Aveva ragione Sangalli: Paternoster sta tornando

Giada Gambino
02.07.2023
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Al via del Giro d’Italia Donne rinviato di un giorno per il brutto tempo, ma che l’ha vista in testa nella cronometro, Letizia Paternoster ci racconta delle sue sensazioni dell’ultimo periodo e di come il ciclismo sia centrale nella sua vita. Il resto è un contorno, le critiche lasciano il tempo che trovano. Dopo i campionati italiani, il tecnico azzurro Sangalli l’ha inserita fra le sorprese più belle.

Prima della crono cancellata, il riscaldamento di Paternoster era stato deciso ed efficace
Prima della crono cancellata, il riscaldamento di Paternoster era stato deciso ed efficace
La tua forma fisica dell’ultimo periodo…

Avevo preso il Covid come tanti ciclisti a fine aprile, ma passato quello sembrerebbe che tutto sia andato per il meglio. In altura mi sono allenata tanto, più di quanto abbia mai fatto. Sto bene, sono pronta. Ho lavorato tanto, vedremo come sarà questo Giro. Dopo il campionato italiano su strada (ha conseguito il settimo posto, ndr) ho creato molte aspettative su me stessa. Spero di non deluderle, ma penso che non sarà così. Il mio obiettivo sarà quello di scoprire i miei limiti, che forse ancora non conosco

Il Giro d’Italia con il nuovo team.

Sono molto entusiasta, un pochino agitata perché è il primo Giro, la prima grande corsa a tappe. E’ tutto nuovo. Ma farlo con questa squadra, questa famiglia, mi rende super serena e soprattutto sono tanto motivata. 

Nel 2023 ha debuttato nella Roubaix (65ª al traguardo), poi come molti ha ripreso il Covid
Nel 2023 ha debuttato nella Roubaix (65ª al traguardo), poi come molti ha ripreso il Covid
Cosa più ti spaventa del Giro?

L’imprevisto! Sono contenta delle mie prestazioni, della mia preparazione e di come sto andando. Ho lavorato molto e bene. Quindi sì, l’imprevisto è ciò che più mi spaventa. Ci può sempre essere, ma non voglio nemmeno pensarci, non accadrà. 

A breve i mondiali su pista… 

Dopo il Giro la mia concentrazione e determinazione si sposteranno unicamente su quelli. La maglia azzurra mi dà tanta carica e la motivazione, se il Giro andrà bene, sarà quella giusta. 

Qual è la differenza principale tra il team Italia e la nuova avventura nel team Jayco-AlUla?

C’è un ambiente un po’ diverso, nel Team Jayco-AlUla mi sento a casa. Faccio un po’ di difficoltà a trovare delle differenze, è tutt’altra cosa.

La Vuelta Burgos l’ha proiettata sui tricolori, cui è arrivata dopo tanto lavoro in altura. E ora il Giro
La Vuelta Burgos l’ha proiettata sui tricolori, cui è arrivata dopo tanto lavoro in altura. E ora il Giro
A volte ti vengono mosse delle critiche per il tuo essere attiva sui social e per le tue sponsorizzazioni, di vario genere, che mettono in risalto la tua bellezza e femminilità… 

Non faccio la modella! Fortunatamente ho degli sponsor vicino a me che hanno voglia di lavorare e che mi danno modo di farlo. Forse questo dà anche modo al ciclismo femminile di emergere e di essere un po’ piu’ conosciuto di quanto già sia. Al di là di questo, ho capito che l’invidia è umana e spesso chi parla non ha i miei stessi sponsor. Del giudizio delle persone ho imparato a… fregarmene (ride, ndr )!

In sport come il calcio, gli sportivi fanno tantissime sponsorizzazioni, eppure nessuno li giudica, è la normalità… 

Esattamente! Quello che amo fare è andare in bici e andare forte. Ho manager intorno a me che sanno quando mi posso dedicare ad altro o meno. La priorità nella mia vita l’ha sempre il ciclismo e quando ho tempo do spazio anche al resto, ma è semplicemente un valore aggiunto. Non dimentichiamoci che anche quello è un lavoro, un introito in più. Siamo seri, chi rifiuterebbe una collaborazione, ad esempio, con la Nike (sorride, ndr)? Le persone che parlano sono quelle che probabilmente pagherebbero per quello che ho io. 

Con Martina Fidanza agli europei di Grenchen 2022, in pista Paternoster ha vinto 6 mondiali e 15 europei sin da junior
Con Martina Fidanza agli europei di Grenchen 2022, in pista Paternoster ha vinto 6 mondiali e 15 europei sin da junior
Dai un consiglio a Letizia per la stagione estiva.

Vai dritta per la tua strada, continua in questa direzione. Hai sofferto troppo per cose che non ne volevano la pena. Vai dritta verso i tuoi sogni senza farti fermare da nessuno. 

In quale momento della gara esce la tua cattiveria agonistica?

Dal momento in cui prendo il via in una gara in cui ci credo e so che posso fare bene, dalla partenza! Voglio vincere!

