In Olanda con Affini, battute su Sobrero, il Giro e Dumoulin

23.06.2021
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Alla partenza dei campionati italiani da Bellaria, due giorni dopo quelli della crono, nella piazzetta del foglio firma Affini si è ritrovato accanto a Matteo Sobrero. Classe 1996 il primo, 1997 il secondo, il tenore delle battute era sul ridere. Gli altri intorno infatti apostrofavano il mantovano perché, in quell’unica volta con Ganna un po’ spento, fosse saltato fuori un altro che l’aveva anticipato. Per fortuna Edoardo non è permaloso e ne rideva a sua volta, ma certo nell’immediato lo stesso pensiero aveva colto quasi tutti. Salvo realizzare con il passare delle ore che anche il secondo posto è stato un’impresa, dato il percorso molto duro su cui si è disputata la maglia tricolore. La lunghissima fuga di cui sarebbe stato di lì a poco uno dei principali animatori avrebbe dimostrato che la condizione era molto buona e che il Giro d’Italia, concluso per la prima volta, ha prodotto nelle sue gambe l’effetto sperato.

Secondo nella crono tricolore di Faenza, a 26″ da Sobrero
Secondo nella crono tricolore di Faenza, a 26″ da Sobrero

Fuga olandese

Affini in questi giorni si trova a Peize, il paese vicino Groningen dove vive la sua ragazza. Racconta che la base di ogni conversazione è l’inglese, ma che l’olandese piano piano gli sta entrando nella testa e qualche parola riesce comunque a dirla. Il legame fra Edoardo e l’Olanda risale a quando da under 23 impacchettò le sue cose e si trasferì alla Seg Academy Racing, da cui spiccò il volo per approdare al professionismo. Prima con l’australiana Mitchelton-Scott e ora con l’olandese Jumbo-Visma. Siamo così abituati a incontrarlo, fra la nazionale sin da quando era junior e tutte le occasioni successive, da dimenticare che il 2021 è per lui la terza stagione da professionista, con il 2020 del Covid che vale quasi quanto un anno perso. Però certo il discorso sulla crono e la lunghissima fuga dell’indomani merita di essere ripreso. Perciò… eccoci qua!

Minaccia Sobrero

Il nome di Sobrero, in realtà, era saltato fuori proprio parlando con lui nel pomeriggio di vigilia, nel residence alle porte di Faenza in cui alloggiava assieme ai due corridori del Team Bike ExchangeKonychev e Colleoni – e i loro tecnici Algeri e Pinotti. Per i corridori isolati di squadre straniere il campionato italiano è una rincorsa agli amici per avere assistenza, così Affini si è affidato a Vittorio Algeri con cui ha vissuto i primi due anni da pro’.

«Che Sobrero andasse forte – racconta – me lo aspettavo, soprattutto dopo aver pedalato sul percorso. Il cronometro non mente, dopo averlo visto al Giro d’Italia e aver sentito come era andato in Slovenia, era uno degli osservati speciali. Anche io sono uscito bene dal Giro, ma per i miei standard, in salita sono uno di quelli che deve difendersi».

Le crono lunghe

Di fatto, la cronometro di 45,7 chilometri era un bel banco di prova con cui misurarsi. Già ieri avevamo parlato con Pinotti e poi con Fondriest della rarità di prove così lunghe, per cui sentire il parere di chi l’ha disputata chiude il cerchio.

Affini è entrato nella fuga di Imola per gioco, ma ha dato grande impulso. Qui con Tonelli
Affini è entrato nella fuga di Imola per gioco, ma ha dato grande impulso. Qui con Tonelli

«Secondo me – dice Affini senza fare troppe battute – è giusto che ci siano prove di varia lunghezza e quelle che assegnano dei titoli, dai tricolori alle Olimpiadi, va bene che siano lunghe. In palio, insomma, non c’è un pezzetto della maglia di leader, ma quella di specialità. Vero che l’anno scorso la crono dei mondiali di Imola fu poco più di 30 chilometri, perché probabilmente si trattò di salvare la baracca in un anno particolare. Ma ad esempio ricordo quella dello Yorkshire del 2019 che addirittura fu di 54, la più lunga che abbia mai fatto. Sono prove che premiano la predisposizione atletica, ma in cui devi comunque curare i dettagli. Più forte si va e più la posizione e i giusti materiali, scegliere una ruota piuttosto che un’altra, sono decisivi».

Scoperta Pinotti

Gli raccontiamo ridendo che proprio le sue ruote quella sera erano state motivo di interesse per Pinotti, che si era messo a studiarle con il meccanico, mentre Affini era ai massaggi.

«Le ruote sono state importanti a Faenza – dice – con le curve, le salite e le discese e quel primo tratto di asfalto abbastanza nuovo che, con il caldo che faceva, faceva l’effetto colla e non scorreva. Con Pinotti abbiamo continuato a parlare di ruote anche a cena, facendo battute e discorsi seri. Non lo conoscevo più di tanto, non l’ho mai incrociato prima, ma ho scoperto che è un grande. Ha un’esperienza incredibile, ci si potrebbe scrivere un libro…».

Si piazza 16° nella crono di Yorkshire 2019 (54 chilometri), alle prime battute fra i pro’
Si piazza 16° nella crono di Yorkshire 2019 (54 chilometri), alle prime battute fra i pro’

In fuga per gioco

La fuga del giorno dopo poteva andare più lontano, ma evidentemente il gruppo ha capito che là davanti c’era gente di spessore e non si è fidato.

«Sin dalle prime battute – ricorda sorridendo – ci sono entrato quasi per gioco, cercando un modo per passare la giornata. Il problema è che ci hanno lasciato poco margine. Guardavo la lavagna e più di 5’20” non mi pare di aver visto. Se fossimo andati a 8 minuti, sarebbe stato diverso. Eravamo un bel gruppetto, giravamo forte in pianura. E ci siamo andati vicini. Zoccarato ha fatto un bel numero a restare agganciato a Colbrelli, ma stavo bene anche io. Il Giro mi ha fatto bene. Ci sono arrivato con una buona gamba e ne sono uscito bene, segno che è stato difficile ma non l’ho subito. Tre settimane di corsa ti cambiano, come si dice: diventi più uomo, ti asciughi, migliori nella resistenza. E io che sono cronoman sin da allievo, magari col tempo migliorerò un po’ in salita. E anche se non diventerò mai uno scalatore, su certi percorsi avrò però un’arma in più».

