esordio di Pinarello

Dopo il debutto di Giulio Pellizzari lo scorso anno, in questa edizione della Corsa Rosa è arrivato il momento di Alessandro Pinarello. L’altro ragazzo che ha dato il via, insieme al marchigiano, al progetto giovani della Vf Group-Bardiani. Al quarto anno con la professional italiana è arrivato il momento per lui di misurarsi con le tre settimane di gara. 

«Fino alla Coppi e Bartali – spiega Roberto Reverberi – ha corso con continuità, poi abbiamo deciso di fermarlo e dargli un attimo di respiro. Al Tour of the Alps non è andato secondo le aspettative, ma è migliorato giorno dopo giorno ed ha avuto il coraggio di muoversi e provare. Per Pinarello abbiamo pensato a un calendario totalmente con i professionisti e questo passaggio fa parte della crescita. Prendere parte a un Grande Giro, come ha fatto Pellizzari lo scorso anno, ti cambia il motore. Pinarello è uno dei giovani chiamato al salto di qualità, anche perché in squadra non ci sono più i “vecchi” come Zoccarato o Tonelli».

Fiorelli, uscito in grande forma dal Giro d’Abruzzo, sarà una delle pedine di riferimento al Giro
Fiorelli, uscito in grande forma dal Giro d’Abruzzo, sarà una delle pedine di riferimento al Giro

Lo spunto di Fiorelli

L’uomo di esperienza per la Vf Group-Bardiani sarà Filippo Fiorelli, il siciliano arriva da un Giro d’Abruzzo corso in maniera solida con un quinto posto finale e la maglia della classifica a punti. Tornato a casa ha rifatto le valigie per andare in altura sull’Etna in vista del Giro. 

«Fiorelli sarà il nostro uomo per le volate – conclude Roberto Reverberi – ma non trattandosi di un velocista puro sappiamo potrà fare bene anche nelle tappe miste. Il Giro d’Abruzzo ci ha dato le risposte che ci aspettavamo da un corridore come lui. In tutto questo non dobbiamo dimenticare Enrico Zanoncello, anche lui è uno che quando il percorso si fa mosso è in grado di rimanere tra i primi. In generale il nostro obiettivo al Giro sarà di vincere una tappa, vogliamo onorare la corsa e l’invito ricevuto da parte di RCS. Negli anni i nostri ragazzi si sono fatti vedere e hanno fatto parlare di loro e questo è il nostro obiettivo».

La vittoria in Calabria di Colnaghi, quando meno se l’aspettava…

16.04.2025
5 min
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Una vittoria per scacciare le paure e per aprire un capitolo nuovo della propria carriera. L’esito finale del Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria ha aperto una nuova pagina nella carriera di Luca Colnaghi. Il portacolori della VF Group Bardiani ha conquistato sabato scorso la sua prima vittoria da professionista e, al di là del valore della corsa, ha colto un successo pregno di significati, mettendo la parola fine a un periodo davvero difficile culminato con un brutto fatto di cronaca a inizio marzo.

Lo sprint vincente di Colnaghi a Reggio Calabria, battendo i compagni di fuga Bais e Finn (in maglia azzurra)
Lo sprint vincente di Colnaghi a Reggio Calabria, battendo i compagni di fuga Bais e Finn (in maglia azzurra)

I fatti sono noti: Colnaghi è stato aggredito mentre si stava allenando per futili motivi, da due motociclisti che lo hanno malmenato procurandogli una spalla lussata e una microfrattura alle costole, con una prognosi di 10 giorni e la denuncia ai carabinieri. «La cosa che mi ha fatto più male? Non le botte, quelle passano. Ma l’indifferenza della gente, quasi fossi invisibile».

Colnaghi in questi giorni è al Giro d’Abruzzo. Ieri ha accumulato quasi 10 minuti di ritardo dal vincitore Covi, ma lo aveva messo in preventivo: «Non sono venuto qui per fare chissà cosa. Sono in ritardo sulla preparazione, ho bisogno di accumulare chilometri e fare fatica, per recuperare il tempo perduto».

Il corridore lecchese sul podio reggino. Per lui è la prima vittoria da pro’ (foto team)
Il corridore lecchese sul podio reggino. Per lui è la prima vittoria da pro’ (foto team)
Detto da uno che ha appena vinto suona strano…

Eppure è così. La mia vittoria è arrivata proprio quando meno me l’aspettavo. Non sono in forma in questo momento, il mio inizio stagione è stato costellato di difficoltà: a inizio anno ho avuto il fuoco di S.Antonio e sono stato fermo 3 settimane, poi l’aggressione con tutte le conseguenze. Ho perso molti giorni di allenamento e devo recuperare.