Fra la caduta e la vittoria, ecco la Slovenia di Zana

21.06.2023
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Nelle ultime settimane Filippo Zana è pressoché un ospite fisso dei media nazionali. Il suo Giro d’Italia, al di là della tappa vinta non è passato inosservato, la conquista del Giro di Slovenia (nella foto d’apertura premiato da uno speciale padrone di casa, Primoz Roglic) è un altro tassello della sua crescita, ma c’è anche altro. Moltissime piattaforme hanno ripetuto all’infinito le immagini della sua caduta alla corsa slovena, il suo rialzarsi e poi andare addirittura in fuga per vincere la tappa e vestire la maglia di leader portata fino al traguardo.

Una caduta spettacolare e senza conseguenze, come ce ne sono tante nella vita di un corridore, ma questa non era una caduta normale: era due giorni dopo quella ben più tragica che ha portato via Gino Mader e questo ha dato uno straordinario risalto al suo incidente. “Filippo Zana è un miracolato: paurosa caduta in una scarpata, la bici precipita” titolava un importante sito d’informazione sportiva, non si sa quanto per richiamare visualizzazioni o, vogliamo crederlo vedendo le immagini, realmente spaventati dalla meccanica dell’evento.

Nelle prime tappe Zana aveva lavorato per gli sprint di Groenewegen, esultando per le sue vittorie
Nelle prime tappe Zana aveva lavorato per gli sprint di Groenewegen, esultanndo per le sue vittorie

A distanza di qualche giorno la chiacchierata con Filippo non può non prendere spunto da quel che è successo: «E’ stata una caduta tanto scenografica quanto poco significativa. Ho sbagliato l’impostazione della curva, la stessa che nel giro precedente era costata la stessa caduta a un mio compagno di squadra. Veniva alla fine di un pezzo molto veloce e ho commesso un errore di guida. Mi sono rialzato subito notando che non mi ero fatto nulla e ho pensato solo a ripartire».

Eppure quello scivolone ha avuto un enorme risalto…

Posso capirlo. Quando alla sera ho rivisto la scena nei video mi sono spaventato un po’ anch’io, ma capisco che l’enfasi fosse data soprattutto per quanto era successo in Svizzera, la tragedia che è costata la vita a Gino. Lì per lì non ci avevo pensato ma riconosco che vedendo le immagini mi è passato alla mente quel che è successo allo svizzero e ho capito di essere stato fortunato, tanto fortunato

E’ vero che le cadute ci sono sempre state per ogni ciclista, ma ragionandoci sopra, secondo te si potrebbe fare qualcosa in più in tema di sicurezza?

Qui apriremmo un dibattito enorme. Forse in quella curva dove sono caduto, un addetto che la segnalasse sarebbe stato utile. Forse nel caso di Mader non c’era bisogno di porre l’arrivo alla fine della discesa, bastava chiudere la tappa in cima alla salita. Ma bisogna guardare ogni cosa sotto altri aspetti. Nel caso elvetico capisco anche gli organizzatori, che trovano un accordo per arrivare in un dato posto e devono adeguarsi, soprattutto percorrere quelle date strade. A proposito della Slovenia, in una tappa di 200 chilometri quanti addetti dovresti allora spargere per il tracciato? E’ difficile trovare la quadratura del cerchio, anche se un’idea me la sono fatta.

Quale?

Premesso che si va sempre più veloci perché i materiali di gara sono in continua evoluzione, sta anche al ciclista metterci del suo, usare attenzione e prudenza, senza le quali ogni accortezza organizzativa sarà utile. Il nostro è uno sport rischioso, non dimentichiamolo mai e facciamo del nostro per ridurre i pericoli.

Nell’ultima tappa fuga a due con Mohoric. Lo sloveno vince la tappa, Zana è primo in classifica
Nell’ultima tappa fuga a due con Mohoric. Lo sloveno vince la tappa, Zana è primo in classifica
Ti aspettavi questa vittoria, soprattutto dopo le fatiche del Giro?

Sapevamo di essere usciti bene dal Giro e soprattutto sentivo di avere una buona forma, ma poi ci sono anche gli avversari e la partecipazione al Giro di Slovenia era sicuramente molto qualificata. Nessuno partecipa per arrivare secondo, c’è stato da lottare. Alla fine sono rimasto molto contento non solo del risultato, ma per come è arrivato, per la forma che ho mostrato contro gente che andava davvero molto forte.

La sensazione è che il Giro ti abbia fatto fare un altro salto di qualità…

Spero che sia così, ma il cammino è ancora lungo e rispetto ai più forti c’è ancora tanto margine da colmare. Sicuramente questo tipo di corse a tappe, racchiuse in 4-5 giorni, è la mia dimensione ideale al momento.

Alla partenza in tanti a chiedere autografi al nuovo campione del ciclismo italiano
Alla partenza in tanti a chiedere autografi al nuovo campione del ciclismo italiano
Ci sono molti esempi di corridori che in queste corse si sono costruiti una carriera, arrivando poi a emergere anche nei grandi Giri. Può essere il tuo caso?

