Il quartetto gira, ma Consonni si ferma

16.02.2021
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Nella palestra montata pochi giorni fa nel velodromo di Montichiari, in un angolo defilato Simone Consonni lavora in silenzio, mentre Fred Morini osserva il ginocchio bendato. Il bergamasco non riparte e non andrà allo Uae Tour, come il programma prevedeva. Di colpo la gamba sinistra ha iniziato a fargli male e alla fine, d’accordo con Damiani e lo staff Cofidis, ha deciso di fermarsi piuttosto che compromettere la stagione. Nell’anno olimpico non si scherza.

In bici soltanto per la scansione 3D di verifica della posizione sul manubrio
In bici per la scansione 3D di verifica della posizione
Tutti i programmi da rifare?

Dovevo cominciare in Australia. Poi dall’Argentina. Quindi da Mallorca e Murcia, ma le hanno cancellate tutte. Allora abbiamo fissato Almeria, ma è venuto fuori il male al ginocchio e così non vado neppure in Uae. E’ cominciato tutto due lunedì fa, pedalando piano.

Come fai a esserne così sicuro?

Perché il giorno dopo avevo un test programmato con la squadra e ho tenuto duro. Poi sono andato a Roma in treno per le visite olimpiche. E alla fine un problemino, che magari si risolveva subito con due sedute di Tecar, è diventato più grande. Avrei dovuto fare subito terapia

Per cui adesso sei completamente fermo?

Sono fermo da due settimane e già va meglio. Il ginocchio sinistro è sempre stato il mio punto debole, sin da under 23. Ognuno di noi ha una gamba più debole, la mia è la sinistra. Di solito a inizio stagione ho sempre avuto dei dolorini di… assestamento. Però questa volta è diverso. Quando la gamba arriva nel punto morto superiore sento proprio la stilettata. Che vada piano o che vada forte. L’ecografia ha mostrato del liquido, domani (oggi per chi legge, ndr) farò la risonanza magnetica.

Per Consonni una serie di esercizi con l’elastico per rinforzare il ginocchio
Per Consonni una serie di esercizi con l’elastico per rinforzare il ginocchio
Per come sei fatto tu, fermarsi deve essere duro…

Allora ci conosciamo davvero bene! Io sono quello che se deve fare due ore, ne fa due e mezza. E fermarsi all’inizio di un anno che porta alle Olimpiadi non è banale. Per questo è stato meglio fermarsi. Voglio vincere su strada con Elia e andare a prenderci le Olimpiadi, non sono ammessi ulteriori ritardi.

Dovresti seguire lo stesso programma di Viviani?

Inizialmente sì, ma adesso devo fare le cose con calma, quindi potrei non essere in grado di fare ad esempio la Tirreno con lui. Non so quando rientrerò, la priorità adesso è il ginocchio, anche se negli ultimi due giorni mi sembra che vada meglio.

Ci sarà tempo per rivedere un Consonni vincente?

Nelle volate e negli arrivi veloci, sarò al 100 per cento per Elia, come del resto assicurai due anni fa al momento di sposare questo progetto. Anzi, voglio migliorare e dargli una mano più consistente. Nelle altre corse, voglio diventare più sicuro di me nelle corse impegnative, come quando ero under 23 e certe classiche, con strappi troppo duri per i velocisti, erano affar mio.

Due parole con il meccanico mentre il quartetto gira
Due parole con il meccanico mentre il quartetto gira
E’ vero che ti brucia ancora tanto l’argento di Richmond da U23, come dice tua sorella?

Cavoli (pausa di silenzio e sorriso, ndr) era un po’ che me l’ero tolto dalla testa… Brucia perché la possibilità di vincere un mondiale, anche solo da under 23, non capita tutti gli anni. E mi brucia perché per un motivo o per l’altro non ho mai vinto un titolo. Anche in pista, ho vinto quattro bronzi e un argento. Ci giro intorno da tanto, per questo voglio andare a Tokyo in forma. Per questo ho accettato di fermarmi.

Cosa daresti per essere lì sopra a girare con loro?

