Paret-Peintre, il re del Ventoux ha fiutato l’Angliru

25.08.2025
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TORINO – Se sei francese e arrivi a braccia alzate sul Mont Ventoux al Tour, la tua vita non sarà mai più la stessa. Valentin Paret-Peintre sa bene che quell’istantanea dello scorso 22 luglio rimarrà per sempre scolpita nella sua mente e nella storia dello sport transalpino. Però, al tempo stesso, non è nemmeno tipo da sedersi sugli allori e ha già nel mirino la prossima impresa.

Suo fratello maggiore Aurélien ne aveva predetto l’ascesa quando ancora non si era affermato al Giro ed aveva ragione, forse perché conosceva bene la sua caparbietà. Dopo la fuga vincente di Cusano Mutri nel 2024 e l’apoteosi in cima al colosso provenzale, ora il ventiquattrenne della Soudal-Quick Step è alla Vuelta con un solo obiettivo: chiudere il cerchio e imporsi anche nella corsa spagnola. Diventando così uno dei corridori capaci di trionfare in almeno una frazione in ciascuna delle corse di tre settimane. E visto che ama sognare in grande, Valentin fa l’occhiolino a un’altra salita mitica di questa edizione.

Sul Mont Ventoux, Paret Peintre ha avuto ragione di Healy con l’ultimo scatto
Sul Mont Ventoux, Paret Peintre ha avuto ragione di Healy con l’ultimo scatto
Valentin, quanto è cambiata la tua vita dopo la vittoria in una tappa così iconica al Tour de France?

In Francia è stato qualcosa di pazzesco, ma forse ancora di più per Paesi come il Belgio. Lì magari conoscono solo il Mont Ventoux o poche altre salite del Tour, per cui per loro ha un significato persino maggiore. La mia vita è cambiata moltissimo. Mentre mi alleno, mi è capitato che alcune volte qualche macchina mi abbia superato e si sia fermata a bordo strada solo per fotografarmi e devo dire che è davvero folle.

Ora che è passato un po’ di tempo, ci racconti a freddo che cosa ha voluto dire per te?

Ho provato spesso a pensare ad altro e a non rimanere troppo legato a quel giorno o alle vibrazioni positive che mi ha lasciato l’ultimo Tour de France, ma a volte è impossibile. Mi capita di vedere qualche video sui social, magari per caso, e quello che provo è ancora speciale, pure a distanza di settimane. E’ stato dieci volte più grande rispetto a vincere al Giro, anche perché non dovevo nemmeno correre il Tour e poi ero lì per aiutare Remco. Dopo il suo ritiro, ho avuto maggiore libertà, ma non avrei mai pensato di vincere una tappa al Tour nella mia vita, tantomeno di riuscirci così presto. 

Tuo fratello aveva detto che saresti arrivato e così è stato. E adesso?

Ora il mio obiettivo è di vincere anche alla Vuelta, così da entrare nel club ristretto dei corridori che sono riusciti a lasciare il segno in tutti e tre i Grandi Giri. Vincere al Giro o al Tour è stato davvero stupendo, forse stavolta sarà persino più facile, se posso dirlo. Non mi aspettavo di vincere così presto al Tour de France, per cui ora sono davvero convinto di avere le carte in regola per chiudere la mia personale trilogia.

Giro d’Italia 2024, a Cusano Mutri il filiforme Valentin Paret Peintre vince con 29″ su Bardet
Giro d’Italia 2024, a Cusano Mutri il filiforme Valentin Paret Peintre vince con 29″ su Bardet
Oltre a puntare alla vittoria di tappa aiuterai anche il tuo compagno di stanza Mikel Landa?

Con lui siamo grandi amici. Vediamo come si sentirà nei primi giorni e valuteremo se potrà puntare a un piazzamento nella classifica generale o se anche lui metterà nel mirino qualche vittoria di tappa. La prima settimana sarà cruciale per capire quale sarà la miglior tattica da adottare.

Hai messo nel mirino qualche frazione in particolare?

Alla Vuelta è tutto molto più aperto e bisogna cogliere ogni opportunità che si presenta davanti. Certo, non sarebbe per niente male vincere al Ventoux e sull’Angliru nello stesso anno, ma sarà dura riuscirci. 

Trovi che la Vuelta sia molto diversa dagli altri due Grandi Giri?

Sì, decisamente e l’ho già notato l’anno scorso. Devi sempre attivare la “modalità attacco” perché non si sa mai cosa può succedere, anche nelle tappe più piatte. E’ una lotta ogni giorno e ogni tappa può essere quella giusta.

Sei pronto all’accoppiata Tour-Vuelta dopo aver corso Giro e Vuelta l’anno passato?

Adoro le corse di tre settimane, sono il mio pane. Sono convinto di recuperare molto più velocemente rispetto a tantissimi altri e mi sento sempre benissimo nelle ultime frazioni. Nei Grandi Giri, mi guardo attorno e vedo tutti che sentono la fatica, mentre io miglioro giorno dopo giorno e mi automotivo. Questa è la cosa che mi piace di più.

Valentin Paret Peintre, classe 2001, è pro’ dal 2022: 1,78 per 52 kg da quest’anno è alla Soudal
Valentin Paret Peintre, classe 2001, è pro’ dal 2022: 1,78 per 52 kg da quest’anno è alla Soudal
Sei pronto anche per indossare la maglia della nazionale francese sul finale di stagione?

Devo dimostrare nella Vuelta quanto valgo e mi piacerebbe partecipare al mondiale, ma anche all’Europeo, visto che correremo in Francia, a circa due ore da casa mia. Entrambi i percorsi si addicono alle mie caratteristiche, per cui farò di tutto per essere selezionato. Ho parlato con Thomas Voeckler e lui è curioso di vedere come arriverò all’ultima settimana della Vuelta.

