Gare tra gli U23 anche da pro’: Rossato spiegaci tu

22.07.2024
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Giovani, professionisti e professionisti giovani: ormai sempre più spesso vediamo questa commistione tra devo team (o team satellite) e prime squadre. Una commistione che sta variando rispetto a qualche tempo fa. Oggi si mischiano le gare tra le due categorie sempre di più e questa regola vale anche per chi è “più” pronto.

Oggi, chiaramente nel rispetto dei limiti d’età, si passa da una corsa under 23 ad una con i professionisti. Il che non è una novità, ma quello che abbiamo visto quest’anno in VF Group-Bardiani ci ha un po’ sorpreso. 

Prendiamo il classico esempio di Giulio Pellizzari. In inverno già si sapeva che avrebbe disputato il Giro d’Italia dei pro’, dopo qualche gara con i pro’ vedi il Laigueglia e la Coppi e Bartali, comunque ricca di giovani, è stato poi portato al Giro del Belvedere e poi al Palio del Recioto. Una scelta su cui riflettere. E le riflessioni le abbiamo fatte direttamente con Mirko Rossato, direttore sportivo che ha in cura il settore giovanile della VF Group-Bardiani.

Rossato in riunione con i suoi ragazzi al Giro della Valle d’Aosta
Rossato in riunione con i suoi ragazzi al Giro della Valle d’Aosta
Mirko, siete la squadra che per prima in Italia ha insistito forte sui giovani, nella spola tra professionismo e dilettantismo ci ha colpito il fatto di far fare gare U23 anche a corridori più maturi, sempre under 23 ovviamente. Pensiamo a Pellizzari, ma anche a Pinarello.

Innanzi tutto è un discorso di programmazione che si fa ad inizio anno per tutti i corridori. Nel caso di Pellizzari e Pinarello, ma anche degli altri che hanno già due o tre anni di attività tra gli under 23, non è altro che un’attività progressiva.

In che senso?

Nel senso che l’attività con i professionisti va fatta in modo crescente. Pian, piano poi quando vedi che i ragazzi sono pronti e possono affrontare le gare dei professionisti allora gli fai fare un’attività con loro. Il tutto come accennavo legato anche ad un discorso di programmazione generale per l’attività con i pro’.

Spiegaci meglio.

Devi sempre sistemare e programmare le varie formazioni con gli altri ragazzi del team più vecchi di loro. In breve: non puoi lasciare a casa un Marcellusi, un Tonelli o un Covilli per far correre il giovane a discapito di quello più grande. Noi abbiamo la fortuna che i nostri ragazzi possono fare l’attività elite, ma quella under 23 non va dimenticata nella programmazione. Serve, perché  comunque sono ancora giovani e serve anche perché in questo modo mantengono il piglio di correre per vincere e non per partecipare. E questo è importante.

Pinarello al Tour of the Alps, anche lui classe 2003 come Pellizzari, ha fatto gare con i pro’. Presto il salto avverrà anche per lui
Pinarello al Tour of the Alps, anche lui classe 2003 come Pellizzari, ha fatto gare con i pro’. Presto il salto avverrà anche per lui
Sei entrato nel pieno del discorso. A forza di prendere legnate con i pro’ magari si rischia di abbatterli moralmente. E questo vale anche per chi magari ha già due se non tre stagioni di spola tra under 23 e pro’?

Va che comunque ci sono delle situazioni di gara anche negli under 23 molto interessanti. In questa categoria vanno forte, fortissimo e almeno in certe gare non c’è poi una grande differenza tra i grandi e i piccoli. Al tempo stesso però il livello è talmente alto tra gli stessi pro’ che il giovane mediamente fa fatica, pertanto cerchi di lavorare anche a livello psicologico. 

Sembra un passo indietro ma non lo è…

Se tu gli dai degli obiettivi dove può far bene già questa da sola è una buona cosa. Fatto questo, ogni tanto li metti con i grandi. In questo modo cosa succede? Che gli lasci la possibilità di avere sempre una mentalità vincente, ma nello stesso tempo quando vanno con i grandi sanno che devono fare esperienza e crescere senza troppe pressioni… ecco questo è l’obiettivo di squadra. Faccio un esempio.

Vai…

Per l’anno prossimo, avendo preso altri ragazzi juniores, Pinarello, Scalco, Palletti, Conforti, Biagini faranno un’attività maggiore con i professionisti e io lavorerò di più con i nuovi arrivati. Ma questo non significa che gli stessi terzi anni anni non facciano qualche gara importante negli under 23.

La programmazione parte dall’inverno e coinvolge sia i giovani che i più grandi
La programmazione parte dall’inverno e coinvolge sia i giovani che i più grandi
Il criterio di questo “yo-yo” dunque è quello di un passaggio al professionismo incrementale?

Abbiamo sempre fatto così. Quando siamo partiti con questo progetto abbiamo iniziato a fare un’attività under 23 di alto livello, correndo le gare più importanti, confrontandoci sempre con i migliori under 23 al mondo. Ed è questo confronto di qualità che ci permette di capire davvero il livello dei ragazzi. Al primo anno, verso fine stagione gli facciamo fare un po’ di attività con i professionisti. L’anno successivo, gli riduciamo le gare under e magari fanno un’attività che è “50-50”. Al terzo anno, magari sarà un 80 per cento con i professionisti e un 20 con gli under.

Quando capisci che un ragazzo è pronto per correre anche con i pro’?

Quando il ragazzo under 23 è in condizione e va forte in questa categoria. Allora può competere con i grandi, cercando di finire le corse. Perché attenzione: è importante finire le corse dei pro’ altrimenti non migliori. Quindi quando vediamo il rendimento in corsa, quando vediamo che i valori sono buoni allora capiamo che il ragazzo è pronto e che quello è il momento giusto per fargli fare il salto.