Il Giro ha fatto crescere la sua condizione: eccolo nella discesa del Giau. Altro che il caldo di questi giorni…
Il Giro ha fatto crescere la sua condizione: eccolo nella discesa del Giau

Curiosità Dumoulin

Finita questa settimana di riposo, il programma prevede un ritiro a Tignes con la squadra dall’8 al 29 luglio, poi si ricomincerà a correre, probabilmente all’Arctic Race of Norway e poi al BinckBank Tour, entrambi ad agosto, mentre il programma di fine stagione è ancora da definire.

«Di sicuro – dice – mi piacerebbe arrivare bene per europei e mondiali, mentre sapevo che le Olimpiadi non fossero per me, anche se restano il sogno di qualunque sportivo e magari se ne potrà parlare nel 2024. Sono giovane, ci saranno spero delle altre occasioni. Intanto, oltre a tifare per Pippo, sono curioso di vedere come andrà il mio compagno Dumoulin. Non so molto più di voi. Come a inizio anno ci dissero che aveva lasciato il ritiro, così ci hanno comunicato che avrebbe ricominciato al Giro di Svizzera. Mi è venuto da pensare a Rohan Dennis, che nel 2019 si fermò durante il Tour e nella crono dello Yorkshire diede un minuto a Evenepoel e quasi due a Ganna. Se ha trovato la testa ed è sereno, quello è il suo percorso, anche più duro di Bergen dove vinse. Certo ci sono le variabili del caldo e dell’umidità, ma sa allenarsi. Di sicuro in una squadra come la nostra, al di là delle battute, non lo avrebbero mai portato in Francia per allenarsi, rinunciando a un uomo per la maglia gialla…».

Dumoulin, pensieri e parole del primo giorno di scuola

07.06.2021
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Difficile capire se per Tom Dumoulin sia stato più difficile rimetterci la faccia o accettare la sfida della crono, il suo terreno, al Giro di Svizzera. E interessante sarebbe anche capire in che modo l’avvicinamento al debutto sia stato per lui fonte di stress oppure una sorta di ritorno a casa. Di fatto la sua prestazione è stata perfettamente in linea con quello che puoi fare se sei un fenomeno e non corri da 8 mesi: 16° a 52,181 di media.

«Ho provato a dare tutto – ha detto poco dopo l’arrivo – ed è andata abbastanza bene. Ho notato che nella seconda parte della cronometro non avevo più forze. Di conseguenza, il mio ritmo è leggermente diminuito. Nulla di strano, c’era da aspettarselo. C’è voluto un po’ per abituarsi, ma le sensazioni sono state decisamente buone. Voglio sempre il massimo e ho provato a farlo anche oggi. Sono soddisfatto, anche se c’è ancora tanto da lavorare».

Nel 2017 il Giro d’Italia vinto alla grande su Quintana e Nibali
Nel 2017 il Giro d’Italia vinto alla grande su Quintana e Nibali

Fuori dai radar

In breve, la storia narra che Tom si è ritirato in modo inatteso dalla Vuelta 2020 e che, arrivato regolarmente al raduno della Jumbo Visma di inizio anno, abbia fatto il giro di compagni e personale, annunciando il ritiro. Si è parlato di burnout. Poi si sono avanzate ipotesi più o meno pittoresche. Infine, si è detto che si fosse iscritto a medicina. Poi come accade per le cose della vita, il tempo ha fatto calare il silenzio.

Di tanto in tanto però Tom appariva nei discorsi. Quando è stato avvistato lungo l’Albert Kanaal sulla bici da crono, si è scoperto che il tecnico della nazionale olandese non avesse mai sostituito il suo nome negli elenchi per Tokyo. E’ riapparso sulle strade del ciclismo all’Amstel Gold Race e pare che la visione del gruppo abbia riacceso in lui la fiammella dello sport. Sta di fatto che di colpo le Olimpiadi sono diventate il suo obiettivo. E se quello che ci è stato raccontato è tutto vero, chissà se siano il frutto di un corteggiamento o della sua libera scelta.

A fine 2020, 7 tappe alla Vuelta e poi un ritiro durato 8 mesi
A fine 2020, 7 tappe alla Vuelta e poi un ritiro durato 8 mesi

Ciclismo e gioia

«La differenza fra adesso e prima – ha detto in un interessante video realizzato da L’Equipe – è che adesso qualunque cosa faccia, mi chiedo se sia importante per me e se mi dia gioia. E’ quello che avevo perso negli ultimi anni. Facevo qualcosa che non mi piaceva più. Avevo bisogno di questo tempo per rinfrescarmi le idee. Ho sempre amato andare in bici e correre, ma il problema degli ultimi tre anni è che avevo perso il piacere di farlo. E’ stato un periodo molto istruttivo, ora so di nuovo chi sia Tom Dumoulin e che tipo di corridore possa tornare».

Nella crono iridata di Imola 2020, 10° posto a 1’14” da Ganna
Nella crono iridata di Imola 2020, 10° posto a 1’14” da Ganna

Ipotesi overtaining

Cipollini fece lo stesso. Annunciò il ritiro proprio alla vigilia del 2002 in cui avrebbe vinto il mondiale, anche se i tempi, le persone e le attenzioni cui sono sottoposti i corridori sono troppo diversi perché il paragone regga.

«Ma non sono solo – ha detto Dumoulin – ci sono molti atleti di vertice e anche di altro livello che a volte lottano con se stessi, per cui non mi sento di diventare modello per un certo tipo di battaglia. Non ho consigli da dare, ognuno deve cercare la propria strada, ma sicuramente durante il ritiro a Livigno ho ritrovato l’amore per la bicicletta. Prima ero in un posto profondo, un buco in cui oltre alle difficoltà mentali ho pagato sicuramente anche una forma di overtraining. Appena mi sono ripreso il mio tempo e mi sono riposato, sono stato meglio. Quando sono salito nuovamente sulla bici, sembrava che non lo avessi mai fatto prima. Invece dopo due settimane ho fatto un test e mi sono stupito per il risultato. Il talento per fortuna non si è spento ed è questo il motivo per cui ho accettato la sfida olimpica».

