Marta Cavalli e l’Alpe d’Huez: ricognizione in gran segreto

02.11.2023
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L’effetto sorpresa ha funzionato alla grande. Così, quando ha sollevato lo sguardo sul megaschermo del Palazzo dei Congressi di Parigi, Marta Cavalli si è riconosciuta sull’Alpe d’Huez assieme a Evita Muzic. E a quel punto è stato chiaro che nel grande pentolone del Tour de France Femmes bollisse qualcosa di importante. La strada che da Bourg d’Oisans porta diritto nella storia sarà il teatro dell’ultima tappa. Si concluderà tutto lassù e chissà se a partire dal prossimo anno sui vari tornanti della celebre salita cominceranno a spuntare i nomi delle donne che avranno saputo conquistarla.

Marta in questi giorni è a casa, come già lo scorso anno ha scelto vacanze mordi e fuggi facendo base fra le mura domestiche.

«Ho deciso di non andare via – sorride – perché alla fine, tra una cosa e l’altra, preparo una valigia e ne sto ancora smontando un’altra. Così mi sono detta: rimaniamo qui, mi godo le vacanze a casa. Un paio di weekend in giro e a me alla fine piace anche così».

Marta Cavalli ha svolto la ricognizione sull’Alpe d’Huez assieme alla francese Muzic
Marta Cavalli ha svolto la ricognizione sull’Alpe d’Huez assieme alla francese Muzic
Come è venuta fuori la scalata dell’Alpe d’Huez? Da quanto sapevi che saresti andata a farla?

Non lo abbiamo saputo con troppo preavviso. Sono andata a fare la ricognizione il 13 ottobre e l’ho scoperto il 10. Mi hanno detto: «Guarda, invece di partire il 14 ottobre per la Crono delle Nazioni, parti il 12. Ti fermi, fai la ricognizione e poi raggiungi il team per l’ultima gara». Ce l’hanno svelato all’ultimo e anche da organizzare non è stato proprio semplicissimo. Il Frejus è ancora chiuso per i treni, così ho dovuto fare un viaggio della speranza. Però è stato bello, perché abbiamo avuto l’occasione di fare una ricognizione in più. E poi perché comunque i ragazzi di Aso ci sanno fare veramente, anche se ci hanno vietato di fare foto (le immagini dell’articolo sono state ricavate dal video social di ASO, ndr).

Sapevi che sarebbe stata l’ultima tappa del Tour?

No, non sapevamo che sarebbe stata l’ultima tappa. Sapevamo solo che al Tour de France ci sarebbe stata l’Alpe d’Huez, ma non ci avevano detto se sarebbe stata un arrivo o un passaggio e tantomeno a che punto della corsa l’avremmo trovata.

Era la prima volta che provavi l’Alpe?

Una prima assoluta. Non ho mai fatto grandi montagne, me ne mancano tante all’appello. Mi manca il Mortirolo, mi manca lo Zoncolan. Alla fine corriamo, facciamo ritiri e non è mai facile avere il tempo per andarle a vedere. Anche lo Stelvio non l’ho mai fatto, pur essendo anni e anni che vado a Livigno. Un obiettivo del futuro potrebbe essere quello di aggiungere alla lista più salite che posso.

Altrimenti quando dici che sei uno scalatore non ci crede nessuno…

Me ne mancano veramente tante (sorride, ndr). L’Alpe d’Huez l’avevo fatta qualche volta su Zwift durante il lockdown, quando l’hanno aggiunta sulla piattaforma. Solo che non è minimamente paragonabile. Quello che mi ha impressionato è l’inizio.

Subito cattiva?

Vedi il cartello e ti trovi 2 chilometri proprio duri, impegnativi, che non danno respiro. Mi immagino proprio che in gara, quando solitamente l’inizio delle salite si fa sempre molto forte, quel pezzo lì possa essere se non decisivo, di certo determinante nel mettere tanta fatica nelle gambe.

Cavalli e Muzic corrono insieme dal 2021, da quando Marta è arrivata alla FDJ in cui la francese corre dal 2018
Cavalli e Muzic corrono insieme dal 2021, da quando Marta è arrivata alla FDJ in cui la francese corre dal 2018
L’hai scalata avendo ancora una buona condizione?

L’abbiamo fatta tranquillamente, perché partendo con le riprese non abbiamo spinto più di tanto, però comunque la condizione era buona. Un’idea me la sono fatta, diverso sarà capire come andrà in corsa e se ai piedi dell’Alpe arriveremo numerose oppure no. Se la corsa verrà molto dura, in quel punto probabilmente ci sarà già un piccolo gruppo, altrimenti nei primi 2 chilometri avere la squadra accanto sarà decisivo. E’ una salita che si fa rispettare, ma non credo che serviranno scelte tecniche particolari. Al massimo si può mettere un 36×34 giusto per sicurezza, però non è una salita estrema. Si arriva a punte del 15 per cento, ma con un 36×34 si va su pendenze fino al 18 per cento, quindi basterà.

Pensi che il Tour resterà aperto fin lì e ci si giocherà tutto quel giorno?

Non sono sicurissima. Anche la penultima tappa, con l’arrivo a Le Grand Bornand, è abbastanza impegnativa. Però c’è da dire che quest’anno il Tour si è impegnato veramente molto per fare un percorso molto duro. L’ultima tappa sono 3.900 metri di dislivello, non sono pochi. Considerati i 150 chilometri, saranno più di 5 ore.

Hai qualche ricordo di corridori sull’Alpe d’Huez?

In realtà ho ricordi recenti, ad esempio quando l’anno scorso ha vinto Pidcock. Altri non ne ho, perché quando ero piccola facevo fatica a localizzare le salite. In generale, ho sempre guardato il ciclismo, ma per guardarlo e non con la prospettiva di riconoscere le varie salite.

La tappa finale del Tour de France Femmes 2024 prevede la scalada del Glandon prima dell’Alpe
La tappa finale del Tour de France Femmes 2024 prevede la scalada del Glandon prima dell’Alpe

Sette tappe, quasi 1.000 km

Il Tour de France Femmes by Zwift 2024 partirà dall’Olanda. Il secondo giorno proporrà due frazioni: una in linea e una crono. Poi la corsa sfiderà le cotes della Liegi, quindi arriverà in Francia, con le ultime due tappe sulle Alpi. Un percorso impegnativo, con il finale di immensa suggestione sull’Alpe d’Huez.

TappaDataLocalitàChilometri
1ª tappa12/8Rotterdam-La Haye124
2ª tappa13/8Dordrecht-Rotterdam67
3ª tappa13/8Rotterdam-Rotterdam, cronometro individuale6,3
4ª tappa14/8Valkenburg-Liegi122
5ª tappa15/8Bastogne-Amneville150
6ª tappa16/8Remiremont-Morteau160
7ª tappa17/8Champagnole-Le Grand Bornand167
8ª tappa18/8Le Grand Bornand-L’Alpe d’Huez150
tot. 946,3
Come prosegue il tuo inverno? Quando si riparte?

Ho ancora una settimana piuttosto tranquilla, in cui farò soprattutto un po’ di uscite con gli amici. Poi si inizia pian piano fino al 9 dicembre, quando andremo in ritiro con la squadra per i classici 10 giorni in Spagna. Faremo come al solito la presentazione della squadra e poi sarà tempo di cominciare.

Come stai?

Sto bene. Non ho voluto mollare completamente, ho cercato di rimanere sempre piuttosto attiva. Non mi sentivo mentalmente e fisicamente così stanca e provata dalla stagione, come poteva essere negli anni corsi. Quindi ho cercato di godermi la bici con un’altra ottica. Fisicamente sto bene e non ho accusato particolarmente la stagione, forse perché essendo stata un po’ sottotono, non mi sono mai sentita realmente ai miei livelli. Questo mi ha aiutato, ho già la condizione alta per l’anno prossimo.