Il 2024 di Martinelli: una collezione di sfortune, ma ora vede la luce

18.07.2024
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La stagione di Alessio Martinelli ad oggi, 17 luglio giorno in cui stiamo scrivendo questo articolo, conta solamente 12 giorni di gara. Ha iniziato a marzo con la Milano-Torino, prima di fermarsi al termine del Giro d’Abruzzo il 12 aprile. Da lì un’assenza dai tabellini delle gare, anzi ci sarebbe un DNS al Tour of the Alps. Un periodo lungo che ci ha spinti a chiederci quale sia stato il problema che ha tenuto Martinelli lontano dalle corse per tutto questo tempo. 

«Ce ne fosse stata solamente una di sfortuna – spiega il giovane della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè – deve essere l’anno bisestile. Nel 2020 sono caduto e ho subito una frattura facciale con tanto di cicatrici e operazione. Questa stagione, invece, le disavventure sono iniziate a novembre con un problema al ginocchio che mi ha costretto a fermarmi fino a gennaio. Ho potuto fare solamente fisioterapia e palestra, camminate ed esercizi a secco. Si trattava di una sindrome femororotulea dovuta al modello di sella utilizzato. Una volta scoperto il problema ho fatto dei test ho cambiato modello, rimanendo sempre in casa Selle SMP».

Nonostante i problemi al ginocchio Martinelli era riuscito a ripartire a gennaio per allenarsi
Nonostante i problemi al ginocchio Martinelli era riuscito a ripartire a gennaio per allenarsi

Una sfortuna dietro l’altra

Fin qui i problemi per Martinelli sono stati fastidiosi ma sembrano ancora gestibili. Vero che ha perso tutto il periodo della preparazione invernale, ma una casa può essere costruita in qualsiasi momento, serve il tempo giusto. 

«Sono tornato in bici il 20 gennaio – racconta – e da lì ho affrontato le prime gare della mia stagione, con l’esordio alla Milano-Torino e poi alla Sanremo. La condizione non era al massimo, visto che ho avuto modo di lavorare seriamente per un solo mese. Ma la fiducia c’era, d’altronde non avevo più dolori al ginocchio. Tornare a correre era l’obiettivo per aumentare la condizione e lanciarmi comunque verso il Giro d’Italia, che avrei dovuto e voluto correre. Alla Coppi e Bartali erano anche arrivate delle buone risposte, con un nono posto nella tappa finale. Non un risultato eccezionale ma la fiducia cresceva».

Alla Settimana Coppi e Bartali le prime sensazioni positive in vista di una ripresa
Alla Settimana Coppi e Bartali le prime sensazioni positive in vista di una ripresa
Ad attenderti ci sarebbe stato un aprile intenso, fino alla partenza del Giro. 

Esatto. Avevamo già deciso, insieme alla squadra, dei blocchi di allenamento con il Giro d’Abruzzo e il Tour of the Alps in preparazione alla Corsa Rosa. Finite quelle gare sarei andato sull’Etna insieme ai miei compagni. 

Invece al Tour of the Alps non sei nemmeno partito…

E’ arrivato un altro problema a guastare il tutto. Sedendomi sulla sella nuova mi si erano formate delle cisti che si erano poi ingrossate. Questo già al Giro d’Abruzzo, che ho fatto fatica a finire, ma ho stretto i denti sperando mi passassero. Invece alla vigilia del Tour of the Alps il problema persisteva e in accordo con il dottor Giorgi, medico del team, mi sono fermato. 

Ma dietro l’angolo si nascondeva il problema al soprasella che lo ha fermato in primavera
Ma dietro l’angolo si nascondeva il problema al soprasella che lo ha fermato in primavera
Che hai fatto?

Sono andati a farmi vedere da uno specialista, il dottor Antonino Cassisi, lo stesso che ha operato Masnada e Ciccone. Abbiamo provato con una cura antibiotica ma le cisti erano troppo grosse per essere curate in quel modo. Siamo ricorsi all’operazione, il 24 aprile, e sono stato fermo ancora un mese e mezzo. Il periodo di convalescenza è stato lungo perché il taglio dell’operazione era grande 15 centimetri, sono serviti 25 punti di sutura per chiuderlo. 

Poi a inizio giugno sei tornato in sella ancora…

Sì, ho cambiato definitivamente modello, passando alla TT3 di Selle SMP, quella da cronometro. Il dottor Cassisi mi ha tenuto sotto controllo e a metà giugno era tutto ok. Sarei dovuto andare a correre in Cina al Tour of Qinghai Lake, ma il martedì prima di partire ho avuto una brutta caduta in allenamento a causa di un pedone che ha attraversato fuori dalle strisce. 

Il rientro definitivo al Giro dell’Appennino il 14 luglio con il modello nuovo di Selle SMP: la TT3
Il rientro definitivo al Giro dell’Appennino il 14 luglio con il modello nuovo di Selle SMP: la TT3
Altro infortunio?

Questa volta per fortuna no. Ho temuto per il peggio, perché nei giorni successivi all’incidente avevo un gran dolore al femore. Pensavo di essermelo rotto. Ma si sono confermate essere delle forti contusioni senza conseguenze. Però la trasferta in Cina è saltata. 

Sei tornato a correre al Giro dell’Appennino, domenica 14 luglio. Com’è andata?

Bene per quello che era il mio livello di condizione è andato al meglio. Non ero alla ricerca del risultato ma i valori espressi e il feeling con la bici erano buoni. Il Giro dell’Appennino è una gara con tante salite, ben cinque. Mi sono staccato sulla penultima ascesa, poi sono andato al traguardo tranquillo. Era importante finire la gara e mettere chilometri nelle gambe. 

Quanto erano buoni i valori espressi?

Sono lontano rispetto a quelli fatti registrare lo scorso anno. Nel 2023 su una salita da 45 minuti salivo a 350 watt e non ero a tutta. All’Appennino ho fatto gli stessi watt ma su salite di 20 minuti e con più fatica addosso. Ma è un primo passo del cammino, voglio tornare ad essere competitivo per settembre e ottobre. Poi, nel 2025, vorrei essere alla partenza del Giro d’Italia.