Futuro incerto

Un mese di lavoro convinto per tornare. Altura a Livigno fuori dai radar e la poca voglia di sbilanciarsi oltre, quasi che programmi troppo ambiziosi possano di nuovo trasformarsi in boomerang.

«Non so ancora – dice – cosa ci sarà dopo Tokyo. Può darsi che mi rimetta a caccia di grandi Giri, può darsi che cerchi altri obiettivi o che non voglia più essere un corridore. Lo scopo adesso è essere forte alle Olimpiadi com’ero una volta. Ho accettato la sfida, perché credo che sia possibile. Ovviamente tutto dovrà andare nel modo giusto, ma il tempo c’è. Le crono qui in Svizzera servono per capire a che punto sono, per il resto mi sono fissato piccoli obiettivi giorno dopo giorno, di certo non pensando alla classifica. Non sono qui per farmi del male, ma per mettere nelle gambe una settimana di corse. Non dimentichiamo che ho solo un mese di allenamento».

Il lavoro di Dumoulin verso Tokyo passa anche dal trovare il feeling con la sua Cervélo
Il lavoro di Dumoulin verso Tokyo passa anche dal trovare il feeling con la sua Cervélo

Avvicinamento olimpico

La sua storia è ripartita ieri lungo i 10,9 chilometri intorno a Frauenfeld, nella crono vinta da Kung con Cattaneo in terza posizione. La prova olimpica si correrà il 28 luglio sulla distanza di 44,2 chilometri, su un percorso tutt’altro che pianeggiante. Resta da capire quali saranno ora i suoi programmi. Se sarà al Tour per due settimane accanto a Roglic per mettere chilometri nelle gambe, come ha ipotizzato Diego Bragato parlando di una gara secca. Se alla fine ci troveremo a raccontare una toccante storia olimpica da cui trarre un libro e magari un film. O se il… risveglio non sia avvenuto troppo tardi. In ogni caso, bentornato vecchio Tom.

Affini Dorelan 2021

Affini: «Quante emozioni nella prima giornata»

08.05.2021
2 min
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L’approssimarsi di un grande Giro è un caleidoscopio di sensazioni che si moltiplicano man mano che si avvicina il momento del primo colpo di pedale. Sensazioni amplificate quando il primo atto è un cronoprologo, come nella maggioranza dei casi e come avviene anche quest’anno al Giro d’Italia, nella sede imponente di Torino.

Quando si parla di cronometro, in Italia fra i nomi dei maggiori specialisti emerge quello di Edoardo Affini (Jumbo Visma) anche se la sua esperienza al Giro è relativa: «Ho partecipato solo lo scorso anno, ma è un’emozione enorme, soprattutto per un italiano al Giro sapendo di poterti giocare qualcosa d’importante. Un pensierino alla maglia rosa è naturale farlo, anche se poi tra il dire e il fare…».

Di solito che sapore ha una prima giornata di un viaggio lungo tre settimane?

Senti che stai per affrontare qualcosa d’importante, lungo, pieno di avventure che potranno essere belle come spiacevoli, c’è l’incertezza del futuro. Un viaggio affrontato in una carovana ampia e ricca di colori, persone, ma soprattutto tante speranze e ambizioni, penso che sia così per tutti.

Inoltre la prima giornata è l’unica teoricamente nella quale tutti partono davvero alla pari e la maglia può andare a chiunque…

E’ vero, anche se naturalmente già alla vigilia ci sono gerarchie abbastanza prestabilite. La grande giornata può però esserci per ognuno. La prima giornata dà poi anche un senso di liberazione, dopo tanti ritiri, allenamenti, sacrifici. E’ ora di mettere in pratica quello che hai fatto, senti dentro di te molto nervosismo, ma io dico sempre che è un nervosismo buono…

Affini crono 2021
Edoardo Affini è al suo secondo Giro d’Italia: nel 2020 si è ritirato prima dell’ottava tappa
Edoardo Affini è al suo secondo Giro d’Italia
Che cosa cambia rispetto a una qualsiasi corsa a tappe?

Tantissimo, innanzitutto perché sai che non stai affrontando la “corsa del campanile” ma un evento di primaria importanza, che non riguarda solo chi ama il ciclismo. Io non sono ancora arrivato alla fine di un grande giro, troppo poche le mie esperienze in tal senso, ma tutti mi hanno detto che in tre settimane ci sono giornate buone e meno buone, bisogna saperle miscelare nella maniera giusta.

In un viaggio così lungo quanto contano i rapporti umani?

Se non c’è una buona atmosfera in squadra è difficile raddrizzare il timone quando le cose vanno male. Riuscire a vivere in un ambiente sereno nell’arco di tutte e tre le settimane è un aspetto fondamentale per ottenere risultati.

Si parte con un prologo di 9 chilometri, è più vicino a quelli classici di semplice introduzione o una cronometro vera e propria?

Diciamo che siamo un po’ a metà, perché comunque devi affrontarlo a tutta, partire forte e aumentare man mano finché non è finito. Molto dipenderà dal vento, sapersi gestire se sarà frontale all’inizio o alla fine e poi sarà importante partire già abbastanza riscaldati, proprio per sparare tutto sin dall’avvio.

Cervélo R5

R5 e S5, a voi le Cervélo di Van Aert e Roglic

20.04.2021
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Il team olandese Jumbo Visma, dopo alcuni anni di collaborazione e successi con le biciclette Bianchi, quest’anno ha deciso di equipaggiare i suoi corridori con le canadesi Cervélo. A disposizione di Primoz Roglic e Wout Van Aert ci sono diversi modelli: R5, S5, Caledonia-5 e P5.