Due Tour in un giorno: a Parigi lo show è tutto giallo

25.10.2023
7 min
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Ci sarà poi il tempo per approfondire, entrare nel vivo, spiegare e fare progetti. Per ora, la presentazione dei due Tour a Parigi ha colpito negli occhi e nell’anima i presenti e chi l’ha vissuta in collegamento da casa. Il Tour Femmes e il Tour degli uomini raccontati in un solo colpo, con grande prova di pianificazione, al punto di aver portato Marta Cavalli a provare l’ultima tappa della gare delle donne, perché un video potesse raccontarla proprio oggi.

ASO e il ciclismo

Abbiamo ascoltato parole che lasciano il segno, come quelle di Jean Etienne Amaury, presidente di ASO.

«Il Tour 2023 – racconta dal palco – ci ha consegnato la grande risposta del pubblico, con 42 milioni di persone in Francia e 150 nel resto del mondo. Grossi riscontri sono venuti grazie ai social e a Unchained, la serie Netflix. Il Tour vuole promuovere il ciclismo come mezzo di locomozione ecologico, che rispecchia la nostra filosofia di rispetto per l’ambiente. Abbiamo stretto un’intesa molto importante con Ministero dello Sport e il Ministero dell’Educazione, per fornire al più alto numero di bambini fra 6 e 11 anni il necessario per andare in bicicletta. E nell’ottica dello sviluppo del ciclismo, abbiamo rinnovato l’accordo con la Federazione francese».

Il Tour de France Femmes by Zwift inizia il 12 agosto da Rotterdam e si chiude sull’Alpe d’Huez

Donne da Rotterdam

Il Tour de France Femme by Zwift inizierà il 12 agosto da Rotterdam. Il momento dell’annuncio è introdotto dalle immagini della scorsa edizione, fino all’arrivo sul palco di Christianm Prudhomme e Marion Rousse. E subito dalle parole della bionda ex atleta si capisce che ci sarà la sorpresa.

«La prima edizione – dice – ci ha dimostrato che si tratta di un evento eccezionale, per cui disegnare la seconda è stato più facile, perché conoscevamo la direzione da prendere. Dal primo all’ultimo giorno abbiamo avuto e di certo avremo una grande audience. Il Tourmalet è stato un momento epico e suggestivo, ma il prossimo anno non saremo da meno».

Le tappe saranno 8, i chilometri in totale 946,3 con distanze importati per la categoria. Il duro inizia subito, con l’arrivo di Liegi che propone le strade della Doyenne, e nel finale con il doppio arrivo in salita. Le Grand Bornand e gran finale all’Alpe d’Huez. E mano a mano che la grafica disegnava tornanti sul profilo della montagna, il pubblico del Palais des Congres, avendo capito, ha salutato il traguardo decisivo del Tour.

La presentazione del Tour si è svolta come da tradizione nel Palais des Congres di Parigi
La presentazione del Tour si è svolta come da tradizione nel Palais des Congres di Parigi

Tour uomini, i ricordi

Il Tour degli uomini lo annuncia invece da solo Prudhomme, non prima di aver rivissuto l’edizione 2023, che si apre con le parole di resa di Pogacar: «Sono morto».

Poi, in un lungo flashback, lo schermo propone i primi scontri fra Vingegaard e lo sloveno. Lo sguardo sperso di Cavendish costretto al ritiro. La commozione di Pello Bilbao che vince per Gino Mader. Gli scatti a raffica di Pogacar, che adesso sembrano quasi beffardi. La crono, prima mazzata di Vingegaard, che dichiara: «Probabilmente, la corsa della mia vita». Poi il naufragio di Pogacar a Courchevel. Le lacrime di Mohoric e l’esultanza di Ciccone sulla salita decisiva, prima del bagno di folla per Thibaut Pinot.

Il via da Firenze

La Grande Partenza sarà data, come ben sappiamo, dall’Italia. L’arrivo per la prima volta sarà invece lontano da Parigi, a Nizza, viso che la Capitale sarà presa dall’organizzazione delle Olimpiadi.

Sul palco sale Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, introdotto con splendide parole da Prudhomme.

«Era strano che un Paese come l’Italia – dice Prudhomme – con i grandi campioni che hanno legato la loro fortuna al Tour, non avesse mai accolto una partenza del Tour. E’ raro che il Tour de France inizi con più di 3.600 metri di dislivello, in effetti non è mai successo prima! Ed è anche la prima volta che la corsa tocca la città natale di Gino Bartali. Il susseguirsi delle colline tra Toscana ed Emilia-Romagna sarà probabilmente lo scenario per un confronto immediato e impegnativo, in particolare la salita verso San Marino, dove la corsa aggiungerà un 13° nome al suo catalogo di visite all’estero».

E Bonaccini, prima parte in francese e poi passa all’italiano. «Come diceva Gianni Mura – racconta – il Tour è un’avventura umana. Lo sport che diventa linguaggio universale, parlato e compreso in tutto il mondo. La Grande Depart è un sogno che si avvera, un evento storico per il nostro Paese. Siamo pronti ad accogliere il Tour de France, con un eccezionale lavoro di squadra iniziato da tre anni. Tutti insieme abbiamo fatto l’impresa».

Chiusura a Nizza

Poi è il turno di Nizza, sede di arrivo, con le parole del sindaco che si commuove ricordando le sue origini italiane. E quando anche Nizza augura a tutti un grande Tour, viene finalmente alzato il velo sull’edizione 2024 del Tour de France che scatterà il 29 giugno da Firenze.

Il percorso è subito severo. Basti pensare che la prima tappa ha 3.600 metri di dislivello e che la seconda proporrà per due volte la scalata del Colle di San Luca a Bologna. E’ italiana anche la tappa più lunga del Tour, quella da Piacenza a Torino con 229 chilometri. E parte dall’Italia la tappa con la salita Souvenir Desgrange: la quarta, da Pinerolo a Valloire, che scalerà il Galibier dal Lautaret, prima della discesa finale.

Si parte il 29 giugno

Il Tour 2024 è composto da 21 tappe, più due giorni di riposo. Sono due anche le cronometro: l’ultima il sabato prina del gran finale, molto dura. Si parte da Firenze e si finisce a Nizza, con le Alpi prima dei Pirenei.

1ª tappa29 giugnoFirenze-Rimini206
2ª tappa30 giugnoCesenatico-Bologna200
3ª tappa1 luglioPiacenza-Torino229
4ª tappa2 luglioPinerolo-Valloire138
5ª tappa3 luglioSt Jeanne de Maurienne-Saint Vulbas177
6ª tappa4 luglioMacon-Dijon163
7ª tappa5 lugliocronometro individuale, Nuits Saint Georges-Gevrey Chambertin25
8ª tappa6 luglioSemur en Auxois-Colombey les Deux Eglises176
9ª tappa7 luglioTroyes-Troeys199
Riposo8 luglioOrleans
10ª tappa9 luglioOrleans-Saint Amand Montrond187
11ª tappa10 luglioEvaux les Bains-Le Lioran211
12ª tappa11 luglioAurillac-Villeneuve sur Lot204
13ª tappa12 luglioAgen-Pau171
14ª tappa13 luglioPau-Saint Lary Soulan (Pla d’Adet)152
15ª tappa14 luglioLoudenvielle-Plateau de Beille198
Riposo15 luglioGruissan
16ª tappa16 luglioGruissan-Nimes187
17ª tappa17 luglioSaint Paul Trois Chateaux-Superdevoluy178
18ª tappa18 luglioGap-Barcelonnette179
19ª tappa19 luglioEmbrun-Isola 2000145
20ª tappa20 luglioNice-Col de la Couillole133
21ª tappa21 lugliocronometro individuale, Monaco-Nice34
Totale Chilometri3.492

Pirenei e poi le Alpi

Il Tour è un riccio che si infila fra colline e città. Scala i Pirenei prima delle Alpi, con gli arrivi di Plateau de Beille e Pla d’Adet alla 14ª e 15ª tappa, ma già nella 9ª propone un continuo saliscendi su strade bianche che rischierà di fare molto male.