Come varia il grasso corporeo nei corridori? Ascoltiamo Giorgi

13.07.2024
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Nella stessa cornice di Firenze al via del Tour de France, che ha ospitato Boret Fonda e la sua disamina sulle pedivelle corte, c’è stato spazio anche per Andrea Giorgi. Il medico della VF Group-Bardiani CSF-Faizanè ha avuto modo di tenere anche lui una conferenza. Il tema ha riguardato la distribuzione del grasso corporeo nelle categorie juniores, under 23 e professionisti

«E’ dal 2016 – racconta – che prendo parte ai congressi di inizio Tour e che presento qualcosa. L’idea di quest’anno è nata nell’inverno di questa stagione, quando misuravo il grasso corporeo sottocutaneo. Il metodo che utilizzo da qualche anno è di usare l’ecografia perché risulta un metodo più efficace rispetto alla classica plicometria».

Il metodo dell’ecografia muscolare è più efficace e maggiormente preciso rispetto alla plicometria
Il metodo dell’ecografia muscolare è più efficace e maggiormente preciso rispetto alla plicometria

Misurazioni dirette

«Quella dell’ecografia – dice ancora Giorgi – risulta un metodo migliore perché fai una foto, prendi l’immagine e misuri i centimetri di grasso. La plicometria pinza la pelle e i calcoli per togliere i tessuti non interessati sono tanti. Cambiano anche le condizioni nelle quali si deve fare la plicometria, ovvero il protocollo Isaac. Quindi a riposo e senza attività fisica alle spalle».

«Usare l’ecografia – spiega – è un metodo ormai molto comune, lo utilizza la DSM perché risulta più semplice e si può applicare in ogni condizione. Inoltre ora esistono dei software che leggono l’immagine e danno automaticamente i millimetri di grasso. 

Gli juniores hanno un fisico ancora da formare, per questo la percentuale di grasso è maggiore rispetto a U23 e pro’ (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Gli juniores hanno un fisico ancora da formare, per questo la percentuale di grasso è maggiore rispetto a U23 e pro’ (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Come mai hai voluto fare questo studio su queste tre categorie?

Mi piaceva capire l’evoluzione dell’atleta nel corso della sua maturazione fisica e sportiva. Le grandi differenze tra le categorie sono legate al monte ore di allenamento. 

Dove hai notato le maggiori differenze?

Nelle gambe, più precisamente nel polpaccio e nella coscia, mentre nelle altre parti è simile. Il peso in sé non varia ma cambia la distribuzione del grasso.

Perché? 

Esiste il fenomeno di azione lipolitica, ovvero il grasso risulta minore nei muscoli maggiormente utilizzati, che nel ciclista sono quelli delle gambe. Le misurazioni hanno riportato che un corridore giovane a parità di peso ha una maggiore percentuale di grasso corporeo. Questo perché il monte ore di un professionista è più alto rispetto a quello di uno juniores o di un under 23. La maggior crescita la si ha nel momento in cui si passa da under 23 a professionista perché le ore di allenamento settimanale diventano intorno le 22 e le 25. 

La grande differenza la si fa nel passaggio da U23 a pro’. In foto De Cassan dal 2024 alla Polti-Kometa
La grande differenza la si fa nel passaggio da U23 a pro’. In foto De Cassan dal 2024 alla Polti-Kometa
Voi in Vf Group Bardiani avete avuto il caso di Pinarello che questo inverno ha perso diversi chili.

Quattro per la precisione. Lui ha fatto un’azione di dimagrimento e un carico di lavoro che gli ha permesso di andare più forte tutto l’anno. Sicuramente si sente più leggero e maggiormente agile. 

Perdere così tanto peso per un atleta già magro può essere un rischio?

Dipende. Si perde del grasso, vero ma si perde anche una parte di muscolo. L’equilibrio è difficile da trovare ma si riesce. Un altro esempio è quello di Pesenti, lui in Beltrami pensava di essere già molto magro, tuttavia abbiamo fatto un’azione dimagrante ed è riuscito a calare ancora di più di peso. E le prestazioni sono migliorate incredibilmente.

Non è solamente una questione di grasso e perdita di peso. 

No, il muscolo, anche se diminuisce di volume, può comunque migliorare nella prestazione. Essere più leggeri consente all’atleta di affaticarsi meno e di reggere carichi di lavoro che prima erano impossibili. Un esempio riguarda Vingegaard e Pogacar. Il primo è uno scalatore puro, molto magro e quindi fortissimo in salita. Pogacar, invece, è più robusto e quindi più prestante in tutti gli altri campi. Anche Evenepoel è dimagrito a vista d’occhio per essere competitivo in questo Tour. Tanto lo fanno gli obiettivi e dove ci si vuole specializzare. 

Ma dimagrire nelle altre aree, quelle non allenate direttamente, come si fa?

Lo si vede dal mio studio. La grande differenza sta nelle ore fatte in bici. Più queste aumentano e più il ciclista perde grasso anche in altre aree del corpo come le braccia. Il salto tra under 23 e professionisti è rilevante, causato anche dal fatto che i ragazzi finiscono la scuola e quindi hanno più ore per allenarsi. 

Molti ragazzi giovani hanno una predisposizione genetica per essere magri e ciò permette di concentrarsi su altri aspetti (foto LaPresse)
Molti ragazzi giovani hanno una predisposizione genetica per essere magri e ciò permette di concentrarsi su altri aspetti (foto LaPresse)
Ora però ci sono juniores già magri e che fanno numeri incredibili, basti vedere il Giro Next Gen.

Quei ragazzi, come Widar o Torres sono predisposti ad essere particolarmente magri. Non devono dimagrire e su loro si agisce già nello specifico, hanno uno step in meno da fare, se vogliamo vederla così. Vai direttamente ad agire sulla qualità degli allenamenti, cosa che non puoi fare su un corridore che deve perdere peso. Questo perché il deficit calorico non permette al corridore di allenarsi ad alte intensità nella maniera corretta. Servirebbe integrare lo sforzo con una nutrizione dedicata ma essendo in deficit calorico ciò non è possibile.

I numeri sul Grappa e il futuro di Pellizzari: gli appunti di Piepoli

04.07.2024
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Dal Tour of the Alps al Giro d’Italia. Poi il Giro di Slovenia, i campionati italiani e proprio in questi giorni Giulio Pellizzari è impegnato al Tour of Austria. Non sarà troppo? E’ una curiosità che proveremo a toglierci con il supporto di Leonardo Piepoli, chiamato al suo fianco da Massimiliano Gentili, il vero mentore di Giulio. Come lo ha visto al Giro? E cosa pensa del programma successivo?

