Search

Agnoli, un giorno a Malta fra campioni, ministri e ambasciatori

30.08.2022
6 min
Salva

C’è Basso, volato a Malta per girare dei video. C’è Agnoli, che sull’isola ha la residenza ed è il referente per quanto riguarda il cicloturismo. Poi ci sono Clayton Bartolo, Ministro del Turismo, e Fabrizio Romano, Ambasciatore italiano a Malta. Approfittando della presenza di Ivan, Valerio ha organizzato un’uscita in bicicletta che li coinvolga tutti. Appuntamento per il 19 agosto. Qualcosa a metà fra l’occasione per stare insieme e l’opportunità di rinforzare il canale fra Italia e Malta. E’ tutto pronto, quando Basso lo chiama e gli mostra il messaggio appena ricevuto da Luca Spada, il signor Eolo.

L’idea di partenza di Agnoli era di far uscire in bici l’Ambasciatore Romano e il Ministro Bartolo (foto Ivan Sommonte)
L’idea di partenza di Agnoli era di far uscire in bici l’Ambasciatore Romano e il Ministro Bartolo (foto Ivan Sommonte)

Barca più gravel

Spada è uomo di sport e montagna, ma ama il mare. Le foto sul suo profilo Facebook lo ritraggono in navigazione nel Mediterraneo. E quando Basso scopre la sua rotta, si rende conto che anche Spada sta per approdare a Malta. Del tutto casualmente. E siccome la bici ce l’ha sempre dietro, è un attimo coinvolgerlo nell’uscita del gruppo di Agnoli. Che adesso sorride e racconta.

«Basso era sceso a Malta – spiega Agnoli – per realizzare i video che saranno pubblicati sui social di Visit Malta. Ormai ho il mio staff e così avevo portato giù Ivan Sommonte, cameraman e fotografo con cui lavoro da tempo. Si vedrà Ivan pedalare sulle strade di Malta e Gozo, mostrando le bellezze paesaggistiche. Io mi ero già attivato per organizzare un giretto con il Ministro e l’Ambasciatore italiano, ma quando abbiamo scoperto che sarebbe arrivato anche Spada, ho pensato che sarebbe stato bello coinvolgere anche lui. Potrebbe sembrare tutto programmato, in realtà è stato tutto per caso. Così ci siamo visti e abbiamo fatto il classico giro-caffè…».

Appuntamento all’alba

Il ministro lo incontrammo a Budapest quando al via del Giro svelò l’accordo con la Eolo-Kometa, veicolo per far conoscere il cicloturismo a Malta. L’Ambasciatore italiano sull’isola è Fabrizio Romano, un curriculum di tutto rispetto e incarichi in aree ben più… calde de La Valletta.

«Il Ministro – racconta Agnoli – è partito in mountain bike da casa sua e in tutto si è fatto 53 chilometri. Va spesso in bici, fra un impegno e l’altro. Anche io per parlarci devo sperare di trovare un varco. Ci seguivano una scorta del ministero e una dell’ambasciata. A Malta si esce presto, intorno alle 6,30. Un po’ per il caldo e un po’ perché il Ministro alle 8,30 deve essere in ufficio. Però quando l’ho visto arrivare con la maglia della squadra, mi sono emozionato (sorride, ndr). Appuntamento a Marina di Portomaso, una delle zone più turistiche, e arrivo a Barrakka, dove ha sede il Ministero. Quindi ci siamo presi un caffè e con Spada abbiamo riaccompagnato il Ministro fino a casa. Poi Luca ha continuato il suo giro».

Il ciclismo al centro

Agnoli ha il sorriso sornione di chi la sa lunga. Del resto dopo aver chiuso la carriera ha seguito un corso di sport, marketing e sponsorship alla Bocconi e si è buttato nel lavoro. Prima con la Ferrari, poi con Med-Ex e ora con Visit Malta.

«In questo contratto che mi lega a Malta – spiega – io sono il responsabile per il Governo della sponsorizzazione con il team e tutto ciò che è la divulgazione bike a Malta e fuori. La mia esperienza dice che è importante avere attivazioni nel luogo in cui avviene la sponsorizzazione e vedere una risposta così bella a Malta mi fa pensare di aver seminato bene».

Il gruppo in posa a Barakka, nel cuore de La Valletta, poco prima della sosta caffè (foto Ivan Sommonte)
Il gruppo in posa a Barakka, nel cuore de La Valletta, poco prima della sosta caffè (foto Ivan Sommonte)

Dal calcio alla bici

Così fra i discorsi del gruppo che se ne andava verso La Valletta, si è parlato anche di lavoro. Sia pure con il modo filtrato e informale di quando in bici si fanno discorsi seri con la leggerezza del piacere di farli.

«Il mercato primario di Malta è l’Italia – spiega ancora Agnoli – e creare questo tipo di interazione risponde a quello che ho studiato alla Bocconi, in cui ci hanno insegnato che per raggiungere un obiettivo bisogna essere capaci anche di trovare diversi canali di comunicazione, che abbiano però al centro l’obiettivo che si vuole raggiungere. La sola sponsorizzazione di Visit Malta finora era stato il Manchester United, ora si lavora sul ciclismo. Abbiamo individuato alcuni corridori che permetteranno di far crescere il movimento ciclistico sull’isola. La squadra sta diventando una sorta di catalizzatore. Già durante il Giro del 2021, mi era capitato di seguire delle tappe assieme al Ministro per spiegargli di cosa stessi parlando. Quest’anno non hanno perso una tappa. E se non capivano qualcosa, mi mandavano gli screenshot perché gli spiegassi cosa stesse succedendo. Non pensavo che la… malattia della bici attecchisse così presto anche qui».