Le tappe dalla 17ª alla 20ª proporranno una quantità importante di salite, con gli arrivi a Superdevoluy, Barcellonette, Isola 2000 e il Col de la Couillole in Costa Azzurra. Sarà anche il Tour delle alte quote, dato che 25 chilometri di montagna saranno percorsi oltre i 2.000 metri.

E se la salita non bastasse, le prove a cronometro saranno due. Per specialisti quella alla 7ª tappa di Gevrey Saint Martin di 25,3 chilometri. Per corridori resistenti cui sia rimasto qualcosa da dare la 21ª da Monaco a Nizza, lunga 34 chilometri, con le salite del Col d’Eze e la Turbie nel percorso. Paradossalmente potrebbe essere ancora tutto in palio fino all’ultimo chilometro.

La sensazione è quella di un Tour duro ma non durissimo, anche per strizzare l’occhio alle Olimpiadi che già busseranno alla porta. Le squadre ora hanno quel che serve per redigere i programmi dei loro atleti. Le donne aspettano il percorso del Giro d’Italia Donne. Nelle prossime settimane approfondiremo i discorsi. Quando si spegne la luce nel Palazzo dei Congressi di Parigi, ancora una volta la sensazione è quella di aver assistito a qualcosa di grande e di ben fatto.

Vittoria e contratto in tasca: Malcotti è più tranquilla

19.09.2023
5 min
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Il Tour de l’Ardeche regala spesso soddisfazioni e motivi d’interesse per il ciclismo italiano. Nell’edizione che ha rilanciato Marta Cavalli, vincitrice davanti a Erica Magnaldi, al settimo posto ha chiuso Barbara Malcotti, che sulle strade francesi ha anche colto la sua prima vittoria internazionale da quando milita nelle fila della Human Powered Health. A ben guardare, il suo successo non è casuale, ma anzi arriva al termine di un percorso di crescita che ha attraversato tutta questa stagione.

Il successo in solitudine di Barbara Malcotti al Tour de l’Ardeche, primo squillo nel team Usa
Il successo in solitudine di Barbara Malcotti al Tour de l’Ardeche, primo squillo nel team Usa

Dalla Francia alla Cina

Barbara, che poi ha preso parte al Giro di Romandia e che ora sarà in gara in Italia per due classiche di fine stagione prima dell’ultimo appuntamento del team in Cina, ha una voce squillante nel raccontare quest’ultimo segmento stagionale, segno che le cose cominciano davvero a girare nel verso giusto.

«E pensare che la gara francese non era iniziata nella maniera migliore – racconta la trentina – non stavo bene i primi giorni così mi sono messa a disposizione della squadra, lavorando per la nostra velocista di punta Daria Pikulik. La polacca ha vinto la prima e la terza tappa e anche la seconda poteva essere nostra se non ci fosse stata una grande caduta all’ultima curva».

Per la trentina quest’anno 58 giorni di gare con 12 top 10, un bilancio positivo e incoraggiante
Per la trentina quest’anno 58 giorni di gare con 12 top 10, un bilancio positivo e incoraggiante
Poi però qualcosa dev’essere scattato nella sesta tappa, anche perché è stata una vittoria di forza…

In partenza non avevo particolari aspettative, visto come stavano andando le cose. Per il team il bilancio era già in attivo, avevamo anche Buijsman in classifica. La FDJ quel giorno ha fatto il diavolo a quattro, ma quando il gruppo si è ricomposto, ho provato a partire in contropiede. Mancavano 35 chilometri, speravo che qualcuna si accodasse, invece mi sono ritrovata da sola. Ho pensato che non avrei avuto possibilità, io che passista non sono, anche perché dopo 5-6 chilometri il vantaggio stazionava sui 30 secondi.

E poi?

Poi le mie compagne hanno fatto un lavoro meraviglioso. Chiudevano su ogni tentativo e soprattutto sfruttavano il fatto che si pedalava su strade abbastanza strette, era difficile organizzare un inseguimento. Io mi sono ritrovata ai piedi del muro dell’ultima parte con 1’45” di vantaggio, in cima ne avevo ancora 55”. Scollinando avevo ancora un minuto e a quel punto ho capito che anche se recuperavano da dietro, era fatta.

La vittoria di Malcotti è stata accolta nel team con una grande festa (foto Instagram)
La vittoria di Malcotti è stata accolta nel team con una grande festa (foto Instagram)
Che effetto ti ha fatto alzare le braccia al cielo?

Quel giorno non lo dimenticherò facilmente. Vedere i diesse che piangevano per la gioia, le compagne quasi più felici di me. Inoltre prima del Giro d’Italia non sapevo ancora se mi avrebbero confermato, poi qualche buon risultato era arrivato, ma questa vittoria ha messo le cose a posto. Ho già in tasca la conferma per il prossimo anno.

Tu venivi dall’esperienza duplice di Giro e Tour. Si dice sempre fra gli uomini che i grandi Giri cambiano il motore di un corridore, fra le donne, pur considerando la minor lunghezza, avviene lo stesso?

Sulla base della mia esperienza sì, ma è qualcosa di meno incentrato sui grandi Giri, nel senso che io reputo tutte le gare WorldTour di un livello talmente alto da cambiare chi partecipa con costanza. La differenza si vede fra chi ha un’attività prettamente nazionale e chi gareggia all’estero, c’è un abisso… A proposito del Tour c’è un elemento che spiega come una gara simile influisca su un’atleta.

Barbara ha fatto Giro e Tour. Tanta fatica, ma alla fine una gamba esplosiva
Barbara ha fatto Giro e Tour. Tanta fatica, ma alla fine una gamba esplosiva
Quale?

Dopo il Tour ero talmente “cotta” che il team mi ha dato una settimana di libertà, nella quale ho fatto una vacanza al mare, senza toccare la bici. Ho ripreso con un paio di gare francesi e il Giro dii Scandinavia e mi sentivo diversa. Il Tour è stata di gran lunga la gara più dura che abbia mai fatto, ma ha avuto un influsso benefico.

Come giudichi la tua esperienza nel team americano dopo due anni?

Mi ha cambiato tanto. Pur mantenendo la mia residenza a casa, si sta sempre in giro, praticamente non ho fatto una settimana completa in famiglia da aprile in poi. Mi ha fatto correre molto, l’obiettivo per me come per le altre era raccogliere più punti possibile per restare nel WorldTour e questo mi ha consentito di fare tanta esperienza. L’organizzazione è perfetta e sono sicura che il prossimo anno faremo un ulteriore salto di qualità, verso l’obiettivo che il team si è posto: essere fra tre anni uno dei riferimenti del gruppo.

La trentina in ogni trasferta cerca anche l’occasione per conoscere un pezzo di mondo (foto Instagram)
La trentina in ogni trasferta cerca anche l’occasione per conoscere un pezzo di mondo (foto Instagram)
Ma dal punto di vista personale?

Credono molto in me e nelle mie possibilità, adesso che sono più tranquilla per l’immediato futuro vogliono farmi crescere ancora. Io da parte mia mi sento più tranquilla ma certamente non appagata. Correre con la mente sgombra è però un aiuto, non nego che fra Giro e Tour il fatto di non sapere che cosa avrei fatto a fine stagione pesava come un macigno.