Tra l’altro dopo quel che hai subìto sei voluto tornare subito in bici…

Non solo, un paio di giorni dopo ero già in gara al GP Criquielion e non me l’ero neanche cavata male, chiudendo 16°. Ma sentivo dolore e mi accorgevo che qualcosa non andava, infatti la settimana dopo sono dovuto andare a gareggiare in Croazia in sostituzione di un compagno di squadra ma alla prima tappa mi sono dovuto ritirare. A quel punto abbiamo capito che era il caso di fermarsi.

Dopo l’aggressione, il lombardo ha subito corso in Belgio, ma i dolori poi sono diventati più forti
Dopo l’aggressione, il lombardo ha subito corso in Belgio, ma i dolori poi sono diventati più forti
La tua voglia di allenarti e correre pur con le conseguenze fisiche era anche una sorta di rivincita?

Per certi versi sì, ma poi ho capito che avevo bisogno di staccare, di resettarmi perché quel che avevo subìto aveva lasciato anche degli strascichi psicologici oltre che fisici. Non è stato facile, anche perché quel che è successo è avvenuto dove mi alleno normalmente, a 3 chilometri da casa. Posso dire ora di averla superata e questo è già un successo, ma dal punto di vista fisico ho ancora molto da lavorare.

In queste condizioni come sei arrivato alla vittoria?

Ha sorpreso anche me, perché durante la gara è stato tutto un tira e molla. Nella prima salita mi sono staccato, poi sono riuscito a rientrare ma pensavo che, visto che non ero all’altezza degli altri, era meglio se lavoravo per i compagni e così ho fatto sulla seconda salita. Poi la corsa si è messa in un certo modo e sono entrato nella fuga con Bais e Finn. Lì la squadra è stata fondamentale perché i compagni hanno creduto in me e hanno rotto i cambi nel gruppo permettendoci di andare all’arrivo e così è arrivato un successo che proprio non mi attendevo.

La squadra è stata fondamentale per il successo, riportandolo in gruppo dopo la crisi iniziale
La squadra è stata fondamentale per il successo, riportandolo in gruppo dopo la crisi iniziale
Tu sei al quarto anno nel team Professional, uno degli “anziani” a dispetto dei tuoi 26 anni…

Sembra strano dirlo ma è vero e qualche volta ci penso. Il ciclismo va davvero veloce, non dico che mi sento vecchio ma vedo che i più giovani iniziano ad affidarsi anche alla mia esperienza. Io nel team mi trovo davvero bene, anche a Reggio Calabria si è visto che lavoriamo in ottima sintonia. Devo dire che hanno sempre creduto in me e dato il loro supporto, anche se questa benedetta vittoria non arrivava mai…

Ci sei andato tante volte vicino, però…

Sì, anche in gare importanti come al Giro di Danimarca nel 2023 o lo scorso anno in Grecia, ma mancava sempre il pezzo per completare il puzzle. Per questo sono stato io il primo a rimanere sorpreso dal successo di sabato, perché era l’occasione meno propizia fra tutte quelle vissute in questi anni per vincere. Questo significa che nel nostro mestiere non puoi mai sapere come andrà a finire finché non attraverso la linea del traguardo. Certamente prima di partire non avrei mai pensato di ritrovarmi alla fine sul podio…

Colnaghi al Giro d’Abruzzo. Da correre senza particolari ambizioni, aiutando la squadra e incamerando chilometri
Colnaghi al Giro d’Abruzzo. Da correre senza particolari ambizioni, aiutando la squadra e incamerando chilometri
E ora?

Ora si pedala e si fa fatica pensando al futuro. Molti mi chiedono se, proprio per il fatto di essere in ritardo e quindi in crescita di condizione sarò al Giro, ma non credo di essere nella selezione, ci sono altre gare all’orizzonte per me. Qui come detto il percorso non mi è favorevole, diverso è il discorso per il successivo Giro di Turchia, lì vorrei arrivarci in buona forma perché ci sono tappe che possono essere adatte alle mie caratteristiche.

Il fatto di essere così ora ti dà però un vantaggio rispetto a tanti altri?

Penso di sì, soprattutto mentalmente e questa vittoria mi aiuta tantissimo. Si dice sempre che quando rompi il ghiaccio diventa tutto più facile, io lo spero tanto, chissà che arrivata la prima presto non ne segua una seconda…

Con Marcellusi a Marsia, primo arrivo in salita del Giro

15.04.2025
8 min
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TAGLIACOZZO – Un cartello con su scritto 20 per cento incuteva un certo timore. Ma Martin Marcellusi, pur con un bel po’ di watt impressi sui pedali, non si è lasciato intimidire. Forse anche perché, per onestà, quel 20 per cento (che si nota nella foto di apertura) era un po’ gonfiato. Ma la durezza della salita c’era tutta. Quale salita? Quella di Marsia, Tagliacozzo, sede di arrivo della settima tappa del Giro d’Italia, il prossimo 16 maggio.

