WALBRZYCH (Polonia) – Succede di tutto negli ultimi 25 chilometri della terza tappa del Tour de Pologne, quella col maggior dislivello e per questo temuta dalla maggior parte del gruppo, leader compresi. Vince Ben Turner allo sprint, però i tempi vengono azzerati a causa di una grossa caduta.
Riviviamo il finale
Prima attaccano Ulissi e Milesi che si riportano sull’australiano O’Brien della Jayco-Alula, unico reduce della fuga di giornata. Qualche istante dopo finisce a terra la prima parte del gruppo che coinvolge tra i tanti Baroncini (che stava tirando), Vacek, la maglia gialla Lapeira e Haig. I primi due dovranno abbandonare la corsa.
Nel frattempo, i tre fuggitivi guadagnano subito un minuto di vantaggio, quando a 15 chilometri dalla fine la giuria decide di neutralizzare la corsa. La mancanza delle ambulanze necessarie già impegnate nel soccorrere i corridori contusi obbligano gli organizzatori a fermare tutto, come ci viene confermato in mixed zone da Czeslaw Lang, direttore del Tour de Pologne. Dopo un quarto d’ora di sosta, spiegazioni e mugugni, Ulissi, Milesi e O’Brien ripartono con lo stesso vantaggio, come vuole il regolamento, sul gruppo o ciò che ne resta.
I tre battistrada ci credono, anche se il loro margine cala vistosamente. Vengono ripresi in vista del triangolo rosso quando viene lanciata una volata molto anomala. L’inglese della Ineos Grenadiers esulta battendo Pello Bilbao e Bagioli, però dopo il traguardo gli umori dei due italiani in fuga non sono granché. Ulissi preferisce andare via subito, comprensibilmente, Milesi ci concede qualche minuto nonostante la delusione del mancato possibile risultato.
Ulissi e Milesi si riportano su O’Brien guadagnando subito sul gruppo. Ci credono, ma arriva la neutralizzazioneUlissi e Milesi si riportano su O’Brien guadagnando subito sul gruppo. Ci credono, ma arriva la neutralizzazione
Sogno accarezzato
Lorenzo Milesi arriva al bus della Movistar col volto corrucciato, ma forse sapendo di essere sulla strada giusta per ritrovare un buon morale. Bisogna dire che già al termine della prima tappa era stato coinvolto in una caduta che lo aveva condizionato nella pedalata alla caviglia sinistra. Con lui ritorniamo in questi ultimi concitati chilometri.
«Nel finale abbiamo provato Diego ed io – racconta con rammarico – ed eravamo molto fiduciosi di arrivare in fondo. Poi hanno neutralizzato la gara. Dietro hanno potuto recuperare, con gente che si era staccata e poi ha iniziato a tirare quando siamo ripartiti. E’ diventato impossibile pensare di arrivare al traguardo. Comunque io ci ho creduto lo stesso, tirando forte, anche quando siamo ripartiti, perché sapevo di potermela giocare con Diego, ma alla fine è andata così. Sento che la gamba sinistra mi fa ancora male, ma almeno questa azione è stata una iniezione di fiducia mentale».
Turner vince la terza tappa del Pologne battendo Pello Bilbao e Bagioli. L’altra sua unica vittoria l’aveva ottenuta a febbraio 2023Turner vince la terza tappa del Pologne battendo Pello Bilbao e Bagioli. L’altra sua unica vittoria l’aveva ottenuta a febbraio 2023
Forma in crescita
Milesi verso il traguardo di Walbrzych ha tentato l’azione giusta come già aveva fatto al Tour de Wallonie una settimana fa.
«Dopo un mese di altura – riprende il 23enne bergamasco – avevo trovato una buona condizione nella gara belga, dove è mancata solo la vittoria (un secondo e un terzo posto di tappa, ndr). Anche qua in Polonia sento di avere iniziato comunque col piede giusto, malgrado tutto. Ecco, diciamo che con queste botte muscolari, non c’è tempo di poter avere una giornata tranquilla perché ormai si è sempre a tutta, ovunque. Qua l’obiettivo era proprio quello di centrare una tappa e poi cercare di fare molto bene nella crono conclusiva.
«In squadra – sottolinea Milesi – mi trovo benissimo e lo immaginavo. Forse si aspettava qualcosa in più da me, però ora voglio rimediare. Come dicevo prima, sono proprio mancati i risultati. Ho iniziato la stagione tra cadute e influenze. Mi sono ritrovato ad inseguire la condizione minima per correre».
A 15 km dall’arrivo, dopo un quarto d’ora di sosta, si ripartirà con lo stesso vantaggio, ma l’azione dei tre verrà vanificata ai mille metriA 15 km dall’arrivo, dopo un quarto d’ora di sosta, si ripartirà con lo stesso vantaggio, ma l’azione dei tre verrà vanificata ai mille metri
Mirino puntato
Contestualizzando tutto, Milesi può essere soddisfatto di come le gambe gli stiano girando in questo periodo. Con un pizzico di buona sorte in più può programmare ancora meglio i prossimi obiettivi.
«Diciamo che mi sto ritrovando – chiude – e mi piacerebbe vincere qualche gara in Italia, visto che farò quasi tutto il calendario delle nostre classiche fino al Lombardia. Vediamo di fare bene. Anche perché alla fine tutti gli anni si cresce in qualche fondamentale e scopri che devi migliore in qualcos’altro. Quindi viviamo giorno per giorno, scoprendo cosa dovrò fare anche in funzione del 2026».
La quarta tappa del Tour de Pologne dovrebbe essere la rivincita per i velocisti. Si parte da Rybnik e arriva a Cieszyn dopo 201 chilometri con l’ultimo “gpm” molto lontano dal traguardo. Mentre si chiude il truck della sala stampa, giungono notizie incoraggianti sui corridori caduti. Ne avevamo bisogno tutti.
LEGNICA (Polonia) – Sul traguardo della tappa inaugurale del Tour de Pologne finisce come ci si aspettava. Volata doveva essere e volata è stata con Kooij che ha mantenuto i pronostici battendo al colpo di reni Magnier e Plotwright. Domani però si inizia già a salire e i tanti uomini di classifica che ambiscono a fare bene non possono restare attardati.
Si resta in Bassa Slesia, vicinissimi al confine con la Repubblica Ceca. Il profilo della seconda tappa propone quattro “gpm” di seconda categoria, tante salitelle intermedie e l’arrivo agli 800 metri di Karpacz, tutto racchiuso in poco meno di 150 chilometri. Il finale strizza l’occhio non solo ai passisti-scalatori, ma anche a quei corridori che sanno tenere su percorsi simili dotati di un bello spunto veloce in gruppetti ristretti. Le caratteristiche di Alberto Bettiol, per fare un esempio pratico e per dire il nome di un atleta che vorremmo rivedere davanti. E allora fuori dal bus della XDS-Astanail diesse Alexandre Shefer non si nasconde nel descriverci come vede l’ex campione italiano, senza tralasciare qualche pungolata di stimolo e motivazione.
Ulissi (2° nel 2024) e Bettiol sono gli uomini che faranno classifica al Tour de PologneUlissi (2° nel 2024) e Bettiol sono gli uomini che faranno classifica al Tour de Pologne
Il Tour de Pologne è sempre una gara valida per potersi rilanciare. Sarà così anche per Bettiol?
Vediamo come andrà. Alberto ha fatto altura e secondo me è in forma. Nella prima parte di stagione ha avuto qualche acciacco, un po’ malato e altri problemi vari. Ora però siamo venuti in Polonia per fare classifica con lui.
Quindi non curerete la generale con Ulissi che nel 2024 qua aveva fatto secondo per pochi secondi?
Si divideranno i gradi di capitano, poi vedremo cosa dirà la strada. Rispetto agli altri anni, quest’anno il percorso del Pologne è piuttosto duro. Non ci sono grandi salite, ma ci sono tante salite abbastanza corte. Infatti il dislivello complessivo è più alto. Tuttavia quando Bettiol sta bene non ha problemi su questi tracciati. E guardando la lista dei partenti può giocarsela. Ci sono tanti buonissimi corridori, ma non i fenomeni alla Pogacar per capirci.