L’addio di Van Vleuten, un gigante nonostante tutto

18.09.2023
6 min
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Verrà il momento che Annemiek Van Vleuten si siederà davanti a un bel paesaggio e inizierà a pensare, a ripercorrere quella lunga strada che l’ha portata fino a lì, magari vedendo passare una ragazzina in bici. Quella bici che le ha regalato delusioni e soprattutto gioie, considerando la messe di vittorie portate a casa dal 2007 a oggi.

Forse penserà che quella bambina ha più diritto di lei di pedalare, correre, sognare. Lei alla bici non ci aveva proprio pensato fino a quando aveva 24 anni. Prima si era dedicata a tutt’altro: calcio, equitazione, ma soprattutto lo studio.

La laurea all’università, il master in epidemiologia, un lavoro già trovato ed avviato. La bici le serviva solo per spostarsi in città, andare a lezione, ma poi, dopo aver subìto due operazioni al menisco, le suggerirono di usarla anche per la ripresa, magari facendo anche un po’ di sport. Approdò al WV Ede, il suo primo team. E lì fece una scoperta che le avrebbe cambiato la vita.

L’ultima vittoria di Annemiek, al Giro di Scandinavia. Chiude con 104 successi tra cui 4 Giri e un Tour
L’ultima vittoria di Annemiek, al Giro di Scandinavia. Chiude con 104 successi tra cui 4 Giri e un Tour

Valori sconcertanti, è nata per pedalare

«Andai a fare dei test a Papendal – ha raccontato – e lì mi dissero che i miei valori di VO2max e di potenza erano inusuali per una ragazza. Non avevo un gran rapporto watt per chilo, ma ci si poteva lavorare. Insomma, mi convinsero a prendere quella cosa più seriamente».

Nel 2007 Annemiek inizia così a competere e si vede subito che ci sa fare. Il fatto che sia così grande d’età per essere una principiante non è inusuale al tempo, ma certo capitano occasioni dove paga dazio: cadute, errori… La gavetta è dura e lunga, anche perché al contempo continua a lavorare e così sarà fino al 2010, quando decide d’investire con tutta se stessa nel ciclismo.

Il suo primo contratto da ciclista le vale 800 euro al mese, molto meno di quel che guadagnava in ufficio, ma va bene così.

La vittoria al Fiandre 2011 che rivincerà 10 anni dopo. Per lei anche 2 Liegi e 4 ori mondiali (foto Getty Images)
La vittoria al Fiandre 2011 che rivincerà 10 anni dopo. Per lei anche 2 Liegi e 4 ori mondiali (foto Getty Images)

Il sogno (e il tarlo) dei Giochi

I risultati si vedono subito: prima vittoria (a fine anno saranno 5) e l’anno successivo porta a casa una classica come il Fiandre. La sua storia di “quasi amatore” fa subito strada fra gli addetti ai lavori, ma Jeroen Blijlevens, il suo diesse è categorico: «Questa è solo la prima, vincerai altre gare». A fine anno conquista tre gare di Coppa del mondo su nove. Il trofeo è suo.

L’anno dopo vince il suo primo titolo nazionale in linea, nel 2014 a cronometro, una specialità che le piace sempre di più e dove fa ancora più la differenza. Inizia a covare un sogno: vincere le Olimpiadi, il massimo traguardo per uno sportivo.

Al tempo l’Olanda non è ancora la sportiva macchina da guerra attuale, uno dei Paesi con il maggior numero di pretendenti all’oro dei Giochi, le reali carte da podio erano limitate e una di esse era questa ragazza di 33 anni, molto più giovane però di tante coetanee cicliste.

Si prepara pensando a “quella” gara. Il giorno prima, guardando la prova maschile rimane impressionata dalla caduta di Nibali lanciato verso una medaglia. Resta colpita dalla sua sfortuna, senza sapere quel che accadrà di lì a poco.

L’attacco decisivo a Rio 2016. L’oro era ormai suo, ma una caduta ha infranto il sogno (foto Getty Images)
L’attacco decisivo a Rio 2016. L’oro era ormai suo, ma una caduta ha infranto il sogno (foto Getty Images)

La paura e l’insegnamento

A Rio de Janeiro, su un percorso che esalta le sue capacità in salita, Van Vleuten fa la differenza, va in fuga e sembra inarrestabile. Sembra. Una curva particolarmente scivolosa, una caduta rovinosa di quel che ti fanno salire il cuore in gola. Sbatte la testa contro il cordolo della strada.

La ricoverano in ospedale, i primi responsi sono drammatici: grave commozione cerebrale e tre fratture spinali. Più approfonditi esami limiteranno poi la portata degli infortuni, dopo tre giorni Annemiek può già ripartire verso casa: «Col tempo – racconterà poi la campionessa olandese – ho imparato a guardare, più che alla caduta, a quel che era successo prima, al fatto che in salita avevo fatto la differenza. Non posso negare che quella giornata abbia comunque segnato la mia carriera, non necessariamente in negativo».

Dal 2017 infatti Van Vleuten inizia a collezionare vittorie e a Bergen, in Norvegia, coglie il suo primo titolo iridato, nella prova a cronometro, iniziando una collezione di medaglie e maglie portata avanti fino a quest’anno (ed è molto probabile che la mancata conquista di un podio abbia contribuito a rafforzare la sua scelta d’inizio stagione).

Si pone altri obiettivi: competere ad ogni occasione con Anna Van Der Breggen, l’altro grande nome arancione e mondiale, con la quale condivide una fiera rivalità, senza amicizia ma con rispetto reciproco. Ha un appuntamento con quell’oro sfuggitole nel 2016, ma il Covid la fa aspettare ancora e un po’ incrina la sua superiorità, almeno psicologicamente.

A Tokyo, Van Vleuten conquista finalmente l’oro che cercava, nella cronometro
A Tokyo, Van Vleuten conquista finalmente l’oro che cercava, nella cronometro

Quanto è amaro l’oro altrui…

A Tokyo nel 2021 anche lei commette l’errore di sottovalutare la fuga dell’austriaca Kiesenhofer, quando parte è ormai tardi e non può che accontentarsi di un argento amarissimo, parzialmente mitigato dal successivo oro nella gara a cronometro. Ma intanto si profila un’altra possibilità per imprimere il suo marchio nella storia del ciclismo.

Nel 2022 viene lanciato in grande stile il Tour de France Femmes e Van Vleuten, approdata alla Movistar, si mette in testa un progetto ambizioso: vincere tutti e tre i grandi Giri. E’ vero, la Vuelta è solo una prova in tre giorni come ce ne sono tante, Giro e Tour sono solo lontani parenti di quelli maschili, ma non è certo colpa sua: «Noi saremmo in grado anche di correre gare di tre settimane» afferma interrogata al riguardo e le sue dichiarazioni fanno scalpore.

In gara però la sua superiorità è evidente: quando la strada si rizza sotto le ruote, Annemiek saluta tutte e se ne va. Domina al Giro e al Tour neanche il mal di stomaco che la mette in crisi all’inizio riesce a fiaccarla, rimonta tutte e va a vincere tappe a ripetizione, soprattutto quella a La Planche des Belles Filles in maglia gialla, come si era ripromessa.

Con l’impresa a La Super Planche des Belles Filles, il sigillo definitivo di Van Vleuten sul Tour 2022
Con l’impresa a La Super Planche des Belles Filles, il sigillo definitivo di Van Vleuten sul Tour 2022

La libertà di fare altro

Il resto è storia di questi giorni: un 2023 ricco di soddisfazioni ma nel quale si è vista qualche increspatura nel suo dominio, soprattutto al Tour: «Ma non sono le sconfitte che mi hanno portato a questo – ha spiegato in un’intervista a Velo Outsideonline – è il fatto che sento essere venuta meno la voglia di spingermi oltre i miei limiti, ogni giorno.