Così il Ministro su Instagram: Questa mattina ho fatto un bel giro in bici insieme al mio amico Valerio Agnoli.
Così il Ministro su Instagram: Questa mattina ho fatto un bel giro in bici insieme al mio amico Valerio Agnoli.

Il giorno di Albanese

E siccome la fortuna aiuta gli audaci, proprio nei giorni in cui a Malta si sono ritrovati tutti insieme, dalla Francia è arrivata la notizia della vittoria di Vincenzo Albanese.

«Ivan era super contento – racconta Agnoli – era il penultimo giorno che erano giù e la sera stessa ho portato al Ministro la foto della vittoria incorniciata. Ma soprattutto mi interessa che Clayton Bartolo e Spada si siano parlati, dato che Luca a Budapest non c’era. Pedalando e durante la pausa caffè hanno parlato del ruolo di Eolo nel ciclismo e sentendolo parlare, il Ministro ha avuto conferma di aver fatto bene a investire. E così andiamo avanti. Ora il progetto potrebbe essere di portare la Eolo-Kometa a novembre per un primo ritiro. Ci stiamo lavorando. E insieme alla squadra si potrebbe organizzare un meeting che coinvolga altri soggetti. Ma è presto per dare i dettagli, è ancora tutto in fase di definizione».

I giorni dello Squalo / Giro d’Italia 2013, la prima rosa

28.08.2022
7 min
Salva

Mancano 20 chilometri all’arrivo delle Tre Cime di Lavaredo, quando radio corsa gracchia che sulla salita finale ha iniziato a nevicare. I corridori del Giro vengono scossi da un brivido, ai giornalisti in sala stampa viene detto che dovranno stringere i tempi, perché vista la quantità della precipitazione, non si garantirà a lungo l’apertura della strada per la discesa.

«Quel giorno – racconta Valerio Agnoli – resta l’emblema della cattiveria di Vincenzo in bici. Avevamo gestito ogni cosa in modo perfetto con Tiralongo e un giovane come Aru, che già allora mostrava una determinazione non comune, tanto da arrivare quinto. Mi emozionai anch’io, quando arrivai in cima, quasi 7 minuti dopo Nibali. Il capitano che vince ti ripaga della fatica. Quando l’ho visto, si capiva che fosse felice, anche se da fuori non sempre lo lascia vedere. Ma “Vince” è fatto così. Non si accontenta mai, ha la vittoria cucita addosso».

Si va verso le Tre Cime, Agnoli e Aru in testa al gruppo: sulla salita nevica già
Si va verso le Tre Cime, Agnoli e Aru in testa al gruppo: sulla salita nevica già

Spauracchio Wiggins

E’ il Giro d’Italia del 2013, partito da Napoli sembra un secolo prima. Nibali ha già vinto la Vuelta del 2010, nel 2011 è arrivato terzo al Giro, anche se per la squalifica di Contador le statistiche annotano il suo secondo posto e la vittoria di Scarponi. Nel 2012 è andato al Tour, conquistando il podio alle spalle di Wiggins e Froome. E nel 2013, passato nel frattempo all’Astana, punta deciso sul Giro. In ammiraglia c’è Giuseppe Martinelli, che maglie rosa ne ha vinte in abbondanza, con Pantani, Garzelli, Simoni e Cunego e sa come si fa.

Tra i favoriti, spicca lo spauracchio Wiggins. Il britannico, che l’anno prima oltre alla maglia gialla ha vinto le Olimpiadi della crono nella sua Londra, non fa mistero di volere la maglia rosa. Ma il Giro e le salite italiane sono un’altra cosa. Se ne è accorto al Giro del Trentino, dove innervosito proprio da un attacco di Nibali, ha scagliato la bici contro una parete rocciosa, per un problema tecnico che gli ha impedito di inseguirlo.

E’ un Giro ferito. Nel giorno che precede l’impresa delle Tre Cime, proprio la neve ha fermato la corsa, guadagnando ai corridori un riposo inatteso, durante il quale la positività di Danilo Di Luca ha rischiato di affossare il bello di una corsa fino a quel punto super avvincente. Per questo Nibali ha sulle spalle il peso del pronostico, quello della neve che cade copiosa e quello del ciclismo italiano ancora una volta messo sotto accusa.

Il diluvio di Pescara

Agnoli ricorda. Per lui, che nel 2013 ha 28 anni ed è già professionista da 9 stagioni, la maglia rosa è un’esperienza già vissuta con Basso al Giro del 2010, quello della vittoria di Nibali nella tappa di Asolo e della lunga rincorsa dopo la fuga dell’Aquila.

Caduto nella pioggia di Pescara, Wiggins capì subito che sarebbe stato un Giro… inospitale
Caduto nella pioggia di Pescara, Wiggins capì subito che sarebbe stato un Giro… inospitale

«Wiggins – dice – lo avevamo già incontrato al Trentino e quel nervosismo era stato un segnale che avevamo captato chiaramente. Con un direttore come Martinelli, la gestione della squadra ne tenne sicuramente conto. Sapevamo ad esempio che Bradley soffriva le giornate di pioggia. Per questo quando il mattino della tappa di Pescara aprimmo la finestra (era la 7ª tappa, San Salvo-Pescara di 177 chilometri, ndr), immagino che lui si sia disperato, invece Vincenzo rideva. In quelle situazioni lui si gasava e chi invece gli correva contro, aveva il terrore addosso. Pescara fu un tassello importante, perché il Giro si vince tappa dopo tappa.

«Quel giorno “Vince” bucò. Mi guardo e mi chiese: “E adesso che facciamo?”. Mi fermai e gli diedi la ruota. Il mio compito in quei Giri non era cercare soddisfazioni personali, ma stargli accanto, corrergli addosso perché stesse lontano dai pericoli. Era stato lo stesso tre anni prima con Basso. Gli diedi la ruota e lo vidi andare via…».