R5 la versatile

La R5 (nella foto di apertura) è la bicicletta più versatile fra quelle in dotazione allo squadrone olandese grazie alla sua geometria e alle soluzioni tecniche di cui è dotata. Per i tubi, si è fatto ricorso alla tecnologia Squoval Max. Essa unisce i vantaggi di una forma più quadrata con quelli di una forma più ovale cercando il punto di equilibrio fra rigidità, comfort e leggerezza. La zona del tubo sterzo e del movimento centrale godono di una lavorazione particolare del carbonio che ne ha aumentato la rigidità, rispettivamente del 18% e del 26% rispetto alla precedente versione.
Proprio per la zona del movimento centrale Cervélo ha sviluppato il sistema BBright, che vede una misura oversize dei tubi verticale, obliquo e del fodero sinistro, con un vantaggio in termini di rigidità ed efficienze di pedalata.

Manubrio FSA

Il manubrio del team olandese è prodotto da FSA per la R5, dove la maggior parte dei corridori utilizza l’attacco e manubrio separati. Le ruote sono fornite da Shimano con le Dura Ace C40 in carbonio e con un profilo di 40 millimetri. Il peso di queste ruote è di 626 grammi per la ruota anteriore e di 774 grammi per la posteriore nella versione disco per tubolari.

Cervélo S5 Jumbo Visma
L’aerodinamica S5 con le ruote Dura Ace
Cervélo S5 Jumbo Visma
L’aerodinamica S5 con le ruote Dura Ace

Attacco manubrio a V

La S5 è la bicicletta più aerodinamica, utilizzata dai corridori della Jumbo Visma nelle tappe dal profilo altimetrico piatto o leggermente vallonato. Il design TrueAero della S5 combina una forma dei tubi specifica con una posizione di guida più aerodinamica, proprio per minimizzare l’impatto con l’aria. Anche sulla S5, per il movimento centrale si è adottato il sistema BBright. La lavorazione particolare della zona del tubo sterzo e del movimento centrale con un incremento di rigidità rispettivamente del 13% e del 25% rispetto alla versione precedente.
Il manubrio di Cervélo è studiato in galleria del vento ed è composto dall’attacco CS28 a forma di V, che è stato progettato per lavorare alla perfezione con il manubrio, tanto da sembrare un integrato. Sono disponibili 6 taglie di lunghezza e 4 di larghezza con 5 gradi di rotazione possibile. Le ruote sono le Shimano Dura Ace C50 in carbonio con profilo da 50 millimetri.

Cervélo Caledonia-5
La Caledonia-5 è adatta per le gare con i terreni sconnessi
Cervélo Caledonia-5
La Caledonia-5 è la bicicletta adatta per le gare con i terreni sconnessi come la Roubaix

La più confortevole

Oltre alla R5 e alla S5, il Team Jumbo Visma può contare anche sulla Caledonia-5. E’ la bicicletta votata ai terreni più sconnessi. come il pavé. Questo modello è stato sviluppato insieme ai professionisti proprio per fornire una bicicletta dall’ottima guidabilità e maggiormente confortevole.

Le geometrie sono più… rilassate e il passaggio gomme permette di montare coperture fino a 34 millimetri di larghezza. Manubrio e attacco sono di FSA e le ruote di Shimano.

Cervélo P5
La P5 è un vero bolide per le cronometro
Cervélo P5
La Cervélo P5 è un vero bolide per le cronometro

Carbonio speciale

La P5 è l’arma di Roglic e Van Aert nelle cronometro. Su questa bicicletta tutto è stato pensato con l’unico scopo di massimizzare la velocità. I test in galleria del vento sono stati fatti per simulare le condizioni reali.

Un occhio è stato dedicato anche al peso, con l’utilizzo di uno speciale tipo di fibra carbonio. Il manubrio da cronometro è realizzato sempre da Cervélo. Le ruote sono Shimano.

Manubrio V-Stem
Il manubrio con l’attacco a forma di V di Cervélo
Manubrio V-Stem
Il manubrio con l’attacco a forma di V di Cervélo, un vero capolavoro di aerodinamica

La scheda tecnica

GruppoShimano Dura Ace Di2
RuoteShimano Dura Ace
PneumaticiVittoria
ManubrioCervélo e FSA
Sella Fizik
ReggisellaCervélo
PedaliShimano Dura Ace

Un tocco di Italia

Il gruppo è lo Shimano Dura Ace Di2, cme del marchio giapponese sono i pedali Dura Ace. Le selle sono le italiane Fizik, i portaborraccia e le borraccie sono di Tacx. Infine vengono dall’Italia anche gli pneumatici: i Vittoria Corsa in graphene.

Edoardo, le crono poi con Groenewegen e Van Aert

01.02.2021
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Edoardo è tornato in Olanda, dove era cresciuto nella Seg Academy Racing prima di approdare alla Mitchelton-Scott. Lo hanno voluto quelli della Jumbo Visma, che prima sono andati a sondarlo, poi gli hanno proposto un bel progetto che lo riguarda. Non è stato facile convincerlo, almeno all’inizio, poi le cose si sono incanalate nel modo giusto. La squadra ha concluso il ritiro giusto due giorni fa, sabato. Proprio nel giorno in cui, rientrati dall’allenamento, i ragazzi hanno saputo che non avrebbero debuttato alla Vuelta Valenciana, che era stata appena cancellata.

Nel 2019 vince la tappa di Sandefjord al Giro di Norvegia
Nel 2019 vince la tappa di Sandefjord al Giro di Norvegia

Affini è mantovano, è alto 1,92 ed è uno dei nostri migliori cronoman. E’ stato campione europeo U23 nel 2018 e nello stesso anno ha vinto i Giochi del Mediterraneo. Da professionista ha vinto due corse. Una tappa in linea al Giro di Norvegia e la crono al Tour of Britain: entrambe nel 2019. Il suo 2020 si è concluso con il ritiro dal Giro d’Italia. Meglio voltare pagina e cominciare da capo.

Come va nel nuovo ambiente?