«Mi sono sposata con la bici per tanti anni, ora voglio la mia libertà di fare altre cose. Voglio rimanere a casa se fuori il tempo fa schifo o concedermi qualche peccato di gola senza l’ansia di perdere la forma.

«Non so che cosa farò, d’altro canto ho la fortuna di avere sempre coltivato altri interessi oltre al ciclismo. Nel 2024 mi prenderò un anno sabbatico, dedicandomi magari a qualche piccolo progetto in attesa di capire che cosa voglio fare da grande. Parteciperò ai corsi del Comitato Olimpico per chi chiude con lo sport agonistico, per capire che cosa ho imparato e come trasmetterlo, perché non mi dispiacerebbe lavorare con le cicliste del futuro. Insegnando loro a non stressarsi sempre con misuratori di potenza e simili, ma imparando a valutare le proprie sensazioni, che contano sempre di più dei freddi numeri. Se una pesante come me ha domato così tante salite, dipende tutto dalla testa e dal cuore, siatene certi…».

Magnaldi: il suo Tour dopo le fatiche del Giro

07.08.2023
5 min
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Le scorie del Tour de France Femmes non sono rimaste solo nelle gambe delle atlete. Quella che ci accoglie è una solare Erica Magnaldi, accompagnata però da una tosse che scandisce la nostra intervista.

«Negli ultimi giorni – racconta l’atleta della UAE ADQ– ho preso un brutto raffreddore, probabilmente dovuto alla stanchezza ed alla discesa del Tourmalet». 

La tappa è terminata in cima ma, come in ogni frazione di montagna, i bus delle squadre erano sotto. «Cinque chilometri più in basso – conferma Magnaldi – faceva molto freddo ed era umido. In più bisognava scendere piano a causa dei tanti tifosi presenti». 

Magnaldi ha chiuso il Tour Femmes al 13° posto, dopo essere arrivata 5ª al Giro Donne
Magnaldi ha chiuso il Tour Femmes al 13° posto, dopo essere arrivata 5ª al Giro Donne

Stacco programmato

Dopo il Tour Femmes Erica Magnaldi si è fermata, lei è stata una delle ragazze che ha corso prima il Giro Donne e poi il Tour. Una pausa meritata insomma, nella quale questo malanno non porta a molti intoppi o contrattempi.

«Era già previsto uno stacco di tre o quattro giorni – spiega – tutti senza bici. Poi pian piano ho ripreso con gli allenamenti. Un mese senza gare lo farò tutto, prima però mi farò un periodo di altura al Sestriere. Questi giorni di vacanza me li sono goduti a metà, a causa del raffreddore, ma meglio ora che durante la preparazione».

Prima del Giro Donne la Magnaldi ha corso la Vuelta Femenina
Prima del Giro Donne la Magnaldi ha corso la Vuelta Femenina
Tu hai corso Giro e Tour, come è andata?

Bene. Il mio obiettivo principale, a livello di classifica, doveva essere il Giro Donne. Il Tour avrei dovuto correrlo in supporto alla squadra, infatti il mio programma prevedeva il picco di forma alla corsa rosa. 

Come ti sei sentita durante il Tour, hai risentito delle fatiche precedenti?

La stanchezza accumulata si è sentita maggiormente nel giorno del Tourmalet. Nelle prime tappe stavo bene e avrei dovuto supportare Olivia (Baril, ndr) che però è rimasta attardata fin da subito. Succede al Tour, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo.

Così hai curato ancora la classifica?

Sì, ho provato a tenere duro. Ho pagato tanta stanchezza accumulata al Giro. Non sono sicura fossero incompatibili, la Labous è andata bene in entrambi, così come la Santesteban e la Ludwig. Correre Giro e Tour al top non sarebbe stato possibile, ma fare il primo in preparazione dell’altro sì. Poteva essere la chiave giusta di lettura. 

Anche se il podio del Tour dice il contrario forse, no?

La mia preparazione prevedeva di arrivare al Giro al top e di quello sono molto contenta. Se si vuole puntare al Tour, probabilmente si deve fare un periodo di preparazione mirato e correre solo quello. 

Persico e Magnaldi si sono ritrovate a curare la classifica anche al Tour
Persico e Magnaldi si sono ritrovate a curare la classifica anche al Tour
Hai parlato di stanchezza che poi hai pagato sul Tourmalet, cosa ti è mancato?

Più che lo sforzo prolungato di un’ora (tempo della scalata del Tourmalet, ndr) direi che mi è mancata la freschezza. Non sono riuscita a tenere il ritmo altissimo che si è fatto sull’Aspin, quei cinque minuti di cambio di andatura. Mi mancava la brillantezza per resistere a quel cambio di passo, per soffrire e rimanere con le prime. Infatti mi sono staccata sull’aumento di ritmo della Van Vleuten. Silvia Persico ed io stavamo anche rientrando in discesa, ma davanti hanno spinto forte e non siamo riuscite a ricucire. 

Van Vleuten secondo te ha pagato quel fuori giri?

Probabilmente non si aspettava una Vollering così forte e sperava di staccarla fin dall’Aspin. Ma lei arrivava da un periodo di preparazione specifica, mentre Van Vleuten no.

Poi le tappe prima del Tourmalet non erano semplici…

Di frazioni piatte ne abbiamo fatta una sola, per il resto era tutto un sali e scendi. Anche le volate che ci sono state sono arrivate dopo giornate intense e di grande fatica. Dovevi costantemente guardarti alle spalle, correre davanti e questo per tutti i giorni. Avrei preferito avere una compagna che curasse la classifica, così io avrei puntato ad una tappa. Invece ho dovuto sempre correre sul “chi va là” e in attesa del Tourmalet.  

A Erica Magnaldi è mancato quel pizzico di brillantezza per rimanere con le prime
A Erica Magnaldi è mancato quel pizzico di brillantezza per rimanere con le prime
Si è parlato molto dei 21 giorni tra Giro e Tour, tu come li hai gestiti?

Sono stata in altura, a Sestriere, è vicino a casa e mi è comodo andarci, ci impiego meno di due ore in macchina. Ho riposato bene, dormito al fresco e recuperato. Nei primi sette giorni ho fatto poco in bici, giusto una leggera ripresa. Nella settimana successiva ho “acceso” il motore con più intensità. 

Come ti sentivi?

Bene, però ero consapevole che 21 giorni sono pochi, non ho potuto allenarmi sul ritmo gara e l’intensità. Alla fine in corsa mi sono resa conto di avere quel due per cento di freschezza in meno per seguire le prime. Per quello che doveva essere però, alla fine è stato un buon Tour Femmes.

Il Tour Femmes ha alzato l’asticella nel ciclismo femminile

03.08.2023
5 min
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La deriva della Van Vleuten nella nebbia del Tourmalet non poteva passare inosservata. La campionessa del mondo, grande favorita per la vittoria del Tour de France Femmes, ha visto sgretolarsi in due giorni tutte le sue certezze. Sulle rampe dell’Aspin aveva messo le compagne alla frusta, per poi rimanere fregata dal suo stesso gioco. Questo spunto ha aperto però una considerazione differente, più larga, ovvero quella della possibilità di correre Giro Donne e Tour Femmes ad alti livelli

Lo sguardo spiritato della Van Vleuten, quei 21 giorni tra Giro e Tour sono stati toppo pochi per recuperare?
Lo sguardo spiritato della Van Vleuten, quei 21 giorni tra Giro e Tour sono stati toppo pochi per recuperare?