Nella crono di Saltara, Nibali conquista la maglia rosa
Nella crono di Saltara, Nibali conquista la maglia rosa

La crono e la rosa

Pescara fu decisiva soprattutto a livello nervoso. L’indomani, si pensava infatti che la crono di Saltara avrebbe permesso a Wiggins di ammazzare gli scalatori. Percorso impegnativo di 54,8 chilometri, non una passeggiata: ideale per il campione che sulla crono aveva costruito la vittoria al Tour dell’anno prima. Solo che invece di arrivarci con lo stesso tempo di Nibali, quel 1’24” lasciato a Pescara continuava a ticchettargli nella testa.

«La sera prima della crono – sorride Agnoli – cercavo di scherzare per sdrammatizzare un po’. Certo, se vai ad analizzare i numeri e le statistiche, eravamo spacciati. Ma “Vince” stava bene e quel giorno è partito molto più cattivo del solito. La crono la vinse Dowsett, “Wiggo” arrivò secondo. Ma Nibali gli arrivò ad appena 11” e si prese la maglia rosa. Giorno indimenticabile. Capimmo che Wiggins non sarebbe rimasto a lungo un problema, anche se il Giro era ancora lungo».

La cronoscalata di Polsa è un momento decisivo: rivali respinti decisamente
La cronoscalata di Polsa è un momento decisivo: rivali respinti decisamente

Un uomo semplice

E’ il Giro di Uran che mette fuori il naso. Di Wiggins che sull’orlo di una crisi di nervi non riparte al mattino della 13ª tappa. Di Visconti che risorge dai suoi problemi e conquista prima il Galibier davanti al monumento di Pantani in un altro giorno frenato dalla neve, poi il traguardo di Vicenza. E proprio in quel giorno sulle Alpi francesi, si ha la sensazione che la maglia rosa voglia rispettare l’amico palermitano evitando di strozzare la sua vittoria.

«La cosa bella del ciclismo – conferma Agnoli – è che siamo avversari e possiamo sembrare acerrimi nemici, ma di base siamo tutti profondamente amici. E’ normale o almeno lo era allora fare qualche favore lungo la strada, perché sono cose che ti ritrovi. Gesti che si fanno per il rispetto che riconosciamo ai colleghi, per amicizia. E Nibali queste cose le ha. Magari da fuori possono averlo visto come un uomo chiuso, mentre la sua vera forza sta nella semplicità. Per questo in tutti i Giri che ho corso con lui, ci siamo soprattutto divertiti. Ogni giorno ce n’era una. Perché sa tutto lui e sa fare tutto lui e noi ci giocavamo sopra. Abbiamo sempre riso e scherzato un mondo».

Emozioni sulla pelle

Il Giro d’Italia del 2013 si conclude a Brescia proprio all’indomani delle Tre Cime, rese ancora più eroiche dal massiccio lavoro degli alpini sul percorso e sulla cima.

«Dopo il traguardo dell’ultima tappa vinta da Cavendish – ricorda Agnoli – per arrivare alla piazza del podio c’erano 3-400 metri, che feci accanto a lui. Avevo la pelle d’oca. Lo vidi che si fermava alla transenna per abbracciare i genitori. Vedevo la maglia rosa acclamata dalla gente, che era veramente tanta. E parte di quel simbolo lo sentivo mio, anche solo un pezzetto. Non rivivrò più momenti come quello, salire sul podio con tutta la squadra fu magnifico. Era Nibali e finalmente aveva vinto il Giro d’Italia».

«Per questo quando a Messina ha annunciato il ritiro – riflette l’amico – sono rimasto di sale. Ne aveva parlato altre volte, ma di colpo è parso deciso. Se ne sta andando un campione immenso, dove cavolo lo ritrovi uno così? E non parlo del ciclismo italiano, parlo del ciclismo mondiale. Smetterà un gigante. E adesso la mia sola preoccupazione è che mi toccherà allenarmi di nuovo per andare in mountain bike con lui. Sta finendo casa davanti alla mia, sono sicuro che tornerà presto a tirarmi il collo…».

Malta con Eolo-Kometa, un progetto importante. Parla il Ministro

04.05.2022
5 min
Salva

Clayton Bartolo potrebbe sembrare un ragazzo come altri. Elegante sì, ma al tempo stesso un ragazzo semplice. E invece è il Ministro del turismo della Repubblica di Malta.

Ha le idee chiare sul perché Malta, sia approdata nel ciclismo e nella Eolo-Kometa in particolare. Nel lussuosissimo Hotel Corinthia di Budapest prima della conferenza il Ministro parla con piacere di questo importante progetto.

Ministro, la domanda più immediata è: perché Malta nel ciclismo?

Malta vuole entrare nel mondo del ciclismo e del cicloturismo. Durante la pandemia abbiamo stilato la nostra strategia del turismo. Dieci anni fa abbiamo definito varie nicchie di turismo in cui vogliamo entrare e tra queste c’è quella del turismo sportivo. Anzi, è una delle dei più importanti. Vorremmo diventare una mecca del cicloturismo. E adesso vogliamo dare la notizia al mondo. Grazie all’accordo con la Eolo-Kometa, vogliamo dire che Malta è pronta per entrare in questo mondo. Con loro siamo al Giro d’Italia, che è uno degli eventi più prestigiosi che ci sono nel mondo e vogliamo quindi sfruttare la grande visibilità del Giro che è diffuso in moltissimi Paesi.

Come mai Eolo-Kometa e non altri team?