Mi sembra di essermi ben inserito. Sono uno dei pochi che non parla l’olandese e quel che ricordo del periodo alla Seg serve a malapena per scambiarsi un saluto. Meglio usare l’inglese. Detto questo, mi pare che le squadre WorldTour più o meno si somiglino tutte. La differenze è che alla Mitchelton ero lasciato più libero, mentre qui ci sono più linee guida su tutti i fronti, dall’alimentazione all’allenamento e ogni preparatore ha la sua filosofia.

Cambiato qualcosa, par di capire?

Ho fatto più intensità sin dall’inizio. Ero abituato a una ripresa tradizionale, facendo prima la base. Qui ho fatto un minino di adattamento e poi da inizio dicembre subito richiami di intensità. All’inizio mi è venuto qualche dubbio, ma alla fine sono riuscito a metabolizzare tutto bene.

Ai mondiali crono di Imola, Edoardo ha ottenuto il 14° posto
Ai mondiali crono di Imola, Edoardo ha ottenuto il 14° posto
Come hanno fatto a convincerti?

Il primo contatto l’abbiamo avuto ad aprile, ma io stavo bene alla Mitchelton e volevo capire che cosa sarebbe successo. Quando poi è venuta fuori la storia della Fundacion Manuela nella quale non si vedeva proprio chiaro, la proposta della Jumbo è stata superiore alla contro offerta della Mitchelton. Così ho accettato, anche perché mi hanno offerto tre anni di contratto che danno una certa sicurezza. Vuol dire che ci credono.

Cosa vogliono fare di Affini?

Il miglior corridore possibile, lavorando molto sulla crono per tirare fuori qualche risultato, sulle classiche in cui abbiamo un leader come Van Aert e poi sul treno per i velocisti. A maggio scade la squalifica di Groenewegen, ma quando ho firmato non era ancora successo il disastro del Polonia. Di certo è stato brutto vederlo alle prese con le minacce. Gli stava per nascere il bambino e gli scrivevano che non era degno di essere padre. Gli hanno scritto di ammazzarsi

Che cosa ti è parso del tuo capitano delle classiche?

Per quel po’ che ci ho pedalato assieme e il po’ che ci ho parlato, si vede che Van Aert ha classe. E’ forte, mi sembra tranquillo e giù dalla bici fa gruppo anche lui. Ha tre anni più di me, non c’è la soggezione davanti a uno più grande.

Nel ritiro spagnolo del team, per Edoardo tanti lavori specifici ad alta intensità (foto Jumbo Visma)
In ritiro tanti lavori specifici ad alta intensità (foto Jumbo Visma)
A proposito d leader, avete perso anche Dumoulin…

Tom era in ritiro con noi. Forse è venuto che già sapeva, perché l’ho visto parlare con tutti, come per salutarli. Siamo tornati dall’allenamento e ci hanno detto che era tornato a casa. Non conosco i dettagli, ma non siamo macchine. Posso capire che si abbia bisogno di spazio.

Da Scott a Cervelo, cosa cambia?

E’ una bella bici, molto rigida e sembra anche veloce. Anche quella da crono dà belle sensazioni, ma dobbiamo ancora lavorare sulla posizione, sviluppando ad esempio il manubrio. E’ un processo lento. Prima si trova la posizione. Poi si va in galleria del vento. E alla fine si mette a punto il componente su misura. Solo che con il Covid questi passaggi sono molto complicati.

Hai già corso due crono iridate da pro’: ci riproviamo?

In testa ho tutti gli obiettivi, sta al cittì decidere. Con Cassani non ho ancora parlato, ma sa che tengo alla maglia azzurra. Mi ha portato al mondiale negli ultimi due anni e sa che do sempre il massimo.

Edoardo sfinito dopo una serie di Sfr nel ritiro spagnolo (foto Jumbo Visma)
Edoardo sfinito dopo una serie di Sfr (foto Jumbo Visma)
Senza la Valenciana, il debutto dove va a finire?

All’Het Nieuwsblad, mentre dall’8 febbraio andrò a Tenerife, sul Teide, non facendo più la Valenciana. E’ una cosa che mi incuriosisce. Non ho mai visto quel posto e non ho mai fatto altura così presto. Poi dopo il debutto, farò Tirreno e Sanremo, Gand, Dwars door Vlaanderen e Roubaix. Non le faccio tutte perché sono nella squadra del Giro, dove verrà anche Bennett.

A proposito di Giro, non è andata benissimo l’anno scorso…

Sono caduto nel giorno dei ventagli e poi la squadra è andata a casa per la positività di Yates. E’ stato bello partire e respirare l’atmosfera, ma il resto possiamo anche dimenticarlo. E’ finita con un metacarpo rotto. Possiamo dire che del Giro 2020 mi restano 8 viti e una placca, che dovrei togliere a un anno dall’incidente, quindi se ne parla il prossimo ottobre. Ma sto bene, non ho fastidi, quindi non sarà un problema.

Quanto è fastidioso veder cancellare le corse?

Hai un programma, ma non puoi farci niente. Ti devi allenare e cambiare obiettivi. E se non corri, l’obiettivo è migliorarsi. Già averne uno ti dà un’altra grinta.

Ma ora Wout vuole pareggiare il conto iridato

30.01.2021
4 min
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Domani a Ostenda l’ennesimo capitolo di un libro che Wout Van Aert sta scrivendo dal lontano 2012, insieme a un altro “autore”, Mathieu Van Der Poel. E’ il libro delle loro sfide, che ormai non è più concentrato solo sul ciclocross, ma si estende anche alla strada come il Giro delle Fiandre ha dimostrato lo scorso anno.

Wout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Coppa del mondo ciclocross 2018. Koksjide
Il bilancio dei duelli iridati fra Van der Poel e Van Aert vede l’olandese in vantaggio per 5-4
Wout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Coppa del mondo ciclocross 2018. Koksjide
Per Van der Poel un mondiale più di Van Aert: 5-4

Cinque a quattro

Domani sul difficile percorso belga i due si incroceranno per un altro campionato mondiale: finora il bilancio, iniziando dai confronti fra gli junior, è di 5 titoli a 4 per l’olandese, ma nel 2020 Van Aert era ancora claudicante per la terribile caduta del Tour 2019. Per questo la sfida sul terreno di casa è per il belga così importante e la vittoria di domenica a Overijse gli ha dato quella punta di ottimismo che mancava.

