Mark Cavendish in visita al quartier generale FSA e Vision  

06.12.2024
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Mark Cavendish ha recentemente visitato la sede centrale, il quartier generale taiwanese, di FSA e Vision, trasformando una semplice giornata di lavoro in una occasione indimenticabile di pura passione per tutti coloro che hanno avuto modo e piacere di poterla vivere. 

Il campione britannico si è dunque reso protagonista di un evento straordinario, culminato con la consegna di un premio speciale in riconoscimento della sua leggendaria carriera, terminata proprio quest’anno dopo aver colto il record di trentacinque vittorie di tappa al Tour de France. 

Il premio è stato consegnato al velocista britannico direttamente da Claudio Marra, il Vicepresidente Globale di FSA-Vision: un riconoscimento molto importante per celebrare i successi che lo stesso Cavendish è stato capace di ottenere nel corso della sua lunga carriera da professionista, scrivendo tra l’altro alcune delle pagine più emozionanti nella storia del ciclismo mondiale. Questo momento celebrativo ha rappresentato il culmine della giornata, testimoniando l’ammirazione e il rispetto che Cavendish ha guadagnato dai fan e dagli addetti ai lavori di tutto il mondo.  

Il velocista britannico alle prese con una ruota
Il velocista britannico alle prese con una ruota

Una questione di dettagli

Un altro passaggio importante della visita è stato l’incontro con alcuni tifosi locali del corridore e con una selezione di rivenditori ufficiali Vision della stessa regione asiatica. Cavendish ha avuto l’opportunità di interagire direttamente con la comunità ciclistica, consolidando il legame con i suoi sostenitori e condividendo la sua visione per il ciclismo del futuro. 

In particolare, i rivenditori che avevano acquistato le ruote in edizione limitata Vision Metron 60SL-35 TDF LTD hanno potuto incontrare Cavendish di persona e ricevere una sua (preziosissima) maglia autografata. Questo gesto ha aggiunto un tocco davvero molto personale all’evento, sottolineando l’importanza di una collaborazione estremamente profonda con i partner locali.  

La giornata si è poi conclusa con una visita speciale all’interno dello stabilimento FSA e Vision, dove Cavendish ha voluto ringraziare personalmente il team che ha contribuito allo sviluppo del modello personalizzato di ruote (senza dimenticare il manubrio Vision Metron 5D Evo…) utilizzato durante la sua vittoria nella quinta tappa del Tour de France 2024: la numero trentacinque! Durante questa visita, il Cavendish ha espresso il proprio apprezzamento per l’attenzione ai dettagli e la dedizione degli operai, due elementi chiave che hanno reso possibile e contribuito al successo.

Lavoro di squadra e innovazione  

La giornata di visita di Mark Cavendish presso il quartier generale FSA e Vision ha rappresentato non solamente un tributo ufficiale alla grande carriera agonistica del corridore inglese, ma anche un riconoscimento del lavoro collettivo che ha permesso di raggiungere traguardi straordinari.

La visita in azienda ha evidenziato inoltre il valore della collaborazione e della attenzione che caratterizzano ogni singolo prodotto FSA e Vision, ispirando inoltre il pubblico presente e consolidando il legame tra innovazione e successo sportivo.  Senza alcun dubbio, Mark Cavendish, con il suo esempio e con la sua grande carriera, ha lasciato un segno indelebile nel cuore di chi ha potuto partecipare a questa giornata speciale.

FSA

Vision

Prudhomme: il Tour in Italia e il dualismo tra Pogacar e Vingegaard

24.11.2024
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RIVA DEL GARDA – Dai giorni di Firenze, Bologna e Torino sono passati pochi mesi, abbastanza da far sembrare la partenza del Tour de France dall’Italia un vago ricordo. Eppure il giorno in cui è stato annunciato che la Grande Boucle sarebbe partita proprio dal nostro Paese, si ebbe la sensazione di qualcosa di unico. La conferma è arrivata con la presentazione dei team da Firenze, avvenuta il 28 giugno. Un evento enorme, per grandezza, spettacolo offerto, pubblico presente e valorizzazione del territorio. La macchina gialla, guidata da Christian Prudhomme si era messa in moto e aveva lasciato tutti affascinati. Quasi ammaliati da ciò che il ciclismo permette di fare. 

Di mesi ne sono passati cinque, il Tour de France è stato vinto da Tadej Pogacar, lo sloveno mangia tutto. Sembra quasi che sia stato digerito in fretta, masticato con voracità senza essere stato apprezzato fino in fondo. Si sa che a volte l’attesa del piacere è essa stessa il piacere. 

La presentazione del Tour a Firenze aveva unito perfettamente la corsa alla storia della città
La presentazione del Tour a Firenze aveva unito perfettamente la corsa alla storia della città

Conoscere 

Tuttavia ritrovarsi davanti alla figura di Christian Prudhomme ci ha fatto ricordare della bellezza che ha regalato con la sua corsa. Il direttore generale del Tour de France ha portato, solo negli ultimi due anni, la Grand Depart prima in Spagna e poi in Italia. Che bilancio trae dall’esperienza del Tour in Italia?

«L’accoglienza è stata fantastica – ci dice ai margini della conferenza stampa di presentazione del Tour of the Alps – anzi, l’accoglienza degli italiani è stata fantastica. Il Tour de France non era mai partito dall’Italia, aveva toccato tutti i Paesi limitrofi, ma mai il vostro. Tutti conosciamo i campioni come Coppi, Bartali e tanti altri. Abbiamo voluto mettere in evidenza la storia del ciclismo in Italia, che è davvero ricca e profonda. Sentivamo che gli italiani volevano questo, ma anche noi». 

Christian Prudhomme prima del Tour è stato anche ai campionati italiani, anch’essi partiti da Firenze
Christian Prudhomme prima del Tour è stato anche ai campionati italiani, anch’essi partiti da Firenze
Com’è stato immergersi nella nostra cultura?

Il motivo per cui mi sono recato sulla tomba di Fausto Coppi il 2 gennaio è che, come direttore del Tour de France, non avrei mai potuto creare un evento simile senza conoscerne la storia. Pensare di essere alla partenza da Firenze senza aver visitato i luoghi del ciclismo italiano non sarebbe stato giusto. 