Con l’atleta della VF Group-Bardiani-Faizanè, ci siamo dati appuntamento in Abruzzo per provare il finale della Castel di Sangro-Tagliacozzo. Un vero e proprio tappone appenninico: 168 chilometri e oltre 3.500 metri di dislivello.

Sopralluogo con Marcellusi

Il corridore laziale si è scaldato poco dopo il finale della salita precedente, cioè la lunga discesa che arrivava da Ovindoli, ed è partito per la scalata finale. Subito aveva un buon passo. Nonostante parlasse tranquillamente nel tratto in pianura, filava via sul filo dei 40 all’ora e in salita, pur viaggiando in Z2, era al di sopra dei 20 orari. Mentre saliva, si apriva il panorama e spiccavano le vette ancora imbiancate del gruppo del Sirente Velino.

Tutto intorno regnava il silenzio, rotto solo dalla ruspa dei lavori in corso. Quando siamo riscesi a valle, un operatore ci ha detto che stavano giusto iniziando i lavori per il Giro d’Italia. Si stima che, tra pulizia delle banchine e tratti di asfalto nuovo (di cui possiamo garantirvi c’è assoluto bisogno), la Provincia de L’Aquila abbia stanziato un milione di euro. «Sono praticamente 30 anni che questa strada non veniva toccata», ci ha detto l’operaio.

E ancora: «Ma quel ragazzo farà il Giro vero? Quella maglia l’ho già vista in tv!». Una curiosità genuina che ci ha fatto un enorme piacere.

Alla scoperta di Marsia

La Tagliacozzo-Marsia si può dividere in due grandi tronconi: quello che va dall’uscita della cittadina al Valico di Monte Bove e quello che prosegue da qui fino al traguardo, posto ai 1.425 metri di quota.

I numeri raccontano di una salita non impossibile: 12,2 chilometri al 5,7 per cento. I primi 9,5 sono al 4,6 per cento, i restanti 2,7 chilometri superano il 10 per cento, con una punta del 17 per cento.

«Per ora va bene – ci ha detto Marcellusi un paio di chilometri dopo aver iniziato la salita – ma quello che mi preoccupa è che vedo ancora tanto dislivello da fare e per ora questa strada sale poco. Quel “rosso” che mi segna il Bryton mi spaventa!».

Il riferimento era chiaramente al segmento più duro. E noi per rincarare la dose: «Martin, pensa quando Roglic o Ayuso metteranno la squadra a tirare!».

La prima parte sale veloce. Tutta tra il 4 e il 6 per cento. Non conta solo la pendenza ma anche la planimetria: è tutto un susseguirsi di curve. Non ci sono 10 metri di rettilineo. Incredibile. I primi 4 chilometri sono esposti a Ovest-Nord Ovest: se ci sarà vento contrario, potrebbe pesare.

Arrivati nei pressi di Roccacerro (7 chilometri di salita), la pendenza cala leggermente. Un ampio tornante a destra, il primo sin qui, riporta poi l’inclinazione attorno al 6 per cento. Da qui in avanti le curve diminuiscono e la strada tende a farsi più larga e lineare.

La rampa finale

A un certo punto, quando si vede troneggiare un immenso hotel in mezzo al nulla, sta per arrivare il tratto duro. Questo hotel potrebbe essere un riferimento per i “girini”. Già da lontano, sulla sinistra, si nota una rampa dritta, mentre la strada principale piega leggermente a destra verso il Valico di Monte Bove.

Alla biforcazione si tiene la sinistra. Da qui, 2,7 chilometri alla cima, cambia tutto. La pendenza aumenta di colpo: si passa dal 6 al 12 per cento in un attimo. E’ tutto rettilineo o con curve larghissime. Si sale a gradoni. Ogni tanto si tocca il 16-17 per cento, ma mai si scende sotto al 10. Anche Marcellusi, adesso, danza sui pedali.

Questo lungo rettilineo non dà respiro. Guai ad andare in acido lattico. Il prezzo potrebbe essere salatissimo. Il rettilineo si interrompe a circa un chilometro dall’arrivo con una doppia “S” dove si addolcisce leggermente la pendenza, ma si resta sempre sul 10 per cento. Poi si passa tra due sponde rialzate, tra faggi fittissimi che quando siamo andati noi iniziavano a germogliare. A quel punto la pendenza crolla e in un centinaio di metri si arriva al traguardo.