Noi siamo uno Stato giovane, ma nel ciclismo siamo ancora più giovani. Abbiamo così trovato un team giovane come noi, con cui vogliamo crescere. Fra noi c’è molta fiducia. Abbiamo scelto questo team anche per dare un’opportunità concreta ai nostri giovani. Perché, okay, qui stiamo parlando di marketing per il ciclismo e per il cicloturismo, ma in futuro l’accordo potrebbe rivelarsi una possibilità per i nostri giovani ciclisti. Magari avranno il potenziale di entrare nel team. Potranno lavorare con un obiettivo specifico.

E questo è vero, quando si ha una meta concreta aumentano gli stimoli…

Esatto, potrei dire che stiamo celebrando un matrimonio tra Malta e la Eolo-Kometa!

Se si dice Malta, si pensa al mare, all’estate… e non alla bici. Che opportunità ci sono per il cicloturista? Quanti percorsi?

Ci sono molte destinazioni da scoprire. E non solo su strada, penso alla mountain bike e al gravel. E poi non dobbiamo pensare solo a Malta, ma a Gozo, l’isola sorella di Malta. Ci sono molte campagne e zone dell’entroterra da gustarsi. C’è molto da fare. I paesaggi sono molto differenti fra loro e il tempo è buono tutto l’anno. E questo è uno dei nostri vantaggi. L’idea è quella di attirare i team a Malta. Ed è un modello che abbiamo già sviluppato nel calcio (hanno ospitato tra l’altro, il Manchester United, ndr). Qualcosa che abbiamo attuato durante la pandemia. Malta è stato uno dei pochissimi Paesi a muoversi in questa direzione. E con successo, senza avere problemi particolari. Ebbene vogliamo replicare questo modello anche per il ciclismo.

Un posto ideale per svolgere ritiri di preparazione…

Cominciamo con la Eolo-Kometa intanto. Faremo la presentazione del team e anche un training camp. E da lì vediamo se ci sono anche altri team che saranno interessati a venire.

Quindi, Ministro, non solo turismo tradizionale, ma anche il turismo sportivo. Lei è uno sportivo?

Io vado in mountain bike. Abito a Mellieha, nel Nord dell’isola di Malta. C’è molta campagna, ma ci sono anche altri percorsi nel Sud. Uno può andare in bici al mattino, a visitare una cattedrale al pomeriggio e gustarsi una buona cena alla sera. Malta è una piccola isola ma, come ripeto, offre molte opportunità.

Il ministro Clayton Barton ha spiegato le intenzioni in tema di turismo sportivo
Il ministro Clayton Barton ha spiegato le intenzioni in tema di turismo sportivo
L’idea di incentivare il cicloturismo si lega anche al fatto di non puntare solo alla stagione estiva.

Esatto, si può fare turismo tutto l’anno. Il clima è ideale.

Ministro, anche se siamo in Ungheria, siamo al Giro d’Italia. Cosa sanno i maltesi del ciclismo e del Giro in particolare?

Sanno molto. Ci sono molti ciclisti e molti tifosi del Giro d’Italia. Malta non è lontana dall’Italia. C’è affinità con il vostro Paese, che è una destinazione per tanti maltesi. Penso, poi – aggiunge prima di congedarci – che nel futuro c’è un altro sogno: ed è quello di organizzare una grande partenza del Giro d’Italia da Malta. Un altro passaggio che segna il nostro ingresso nel ciclismo sempre di più.

Potrà sembrare scontato, ma l’entusiasmo è palpabile. Il Ministro stesso ha parlato di marketing, ma questo non toglie fascino a un’iniziativa che sa di buono. Che mira a crescere e a creare circoli virtuosi. Valerio Agnoli, elegantissimo in doppiopetto con la spilletta di Malta che spunta sulla giacca, è stato il gancio di questo progetto. Ci ha lavorato molto e dopo la nostra intervista con il Ministro, strizza l’occhio come a dire: vedrete si può fare ancora molto….

Vincenzo Nibali corre verso il 2022, ce lo racconta l’amico Agnoli

15.01.2022
5 min
Salva

Quando Valerio Agnoli parla di Vincenzo Nibali la voce si fa più vivace, come se si accendesse un interruttore. D’altronde hanno corso gomito a gomito per 12 stagioni, dal 2008 in Liquigas passando per Astana e Bahrain. I due oltre ad essere stati compagni di squadra sono tuttora ottimi amici. Si sentono spesso, un messaggio, una chiamata e… qualche pedalata insieme.

«Quando viene a Fiuggi dai suoceri ci vediamo sempre, quasi tutti i giorni – inizia Valerio – e spesso andiamo in bici. Lui ha il suo ritmo… andante (ride, ndr), una delle ultime volte che siamo usciti insieme, a ottobre, abbiamo fatto due ore di gravel e per stargli dietro sono andato a 175 battiti medi…»

Nibali ed Agnoli hanno corso per la prima volta insieme in Liquigas nel 2008: qui al Giro del 2010
Nibali ed Agnoli hanno corso per la prima volta insieme nel 2008: qui al Giro 2010

«A Natale è stato qui, mi ha detto che vuole portarmi a fare la Cape Epic (una corsa in mountain bike in Sud Africa che si corre a coppie, ndr). Gli ho risposto che mi aggrappo tranquillamente con le mani alla sella e lui mi trascina».

Vi sentite spesso?

Ci siamo sentiti dieci minuti fa. Mi ha mandato il link per una corsa gravel in Sardegna… Calcolate che siamo stati testimoni di nozze l’uno dell’altro, è un rapporto che è sempre andato oltre la bici.

Ecco, aiutaci a capire cos’è la bici per Vincenzo…

Tutto ciò che gira intorno alla bici per lui è passione: dal cambiare una ruota al sistemare i pedali. Lui è un perfezionista, cura tutto nei minimi dettagli. Quando correvo e dovevo montare delle tacchette, chiedevo a lui (ride di nuovo, ndr).