In generale, come ti sei trovato con la nuova casacca?

Devo dire che tante piccole cose sono cambiate rispetto al passato. Nel Wolfpack si parte sempre per vincere, in ogni corsa, e adoro quest’attitudine, che si addice di più a me. Ci prendiamo anche dei rischi per inseguire il successo a tutti i costi, mentre alla Decathlon AG2R non accadeva così. 

Tornerai al Giro l’anno prossimo?

Spero proprio di sì, è una corsa che adoro. La mia fidanzata vive sul versante francese del Moncenisio, per cui mi alleno spesso anche sul versante italiano e mi piace molto. Dopo il Tour, sono stato in Italia per alcuni allenamenti e mi è piaciuto che quasi ogni ciclista che mi ha incrociato mi abbia gridato: «Ehi, Paret-Peintre, complimenti!». E’ un po’ la mia seconda casa. Inoltre, qui c’è una grande conoscenza del ciclismo e lo si vede anche con questa partenza della Vuelta da Torino. Sono felicissimo di avere tanti tifosi italiani così calorosi.

Tour: sprinter e scalatori puri a rischio estinzione? Parla Bramati

09.08.2025
6 min
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Poche tappe per velocisti e scalatori puri in difficoltà con i big. L’ultimo Tour de France è stato un bel crocevia per sprinter e grimpeur puri. Una volta c’erano dieci giorni di “piattoni” e la Grande Boucle diventava il festival dei velocisti, ma forse era anche troppo. Oggi invece nei percorsi si inseriscono difficoltà, strappi, pavé. Pensiamo alle prime tappe già con le sfide fra Pogacar e Van der Poel o le fughe di Healey. Per contro, corridori Lenny Martinez e Valentin Paret-Peintre, bravissimi in salita, hanno dovuto anticipare per non essere schiacciati dagli uomini di classifica. Ci chiediamo perciò che futuro ci sia al Tour per queste due tipologie di ciclisti.

Per questo ragionamento abbiamo coinvolto Davide Bramati, direttore sportivo della Soudal-Quick Step. Il “Brama” aveva in corsa sia il velocista puro, Tim Merlier, e lo scalatore Paret-Peintre. Proprio i quei giorni Thierry Gouvenou, responsabile per ASO dei tracciati, per esempio aveva detto che per motivi di share televisivo e di attenzione si sta pensando di eliminare o limitare al massimo le tappe piatte.

Davide Bramati (qui al microfono di Jens Voigt) è direttore sportivo della Soudal dal 2010
Bramati (qui al microfono di Jens Voigt) è direttore sportivo della Soudal dal 2010
Davide, dunque, come vedi il futuro per queste due categorie così particolari e specifiche?

Il giorno che Gouvenou ha rilasciato quell’intervista c’era stata una tappa anomala con tanto vento contro e quindi meno bagarre. In più le tappe precedenti erano state affrontate ad alta velocità e ci stava un giorno di “relax”, però secondo me le tappe in volata e i velocisti ci saranno sempre. I velocisti sono parte del ciclismo e della sua storia. Magari si faranno delle volate con finali diversi o con qualche strappo, perché alla fine magari guarderanno anche la sicurezza al fine di arrivare con gruppi meno numerosi o più allungati. Però è giusto avere delle volate anche nei Grandi Giri, non puoi fare secondo me tre settimane impegnative.

Però è anche vero che c’è un importante incremento delle salite, tante volte ormai si arriva in volata dopo 2.000-2.500 metri di dislivello: cambierà negli anni il fisico del velocista? Sarà un po’ meno da 2.000 watt e un filo più scalatore?

Sicuramente il velocista dovrà essere sempre più pronto anche a passare certe salite. Penso per esempio alla seconda tappa che ha vinto Milan: non era un percorso facile. Eravamo sui 2.000 metri, forse le salite erano un po’ lontane dall’arrivo, però sicuramente il velocista ha faticato. E infatti si erano staccati. Di certo in futuro lo sprinter dovrà adeguarsi se i percorsi saranno sempre più duri: non dovrà solo mantenere l’esplosività, la velocità, ma dovrà anche migliorare in salita.

Chiaro…

Però torno indietro, ma non penso che cambierà tanto, almeno spero. In un Grande Giro i metri di dislivello sono già veramente tanti, metterne ancora più per avere meno volate, mi sembra portare il nostro sport su altre vie. E’ già molto duro, è sempre più duro e nonostante tutto le velocità che si stanno facendo sono pazzesche.

Prendiamo il tuo Merlier, per esempio, ci lavori da anni ormai: hai notato una sua trasformazione?

Tim in questi ultimi due anni è migliorato in salita e non ha perso la sua esplosività, la sua velocità. L’anno scorso ha vinto la tappa di Roma al Giro d’Italia, quindi l’ultima, superando le grandi montagne, quest’anno ha finito il Tour de France… In questi ultimi due anni lo vedo migliorato in salita senza aver perso il suo spunto.

Nel tempo anche i velocisti puri saranno destinati a dover tenere di più in salita. Qui Merlier contro Milan
Nel tempo anche i velocisti puri saranno destinati a dover tenere di più in salita. Qui Merlier contro Milan
C’è stata una tappa dell’ultimo Tour in cui Tim non è riuscito a tenere per giocarsi la volata?