Io me lo auguro. Dopo il Giro molti predicono il mio futuro come uomo da classifica, ma per esserlo davvero c’è ancora tanta strada da fare. I fenomeni come Pogacar capaci di vincere subito sono pochi proprio perché sono fenomeni. Io credo di essere sulla buona strada, ogni gara serve per maturare, queste soddisfazioni danno la spinta a insistere e provarci ancora, continuare a migliorare, sperando che un giorno possa essere anch’io lì a lottare per una maglia importante in un grande Giro.

Ora che cosa ti attende?

Naturalmente il campionato italiano, poi finalmente si stacca la spina per un po’. Avevamo impostato la stagione per essere al massimo al Giro e devo dire che alla fine abbiamo avuto ragione, anche se all’inizio non ero certo molto brillante. Mi prenderò un po’ di riposo e poi si dovrebbe ripartire verso la metà di agosto, per la seconda parte di stagione, vedremo con quali obiettivi.

P.S. Le cadute sono parte del mestiere, Zana lo sa e forse la sua porzione di fortuna l’aveva già riscossa. Fatto sta che stamattina, nel corso dell’allenamento Filippo è caduto riportando la frattura della clavicola destra. Niente campionato italiano e necessità di andare sotto i ferri venerdì per ridurre la frattura, poi si penserà alle tappe della ripresa.

Un anno col tricolore sulla pelle: Zana racconta

15.06.2023
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Il 26 giugno 2022 Filippo Zana alzava le braccia sul traguardo di Alberobello. Da quel momento in poi, nel suo armadio ha dovuto fare spazio ad una maglia dall’importanza e dalla storia imprescindibile. A pochi giorni dal campionato italiano di Comano Terme, in cui quella maglia sarà messa nuovamente in palio, riavvolgiamo il nastro con il classe ’99. Dal passaggio da Bardiani a Jayco-AlUla, all’inverno carico di aspettative per la nuova stagione. Infine il suo Giro d’Italia vissuto come gregario prima e come protagonista poi alzando le braccia nella tappa di Val di Zoldo.

Non vi stupite se le parole “bellissimo” e “sogno” si ripetono, questo è l’anno di un ragazzo 23enne che ha vissuto 365 giorni da campione italiano

Com’è stato quest’anno tricolore?

Mah, diciamo che è cambiato tutto. La maglia ti dà un segno che ti contraddistingue. Penso sia stato un anno bellissimo, un anno in cui la maglia mi ha fatto crescere molto. Sono veramente onorato e contento di averla portata in giro per il mondo.

Partendo dall’anno scorso, da quella vittoria in Puglia. Quanto ci hai messo per realizzare quanto hai fatto?

La vittoria è stata un po’ inaspettata, quindi subito non ci credevo. Man mano che si andava alle gare vestendo quella maglia e usando la bici nuova con la livrea italiana, attraverso i dettagli ho iniziato a capire quello che ho fatto.

Venendo un po’ a quello che è il lato meno romantico, una maglia di questo tipo è in grado di darti più visibilità…

Quello sicuramente. Il telefono ha squillato di più. Mi conosce molta più gente, quindi sì, è bello ma certe volte è un po’ pesante. Andare di qua e di là non è semplice però è stato bellissimo. Indimenticabile.

Ti abbiamo incontrato a Pesaro questo inverno alla “Serata di grande ciclismo 2022”. Lì mettesti in palio una tua maglia tricolore e ricevesti un premio. Questo lato dell’essere campione italiano come l’hai vissuto?

Mi ricordo. In quei casi è sicuramente un onore essere premiati, essere invitati a questi grandi eventi. Certe volte, quando magari sono uno attaccato all’altro, pensi: “Bè, starei bene anche a casa“. Però diciamo anche che è bellissimo essere presenti. A tutti gli eventi a cui sono riuscito ad andare, mi hanno gratificato e mi ha sempre fatto piacere esserci andato.

Veniamo al tuo passaggio in una WorldTour. Com’è stato arrivare in Jayco AlUla da campione italiano?

Mi hanno accolto veramente bene e sono stato contentissimo. Poi penso mi abbiano fatto crescere molto già in questa prima parte di stagione e non me lo sarei mai aspettato così rapidamente. Il biglietto da visita tricolore mi ha aiutato a farmi conoscere subito.

C’è qualche aneddoto che ti ha riempito il cuore in questo anno?

Sicuramente le partenze. Un momento bellissimo, un sacco di tifosi, dai bambini agli adulti. Ti riconoscono tutti ed è bellissimo. 

Quante maglie firmate hai regalato?

Ne ho regalate davvero tante. Per esempio a tutto lo staff della squadra dell’anno scorso. Agli sponsor. Insomma a più gente possibile. Oppure in occasioni speciali come l’asta benefica di Enrico Pengo

Arriviamo al Giro d’Italia. Che emozione è stata correrlo con la maglia tricolore indosso?

Ah beh, è stato un Giro fantastico… E’ stato speciale indossarla. In più è andato veramente bene, quindi è stato ancora più un sogno. Non so neanche come descriverlo. Non me lo sarei mai aspettato. 