Il diesse Shefer ha voluto “responsabilizzare” Bettiol al Polonia, da cui si aspetta un segnaleIl diesse Shefer ha voluto “responsabilizzare” Bettiol al Polonia, da cui si aspetta un segnale
Vi aspettate quindi che possa essere là davanti con i migliori?
Certo, anche per tutta onestà quando parliamo di “fare classifica” intendiamo dal terzo posto in giù, visto che forse qualche corridore più scalatore di lui c’è. Più che altro, abbiamo scelto così perché Bettiol deve dare un segnale che c’è.
Lo avete fatto per una questione morale?
Sì esatto, ma anche per dargli qualche responsabilità in più. Se lui ci fa una buona classifica o anche un paio di tappe, magari con una vittoria, può puntare alle prossime gare con maggiore fiducia. C’è il calendario italiano, ci sono le gare canadesi e altre corse adatte a lui. Può fare un finale di stagione in crescendo. Un buon corridore come lui deve lasciare un segno in questo periodo.
Avete parlato con lui di questo aspetto?
Lui ha ancora due anni di contratto, ma bisogna guardare il presente. Noi abbiamo cercato di fargli capire la situazione. Noi tecnici e tutta la XDS-Astana teniamo a Bettiol. Uno come lui non può essere così assente durante la stagione. E’ un discorso che vale per lui quanto per noi, che abbiamo bisogno di lui. Ed anche il ciclismo italiano ha bisogno di ritrovare il miglior Bettiol.
Come avete visto Bettiol per questo Pologne?
Bene. Anzi, è la prima volta di quest’anno che l’ho visto pronto. E’ magro, tirato, concentrato. Vedremo da domani in avanti, ma lo vedo “a puntino”.
Intanto a Legnica, Kooij ha battuto allo sprint Magnier e Plotwright, ma non si è sbilanciato sul suo contratto in scadenzaIn mixed zone Kooij non si è sbilanciato sul suo contratto in scadenza, anche se ha detto che ne parlerà più avantiA Legnica, Kooij ha battuto allo sprint Magnier e Plotwright, ma non si è sbilanciato sul suo contratto in scadenzaIn mixed zone Kooij non si è sbilanciato sul suo contratto in scadenza, anche se ha detto che ne parlerà più avanti
Kooij e il suo futuro
Durante la team presentation di ieri è stato il più nominato per il (quasi scontato) arrivo allo sprint. Un po’ perché Olav Kooij ha sempre centrato un successo al Tour de Pologne dal 2022 in avanti, un po’ perché tra i velocisti al via è quello più continuo nei risultati. Kooij “doveva” vincere e Kooij ha vinto, centrando il suo quinto sigillo nella corsa polacca (43° in carriera) ed indossando la prima maglia gialla di leader proprio come era successo nel 2022. Il 23enne velocista della Visma | Lease a Bike in mixed zone ha rivissuto la volata e sul suo contratto in scadenza quest’anno non si è sbilanciato.
«Mi piace questa gara – ha risposto l’olandese – ed è sempre un grande onore per me vincere su queste strade. E’ stata la mia prima vittoria dopo la tappa di Roma al Giro. Nel mezzo ho fatto un buon periodo di recupero, solo due gare e tanto lavoro per la seconda parte di stagione. Non ho visto la caduta (ad 1,6 chilometri dalla fine, ndr) perché è successa dietro di me. Devo ringraziare la squadra che ha lavorato tutto il giorno e soprattutto nel finale. Grazie a loro non è così difficile vincere da pronosticato (sorride, ndr). Sul mio futuro posso dirvi che sono molto emozionato, ma non posso dirvi nulla perché non sarebbe giusto adesso. Ho avuto diverse proposte e ho fatto tante chiacchierate, però ci saranno tempo e posti per dire tutto quanto».
Un mese al Tour de Pologne che dopo la caduta di Jakobsen ha fatto scelte forti sul tema della sicurezza. Ne parliamo con Agata Lang. Poi andremo a vedere
Astoria Wines si conferma ancora una volta protagonista sui podi del Tour de Pologne e del Tour de Pologne Women. La storica collaborazione tra il marchio trevigiano produttore di Prosecco e le prestigiose gare ciclistiche polacche celebra l’energia del ciclismo e lo spirito vincente che lo contraddistingue. Il sodalizio, che si rinnova per le edizioni in programma dal 4 al 10 agosto (Tour de Pologne UCI WorldTour) e dal 12 al 14 agosto (Tour de Pologne Women), promette di portare sulle strade della Polonia non solo le emozioni delle corse a tappe, ma anche il gusto autentico della celebrazione.
Il Prosecco Astoria tornerà a essere il simbolo dei momenti di festa sul podio finale, accompagnando i vincitori durante le premiazioni e offrendo al pubblico e agli ospiti un’esperienza autentica e memorabile.
Il Tour de Pologne ha un albo d’oro di tutto rispetto, nel 2024 trionfò Jonas Vingegaard (foto Szymon Gruchalski)Dallo scorso anno è tornato anche il Tour de Pologne Women (foto Magdalena Sobczak)Il Tour de Pologne ha un albo d’oro di tutto rispetto, nel 2024 trionfò Jonas Vingegaard (foto Szymon Gruchalski)Dallo scorso anno è tornato anche il Tour de Pologne Women (foto Magdalena Sobczak)
Celebrare ogni traguardo con stile
«Ogni singolo traguardo merita di essere festeggiato – ha commentato Filippo Polegato, Amministratore Delegato di Astoria Wines – il ciclismo incarna la fatica, il sacrificio e la bellezza di superare i propri limiti. Per Astoria, essere presenti dove si celebrano determinazione, spirito di squadra e successo è un fatto naturale. Sono tutti valori che condividiamo profondamente».
Astoria Wines, da anni sinonimo di Prosecco a livello globale, prosegue così il proprio impegno nel ciclismo professionistico, un percorso iniziato oltre un decennio fa. La partnership con il Lang Team, nata nel 2017, è diventata una delle collaborazioni più durature e significative nel calendario ciclistico internazionale.
«In ogni edizione – ha replicato Czesław Lang, il direttore generale del Tour de Pologne – cerchiamo di costruire qualcosa che possa durare nel tempo, non solo per gli atleti, ma anche per il pubblico e i nostri partner. Questa collaborazione è un’ulteriore conferma di come una visione condivisa possa generare valore reciproco. In fondo, proprio come nel ciclismo, anche tra le aziende è fondamentale fare squadra, essere costanti e perseguire un obiettivo comune per raggiungere grandi traguardi».
Ecco una bottiglia speciale di Astoria realizzata per l’edizione numero 82 del Tour de Pologne che scatterà lunedì 4 agostoEcco una bottiglia speciale di Astoria realizzata per l’edizione numero 82 del Tour de Pologne che scatterà lunedì 4 agosto
Entusiasmo e impegno rinnovato
«Ogni volta che torniamo in Polonia – ha aggiunto Polegato – ritroviamo un entusiasmo genuino e un calore straordinario. Questa è una festa collettiva, con migliaia di persone che si radunano lungo le strade per vivere insieme un evento che unisce l’intero Paese. È proprio questo spirito che ci spinge a rinnovare il nostro impegno anche per il 2025. Nell’ultimo anno, abbiamo anche intensificato la nostra presenza commerciale nel Paese grazie a un nuovo importatore e siamo pronti a essere ancora più presenti sul territorio».
Il mese di agosto si preannuncia ricco di momenti intensi e sorprendenti per gli appassionati del grande ciclismo. Astoria Wines sarà al fianco dell’organizzazione, pronta a brindare con i campioni, i tifosi e tutti coloro che credono che ogni vittoria debba essere celebrata con stile.
Professionisti, ragazzini, amatori e donne. Quest’anno il LangTeam ha ben ponderato i suoi sforzi per offrire un certo tipo di intrattenimento agonistico in modo continuativo con diverse categorie. Il Tour de Pologne si fa in quattro nello spazio di undici giorni alzando ulteriormente sia l’impegno organizzativo che il livello partecipativo.