In quali luoghi si è fermato?

Al museo Bartali, sulle strade di Nencini e Ottavio Bottecchia. Sono davvero molto, molto felice di averlo fatto, perché senza tutto questo la Grande Depart sarebbe stata un’esperienza molto diversa. 

L’Etape du Tour a Parma è un format che ha subito raccolto tanti consensi, infatti verrà riproposto (foto Facebook)
L’Etape du Tour a Parma è un format che ha subito raccolto tanti consensi, infatti verrà riproposto (foto Facebook)
E il pubblico italiano come ha reagito?

Partire da una città come Firenze è estremamente prestigioso, le immagini parlano da sole. Sono venute tantissime persone, le quali hanno mostrato rispetto per i campioni e per la bellezza dei monumenti. Ero stato a Firenze diverse volte in vacanza. È semplicemente una città magnifica. Ma ogni strada, città e paesino che il Tour ha attraversato mi ha lasciato qualcosa. E poi c’è stata una grande battaglia sportiva. Ogni volta che la nostra corsa inizia dall’estero siamo costretti a spiegare i motivi. L’Italia ce li ha mostrati da sola. 

I corridori non si sono risparmiati. 

Quando hai questi paesaggi, questi campioni e questo pubblico tutto viene più semplice. Se a tutto ciò si aggiunge anche la battaglia agonistica sulle strade allora non manca nulla. Sul San Luca, a Bologna, abbiamo visto subito Pogacar attaccare e Vingegaard rincorrerlo. La fortuna per noi francesi è stata quella di avere due connazionali che hanno vinto nei primi due giorni. 

Sulle rampe del San Luca il primo assaggio dello spettacolo del Tour de France
Sulle rampe del San Luca il primo assaggio dello spettacolo del Tour de France
La vittoria a Rimini di Bardet è stata il fiore all’occhiello per voi…

Successo di tappa e maglia gialla, incredibile. La seconda tappa è stata vinta da un giovane: Kévin Vauquelin. Tutte queste cose ci hanno regalato dei ricordi molto belli dell’Italia. 

Qual è stato il bilancio degli altri eventi, ad esempio l’Etape du Tour a Parma?

Lo sviluppo del Tour avviene anche attraverso pedalate come queste. Sono eventi che fanno respirare alla gente cosa vuol dire far parte della Grande Boucle. L’affluenza è stata ottima, tanto da riproporre l’evento, in totale l’Etape du Tour tocca venti Paesi differenti. E’ un format che funziona, e siamo ovviamente felici che ce ne sia una anche in Italia. 

Prudhomme spera in un duello alla pari tra Pogacar e Vingegaard nel 2025
Prudhomme spera in un duello alla pari tra Pogacar e Vingegaard nel 2025
Lei ha parlato di battaglia sportiva, il dominio di Pogacar nel 2024 la spaventa? C’è il rischio che l’entusiasmo del pubblico venga meno?

 Mi fate questa domanda in un momento in cui si piange l’addio di un campione come Rafael Nadal e le partite che negli anni ci sono state tra lui e Federer. Quando Pogacar vinse la cronometro di Laval nel Tour del 2021 tutti erano convinti che ne avrebbe vinti 6, 7, 8 di fila. Nei due anni successivi, invece è arrivato Vingegaard e il dominio sembrava potersi invertire. Quello che mi auguro è che entrambi i protagonisti siano al via del Tour de France senza dover recuperare da una caduta molto grave. Negli ultimi due anni lo squilibrio è stato causato da cadute e infortuni, che hanno colpito entrambi. Quindi spero davvero che entrambi siano in piena forma, e poi vedremo.

Musica e gare: parola ai due deejay del Giro

21.11.2024
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Gli attimi prima della partenza, gli istanti finali dell’arrivo, la cornice del pubblico. Un’istantanea che risulterebbe scolorita senza la musica a scandirne i ritmi. Una concezione di spettacolo imprescindibile per le più importanti gare, che tendono sempre di più a diventare eventi.

In questo senso il processo di svecchiamento del ciclismo sta passando attraverso questo schema che è stato esportato nelle corse giovanili con risultati rivedibili e confortanti in egual misura. Chi va alle gare adesso dà per scontato di trovare un sottofondo musicale, ma come si crea la giusta atmosfera nelle fasi principali? Ce lo hanno spiegato due dei migliori deejay italiani che vanno… al Max alla consolle: Max Benzoni e Max Lietta, entrambi impegnati al Giro d’Italia (e in tante altre gare) con funzioni e postazioni diverse che ormai dirigono col pilota automatico. Insomma due professionisti in mezzo ad altri professionisti.

Alle ATP Finals di Torino, il dj Max Benzoni è stato una parte attiva dello spettacolo di intrattenimento (foto Alpozzi)
Alle ATP Finals di Torino, il dj Max Benzoni è stato una parte attiva dello spettacolo di intrattenimento (foto Alpozzi)

Pronti, via

Qualsiasi corsa ha sempre una riga che ne segna l’inizio, però c’è tutto un preludio che coinvolge più figure e gli stessi atleti. Max Benzoni alla Corsa Rosa cura tradizionalmente la partenza della tappa. Il deejay bergamasco ha maturato esperienze in radio e in tanti sport. Sa come scaldare le folle. Dall’Olimpia Milano di basket allo stadio San Siro per il Milan, dagli eventi spericolati di Red Bull alla Coppa del Mondo di sci fino alle ATP Finals di Torino dove una settimana fa ha visto trionfare Sinner. Col ciclismo ci lavora da una ventina d’anni e sa come si imposta il via della giornata.

«Può sembrare scontato dirlo – spiega dj Benzoni – ma dobbiamo essere differenti dall’arrivo. Noi apriamo ed è mattina per tutti, talvolta anche presto. Quindi non dobbiamo caricare troppo con la musica. Deve essere un risveglio graduale come se fosse una giornata a casa. Solitamente cerco di attirare l’attenzione a ciò che dicono gli speaker e dare la giusta carica musicale agli atleti che si avvicinano alla partenza con basi musicali adatte. Durante la mattina ci sono momenti fissi istituzionali, come la consegna della bandierina, in cui va una base neutra, ma ce ne sono altrettanti in cui è bello interagire con gli speaker o col pubblico attraverso stacchetti. O ancora con gli atleti se è il giorno del loro compleanno.