Sì, ma non per questioni di dislivello. Penso alla prima vittoria di Milan. Quel giorno Merlier forò a 10 chilometri dall’arrivo e con le velocità di adesso paghi dazio. Ha cambiato bici, è rientrato però aveva speso troppo. C’erano questi ultimi tre chilometri in cui si girava a destra, la strada saliva, c’era una rotonda, da lì scendevi a tutta velocità e poi altre due rotonde prima dell’ultimo chilometro in leggera salita. Lì, ai 500-600 metri dall’arrivo, ha pagato lo sforzo per tornare in posizione per poter disputare lo sprint.

Passiamo agli scalatori. Voi in Soudal-Quick Step siete stati bravi nella gestione Paret-Peintre. Però viene da chiedersi se uno scalatore potrà mai tornare a fare classifica al Tour de France…

Sono convinto che in questo ciclismo se uno scalatore puro decide di non fare classifica è meglio. Voi avete nominato Martinez e Valentin, emblema di questa categoria. Noi non siamo mai partiti con l’idea di puntare alla maglia a pois, tutti eravamo venuti con un altro obiettivo che ben sapete (fare classifica con Remco Evenepoel, ndr) e di conseguenza i piani sono cambiati. Il giorno del Ventoux entrare nella fuga era importante e non facile: erano già state fatte le prime due ore a 52-53 all’ora. Per uno del suo peso era importante avere dei compagni vicino come di fatto è accaduto. Penso che per un vero scalatore l’obiettivo dipenda soprattutto da ciò che vuole la squadra.

Cioè?

Penso all’aiuto nel tenere la posizione: se è lui che deve essere aiutato o se deve aiutare. Se può riposarsi nelle tappe di pianura oppure se deve tenere. E torniamo al discorso del fare classifica o no. Per me è meglio che sia libero e punti alle tappe. Oggi se sei nei primi dieci della classifica e vai in fuga non è facile che ti lascino andare. Se sei al ventesimo posto è più facile.

Nella tappa del Ventoux. le prime due ore sono state corse a velocità supersoniche. Gli scalatori puri erano in difficoltà
Nella tappa del Ventoux. le prime due ore sono state corse a velocità supersoniche. Gli scalatori puri erano in difficoltà
Quindi anche per il futuro sarà un po’ destinato o a tirare per un vero big o a uscire di classifica?

Non è detto, non è facile rispondere: alla fine quanti scalatori puri c’erano davvero in gruppo al Tour? Restiamo sempre a quei due nomi. Nella tappa del Ventoux, come detto, hanno fatto le prime due ore in pianura ad oltre 50 di media e non è così scontato che atleti con quelle caratteristiche restino in gruppo. Al Tour tutte le tappe sono state fatte a velocità folli e sicuramente loro spendono di più di un corridore-scalatore di 60-63 chili, questa è la differenza. Però sicuramente sono corridori che quando la strada sale si vede che hanno ancora qualcosa in più. Nel caso di Martinez e Paret-Peintre sono ancora giovani, bisogna aspettare per giudicare.

Quindi secondo te in chiave futura al Tour de France chi è più a rischio: lo sprinter o lo scalatore puro?

E’ una domanda a trabocchetto e non è facile poter rispondere. Ad oggi io terrei il ciclismo esattamente com’è, perché è veramente un ciclismo spettacolare, corso ad alti livelli. Bisognerà capire cosa succederà fra qualche anno quando non ci saranno più questi tre-quattro dominatori assoluti. Magari si apriranno altri scenari. Io credo che certe frazioni piatte e certi corridori ci saranno sempre, sono parte del ciclismo.

E gli scalatori? Passeranno ancora gli scalatori da 50-55 chili, i Pozzovivo della situazione?

Dipenderà da quel che vogliono le squadre. Però dipende anche dal corridore. Valentin per esempio nonostante i suoi 52 chili a Parigi, sotto quell’acqua e sul pavé, è arrivato diciassettesimo: non è poco su quel percorso per uno come lui. Quindi in qualche modo sa essere competitivo anche su altri terreni.

Paret-Peintre si prende il Ventoux e la Francia scoppia di gioia

22.07.2025
6 min
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MONT VENTOUX (Francia) – Ogni volta che Valentin Paret-Peintre attaccava o rispondeva a un attacco di Ben Healy sul Ventoux, esplodeva il boato. Noi eravamo proprio in cima al Gigante della Provenza, e sotto di noi c’era la curva ai 150 metri con un maxischermo. Quel maxischermo trasformava il Ventoux in uno stadio e Paret-Peintre nel loro eroe.

Un eroe francese sulla montagna simbolo di questo Tour de France. Ascoltavamo i commenti dei cugini: questa per loro era la tappa simbolo, quella a cui forse tenevano di più. Il fatto che abbia vinto uno dei loro significa tantissimo. Sul Gigante della Provenza non fa né freddo né caldo, ma c’è sempre un certo venticello che complica le cose per gli attaccanti e per chi è a bordo strada.

Sul Ventoux un bagno di folla, nonostante strade chiude da due giorni. E i francesi godono con Paret-Peintre
Sul Ventoux un bagno di folla, nonostante strade chiude da due giorni. E i francesi godono con Paret-Peintre

Finale da brivi

Gli ultimi 2.700 metri erano praticamente tutti controvento, esclusi gli ultimi 80 metri dove si girava. Paret-Peintre oggi ha fatto una vera impresa: ha gestito lo sforzo, non ha perso la testa quando davanti erano rimasti i corridori sulla carta più forti. Con la voglia di conquistare un traguardo ambizioso si è messo sotto: è stato il primo a scattare, il primo ad aprire il drappello dei contrattaccanti e il primo a richiudere sullo spagnolo.

E’ stato intelligente anche nella gestione dello sforzo quando sono iniziati gli scatti con Healy. Il finale è storia che tutti abbiamo visto: una volata tesissima e quella mezza ruota che precede quella dell’irlandese.