«Credo che al Giro fosse difficile – spiega il pugliese – fare meglio di così. Immaginavo che potesse essere già a quel livello, perché al Tour of the Alps aveva dimostrato di essere cresciuto. Giulio ha sempre continuato a migliorare e arrivando al Giro ha fatto un ulteriore salto di qualità. Non mi ha stupito. Se si guarda la prima tappa in Piemonte, quella di Torino, era già andato davvero forte».

Dopo il Giro, al Criterium Cycling Stars un altro bagno di pubblico per Pellizzari (photors.it)
Dopo il Giro, al Criterium Cycling Stars un altro bagno di pubblico per Pellizzari (photors.it)
Diciamo che il suo avvicinamento al Giro è stato singolare, con il Belvedere e il Palio del Recioto prima di andare al Tour of the Alps.

Secondo me il progetto che stanno facendo i Reverberi funziona. Magari subito può sembrare strano, perché fare quelle corse potrebbe sembrare un passo indietro per uno che ha già fatto bene tra i professionisti. Invece, secondo me, è utile anche portarlo in corse più piccole e mi piace che lui lo abbia preso bene, secondo me è stato propedeutico. Non si è tirato indietro, ha detto che sono corse belle e che gli piacciono e proprio con questi atteggiamenti lui fa la differenza. Quanto a testa è migliore di tanti altri e questa ne è la dimostrazione.

Perché dici che è stato propedeutico?

Li mandi sotto e fanno risultato, poi li mandi sopra e faticano. Come adesso con Pinarello. Negli under 23 cresce forte, mentre fra i pro’ non ci riesce ancora. Perciò lo rimandano sotto, fa risultato, prende fiato e poi torna tra i grandi. E’ una cosa che ti aiuta a crescere.

Dove vedi i margini più ampi di Pellizzari?

Credo che ne abbia in tutti i campi, perché è molto acerbo in tutto. Sicuramente il primo fronte da attaccare potrebbe essere la cronometro, per un fatto fisico e di attitudine. Ci ha lavorato davvero poco finora, anche perché facevamo un certo tipo di attività per cui la cronometro era relativa. Ora dovrà cominciare a lavorarci, a conoscere i materiali. C’è di buono che è giovanissimo, quindi ha l’elasticità che serve per adattarsi alla bici. E quando si tratta di spingere, non ha problemi.

La crono è il prossimo… osso da attaccare: i margini sono enormi
La crono è il prossimo… osso da attaccare: i margini sono enormi
Non averci lavorato prima è un limite o davvero non serviva?

Io credo che Max Gentili meglio di così non potesse gestirlo. Un giorno mi disse una cosa, quella che mi è rimasta più impressa. Mi disse che da junior, se avesse voluto, con Giulio avrebbe potuto vincere dieci corse. Invece per tutto il tempo che l’ha avuto, ha cercato quelle meno adatte a lui e lo mandava all’attacco perché provasse ugualmente a vincere. E questo ha fatto sì che adesso abbiamo quel ragazzo che prende e attacca. Sfrontato, senza la paura di crollare. E se rimbalza, il giorno dopo è nuovamente lì. Max era molto convinto che sarebbe diventato un corridore e ha fatto tutto il necessario per farlo crescere e non per portare a casa vittorie. Cosa che non è troppo comune e secondo me è una mossa giustissima.

Come vedi la scelta di andare al Tour of Austria?

Un giorno Giulio mi ha chiamato e mi ha chiesto che cosa ne pensassi, dato che gli avevano proposto di andare. Anziché rispondergli, ho chiesto la sua opinione. E lui ha detto che negli stessi giorni la sua ragazza era al Giro Donne, mentre i genitori sarebbero andati in vacanza. Allora ha detto che quasi quasi avrebbe fatto meglio a correre, così magari avrebbe provato a vincere una corsa, dato che finora tanti attacchi, ma zero vittorie. E questo è un altro dei casi in cui dico che Giulio Pellizzari ha la testa due spanne sugli altri.

Per cosa?

Altri avrebbero tirato fuori delle menate. Sulla squadra che li spreme, sul fatto che erano stanchi, sul fatto che si sarebbero finiti. Giulio sa che potrebbe essere stanco, è ovvio. E quando si renderà conto che non ce la dovesse fare, prenderà le sue decisioni. Ma secondo me, dato che di qui a fine anno non parteciperà più a corse a tappe, l’Austria ci può stare. Il suo calendario, dall’estate in avanti, prevede solo corse di un giorno, che gli vanno bene anche a livello di crescita. Lavorerà sul cambio di ritmo, farà a tutta salite di due o tre minuti, dovrà limare per arrivare a prenderle davanti. Perciò l’Austria adesso non gli farà male. Gli under 23 olandesi o belgi fanno 8 corse a tappe per anno. Va bene che Giulio ha fatto il Giro d’Italia, ma la sua non è stata un’attività eccessiva rispetto a quella dei coetanei europei.

Il podio del Tour de l’Avenir 2023: dietro Del Toro, Piganzoli e Pellizzari (foto Tour de l’Avenir)
Il podio del Tour de l’Avenir 2023: dietro Del Toro, Piganzoli e Pellizzari (foto Tour de l’Avenir)
Visto che fare dei passaggi fra gli U23 è propedeutico, perché escludere di partecipare al Tour de l’Avenir? L’anno scorso è stato sul podio, lavorare per vincere non sarebbe utile?

Non so in realtà se abbiano scelto qualcosa, però io personalmente sono sempre stato contrario, per il fatto che hai solo da perdere. Non riesci a crescere. Nel suo caso, preferisco che faccia il Giro d’Austria. Qualunque sia il risultato, chiunque ci lavorerà il prossimo anno, vedrà che è andato forte al Tour of the Alps, al Giro d’Italia, allo Slovenia e magari anche in Austria. Vuol dire qualcosa. Per andare al Tour de l’Avenir devi fare una preparazione su misura, mentre adesso conviene che Giulio finisca l’Austria, poi stacchi e inizi a preparare le corse italiane.