Nella gara maschile WorldTour, giunta alla 82a edizione, ci si batterà per succedere al trono di Jonas Vingegaard, vincitore uscente (su Ulissi e Kelderman). Si partirà il 4 agosto da Wroclaw (Breslavia) per concludersi il 10 con una cronometro nelle miniere di sale di Wieliczka. Dopo un giorno di relativo riposo, dal 12 al 14 agosto toccherà al terzo Tour de Pologne Women, tornato in calendario l’anno scorso dopo un’assenza di sette anni (anche se la prima volta si corse nel 2000), che quest’anno ha ottenuto la classificazione .1. Nel mezzo ci sarà spazio per una gara giovanile di tre giorni e una corsa amatoriale, entrambe diventate ormai delle “classiche” del panorama nazionale.
Prima di affrontare la trasferta polacca, abbiamo chiesto ad Agata Lang e John Lelangue, rispettivamente vicepresidente e general manager del LangTeam (nonché moglie e marito), un’introduzione di tutte le loro corse.
Da sinistra John Lelangue, Agata Lang e Czeslaw Lang, ovvero general manager, vicepresidente e presidente del Tour de Pologne (foto sito)Da sinistra John Lelangue, Agata Lang e Czeslaw Lang, ovvero general manager, vicepresidente e presidente del Tour de Pologne (foto sito)
Agata Lang il vostro è un programma intenso. Rinfreschiamo la memoria partendo dalla gara dei più piccoli?
Il Tour de Pologne Junior è la tradizionale corsa dedicata ai ragazzini che vanno dagli 11 ai 14 anni e che è in calendario da tanto tempo. Correranno sugli ultimi chilometri delle prime tre frazioni dei pro’, vivendo lo spirito che c’è per i campioni, ricevendo lo stesso trofeo sullo stesso podio delle premiazioni del Tour de Pologne. Ci teniamo tanto a questa corsa. Mio padre Czeslaw l’ha corsa da giovane ed è intitolata alla memoria di mio nonno ex corridore, padre di mia madre Margherita.
Da questa gara passano praticamente tutti i talenti polacchi.
Per noi organizzatori è sempre motivo di grande orgoglio e soddisfazione. Pensate che l’anno scorso Norbert Banaszek (velocista ora al team continental ATT Investments, ndr) è salito sul podio finale per la prima volta vincendo la classifica del corridore più combattivo. Era emozionato perché si ricordava quando vinceva tutte le tappe del TdP Junior. Ci ha detto che aveva realizzato il suo sogno. Invece tra gli ultimi giovani che sono passati da noi, ve ne segnalo due in grande crescita che hanno centrato la top 10 alla Roubaix Junior di quest’anno. Sono Jan Michal Jackowiak, campione polacco in linea e a crono, e Mikolaj Legiec, un classe 2008 interessante (che ha vinto oggi il Trofee van Vlaanderen, ndr), entrambi del Cannibal-Victorious U19 Development Team.
Prime due tappe da 100 km per velociste, terza frazione di 130 km molto ondulata per determinare la generaleNel 2024 vinse Molenaar. Quest’anno il Pologne Women è salito alla classe .1 e ci saranno 7 team WorldTour (foto Sobczak)Prime due tappe da 100 km per velociste, terza frazione di 130 km molto ondulata per determinare la generaleNel 2024 vinse Molenaar. Quest’anno il Pologne Women è salito alla classe .1 e ci saranno 7 team WorldTour (foto Sobczak)
Come si svolgerà la gara amatoriale?
Quella è in programma per sabato 9 agosto ed è forse l’appuntamento più importante per gli amatori polacchi. E’ molto simile ad una granfondo, misura 50 chilometri e prevede circa 3.000 partecipanti. Anche loro taglieranno il traguardo dei pro’ e quel giorno lo faranno nella tappa regina del Tour de Pologne con arrivo in salita a Bukowina Tatrzanska. Questa corsa è dedicata a Ryszard Szurkowski, un ex ciclista polacco degli anni ‘70.
Chiuderete le fatiche organizzative con la gara delle donne. Cosa puoi dirci?
Innanzitutto quest’anno abbiamo deciso di metterlo subito dopo gli uomini rispetto al 2024 in cui lo avevamo fatto a fine giugno. Il calendario femminile è sempre più fitto, ma abbiamo cercato di trovare la miglior soluzione sia per noi che per le atlete. Avendo alzato la classe della gara, potremo contare su sette formazioni WorldTour, quattro Professional, cinque Continental, due di club e due nazionali (Polonia e Danimarca, ndr). Vediamo come andrà, ma per il 2026 ci piacerebbe portare il Tour de Pologne Women alla classe ProSeries e successivamente puntare alla categoria WorldTour. Considerate che quest’anno avremo una importante copertura televisiva con due ore di diretta su Eurosport.
Sapete già chi sarà al via?
A parte Niewiadoma, avremo al via sia Skalniak-Sojka della Canyon//Sram zondacrypto che Wlodarczyk della UAE Team ADQ, che sono tra le migliori atlete polacche. Comunque sappiamo già di avere un’ottima lista di partenti che si contenderanno la vittoria finale. Le prime due tappe sono per velociste, mentre la terza ed ultima presenta un profilo mosso e sarà decisiva per la generale. Recentemente poi siamo molto contenti di aver stretto l’accordo con Alè che ci fornirà le maglie delle classifiche.
Nel 2024 Thibau Nys fu il grande protagonista conquistando tre tappe al PologneNel 2024 Thibau Nys fu il grande protagonista conquistando tre tappe al Pologne
John Lelangue invece cosa ci racconta del Tour de Pologne maschile?
Abbiamo pensato al solito disegno equilibrato, adatto ad ogni tipologia di corridore. Lo abbiamo pensato soprattutto con la speranza di mantenere un po’ di suspence e lasciare aperta la gara fino all’ultimo giorno, dove c’è una crono non troppo lunga e con una partenza in salita. Ci saranno occasioni per tutti. I velocisti saranno chiamati in causa già nella tappa di apertura, poi forse ancora nella quarta. Invece ognuna delle altre quattro frazioni in linea possono influire sulla generale. Poi vanno considerati anche gli abbuoni intermedi, così come quelli del traguardo.
Dove si può decidere la gara?
Già alla seconda tappa con l’arrivo in salita a Karpacz si vedrà chi punta alla vittoria finale. In molti usciranno allo scoperto. Per me però il giorno successivo sarà quello più impegnativo. Il profilo di Walbrzych prevede 3.540 metri di dislivello in meno di 160 chilometri. Davanti arriveranno tutti i favoriti. Questa tappa fa il paio con la sesta. Al sabato ci saranno sei GPM di prima categoria e l’arrivo in quota a Bukowina Tatrzanska, dove vinse Evenepoel nel 2020 ipotecando il successo finale. In ogni caso non bisogna sottovalutare nemmeno la quinta tappa, quella che arriva a Zakopane, in cui Vingegaard trionfò nel 2019. Si va oltre i 200 chilometri e quasi a 3.000 metri di dislivello. Sembra fatta su misura per gli attaccanti, ma attenzione a qualche azione degli uomini di classifica.
1a tappa, 4 agosto: si parte con quasi 200 chilometri e un arrivo per velocisti2a tappa, 5 agosto: frazione molto mossa e arrivo in quota, dove ci vinse Mohoric nel 20233a tappa, 6 agosto: prima giornata decisiva per la generale con 3.540 metri di dislivello4a tappa, 7 agosto: sulla carta è una rivincita per chi vuole arrivare in volata5a tappa, 8 agosto: frazione più lunga e dislivello importante adatti agli attaccanti6a tappa, 9 agosto: sei “gpm” e arrivo in salita per la frazione regina del Pologne 7a tappa, 10 agosto: crono per specialisti attorno alle miniere di sale di Wieliczka1a tappa, 4 agosto: si parte con quasi 200 chilometri e un arrivo per velocisti2a tappa, 5 agosto: frazione molto mossa e arrivo in quota, dove ci vinse Mohoric nel 20233a tappa, 6 agosto: prima giornata decisiva per la generale con 3.540 metri di dislivello4a tappa, 7 agosto: sulla carta è una rivincita per chi vuole arrivare in volata5a tappa, 8 agosto: frazione più lunga e dislivello importante adatti agli attaccanti6a tappa, 9 agosto: sei “gpm” e arrivo in salita per la frazione regina del Pologne 7a tappa, 10 agosto: crono per specialisti attorno alle miniere di sale di Wieliczka
A proposito di nomi, quali sono quelli principali?