Dopo il traguardo abbiamo incontrato Davide Bramati, ci saluta, si ferma, tira fuori il braccio dall’ammiraglia. «Non riesco a parlare», ci “urla sottovoce”… senza voce. Riesce appena a sussurrare qualcosa. La gendarmerie fa sgombrare tutti. E’ il caos solito, solo che stavolta siamo in cima a una montagna di 1.910 metri e la strada è strettissima.

Il Brama forse vorrebbe parlare molto più di altre volte, ma proprio non ci riesce. A chiudergli la gola è un mix di emozioni e la voce effettivamente se n’è andata. Solo quando da dietro piomba Ilan Van Wilder e si sente un “Brama” in un italiano perfetto, il direttore sportivo ferma di nuovo la macchina. I due si abbracciano e scoppiano a piangere. Stavolta neanche il gendarme s’intromette.

Van Wilder come Pogacar

«Abbiamo giocato bene le nostre carte – racconta Van Wilder – Valentin ha attaccato, mi ha detto che si sentiva molto bene. Io invece no, quindi è stato facile scegliere di tirare per lui. Non sono egoista, se un mio compagno sta meglio di me corro per lui. Così ho accelerato e Valentin è partito dalla mia ruota. A quel punto, quasi all’improvviso, ho ritrovato il mio ritmo e le mie gambe. Ho fatto un crono con e contro me stesso!».

La scalata di Van Wilder ricorda vagamente quella di Pantani nel 2000, quando si staccò e poi rientrò sui migliori.
«Verso il finale – riprende il belga – ho visto che i ragazzi davanti a me non erano lontani e intorno all’ultimo chilometro ero di nuovo davanti. Vedevo che la situazione era difficile per Valentin, sia davanti che dietro. Sentivo che la maglia gialla si avvicinava velocemente quindi non ho esitato. Mi sono messo a blocco e ho tirato per lui.
«Fortunatamente ha fatto una bella volata e ho sentito dallo speaker che aveva vinto. Per radio “Brama” è impazzito completamente. Ha iniziato a urlare, non capivo cosa dicesse. E’ stato incredibile, non dimenticherò mai questa giornata. Per le montagne russe che abbiamo vissuto in questo Tour sono contento per la squadra. E’ come se avessi vinto io». Una chiosa alla Pogacar con Wellens.

In effetti dopo la batosta Remco, questa è stata una grande risposta per la Soudal-Quick Step. La squadra belga ha corso benissimo e, tutto sommato, liberandosi del leader tutti hanno avuto più libertà. Oggi la Soudal ha corso alla perfezione. Oltre a Paret-Peintre e Van Wilder, nella fuga c’era anche Pascal Eenkhoorn.
«E’ stato anche grazie a Pascal – ha concluso Van Wilder – se siamo riusciti a rimanere nel gruppo degli attaccanti. In pianura ha lavorato moltissimo consentendo a me e Valentin di risparmiare energie».

Valentin Paret-Peintre ha conquistato il Ventoux da pochi secondi. Una bevanda per recuperare seduto al fianco della pietra miliare della cima
Valentin Paret-Peintre ha conquistato il Ventoux da pochi secondi. Una bevanda per recuperare seduto al fianco della pietra miliare della cima

Sulla pietra del Ventoux

Quindi ecco l’eroe di giornata. Lo caricano letteralmente dal traguardo, e non ci vuole molto visto che Valentin è il più leggero del Tour: 52 chili. Lo portano dietro il palco dove c’è la pietra miliare tipica delle montagne francesi che indica la cima. Una di quelle pietre con la testa arrotondata, di colore giallo, il nome della montagna e la quota. Lo trascinano lì. Chiede e manda giù una di quelle bevande per il recupero.

La sensazione è che non abbia ancora realizzato l’impresa. Il patron del Tour Christian Prudhomme si avvicina e con ammirazione si complimenta con lui. In fin dei conti è anche la prima vittoria francese in questo Tour. Il fatto che sia arrivata quassù amplifica tutto.

«Una vittoria sul Ventoux… Non so che dire – attacca spaesato Paret-Peintre – è incredibile. Quando chiedono agli appassionati stranieri qual è la salita che conoscono in Francia, dicono il Ventoux. Davvero, non so che dire…

«All’inizio non credevo troppo alla fuga, guardavo cosa succedeva, ma pensavo che stare lì davanti non servisse a nulla. Poi finalmente si è creato un grande gruppo e le cose sono andate meglio. Ho detto a Ilan e a Pascal che mi sentivo davvero bene. Quando poi è partito il drappello di Arensman, la squadra ha scelto di tenere con noi Eenkhoorn. Lui ha tirato e penso che questa sia stata la strategia giusta. Non abbiamo sprecato energie».

Per la squadra

A chi dice che il ciclismo non è uno sport di squadra bisognerebbe far sentire le parole degli atleti e portarli dentro la corsa, dentro il gruppo. Quante cose ci sono che sfuggono.
«Questa vittoria – riprende Valentin – è di squadra. Se non ci fossero stati Eenkhoorn e Van Wilder non avrei vinto».

E questo vale anche a parti inverse, cioè se ci fosse stato ancora il leader, Remco Evenepoel. Anche in quel caso tutti per lui.
«Con Remco in corsa – conclude Paret-Peintre – non so se avrei avuto la libertà di andare davanti. Giustamente eravamo qui per lui. In ogni caso oggi è stato molto diverso rispetto a una giornata come quella di Carcassonne. Lì ho potuto pedalare tranquillamente nel gruppetto e fare così due giorni di recupero (la tappa tranquilla più il giorno di riposo di ieri, ndr), mentre se ci fosse stato Remco sarei dovuto restare al suo fianco. E questi, ai fini del recupero in un Grande Giro, contano tantissimo».