Avrai sicuramente visto i suoi dati del Giro: ci colpì nel giorno del Grappa, quando provò a stare dietro a Pogacar che saliva a 600 watt. Quel giorno Giulio ha fatto qualche record personale?

Ha tirato fuori anche quello che non aveva. Il Grappa è un’ora di salita e lui alla prima scalata ha fatto la sua ora migliore di sempre. E nella seconda passata, circa mezz’ora dopo, ha migliorato la sua migliore ora di sempre. Ha fatto il suo “best all time” in entrambi i casi, più di così non poteva andare. Ma anche lì dimostra la consistenza del ragazzo di fare una salita così forte e poi di farla ancora poco dopo. Vuol dire che ha tanta testa, ma anche tanto motore. Fare certi numeri a fine Giro vuol dire avere qualcosa di più rispetto alla media.

BMZ: le solette che hanno rivoluzionato il modo di pedalare

02.07.2024
3 min
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Le solette realizzate da BMZ, azienda giapponese ma che fa del Made in Italy la sua forza, arrivano da un’intuizione. Quella di sfruttare l’osso cuboide, così da permettere al piede di avere stabilità e mobilità. La pressione esercitata su quest’osso crea un naturale arco plantare che sfrutta maggiormente le dita, apportando una miglior postura e un minor carico sulle articolazioni. 

«E’ dal 2004 – racconta Filippo Agnetti, CEO di BMZ Europe – che è nato questo brevetto. Si basa sull’utilizzo dell’osso cuboide, nell’area del calcagno. Questa è l’unica parte del piede che riesce a sfruttare al meglio l’arco plantare, allargando le dita. Un meccanismo che permette di dare maggiore stabilità e mobilità, senza vincolare il movimento».

I corridori del team Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè utilizzano dal 2024 le solette BMZ
I corridori del team Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè utilizzano dal 2024 le solette BMZ

Mobilità e stabilità

Un sistema che ha trovato un suo utilizzo nell’ambito ciclistico, sport nel quale serve avere un corretto movimento del piede per garantire la massima prestazione. Per questo l’azienda è diventata anche sponsor tecnico del team Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè. Le dita, libere di muoversi, esercitano una pressione maggiore richiamando forza agli arti inferiori. Le conseguenza sono: maggiore libertà di movimento della caviglia e un’ottima stabilità della parte anteriore del piede. Il maggiore utilizzo della muscolatura e la possibilità di sfruttare un’area d’appoggio più ampia sui pedali garantiscono più reattività e forza. Un altro vantaggio delle solette BMZ sta nel fatto che queste ultime non comprimono l’arco plantare, evitando in questo modo di creare ristagni sanguigni e conseguenti gonfiori.

«I nostri plantari sportivi – prosegue Agnetti – permettono di utilizzare la muscolatura posteriore delle gambe. La quale si attiva grazie alla maggiore libertà delle dita dei piedi, evitando di fare pressioni sulle altre articolazioni rischiando di rovinarle. Le solette Performance Plus sono utilizzate dai corridori di Roberto Reverberi. Nella parte dell’osso cuboide lo spessore è ancora più marcato, per avere una spinta maggiore. Da poco abbiamo inserito una soletta con una parte in carbonio, quindi ancora più rigida e reattiva. Arriverà in Europa e breve e sarà prodotta, come tutte le altre solette, nella nostra sede di Montebelluna».

Testate da Boaro e Malori

Sulla base di questo brevetto internazionale BMZ Europe ha creato le solette Made in Italy modello Cycling Performance e Performance Plus che, partendo dallo stesso sistema, si differenziano nel modello Plus per una maggiore rigidità e densità sulla parte posteriore.

«Il primo corridore che ha utilizzato un nostro prodotto è stato Manuele Boaro (conclude il CEO di BMZ Europe, ndr). Dopo di lui è arrivato Adriano Malori, che è nostro ambassador e ci ha permesso di conoscere e far provare il nostro prodotto a Reverberi. Quest’ultimo ne è rimasto colpito e lo ha portato all’interno del suo team. Siamo felici del lavoro fatto fino ad ora, anche se la strada, per quanto giusta, sia ancora lunga».

BMZ

Il nuovo Fiorelli: attaccante, ambizioso e sicuro di sé

26.06.2024
4 min
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La prima parte di stagione per Filippo Fiorelli si è chiusa con il campionato italiano in Toscana e quell’attacco sullo strappo di Monte Morello per ricucire il gap sul gruppo di testa. Ora il siciliano è tornato a casa per riposare e ricaricare le batterie in vista della seconda metà di stagione. Un 2024 che lo ha visto mutare, cambiare obiettivi e diventare un corridore d’attacco. 

«Ora sono a casa – racconta – a Palermo per godermi quattro giorni di stacco totale, magari andrò al mare visto che è praticamente fuori dalla porta. Il tempo fino ad ora non è stato bellissimo, spero migliori prima di giovedì, giorno in cui tornerò ad allenarmi. Riprenderò con bici e palestra come fatto a inizio anno. Le gare sulle quali ho messo il cerchietto rosso saranno a inizio agosto, si parte con l’Arctict Race of Norway. Avevo già corso da quelle parti, nel 2021 quando mi sono ritirato dal Giro d’Italia, ma era un’altra corsa: il Giro di Norvegia».