«Quest’inverno ho sentito di aver raggiunto un livello migliore rispetto ai due precedenti – ha dichiarato alla vigilia della gara sul sito www.redbull.comho potuto gareggiare di più e questo mi ha fatto molto piacere. Vincere il mondiale resta un obiettivo molto importante per me, ma ora guardo anche più avanti, ad altri target relativi alla strada e questo mi aiuta ad avvicinarmi all’evento con meno tensione».

La vittoria di Overijse ha dato a Wout grande fiducia
La vittoria di Overijse ha dato a Wout grande fiducia

Solo tecnica

Dopo Overijse il portacolori del Team Jumbo Visma ha un po’ staccato la spina, per avvicinarsi al mondiale con le pile cariche.

«Il mio allenatore chiama sempre l’ultima settimana prima della gara una “settimana di dirottamento”. Mi alleno molte meno ore in modo da poter essere completamente fresco all’inizio. Il focus è quindi sull’intensità e sulle tecniche incrociate».

Solo strada

Quest’anno la preparazione di Van Aert è stata diversa dal solito: niente stage specifico a dicembre, ma fisico e mente già proiettati verso la stagione su strada, partecipando al primo ritiro pre stagionale della squadra in Spagna dedicandosi anima e corpo all’asfalto, senza neanche portarsi le bici da cross.

«Una scelta del genere non solo è molto utile per la stagione su strada – dice – ma sicuramente aiuta anche nella preparazione per il mondiale di ciclocross. Grazie al bel tempo in Spagna e alle montagne che sono riuscito a scalare lì, ho ottenuto più profitto dal mio lavoro, soprattutto sul piano della resistenza».

In ritiro con la Jumbo Visma, Wout ha lavorato solo su strada, in salita, per la resistenza
In ritiro ha lavorato solo su strada: tanta salita

Re della sabbia

Il percorso di gara gli piace molto (ci ha vinto nel 2017 ai campionati belgi), soprattutto la parte su sabbia.

«Penso che questo sia davvero un percorso – dice – che mi si addice molto bene. Pedalare sulla sabbia richiede molta forza e soprattutto una buona tecnica. E anche il ponte alto che porta in testa alla spiaggia sarà decisivo. Fondamentale sarà la partenza, anche perché è un percorso all’inizio molto stretto e credo che già dopo poco la situazione di gara sarà chiara».

Start a tutta

Torniamo quindi alle discussioni nate sabato dopo la sconfitta subita ad Hamme: se il belga riuscirà a non perdere terreno al via dal rivale, sarà una sfida ad armi pari

«Mi aspetto una partenza molto veloce – ammette – la spiaggia arriverà immediatamente dopo, quindi è importante andare a tutta velocità dall’inizio. La mia parte migliore sarà proprio quella sulla sabbia, ho lavorato molto sull’esplosività e la tecnica proprio per questo. La difficoltà ai mondiali di Ostenda è che ci sono chiaramente due parti: una parte sulla spiaggia dove si possono usare pneumatici lisci – quasi senza battistrada – e una parte nell’ippodromo dove si corre sull’erba e il clima può avere una grande influenza».

GALLERY/Prova delle nuove bici in casa Jumbo Visma

22.01.2021
4 min
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Le novità non mancano alla Jumbo Visma, che si è affrettata come prima cosa a far rinnovare il contratto a Wout Van Aert fino al 2024, mettendo al sicuro una delle pedine più importanti del presente e del futuro. Il passaggio repentino di Hirschi alla Uae Team Emirates ha fatto scattare qualche allarme e chi ha in casa un gioiello si è affrettato a metterlo al sicuro.

Pogacar nel mirino

Il secondo aspetto, più sottile, è quello di fare fronte comune proprio contro la squadra degli Emirati, con una serie di dichiarazioni che, sia pure in modo blando, hanno già cominciato ad aumentare la pressione su Pogacar.

Quando i tre leader della Jumbo Visma – Roglic, Dumoulin e Kruijswijk – hanno iniziato a definire “sorprendenti” le prestazioni del giovane sloveno e la stampa ha dato l’inevitabile risalto, Pogacar ha dovuto divincolarsi dalla presa, definendo le sue gesta “inattese, ma non certo sorprendenti”.

In ogni caso, Jumbo Visma ha ribadito che sarà al Tour de France con il tridente, volendosi riprendere dall’orrendo smacco dello scorso anno, da cui sono nate sì la Liegi e la Vuelta di Roglic, ma è difficile fingere che il giorno della Planche des Belles Filles non si agiti come uno spettro.

Arriva Cervélo

Per la nuova sfida, il team ha lasciato Bianchi ed è passato alle Cervélo che lo scorso anno equipaggiavano il Team Sunweb. Della notizia vi avevamo già raccontato, ma nel frattempo oltre ai telai è stato definito l’equipaggiamento meccanico, che vede confermare sulle bici canadesi i gruppi Shimano: Dura Ace per i team WorldTour maschile e femminile e l’Ultegra per il Developement team.

Shimano nel cuore

Richard Plugge, direttore del Team Jumbo-Visma, ha voluto sottolineare la forza e la portata della collaborazione.

«Sono estremamente orgoglioso e grato di continuare con Shimano – ha detto – e di estendere la collaborazione alla nostra nuova squadra di ciclismo femminile. La qualità è la chiave e sappiamo che con Shimano possiamo averla. Dopo tanti anni sarebbe stato difficile farne a meno». 

Nel team WorldTour femminile, nato appunto quest’anno, correranno 12 ragazze, con Marianne Vos come elemento di maggior carisma.