Hanno continuato in Astana, qui festeggiano la vittoria del Giro d’Italia 2013 insieme ai compagni ed allo staff
Hanno continuato in Astana, qui festeggiano la vittoria del Giro d’Italia 2013
Cosa spinge Vincenzo a continuare a questi livelli rilanciandosi sempre in sfide nuove?

Oltre alla sua passione immensa per la bici, ha quel dono innato che hanno solamente i fuoriclasse. Ci sono pochi corridori che hanno questa cosa: Contador, Froome, Valverde… Sono in eterna sfida con se stessi prima che con gli altri.

Quanto è stato difficile stare accanto a lui in questi anni?

Devo dire che ci siamo accettati, pregi e difetti. La cosa bella che c’è in un rapporto di amicizia è l’accettare l’altra persona per quella che è. Personalmente quando c’era da parlare o anche da discutere io mi ci mettevo, poi amici come prima. Ma è importante far valere le proprie ragioni.

Sono diventati molto amici negli anni, tanto da diventare testimoni di nozze l’uno dell’altro
Sono diventati molto amici negli anni, tanto da diventare testimoni di nozze l’uno dell’altro
Voi avete corso insieme in Astana, dal 2013 al 2016, cosa lo ha spinto a tornare?

L’ambiente. Negli anni che siamo stati lì, ci siamo trovati bene con tutto lo staff, ma soprattutto con Vinokourov e poi con “Martino (Giuseppe Martinelli, ndr). Lui, secondo me, ha giocato un ruolo chiave per il ritorno di Vincenzo. E’ tornato per continuare e concludere un progetto di vita iniziato anni fa.

E con i compagni come si trova?

Mi ha già parlato in maniera positiva del rapporto che ha con loro. Ha detto che se anche li conosce da poco, ride e scherza con Moscon e anche con Boaro.

Negli anni alla Trek come ti sembrava?

Male non stava, ma non mi sembrava molto sereno. In un ambiente così ci sono tante pressioni, ma Vincenzo è abituato. Non so, detto sinceramente, come mai non abbia continuato. Onestamente in una persona come Nibali ci avrei investito. Anche lo sponsor, Segafredo, avrebbe avuto piacere a continuare con lui…

Il loro legame si è consolidato anche al di fuori della bici
Il loro legame si è consolidato anche al di fuori della bici
Le dinamiche in una squadra sono tante e delicate…

Assolutamente, poi il corridore va seguito con attenzione, ricordandosi dapprima che è un essere umano. Quando a inizio stagione fai un programma, il corridore si immedesima in quello. Se inizi a cambiargli delle cose perché secondo te non rende come deve, ne risente. E’ difficile ricalibrare gli obiettivi ed avere nuovi focus.

L’ultima vittoria al Giro di Sicilia, da amico, come l’hai vista?

Per lui è stata una scarica di super felicità, vincere è sempre bello per tutti, pensate per uno che è sempre stato abituato a farlo… Era l’iniezione di fiducia che gli serviva per rilanciarsi e approcciare la nuova stagione nel modo giusto. Appena superata la linea del traguardo mi ha mandato lo screen del ciclocomputer per farmi vedere i watt sull’ultima salita: 400 watt medi (sull’ultima salita della quarta tappa, Nibali ha ottenuto il KOM con una Vam di 1.700 m/h, ndr).

Insomma, per come ce lo hai descritto dopo quella vittoria avrebbe voluto incominciare la nuova stagione subito.

Per come è fatto lui, quella vittoria gli ha dato un morale incredibile per iniziare il 2022 e sono sicuro che ci farà vedere belle cose.

Vincenzo e Valerio hanno corso insieme anche in Bahrain fino al 2019, anno del ritiro di Agnoli
Vincenzo e Valerio hanno corso insieme anche in Bahrain fino al 2019, anno del ritiro di Agnoli
Vincenzo ha mosso una generazione di corridori e di tifosi.

Tanti giovani si sono ispirati a lui, ma anche gli appassionati gli vogliono bene. Questo perché è una persona gentile e alla mano, si è creato da solo. Noi che veniamo da giù avevamo poche opportunità per andare a correre, l’unica soluzione era fare trasferte chilometriche in Toscana, Veneto… Se ami davvero questo sport, non le vivi come delle difficoltà, ma come delle opportunità per far vedere quanto vali e lui lo ha ampiamente dimostrato.

Tu che lo hai visto da vicino, in cosa è cambiato di più negli anni?

E’ diventato più metodico, più perfezionista. Se quando era giovane era al 99 per cento ora è arrivato al 101. Mentalmente ha imparato a non staccare mai, cura sempre tutto nei minimi particolari.

Ancora sui social network. Agnoli e Velasco, voi che dite?

26.08.2021
4 min
Salva

I social network dividono le opinioni che si creano intorno al mondo del ciclismo: c’è chi pensa che essi siano indispensabili, chi è convinto che siano un’opportunità e chi pensa invece che rappresentino un rischio per la salute mentale dei corridori, sempre più sottoposti a stimoli e pressioni.

Abbiamo interpellato Visconti, che ci ha parlato di come a volte il loro abuso possa incrementare lo stress, ma c’è anche un altro lato della medaglia. C’è un solo momento durante la giornata in cui i corridori non sono attaccati al cellulare: ed è durante la gara. Altrimenti per il resto, almeno la maggior parte di essi, pubblica foto e storie di continuo, anche durante gli allenamenti, per mostrare un panorama o un paesaggio. I più attaccati ai social invece pubblicano anche i piatti che mangiano, condividendo quindi aspetti giornalieri che tanto interessano agli appassionati di ciclismo.