Fiorelli alle spalle di Aleotti in salita, una testimonianza dei progressi del siciliano
Fiorelli alle spalle di Aleotti in salita, una testimonianza dei progressi del siciliano

Un nuovo Fiorelli

Ce lo aveva raccontato quest’inverno nel ritiro della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè di come l’obiettivo fosse quello di cambiare pelle. Nelle settimane successive il preparatore della squadra, Andrea Giorgi, ci  aveva confermato il tutto spiegandoci il cambio di ritmo in allenamento

«Mi sono accorto dei cambiamenti fatti durante tutta la prima parte di stagione – spiega Fiorelli – anche se nelle prime corse i risultati non erano stati come quelli degli anni scorsi. Poi però sono andato al Giro con ambizioni diverse, di attaccare da lontano. Se si guarda ai risultati il cambiamento non si vede, ma a livello di numeri la stagione è nettamente migliore rispetto agli anni precedenti. Ora mi muovo su percorsi nettamente più impegnativi, con salite che l’anno scorso mi avrebbero fatto male. Sono situazioni di corsa in cui anticipo i migliori e per questo a volte serve un briciolo di fortuna in più, però la stagione è andata bene. Ho avuto un piccolo intoppo nei primi mesi, nei quali ho sofferto di sinusite, ma abbiamo capito il problema e a fine anno mi opererò. Ci siamo accorti che ho il setto nasale leggermente deviato e questo provoca un’infiammazione alle vie respiratorie».

Fiorelli mantiene comunque uno spunto veloce, che può giocarsi nelle volate ristrette
Fiorelli mantiene comunque uno spunto veloce, che può giocarsi nelle volate ristrette

Volate? No grazie

Fiorelli non si lancia più negli sprint di gruppo, ora lo si vede in azione in tappe impegnative, come quella di Prati di Tivo al Giro d’Abruzzo. Oppure attacca da lontano, cercando la fuga, come accaduto al Giro d’Italia nelle prime tre tappe. 

«Non aspetto più le volate – racconta – sono tornato a seguire le mie caratteristiche naturali. Non sono mai stato un velocista, ma aspettavo gli sprint perché in squadra non avevamo un velocista puro. Rimango un corridore con un buono spunto veloce, ma che sa andare forte su percorsi misti. All’ultimo Giro d’Italia abbiamo cambiato registro, nelle prime tre tappe sono entrato in altrettante fughe perché c’era l’occasione di prendere la maglia ciclamino. Alla fine ci sono riuscito ed è stato più gratificante che aspettare una volata per fare ottavo. Vero che nel 2023 a Roma ho fatto terzo, ma succede una volta ogni tanto e comunque non ho vinto. Tanto vale anticipare e provare a fregare i migliori».

Al Giro nuovi obiettivi per lui e la squadra, premiati con la maglia ciclamino
Al Giro nuovi obiettivi per lui e la squadra, premiati con la maglia ciclamino

Nuovo metodo

Il merito di questi miglioramenti va anche ad Andrea Giorgi, preparatore del team che ha aiutato Fiorelli in questa sua trasformazione. 

«Ho cambiato proprio metodo di lavoro, non allenamento – dice – perché quello che faccio in bici non cambia. Ora però mi concentro su salite da 12 minuti, cosa che mi permette di rimanere con i migliori anche in percorsi davvero impegnativi. Al campionato italiano di domenica sono arrivato nono rimanendo con i migliori, anzi nella salita finale ho anche attaccato per chiudere il gap sui primi. Ero lì a 20 secondi, la differenza era poca, quindi penso che la strada intrapresa sia giusta. E’ solamente il primo anno che lavoro in questo modo, ci sono ancora margini di miglioramento, per arrivare a tenere più minuti in salita e con maggiore intensità. Quello che mi manca ora è il risultato pieno, a questo proposito la seconda parte di stagione è ricca di occasioni. L’attimo giusto arriverà, dovrò coglierlo».

Pellizzari, la fama va bevuta a piccoli sorsi

21.06.2024
4 min
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ROMA – Alla Camera dei Deputati, martedì scorso, oltre a Tiberi c’erano anche Pellizzari e i suoi ventuno anni. Il marchigiano aveva da poco concluso il Giro di Slovenia con il terzo posto finale (alle spalle di Aleotti e Pello Bilbao) e la maglia dei giovani: dopo il Giro degli attacchi meravigliosi e i siparietti con Pogacar, un altro segno di continuità. Eppure la sensazione era che volesse soprattutto essere tenuto fuori dalle celebrazioni per stare sulla sua bici, in mezzo alle sue salite, facendo il suo mestiere.

L’accoglienza di Camerino al ritorno dal Giro lo ha frastornato e ancora adesso, pensandoci, si mette le mani nei capelli accorgendosi di esserci andato con la felpa e i bermuda. La leggerezza dell’animo è la dote principale di chi vuole arrivare lontano: se fosse schiavo a questa età di manierismi e convenzioni, probabilmente non andrebbe lontano.

«Per me è rimasto tutto uguale – dice – sono quello di sempre. E’ stato bello essere accolti a quel modo, però poi sono tornato alla vita di tutti i giorni. Sono stato anche contento di correre in Slovenia, anche se è stato duro. Prima di partire abbiamo parlato con Piepoli. Mi ha chiesto quali fossero i miei obiettivi. Gli ho risposto: il podio e la maglia bianca e li abbiamo raggiunti entrambi».

Con Tiberi e il Presidente della Camera Fontana, a Montecitorio c’era anche Pellizzari (foto Lega ciclismo)
Con Tiberi e il Presidente della Camera Fontana, a Montecitorio c’era anche Pellizzari (foto Lega ciclismo)

Avenir: no, grazie

Allo Slovenia è mancata forse la brillantezza di certi attacchi, probabilmente perché la curva della condizione è in fase discendente, dopo aver corso il Tour of the Alps e appunto il Giro d’Italia. Proprio nei giorni scorsi si ragionava con Mirco Rossato della scelta di portarlo al Giro dei grandi e non puntare su di lui per quello Next Gen. La stessa logica ha portato Pellizzari a declinare l’invito del cittì Amadori per il Tour de l’Avenir. Dicono che in casi come questi si abbia più da perdere che da guadagnare: l’esempio di Riccitello dello scorso anno è ancora negli occhi. Protagonista al Giro d’Italia, l’americano andò alla corsa francese e venne preso… a legnate, risalendo a fatica fino al quarto posto finale, giusto dietro Del Toro, Pellizzari e Piganzoli.

La curiosità sarebbe semmai quella di vederlo andare all’Avenir preparandolo come il Giro d’Italia, ma è qualcosa di cui dovremo fare a meno. La strada è tracciata. Giulio correrà il resto della stagione con la maglia del VF Group-Bardiani e poi dal prossimo anno indosserà quella della Red Bull-Bora, entrando a 22 anni nel grande gruppo.