Max Benzoni fa il dj nel ciclismo da vent’anni, ma ha esperienze nel basket, calcio, eventi Red Bull, oltre che in radio
Max Benzoni fa il dj nel ciclismo da vent’anni, ma ha esperienze nel basket, calcio, eventi Red Bull, oltre che in radio

«Personalmente – prosegue – mi piace assecondare i gusti di chi lavora con me. Ad esempio le sigle dei film di Bud Spencer e Terence Hill vanno forte per fare dei break o per alleggerire alcuni momenti. Invece durante il cosiddetto podio-firma della squadre, utilizzo un’altra playlist. In generale la scelta delle musiche va in base alle hit attuali, al pop e al classico genere anni ’70/’80. Infine cambio totalmente genere quando siamo a pochi minuti dalla partenza, in cui metto una base di musica elettronica, che si presta anche bene al countdown che danno gli speaker».

Anche il luogo di partenza, se più o meno affollato, se più o meno centrale, può incidere sulla musica da mettere e ci vuole il giusto colpo d’occhio per adattarsi. Di sicuro al deejay non è richiesto di essere un appassionato di ciclismo, almeno nel parere di Max Benzoni. «Sicuramente uno appassionato può essere una risorsa, ma penso che non sia fondamentale. Certo, magari uno non lo è e poi lo diventa appassionato. Partiamo però dal presupposto che abbiamo una scaletta da seguire fatta dai nostri coordinatori in regia. Per quello che mi riguarda a me piacciono tutti gli sport che faccio, ma credo che se si è distaccati dallo stesso sport in cui stai mettendo musica, riesci a vedere meglio il quadro nella sua globalità e ad essere più attento».

Max Lietta è anche fonico in regia a Sky Sport. E’ stato dj in tantissimi eventi sportivi, oltre ad essere produttore di musica
Max Lietta è anche fonico in regia a Sky Sport. E’ stato dj in tantissimi eventi sportivi, oltre ad essere produttore di musica

Linea d’arrivo

Sul traguardo cambia tutto. I corridori si giocano la gara e il pubblico vive tutto da vicino. E questo diventa il regno di Max Lietta, che trasforma la linea d’arrivo con le sue musiche in base alle attività svolte prima della fine. Anche il suo palmares è lungo come quello di Pogacar. Nella carriera di Lietta non mancano volley, tennis, ciclocross, sci e tanti altri sport, oltre a radio e televisione, dove è fonico in regia a Sky Sport. La musica della team presentation di Firenze per la grande partenza del Tour del France è stata opera sua. Così come l’attuale format che viene usato al Giro d’Italia.

«Nel 2009 è nato quello che vedete oggi – racconta dj Max Lietta – prendendo spunto dalla stagione precedente. Assieme ad Alessandro Pesenti, uno dei responsabili della sport production di Rcs, abbiamo deciso di portare la musica sul traguardo, che prima era solo al villaggio commerciale. L’idea era quella di coinvolgere il pubblico e movimentare le ore che anticipavano l’arrivo dei corridori. In quegli anni ho inventato delle musiche elettroniche che sentiamo oggi. Le utilizzo attraverso un hardware cercando di seguire la cronaca degli speaker. Ovviamente cambiano in base ai finali di gara».

Dj Max Lietta nel 2009 è stato uno degli ideatori dell’attuale format di intrattenimento sulla linea d’arrivo del Giro
Dj Max Lietta nel 2009 è stato uno degli ideatori dell’attuale format di intrattenimento sulla linea d’arrivo del Giro

«Per un arrivo in volata – prosegue – oppure per un fuggitivo inseguito dal gruppo a pochi secondi, tengo una base in cui i battiti (le bpm, ndr) salgono e creano suspance a chi ascolta e vede le immagini sui ledwall col commento avvincente degli speaker. Se invece c’è un arrivo solitario di un atleta con un netto margine di vantaggio appena taglia la linea del traguardo metto sempre “Sex on fire” dei Kings of Leon che era la canzone preferita di Wouter Weylandt (tragicamente scomparso nella terza tappa del Giro 2011, ndr). Oppure un’altra canzone che metto spesso negli ultimi 500 metri per un certo tipo di finali è “Where the streets have no name” degli U2. Dobbiamo pensare che, indipendentemente che sia partenza o arrivo, aiutiamo gli stessi atleti a trovare la motivazione con la nostra musica».

Perché per il per il ciclista è bello far emozionare i tifosi a bordo strada con le proprie imprese, ma lo è anche per i deejay far “saltare” il pubblico con la propria musica.

Sobrero alla ricerca dei giusti equilibri in vista del 2025

20.11.2024
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La prima stagione di Matteo Sobrero con la Red Bull-Bora Hansgrohe ha due volti: uno felice e l’altro un po’ meno. Quando è stato chiamato per dare supporto ai capitani, il piemontese ha risposto presente, mentre nelle occasioni in cui ha avuto spazio per sé qualcosa non è andato. 

«Ero a conoscenza del ruolo nel team – spiega Sobrero, che in questi giorni ha riagganciato le tacchette ai pedali in vista della prossima stagione – che mi era stato assegnato fin dal primo ritiro, ovvero a dicembre dello scorso anno. Nei Grandi Giri avrei dovuto dare una mano ai capitani, mentre in altre gare avrei avuto lo spazio per provare a dire la mia e fare la corsa».

Sobrero ha iniziato la sua stagione all’AlUla Tour con un buon quarto posto finale
Sobrero ha iniziato la sua stagione all’AlUla Tour con un buon quarto posto finale

Le fatiche gialle

Alla fine Sobrero ha corso il suo primo Tour de France, quello che gli era stato promesso lo scorso anno e che poi era sfumato senza troppe spiegazioni. Alla Grande Boucle ci è andato, consapevole del lavoro che avrebbe dovuto svolgere per il capitano unico: Primoz Roglic

«Sento di essere arrivato a fine anno scarico e tirato – racconta – con la squadra abbiamo parlato proprio di questo. Ci sono stati dei piccoli errori o comunque delle situazioni che non è meglio non rifare. Con l’arrivo di Red Bull il team ha investito tanto sul Tour, forse fin troppo. Non ero mai stato abituato a certi carichi di lavoro. Siamo partiti il 10 maggio, senza mai praticamente tornare a casa fino all’ultima tappa. Ho anche saltato il campionato italiano».