Una corsa come il Giro accomuna tante persone, dagli appassionati che ti chiamano per nome a quelli che invece riconoscono il simbolo tricolore…

Sì, è stato bellissimo. Qualsiasi persona, anche se non sapeva come mi chiamassi, mi salutava perché vedeva la maglia. Tutte le persone, anche chi magari non segue tantissimo il ciclismo, tifavano e mi riconoscevano.

La ciliegina sulla torta è arrivata con la vittoria della 18ª tappa…

Anche questa era un po’ inaspettata. Quest’anno penso di aver preparato bene il Giro, quindi sono arrivato veramente pronto. Ero contentissimo di come stava andando, aver contribuito sia alla vittoria di Matthews sia per avere aiutato i miei compagni tutta la corsa. Penso che la vittoria sia stata veramente la ciliegina sulla torta. Vincere al Giro e farlo con la maglia tricolore è stato come un sogno

E ora pochi giorni e quella maglia dovrai rimetterla in palio. Domanda banale, ma importante: ci riproverai?

Sicuramente andiamo per riprovarci. L’italiano è sempre una gara particolare, può andar bene, può andar male, però sicuramente noi ci proveremo e cercheremo di difendere il titolo. Speriamo di essere protagonisti. E poi come andrà, andrà…

Livigno, Svizzera e forse Tour: come sta Sobrero?

08.06.2023
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L’ultima volta era in partenza per l’Amstel. Avevamo sentito Matteo Sobrero alla vigilia della campagna delle Ardenne, punto di passaggio sulla strada del Giro d’Italia. Aveva spiegato che dopo la Liegi si sarebbe fermato a casa e non in altura, perché quelle due settimane gli sarebbero servite soprattutto per recuperare. Invece, arrivati a Pescara, abbiamo realizzato che Matteo il Giro non lo avrebbe fatto. Il suo allenatore Pinotti ha parlato di scelta condivisa, poi la corsa rosa è partita portando con sé ogni altra considerazione. Dov’è finito Sobrero?

«Mi ricordo di quell’intervista – sorride – ci eravamo sentiti che ero in aeroporto, ma alla fine c’è stato un cambio di programma. E’ stata una scelta della squadra, ma anche una mia richiesta. Ho fatto una primavera impegnativa, ho corso parecchio. Dopo le Ardenne sarei dovuto venire a casa per preparare il Giro. Però abbiamo visto che ai Paesi Baschi stavo già abbastanza bene, per cui parlandone con Pinotti, abbiamo concluso che avesse più senso fermarsi e recuperare. Andare in altura e preparare bene eventualmente il Tour. Non essere andato in quota prima del Giro e dover fare tutto di corsa non mi convinceva. Sarebbe stata una cosa un po’ troppo di corsa…».

Che fatica sul Muro d’Huy: Sobrero chiude la Freccia Vallone al 21° posto
Che fatica sul Muro d’Huy: Sobrero chiude la Freccia Vallone al 21° posto
Quasi una forzatura?

Vedendo anche com’è andato il Giro, con parecchia acqua e freddo, arrivandoci senza essere abbastanza forte, magari non lo avrei finito e mi sarei ammalato. Sono cose che non si possono sapere, sarebbe potuto anche andare benissimo, chi lo sa? Però sono contento, la squadra ha fatto un ottimo lavoro, è stato un piacere guardarli.

E tu che cosa hai fatto in quelle tre settimane?

Ho corso fino al Romandia. Dato che non facevo il Giro, dopo la Liegi mi hanno chiesto di volare direttamente in Svizzera. Ero un po’ stanco, specialmente dopo la Liegi. Poi ho staccato, sono rimasto una settimana senza bici, siamo andati a farci una vacanza a Firenze e quando sono tornato, ho ricominciato. Sono stato una settimana e poi sono andato per tre settimane a Livigno. Sono tornato domenica.

Due piemontesi al via della Liegi: Sobrero e Mosca
Due piemontesi al via della Liegi: Sobrero e Mosca
Sei andato da solo?

A Livigno non si è mai da soli. Mi è bastato arrivare lassù e ho sempre trovato ottima compagnia. Una sera siamo stati a salutare i ragazzi del Team Colpack, poi è venuto su anche Ganna e adesso che sono andato via, è arrivato Bettiol.

Per cui adesso come prosegue la stagione?

Domani parto e vado a fare Gippingen e poi il Giro di Svizzera, quindi i campionati italiani e poi si vedrà. Se la squadra mi porta al Tour, vado di corsa. Trovare un posto è sempre difficile, non vorrei dire una guerra, ma quasi. Io vorrei farlo, non ci sono mai andato. Allo Svizzera sarò tranquillo, ma vorrei anche far vedere qualcosa. Ci sono due crono, ma anche un livello partenti molto alto e io non sono più necessariamente solo un cronoman. Insomma, dovrebbero esserci Kung ed Evenepoel…

Dopo la Liegi, volo diretto per il Giro di Romandia e poi un periodo di stacco
Dopo la Liegi, volo diretto per il Giro di Romandia e poi un periodo di stacco
La rinuncia al Giro un po’ è pesata?