L’ultima startlist, che andrà riconfermata come sempre all’ultimo istante, prevede corridori interessanti. Alcuni team vengono ben attrezzati per vincere. Penso alla Bahrain-Victorious che avrà Pello Bilbao, Haig e Tiberi. Oppure alla Ineos Grenadiers che schiererà Kwiatkowski, Jungels e Leonard o ancora la UAE Team Emirates-XRG che punta su Ayuso, Majka e McNulty. Ci sarà una bella concorrenza anche tra i velocisti. Kooij, Sam Bennett, Gaviria, Magnier, Zijlaard e Viviani sono solo alcuni che si daranno battaglia in volata. Poi tanti altri sparsi che mirano alla generale come Staune-Mittet, Ethan Hayter, Harper, Geoghegan-Hart o alle tappe come Busatto, Teuns, Cavagna o Hermans. So comunque che molti atleti arriveranno con un volo privato dopo aver corso la Clasica di San Sebastian questo sabato.
Cosa rappresenta il Tour de Pologne?
Credo che sia una corsa con una sua identità ben precisa. Non è una gara di preparazione alla Vuelta come dice qualcuno. Al Tour de Pologne si viene per vincere e fare punti. Poi certo, chi esce da qua con una condizione buona o in crescendo può ambire a fare bene anche in Spagna, così come le restanti gare. Possiamo dire sicuramente che in Polonia inizia la seconda parte di stagione. I corridori che vogliono sistemarla iniziando a fare risultato, da noi possono trovare il terreno giusto per impostare un bel finale.
Due settimane in altura a Livigno per Davide Formolo prima di partire per la Spagna e riprendere il ritmo di gara in vista degli impegni di fine stagione. Il veneto correrà al Tour de Pologne e poi alle classiche del calendario italiano di settembre. In programma c’era anche il Deutschland Tour ma il percorso non si addice troppo alle caratteristiche di Formolo e quindi in accordo con la squadra hanno deciso di allenarsi a casa.
«Sarei dovuto passare anche dal Giro di Germania – ci racconta – ma non avendo tappe adatte a me, si è deciso che sarebbe stato meglio allenarsi a casa per fare ritmo e gestire al meglio i lavori. I quattordici giorni fatti in altura a Livigno sono stati la seconda parte della mia ripresa dopo il Giro d’Italia. Avevo staccato per dieci giorni in modo da recuperare. Da lì, complice anche il caldo, ho deciso di riprendere a ritmo blando, facendo tante ore per fare volume».
«Il ritiro a Livigno – ci racconta mentre è in aeroporto pronto a imbarcarsi per la Spagna – ha permesso di fare un bel blocco di lavoro. Finite le gare in terra iberica, passerò da casa prima di andare in Polonia. Proprio lì qualche anno fa, nel 2019, ho vissuto la stessa situazione che i ragazzi stanno affrontando in questi giorni al Giro della Valle d’Aosta (il riferimento è alla morte del belga Bjorg Lambrecht, che aveva 22 anni, ndr). Per questo voglio esprimere la mia vicinanza e mandare loro un pensiero e un incoraggiamento».
Formolo è stato in ritiro a Livigno per due settimane insieme alla famiglia Formolo è stato in ritiro a Livigno per due settimane insieme alla famiglia
Tutti insieme in altura
Terminato il periodo di allenamento a casa Davide Formolo è partito per Livigno insieme alla moglie Mirna e i due figli Chloe e Theo. Un bel modo per unire il lavoro e un po’ di tempo da passare con i propri cari prima di ripartire.
«Livigno – spiega Formolo – è davvero costruita a misura di ciclista e della famiglia. C’è tutto quel che serve: strade e salite per allenarsi, mentre chi rimane in paese ha ogni servizio e può fare tantissime attività. Noi professionisti siamo abituati, tra Teide e Sierra Nevada, a fare ritiri in posti in cui sei isolato. Mentre sulle montagne italiane siamo pieni di località in cui si trovano paesi estremamente serviti anche a 1.900 metri di altitudine».
Dopo una decina di giorni di stop alla fine del Giro ha ripreso gli allenamenti, ricostruendo il fondoDopo una decina di giorni di stop alla fine del Giro ha ripreso gli allenamenti, ricostruendo il fondo
Tra tutti i posti come mai Livigno?
Personalmente mi trovo bene a queste altezze, perché è la giusta quota per avere tutti i benefici dell’altura. Inoltre Livigno consente di scendere anche di quota, ottima cosa per gli allenamenti.
Come ti sei gestito?
Leonardo Piepoli (il preparatore di Formolo alla Movistar, ndr) ha un metodo di lavoro che prevede meno volume e più intensità già a bassa quota. Spesso scendevo a Tirano o Bormio per pedalare e poi la sera risalivo a Livigno per riposare e recuperare. Adesso abbiamo tanti strumenti che ci permettono di capire l’adattamento del nostro fisico in quota. Non ho fatto mai tante ore, così da avere il corretto equilibrio tra intensità e recupero.
Avere la famiglia vicina durante l’altura è un modo per passare comunque il tempo insieme tra i vari allenamenti Avere la famiglia vicina durante l’altura è un modo per passare comunque il tempo insieme tra i vari allenamenti
Sei tornato anche dal sindaco dello Stelvio?
Non sono riuscito, mi piange il cuore ma facendo tanta intensità non ho avuto modo di fare lo Stelvio. Ne parlavo nei giorni scorsi con mia moglie Mirna, devo tornare però. Non solo a salutare il sindaco dello Stelvio, ma anche tutte le famiglie delle attività che ci sono lassù e che negli anni mi hanno visto crescere.
Sapere poi di avere la famiglia che ti aspetta in hotel è bello però.
La situazione a Livigno in un certo senso è strana. Io ho scelto come hotel l’Alpen Resort e lì trovi il 90 per cento dei clienti che è lì in vacanza, certo pedalano ma per noi professionisti è diverso. Noi siamo su per lavoro. Però avere la famiglia vicina ti dà qualcosa in più, sapere che sei fuori a pedalare e che loro sono lì tranquilli è bello. Torni e riesci a stare con i bambini e giocare con loro prima di cena o stare insieme dopo aver mangiato.
Formolo oggi riattacca il numero sulle schiena in Spagna alla Classica Terres de l’EbreFormolo oggi riattacca il numero sulle schiena in Spagna alla Classica Terres de l’Ebre
Meglio che vederli in una videochiamata.
Certamente, non c’è paragone ovviamente. Nei giorni in cui eravamo a Livigno ha anche nevicato a quota 2.200 metri. Avevamo in programma una gita a Carosello 3.000, ma non avevamo le ciaspole (ride, ndr). A parte gli scherzi, ne parlavo con mia moglie prima del Giro. Il ciclismo, come lo sport in generale, ti fanno stare tanto tempo lontano da casa. Prima della corsa rosa le dicevo: «Rischio di partire che il piccolino, appena nato, ha un dentino e torno che mi sorride con tutti i dentini già messi».
Ora con le tende ipossiche qualcosa è cambiato?
Sì, si riesce a fare qualche giorno in più a casa. Solitamente tra il ritiro prima di un Grande Giro, le gare in preparazione e poi le tre settimane di gara si rischia di stare via due mesi. Con la tenda quei giorni di stacco tra le gare in preparazione e poi l’inizio del Grande Giro riesci a farle a casa insieme alla famiglia.