Cervelo R5, foto catalogo 2020

Da Hindley a Roglic, come cambiano le Cervélo

08.12.2020
6 min
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Avevamo già anticipato la girandola delle bici che porterà alla Mitchelton le Bianchi della Jumbo-Visma, che a sua volta prenderà le Cervélo del Team Sunweb che passerà su Scott. Qui parleremo proprio delle Cervélo, con cui correrà Primoz Roglic, il numero uno al mondo. Un… tipino riservato che avrà sì perso il Tour, ma si è rifatto con la Liegi e poi la Vuelta. Ne parliamo con Massimo Battaglia, Sales Account Manager di Focus Italia Group cui fa riferimento in Italia il marchio Cervélo. E il primo dato che salta all’occhio è l’assoluta atipicità del marchio canadese rispetto ai tanti vezzi dei campioni più amati.

«Sin dai tempi della Csc – commenta sornione – Cervélo non ha mai fatto niente di extra per i suoi corridori. Sono state date sempre bici di produzione, nessun carbonio speciale e misure personalizzate. L’unica volta in cui è stato fatto, fu per Cancellara. Chiesero di allungare di 20 millimetri il carro della sua R3 Select per la Roubaix, ma si ruppe. Perciò diciamo che quando si parla di fornire le bici alle squadre, c’è un incontro fra vari interessi. Se c’è un modello nuovo appena uscito, corrono con quello. Ma la collaborazione per lo sviluppo dei prodotti esiste. Nei 7-8 mesi prima del Tour, dove di solito si vedono le novità, gli ingegneri palano molto con gli atleti. Se un professionista ti dice che a 1.600 watt la bici flette, devi starlo ad ascoltare…».

Jai Hindley, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Con la R5, Hindley la lottato per il Giro d’Italia. Qui sullo Stelvio
Jai Hindley, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Con la R5 Hindley, ha domato lo Stelvio
Allora partiamo dal 2020: che cosa prevedeva la dotazione Sunweb?

Hanno usato quasi tutti le S5, seguendo dictat legati alla produzione. In linea di massima però lo scalatore di 59 chili, quindi diciamo Hindley, ha scelto di usare la R5. Per spiegare meglio, per la strada Cervélo ha due serie fondamentali. La S come Speed, che riassume tutti gli studi su velocità aerodinamica e rigidezza: non disperde la potenza e per questo viene usato più carbonio e il peso un po’ sale. La R come Road, che va più sulla leggerezza, senza però rinunciare all’aerodinamica. I numeri accanto sono l’indice di qualità, per cui per i professionisti si considera sempre il numero 5. Da quest’anno c’è anche la Caledonia, che nasce per i fondi sconnessi, come la Trek Madone, per intenderci.

Come è fatta?

E’ più lunga in tutte le misure. Ha l’interasse più lungo di 10 millimetri, con una geometria a doppio diamante, per il modo in cui si integrano i due triangoli anteriore e posteriore. L’angolo di sterzo è più aperto per dare stabilità, ma non ha elementi terzi di ammortizzazione. Niente elastomeri. Non è una bici leggera, ma sul pavè non serve. Diciamo che sulla bilancia sta a metà fra la serie R e la S. Van Aert alla Roubaix avrà una bella carta in mano.

Cervelo R5, foto catalogo 2020
Cervélo R5: la configurazione Jumbo-Visma si sta ancora definendo
Cervélo R5 in configurazione da catalogo
Quindi i corridori provano e scelgono?

Diciamo che hanno un margine di manovra legato appunto al telaio e alle dotazioni. Non sappiamo ancora se correranno con i dischi, ma magari capita quello che ne ha paura e chiede di aver i rim brakes. A Roglic suggerirei una R5, bici all-round a 360 gradi, che unisce leggerezza e comfort. Una bici che con i freni normali magari ha bisogno di qualche piombo per salire a 6,8 chili, ma che con i dischi è a posto da sé.

Escludiamo la S5 per Roglic?

Non lo vedo a fare volate o tirare in testa al gruppo, quindi direi di no. Però vedendo i diagrammi, nei percorsi pianeggianti la S5 dà vantaggi evidenti.

Roglic però avrà bisogno di una bella bici da crono…

ci sarebbe da scegliere, ma non si può. Le Px-Series che diamo per il triathlon non sono permesse dall’Uci, perché manca il piantone. Così la bici per Roglic sarà la P5, che da sempre è il laboratorio di Cervélo per gli studi aerodinamici. Non dimentichiamo che fu Cervelo per prima anni fa a introdurre la borraccia aerodinamica e da un paio d’anni ha iniziato a produrre da sé il cockpit. A non comprare più manubri da fuori, ma a farli in casa.

Wilko Kelderman, crono Valdobbiadene, Giro d'Italia 2020
Wilko Kelderman, a Valdobbiadene, con la P5 da crono
Wilko Kelderman, crono Valdobbiadene, Giro d'Italia 2020
Kelderman a Valdobbiadene sulla P5 da crono
Si prevedono sessioni in galleria del vento?

Questa è da raccontare. Quando c’era la Csc, si doveva fare la bici da crono per David Zabriskie, che era parecchio forte. Quando però si accorsero che la galleria del vento gli costava 60-70 euro al secondo, capirono che non si poteva starci tutto il giorno. Anche perché neppure Zabriskie poteva. Così fecero una scansione in 3D, che per allora era fantascienza, e ricrearono un modello di Zabriskie, che ancora oggi viene utilizzato. Tanto più che se l’atleta ha le sue fissazioni sulla posizione, è dura smuoverlo.

Diciamo che Cervélo ha sempre avuto un occhio per le bici veloci già dai tempi di Ivan Basso e lo stesso Cancellara…

Assolutamente e anche da prima, direi dal 10 anni prima. Dal 1996. Il Soloist è stata la prima bici aerodinamica, come pure il movimento centrale asimmetrico BBRight è stata una loro invenzione. Sono gelosissimi delle loro tecnologie, hanno paura che i loro segreti vengano violati.

Cervelo S5, foto catalogo 2020
Cervélo S5, in configurazione da catalogo. La bici per velocisti e passisti
Cervelo S5, foto catalogo 2020
La S5 sarà affare per passisti e velocisti
Alla Jumbo-Visma saranno forniti soltanto i telai?

Esatto, il resto viene da altre sponsorizzazioni. I top rider avranno 4-5 biciclette a testa, fra allenamento e corsa. Gli altri magari si fermeranno a 2-3.