E’ logico che da italiano dispiace sempre non fare il Giro, specialmente quest’anno con la Bra-Rivoli che passava vicino casa. E’ stato anche un peccato che fossi in altura e non ho potuto essere qua a guardare la tappa dal vivo. Però alla fine me ne sono fatto una ragione. Anche perché mi piacerebbe davvero tanto andare a fare il Tour.

Tour che viene bene anche per preparare il mondiale…

Esatto, diciamo che il cambiamento potrebbe portarmi a ridisegnare la seconda parte della stagione, anche se a Glasgow non ci ho ancora pensato troppo. So che c’è la crono con l’arrivo in salita, che potrebbe essere adatta. 

Dopo il Romandia, per Sobrero una settimana di vacanza a Firenze con Carlotta (foto Instagram)
Dopo il Romandia, per Sobrero una settimana di vacanza a Firenze con Carlotta (foto Instagram)
Quale potrebbe essere allora un obiettivo ragionevole per te al Giro di Svizzera?

Eh, una bella tappa non sarebbe male, se proprio potessi scegliere. E’ la corsa del rientro e sinceramente non vedo l’ora. Adesso è un po’ che non corro più e mi manca proprio quell’atmosfera. Ero su in montagna da solo, guardavo sempre il Giro e mi dicevo che mi sarebbe piaciuto correre. E poi lo Svizzera viene prima del dell’italiano, dove secondo me posso provare a far bene in entrambe le prove.

Pinotti e Zana, un mese in altura prima del Giro

05.06.2023
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Uno l’ha ringraziato più volte durante il Giro d’Italia. L’altro aveva espresso degli apprezzamenti nei suoi confronti. Parliamo di Filippo Zana e Marco Pinotti, atleta e coach.

La coppia della Jayco-AlUla ha iniziato col piede giusto la sua storia lavorativa. Pinotti ci racconta proprio di questo viaggio e come è intervenuto con il corridore veneto. «Ma lo dico subito – spiega Pinotti – il merito è anche dello staff. Penso a Laura Martinelli per esempio. Ogni giorno, ogni allenamento, di ogni camp o altura, era calibrato al meglio per quanto riguarda l’alimentazione. E questo ti consente di lavorare al top».

Marco Pinotti, ex corridore, è oggi uno dei preparatori della Jayco-AlUla. Segue direttamente Zana
Marco Pinotti, ex corridore, è oggi uno dei preparatori della Jayco-AlUla. Segue direttamente Zana
Marco, un bel Giro da parte di Zana: te l’aspettavi?

Un po’ sì. Speravo in una vittoria di tappa, visto come era uscito dall’ultima settimana del camp che avevamo fatto in altura. Ne ho avuto conferma immediata già al Romandia. C’era un livello di partenti di tutto rispetto e Filippo era andato forte. Di contro avevo pensato che ci fossero quelli che arrivavano stanchi dalle classiche di aprile e che invece Zana fosse fresco. Ma al Giro no…

Al Giro ha trovato concorrenti che avevano preparato il Giro…

E giorno per giorno Filippo dava segni di ottima condizione. L’unico dubbio era l’ultima settimana, visto che andava forte proprio dal Romandia. Invece ha continuato a migliorare. Ma questo era un dubbio più mio che suo, perché la preparazione era stata fatta per arrivare bene a inizio Giro. E invece lo ha finito forse meglio di come l’aveva iniziato.

Andava in fuga, tirava per i compagni, spingeva il rapporto…

Filippo ha preso le fughe che doveva, che poi sono quelle andate via di forza. Sinceramente, persa l’opportunità di Bergamo, pensavo fosse davvero difficile vincere una tappa… E invece ne ha vinta una ancora più bella, per di più contro gente difficile, basta pensare a Pinot. E il giorno dopo sulle Tre Cime si è confermato nonostante venisse da una tappa in cui aveva speso tanto.

Sul Lussari l’abbiamo visto arrivare stremato…

Ha fatto molto forte la parte in salita. Una sorta di test per il futuro.

Tanto lavoro con la squadra per il tricolore Zana (qui con Colleoni) tra i due training camp e le due alture
Tanto lavoro con la squadra per il tricolore Zana (qui con Colleoni) tra i due training camp e le due alture
E a proposito di futuro, può essere un uomo da corse a tappe, Zana?

Non ho la sfera di cristallo, ma credo che lui già sia da corse a tappe. Ha chiuso 18° nelle generale: magari quest’anno ne ha avuti tre o quattro in più che sono andati a casa, ma succede sempre che alcuni big abbandonino. E poi non dimentichiamo che Filippo ha già fatto terzo ad un Tour de l’Avenir: vieni considerato di default da corse a tappe. Magari potrà iniziare a lavorarci puntando a quelle di una settimana. Per certi aspetti mi ricorda un po’ Caruso. Damiano ha iniziato ad andare veramente forte nei Giri quando aveva 26-27 anni.

Può arrivare in alto, ma in modo progressivo insomma: è così?