Quando parli con Cesare Benedetti non puoi non fare a meno di notare il suo sguardo dolce e la sua espressione gentile, quasi timida. Trentino di nascita, polacco d’adozione, l’altro ieri a Cracovia “Cece” ha chiuso la sua onorata carriera.
Un gregario di quelli veri, un professionista esemplare. Silenzioso, ma generoso. Quindici stagioni da professionista. Una la squadra e una la vittoria. Eppure Cesare è sempre stato inserito in gare e formazioni di alto livello. E questo succede quando si è corridori, quando si ha sostanza.
Qualche giorno di riposo e presto Benedetti sarà un direttore sportivo… manco a dirlo della sua Red Bull-Bora.
Massima professionalità fino alla fine. Ultima tappa del Polonia, ultimi chilometri in carriera e Benedetti è in seconda ruota a tirare (foto Sprint Cycling)Massima professionalità fino alla fine. Ultima tappa del Polonia, ultimi chilometri in carriera e Benedetti è in seconda ruota a tirare (foto Sprint Cycling)
Insomma, Cece: è andata…
È finita! Prima o poi doveva succedere e sono contento che sia finita così: con un piano esatto di quel che stavo facendo e soprattutto del futuro. Prima del Tour de Pologne ho avuto una lunga e bella telefonata con Gaspa (Enrico Gasparotto, ndr) che mi ha evidenziato due fortune: scegliere l’ultima corsa della carriera ed avere già un piano per il prosieguo. Posso davvero ritenermi fortunato da questo punto di vista, perché dopo tanti anni di una certa vita smettere e non avere un progetto non deve essere facile.
Raccontaci le emozioni dell’ultima corsa. Dal bus, al traguardo…
C’e stato un momento in cui cercavo d’immaginarmi come potesse essere questo finale. L’ultima tappa alla fine è stata abbastanza veloce e si è anche lavorato un po’. Poi quando ho visto il cartello dei 10 chilometri all’arrivo ho pensato che sarebbero stati gli ultimi. E ancora di più quando ho visto quello dei meno cinque. Ma è stato così un po’ per tutto il finale del Polonia: l’ultima cena con i compagni, l’ultimo massaggio, l’ultima riunione… L’unica cosa bella è che per fortuna non dovrò più mangiare gel e barrette, che ormai mi vengono fuori occhi! Scherzi a parte, è stata un’emozione forte. Ho avuto vicino la mia famiglia, mio fratello, i miei genitori, il tifo. Insomma, non mi sono commosso ma… sono stato felice.
I ringraziamenti in italiano (sul cartellone) e in polacco (sulla strada): il giusto omaggio per CeceI ringraziamenti in italiano (sul cartellone) e in polacco (sulla strada): il giusto omaggio per Cece
In gruppo come è andata?
Un po’ tutta la settimana, e nell’ultima tappa in particolare, chi mi incontrava mi dava una pacca sulla spalla, mi faceva i complimenti. Questa cosa mi ha ricordato quando ho vinto la tappa al Giro. Il giorno dopo in tanti erano contenti della mia vittoria e vennero a complimentarsi.
Come nasce questa decisione?
Qualche pensiero me lo ero messo in testa già l’anno scorso. Mi ero dato il limite dei 38 anni. Magari avrei fatto un’altra stagione ma vista l’offerta del team ho scelto di dire basta un po’ prima. Anche perché bisogna rendersi conto, e l’ho fatto, che il livello del WorldTour ormai è altissimo e anche per le ambizioni della squadra e per il mio livello fisico, e a 37 anni il recupero si fa sempre più lento, era giusto così. Non ho nessun rimpianto. Certo, un po’ di tristezza c’è.
Immaginiamo sia normale…
Di fatto termina una storia di 25 anni, da quando ho iniziato a gareggiare. Per ora tutto mi sembra normale. A fine corsa abbiamo preso una birra con la squadra e tutto lo staff, come spesso facciamo dopo le gare. Magari tra qualche giorno inizierò a sentire qualcosa, a cogliere qualche differenza.
Dopo aver fatto lo stagista alla Liquigas, nel 2010 Benedetti approda alla neonata NetApp, gruppo che si è evoluto fino a diventare Red Bull-BoraDopo aver fatto lo stagista alla Liquigas, nel 2010 Benedetti approda alla neonata NetApp, gruppo che si è evoluto fino a diventare Red Bull-Bora
E il prossimo anno sarai un direttore sportivo…
Esatto. La Red Bull-Bora farà il team under 23 e io sarò il diesse. Da qui, è nata la proposta del team di finire ad agosto così da poter affiancare i vari direttori nelle ultime corse dell’anno per fare tirocinio. Ora resto un po’ in Polonia, poi verrò in Italia per il Toscana, il Pantani, il Matteotti… Insomma comincio in casa, per di più in Toscana. Quelle strade le conosco bene in quanto feci lo juniores nel GS Aquila, a Ponte a Ema, Firenze. La squadra di Gino Bartali.
Sei sempre stato in questo gruppo, da quando si chiamava NettApp sino al oggi. Tu e il manager Ralph Denk…
Io e lui siamo i reduci di quel gruppo del 2010 e infatti è stato proprio Ralph a farmi la proposta di smettere e fare il diesse. Me lo ha detto prima della Strade Bianche. Con l’entrata di Red Bull ci sono grossi cambiamenti nel team. Non solo economici ma anche tecnici. Penso ai test, agli studi sull’aerodinamica, alla squadra under 23…
Cosa lascia il ciclismo a Cesare Benedetti?
Tante avventure di vita e di sport. I grandi Giri e le corse in Europa: quello è stato il ciclismo, le esperienze sportive. Le trasferte in Cina, Argentina e nel resto del mondo, sono state esperienze di vita. In certe occasioni vedi anche la povertà e quando torni poi non ti lamenti più di tante piccole cose. Del Qinghai Lake (nel centro della Cina, ai confini col Tibet, ndr) potrei scrivere un libro. Un mondo talmente diverso… Ricordo che avevamo una massaggiatrice tedesca abbastanza robusta e un meccanico con la barba lunga alto due metri. La gente del posto veniva a vedere i biondi di altri mondi e non tanto la corsa. Vedevi in loro questa curiosità, questo stupore dello straniero. Oppure mi vengono in mente i bambini correre attorno al nostro bus in Argentina, erano i più felici del mondo. Senza contare che in bici vedi dei posti che un normale turista non vedrebbe mai.
Giro d’Italia 2019, a Pinerolo Cesare Benedetti ottiene la sua unica vittoria da pro’Verona, Giro 2022: Benedetti al fianco di Denk e Hindley, la maglia rosa è loro. Gioia immensa per il gregarioIl transito a Ronzo-Chienis, per Cesare forse il momento più emozionante della carrierra (foto Instagram)Giro d’Italia 2019, a Pinerolo Cesare Benedetti ottiene la sua unica vittoria da pro’Verona, Giro 2022: Benedetti al fianco di Denk e Hindley, la maglia rosa è loro. Gioia immensa per il gregarioIl transito a Ronzo-Chienis, per Cesare forse il momento più emozionante della carrierra (foto Instagram)
Sicuramente Peter Sagan per il talento che aveva, un talento naturale. Certo, dietro c’era anche del lavoro, ma quando stava bene certi suoi numeri pazzeschi sembravano facili. Mi viene in mente il 2017: quell’anno tra la caduta al Fiandre e l’esclusione al Tour non raccolse molto, ma era fortissimo fisicamente. E poi ho i tanti ricordi dell’inizio di carriera quando arrivato in gruppo mi ritrovavo vicino ai corridori che vedevo in tv da bambino. Sono riuscito anche a fare cinque giorni di corsa con Lance Armstrong! Mi vengono in mente Petacchi, McEwen… Gilbert e Valverde sono stati gli ultimi due che mi facevano ancora emozionare in gruppo. I campioni di oggi sono fortissimi, ma non avendoli vissuti da bambino, dal basso verso alto, non mi danno quelle emozioni.