Al Tour de l’Avenir del 2023, Pellizzari vinse una tappa, finendo secondo nella generale
Al Tour de l’Avenir del 2023, Pellizzari vinse una tappa, finendo secondo nella generale

Ipotesi austriaca

«Dopo il Giro – racconta – ho staccato per una settimana. Poi ho visto che stavo davvero bene, sentivo che la gamba veniva fuori, quindi andare in Slovenia è stato azzeccato, anche se nelle ultime due tappe ero un po’ in calando. Non ero certo al 100 per cento, sono curioso di vedere come andrà al campionato italiano.

«Comunque dopo la prima settimana, sono andato un po’ in Trentino da Andrea, anche perché su la temperatura era migliore che da me. C’è da capire cosa farò dopo l’italiano, se qualche corsa o subito stop. Andrea farà il Giro d’Italia, io potrei approfittarne per aggregarmi ai miei che vanno in vacanza in Puglia, ma non ho ancora deciso niente».

Pellizzari ha conquistato il podio dello Slovenia nella tappa di Krvavec, con il 4° posto all’arrivo
Pellizzari ha conquistato il podio dello Slovenia nella tappa di Krvavec, con il 4° posto all’arrivo

Obiettivo tricolore

Il campionato italiano lo chiama e la sua squadra al via è sempre una delle più numerose. Difficile dire se Pellizzari potrà correre per se stesso, se davvero la condizione è in calo. Così come ci sarà da valutare la possibilità che corra anche il Giro d’Austria, che inizia il 2 luglio. Staccare subito dopo il campionato italiano significherebbe rimanere senza corse per più di un mese.

«Intanto spero che il campionato italiano sia duro – dice – noi siamo una gran bella squadra, allo Slovenia siamo andati forte e forse abbiamo raccolto meno di quello che potevamo. All’italiano ci teniamo, ma questo non significa che si correrà soltanto per me, anzi. Nei giorni scorsi mi hanno aiutato tanto, voglio ricambiare perché non sono l’unico che va forte in squadra. C’è qualcuno che forse è ancora più adatto alle caratteristiche del percorso, quindi io mi metto a disposizione. Sarà Reverberi a dirmi cosa devo fare».

In Slovenia si rivede Pozzovivo, che promette un gran finale

18.06.2024
5 min
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Tra le pieghe del Giro di Slovenia si annida anche la storia di un quarantunenne che a dispetto della sua età e di tanti piccoli/grandi problemi alla vigilia, come vedremo, è arrivato a sfiorare il podio finale. Ma d’altronde chi conosce Domenico Pozzovivo non si sorprende di certo, visto tutto quel che ha fatto in vent’anni di carriera.

Per lui ogni corsa, da quando ha annunciato a fine stagione il ritiro definitivo, è diventata una passerella, ma non è nel carattere del lucano affrontare le gare in maniera superficiale, anzi. E’ stato così anche in Slovenia, dove ci sono stati anche momenti che lo hanno profondamente toccato.

«Siamo passati anche per Skofja Loka, dove vinsi nel 2012 – racconta – e non nascondo che quando è successo mi sono venuti tanti pensieri. Non posso negare che queste settimane siano particolari, ogni corsa si vela di sensazioni malinconiche. Non è detto che sia una cosa negativa, è solo una carrellata di emozioni che mi investe».

Pozzovivo ha chiuso lo Slovenia al 4° posto, a pari tempo con Pellizzari, a 26″ dal vincitore Aleotti
Pozzovivo ha chiuso lo Slovenia al 4° posto, a pari tempo con Pellizzari, a 26″ dal vincitore Aleotti
Da che cosa dipende?

Quando hai alle spalle vent’anni di carriera, affrontando tante corse più volte nella tua vita, è normale che sia così. Ci tengo a sottolineare che non è nausea da bici, voglia di finire, saturazione. Niente di tutto questo. E’ la consapevolezza che il tempo scorre e che è arrivato il momento di girare pagina, di chiudere una parentesi grandiosa e sofferta, piena di bene e di male, che ha contraddistinto la mia vita sin da quand’ero adolescente. Per un ultraquarantenne non è cosa da poco.

Come sei arrivato al Giro di Slovenia?

Con tanti dubbi, soprattutto perché già il finale del Giro d’Italia non era stato semplice. La particolarità è che l’ho finito con addosso il Covid, che per la terza volta mi ha colpito e sempre nello stesso periodo. Diciamo anzi che ho fatto appena in tempo a finire la corsa. Poi sono stati dieci giorni a soffrire per la tosse con addirittura un principio di polmonite. Pensavo a un certo punto di non esserci, ma mi sarebbe spiaciuto proprio perché non avrò un’altra occasione. Poi all’immediata vigilia con il mio team della VF Group Bardiani abbiamo deciso di partire nonostante tutto.

Il lucano davanti alla maglia gialla Aleotti. In Slovenia il corridore della Bardiani è stato protagonista nelle tappe finali
Il lucano davanti alla maglia gialla Aleotti. In Slovenia il corridore della Bardiani è stato protagonista nelle tappe finali
Non era certo lo spirito migliore…

Le prime due tappe per fortuna non avevano grandi influenze sulla classifica e ho potuto viaggiare di conserva, rimanendo nel gruppo. Quelle due tappe mi hanno restituito un po’ di brillantezza e nelle tappe successive ho potuto lottare con i migliori. Già dalla frazione di Nova Gorica ho visto che potevo fare qualcosa d’interessante.

Lo Slovenia è arrivato due settimane dopo il Giro. Dopo una grande corsa a tappe ci si divide sempre tra chi dice che fare un’altra corsa a tappe è controindicato e chi invece lo ritiene utile. Tu a quale schieramento appartieni?

Io sono sempre stato uno di quelli che usciva dalla corsa rosa con un’ottima gamba da sfruttare, ad esempio al Giro di Svizzera dove ho vinto una tappa nel 2017 e dove, quando ho corso, non sono mai uscito dai primi 10. La differenza secondo me dipende dal tempo dopo: il Delfinato arriva troppo a ridosso del Giro, è chiaro che lì non sei ancora riuscito a recuperare, fisicamente ma anche mentalmente. Ma la settimana successiva è già utile, la forma a quel punto emerge. Poi molto fa anche l’esperienza: nei primi anni avevo sensazioni altalenanti, poi sono andato sempre meglio.