La Francia gode dunque, almeno oggi. Passata l’ondata Alaphilippe (e in attesa di Seixas), i cugini non hanno molto. Non più di noi… E come detto prima, il fatto che un francese abbia vinto quassù, proprio quando tutti davano per scontata la vittoria di Pogacar, è un regalo di quelli grossi. Una bella scossa che rinnova l’amore dei francesi per la loro corsa.
E intanto aspettiamo la prima pagina dell’Equipe di domani…

Valentin Paret-Peintre a tutto tondo: Remco, Landa, il Giro e l’Italia

24.01.2025
5 min
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CALPE (Spagna) – Nei movimenti Valentin Paret-Peintre può sembrare timido invece parla chiaro e a testa alta. Magrissimo, disponibile, simpatico: Valentin ci è sembrato un vero amante di questo sport. Lo scalatore francese lo scorso anno ha conquistato una tappa del Giro d’Italia, quella di Cusano Mutri, dimostrando di poter competere ad alti livelli nelle grandi corse a tappe e nei grandi team. In questo inverno ha fatto un importante passo nella sua carriera, passando dalla Decathlon-Ag2R alla Soudal-Quick Step, una delle squadre più storiche. Qui avrà il compito di supportare due grandi campioni come Mikel Landa e Remco Evenepoel.

Lo rivedremo al Giro d’Italia, questa volta con un ruolo chiave nel supporto di Landa, pronto a mettersi al servizio della squadra in un’edizione che si preannuncia particolarmente aperta senza Vingegaard, Pogacar e appunto il suo compagno Evenepoel e che per questo motivo potrebbe essere di nuovo una gigantesca occasione (anche) per lui (in apertura foto Wout Beel).

Valentin Paret-Peintre (classe 2001) è alla quarta stagione da pro’, la prima con la Soudal-Quick Step
Valentin Paret-Peintre (classe 2001) è alla quarta stagione da pro’, la prima con la Soudal-Quick Step
Partiamo dal cambio di squadra, Valentin. Quali sono le principali differenze tra la Decathlon-Ag2R e la Soudal-Quick Step?

Direi principalmente l’organizzazione e la mentalità. Alla Soudal-Quick Step c’è un approccio molto preciso alla preparazione, con uno staff tecnico estremamente attento ai dettagli. Ho trovato una struttura molto professionale che mi aiuta a crescere giorno dopo giorno. Anche il ruolo che mi è stato assegnato è diverso rispetto al passato: qui sono chiamato a lavorare per i leader, mettendo da parte le ambizioni personali. Non vedo l’ora d’iniziare a correre.

Come stai affrontando questo cambiamento di ruolo? Da fuori potrebbe essere un passo indietro per te: alla Decathlon eri un capitano, qui dovrai lavorare per dei leader. E sono grandi leader…

Ed è questo il punto. Lavorare per i grandi campioni… che è diverso dal fare il gregario per un capitano qualsiasi. E’ una grande responsabilità, ma anche una grande opportunità di apprendimento. Quando ho cercato squadra, ho cercato un leader capace di vincere un grande Giro. La differenza è tutta qui. Se tu fai un buon lavoro sei lo stesso sotto i riflettori e sei riconosciuto per ciò che hai fatto. E penso che con Remco e Mikel io sia nella squadra giusta. Sono circondato da atleti di altissimo livello e da uno staff che sa come ottenere il massimo da ciascun corridore. Mi sto adattando bene e credo che questa esperienza mi aiuterà a crescere sia come atleta che come persona.

Curiosità: con chi sei in camera?

Con Mikel. Abbiamo subito cercato di legare e di conoscerci. Sta nascendo un bel rapporto.

Hai cambiato molto dunque?

Sì, ho cambiato allenatore, preparatore, direttore sportivo e qui c’è un modo differente di vedere il ciclismo: tutto è più strutturato e organizzato per obiettivi. Alcuni di queste obiettivi saranno più difficili da raggiungere… ma resta sempre ciclismo! In più è una squadra con atleti di tante Nazioni, tutto è più internazionale. Ho notato più scambio di idee fra il management e i corridori per affrontare le cose: allenamenti, ritiri… e questo credo sia un bene per rendere il più possibile.

Credevamo andassi al Tour e invece sarai al Giro d’Italia. Sarai un co-leader insieme a Landa?

No, no… sarò lì per aiutare di Mikel. Più o meno farò come l’anno scorso quando ho aiutato Ben O’Connor. Ma io credo che se sarò al fianco di Landa fino alla fine, se riuscirò a fare un buon lavoro sulle grandi montagne, alla fine verrà fuori un buon piazzamento. Ma l’obiettivo numero uno è aiutare Mikel, non il mio piazzamento. Se poi avrò la possibilità di vincere una tappa tanto meglio. Ma sono già contento di poter essere di nuovo al Giro. Ricordo bene l’atmosfera e il pubblico italiano. Farò anche la Tirreno-Adriatico prima: è bello correre da voi.

Valentin Paret-Peintre sfreccia a Cusano Mutri: prima vittoria da professionista
Valentin Paret-Peintre sfreccia a Cusano Mutri: prima vittoria da professionista
Qual è stata l’importanza della vittoria a Cusano Mutri nella tua carriera?

È stata una vittoria fondamentale. Mi ha dato fiducia nei miei mezzi e ha dimostrato che posso competere con i migliori. Ho imparato molto da quella giornata, soprattutto sulla gestione dello sforzo e sulla strategia di corsa. Spero di poter replicare quelle sensazioni nelle prossime stagioni.