Mi manca (guardando la pista, ndr), qui siamo a casa. Il gruppo è speciale, si lavora tanto e si lavora bene. Si scherza e si cresce. Ma torno, lo prometto, torno presto…

Van der Poel a 360°: dal cross al Tour e il sogno olimpico

05.02.2021
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Quasi una settimana dopo il quarto mondiale di ciclocross, il riposo di Mathieu Van der Poel è agli sgoccioli e la stagione su strada ormai all’inizio. Il debutto è fissato allo Uae Tour che inizierà il 21 febbraio, per cui d’ora in avanti l’olandese avrà dei giorni in cui allungare le distanze e trovare la condizione per tornare a testa alta anche sull’asfalto. Nel giorni scorsi il tempo nel Limburgo non è stato granché. E come ha più volte ripetuto, il fatto che i ristoranti siano chiusi per le restrizioni Covid e le uscite con gli amici vietate, il massimo che ha potuto concedersi sono state due girate sulla moto da cross e poco altro. Allo stesso modo in cui non ha potuto fare chissà quali feste dopo il mondiale. A casa, con una bottiglia di vino e la sua ragazza. L’occasione di un meeting online ci ha permesso di mettere insieme gli ultimi ricordi della sfida iridata e insieme di proiettarci sulla stagione della strada.

La vittoria del mondiale è stata per Van der Poel l’ultimo atto della sfida 2021 con Van Aert nel cross
Il mondiale di Ostenda ha chiuso il 2021 del cross
Ti sarebbe piaciuto vincere senza la foratura di Van Aert?

Certo. Avremmo visto una gara molto diversa. Ma forare è strettamente connesso al nostro sport, come le gambe e la motivazione. Quel giorno avevamo tutti le gomme a bassa pressione per non scivolare. Sono cose che succedono anche in Formula Uno e anche io negli anni passati ho avuto la mia parte di sfortuna.

Confessa, il giorno in cui non farai più ciclocross, Van Aert ti mancherà…

E’ importante avere qualcuno che ti spinge al tuo limite e credo che per lo stesso motivo io mancherei a lui (sorride, ndr). Ci rendiamo più forti l’un l’altro, con duelli che fanno più grande il nostro sport. Abbiamo dato vita a belle battaglie. Ma credo che siamo lontani dall’aver scoperto i nostri limiti e non credo che tutto questo si esaurisca nel cross. Non avrei mai immaginato di vederlo andare così forte sulle salite del Tour, credo che dovremo pedalare ancora a lungo per scoprire dove potremo arrivare.

Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Fiandre 2020
Ma la sfida fra Van der Poel e Van Aert si ripeterà certamente nelle classiche: qui al Fiandre 2020, vinto da VdP
Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Fiandre 2020
La sfida con Van Aert si ripeterà alle classiche
E’ bello avere un rivale così forte?

So che per batterlo devo essere al 100 per cento e questo mi motiva molto. Quando siamo al nostro livello migliore, la corsa è fra noi due. Ma sappiamo entrambi che se non siamo al top, ci sono corridori che possono batterci e anche questa è una motivazione. Quest’anno ho avuto bisogno di fare parecchie gare per trovare le giuste sensazioni e arrivare al mondiale convinto di vincere.

Ci si chiede quanto andrai avanti a questi ritmi…

Penso che continuerò a fare cross il più a lungo possibile, perché per me è soprattutto divertimento. Rompe il lungo inverno mentre gli stradisti si allenano per ore e ore. E’ un ottimo modo per raggiungere la condizione, ma al contempo mi rendo conto che fare la stagione completa sta diventando sempre meno importante. Soprattutto da quando gli obiettivi su strada stanno diventando così importanti. In effetti nel cross non devo dimostrare più niente, se non che potevo vincere il mondiale.

Sei uscito dal cross con la condizione che volevi?

Sto bene. Anche in ritiro con la squadra mi sono sentito meglio giorno dopo giorno, segno che il recupero dopo il Fiandre è bastato. Non mi sento stanco. E poi, sempre per le restrizioni Covid, non si può fare altro che andare in bici. Per fortuna lo trovo divertente…

La stagione su strada che forma avrà?