La partecipazione al suo primo Tour de France ha richiesto una grande preparazione
La partecipazione al suo primo Tour de France ha richiesto una grande preparazione
Come si è svolta la vostra rincorsa al Tour?

Siamo partiti per andare a fare qualche ricognizione di tappa. Poi da lì ci siamo spostati ad Andorra per il ritiro in altura, abbiamo corso il Delfinato e infine siamo tornati in ritiro a Tigne. Una volta finita la preparazione c’è stata la presentazione ufficiale di Red Bull in Austria e pochi giorni dopo la partenza da Firenze. Sono sforzi che fai e che non ti pesano, soprattutto con l’adrenalina del momento.

Poi li senti?

Una volta che ti fermi, ti salgono addosso la stanchezza e la fatica. Tutti i miei compagni che hanno finito il Tour hanno detto di aver risentito del lungo periodo di stress. Ed è una cosa che personalmente mi sono portato fino all’ultima gara della stagione, nonostante abbia staccato tra la fine del Tour e le altre gare. Si tratta di trovare il giusto ritmo e di abituarsi a certi carichi di lavoro e di stress. Tutte le squadre fanno un programma simile prima del Tour.

Prima della Grande Boucle, Sobrero ha corso insieme a Roglic al Delfinato
Prima della Grande Boucle, Sobrero ha corso insieme a Roglic al Delfinato
Si deve cercare il giusto equilibrio…

In un ciclismo che chiede di essere sempre al 100 per cento, essere al 95 vuol dire rincorrere. Io ho pagato più mentalmente che fisicamente. Non avevo mai preparato un Grande Giro in questo modo, l’anno prossimo sarebbe diverso. Sarei pronto. Però d’altra parte tornare a casa qualche giorno sarebbe stato utile per riposare e ripartire al massimo. Mi sono reso conto che sono arrivato alla partenza di Firenze già stanco.

Parliamo dei tuoi obiettivi, eri partito bene con AlUla e Sanremo.

Avevo trovato una buona condizione e sentivo di stare abbastanza bene. Poi mi sono ammalato in vista delle Ardenne e nel finale di stagione, come detto, non ero al 100 per cento. Se guardo alla mia stagione personalmente non posso essere soddisfatto, mentre se penso al mio lavoro per il team posso esserlo. 

Devi trovare il modo di incastrare tutto?

Sì, così da essere soddisfatto di entrambi gli aspetti. Anche perché la squadra mi concede le occasioni. Nel caso gli spazi per il 2025 dovessero essere gli stessi, sarà importante trovare qualche accorgimento per arrivare pronto ai miei obiettivi. Questi possono essere la Sanremo, le Ardenne o le gare di fine stagione. Vero che non abbiamo ancora un calendario, quindi parlare di impegni è difficile, ma vorrei trovare un equilibrio migliore. 

Ora che li hai messi tutti in cascina quale pensi sia il migliore per conciliare i tuoi obiettivi e quelli di squadra?

Sono consapevole che sarò di supporto per i capitani. Mi piacerebbe tornare al Giro perché è una corsa meno stressante e frenetica. Dal punto di vista di ciò che lo circonda il Tour de France è mentalmente impegnativo, spendi il doppio. Ci sono tanti tifosi, media, pressione, ecc… 

Per ricalibrare gli impegni in vista del 2025 serve trovare un equilibrio tra quelli del team e i suoi
Per ricalibrare gli impegni in vista del 2025 serve trovare un equilibrio tra quelli del team e i suoi
La differenza la farà tanto quale Grande Giro correrà Roglic, quest’anno lo hai affiancato parecchio. 

Mi sono trovato molto bene con lui fin da subito, abbiamo un ottimo rapporto. E’ un leader diverso da quelli che ho avuto in precedenza, ha proprio il carisma del campione. Per il momento non sono ancora totalmente legato a lui, potrei correre in supporto di altri capitani. Vedremo cosa verrà fuori dal ritiro di dicembre, manca poco. Si parte il 10.

De Lie, che iella: condannato a sfidare i giganti

12.11.2024
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A basarsi su quanto si è visto sui social fino alla scorsa settimana, mezzo gruppo era ancora in vacanza e l’altro è andato a Singapore per il Criterium del Tour de France. A breve tutti saranno nuovamente a casa, godendosi gli ultimi scampoli di riposo e cominciando a riallacciare i fili. Ma almeno nei discorsi, il filo nessuno l’ha mai staccato. Ed è così che Arnaud De Lie in Estremo Oriente si è ritrovato a ragionare della sua stagione e su quella che verrà.

Giusto lo scorso anno di questi tempi, era il 15 novembre, suonammo al campanello della sua fattoria per conoscerlo un po’ meglio e raccogliemmo le prime sensazioni dopo il 2023 delle 10 vittorie, fra cui quella in Quebec. Tra infortuni e problemi di salute, il 2024 invece non è stato altrettanto positivo. Le soddisfazioni non sono mancate, ma ad eccezione di una tappa al Renewi, non ci sono state vittorie WorldTour. In compenso è venuta la maglia di campione belga, che da quelle parti è una bandiera assai ambita. Basti pensare che i primi cinque alle sue spalle sono stati Philipsen, Meeus, Nys, Van Aert e Merlier.

«In questa stagione – si racconta De Lie alla stampa prima del criterium di Singapore – sono successe cose belle e cose brutte, ma penso che sia stata positiva. Senza dubbio mi tengo stretta la vittoria nel campionato nazionale, perché mi permetterà di indossare una maglia molto bella per tutto l’anno. Sono soddisfatto anche per il mio debutto al Tour de France, che ritengo sia stato positivo».