Cosa pensi del pubblico italiano?

Il pubblico italiano è straordinario. Ama profondamente il ciclismo e sa come trasmettere il proprio entusiasmo ai corridori. Correre in Italia è sempre speciale perché ci si sente spinti dalla passione dei tifosi lungo le salite più iconiche. Tutti dicono del Tour che è grande, che è seguito. Vero. C’è anche più gente, ma da quello che ho notato in Italia la gente che è a bordo strada è competente, sa di ciclismo. Al Tour vedono l’evento, ma non è detto che tutti seguano il ciclismo.

Sei uno scalatore puro Valentin e hai una certa “sensibilità” per la strada che sale: quali sono, per te, le differenze tra le salite italiane e quelle francesi?

Sulle Alpi (specie quelle occidentali) grandi differenze non ce ne sono. Le salite italiane spesso sono più tecniche e con pendenze più irregolari rispetto a quelle francesi. Le strade sono più strette e il fondo stradale a volte è più impegnativo perché è più sconnesso. In Francia, le salite tendono ad essere più lunghe e con pendenze costanti. Questo cambia il modo di affrontarle sia fisicamente che tatticamente. In Francia si tende ad andare più regolari.

Ecco il francese con Landa: i due saranno al Giro d’Italia (foto Wout Beel)
Ecco il francese con Landa: i due saranno al Giro d’Italia (foto Wout Beel)
Chiaro…

E anche per questo credo che fra i tre grandi Giri, anche se non ho ancora fatto il Tour, quello d’Italia sia il più adatto alle mie caratteristiche.

Una salita simbolo della prossima edizione è il Mortirolo: cosa ne sai? Il tuo capitano Landa ci andò molto forte…

Il Mortirolo è una salita durissima, una delle più difficili e note nel mondo del ciclismo. So che sarà una sfida enorme, quindi sto lavorando molto sulla resistenza e sulla gestione dello sforzo. Con il supporto del team, spero di poter dare il mio contributo nel miglior modo possibile per aiutare Landa nelle tappe decisive.

E con la nuova bici come è andata?

Ah – sorride Valentin – top! Nessun problema ho trovato subito la posizione e il feeling è ottimo. Anche le ruote sono molto scorrevoli. Ho iniziato subito a lavorare anche con la bici da crono. Siamo andati sul circuito di Zolder per migliorare la posizione. E’ stato qualcosa che mai avevo fatto prima. Anche in ottica futura, se dovrò puntare alla classifica generale, questo lavoro a crono mi sarà utile.

Assalto francese. Paret-Peintre sogna. Bardet fa spallucce

14.05.2024
5 min
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CUSANO MUTRI – Succede che ad una dozzina o poco più di chilometri dall’arrivo Valentin Paret-Peintre e Romain Bardet si parlino. In francese ovviamente. Sono a ruota di Andrea Bagioli. Davanti c’è Jan Tratnik che continua a guadagnare.

Un segno. È il momento. I due scappano. E l’affondo è buono. Ora o mai più, altrimenti lo sloveno avrebbe guadagnato troppo.
Rapporto lungo per il corridore della Decathlon-AG2R La Mondiale, lunghissimo per quello della DSM-Firmenich. Sono due scalatori, se lo possono permettere.

Valentin Paret-Peintre (classe 2001) e Romain Bardet (1990) cercano di rintuzzare Tratnik
Valentin Paret-Peintre (classe 2001) e Romain Bardet (1990) cercano di rintuzzare Tratnik

Francesi all’attacco

Il più giovane dei francesi sembra più brillante. È pimpante sui pedali. L’altro giorno eravamo stati in fuga con lui verso Prato di Tivo. Nell’ammiraglia, il suo diesse Cyril Dessel approvava quell’attacco sul Gran Sasso.
«Bene, gli dà fiducia», diceva. Poi man mano che la UAE Emirates tirava, il gruppo dei big si assottigliava e lui era ancora lì, un po’ si stupiva. Forse neanche lui immaginava che il più piccolo dei Paret-Peintre stesse così bene.

«E’ stato stupendo – dice con un filo di emozione e occhi sinceri Valentin – è incredibile. La mia prima vittoria da professionista ed è una tappa in un grande Giro. Tra l’altro con un grande campione come Romain. Dall’ammiraglia mi dicevano di tenere d’occhio lui (come a Prati di Tivo, ndr)».

Ai -3 km dall’arrivo Valentin parte secco. Riprende e stacca Tratnik. Dopo quello di Thomas è il secondo successo francese in questo Giro
Ai -3 km dall’arrivo Valentin parte secco. Riprende e stacca Tratnik. Dopo quello di Thomas è il secondo successo francese in questo Giro

Dessel stratega

Oggi di nuovo in fuga, stavolta Valentin Paret-Peintre ha fatto centro. Gestito ancora magistralmente da Dessel, che gli spiegava il finale e gli immediati chilometri con precisione.

«Cyril – riprende Valentin – mi ripeteva di stare tranquillo, che la salita era lunga, che mi dovevo gestire. Però mi ha detto anche che gli ultimi tre chilometri erano i più duri. Ho capito che quello era il momento. Dovevo approfittare di quelle pendenze. E dopo che sono partito mi incitava. Mi diceva: “Vai, è il tuo momento”. “Ce la puoi fare”».

Campione in crescita

Valentin Paret-Peintre è il figlio di una nuova generazione di ciclisti cresciuti in casa. Non solo la Groupama-FDj in Francia lavora bene, anche la Decathlon-Ag2R La Mondiale, specie con gli juniores, vanta un bel vivaio. E Valentin, come suo fratello Aurelien, è un campioncino costruito in casa. E i suoi margini sono ampi.