Sempre più al top

Al Tour era presente, nello staff della UAE ADQ, il coach Luca Zenti, al quale lanciamo lo spunto per questa riflessione. 

«Una considerazione da fare – dice Zenti – è che il ciclismo femminile è cambiato e si specializza sempre più. Abbiamo visto che le atlete che sono andate forte in questo Tour lo hanno preparato nei minimi dettagli. Hanno fatto quello che è un classico avvicinamento strutturato, con altura e un periodo di preparazione specifico. 

L’avvicinamento mirato della Vollering le ha permesso di arrivare pronta alle ultime due tappe
L’avvicinamento mirato della Vollering le ha permesso di arrivare pronta alle ultime due tappe
La domanda nasce spontanea: Van Vleuten ha perso a causa degli sforzi del Giro Donne?

Non possiamo saperlo con certezza, ma della fatica in più sicuramente l’ha accusata. A livello di numeri sono andate forte, pensate che il Tourmalet è stato scalato in 55 minuti a 5,2 watt/kg. La Van Vleuten non ha sottoperformato in maniera netta, certo che in una corsa così tirata 0,2 watt/kg in meno fanno la differenza. La Van Vleuten ha uno staff importante, e sicuramente avranno fatto le analisi del caso. Una cosa mi ha impressionato, anzi, due…

Dicci.

La prima è il livello generale che si è alzato tanto. La seconda è l’organizzazione, i protocolli di recupero sono ormai alla pari di quelli degli uomini. Tant’è che non era raro vedere le ragazze fare i bagni nell’acqua fredda subito dopo l’arrivo. 

Il Giro può aver inciso quindi, anche a livello generale?

Sicuramente. Per esempio anche noi della UAE ADQ abbiamo portato Persico e Magnaldi che hanno corso anche il Giro. Con Silvia siamo andati sulla stessa linea della scorsa stagione, nella quale aveva risposto bene.

Niewiadoma (in maglia Canyon/SRAM) completa il podio finale del Tour Femmes a Pau
Niewiadoma (in maglia Canyon/SRAM) completa il podio finale del Tour Femmes a Pau
Non ha performato come lo scorso anno però, no?

A numeri sì, quelli erano e sono stati buoni. Il percorso quest’anno era molto duro, non si avvicinava tanto alle sue caratteristiche, soprattutto le ultime due tappe. 

Ne parlavamo anche con Casonato, i numeri ormai sono sempre più alti, e le gare diventano più impegnative.

Vero, questo Tour ne è l’esempio. Le tappe che arrivavano prima del Tourmalet erano tutte insidiose. Difficili da leggere e che non permettevano la minima distrazione. A tutto questo si è aggiunta anche una distanza notevole: la tappa più lunga misurava 177 chilometri, al Giro 133. 

Tanti chilometri in più ogni giorno che poi si sono fatti sentire sul Tourmalet…

Vollering, Van Vleuten e Niewadoma sono sempre state vicine fino a quel giorno. La fatica nelle gambe però ha agito in maniera differente. Chi era ancora fresca e senza fatiche grosse alle spalle ha fatto la differenza. 

Silvia Persico ha ottenuto un buon 14° posto in classifica generale, in un Tour lontano dalle sue caratteristiche
Silvia Persico ha ottenuto un buon 14° posto in classifica generale, in un Tour lontano dalle sue caratteristiche
Quei 21 giorni tra Giro e Tour come si potevano interpretare?

In due modi: il primo era quello di arrivare al Giro non al top e correre in funzione del Tour. Potrebbe essere stata la tattica della Labous (seconda al Giro Donne e poi quinta al Tour, ndr). Il secondo modo era capire che fosse impossibile, o comunque molto difficile, recuperare bene e preparare il Tour dopo la corsa rosa. 21 giorni non permettono di rifiatare e di rispolverare la gamba giusta. 

Una sorpresa è stata la Kopecky, che nessuno si sarebbe aspettato di vedere sul podio.

Lei è un esempio concreto dell’accuratezza di preparazione che c’è stata verso questo appuntamento. Ha gestito le energie molto bene, poi ha questa capacità di lavorare e performare anche sotto uno sforzo prolungato. Il lavoro di preparazione fatto le ha permesso di tenere su una salita come il Tourmalet, cosa non scontata. 

Kopecky ha sorpreso per resistenza e capacità di soffrire, sul Tourmalet è rimasta con le migliori fino alla fine
Kopecky ha sorpreso per resistenza e capacità di soffrire, sul Tourmalet è rimasta con le migliori fino alla fine
Hai notato altro?

La distribuzione dell’intensità media si è alzata, anche nelle tappe da “volata” ogni singola salitella veniva presa a tutta. La visione della corsa ora cambia, le tappe si allungano e non si va piano. Bisogna essere bravi nel prendere le atlete e portarle a fare un certo tipo di lavoro in allenamento, che poi va curato durante tutta la settimana.

Facci un esempio per capire meglio…

Sull’intensità possiamo dire che le atlete che hanno curato la classifica generale arrivavano ai piedi della salita forte. I primi uno o due chilometri li facevano a 5,7-5,8 watt/kg e poi si allineavano a 5,5 watt/kg per 20 minuti. Sono sforzi importanti che non tutte sono in grado di fare ancora, quindi il lavoro di noi coach va in questa direzione. 

EDITORIALE / Van Vleuten, una sconfitta annunciata

31.07.2023
5 min
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E’ più sorprendente che Demi Vollering abbia vinto il Tour Femmes o piuttosto che non ci sia riuscita Annemiek Van Vleuten? E’ la domanda che ci frulla nella testa da quando abbiamo visto la campionessa del mondo concludere la tappa del Tourmalet con una rassegnazione che non le appartiene.

Prima ha messo la squadra a tirare sull’Aspin, facendo presagire il grande attacco. Con lei sono rimaste soltanto Vollering, Niewiadoma e la sorprendente Kopecky, rientrata in un secondo momento. Quando poi si è trovata sotto le ruote la salita finale (versante di La Mongie), l’iridata ha scoperto di non avere gambe per fare la differenza. Malanno di giornata? Stanchezza inattesa? Strapotere delle rivali?

Prima e seconda: Vollering e Kopecky hanno avuto un avvicinamento mirato al Tour. La belga ha corso di più
Prima e seconda: Vollering e Kopecky hanno avuto un avvicinamento mirato al Tour. La belga ha corso di più

Van Vleuten spuntata

Siamo propensi a escludere il malanno e puntiamo il dito sulla stanchezza inattesa al confronto di avversarie più fresche. Demi Vollering l’aveva battuta già nel testa a testa alla Vuelta, ma la classifica era rimasta appannaggio di Annemiek. Al Tour è successo qualcosa di diverso.

La cartina tornasole è Lotte Kopecky, fino a quel giorno in maglia gialla. Va bene la condizione straordinaria, ma è abbastanza chiaro che se un’atleta con le sue caratteristiche riesce a stare con le migliori fino a 5 chilometri dall’arrivo sul Tourmalet, qualcosa non va. Qualcuno non è andato forte come doveva.

Da quel punto, quello in cui la sua compagna ha attaccato, Kopecky ha preso infatti 3’32” di distacco, mentre 2’34” sono toccati a Van Vleuten. Per cui è chiaro che se la bagarre fosse iniziata ai 10 chilometri dall’arrivo, come lasciava intuire la tattica del Movistar Team, Kopecky sarebbe saltata in modo più netto. Perché Van Vleuten non è riuscita ad attaccare, come ad esempio aveva fatto al Giro d’Italia?