Quella delle classiche. Prima le corse in Italia, poi il Fiandre e la Roubaix. Diciamo che a quel punto la testa si sposterà sulla mountain bike e anche la preparazione cambierà aspetto.

A giugno Van der Poel svolgerà un ritiro a Livigno solo con la Mtb: ha corso poco ultimamente e vuole ritrovare le sue abilità
A giugno Van der Poel svolgerà un ritiro a Livigno solo con la Mtb
Hai detto che preparerai il Tour in mountain bike ed è suonato strano…

Per me le Olimpiadi sono più importanti del Tour. E confermo di aver pianificato un lungo training camp con la mountain bike a Livigno che dovrebbe concludersi con l’inizio del Giro di Svizzera. La squadra in Francia ci sarà, perché abbiamo vinto il ranking europeo e ne abbiamo il diritto. E poco importa che Van der Poel non sarà al top, visto che voglio raggiungere il massimo a Tokyo. In ogni caso, nel 2018 vinsi il campionato nazionale su strada allenandomi solo in mountain bike. Quando sono in forma, non ho problemi. Ma ho bisogno di lavorare sulle mie capacità di guida. L’anno scorso ho fatto soltanto un paio di gare e le sensazioni non sono state affatto buone. Ho anche pensato che potrei lasciare il Tour, dove comunque andrò per rispetto dello sponsor che mi vuole in Francia e posso capirlo.

Quindi ora rotta sullo Uae Tour?

Esatto. E’ arrivato il momento di allungare le distanze. Mi trasferisco in Spagna per un po’, almeno troveremo caldo. Qui il meteo nei prossimi giorni non sarà bellissimo e sarà meglio non perdere troppi giorni di lavoro.

Salvoldi, a Tokyo stesse chance su strada e in pista

02.02.2021
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Concluso il ritiro sull’Etna e a fronte della cancellazione delle prime corse su strada, Salvoldi si è rimboccato le maniche e ha ridisegnato l’attività delle sue ragazze per non perdere il lavoro svolto in Sicilia. Montichiari torna ad essere la loro casa per due giorni a settimana e così fino alle prime trasferte. Il tecnico è bravo, c’è poco da dire e da criticarlo per le vittorie. Ha subito degli scossoni pesanti, ma ha risposto con il lavoro. Se un cittì non avesse la fiducia dei suoi atleti, difficilmente arriverebbero certi risultati. Nonostante ciò, l’incertezza di ciò che avverrà dopo le elezioni federali di febbraio stride con il ragionamento fatto da tempo su un gruppo di ragazze che avrà Tokyo come passaggio e Parigi 2024 come vero obiettivo olimpico.

Salvoldi ha previsto lavori in quota sui rulli, conlavori specifici per il quartetto
Salvoldi ha previsto lavori in quota sui rulli, conlavori specifici per il quartetto

«Sapere di lavorare a scadenza un po’ ti destabilizza – ammette – per certi versi ti fa perdere potere con le squadre. Abbiamo sempre detto che questo gruppo è in viaggio per Parigi. Adesso comunque si lavora per Tokyo, vivendo alla giornata, perché i calendari sono tutti ballerini. Dobbiamo farci trovare pronti per ogni cambiamento. Non sappiamo se gli eventi previsti nell’avvicinamento si svolgeranno come ci aspettiamo».

Che Olimpiadi immagini?

Di grandi sorprese, per diversi motivi. Arriviamo tutti nel segno della discontinuità nel lavoro, con la difficoltà di trovare, mantenere e tenere sotto controllo il livello della prestazione.

L’anno di ritardo ha fatto il nostro gioco?

Ha implementato il gruppo, aprendo la porta a ragazze che sono cresciute. Il gruppo squadra ne ha giovato sicuramente. E manca ancora Letizia Paternoster.

Elisa Longo Borghini, campionati europei Plouay, 2020
Elisa Longo Borghini, seconda ai campionati europei Plouay 2020 e bronzo ai Giochi di Rio 2016
Elisa Longo Borghini, campionati europei Plouay, 2020
Longo Borghini, 2ª agli europei di Plouay, bronzo a Rio 2016
Montichiari diventa più che mai un punto di riferimento?