Al Tour, sui Pirenei, De Lie si è ritrovato in fuga con Van der Poel: alla Roubaix sarà peggio
Al Tour, sui Pirenei, De Lie si è ritrovato in fuga con Van der Poel: alla Roubaix sarà peggio

Seguire Val der Poel

Evidentemente non basta e anche se hai solo 22 anni, è chiaro che il metro di paragone siano ormai diventati i mostri sacri del pavé. Sono quelle le corse cui i tifosi attendono il Toro di Lescheret e per le quali anche lui sente un richiamo quasi primordiale. E’ singolare rendersi conto che questo ragazzo sia condannato a fare la corsa sui giganti – in volata o nelle classiche – in un ciclismo che è dominato dal ristretto gruppo dei fenomeni.

«L’obiettivo – dice allo spagnolo Marca – è arrivare nella migliore forma possibile alle classiche delle Fiandre. Spero di stare bene per le prime corse, arrivando al debutto già in condizione, in modo da raggiungere il picco nelle settimane cui tengo di più. Quest’anno in quel periodo stavo male per quel parassita e non ho preso parte a Fiandre e Roubaix. Però una cosa l’ho capita: per fare bene alla Roubaix bisogna avere le gambe per seguire la Alpecin. Sono due anni che vincono e sono la squadra migliore. La verità però è che stare dietro a Van Der Poel non sia così facile. Ma visto che ho solo 22 anni e non credo di essere ancora a quel livello, fatemi dire che le due Monumento sono importanti, ma ci sono anche classiche come Omloop Het Nieuwsblad e Gand-Wevelgem che per me sono grandi obiettivi».

A Quebec, da vincitore uscente, accanto a Pogacar quasi in forma mondiale
A Quebec, da vincitore uscente, accanto a Pogacar quasi in forma mondiale

Ignorare Pogacar

Il Tour de France è stato una colossale centrifuga anche per lui e sarebbe stato davvero curioso avere una volata negli ultimi 3-4 giorni per capire in che modo sia effettivamente arrivato in fondo. Non ha vinto tappe, ma è entrato fra i primi cinque nella quinta e sesta tappa. Poi terzo nell’ottava, battuto da Girmay e Philipsen, e quinto nella dodicesima. Di lì in avanti, il suo Tour è stato un costante arrampicarsi su montagne messe lì come un dispetto e che hanno invece scatenato la lotta per la classifica.

«Il Tour de France è infinitamente difficile – ride – sono 21 giorni in cui vai a tutta e con tutto quello che hai. Devi essere sempre ben posizionato in ogni momento della tappa, altrimenti rischi di non arrivare al traguardo. E’ un’esperienza molto dura, ma sono felice di come sono andate le cose. Il livello dei velocisti è davvero altissimo, difficile dire chi sia stato il più forte e chi lo sarà nel 2025. Potrei dire Philipsen e Girmay, ma avete visto di cosa è capace Jonathan Milan? In certi giorni saranno loro i miei riferimenti, mentre per fortuna posso disinteressarmi di quello che fa Pogacar, cosa che Vingegaard ed Evenepoel per loro sfortuna non possono fare. Di certo quando attacca, seguirlo è molto difficile. Ho la fortuna di avere caratteristiche completamente diverse».

Froome e l’ultimo Tour: utopia o premio alla carriera?

07.11.2024
4 min
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Chris Froome non si è mai arreso. L’animo è rimasto indomito, ma il suo corpo ha smesso di essere l’arma letale che dal 2013 al 2018 gli permise di vincere quattro Tour, una Vuelta e un Giro d’Italia. A dirla tutta ci sarebbe anche la seconda Vuelta (la prima in ordine cronologico) ottenuta dopo la squalifica di Cobo che la vinse su strada nel 2011 e ne fu privato nel 2019 dall’antidoping. Come da lunga tradizione, per il nome che porta e per la sua grande popolarità, dopo la presentazione del Tour il britannico è volato in Giappone per il Criterium di Saitama e parlando con l’inviato di Marca, ha fatto il punto della situazione.

Froome ha chiuso il 2024 al Tour of Guangxi, a capo di un anno con appena 35 corse e zero punti UCI
Froome ha chiuso il 2024 al Tour of Guangxi, a capo di un anno con appena 35 corse e zero punti UCI

Nulla come prima

Nel leggere le sue parole, saltano in mente quelle pronunciate due giorni fa da Moreno Moser sul cambio di generazione. «Lo stesso Froome – ha detto Moreno – con i valori che aveva quando vinse il Tour, oggi sarebbe ventesimo». Se a questo si aggiunge che nella caduta del 2019 Froome perse l’integrità fisica, si capisce perché per lui sia drammaticamente difficile risalire la china. E rendersi conto, anche nel momento in cui tutto ha ripreso a funzionare discretamente, che il suo livello migliore non sia più schiacciante come prima non lo aiuta di certo.

«Eppure – ha detto – mi piace fare la vita del professionista. Allenarmi, lavorare sulla bici e lottare per gli obiettivi. E’ qualcosa che mi motiva e mi tiene sveglio. Devo essere onesto e ammettere che non posso più affrontare le stesse sfide che avevo prima dell’incidente del 2019, ma mi diverto comunque molto. Continuo a sognare di tornare al Tour. Non so ancora quale sarà il mio programma per il prossimo anno, lo vedremo nel primo ritiro. Però la mia sfida è provare a correre di nuovo in un Grande Giro. Non lo vedo come una follia».

Per un solo giorno dal rientro si è rivisto un lampo di Froome: terzo sull’Alpe d’Huez al Tour 2022
Per un solo giorno dal rientro si è rivisto un lampo di Froome: terzo sull’Alpe d’Huez al Tour 2022

Mai così forte

Froome compirà 40 anni il prossimo 20 maggio e il 2025 sarà l’ultima stagione di contratto con la Israel che lo prese dopo il 2020 del faticoso rientro, reso ancora più duro dalle folli andature nell’anno del Covid. La squadra è cresciuta. Lo hanno portato al Tour nel 2021, ma senza alcun lampo da parte sua. C’è tornato nel 2022 ed è arrivato terzo sull’Alpe d’Huez, poi si è fermato. E ancora nel 2022 è andato alla Vuelta, concludendola nelle retrovie, in cambio di immense fatiche. E’ immaginabile che in questa fase di caccia ai punti, la Israel-Premier Tech decida di schierarlo nella corsa delle corse con la (quasi) certezza che la attraverserà senza lasciare traccia?