Si farà uno strappo per la bici gialle, se Roglic dovesse vincere il Tour?

Anche questa è da raccontare. Quando Hesjedal vinse il Giro, nel 2012, Cervélo aveva in catalogo un modello Rc-Ca cioè California. Il telaio pesava 700 grammi, ma non lo avevano messo nella dotazione del Team Garmin. Allora Hesjedal se ne comprò due di tasca sua e ci vinse il Giro. E alla fine, per lasciargli un ricordo visto che l’ultima tappa fu una crono, gli fecero la livrea rosa con del nastro adesivo. Neanche bellissimo da vedere. A quel punto Cervélo gli chiese la bici, ma lui non voleva dargliela perché era sua. Cedette solo alla fine, quando accettarono di fargli la bici per il Tour personalizzata con l’acero canadese.

Ci sarà mai più un Cervélo Test Team, come quello in cui corsero Sastre e Hushovd?

Credo di no, perché furono spesi tantissimi soldi. Erano anni in cui il Governo canadese distribuiva dollari per attività di questo tipo, ma ora non accade più.

Cervelo Caledonia, foto catalogo 2020
Cervèlo Caledonia, per Van Aert alla Roubaix
Cervelo Caledonia, foto catalogo 2020
Caledonia, per Van Aert alla Roubaix
I corridori Jumbo-Visma hanno già le bici in mano?

A parte che fino al 31 dicembre non potrebbero, ci sono in giro foto di amatori che hanno pizzicato Van Aert e altri con telai impecettati.

Ha dei vantaggi commerciali oggettivi avere la squadra?

Un po’ di tempo fa, avrei detto che è basilare. Per competere sul mercato, devi essere nel WorldTour, ma anche per giustificare i prezzi del listino. Detto questo, ci sono marchi che non hanno il team eppure si sono ricavati la loro dimensione. Vediamo se con Roglic si farà il salto che ci aspettiamo.

Richard Carapaz, Alto de Angliru, Vuelta 2020

Angliru spettrale, distacchi minimi

01.11.2020
4 min
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Angliru, tanto tuonò, che alla fine non piovve. E non perché nello scenario spettrale e vuoto di pubblico, i corridori si siano risparmiati, ma perché quando il livello dei contendenti è pressoché simile, su certe pendenze è difficile scavare grandi differenze se non si verificano crolli. In qualche modo il duello di oggi ha ricordato un rigido battibecco televisivo fra Simoni e Pantani nel giorno del primo Zoncolan. Simoni disse appunto che su pendenze troppo elevate non si producono grossi distacchi, Pantani rispose che per uno scalatore le pendenze elevate dovrebbero essere un invito a nozze. Troppo diversi quei due per volersi bene.

Robert Gesink, Sepp Juss, Primoz Roglic, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Gesink, Kuss e Roglic, ritmo alto sull’Angliru
Robert Gesink, Sepp Juss, Primoz Roglic, Alto de Angliru, Vuelta 2020
Gesink, Kuss e Roglic, ritmo alto sull’Angliru

Roglic si salva

Ripresa la fuga, Roglic ha alzato la voce e messo prima Gesink e poi Kuss a tirare, ma dopo un po’ Primoz ha scoperto che la coperta era troppo corta. E quando si è reso conto del rischio che correva, ha preso il suo passo ed è arrivato in cima perdendo la maglia per soli 10 secondi

«Era una salita troppo dura per un velocista – ha scherzato il capitano nella Jumbo-Visma – e io non ho avuto la mia giornata migliore, così alla fine sono soddisfatto del risultato. Ho ancora una buona classifica e sono molto contento. Ovviamente mi sarebbe piaciuto guadagnare tempo piuttosto che perderlo, ma è andata così. La squadra è stata ancora una volta molto forte e molto impressionante. Mi dispiace per Kuss, perché sicuramente avrebbe potuto vincere la tappa. Voglio ringraziarlo per il supporto negli ultimi chilometri, senza di lui avrei perso più tempo. Ora ci godremo il giorno di riposo e poi ci concentreremo sulla crono. Darò tutto per vincere la Vuelta e nella terza settimana è tutto possibile».

Carapaz fa festa

Carapaz è partito a testa bassa a circa due chilometri dall’arrivo, ma si è capito che non sarebbe riuscito a guadagnare quel che sperava. Per sua fortuna, è riuscito ad agganciarsi al trenino Vlasov-Mas e a mettere in cascina i 10 secondi che gli sono valsi la maglia rossa.

«Questa salita ha fatto una selezione naturale – ha detto – abbiamo già speso molte energie ieri e anche oggi è stata una tappa molto dura. Mi ricordavo questa salita dal 2017, ma è stato incredibile farla in mezzo a tanto silenzio. Alla fine ci ho provato, anche Mas, Vlasov e Carthy ci hanno provato. E io ho continuato con il mio ritmo, mettendo insieme un vantaggio di 10 secondi. Per noi è fantastico, andiamo verso la cronometro con l’idea di dare il massimo e difendere la leadership. Sono molto felice di indossare di nuovo la maglia. E’ una buona cosa per me, per la Ineos-Grenadiers e per tutto quello che abbiamo fatto».

Carthy non ci crede

La voglia di andarsene dalle corse minacciate dal Covid, deve essere un segno distintivo della Ef Pro Cycling del 2020. Dopo averci provato al Giro, ci hanno riprovato anche alla Vuelta. Ma evidentemente è una tecnica che porta bene. Con due tappe vinte in Italia, ecco la seconda della Vuelta con Hugh Carthy dopo Michael Woods a Villanueva de Valdegovia.

«E’ un sogno – ha detto Carthy stravolto dopo l’arrivo – in ogni gara professionistica vincere è un sogno che si avvera. Ma vincere in un grande Giro, sua una salita mitica come questa… non c’è niente meglio di così. E’ difficile da esprimere a parole. La prossima settimana sarà eccitante. Soprattutto per il pubblico da casa, perché ne vediamo poco lungo le strade. E’ una corsa serrata e manca ancora la cronometro. E’ ancora tutto da giocare».