Assolutamente, come punto in cui convergere se l’attività su strada dovesse subire degli stop. E sarà così anche dal 2022, perché a parte il prevedibile distacco che ci sarà dalla pista, alla fine dell’anno inizieranno le qualificazioni olimpiche, per cui il gruppo si ricomporrà.

Su strada la situazione verso Tokyo è diversa?

Abbiamo due atlete già affermate che hanno vinto ad altissimo livello. Direi che abbiamo quasi pari chance su strada e su pista perché in pista troveremo le più forti all’apice della loro carriera, quindi andranno fortissimo. Tornando alle stradiste, parlo di Elisa Longo Borghini e di Marta Bastianelli, se sarà al livello del 2018-19 in cui si poteva paragonarla tranquillamente con Marianne Vos.

Il WorldTour rende più complicato il tuo ruolo di tecnico della nazionale?

Diciamo che la prima differenza è prendere atto dell’attività non omogenea fra squadroni e team professional, come fra gli uomini. Sono contento però perché finalmente le ragazze hanno una possibilità di carriera. Come tecnico della nazionale, sono convinto che negli ultimi due anni siano venuti a mancare un paio di blocchi di ritiro collegiale. Quello a inizio anno o per fare il sopralluogo del percorso iridato. Sono momenti che aiutano a fare gruppo e a dare le gerarchie della squadra. Se arrivi a radunarle soltanto all’ultimo, comandano gli ordini di arrivo, hai difficoltà di selezione e soprattutto impedisci alle più forti di programmare la stagione in funzione dell’appuntamento.

Nel 2018 a Glasgow, Marta Bastianelli conquista i campionati europei: se in condizione, per Salvoldi farà bene anche a Tokyo
Nel 2018 a Glasgow, Bastianelli vince gli europei
Che rapporto hai con i tecnici dei team?

Prima parlo dell’obiettivo con l’atleta, poi faccio i passaggi di condivisione con team, manager, diesse e preparatori.

Quindi anche se sono professioniste, i contatti continuano?

Sempre, loro si aspettano un contatto continuativo ed è anche giusto che ci sia. E’ un interesse reciproco. Confrontarsi aiuta a capire le scelte. Ogni volta che parlo di convocazioni con la Longo Borghini, ad esempio, le chiedo: «Quando ti ho lasciato fuori?». E le punta il dito e risponde: «A Londra!». Sanno che si può essere esclusi, ma sanno che è un gioco corretto.

Ecco la base del quartetto azzurro che aspetta Paternoster: Balsamo, Guazzini, Alzini, Consonni
Il quartetto che aspetta Paternoster: Balsamo, Guazzini, Alzini, Consonni
I corpi militari aiutano?

Contribuiscono a dare importanza alla maglia azzurra. E nel lungo periodo, nonostante i guadagni siano in crescita, permettono alle ragazze di avere entrate cui è difficile rinunciare.

Il mondiale viene dopo o resta il focus?

Il mondiale fra le donne resta ancora la gara più importante, quella che dà valore alla carriera. E quest’anno ci sarà una bella sfida in Belgio. E’ presto per parlarne, ma a breve bisognerà inquadrare anche quello.

Un altro ostacolo sulla strada di Letizia

22.01.2021
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Non è ancora un allarme, ma certo il cammino di Letizia Paternoster a sei mesi dalle Olimpiadi ha subito un altro stop, che ha impedito ai suoi allenatori di vederla all’opera. La trentina non è andata al raduno della Trek-Segafredo in Spagna e non ha raggiunto poi, come da programma, la nazionale della pista in Sicilia. La causa è stata una febbriciattola fastidiosa (Letizia stessa ha parlato di una lieve forma di Covid) che l’ha tormentata per qualche settimana e che di fatto ha interrotto nuovamente la sua preparazione.