«L’obiettivo era quello di andare in fuga – ha detto Paret-Peintre – sapevo che si poteva vincere, ma non era facile. Soprattutto nella prima parte con tutta quella pianura. E infatti mi hanno aiutato molto Touzé e Tronchon: mi hanno consentito di risparmiare molte energie. Ma tutta la squadra ha fatto un grande lavoro. La salita lunga, la fuga giusta, i compagni, le gambe buone… era questione di tante cose che si allineassero».

«Davvero sono felice. Ho preparato bene questo Giro d’Italia, ho fatto per la prima volta in carriera un ritiro in quota. Ho alzato il mio livello. Non so se in futuro vorrò puntare alla generale. Vedremo. Mi piace andare in fuga. So che ogni anno voglio puntare forte su uno dei tre grandi Giri: una volta il Giro, una il Tour, una Vuelta e poi ricominciare».

Romain Bardet all’arrivo di Bocca di Selva. Ha incassato 29″ da Valentin Paret-Peintre
Romain Bardet all’arrivo di Bocca di Selva. Ha incassato 29″ da Valentin Paret-Peintre

Ecco Bardet

Se Valentin Paret-Peintre è preso in carica dai ragazzi del podio, Romain Bardet può far scorrere la sua bici verso il massaggiatore, che lo attende con indumenti caldi ed asciutti e il bibitone per il recupero.

Magro, anzi magrissimo: le sue costole sembrano quasi corpi esterni, Bardet si cambia con calma

E’ dispiaciuto ma non deluso. «Ho cercato di anticipare – ha detto Bardet – perché non stavo benissimo. Anzi, non avevo belle sensazioni alle gambe. Ma questo succede dopo il giorno di riposo, specie quando l’età avanza».

Aurelien completa la festa di famiglia Paret-Peintre. Stacca il drappello dei big, arriva quinto e festeggia per la vittoria del fratello
Aurelien completa la festa di famiglia Paret-Peintre. Stacca il drappello dei big, arriva quinto e festeggia per la vittoria del fratello

Parole da saggio

Intanto sfila Aurelien Paret-Peintre, fratello maggiore di Valentin ed ex compagno di Romain. I due si abbracciano.

Un sorriso e Bardet riattacca: «Vero, ci siamo parlati con Valentin. Volevamo capire come stesse davvero Bagioli. Gli ho detto che dovevamo andare perché perché Tratink aveva un bel vantaggio. Bisognava fare un buon ritmo. Abbiamo collaborato bene. Sapevo che gli ultimi chilometri sarebbero stati difficili per me, come detto le sensazioni non erano positive. Complimenti a Valentin, ha giocato bene le sue tappe».

Infine prima di congedarci, a Bardet viene fatto notare che in classifica generale ha recuperato un bel po’ (ora è 7° a 4’57”). Ma lui fa spallucce. Glissa del tutto. Dice che non ne sa nulla. Scaramanzia? O dubbio eterno degli uomini da corse a tappe se mollare o tenere duro? E’ chiaro che se tiene duro i pretendenti al podio e alle posizioni di vertice non gli lasceranno spazio. Come si è visto oggi con l’inseguimento della Bahrain-Victorious.

Dentro al Giro, in fuga anche noi sull’ammiraglia Decathlon

11.05.2024
7 min
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PRATI DI TIVO – Il messaggio diceva: “Appuntamento alle 11,30 al bus della Decathlon-AG2R La Mondiale. Seguirete l’ottava tappa nella seconda ammiraglia con il direttore sportivo Cyrill Dessel”. E poi seguiva un brevissimo decalogo di regole da seguire. Ma che occasione: vivere e osservare il Giro d’Italia da dentro.

Talmente dentro che ad un certo punto avevamo Tadej Pogacar e Domenico Pozzovivo praticamente aggrappati allo specchietto destro!

Valentin in fuga

Prima di partire Dessel ci spiega più o meno come sarà la giornata. «L’idea è quella di piazzare un uomo in fuga, possibilmente Valentin Paret-Peintre o anche Alex Baudin. E per questo motivo, noi che siamo la seconda ammiraglia partiremo un po’ prima della corsa. Così da accodarci direttamente e non dover superare il gruppo (specie su strade tante tortuose, ndr). Faremo un primo rifornimento da terra al chilometro 33».

Al chilometro 33 perché in teoria la fuga doveva aver preso il largo. E così infatti facciamo. Solo che la UAE Emirates di Pogacar ha messo subito le cose in chiaro e finché il drappello di testa non si è ridotto non ha lasciato spazio. Un minuto scarso, troppo poco per seguire la fuga secondo regolamento. Morale della favola. Siamo ripartiti, ma dietro il gruppo.

I 20 chilometri che seguono sono da follia pura. Si vola. Le ruote dell’ammiraglia stridono, neanche fossimo in un poliziesco americano. E’ una danza e una lotta tra ammiraglia, moto, giudici e qualche corridore che riesce persino a rientrare. Entra ed esci dai borghi umbri. Le pietre delle case sono punti ocra (e oggi anche rosa) nel verde di questa splendida porzione di Appennino Umbro-Laziale.

Finalmente in Valnerina, quando la strada si allarga e ci sono “persino” due chilometri di pianura la giuria dà il via libera alle ammiraglie per andare sulla fuga. E’ qui che facciamolo slalom tra Pogacar, Pozzovivo e tutti gli altri. Nel risalire si lasciano delle borracce ai ragazzi della Decathlon-AG2R La Mondiale. Si ottimizza.