Labous 5ª al Tour, dopo il 2° posto del Giro. Anche lei ha attaccato, ma sul Tourmalet è crollata a 2’46”
Labous 5ª al Tour, dopo il 2° posto del Giro. Anche lei ha attaccato, ma sul Tourmalet è crollata a 2’46”

21 giorni sono pochi

Il motivo a nostro avviso è nel calendario e proprio nel fatto che l’olandese abbia corso e vinto il Giro, avendo poi appena tre settimane per andare al via del Tour de France. Mentre Vollering e la sua squadra, come pure molte altre, hanno lavorato soltanto per la sfida francese. E proprio la maglia gialla non ha corso per tutto il mese precedente.

Van Vleuten ha pagato pegno nelle ultime due tappe del Tour, le più dure, sicuramente scontando i suoi anni e la forza della vincitrice, ma anche e soprattutto il mancato recupero dopo il Giro, a fronte della freschezza delle rivali.

Si spacca da anni il capello, ragionando sul mese di giugno. Quei 30 giorni fra il Giro e il Tour degli uomini, che è troppo breve perché un grande campione provi a vincerli entrambi. L’ultimo, Marco Pantani, era diretto discendente dalle divinità dello sport e ci riuscì sfruttando anche alcune circostanze favorevoli nelle prime due settimane del Tour 1998. Trenta giorni non sono sufficienti per i più forti professionisti del gruppo e si ritiene che per le ragazze ne bastino ventuno? Va bene, non parliamo di corse di tre settimane (una parità più volte invocata proprio da Van Vleuten), ma in proporzione il livello dell’impegno richiesto alle atlete è pari a quello degli uomini. Chi compila i calendari queste cose le sa?

Froome vinse il Giro nel 2018 e al Tour si piegò a Thomas e Dumoulin, a sua volta secondo anche al Giro
Froome vinse il Giro nel 2018 e al Tour si piegò a Thomas e Dumoulin, a sua volta secondo anche al Giro

Chi scrive i calendari

Probabilmente no, perché alla fine il nodo che giunge al pettine ha la stessa sigla: UCI. Proprio in questi giorni, sono sotto gli occhi di tutti le lamentele dei tecnici delle nazionali per l’assurda disposizione delle gare ai mondiali di Glasgow: fiore all’occhiello e fonte di reddito per l’Unione Ciclistica Internazionale.

La sensazione è che non si possano conciliare qualità e quantità se alla base mancano competenza e attenzione verso le esigenze degli atleti. Concentrare nello stesso posto e negli stessi giorni atleti olimpici e paralimpici (nel velodromo si annuncia un traffico da ora di punta), sovrapporre le specialità e non curarsi delle difficoltà che così si creano a chi lavora per mesi ed è poi costretto a rinunciare a qualche obiettivo fa capire che esiste un punto in cui il marketing e lo spettacolo prendono il sopravvento sullo sport.

Magnaldi è stata la miglior italiana al Tour: 13ª a 13’51”, dopo essere arrivata 5ª al Giro, a 5’34” da Van Vleuten
Magnaldi è stata la miglior italiana al Tour: 13ª a 13’51”, dopo essere arrivata 5ª al Giro, a 5’34” da Van Vleuten

Giro o Tour

Così, mentre aspettiamo di vedere come andranno le cose nei prossimi giorni a Glasgow, torniamo per un istante col pensiero al WorldTour delle donne e al calendario che cresce e offre occasioni e gare pari a quelle degli uomini.

Una riflessione occorre. In primis perché le squadre non hanno l’organico e il budget adatti per una simile mole di impegni: lo dimostra il fatto che la LIV Racing TechFind alla fine abbia dovuto fondersi con la Jayco-AlUla e altre fusioni probabilmente arriveranno. In secondo luogo, si va verso la riproduzione degli stessi difetti nel funzionamento del giocattolo.

Il WorldTour, nato per avere i migliori atleti nelle gare più importanti, ha iniziato a spaccare il gruppo anche fra le donne. Chi fa il Giro non può vincere il Tour. Tre settimane sono poche e se non si fa in modo di passare a 30 giorni fra l’uno e l’altro, presto l’esiguo gruppo delle donne si spezzerà in due tronconi. E anziché avere Giro e Tour col meglio possibile, dovremo rassegnarci al fatto che una delle due avrà al via le giovani o le seconde schiere. Con buona pace di RCS Sport che ha fatto il diavolo a quattro per prendersi il Giro d’Italia.

Vollering, il sogno Tour si avvera. Podio per Kopecky

30.07.2023
5 min
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E’ un’immensa festa SD Worx quella che colora la serata di Pau, nell’ombra francese dei Pirenei. Ci sono la tappa di Marlene Reusser, la maglia verde di Lotte Kopecky e la gialla di Demi Vollering, entrambe sul podio finale del Tour Femmes. Là sopra, con il terzo posto preso dalla sorridente Kasha Niewiadoma, per la prima volta da tre anni a questa parte, non sale Annemiek Van Vleuten. Il passaggio di consegne c’è stato ieri sul Tourmalet, ma da qui a dare per finita l’olandese campionessa del mondo il passo è forse un po’ affrettato. Una giornata storta ci può stare, ma ancora di più è palese la differenza fra chi ha corso e vinto il Giro e chi invece ha preparato il Tour.

«Ovviamente ho lavorato sodo – racconta Vollering sul filo dell’incredulità – ma non è solo duro lavoro, è anche crederci. Sono tante cose, tutte insieme. Hai un sogno per cui lavori sodo, ma devi anche mantenerti calmo e trovare un buon equilibrio nella tua vita per realizzarlo».

Un Tour imperiale per la SD Worx, con Kopecky, Vollering, Reusser, Cecchini, Bredewold e Majerus
Un Tour imperiale per la SD Worx, con Kopecky, Vollering, Reusser, Cecchini, Bredewold e Majerus

L’ultima crono

Difficilmente una crono alla fine del Tour, anche se si tratta di un Tour di sole nove tappe, riscrive il verdetto del giorno prima sulla montagna. E se è stata sorprendente la prova di Lotte Kopecky sul Tourmalet, non ha di certo stupito la sua grande crono, che le ha permesso di salire sul secondo gradino del podio. Allo stesso modo in cui era scritto che una bella prova l’avrebbe fatta Niewiadoma.

«Niente male per una velocista – sorride la campionessa belga della crono – quasi non so cosa mi stia succedendo. Sono arrivata al Tour in buona forma, ma non avrei mai pensato al podio. Mi sono sorpresa soprattutto ieri, ma questa settimana in genere è stata più di quanto avessi mai immaginato. E’ stato pazzesco fare tutto il Tour in maglia gialla e vincerlo poi con Demi. Non so in realtà se sia stata la migliore crono della mia carriera. Avevo fatto un’ottima strategia con il mio allenatore e sono stata in grado di esprimere tutta la forza che mi era rimasta. Non me l’aspettavo dopo ieri. E’ stato emozionante, ma ha funzionato. Incredibile».

Amarezza Van Vleuten

I conti non tornano per Annemiek Van Vleuten. Il suo livello stellare del Giro d’Italia Donne sembra essere sparito, contro quello altrettanto stellare della SD Worx, contro la loro programmazione e contro la somma delle fatiche che dal Giro d’Italia l’hanno condotta alla sfida francese.

«Non so cosa sia andato storto negli ultimi due giorni – ha detto all’olandese NOS – ma di certo non sono l’Annemiek che posso essere. Questo è ovviamente molto duro nel mio ultimo Tour de France. Ieri sul Tourmalet mi sono sentita male, non come mi sento normalmente. Oggi ho dato il massimo per mantenere il podio, ma ho subito capito che sarebbe stato difficile. Mi dispiace molto essere giù dal podio, soprattutto perché il team ha lavorato per me tutta la settimana. Fortunatamente, ho vinto il Tour l’anno scorso. Questa corsa occuperà sempre un posto speciale nel mio cuore».