«Non sono preoccupato – ha spiegato il cittì azzurro Salvoldi, che l’ha preparata e guidata alle vittorie più importanti – ma sto già pensando al momento in cui riprenderà, perché tutta questa energia che ha nell’allenarsi va incanalata nel modo giusto. Lei ha voglia di ripartire, di essere competitiva ad aprile in Belgio e poi alle Olimpiadi, mentre secondo me ci sarebbe da pensare a una sola data: quella di Tokyo».

La sua prima apparizione post lockdown ai campionati italiani
La sua prima apparizione post lockdown ai campionati italiani

Un anno nero

L’ultimo anno di Paternoster è stato flagellato da una tendinite al ginocchio, che di fatto le ha impedito di riprendere dopo il lockdown e l’ha vista rientrare in gara a fine ottobre ai campionati italiani, che non ha concluso, poi alla Ceratizit Challenge by La Vuelta di tre tappe, in cui ha disputato soltanto le prime due.

«Però ha continuato a lavorare – dice ancora Salvoldi – è venuta in pista a Montichiari anche quando la nazionale dopo gli europei ha mollato un po’. Condivido il suo stato d’animo, ha pagato tanto questa situazione e capisce anche lei di essere molto lontana dalle altre. Da quello che sappiamo, avrà i risultati degli ultimi esami alla fine di gennaio, che non è esattamente un tempo breve».

Tigre in gabbia

Fra le insidie, al di là della scelta o meno di trattare l’infiammazione prima di averne individuata la causa (scelta che compete ai medici), quel che andrà gestito alla ripresa sarà proprio lo straordinario temperamento di Letizia Paternoster.

«E’ agonista più di tutte le altre – prosegue Salvoldi – non credo che tutto questo possa scoraggiarla, semmai mi preoccupo del contrario. E’ così agonista che ha sempre somatizzato le tensioni della gara. La sera prima delle finali che poi ha vinto, le è capitato spesso di avere un po’ di febbre. E di sicuro adesso è lì a caricarsi nell’attesa di ripartire. Lei si infuria se perde la volata in allenamento e diventa di ottimo umore se la vince. Vive ancora della legge del “tutto o niente”. Negli ultimi tempi è molto migliorata, ma deve ancora raggiungere la maturità necessaria per dare la giusta proporzione ai problemi. Pazienza, dal mio punto di vista, se ad aprile non sarà in Belgio a giocarsi la Gand. Con Guercilena e lo staff della Trek siamo sempre andati d’accordo e ora la priorità è che lei riprenda bene».

Assieme a Elisa Balsamo, nella madison bronzo ai mondiali di Berlino 2020
Assieme a Balsamo, nella madison bronzo a Berlino 2020

Elisa e Letizia

Uno dei fattori di cui tenere conto nel gestire il suo rientro, che speriamo sia pronto, c’è anche il fatto che nel frattempo le quotazioni di Elisa Balsamo e del resto del gruppo delle inseguitrici sono salite a dismisura.

«Ma non credo – dice Salvoldi – che questo creerà problemi, pur ammettendo che al defilarsi di Letizia è coincisa la vera esplosione di Elisa. In tutti questi anni, all’interno del gruppo sanno quanto vale la Balsamo e quanto vale la Paternoster. Nessuna pensa che la sua assenza significhi avere un posto libero. Sanno che per guadagnarsi il posto dovranno andare forte e che una Letizia al top è un valore aggiunto per il quartetto. In questo credo di essere la loro figura di riferimento per la credibilità e l’obiettività con cui sono sempre state fatte le scelte. Sanno che si viene scelte e sanno che si resta fuori. Hanno tutte la voglia di fare il bene del quartetto. Per cui sarà importante riavere Letizia in squadra, il resto sapremo gestirlo nel modo giusto».

Baugé, un addio con qualche rimpianto

20.01.2021
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Baugé prende cappello e se ne va. Nel mondo dello sport non capita spesso che un atleta di vertice si ritiri all’inizio dell’anno olimpico. Di solito la programmazione è incentrata sull’appuntamento a cinque cerchi. Appena questo si chiude, c’è un gran tourbillon con vecchi campioni che abbandonano e nuove leve che prendono il loro posto. Farlo prima accade raramente e solo per ragioni particolari. Quelle che hanno portato Gregory Baugé a questa decisione non sono legate a eventi specifici, ma più precisamente a una presa di coscienza.