Esatto. Quando un corridore tira per il capitano e nel finale restano in dieci, vuol dire che i numeri li ha anche lui.

Marco, come hai lavorato invece con Zana? Che corridore hai trovato?

Ho trovato un corridore abituato a lavorare tanto. In qualche caso l’ho dovuto tenere a freno. Nel ritiro di dicembre abbiamo fatto un bel lavoro sul volume ed ero già soddisfatto. Poi a gennaio è arrivato magro, molto magro. Dovevamo fare dell’intensità in salita, ma negli ultimi giorni gli ho detto: “Filippo non farle al massimo perché non vorrei esagerare”. E lui: “No, no Marco sto bene”. Ha fatto gli allenamenti tirati e due giorni dopo era morto. Quindi non ha finito al meglio quel ritiro. Ne è uscito stanco e questo ci ha un po’ condizionato l’inverno. 

La prima parte di stagione però non era andata bene: tanta fatica e pochi risultati (foto Instagram)…
La prima parte di stagione però non era andata bene: tanta fatica e pochi risultati (foto Instagram)
Chiaro…

Io credo anche perché col fatto della maglia tricolore a novembre, tra cene, premiazioni… non aveva potuto lavorare al meglio. Così abbiamo un po’ cambiato i piani. Abbiamo fatto qualcosa che per lui era nuovo: una doppia altura. Abbiamo fatto una dozzina di giorni dopo l’Andalusia. Subito dopo la gara non è tornato a casa, ma è andato in macchina a Sierra Nevada. 

Lui come stava?

Era un po’ deluso. Team nuovo, anno nuovo, tricolore sulle spalle… voleva andare meglio. Ricordo che dopo l’Andalucia e l’altura abbiamo fatto delle corse di un giorno in Francia e c’erano 5/7 della squadra del Giro. “Corsacce”, nel senso che erano dure, faceva freddo. Il primo giorno Filippo ha fatto benino. Il secondo giorno era a pezzi e si è ritirato. Ha preso una bella batosta. Tutti mi chiedevano spiegazioni, ma io dicevo: «Aspettiamo prima di giudicare questi ragazzi. Hanno lavorato tanto». E dalla Strade Bianche le cose sono migliorate. Filippo ha corso bene. La squadra era contenta. Poi al Catalunya ha beccato un paio di belle fughe. A quel punto gli ho detto: «Adesso resettiamo. Hai fatto la prima parte di stagione, la condizione è salita. Prepariamoci al blocco importante di altura». 

Dove?

Siamo andati quasi tre settimane ad Andora e quella è stata la chiave di volta. Però se guardo indietro mi chiedo: sarebbe stato lo stesso senza quei 12 giorni in altura a febbraio? Secondo me, no. Quindi alla fine anche quello che sembrava un training camp andato male, nel suo insieme ha funzionato: 12 giorni più 18, un mese di altura prima del Giro. 

Ma poi la condizione è andata in crescendo e al Giro il veneto è arrivato alla vittoria. Fugato dunque ogni dubbio
Ma poi la condizione è andata in crescendo e al Giro il veneto è arrivato alla vittoria. Fugato dunque ogni dubbio
Tutta questa altura era nuova per Zana?

Alla fine sono venuti fuori i benefici. Filippo ha risposto bene a ogni carico. Nella seconda altura io ero presente. E anche per me è stato più facile. Potevo vedere Filippo e gli altri ragazzi in faccia, parlarci in cima alle salite, analizzare e commentare i dati, vedere i parametri al mattino… Abbiamo fatto due allenamenti veramente tosti e da come ha recuperato ero sicuro che sarebbe andato forte.

Riguardo ai lavori: cosa avete fatto? Base in altura e qualità con le gare?

No, no, abbiamo lavorato anche sull’intensità. Qualcosa già a gennaio nel camp, che però non era in altura. Nel primo ritiro in quota abbiamo fatto meno specifico: era la prima altura e ci sarebbe stata la corsa subito dopo. Ma nel secondo camp in quota abbiamo fatto di più. 

Marco, hai parlato di specifici, in cosa hai dovuto lavorare di più con Zana? In cosa era più carente?

Carente in nulla, però possiamo dire che abbiamo lavorato un po’ di più sull’alta intensità: fuorisoglia, accelerazioni… Nel secondo ritiro in quota abbiamo dedicato due giorni a questo tipo di sedute. Mentre ai grandi volumi ci era già abituato.

Il recupero e i suoi parametri in un grande Giro

31.05.2023
5 min
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ROMA – Il Giro d’Italia si è concluso e la quasi totalità dei corridori lo ha portato a termine con le energie al lumicino. Tanta stanchezza e tanto affaticamento… E’ stata un’edizione davvero dispendiosa nella quale ha inciso anche il maltempo. Carlo Guardascione, medico della Jayco-AlUla, ci porta nei meandri di questo aspetto non secondario in una grande corsa a tappe.

Marco Frigo, per esempio, ci aveva detto che al primo giorno di riposo avrebbe tirato dritto, ma che al secondo era già più stanco. E domenica scorsa, al netto delle belle sensazioni ed emozioni, non vedeva l’ora di riposarsi.