«Mi resta un anno – ha detto – e poi vedremo cosa farò in futuro. E’ troppo presto per parlare di questi argomenti. Una caduta ha cambiato la mia carriera, ma non tutte le cadute sono uguali. La mia fu in allenamento, altri sono caduti in gara. Penso però che qualcosa stia cambiando. Non credo che la colpa sia solo dei ciclisti o degli organizzatori. Ci sono diversi fattori. Adesso c’è molto stress nel gruppo e le corse vanno più veloci che mai. Ognuno cerca il proprio posto e questo causa altri problemi. Bisogna fare qualcosa. Il giorno in cui caddi, avevo appena finito di pensare che non mi fossi mai sentito così forte. Pensavo che il Tour 2019 sarebbe stato mio».

In azione a Saitama: alle spalle di Froome, O’Connor, Campenaerts e Philipsen
In azione a Saitama: alle spalle di Froome, O’Connor e Campenaerts

Tutto più veloce

Di tutto quel mondo non c’è più molto, se non la consapevolezza che i loro studi al Team Sky abbiano aperto la porta a questo nuovo ciclismo che ha preso la loro lezione e l’ha portata fino alle stelle. La Jumbo-Visma dei primi prodigi e la UAE Emirates hanno attinto all’esperienza di allora e hanno approfondito internamente la nutrizione, la preparazione, la meccanica, l’aerodinamica, il recupero. Il Team Sky schiacciò tutti perché prima di tutti scovò vantaggi da ogni aspetto possibile.

«Ci sono Pogacar e Vingegaard – ha detto – che negli ultimi anni sono stati capaci di dominare al Tour e anche in altre corse. Anche Evenepoel è ad alto livello. Se vincono così tanto, al di là di avere alle spalle delle squadre eccezionali, evidentemente per loro il ciclismo è uno sport divertente. Ma le cose cambiano molto in fretta e chi vince oggi domani potrebbe non farlo più. Il ciclismo è cambiato molto, va molto più veloce di 5-10 anni fa. E’ molto più esplosivo ed evoluto in termini di materiali, alimentazione, allenamento… E’ uno sport bellissimo e divertente. Per questo quando avrò smesso, continuerò a godermelo con un occhio alla vita quotidiana. L’incidente mi ha fatto cambiare prospettiva, si può godere lo sport anche dopo un grande dolore. E io voglio continuare ad amare il ciclismo».

Tour in salita: anche Evenepoel sulla strada di Vingegaard

02.11.2024
4 min
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La presentazione del Tour de France ha avviato il dibattito sulle sfide 2025. Erano tutti in attesa del percorso del Giro ed è superfluo far notare che il rinvio (per motivi che nulla avrebbero a che vedere con l’aspetto sportivo) ha lasciato aperto il discorso ed esposto la corsa italiana a una figura di cui nessuno avvertiva la necessità. In casa Visma-Lease a Bike, in cui pure si è preso in considerazione il Giro per Vingegaard, il ragionamento va avanti sulla sfida francese. E il diesse Grischa Niermann, che pochi giorni fa avevamo sentito per commentare la stagione della sua squadra, ha iniziato con Het Nieuwsblad a fare il punto su quanto accaduto all’ultimo Tour.

«Non diremo – ha ammesso – che se Jonas non fosse caduto, avrebbe vinto il Tour. Pogacar è stato il miglior corridore al mondo dall’inizio alla fine dell’anno. Lo ha dimostrato in ogni occasione e presumiamo che sarà di nuovo più forte nel 2025. Dovremo quindi fare molto meglio come squadra».

Grischa Niermann è il primo direttore sportivo del team olandese (foto Visma-Lease a Bike)
Grischa Niermann è il primo direttore sportivo del team olandese (foto Visma-Lease a Bike)

Percorso per Vingegaard

Il percorso francese sorride al miglior Vingegaard, come è chiaro che sorrida a Pogacar. Tadej ha infatti dimostrato che a fare la differenza non siano i percorsi, ma la sua voglia di correre per vincere. Tolta la prima settimana nel Nord della Francia, non mancano le tappe impegnative.

«Che si tratti di un percorso per Jonas? Sembra interessante, con molto dislivello, inclusa una cronometro in salita. Dopo il Tour di quest’anno – prosegue Niermann – si può dire però che sia il percorso giusto anche per Pogacar. Sapevamo già alcune cose, ma da ora in poi possiamo davvero attuare la nostra pianificazione per il Tour de France. Il nostro obiettivo principale della stagione è vincerlo».

Vingegaard è arrivato al Tour 2024 dopo la caduta di aprile, ma i suoi dati in salita sono parsi i migliori di sempre
Vingegaard è arrivato al Tour 2024 dopo la caduta di aprile, ma i suoi dati in salita sono parsi i migliori di sempre

Quali Giri?

Non è casuale che il tecnico parli al plurale, essendosi reso conto che nell’unica occasione in cui Vingegaard ha battuto il miglior Pogacar (sull’edizione 2023 pesa infatti la frattura dello scafoide), nel Tour del 2022, la guerra fu vinta grazie al gioco di squadra. Indimenticabile lo scontro nel giorno del Granon, in cui Roglic e il danese misero in mezzo lo sloveno, che però nel frattempo è diventato più scaltro e potente. Roglic nel frattempo non c’è più ed è difficile immaginare chi potrebbe prenderne il posto, se Uijtdebroeks o Jorgenson. Ma al centro resta il livello di Vingegaard.

«Vedremo quale sarà la preparazione ottimale per Jonas – dice Niermann – perché Pogacar ha dimostrato quest’anno che il Giro era adatto per lui e lo ha vinto. Con il nostro team performance vedremo se l’esperienza sarà convincente anche per Jonas. Forse il percorso di avvicinamento attraverso alcune classiche in primavera potrebbe essere un’altra buona soluzione. Non posso ancora dire nulla al riguardo, nemmeno se Jonas potrà correre tutti e tre i Grandi Giri. Forse è così, anche se la possibilità non è molto alta».