Ma in che modo i social network influenzano la vita dei corridori? Lo abbiamo chiesto a Valerio Agnoli, fresco ex pro, e a Simone Velasco, attualmente impegnato con il team Gazprom-RusVelo.

Ogni momento è buono per guardare il cellulare (foto Instagram)
Ogni momento è buono per guardare il cellulare (foto Instagram)

Agnoli ha le idee chiare

«Se bene utilizzati – racconta Agnoli – possono portare notevoli benefici ai corridori, in termini economici e di visibilità. Il mondo ormai viaggia in questa dimensione virtuale, e quello del ciclismo soprattutto. I corridori hanno modo di interagire con i fan velocemente e comodamente, instaurando un rapporto che altrimenti non si creerebbe. C’è uno scambio di informazioni e tutto passa tramite i social network, che si tratti di una performance fatta in allenamento o in corsa.

«Ma non è tutto, a mio avviso Facebook, Instagram o Twitter rappresentano anche un mezzo per mostrare il “dietro le quinte” durante la corsa. Ricordo che durante il Giro d’Italia, un periodo, facevo dei video che venivano pubblicati successivamente sulla pagina Instagram e Facebook di altri siti specializzati».

Un frangente di corsa che riprende Marco Canola che si rifornisce all’ammiraglia (foto Instagram)
Un frangente di corsa che riprende Marco Canola che si rifornisce all’ammiraglia (foto Instagram)

Bisogna fare attenzione

«Era un modo notevole per attirare l’attenzione dei tifosi – riprende Agnoli – anche se poi, i miei ex procuratori di allora, vennero a chiedermi di smetterla perché secondo loro non davo una bella immagine della squadra. Ma non è proprio così – continua – se ci pensate gli appassionati ti vedono solo in corsa, io credo che sia anche giusto mostrare loro alcuni aspetti, con criterio e moderazione, riguardanti il pre e il post corsa.

«Se ci sono anche dei contro? La mia risposta è si. Bisogna fare attenzione a come ci si comporta in pubblico perché c’è la possibilità di essere ripresi con il cellulare in qualsiasi momento. E poi, purtroppo, assistiamo a una spudoratezza eccessiva da parte di alcuni “tifosi” che insultano e lasciano commenti sprezzanti sotto le varie testate giornalistiche o addirittura sotto le foto dei corridori. Non è scontato che un corridore ci rimanga male, a me personalmente è successo qualche volta di ricevere qualche commento poco carino e non mi ha fatto molto piacere, ma dipende molto dal carattere del corridore, alcuni ci restano male e altri no. Nibali ad esempio – conclude Agnoli – ha un motto chiaro e preciso su questo argomento, ed affronta il problema con una semplice parola: “futtitinni! Cioè fregatene»

La maglia gialla Tadej Pogacar, che maneggia il suo smartphone (foto Instagram)
La maglia gialla Tadej Pogacar, che maneggia il suo smartphone (foto Instagram)

Sentiamo Velasco

Anche Simone Velasco ha dato la sua opinione riguardo l’utilizzo dei social.

«Non nascondiamo – dice Velasco – che grazie ai social network un corridore può trarre vantaggi anche a livello economico con eventuali sponsorizzazioni. Però c’è da dire che poi ti portano via molto tempo. Se ci penso bene i momenti prima della corsa, in cui un corridore dovrebbe essere concentrato, li passa in realtà a guardare il cellulare. E fa lo stesso anche prima di dormire. Non so tutto questo fino a che punto faccia bene.

«Un punto a favore potrebbe essere quello del confronto con i tifosi, purché avvenga con rispetto e moderazione. Il contro invece temo che sia, oltre al tempo che ti fanno perdere, anche il mancato rispetto di coloro che pensano di sapere come funziona il ciclismo e commentano con disprezzo le performance di un corridore, senza sapere effettivamente cosa c’è dietro».

Agnoli, parole dure: i corridori meritano rispetto

14.04.2021
6 min
Salva

Valerio Agnoli, che alla fine del 2019 ha annunciato il ritiro, sta sostenendo gli esami per il terzo livello. «I corsi organizzati dal Centro Studi in questa fase sono stati spettacolari – dice – ho studiato tanto, ma ne è valsa la pena».

E proprio studiando per diventare direttore sportivo, Valerio ha aperto gli occhi su «una serie di dinamiche e abitudini che quando ci sei dentro ti sembrano normali». E se normali non ti sembrano, cerchi di fartele andar bene per mantenere quello che hai.

Un mondo a parte

«Il mondo del ciclismo è particolare – comincia Agnoli – si viaggia sempre sul filo e qualunque cosa ti dicano, ti sembra che valga mille. Sul piano dell’alimentazione, per come sei trattato e per le frasi che ti dicono. Niente ti scivola veramente addosso. Ora che sto studiando da direttore sportivo, la sensazione che certi approcci non siano troppo corretti mi è venuta. Un direttore sportivo non è uno che ti dice di sperare che un compagno si faccia male, per sperare di correre. E devi stare anche attento a lamentarti, perché i contratti durano sempre poco e non vuoi avere ritorsioni. Se vogliono che tu vada piano, vai piano davvero. Ho saputo che avrei fatto il mio ultimo Giro d’Italia dopo il Tour of the Alps, due settimane prima. Non era nel programma. Magari provi a parlare con i procuratori, ma anche loro arrivano a un certo punto e si fermano, perché devono continuare a lavorare».

La carriera di Agnoli si conclude dopo 16 anni al Tour of Guanxi
La carriera di Agnoli termina dopo 16 anni al Tour of Guanxi
E così nessuno dice niente…

Non troverai nessuno che parla, perché tutti vogliono mantenere quel che hanno raggiunto. Non puoi puntare il dito e non puoi parlare, perché non hai voce in capitolo. Ti mandano il programma e devi accettarlo.