Il dottor Carlo Guardascione, medico del Team Jayco-AlUla
Il dottor Carlo Guardascione, medico del Team Jayco-AlUla
Dottor Guardascione, partiamo proprio da questo aspetto. C’è differenza, ed eventualmente quanta, tra il primo e il secondo giorno di riposo?

Molta differenza, perché il secondo giorno di riposo è graditissimo ai corridori. Arriva dopo circa due settimane in cui si è fuori (le squadre si ritrovano dal mercoledì, giovedì prima della grande partenza, ndr) e circa 9-10 di giorni di corsa. E’ un giorno di riposo completo o poco più. I ragazzi vanno in bicicletta un’ora e mezza per fare un giretto. In gergo la chiamano “pausa caffè”,  giusto per tenere la muscolatura in movimento. Si riposano davvero tanto perché ne hanno bisogno. Ma c’è anche un problema: per qualcuno che è abituato alla quotidianità di quei ritmi gara, quel giorno può essere “difficile”. 

E cosa significa difficile?

Allora, dal punto di vista nutrizionale mangiano meno. E’ tutto stabilito dalla nostra nutrizionista (Laura Martinelli, ndr): hanno un introito calorico inferiore. Fanno un massaggio più prolungato, perché come ben sapete arriviamo spesso tardi in albergo e i massaggi non sono lunghissimi, così in quel giorno di riposo si riesce a fare qualcosa di più approfondito. In questo modo anche dal punto di vista del recupero muscolare i ragazzi sono agevolati. Il secondo giorno di riposo, se posso definirlo con un aggettivo, è benedetto.

Durante il giorno di riposo è fondamentale fare una sgambata
Durante il giorno di riposo è fondamentale fare una sgambata
Ma se hanno così bisogno di riposo perché escono in bici, seppur piano, anziché fare un recupero totale?

Uno, per mantenere l’aspetto motorio degli arti inferiori. Due, perché è “il loro lavoro”. Tre, forse il motivo più importante, perché si mantengono alcuni equilibri metabolici in atto. Restano completamente fermi coloro che magari hanno avuto un infortunio o sono malati, altrimenti un minimo di attività ci deve essere.

Perché il terzo motivo, quello degli aspetti metabolici è il più importante?

Perché gli serve per tenere in equilibrio il cortisolo e alcuni ormoni legati alla prestazione che se non si andasse in bicicletta potrebbero vedere delle alterazioni ancora maggiori. Poi, si sa, oggi non si lascia nulla al caso. 

Quali sono i parametri che valutate di più per stabilire se un atleta è più stanco di un’altro?

Usiamo una particolare App che monitora il battito cardiaco dei ragazzi e altri parametri che fanno capire agli atleti, ai loro coach e anche a noi medici in che fase sono. Riguardo ai parametri, la cosa più importante è che ci sia una grande differenza tra pressione massima e pressione minima: più questo differenziale è alto e meglio è.

Nei giorni di riposo il massaggio è più intenso e prolungato (foto Instagram)
Nei giorni di riposo il massaggio è più intenso e prolungato (foto Instagram)
Solo la pressione?

Anche i battiti al mattino, soprattutto al risveglio, devono essere sempre in un determinato range. I ragazzi sono tutti brachicardici, cioè che hanno i battiti molto bassi, e in genere al mattino difficilmente superano le 50-52 pulsazioni. Pertanto se un corridore si svegliasse la mattina e a riposo sul letto avesse 70 battiti farebbe scattare qualche campanello d’allarme. Vuol dire che qualche sistema metabolico di recupero non è ottimale e questo può essere un chiaro segno di affaticamento.

C’è chi studia il sonno, come per esempio fanno in Green Project-Bardiani, voi lo monitorate?

Vi ringrazio per questa domanda, in quanto mi dà l’opportunità di parlare di un progetto che attraverso il nostro patron, Gerry Ryan, stiamo portando avanti con un’università australiana. Stiamo studiando il miglior adattamento del sonno e le sue correlazioni con la miglior performance, attraverso un sistema che comprende anche sedute con degli psicologi e il training autogeno per indurre il sonno in maniera autonoma.

Avere un sonno regolare è molto più complicato nella terza settimana che ad inizio Giro
Avere un sonno regolare è molto più complicato nella terza settimana che ad inizio Giro
Interessante…

E’ un progetto importante e di lungo termine. Per rispondere alla domanda: il sonno è importantissimo. Noi stiamo studiando questa App e probabilmente cominceremo ad applicarla a pieno regime dall’anno prossimo.

Si può dare una percentuale di quanto si stanchino i corridori nel corso di un grande Giro. Per esempio quanta differenza di stanchezza c’è tra il primo e il secondo giorno di riposo? Insomma, quanto varia il livello di stanchezza? 

E’ molto individuale. Ovvio che i corridori che fanno classifica sono meglio dotati da questo punto di vista. Recuperano di più, dormono di più e hanno parametri più stabili e tutto ciò si evince di più nella terza settimana. E’ questo che rende questi atleti tanto performanti in questo tipo di gare.