Sono concetti assoluti o dipende molto dall’individuo?

Le caratteristiche del singolo corridore pesano sempre, ma parlando nel tempo con i compagni delle varie squadre, ho riscontrato che il principio di base è quello, la prima settimana è difficile, ma dopo si emerge. Il discorso legato al Delfinato è subordinato alla sua lunghezza: non parliamo di una corsa a tappe breve, ma quando si tratta di prove di 7-8 giorni, è un impegno diverso dal punto di vista organico, quindi richiede qualche accortezza in più.

Che livello era la corsa slovena?

Molto buona, c’erano squadre WorldTour e altri corridori che venivano dal Giro. Si andava sempre molto forte, è una corsa che è molto cresciuta e che mette alla prova chi gareggia.

A Roma, il suo addio da corridore al Giro d’Italia chiuso nonostante tutto al 20° posto
A Roma, il suo addio da corridore al Giro d’Italia chiuso nonostante tutto al 20° posto
Ti vedremo ai tricolori?

Sarà la mia ultima apparizione da corridore, voglio onorarli al meglio e gestirli bene, anche perché poi tirerò i remi in barca. Non avrebbe senso continuare senza impegni imprescindibili e proprio considerando quel che ho avuto alla fine del Giro. Gli altri anni non avevo mai tempo per recuperare, ora voglio staccare, riprendermi bene e cominciare a preparare la seconda parte di stagione.

Che cosa ti attendi?

Mi propongo di fare una bella chiusura, ritrovare la condizione che avevo due anni fa quando mi rammaricai molto di non aver potuto correre al Lombardia. Quest’anno non voglio mancare e prometto a tutti che sarà comunque una grande festa. Ci stiamo già pensando, soprattutto a qualcosa di gastronomico…

Scalco cresce, fa esperienza e prenota un’estate al top

17.06.2024
4 min
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Il Giro Next Gen di Matteo Scalco finisce all’indomani della tappa regina, con arrivo a Fosse. 172 chilometri, cinque GPM con più di 3.000 metri di dislivello dove il corridore della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè ha pagato 23 minuti al vincitore Jarno Widar. Scalco è scivolato fuori dalla top 15 ed è tornato a casa, la motivazione è una faringite acuta che non gli ha permesso di continuare la corsa rosa under 23. 

Al primo arrivo in salita a Pian della Mussa un buon 14° posto
Al primo arrivo in salita a Pian della Mussa un buon 14° posto

Crescita

Un ritiro che lascia un po’ di amaro in bocca, ma la crescita di Scalco c’è stata. Nei due anni con il team dei giovani, guidato da Mirko Rossato, ha fatto passi in avanti notevoli.

«Rispetto al 2023 – ci aveva raccontato alla partenza da Borgo Virgilio – sono cambiate tante cose. Per prima cosa la scuola, le ore impiegate erano tante, come giusto che fosse. Da quest’anno, invece, ho potuto dedicare più tempo al ciclismo e alla preparazione. Ho curato tutti i particolari, compreso quello della nutrizione, dove sento di aver fatto dei passi in avanti. Ho visto fin da subito dei buoni risultati già dalla prima corsa in Turchia, il Tour of Antalya. Poi il calendario è proseguito con una primavera a due facce».

Scalco è stato costretto ad abbandonare il Giro Next Gen per una faringite
Scalco è stato costretto ad abbandonare il Giro Next Gen per una faringite
In che senso?

Ho corso tanto tra i professionisti con la presenza alla Coppi e Bartali e poi al Tour of the Alps. Nel mezzo ho preso comunque parte alle gare per under 23 come Recioto e Belvedere. Da un lato sono contento di aver fatto tanta esperienza tra i grandi, chiaro che era difficile ottenere dei risultati.

Il Tour of the Alps è stata la gara più difficile fatta fino ad ora?

Il livello era davvero molto alto, considerando che c’erano i protagonisti del Giro. Sicuramente per me è stata una grande emozione, girarmi e vedere a pochi centimetri Geraint Thomas fa un certo effetto. Soprattutto a 19 anni, è bello e assolutamente non scontato.

Che corsa è stata per te?

Ho visto come si corre veramente tra i grandi. E’ un modo diverso, sia per come si approcciano le salite, sia per come si sta in gruppo. Ogni chilometro che passava cercavo guardarmi intorno e capire, imparare.

Le gare con i professionisti gli hanno permesso di vedere come si corre a certi livelli
Le gare con i professionisti gli hanno permesso di vedere come si corre a certi livelli
Prima di andare al Giro Next Gen hai corso con la nazionale in Polonia…

Quella era una delle tappe di preparazione al Giro Next Gen. In realtà sono rimasto soddisfatto di quanto fatto, le sensazioni erano buone. Ho avuto un po’ di sfortuna che mi ha condizionato nel risultato, ma ero fiducioso. 

Al Giro sei arrivato pronto quindi?

Ero consapevole di aver lavorato bene. Anche in questo caso sapevo che il livello sarebbe stato davvero competitivo. Di per sé nelle prime tappe ero contento di quanto fatto, la squadra contava su me e Pinarello

Il giovane Scalco con alle spalle una leggenda come Thomas
Il giovane Scalco con alle spalle una leggenda come Thomas
In salita hai pagato un po’…

Sapevo che sarebbe potuto accadere, comunque sono un corridore che va forte nei percorsi mossi. Su certe salite devo ancora migliorare, crescere. Tornare a casa anticipatamente dal Giro Next Gen mi è dispiaciuto, ma continuare era impossibile. 

Ora si resetta la testa e si riparte?

Vedremo come recupero, probabilmente salterò il campionato italiano. L’obiettivo di luglio è il Valle d’Aosta, ho ancora un mese per prepararlo e spero di farlo al meglio. La squadra mi sta dando fiducia e voglio ripagarli.