Sono problemi di tutti oppure chi va forte sta meglio?

Se sei un leader, hai il tuo gruppo e in qualche modo il programma lo fai tu e sei al riparo. Ma se sei uno che vince e viene pagato per vincere, se non arrivano i risultati, dopo un po’ rischi che vada male anche a te. Di sicuro il ciclismo che avevo sempre sognato non è come quello che in certi momenti mi è capitato di vivere.

Il ciclismo che avevi sempre sognato l’hai mai visto?

In Liquigas ci davano il programma da gennaio a giugno e cambiava solo se stavi male. Non mi è mai capitato di essere mandato in Belgio, a una corsa che non mi si addicesse, per poi sentirmi anche dire che fossi andato male. E alla fine paga sempre il corridore, la colpa non è mai di chi ha fatto certe scelte sulla sua pelle.

Giro d’Italia 2010, Agnoli con Stefano Zanatta lavorando per la vittoria in rosa di Basso
Giro 2010, Agnoli con Zanatta lavorando per Basso
Andando per esclusione, se alla Liquigas andava bene, restano l’Astana e il Bahrain…

Con il principe del Bahrain mi sono lasciato bene. A volte ci scriviamo su Instagram e mi ha detto che sarebbe contento di incontrarmi, se tornassi giù. In Astana non ho mai avuto grossi problemi. Ci sta che in una squadra chi comanda possa non piacere a tutti. Lo stesso Lefevere, che per me è un mito, potrebbe non essere amato da tutte le persone che lavorano alla Deceuninck. Ma è brutto sentirsi non accettato, percepisci che non c’è fiducia e a quel punto anche la più piccola defaillance viene accentuata. Il corridore è come un calice di cristallo…

In che senso?

Se lo lucidi e lo tieni da conto, continua a splendere a lungo. Il periodo con Zanatta mi è mancato molto, negli anni successivi ho tenuto botta per quieto vivere. E’ così per molti, mi viene il sospetto che sia proprio così nello sport professionistico in genere. Ogni giorno un esame. Tutte le mattine ti svegli e devi salire sulla bilancia, sfido qualsiasi collega a dire che si tratti di un bel momento.

Il problema alimentare c’è, ormai è chiaro…

Sul Teide, nel giorno di riposo, io ero uno dei pochi che prendeva la macchina e scendeva sul mare a mangiare una pizza. Qualche volta è venuto anche Vince (Nibali, ndr). Ma siamo professionisti, sappiamo che con la pizza ci va al massimo una Coca Zero. C’erano altri corridori che non scendevano mai. Sono situazioni che si accavallano. E’ frustrante fare sacrifici e non ottenere risultati. Sei in giro con il 4-5 per cento di grasso, non c’è altro da limare.

Al Giro 2016, Agnoll si ritira per caduta (e frattura del capitello radiale) il giorno di Asolo. Qui con Nibali in rosa a Torino
Al Giro 2016, Agnoli si ritira per caduta nell’11ª tappa
C’è chi lo faceva.

Io con Brajkovic ho corso all’Astana e mi chiedevo come facesse ad andare in bici con il 2 per cento di grasso. Per questo credo che una figura come il mental coach o uno psicologo, qualcuno al di fuori del sistema, non sia così sbagliato, visto che il ciclismo è così estremo. Quando sono passato professionista nel 2004, gli stimoli ce li cercavamo sfidando i grandi campioni, adesso è dura.

Hai parlato dei diesse: non ce ne sono più oppure non li lasciano lavorare?

Ci sarebbero pure. Penso a Zanatta, a Mario Chiesa che ti cazziava, ma sapeva anche darti una pacca sulla spalla. Persino Mariuzzo, che quandi ti incitava, ti faceva venire i brividi. Guardo Bramati e fa piacere vedere un diesse che spacca la macchina per tirarti fuori il 110 per cento. Ricordo la cronosquadre del 2010, quella in cui io presi la maglia bianca. Zanatta dall’ammiraglia ci gasò così tanto, che ognuno di noi diede più del massimo. Ma oggi pare che contino altre cose. La velocità, la potenza, la forza. Ho letto un articolo sul 54…

L’hai letto giusto qui.

Ricordo che il primo a usarlo era Gasparotto, io l’avrò messo 3-4 volte in tutto. Si va fortissimo. Non ci sono più le piccole corse. L’anno scorso mentre mi scrivevo con Nibali, mi ha fatto notare che aveva fatto la crono del Giro a 400 watt medi. Che cosa poteva farci se gli altri sono andati più forte? Chissà come stava sul pullman…

Cosa succede sul pullman?

Ci sali dopo la corsa. Ti fai la doccia e cominci a pensare a come è andata. Ti rivesti. E mentre infili la tuta, cominci a guardare i distacchi. C’è un mondo sul bus, ci si potrebbe scrivere un libro. Perché proprio in quei momenti serve il diesse che con un solo sguardo sia in grado di capire se qualcosa non va. Non è facile…

Oggi Agnoli è testimonial del cicloturismo nel Lazio e tecnico regionale Fci
Oggi Agnoli è testimonial del cicloturismo nel Lazio e tecnico regionale Fci
Fare il corridore?

Il ciclismo è una cosa fantastica, ma è anche un sogno che può trasformarsi in un incubo. Se non vai, vieni emarginato. Non so se in certi casi sia giusto parlare di mobbing, non so se sia solo la mia esperienza. Mi è capitato di fare dei lavori in salita e poi di piangere in discesa, perché ero convinto di aver fatto bene e invece i dati dicevano il contrario. Certe volte Slongo nemmeno ce li faceva vedere, per paura del condizionamento. Sono sfumature che fanno parte del lavoro.

