ASIAGO – Quando Sina Frei, Silvia Persico e Alice Maria Arzuffi salgono sul podio delle premiazioni al termine del campionato europeo gravel di Asiago, ad attenderle non c’è l’inno nazionale, non c’è l’alzabandiera, nemmeno la vestizione della maglia.
La svizzera Frei, campionessa continentale da pochi minuti, l’ha indossata dietro le quinte e si presenta davanti al pubblico solo per un breve saluto. Lo stesso accade pochi minuti dopo per la categoria uomini elite. Sul palco sfilano il ceco Martin Stosek, il britannico Toby Perry e il belga Jenno Berckmoes, rispettivamente primo, secondo e terzo.
Questo perché quella che doveva essere una giornata di competizioni per gli atleti e di divertimento per le centinaia di amatori arrivati sull’Altopiano di Asiago da tutta Europa, è diventata di colpo molto più tetra. Dopo la notizia del malore fatale occorso a Silvano Janes.
Un malore fatale
Janes, “il vecio”, era partito pochi minuti dopo i professionisti, con il numero 564 nella categoria Master 65-69 anni. Dopo circa 3 chilometri dal via, in un tratto pianeggiante, si è accasciato a terra. Appena dietro di lui seguiva la gara un quad dell’organizzazione che ha immediatamente allertato i soccorsi, ma non c’è stato niente da fare.
Silvano Janes era un nome molto conosciuto negli ambienti delle granfondo e della mtb, disciplina di cui era stato pioniere. Tra i cicloamatori aveva vinto dieci mondiali, cinque titoli europei e decine di tricolori, ed era stato compagno di allenamento di Moser e Simoni, come pure di Martino Fruet, trentini come lui.
«Del mezzo milione di chilometri della mia carriera – ha detto Martino Fruet – non ho dubbi che almeno 250 mila li ho pedalati con lui. Era compagno di allenamenti di Francesco Moser e anche di Simoni e Marco Bui. Eravamo un bel gruppo e dicevamo sempre, magari scherzando, che sarebbe morto in bicicletta. Poteva aspettare ancora qualche anno, ma ha fatto sino in fondo quello che più gli piaceva».
Spauracchio belga
Appena saputa la notizia, l’organizzazione ha deciso di interrompere tutte le competizioni salvo quelle degli elite. E anche nel loro caso di è scelto di far arrivare solo i gruppi di testa.
Tra gli uomini erano partiti in 142, con alcuni grandi nomi tra i quali spiccavano Greg Van Avermaet e il connazionale Gianni Vermeersch, quinto al recente campionato del mondo e vincitore del primo titolo iridato gravel nel 2022. Ma già dal primo dei tre giri da 51 km ciascuno (totale 153 km con 2.400 metri di dislivello) a prendere in mano la situazione era stato un gruppetto di sette corridori. Il tedesco Voss, il russo (ma con maglia neutrale) Grigorev, il ceco Stosek, la coppia belga Berckmoes e Godfroid, lo svizzero Simon Pellaud e il britannico Perry.
Dalla marathon al gravel
Durante il secondo giro la situazione è rimasta invariata, con il solo cedimento di Pellaud, e tutto si è deciso nell’ultima tornata.
Stosek, specialista della marathon e campione nazionale gravel, ha accelerato nella parte più dura della prima salita e ha lasciato la compagnia degli avversari. Un’azione talmente decisa che all’ultimo dei due intermedi aveva oltre 3’ di vantaggio su un terzetto formato da Berckmoes, Godfroid e Perry. Il britannico è riuscito poi a sorprendere i due belgi e ad arrivare sul traguardo di Piazza II Risorgimento a 3’43’’ di ritardo dal vincitore, seguito dopo 35’’ da Berckmoes. Appena dopo l’arrivo Stosek ci ha raccontato di questa vittoria.
«La mia disciplina è la marathon – ha detto – quindi è bello vedere che sono competitivo anche nel gravel, soprattutto perché si tratta solo della mia terza gara in questa specialità. Comunque anche qui servono molta potenza e una buona dose di tecnica. Ho attaccato al terzo giro nella parte di salita più dura e fangosa. Ho cercato solo di spingere forte e fare il mio passo, sapendo che finita quella avrei potuto fare la discesa senza prendermi troppi rischi. Che dire, ha funzionato!».
Frei fra le azzurre
Nella categoria donne c’era molta attesa vista la numerosa squadra azzurra che comprendeva, tra le altre, Elena Cecchini, Soraya Paladin, Silvia Persico e Letizia Borghesi. Da affrontare c’erano due giri del percorso, 102 km con 1.600 di dislivello, e il primo passaggio sotto l’arrivo ha visto tutte le migliori ancora assieme.
Ma non è passato molto prima che la biker elvetica Sina Frei prendesse in mano la situazione e se ne andasse via da sola. A seguirla sono rimaste Persico e una bravissima Alice Maria Arzuffi, che si sono giocate il secondo posto in volata. Alla fine il rettilineo ha detto seconda Persico e terza Arzuffi, rispettivamente a 1’24 e 1’26’’ dalla vincitrice.
Queste le parole della campionessa europea gravel dopo l’arrivo. «Sono molto felice – ha detto – è il modo migliore di finire la mia stagione, con una gara così qui ad Asiago. Le italiane erano tante e forti e hanno corso tutte assieme, quindi sapevo che per me era dura. Per questo ho deciso di partire presto, quando mancavano circa 35 km alla fine, sulla prima salita. Ho provato e mi è andata bene, molto bene».
La scelta di Pozzato
Finiamo con le parole di Pippo Pozzato, in una giornata certamente non facile per chi organizza un evento così importante e si trova ad affrontare un momento tutt’altro che semplice, emotivamente e logisticamente.
«Sono notizie che non vorremmo mai sentire – ha detto il vicentino – ma davanti a questo ci si ferma su tutto. Per questo abbiamo subito deciso di stoppare tutti sotto l’arrivo, tranne i primi 15 concorrenti elite. Si sarebbe anche potuto continuare, ma ci sembrava doveroso nei confronti di Silvano Janes, dei suoi amici che erano qui e della sua famiglia».