I progressi in salita di Evenepoel al Tour 2024 sono stati eclatanti: il belga (classe 2000) crescerà ancora
I progressi in salita di Evenepoel al Tour 2024 sono stati eclatanti: il belga (classe 2000) crescerà ancora

Pericolo Evenepoel

E poi c’è da considerare il terzo incomodo, quel Remco Evenepoel che nel 2024 ha salito uno scalino altissimo rispetto all’anno precedente. I progressi in salita palesati nel Tour chiuso al terzo posto hanno stupito il gruppo e si può pensare che altri passi avanti seguiranno. Aver vinto per due volte il Tour, insomma, non rappresenta per Vingegaard la garanzia di essere la sola alternativa a Pogacar.

«Non possiamo sederci e pensare che andrà tutto bene – dice Niermann – pur con la consapevolezza che Jonas abbia iniziato il Tour in ritardo, a causa della caduta. E probabilmente avremo di nuovo a che fare anche con Remco Evenepoel. Non starà fermo neanche lui e temo che sarà ancora più vicino. Vogliamo che il Tour 2025 sia una grande battaglia e che noi come squadra possiamo davvero vincerlo di nuovo».

Tour 2025, su il velo: Prudhomme spiega e fa gli scongiuri

30.10.2024
7 min
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«Se si sovrappongono la mappa del 2024 e quella del 2025 – ha detto ieri Christian Prudhomme a margine della presentazione del Tour – si può notare che stiamo facendo in modo di attraversare tutte le regioni, colmando le lacune. E’ una regola, almeno ogni cinque anni, passare in ogni angolo della Francia. L’unica parte che fa eccezione è la Corsica, ma sono ancora più tranquillo perché sono stato io a portare il Tour lì per la prima volta nel 2013».

Ieri Parigi ha tenuto a battesimo il Tour de France del 2025, con il consueto clima da grande evento e il grande interesse per un percorso che torna alle origine della Boucle (in apertura foto A.S.O./Etienne Coudret). Una prima settimana piuttosto veloce e i Pirenei prima delle Alpi, con il finale che torna a Parigi, ora che la Capitale si è lasciata indietro la baraonda olimpica.

Prudhomme, a destra, ha rivendicato il disegno del Tour e la sua partenza dal Nord (foto A.S.O./Etienne Coudret)
Prudhomme, a destra, ha rivendicato il disegno del Tour e la sua partenza dal Nord (foto A.S.O./Etienne Coudret)

Partenza alla francese

Dopo le partenze da Copenhagen, Bilbao e Firenze, il prossimo Tour de France sarà interamente francese, senza neppure un chilometro oltre qualche recondito confine.

«Sono favorevole alle grandi partenze all’estero – ha spiegato Prudhomme – perché permettono al Tour de France di spiegare ulteriormente le sue ali. Ma a condizione che si vada sistematicamente anche nelle città medie e nelle piccole comunità locali. Sarà così anche l’anno prossimo, ad esempio con Ennezat o Vif, o con Mûr-de-Bretagne a Guerlédan con i suoi 2.500 abitanti. Dopo tre grandi partenze all’estero, partiremo dal Nord e abbiamo progettato il Tour in base all’altimetria dei luoghi che abbiamo trovato, alla bellezza dei paesaggi e anche alla storia del ciclismo».

Omaggio ai grandi

Il Tour torna in Normandia per la prima volta dal 2016, passando per la città natale di Anquetil. Passerà per Calorguen dove vive Bernard Hinault che il prossimo anno compirà 70 anni. La partenza a Saint Meen le Grand permetterà di omaggiare Louison Bobet nel centenario della nascita. Mentre La Plagne sarà l’occasione per ricordare Laurent Fignon, che ne ha conquistato per due volte il traguardo alpino.

«Negli ultimi quindici anni – ha spiegato ancora Prudhomme – abbiamo fatto in modo che la prima settimana non fosse più concepita con tappe pianeggianti come un tempo. Ma non illudetevi: quella del 2025 sarà una falsa prima settimana pianeggiante. Tra il finale di Boulogne, la rampa di Saint Hilaire prima dell’arrivo a Rouen o il Mur de Bretagne da superare due volte, come nel 2021, gli attaccanti in stile Liegi saranno serviti, come pure gli uomini di classifica. Complessivamente, il Tour 2025 prevede sei tappe per velocisti, di cui potenzialmente quattro nei primi dieci giorni. Eppure non è detto che ognuna di queste tappe sia una volata di gruppo».

Mark Cavendish ha ricevuto il tributo di Parigi per la carriera e il record di vittorie di tappa (foto A.S.O./Etienne Coudret)
Mark Cavendish ha ricevuto il tributo di Parigi per la carriera e il record di vittorie di tappa (foto A.S.O./Etienne Coudret)

Partenza per velocisti

Un Tour come una volta, insomma, perché quando si parte da lassù, è chiaro che per arrivare alle montagne ci saranno da percorrere diverse centinaia di chilometri

«E’ chiaro – ha detto ancora Prudhomme – che se si parte da Nizza, Bilbao o Firenze, come negli ultimi tre anni, si è già ai piedi delle salite. Forse il prossimo sarà un Tour più tradizionale, ma non c’è stata una scelta in questa direzione. Semplicemente è dipeso dalla scelta del luogo di partenza. Sarà invece tradizionale l’arrivo finale a Parigi. Siamo stati molto felici di arrivare a Nizza, l’unica città a offrirci questa opportunità a pochi giorni dall’apertura dei Giochi Olimpici. Ma siamo anche molto felici di tornare a Parigi sugli Champs Elysées e sono sicuro che sarà lo stesso tra 25 o 50 anni».