«Sono abituato a gareggiare – dice – se posso dare il 100% di quello che sono, ma ho capito che ormai potrei arrivare solo al 90% e non è abbastanza».

Sei Giorni di Rotterdam, spalla a spalla con Teun Mulder
Sei Giorni di Rotterdam, spalla a spalla con Teun Mulder

Nove mondiali

Chi è Gregory Baugé? Semplicemente uno dei più grandi specialisti della storia della velocità su pista: 9 volte campione del mondo fra gara individuale e a squadre, 5 volte campione europeo, 4 volte sul podio olimpico fra Pechino 2008 e Rio 2016. La sconfitta nella finale individuale di Londra 2012, contro il britannico Jason Kenny, fa ancora male, ma non è il suo più grande rimpianto. 

«Certo, l’oro olimpico è il sogno di tutti, ma se mi guardo indietro quel che mi fa più male è ciò che avvenne nel 2011, aver causato ai miei compagni di squadra Michael D’Almeida e Kevin Sireau la perdita del titolo mondiale a squadre».

Quell’anno Baugé aveva vinto entrambi i titoli (nella finale individuale battendo proprio il suo futuro giustiziere olimpico Kenny), ma nel gennaio successivo venne privato dei successi per una positività all’antidoping.

Nel 2015 vince il mondiale in Francia
Nel 2015 vince il mondiale in Francia

Lo scivolone

Baugé si era rialzato da questo brutto scivolone, anzi ne aveva tratto ispirazione per il suo futuro.

«Voglio essere un esempio per le nuove generazioni, voglio lavorare ancora nel mondo del ciclismo su pista per far sì che la Francia resti ai vertici. A Parigi 2024 dovremo recitare un ruolo da protagonisti e non mi dispiacerebbe proprio aiutare qualcuno a cogliere quel traguardo che a me è sfuggito…».

Il razzismo

Chiudendo la sua carriera, Baugé si guarda indietro. La sua figura d’ebano è rimasta impressa nella storia del ciclismo su pista abbattendo attraverso le sue imprese anche vecchi stereotipi.

«Nel mondo del ciclismo non sono mai stato fatto oggetto di atti razzisti, ma non posso dire altrettanto nella vita quotidiana – ha dichiarato a Cyclim’actu – come possiamo uscirne? Vorrei saperlo, il razzismo è parte delle nostre vite. Ogni morte di un uomo di colore per colpa di esso, è una morte di troppo».

Rio 2016, a duello con Denis Dmitriev (Russia)
Rio 2016, a duello con Denis Dmitriev (Russia)

A Guadalupe

Riguardando indietro alla sua carriera, Baugé identifica il suo più bel ricordo, che non coincide con una delle sue tante vittorie mondiali.

«La soddisfazione più intensa l’ho vissuta nel 2009 – dice – quando ho vinto il titolo francese davanti alla mia gente a Guadalupe. C’era quasi tutta la popolazione locale a guardarmi, a sostenermi. Avevo indosso la maglia di campione del mondo, la gente era impazzita, è stato qualcosa di enorme. C’era tutta la mia famiglia, i miei amici, è stato incredibile. La mia terra mi ha dato tanto, ora tocca a me restituirle qualcosa».

Elia Viviani, ritiro dicembre 2020 (foto mathildelazou)

Cofidis, Viviani, Villa: prove di equilibrismo

23.12.2020
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C’è un anno da riscattare e un’Olimpiade da conquistare, che cosa farà Viviani per centrarli entrambi? Prima di parlarne direttamente con lui (in apertura durante il ritiro di dicembre, foto di Mathilde L’Azou), abbiamo affrontato il discorso con Roberto Damiani. Il tecnico lombardo ha iniziato a lavorare con Elia nel 2020, anno in cui il veronese è passato alla Cofidis portando con sé una dote di 11 vittorie 2019. Ci stava che il cambio di squadra e la mancanza di un treno forte come quello della Deceuninck-Quick Step si facessero sentire e ci sta anche la sfortuna di qualche caduta di troppo, ma nessuno poteva prevedere che Viviani uscisse dal 2020 con zero vittorie. Il treno. Le cadute. Il programma delle gare. Aver mollato la pista… Le ipotesi sono state fatte e ora c’è da lavorare per rimettere ogni tassello al suo posto. Con la sensazione, magari sbagliata, che il team francese avrebbe preferito svegliarsi e scoprire che le Olimpiadi si fossero già svolte. In modo da avere il velocista solo per sé e non doverlo condividere con la nazionale.