Che tu hai svolto per quanti anni?

Sedici anni e alla fine mi sono ritrovato senza squadra, ma con tanti bei ricordi. La folla nell’Arena di Verona con Basso in maglia rosa. Le Tre Cime di Lavaredo con Nibali. L’ala di gente all’ultimo chilometro dello Zoncolan. Sono cose che solo chi le ha vissute può capire. Il motivo per cui si fa quel mestiere, con tutto quello che comporta.

Allenatore e… console: cosa fa adesso Agnoli?

05.02.2021
4 min
Salva

Rimboccarsi le maniche, non mollare mai, sapersela cavare… quando il ciclista mette insieme tutto ciò diventa un campione. Se invece quell’uomo lo fa nella vita di tutti giorni diventa un’imprenditore… di se stesso. Che poi è come si definisce Valerio Agnoli.

Il corridore laziale, storica spalla di Nibali, ha chiuso la sua carriera con il professionismo a fine 2019 quando ancora vestiva i colori della Bahrain Merida e lo ha fatto in modo un po’ brusco. Ben 16 stagioni da pro’. Fu tra i primi nel ciclismo moderno a passare giovanissimo, non aveva compiuto neanche 20 anni. Valerio avrebbe voluto continuare. Però, come accennato, non si è perso d’animo ed oggi fa tante cose.

Agnoli a Maranello con i piloti Alessandro Pier Guidi (a sinistra) e Nicklas Nielsen (al centro)
Agnoli a Maranello con il pilota danese Nicklas Nielsen

Allenatore di piloti

«Eh sì, devi saperti rigenerare – spiega Agnoli – Tra le mie iniziative c’è quella di collaborare con Med-Ex, medical partner della Scuderia Ferrari. Con l’utilizzo della bici cerchiamo di riprodurre sotto l’aspetto fisico e psicologico quel che succede in un gran premio. Ma di più non posso dire, con i motori di un certo livello ci sono norme severe sulla privacy».

Per il ciociaro questa è un’opportunità ghiotta e stimolante a quanto pare. Lui li segue quindi per quel che concerne l’allenamento, dà loro consigli e spesso ci esce in bici. E’ stato così anche all’autodromo di Vallelunga a fine 2020 quando lui e i suoi piloti hanno svolto sedute particolari, come si è visto dai social. Sedute evidentemente volte alla necessità di essere lucidi e reattivi durante i Gran Premi.

Quel che sta proponendo Agnoli è particolare. E’ un po’ quel che ha fatto McLaren quando è entrata nel ciclismo con Bahrain (anche se adesso è uscita). Solo che Valerio lo sta facendo al contrario: porta la bici nei motori. Questo è un ambito di lavoro molto e curioso. Un aspetto diverso: la bici applicata ad un altro sport, un bel laboratorio.

Valerio Agnoli, 36 anni, ha chiuso la carriera nella Bahrain Merida a fine 2019
Agnoli, 36 anni, ha chiuso la carriera nella Bahrain Merida a fine 2019

Addio amaro

Agnoli ha entusiasmo. Non ha lasciato vincere la delusione per essere rimasto a piedi, anzi l’ha trasformata in grinta. Quella che lo contraddistingueva da corridore.

«Devi essere imprenditore di te stesso, nella vita normale non hai il procuratore – racconta Agnoli – quel che fai, lo fai da solo. A quanto pare, proprio i procuratori si erano strappati i capelli pur di trovarmi una squadra, ma non ci sono riusciti. Neanche un’offerta… Se poi ci aggiungi un diesse che ti dice: per correre devi sperare che cada un tuo compagno, allora capisci che forse doveva andare così. Quale diesse? Era uno dell’Est… Io per non aggravare la situazione non ho voluto fare polemica. Mi sono ritrovato man mano a fare gare di secondo piano, salvo poi sapere che sarei partito per il Giro una settimana prima del via».

Ma se dopo la carriera Agnoli sperava di stare più tranquillo si sbagliava, per fortuna! Oltre al progetto con i piloti infatti Valerio è anche presidente della struttura tecnica del Comitato Fci del Lazio e collabora con Visit Lazio.

«Giusto qualche giorno fa, il neopresidente del Comitato regionale del Lazio, Maurizio Brilli, mi ha contattato e mi ha offerto questa carica. In pratica sono il capo dei Ct del Lazio. Io ho accettato subito e la mattina dopo gli ho presentato subito delle idee».

Agnoli è testimonial del turismo laziale
Agnoli è testimonial del turismo laziale

Il “console” Agnoli

«E poi c’è il discorso sul turismo, un qualcosa di grande – racconta con passione Agnoli – i video che abbiamo fatto con Visit Lazio hanno avuto oltre 2,5 milioni di interazioni. Per ora il progetto ha riguardato solo la provincia di Frosinone. Dovevamo toccare tutti e 91 i Comuni della provincia e per ora siamo oltre i 50. Il Lazio ha posti incantevoli e il tema della mobilità alternativa che coinvolge anche il food è forte e in crescita. Mi definisco un console della mia terra, più che un ambassador!».

«Il progetto con Visit Lazio è nato durante il lockdown grazie alla consigliera al turismo della Regione Lazio, Sara Battisti, nell’ambito del progetto “Ripartiamo dal Turismo”. Abbiamo proposto idee, girato dei video ogni settimana e alla fine quel che producevamo finiva sulle pagine social della Regione, pagine che hanno oltre 200.000 follower ciascuna, quindi una bella visibilità. In più sono già pronti dei percorsi permanenti. I file già ce li ho».

Insomma Valerio Agnoli, non si risparmia. «Ah dimenticavo! Sto ultimando anche il corso da direttore sportivo di terzo livello».