Il tuo momento? La tappa al Giro immaginiamo…
In realtà a livello emozionale l’anno scorso essere riuscito a passare in testa, in fuga, al mio paese, Ronzo-Chienis è stato qualcosa d’incredibile. Avevo la pelle d’oca. Avrei potuto chiuderla lì! Eravamo alla terza settimana, del Giro. Nella seconda ero stato male, ma avevo tenuto duro per arrivare lì. Per di più avevo anche lottato per entrare in fuga e Ronzo-Chienis è in salita. Insomma ero così emozionato anche perché avevo voluto, e centrato, l’obiettivo. Ma un’emozione forte è stata anche la vittoria del Giro d’Italia di Jai Hindley: per un gregario un successo così è la ciliegina sulla torta.
Sei incredibile, Cece! Cos’è un gregario? E soprattutto ci sono ancora quelli come te?
Qualcuno c’è ancora. Mi viene in mente Patrick Gamper. Lui per esempio mi ha dato una delle soddisfazioni più grosse. Dopo che Jai vinse il Giro e gli feci i complimenti per il suo lavoro, lui mi disse: “Cece ho imparato tanto da te”. Cos’è un gregario: chiaramente da giovane anche io puntavo al risultato. Ma già all’epoca quando tra gli under 23 ero compagno di Daniel Oss e correvo in suo supporto, mi sentivo più forte, rispetto a quando dovevo correre per me. Forse era anche un fattore psicologico, avevo meno pressione. Ma poi ho sempre ammirato questo ruolo. Mi ricordo i treni di Cipollini: quei vagoni, quegli atleti sono sempre stati una fonte d’ispirazione per me.
Tour de Pologne finito: per Cece scatta la festa e l’abbraccio dei compagniTour de Pologne finito: per Cece scatta la festa e l’abbraccio dei compagni
Una vita nel ciclismo, 15 stagioni da pro’: quanto è cambiato questo sport?
Tanto. Oggi ci sono mezzi a disposizione per allenarsi, dal misuratore di potenza agli aspetti dell’alimentazione, che mettono a disposizione tantissime informazioni. Informazioni aperte a tutti. Questo fa sì che si brucino i tempi, che poi è quel che succede nel mondo reale, nella società. Oggi gli allievi hanno il procuratore, il preparatore. Una volta il direttore sportivo faceva tutto. Se guardo indietro un errore che non rifarei, per esempio, è stare i primi anni da pro’ senza preparatore.
Cioè?
Dal 2010 al 2012, nella mia testa dicevo: “Ora sono un professionista, quindi so allenarmi da solo”. Magari neanche sbagliavo tutto, ma andavo avanti con il cardio e non con il potenziometro… che avevo. Oggi è impossibile. Il ciclismo è uno sport più specifico, aperto a più nazioni e il livello si alza. C’è una selezione pazzesca. Per ora ho avuto solo qualche contatto col mondo manageriale, ma ho già visto che c’è un’analisi dei dati impressionante. Ai miei tempi si guardavano i risultati e la costanza del ragazzo. Oggi si fanno test su test, analisi, numeri… Probabilmente io oggi neanche sarei passato pro’ se mi avessero fatto un test. Non ho i numeri… rispetto a quel che riesco a mettere in corsa. Alla fine ho fatto qualche podio da pro’. Ma ad un certo punto devi essere realista e capire cosa fare. Vuoi fare “esimo” o trovare la tua dimensione e fare il corridore per più anni?
Simone Velasco ha salutato Cesare “Cece” Benedetti sui social dicendogli che è stato un esempio di professionalità per molti giovani. Possiamo solo aggiungere che i ragazzi del nascituro devo team Red Bull-Bora con ogni probabilità avranno un grande maestro.
Il 30 luglio parte il Tour de Pologne che ha sempre scoperto talenti. Quest'anno vuole sensibilizzare la pace e la fine del conflitto nella vicina Ucraina
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Astoria Wines si conferma anche quest’anno come un partner di rilievo per il Tour de Pologne, la celebre corsa a tappe inserita nel calendario UCI WorldTour, che si svolge fino a domenica 18 agosto (in apertura Jonas Vingegaard che ha vestito la maglia di leader dopo la crono di ieri). Ancora una volta, l’azienda vitivinicola celebra i momenti più iconici della competizione brindando sul palco con il suo rinomato Prosecco, ormai divenuto un simbolo nel mondo del ciclismo professionistico.
Primo vincitore di tappa 2024 e primo tappo Astoria che salta: Thibau NysPrimo vincitore di tappa 2024 e primo tappo Astoria che salta: Thibau Nys
Astoria e la Polonia
Il Tour de Pologne, una delle gare ciclistiche più attese del calendario internazionale di cui ci ha parlato giorni fa il vincitore uscente Mohoric, rappresenta per Astoria un’occasione privilegiata per consolidare la propria immagine e rafforzare la propria presenza sul mercato polacco. Filippo Polegato, Amministratore Delegato di Astoria, ha espresso grande soddisfazione per questa partnership, sottolineando l’importanza della collaborazione con l’organizzazione della gara, guidata da Czeslaw e Agata Lang.
«Abbiamo come sempre grande fiducia – ha dichiarato Polegato – nel lavoro di Czeslaw e Agata Lang e del loro team. Siamo felici di vedere anche quest’anno un parterre importante che conferma la crescita del Tour de Pologne in ambito internazionale. Sia in termini di qualità della gara che di visibilità mediatica. Dal nostro punto di vista possiamo certamente affermare che, anche grazie a questa partnership, il Prosecco Astoria è uno dei più conosciuti in Polonia. Puntiamo a rafforzare la nostra presenza nel Paese anche dal punto di vista commerciale».
Il coinvolgimento di Astoria nel Tour de Pologne non si limita alla presenza sul podio. I vini della casa trevigiana sono infatti presenti in tutte le aree hospitality della competizione, contribuendo a rendere speciali i momenti di convivialità e celebrazione durante l’evento. Questo legame tra Astoria e il Tour de Pologne testimonia l’attenzione dell’azienda verso il mondo dello sport. Non solo come veicolo di promozione, ma anche come occasione per condividere con un pubblico internazionale la cultura e la tradizione del Prosecco.
Wellens brinda con Astoria alla crono vinta il secondo giornoQuesta l’etichetta sulla bottiglia dedicata al Tour de Pologne 2024Wellens brinda con Astoria alla crono vinta il secondo giornoQuesta l’etichetta sulla bottiglia dedicata al Tour de Pologne 2024
Una storia… di qualità
Astoria Wines, guidata da Paolo e Filippo Polegato, si distingue nel panorama enologico internazionale come uno dei principali rappresentanti dell’arte del Prosecco. Fondata nel 1987 dalla passione di una storica famiglia di viticoltori, l’azienda ha saputo crescere mantenendo intatta la qualità dei suoi prodotti. Oggi, Astoria è il primo vinificatore privato del Conegliano-Valdobbiadene DOCG. Una denominazione che garantisce l’origine e la qualità del Prosecco prodotto in un’area specifica del Veneto. I vini di Astoria sono stati più volte premiati in importanti concorsi enologici, consolidando la reputazione dell’azienda sia a livello nazionale che internazionale.
Il cuore dell’attività di Astoria è la Tenuta Val del Brun, una proprietà che si estende per quaranta ettari tra le colline del Prosecco, paesaggio di rara bellezza riconosciuto come Patrimonio Mondiale dell’Unesco nel 2019. La tutela di questo territorio unico è al centro dell’impegno di Astoria. L’azienda aderisce a pratiche agricole sostenibili come il protocollo Vignes Fleuries, adottato nel 2014, e la certificazione SQNPI (Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata) ottenuta nel 2018. L’azienda, inoltre, vanta la certificazione ISO 14001, che attesta la sua attenzione alla gestione ambientale.
Lo scorso anno il Tour de Pologne fu vinto da Mohoric: chi sarà il suo successore?Lo scorso anno il Tour de Pologne fu vinto da Mohoric: chi sarà il suo successore?