Il segmento duro. Marcellusi fa vedere come il suo computerino indichi tratti in rosso: segnale di pendenza a doppia cifra
Il segmento duro. Marcellusi fa vedere come il suo computerino indichi tratti in rosso: segnale di pendenza a doppia cifra

Parola a Marcellusi

Ma se questa è la descrizione della scalata ora urgono le sensazioni del corridore. Parola dunque a Marcellusi. Mentre si rivestiva in fretta, vista l’aria frizzantina di questo pianoro abruzzese, il corridore laziale ci ha spiegato bene cosa ha visto, sentito e capito.

Martin, questa salita viene al termine di una tappa dura. Quanto contano le posizioni nella prima parte, visto che è anche tortuosa?

Esatto, viene dopo una tappa dura e questo aumenta la sua difficoltà. Se c’è qualche uomo di classifica che ancora non è in condizione e sente di non avere la gamba dei migliori, le posizioni contano tantissimo. Essendo molto veloce, se la prendi già dietro poi è tosta risalire o peggio ancora chiudere se si dovesse creare un buco. La prima parte è davvero rapida, quindi se una squadra decide di farla a buon ritmo rimontare è difficile. Anche se non ci si stacca, si rischia di arrivare dietro all’imbocco degli ultimi 3 chilometri, che sono quelli che faranno male a tutti. Se al bivio sei dietro, potresti non riuscire più a colmare il distacco dai primi.

Cosa ti è parso della scalata a Marsia?

Le pendenze nella prima parte sono intorno al 5-6 per cento. I più forti saliranno sicuramente a 30 all’ora e più. Tornando alle posizioni, quindi, conteranno. Io oggi in alcuni tratti sono venuto su a 25-26 all’ora stando in Z2 alta, anche Z3. Ho cercato di farla a buon ritmo per avere una percezione più reale della salita. Non andavo piano, ma non andavo neanche a ritmo gara, pertanto immagino che in corsa si farà davvero forte e possa esserci selezione già in questa parte.

Cosa racconterai ai tuoi compagni di questa scalata da Tagliacozzo a Marsia?

Dirò che chi vuole arrivare quassù a giocarsi la tappa deve prenderla davanti, perché la prima parte si farà veramente forte. Scarsa pendenza, tante curve e una strada non larghissima. Quindi stare davanti e stare a ruota il più possibile fino agli ultimi tre chilometri. Da lì poi servirà la gamba. Ci sarà poco da inventare.

Nel tratto duro spariscono le curve…

Esatto. Appena inizia il tratto duro, c’è questo drittone abbastanza largo che può trarre in inganno. Essendo largo non sembra così duro, quindi magari ti sposti cercando di rimontare e, se non conosci bene la strada, rischi di restare lì. Non sai che poi continua così per altri due chilometri e mezzo.

Se dovessi fare dei nomi per questo arrivo, su chi punteresti?

E’ una salita che secondo me è adatta a Pidcock. Tom qui potrebbe dire la sua perché l’inizio è veloce. Uno come lui può stare a ruota e non faticare troppo fino agli ultimi tre chilometri. E lì sappiamo che ha una bella fucilata, specie su muri di questa durezza e durata. Poi, va da sé, va bene anche per gente come Ayuso e Roglic. I nomi sono quelli. Saranno loro a giocarsi la tappa.

A meno che non arrivi una fuga…

Eh – sospira Marcellusi – non lo so, ultimamente non arrivano più! O molto poco…

Martin, usciamo un attimo dal discorso degli uomini di classifica. Come si gestiscono gli ultimi tre chilometri?

Dipende. Se sei in difficoltà, devi cercare di non guardare i watt perché è una salita troppo dura. Non riusciresti a gestirla: sei portato a spingere forte. Devi valutare le tue forze solo in base alla distanza che manca all’arrivo. Va presa senza paura. Se invece stai bene e qualcuno la prende di petto, bisogna seguirlo e in quel caso c’è poco da calcolare. Andare a tutta e, nei limiti del possibile, lasciarsi un piccolo spazio per la volata. Però, ripeto, salite come questo finale di Marsia sono troppo dure per essere gestite.

Rispetto agli ultimi Giri, com’è questo primo arrivo in salita?

In effetti anche l’anno scorso siamo partiti con un percorso abbastanza impegnativo (si saliva ad Oropa nella seconda frazione, ndr). Ma questa è tutta una tappa tosta, non solo il finale. Già dopo sette giorni, chi ha calcolato di non arrivare al 100 per cento e di prendere la condizione in corsa potrebbe avere brutte sorprese. E’ un bel rischio. Marsia è una salita dura e potrebbe già segnare distacchi importanti.