Il Tour de France 2025 misura 3.320 km con 51.550 metri di dislivello
Il Tour de France 2025 misura 3.320 km con 51.550 metri di dislivello

21 tappe, 2 crono, 2 riposi

Un’edizione totalmente in suolo francese, con una serie di tappe molto interessanti e trappole lungo il percorso, a partire dalla crono di Rouen del quinto giorno e poi l’arrivo su Mur de Bretagne due giorni dopo. I Pirenei prima delle Alpi, con l’arrivo di Hautacam e la cronoscalata dell’indomani a Peyragudes che precede un’altra giornata di montagna: cruciale gestire bene le forze. La via che porta verso le Alpi incontra il Mont Ventoux, che immette negli ultimi giorni ad altissima tensione

1ª tappa (5/7)Lille – Lille185 km
2ª tappa (6/7) Lauwin Planque – Boulogne sur Mer212 km
3ª tappa (7/7)Valenciennes – Dunkerque172 km
4ª tappa (8/7) Amiens – Rouen173 km
5ª tappa (9/7) Caen – Caen (crono)33 km
6ª tappa (10/7)Bayeux – Vire Normandie201 km
7ª tappa (11/7) Saint-Malo – Mur de Bretagne194 km
8ª tappa (12/7) Saint Méen Le Grand – Laval174 km
9ª tappa (13/7) Chinon – Châteauroux170 km
10ª tappa (14/7) Ennezat – Le Mont Dore163 km
Riposo (15/7) Toulouse
11ª tappa (16/7) Toulouse – Toulouse154 km
12ª tappa (17/7) Auch – Hautacam181 km
13ª tappa (18/7)Loudenvielle – Peyragudes (crono)11 km
14ª tappa (19/7) Pau – Luchons-Superbagnéres183 km
15ª tappa (20/7) Muret – Carcassonne169 km
Riposo (21/7)Montpellier
16ª tappa (22/7) Montpellier – Mont Ventoux172 km
17ª tappa (23/7) Bollène – Valence161 km
18ª tappa (24/7) Vif – Courchevel, Col de la Loze171 km
19ª tappa (25/7) Albertville – La Plagne130 km
20ª tappa (26/7) Nantua – Pontarlier185 km
21ª tappa (27/7)Mantes-la-Ville – Paris120 km
Totale 3.320 km

Salite diversamente mitiche

Pianura in avvio, ma per fortuna le montagne non mancheranno, con qualche gradito ritorno. Come quello del Mont Ventoux, che per la prima volta da oltre dieci anni avrà l’arrivo sulla cima. L’ultima volta fu nel 2013, quando Froome scatenò la prima della lunga serie di… frullate che gli avrebbero permesso di dominare per quattro volte il Tour.

«Ci eravamo passati nel 2021 – ricorda Prudhomme – ma l’arrivo era in fondo, a Malaucène. C’è stato anche l’arrivo accorciato nel 2016 allo Chalet Reynard a causa del vento, quando Froome si mise a correre a piedi. In realtà saranno passati 12 anni da quella prima vittoria di Chris. Ci sono effettivamente alcune tappe obbligatorie, perché sono monumenti del Tour, luoghi mitici. Il Tourmalet, il Galibier, il Ventoux o l’Alpe d’Huez, ma abbiamo capito e lo hanno capito i politici locali che oltre a certi traguardi mitici si possono azzardare anche altre salite meno conosciute. Per questo sono nati il Col de la Loze e la Planche des Belles Filles, che appartengono a una storia molto recente. Tutto quello che dobbiamo fare è sperare che la cronometro in salita di Peyragudes non dia la svolta definitiva al Tour e che l’arrivo sul Ventoux lasci ancora un po’ di suspense per ultime due tappe alpine di Courchevel e La Plagne».

Sarà stato un modo di dire, ma in fondo che la corsa venga schiacciata subito dal solito dominatore è qualcosa che fa tentennare anche gli organizzatori. Come andare al cinema per un thriller, sapendo già come andrà a finire. Forse in cuor suo e da ottimo giornalista qual era, Prudhomme tifa per il ritorno di Vingegaard e la crescita di Evenepoel.

Vision presenta le Metron 60-35 TDF LTD, le ruote del record

08.10.2024
4 min
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Uno dei momenti più emozionanti dello scorso Tour de France è stata certamente la vittoria di Mark Cavendish, che con quello sprint ha superato il record di vittorie di tappa di sua maestà Eddy Merckx. Per celebrare quel momento Vision ha appena presentato le Metron 60 – 35 TDF LTD, un set di ruote in edizione limitata per omaggiare le 35 vittorie alla Grande Boucle del campione dell’Isola di Man.

Saint Vulbas, 3 luglio, quinta tappa del Tour 2024: Mark Cavendish batte il record di Merckx: 35 tappe vinte
Saint Vulbas, 3 luglio, quinta tappa del Tour 2024: Mark Cavendish batte il record di Merckx: 35 tappe vinte

Un set da collezione 

Le Metron 60 – 35 TDF LTD sono prodotte in soli 100 esemplari, accompagnate da un packaging per veri collezionisti.

Queste ruote sono caratterizzate da una grafica identica a quelle utilizzate da Cavendish il giorno della vittoria, con i due loghi Vision in giallo e in azzurro. Il set, inoltre, è confezionato in una scatola da collezione che riporta la scritta “35 Tour de France Stage Wins” con una grafica ideata sui colori della Wilier del campione britannico.

Ma non è finita qui. All’interno della scatola si troverà infatti anche una dichiarazione ufficiale di Vision che certifica l’originalità e l’unicità del prodotto: un pezzo di storia del ciclismo.

Qualità superiore 

Che siate un collezionista o un qualcuno che queste ruote vuole usarle davvero, le Metron 60 – 35 TDF LTD sono un prodotto di altissimo livello.

Si tratta di ruote in carbonio da 60 mm quindi ideali per i velocisti, ma con un design aerodinamico che garantisce ottime prestazioni anche in percorsi vallonati. La larghezza interna del canale è di 21 mm, che migliora ulteriormente l’aerodinamica ma anche la resistenza al rotolamento, specie con pneumatici tubeless da 28 mm.

Infine sono dotate di cuscinetti ceramici e Sistema Power Ratchet (PRS). Si tratta di un sistema di mozzi con innesto a 72 denti, che offre un angolo di innesto superiore e quindi una migliore scorrevolezza anche in condizioni difficili. Inoltre, gli ingranaggi sono più resistenti del 25% rispetto al passato.

Peso e prezzo 

Le Metron 60 – 35 TDF LTD, come quelle montate sulla Wilier Filante di Cavedish, hanno un peso di 1.490 grammi per coppia, mentre il prezzo di questo pezzo da collezione è 2.799 euro (rispetto ai 2.209 euro delle classiche METRON 60 SL).

Vision