Più di una sponsorizzazione
La partecipazione di Astoria al Tour de Pologne rappresenta dunque molto più di una semplice sponsorizzazione: si tratta di un incontro tra eccellenze. Da un lato, una delle competizioni ciclistiche più prestigiose del calendario mondiale. Dall’altro, un marchio che incarna l’essenza del Prosecco e la passione per la viticoltura. Attraverso questa partnership, Astoria non solo celebra i successi sportivi, ma rafforza anche il legame con il pubblico polacco. Promuovendo un vino che è diventato simbolo di qualità e tradizione, non solo in Italia, ma anche all’estero.
Questa strategia di presenza nei grandi eventi sportivi è parte integrante della visione di Astoria. Si coniuga così l’eccellenza enologica con l’attenzione per i valori dello sport, della sostenibilità e della cultura del buon vivere, portando il proprio Prosecco sulle tavole e nei cuori di un pubblico sempre più vasto e internazionale.
Dopo un buon Giro d’Italia fatto di mille fughe in montagna, lo Svizzera e il campionato italiano chiuso al tredicesimo posto, con 46 giorni di corsa nella prima parte dell’anno, Nicola Conci ha sentito il bisogno di staccare. Il trentino, che dal 2022 corre con la maglia della Alpecin-Deceuninck, si è ripresentato a San Sebastian e da ieri è al Tour de Pologne. Nella prima tappa, che aveva l’arrivo in salita a Karapacz, ha cominciato con un decimo posto niente male a 9 secondi da Nys. L’obiettivo in queste corse è la vittoria, che gli manca da un tempo siderale.
Nicola Conci, 1,85 per 68 chili, è professionista dal 2018. Dopo 4 anni alla Trek e pochi mesi alla Gazprom, è arrivato alla AlpecinNicola Conci, 1,85 per 68 chili, è professionista dal 2018. Dopo 4 anni alla Trek e pochi mesi alla Gazprom, è arrivato alla Alpecin
Il tempo delle scelte
Nel frattempo nella sua testa sempre molto razionale si fa largo la necessità di scegliere una nuova strada. E’ il bivio di tanti buoni corridori che, in questo ciclismo popolato di grandi campioni, piuttosto che insistere con le ambizioni personali, si rimboccano le maniche per i più grandi, diventando parte integrante delle loro vittorie. Lo spiegava giorni fa Dario Cataldo e forse anche Conci è sulla porta di quella scelta. Nel frattempo ha cambiato i suoi procuratori e da Fondriest-Alberati è passato ai fratelli Carera.
«Insomma – dice – ho fatto un bel periodo di stacco dalle gare. Dal Polonia andrò diretto al Giro di Germania, quindi ho davanti due o tre settimane abbastanza intense. Poi ho in programma di fare il Lussemburgo e il blocco di gare italiane fino al Giro del Veneto. Sono in scadenza di contratto, stiamo lavorando su più fronti, ma ancora non sono certo di cosa farò. Mi sono diviso da Maurizio e Paolo perché dopo anni sentivo il bisogno di cambiare. Ci siamo lasciati in buoni rapporti, non è successo niente di particolare. Qui alla Alpecin sto bene. E’ un’ottima squadra, manca solo la familiarità cui noi italiani siamo abituati e che a volte farebbe piacere. Prima eravamo parecchi, ora ci siamo solo Luca Vergallito ed io. Faccio un esempio. A me piace parlare durante il massaggio, ma farlo in inglese è un po’ limitante. Non posso certo lamentarmi perché non posso parlare italiano durante i massaggi, ma sono le piccole sfumature con cui si convive».
Conci è rientrato alle corse a San Sebastian e da ieri è al Tour de PologneConci è rientrato alle corse a San Sebastian e da ieri è al Tour de Pologne
A primavera ci eravamo detti che il Giro sarebbe stato un momento importante. Sei stato protagonista di tante fughe, come lo valuti?
Sono stato contento perché mi sono ritrovato. Sono soddisfatto delle sensazioni che ho avuto e di qualche tappa in modo particolare. Penso che fare meglio sarebbe stato difficile. Ad esempio quella di Torino, la prima, dove sono arrivato quinto. Sarei anche potuto star lì e provare a seguire, anche se probabilmente nessuno sarebbe riuscito a tenere Pogacar. Invece ho deciso di fare una bella azione: ho provato a vincere e mi è piaciuto. Un altro giorno in cui mi sono divertito tanto è stato quello di Livigno, la tappa più dura del Giro. Sono stato per 177 chilometri all’attacco, c’era tantissimo dislivello e alla fine sono arrivato dodicesimo. Mi hanno preso quelli di classifica a due chilometri all’arrivo, quindi è stata una bella tappa (foto di apertura, ndr). Certo mi rimane un po’ rammarico per alcune fughe come quella di Fano, in cui ha vinto Alaphilippe e io non ho trovato il momento giusto e quella del Brocon.
Dove peraltro correvi in casa, visto che sei originario della Valsugana…
Mi dispiace un po’ il fatto che non abbiano dato spazio alla fuga. Sono stato fuori per quasi 70 chilometri, poi inspiegabilmente la DSM si è messa a tirare, ha chiuso la fuga e poi si sono fermati. E in quel momento è ripartito Steinhauser, che ha vinto. Sinceramente a quel punto non avevo le gambe per seguirlo una seconda volta. Mi è dispiaciuto, sono i miei posti, volevo fare bene.
In fuga anche sul Grappa, Conci ha attaccato in tutti i tapponi del GiroIn fuga anche sul Grappa, Conci ha attaccato in tutti i tapponi del Giro
Che cosa ti lasciano oltre a tanta fatica queste fughe così lunghe?
Nel giorno del Mottolino, sono stato sorpreso di me stesso. Dopo tutto il giorno all’attacco, sono riuscito a spingere bene anche sul Foscagno e a scollinare quarto. Non è scontato rimanere vicino ai primissimi nel ciclismo che stiamo vivendo, in cui c’è un gap enorme tra pochi campioni e il resto del gruppo. Se quel giorno avessi scelto di restare in gruppo, non avrei migliorato il mio risultato. Non avrei tenuto le ruote degli altri di classifica e sarei stato risucchiato indietro. Invece sono riuscito a sorprendere me stesso. Sul Mortirolo ero un po’ infastidito che molti non tirassero, così ho attaccato dalla fuga e sono rientrato davanti. Ho sprecato un po’ di energie, però è stata una bella giornata.
Sei stato uno junior da tante vittorie ogni anno, quale differenza vedi fra il Conci di allora e gli juniores di ora, che vincono il tuo stesso numero di gare e poi sono pronti per passare professionisti?
Parliamo di dieci anni fa, ma il mondo è cambiato totalmente. Da junior non ho mai fatto più di quello che dovevo, anzi mio papà iniziò a seguirmi proprio per tutelarmi. Di certo non sono uno che a quell’età faceva le 6 ore. Semplicemente andavo forte in salita e ho vinto diverse gare perché mi veniva facile fare la differenza. Poi da professionista è un’altra cosa, anche se il problema dell’arteria iliaca mi ha condizionato parecchio. Tornando al periodo da junior, non è che facessi grandi lavori. Si curava la forza, ma ad esempio non ho mai fatto dietro macchina. Cominciai da dilettante e nel dirlo sembra che parliamo degli anni 40 invece era il 2014-2015…
In azione nella crono di Perugia al Giro. Oggi il Polonia propone una prova contro il tempo, ma sarà una cronoscalataIn azione nella crono di Perugia al Giro. Oggi il Polonia propone una prova contro il tempo, ma sarà una cronoscalata
Hai 27 anni e tanti corridori alla tua età hanno già fatto una scelta quasi radicale: non vinco, meglio andare a lavorare per qualcuno che sa farlo. Inizia a balenarti per la testa?
Certamente. Stiamo vivendo un ciclismo molto particolare, ci sono certi atleti che vanno molto più forte degli altri e quindi ci sta che le squadre vengano costruite attorno a loro. Quindi quelli che non vincono, come me – perché dati alla mano non ho ancora vinto – è normale che un giorno o l’altro si mettano a disposizione. In realtà ho sempre lavorato anch’io per i miei compagni, anche se magari al Giro nelle tappe più dure avevo la libertà di andare in fuga.