La Cofidis ha appena finito una serie di ritiri in piccoli gruppi e ugualmente suddivisa inizierà il 2021.

Team Cofidis, ritiro dicembre 2020 (foto Cofidis)
La squadra ha svolto tre ritiri nell’area di Cannes con gruppi limitati (foto Cofidis)
Team Cofidis, ritiro dicembre 2020 (foto Cofidis)
Tre mini ritiri nell’area di Cannes (foto Cofidis)
Tre gruppi, giusto?

Il primo che ripartirà da Benidorm, il secondo da Sierra Nevada e il terzo, quello di Viviani, dall’Argentina. Cercheremo di tenere questo gruppo sempre unito. Ne fanno parte, oltre ad Elia, suo fratello Attilio, Sabatini, Consonni e Van Bilsen. Loro inizieranno a correre alla Vuelta San Juan, poi proseguiranno con Abu Dhabi Tour, Tirreno-Adriatico, Milano-Sanremo e Giro d’Italia. Ma dipende dal percorso…

Che cosa vuol dire?

Che se faranno la prima settimana con sole salite, forse non ha troppo senso andarci con una squadra di velocisti. Aspetteremo la presentazione per varare definitivamente il piano.

Avendo le Olimpiadi davanti, il programma è stato concordato con il cittì Villa?

In realtà non ci ho ancora parlato, ma so che lo ha fatto Elia e hanno concordato assieme l’ipotesi Giro per avere poi luglio e agosto a disposizione per la preparazione specifica. E come lui Consonni, che ha bisogno di lavoro in pista.

Si è detto che proprio la mancanza di certi sforzi in pista sia stata alla base del calo di rendimento di Elia.

E infatti quest’inverno ha aumentato e aumenterà la presenza a Montichiari. Farà quello che non ha fatto l’anno scorso, ma poi fino al Giro sarà totalmente dedicato alla squadra. Con la nazionale dovremo essere bravi a non tirarci per la maglietta. Se deve allenarsi in velodromo, carta bianca. Ma ad esempio non abbiamo un calendario della Coppa del mondo e direi che Elia non parteciperà ad altri eventi in pista.

Elia Viviani, Giacomo Nizzolo, Tour de France 2020
Per Viviani il Tour è stato un eccessivo carico di salite
Elia Viviani, Giacomo Nizzolo, Tour de France 2020
Per Viviani, un Tour con troppe salite
Non sarebbe il caso di iniziare la stagione avendo contatti più diretti con Villa?

Lui sa che quando vuole, siamo a sua disposizione. Per ora ci siamo sentiti al telefono, ma so che Elia ha tutto chiaro.

Guarnieri dice che secondo lui il Viviani del Giro era forte, ma è stato penalizzato dalla mancanza di un treno, visto che per un motivo o per l’altro Elia non l’ha avuto quasi mai.

Capisco quello che dice Jacopo e di certo non avevamo un treno all’altezza di quello della Groupama. Però il vero problema del Giro è stato che Elia era sfinito dopo il Tour. Se costringi un velocista a fare tutte quelle salite, il rischio è che perda esplosività. E ora stiamo lavorando proprio su quello, per arrivare in Argentina già pronti per vincere.

Obiettivo sbloccarsi presto?

Non presto, subito. Serve al morale e alla squadra. Andremo col treno e giusto un corridore per la salita, che però tolta la tappa del Colorado, sarà a disposizione. E poi speriamo che siano finite le moto che ti investono nei finale e la maledetta sfortuna del 2020.