Cambio della guardia

L’ennesimo abbraccio con Demi Vollering questa volta sembra diverso. Difficile dire se ogni volta ci sia per Kopecky una punta di rammarico, ma in questo caso, nonostante tutto il Tour al comando, anche la belga sapeva che non avrebbe potuto scavalcare il Tourmalet da prima della classifica. Quello doveva essere terreno per Demi Vollering e nessuno, del resto poteva prevedere che Van Vleuten non avrebbe avuto la forza per scalzare Kopecky dalla maglia gialla.

«Avevo fissato in anticipo – spiega Vollering – una serie di obiettivi per questo Tour de France. Uno era chiaramente il Tourmalet, ma volevo anche fare una bella prova contro il tempo con uno sguardo al futuro. Voglio andare al mondiale crono con un buon feeling e questa giornata è stata molto importante. Mi sono sentita bene tutto l’anno e molto stabile insieme ad Anna Van der Breggen che fa i miei programmi di allenamento. Penso di dover ancora realizzare che ho appena vinto il Tour de France, mi servirà qualche giorno in più con la famiglia per capire tutto. Oppure forse capirò qualcosa stasera quando festeggerò con la squadra. In ogni caso, non vedo l’ora che questo caos finisca e io possa riprendere fiato».

Nebbia e freddo, il Tourmalet incorona Demi Vollering

30.07.2023
6 min
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«E’ una bella sensazione – sorride Demi Vollering – l’avevo vissuto molte volte nei miei sogni, ma è bello indossare questa maglia gialla nella vita reale. Vincere in cima al Tourmalet è stato molto bello ed è stato un vantaggio averlo provato due volte durante le ricognizioni, perché la nebbia rendeva difficile vedere esattamente dove fossimo. Ma adesso basta, potrò festeggiare solo dopo la cronometro».

La cima del Tourmalet è sprofondata nella nebbia e nella penombra di un orario di arrivo a dir poco insolito. Ci sono abbracci e lacrime, ragazze sedute per terra e voci attutite. E’ il giorno che il ciclismo femminile attendeva da quando fu presentato il Tour de France Femmes del 2023. La tappa più importante, il giorno dello scontro più atteso fra Demi Vollering e Annemiek Van Vleuten. L’Italia avrebbe rilanciato con Elisa Longo Borghini e Marta Cavalli. Poi la corsa e la vita hanno preso la piega meno attesa.

La piemontese della Lidl-Trek, fortissima e in ottima condizione, è stata costretta a tornare a casa da un problema di salute proprio alla vigilia della tappa. L’atleta della FDJ-Suez ha pagato ancora il conto a una stagione maledetta ed è comunque arrivata ottava: il talento e la testa dura, quando ci sono, non svaniscono. Restavano le due sfidanti olandesi e Lotte Kopecky, la vincitrice del Fiandre e di altre 10 corse nel 2023, in difesa della maglia gialla.

Una settimana difficile

Sulla cima c’è anche Anna Van der Breggen, che da atleta avrebbe avuto tutte le carte per ambire a questa tappa e questa maglia, anche se va ripetendo che non le sia dispiaciuto di aver chiuso prima del ritorno del Tour.

«Ero fiduciosa dopo quello che Demi ha mostrato quest’anno – dice la diesse del Team SD Worx – ma non era scontato che ci riuscisse. Questa mattina tutti erano tesi. Sapevamo che ci sarebbe stato da soffrire, ma anche che lei è capace di farlo. Non voglio passare il tempo a litigare con la giuria, vogliamo vincere sulla strada e quello che è successo poteva farci perdere l’equilibrio».

Il riferimento è chiaro. Il team veniva infatti da una settimana complicata. Prima il ritiro di Lorena Wiebes. Poi la penalizzazione di 20 secondi inflitta a Vollering per un rientro dietro macchina. Infine l’espulsione del diesse Danny Stam, per quella stessa manovra, condotta in modo pericoloso.

«La nostra idea – spiega la vincitrice, completando idealmente il discorso – era non rispondere con i secondi, ma con i minuti. E sono felice che sia realmente accaduto».

Il forcing di Van Vleuten sull’Aspin sbriciola il gruppo, ma forse danneggia proprio la campionessa del mondo
Il forcing di Van Vleuten sull’Aspin sbriciola il gruppo, ma forse danneggia proprio la campionessa del mondo

Van Vleuten sull’Aspin

Comincia tutto quando la Movistar prende in mano la corsa sul Col d’Aspin, segno che Van Vleuten vuole dare la sua impronta alla tappa: costi quel che costi. Vinta la Vuelta e il Giro, la campionessa del mondo è passata attraverso il Tour con insolita cautela, questa volta invece scopre le carte e attacca frontalmente la squadra della maglia gialla. Mancano 5 chilometri dalla cima dell’Aspin e incredibilmente Van Vleuten non fa il vuoto. Con lei vanno subito Niewiadoma e Vollering, raggiunte in breve anche dalla sorprendente Kopecky.

«Con il senno di poi – commenta benissimo Annemiek – potrei aver scavato la mia fossa in quel momento. Normalmente il fatto di avere la corsa dura è un vantaggio per me, ma anche se avessi avuto una giornata al top, oggi non avrei battuto Demi. Non posso fare a meno di congratularmi con lei, è stata su un altro livello. E a quel punto non avrebbe avuto senso insistere. Sono delusa, ma non posso incolpare me stessa: mi sono appena imbattuta in un’avversaria più forte. Se non avessi lavorato prima del Tour (vinto il Giro, l’olandese si è subito ritirata in altura, ndr), potrei recriminare qualcosa con me stessa, ma così non è stato».

Rocciosa Kopecky

Dopo l’attacco di Niewiadoma, che ha cercato di approfittare dello stallo fra le prime della classe, quel che colpisce è la tenuta di Lotte Kopecky, atleta da classiche e anche molto veloce, che si ritrova ancora a giocarsi il podio. E forse se ne stupisce anche lei.

«Il piano – ammette dopo l’abbraccio con Vollering – era di resistere il più a lungo possibile per innervosire le altre. Ho sofferto, ma mi è stato detto che Annemiek non era lontana e questo mi ha aiutato. Abbiamo ricevuto un sacco di fango negli ultimi giorni, questo risultato ripaga davvero. E domani nella crono (oggi, ndr), farò di tutto per riprendermi il podio. Sono quarta, farò la crono della vita, ma non mi dispererò se non dovessi riuscirci. Non ero venuta in Francia per il podio (la belga ha vinto la prima tappa e indossa la maglia verde, ndr)».

L’ultima crono

Vollering ha attaccato a cinque chilometri dall’arrivo. Inizialmente, Van Vleuten l’ha seguita, poi ha dovuto sedersi nuovamente e gestire la sua fatica. Presa anche Niewiadoma, l’atleta della SD Worx e le sue unghie gialle hanno puntato decise sul traguardo, vincendo la tappa e raccogliendo la maglia gialla dalla compagna Kopecky (arrivata a 3’32”). Le tensioni di inizio primavera sono dimenticate, la squadra olandese ha corso da autentica corazzata.

Oggi il Tour de France Femmes affronta l’ultima tappa: crono di 22,6 chilometri sulle strade di Pau. Vollering ha un vantaggio rassicurante di 1’50” su Niewiadoma e 2’28” su Van Vleuten. Kopecky è quarta, a 7 secondi dal podio. La prima atleta partirà alle 14,38, sarà di nuovo sera quando conosceremo la vincitrice della seconda edizione del Tour.

«Sarebbe bello – provoca Vollering vestita di giallo – se l’organizzazione mettesse a disposizione anche per noi una tappa sugli Champs Elysées, in modo che anche noi donne potessimo festeggiare la vittoria del Tour a Parigi».