Ieri sei arrivato decimo nell’arrivo in salita, quanta voglia hai di alzare le braccia?
Ci penso sempre. Ho 27 anni e non so per quanti anni correrò ancora, perché è un ciclismo spietato. Spero ancora tanto, però sarebbe un peccato chiudere senza aver mai vinto da professionista. Non è che vincere sia la cosa più importante, si può anche aiutare e avere grandi soddisfazioni. Oggettivamente mi sono reso conto che per vincere devo cercare di inventarmi qualcosa, non posso aspettare i finali. Anche ieri ho pensato diverse volte negli ultimi 2-3 chilometri di provare ad anticipare, però ero un po’ stanchino.
Ai mondiali del 2022, Conci è entrato nella fuga in cui viaggiava anche RotaAi mondiali del 2022, Conci è entrato nella fuga in cui viaggiava anche Rota
Ci sono appena state le Olimpiadi e ora si lavora per i mondiali. Hai corso quelli di Wollongong nel 2022, Zurigo potrebbe essere adatta a te…
Sinceramente ci penso molto, ma non ho ancora sentito Bennati. In verità penso che dipenda da me e dal fatto che riesca a dimostrare di pedalare bene. Wollongong resta un bel ricordo, facemmo una bella corsa e mancò la medaglia con Rota per dei tatticismi. Rimasi in fuga per 60 chilometri insieme a lui. Fu una bella giornata, l’ho supportato per quanto possibile e venne fuori una gran corsa. Sicuramente è stato un bel onore vestire la maglia nazionale, è sempre qualcosa di speciale. Vedremo se riuscirò a conquistarla ancora.
Scatta oggi il Tour de Pologne. Lo scorso anno fu una della corse più entusiasmanti della stagione con quel traguardo volante a decidere l’esito dell’intero giro polacco. Un duello che vide protagonisti Matej Mohoric e Joao Almeidae anche le rispettive squadre.
A distanza di un anno torniamo a parlare del Tour de Pologne proprio con Mohoric. L’alfiere della Bahrain-Victorious ci fa un po’ da Cicerone per quel che concerne il percorso. Sarà una gara di altissimo livello. Al via anche Vingegaard, Pello Bilbao (compagno di Mohoric), e poi Gregoire, Majka…
Lo sloveno (classe 1994) ha fatto un bel po’ di fatica al Tour. Ora spera di aver recuperatoLo sloveno (classe 1994) ha fatto un bel po’ di fatica al Tour. Ora spera di aver recuperato
Matej, come ci si sente a presentarsi ad un corsa come campione uscente?
Bene dai! Ho dei bei ricordi dell’anno scorso. Il Giro di Polonia era più vicino alla fine del Tour dal quale uscii molto bene. Mi ritrovai con una gamba molto buona. Avevo sensazioni super e forse è stato uno dei periodi in cui sono andato più forte in assoluto.
Una gara al limite in effetti. E fu divertente viverla da dentro…
In generale il Tour de Pologne è una gara adatta alle mie caratteristiche. Nel 2019 vinsi una tappa, nel 2021 arrivai secondo nella generale e l’anno scorso l’ho vinta. Propone salite brevi e spesso intense. Ogni volta che torno qui so che posso fare bene. E questo conta molto mi dà fiducia e motivazione.
Hai studiato il percorso?
Direi che è simile a quello degli anni scorsi, quel che cambia di più è la crono, che quest’anno è parecchio impegnativa: in pratica ripercorre il finale della prima tappa. Prima è pianeggiante, poi ci si immette in una valle e s’inizia a salire. Magari è più adatta a scalatori come Majka, Vingegaard… e meno a corridori come me. A Katowice l’anno scorso era una crono più tecnica, con curve strette, tratti in pavé. Alla fine dipenderà molto dalla condizione.
In effetti le difficoltà sono concentrate quasi tutte nelle prime tre tappe…
Già dopo le prime due tappe la classifica generale sarà molto chiara, poi restano insidiose la terza e la sesta tappa, ma non saprei dire quale di queste due potrà essere più decisiva. Mi verrebbe da dire la terza, più che altro perché solo due corridori per squadra avranno le radioline. C’è da fare un circuito due volte con una salita abbastanza lunga e l’arrivo è su uno strappo di 1,8 chilometri con 300 metri al 12 per cento. E sono tre tappe difficili consecutive.
Wroclaw – Karpacz: prima tappa di 156,1 kmMyslakowice – Karpacz: seconda tappa di 15,4 km (crono individuale)Walbrzych – Duszniki-Zdrój: terza tappa di 156,5 kmKudowa-Zdrój – Prudnik: quarta tappa di 195,3 kmKatowice – Katowice: quinta tappa di 187,6 kmWadowice – Bukovina Resort: sesta tappa di 183,2 kmWieliczka – Kraków: settima tappa di 142,1 kmWroclaw – Karpacz: prima tappa di 156,1 kmMyslakowice – Karpacz: seconda tappa di 15,4 km (crono individuale)Walbrzych – Duszniki-Zdrój: terza tappa di 156,5 kmKudowa-Zdrój – Prudnik: quarta tappa di 195,3 kmKatowice – Katowice: quinta tappa di 187,6 kmWadowice – Bukovina Resort: sesta tappa di 183,2 kmWieliczka – Kraków: settima tappa di 142,1 km
A proposito di radioline, tu l’avrai?
Non so, dipenderà anche dalla classifica. La porteranno il leader e il road capitan. Ma sarà interessante anche perché non è complicato solo il finale della terza tappa, ma anche l’avvio.
Quarta e quinta invece dovrebbero essere in volata…
Esatto, mentre la sesta, quella di Bukovina è sì impegnativa, si arriva su uno strappo, ma non sarà poi così difficile. Alla fine immagino sarà il solito Tour de Pologne con distacchi minimi e grande importanza degli abbuoni. Si giocherà sul filo dei secondi.
Prima, Matej, hai accennato alla tua condizione, ebbene come stai?
Non sono proprio convinto della mia condizione. Al Tour non stavo bene, mi sono ammalato, speravo di migliorare nell’ultima settimana, ma ci sono arrivato davvero stanco. Anche nell’ultima settimana ci ho messo un po’ a sentirmi bene. Ed anche alle Olimpiadi non ero super in più ho anche rotto la bici. Insomma brancolo un po’ nel buio: mi è difficile intuire come sto.
Mohoric nella tappa dello sterrato al Tour. Matej è iridato gravel in carica e vuole difendere il titolo in Belgio il prossimo 5 ottobreMohoric nella tappa dello sterrato al Tour. Matej è iridato gravel in carica e vuole difendere il titolo in Belgio il prossimo 5 ottobre
Al Tour hai avuto il Covid?
A Firenze e nelle prime tappe stavo ancora bene, poi ho preso un virus, ho avuto anche la febbre una notte, speravo e spero solo di recuperare il prima possibile, perché ho una grande voglia di tornare a sentirmi bene. Correre così non è stato piacevole.
In effetti è stato il Tour che ti ha portato giù, perché prima avevi vinto il titolo nazionale a crono…
Sì stavo bene prima, ma dopo il Tour, come detto, non sono stato bene. Non avevo recuperato. E lo stesso a Parigi. Per esempio quando ho rotto la bici io, anche Pedersen l’aveva rotta, solo che lui è riuscito a rientrare e io no.
E allora come si riprende una situazione simile: ti alleni di più o al contrario cerchi di recuperare il più possibile?
Mi alleno normalmente e prima o poi il fisico si riprenderà. Una cosa è certa: se sto male non insisto troppo. Mentre se sto bene mi allenato forte e mi piace spingere. Dopo Parigi ho iniziato a stare meglio e mi sono allenato di più. Ma come detto prima, non so di preciso a che punto sono.
Quale sarà il tuo programma da qui a fine stagione?
Dopo il Tour de Pologne farò il Renewi Tour e quindi mondiale gravel, prima di questo anche un’altra gara gravel, e il mondiale su strada. Mentre non so se farò la trasferta canadese.