Paesaggi splendidi quelli dell’Appenino Centrale
Paesaggi splendidi quelli dell’Appenino Centrale

L’occhio del diesse

Da questo momento, Dessel prende in mano la situazione. E anche la radiolina. Inizia a dare indicazioni a Valentin Paret-Peintre su come gestire la corsa. Il viso del direttore sportivo, gentilissimo, si fa più concentrato.

Gli illustra la situazione. Anzi, prima ancora gli chiede se ha bisogno di acqua, malto, gel…. Poi con un tono molto calmo, inizia dirgli come saranno i chilometri successivi. Di chi è meglio messo nella generale della fuga. Gli fa notare che la  Ineos Grenadiers ne ha due e Sheffield sta tirando per Narvaez, quindi deve cercare di fare il suo, ma anche di risparmiare il più possibile.

Il tablet con VeloViewer è una fonte inesauribile di dati. Grazie alla connessione di tutta la squadra, Dessel riesce a dire a Valentin che «Fra 80 metri sulla destra c’è Sabino per il rifornimento a terra».

E nel finale Dessel calcola anche il tempo massimo. In una schermata apposita inserisce il time di Pogacar, aggiunge il dato del 18 per cento, il distacco massimo dal vincitore previsto per oggi, e automaticamente gli esce il tempo massimo: 43’36”.

Paret-Peintre attento

I chilometri passano. Si oltrepassa la splendida Leonessa. Si plana con delle curve incredibili su Posta. Quindi Borbona. Dalla Provincia di Rieti, Lazio, si entra in quella dell’Aquila, Abruzzo. Tante curve, paesi stracolmi di gente, boschi e qualche segno ancora del terremoto, anzi dei terremoti sia L’Aquila che Amatrice. Ma per questi argomenti c’è poco tempo. La corsa è sempre più nel vivo. Dietro la UAE Emirates gioca come il gatto col topo. Il distacco è una fisarmonica che non si allontana troppo dal minuto e mezzo.

L’Intergiro è posto su un rettilineo che tira, dopo di che inizia il penultimo Gpm di giornata Una salita di 4 chilometri.

«Valentin – dice Dessel alla radio – stai attento a questo traguardo. Bardet potrebbe approfittare per continuare l’attacco e portare via un drappello». Da dietro Paret-Peintre esegue alla lettera e inizia a marcare il vecchio Bardet. Ma non succede nulla. Perché?

Perché da davanti arrivano notizie che allo scollinamento di Colle Abbio c’è vento. E’ contrario e anche forte e la successiva discesa che porta all’imbocco di Prati di Tivo non è tecnica ed è poco pendente. Insomma, le peggiori condizioni per attaccare.

La Decathlon-AG2R voleva andare in fuga con Valentin Paret-Peintre: missione riuscita
La Decathlon-AG2R voleva andare in fuga con Valentin Paret-Peintre: missione riuscita

Bravo Valentin

Dessel non martella il suo atleta alla radio. Poche indicazioni, ma che gli restino in testa. Semmai qualche indicazione sulla tipologia di strada successiva, indica a chi passerà dopo una strettoia più insidiosa di altre, ma nulla più. 

E il non attacco di Bardet è giusto. Ai -25, a metà della planata l’ultimo rilevamento dice 55” tra fuga e gruppo. Ai -24 radiocorsa annuncia: «Stop per le ammiraglie in fuga. Stop. Stop». Appena troviamo un varco ci fermiamo. Si approfitta per mangiare un boccone. Si lascia passare il gruppo della maglia rosa dove viaggiano anche O’Connor, Aurelien Paret-Peintre e Baudin e quando transitano altri atleti della Decathlon-AG2R La Mondiale ci mettiamo in coda. Con i leader c’è la prima ammiraglia.

Eppure questa sosta sa quasi di beffa. Ancora una volta la UAE Emirates lì tiene lì, ma non chiude. Così succede che Valentin Paret-Peintre attacca da solo sulla scalata finale. Noi non possiamo far altro che seguire il suo tentativo dalla tv dell’ammiraglia… aspettando l’affondo di Pogacar.

Decathlon promossa

Arriviamo in cima scortando Andrea Vendrame e Damien Touzé, che salgono tranquillamente tra i 18 e 23 all’ora, dato che sarà interessante per chi conosce questa scalata. I minuti fioccano, ma i due sono abbondantemente nel tempo massimo. Meglio risparmiare energie. Lungo la scalata la gente cuoce arrosticini. Qualcuno lo prendiamo anche noi, in cambio di una borraccia. E un paio li prende anche Touzé! 

«Penso che oggi sia stata una buona corsa per noi – dice il direttore sportivo – questi attacchi e lo scatto nel finale sono stati importanti per Valentin. Lui è giovane e gli danno fiducia. Volevamo provarci con lui e ci siamo riusciti. Immaginavamo che Pogacar volesse vincere questa mattina al via. Ma dopo una fuga con tante  squadre e difficile da controllare pensavo che lasciasse un po’ più di spazio. Controllarla oggi non era facile, ma lo hanno fatto per tutto il giorno. 

«E poi penso sia stata una buona tappa anche per Ben O’Connor. Lui ha bisogno di muoversi così. E’ arrivato terzo. Ha preso l’abbuono. E se la può giocare per il podio. Credo sia qualcosa di realistico».

Ai 500 metri dal traguardo la deviazione ammiraglie interrompe la nostra avventura “dentro al Giro”. Una giornata ricca di passione e adrenalina. Lo sportello si apre. Un cinque con Dessel e il meccanico Michel Szkolnike si va… a scrivere questo pezzo.