E facendo un paragone tra un uomo da corse a tappe è un uomo da classiche, che differenze possono esserci mediamente?

Anche in questo caso è impossibile dare una percentuale. L’uomo che non è da corse a tappe è un accumulatore di fatica. La sua capacità di recupero è molto più bassa. Ha percentuali di recupero inferiori. Dare dei numeri è impossibile, direi delle fandonie.

Squadra unita e fughe: il Giro del “senatore” De Marchi

26.05.2023
5 min
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ODERZO – Alessandro De Marchi firma autografi appena sceso dal bus. Il friulano è stato autore di un bel Giro d’Italia. Era un po’ che non lo vedevamo così spumeggiante. E quando il “Dema” va forte tutti i tifosi sono contenti, perché il Rosso di Buja è così: è uno di quei corridori a cui tutti vogliono bene. Anche ieri è stato tra coloro che più hanno gioito per la vittoria del compagno Filippo Zana.

Il corridore della Jayco-AlUla è andato in fuga spesso. Tutti ancora abbiamo negli occhi l’abbraccio con Clarke a Napoli. I due erano stati ripresi ai 300 metri dopo una giornata in avanscoperta. Ma in questo suo settimo Giro d’Italia c’è molto più. E in questo “più” c’è anche la sensazione che De Marchi se lo sia goduto. Per esempio, c’è un video amatoriale – che il friulano ha ripostato sulle sue pagine social – che lo ritrae sulle rampe di Bergamo Alta mentre interagisce col pubblico a bordo strada.

C’è l’armonia che si respira nel team di Brent Copeland. C’è il rapporto con Filippo Zana. Ci sono la responsabilità e l’onore di condividere il viaggio con dei compagni di lungo corso come Michael Matthews.

Il selfie di Matthews dopo il successo di Zana. Si nota un’atmosfera bella, ed è ovvio, ma anche spontanea cosa meno scontata
Il selfie di Matthews dopo il successo di Zana. Si nota un’atmosfera bella, ed è ovvio, ma anche spontanea cosa meno scontata
Alessandro, come sta andando questo Giro? Che giudizio ci dai?

Bene direi! E’ forse uno dei Giri in cui mi sono sentito meglio. E quando dico meglio intendo in tutto: dal clima con la squadra, alle sensazioni in gara, a come abbiamo e come ho interpretato la corsa fino ad adesso.

E sembra anche che ti sia divertito…

Sì, perché quando stai bene ovviamente ti diverti. Ma per divertirti devi avere gamba, tranquillità e serenità, ingredienti che ti permettono di divertirti appunto anche in mezzo alla fatica. E’ sempre un Giro di tre settimane, non dimentichiamolo.

Sei uno dei senatori del gruppo, ma in questa squadra sei arrivato quest’anno. Ci sei entrato subito da senatore?

Mi sono integrato molto bene e forse anche questo è uno dei motivi per cui queste tre settimane le ho vissute così bene. Ho trovato un clima rilassato ma professionale. Un ambiente in cui sono stato valorizzato fin da subito e qui al Giro c’è stato il vero riconoscimento di tutto ciò. Vedo in concreto quello che pensano… e non solo da parte dei compagni, ma anche da parte dallo staff. Insomma è la situazione di cui avevo bisogno.

Non solo Zana. De Marchi è stato, ed è, vicino anche a Dunbar (alla sua ruota)
Non solo Zana. De Marchi è stato, ed è, vicino anche a Dunbar (alla sua ruota)
Fiducia insomma. E invece, i due “ragazzini” terribili, Dunbar e Zana? Te li aspettavi così forte? Sei vicino a loro?

Ovviamente, essendo uno di quelli più esperti ho un certo ruolo. Soprattutto nel finale, quando le cose sono difficili, gli sto vicino. E’ un ruolo un po’ speciale, particolare, ma è una cosa che mi fa molto piacere. No, non sono sorpreso da come si stanno comportando. Ho trascorso con Pippo parecchio tempo in ritiro in altura. L’ho osservato e ho capito meglio anch’io come potermi relazionare al meglio con lui. Ed essergli utile.

E con Dunbar?

Più o meno la stessa cosa. Ci stiamo aiutando a vicenda tutti quanti e il fatto di essere molto uniti ci dà forza l’uno con l’altro. E credo si veda da come ci stiamo muovendo.

Alessandro, si parla sempre di valori, di numeri, ma veramente in questo Giro siete andati così piano come si dice da fuori? O come è sembrato in qualche occasione?

Mah… queste cose le lascio a chi sta seduto alla scrivania. Questo è il mio settimo Giro d’Italia e la fatica che sto facendo, la durezza della gara è sempre la stessa. Una corsa di tre settimane magari si decide nei dettagli, nelle piccole cose, e certe tattiche, certi sforzi vanno valutati. Se poi non abbiamo fatto Crans Montana a 6 watt/chilo, vuol dire che non era la giornata per farli. 

C’è una fuga che hai preso e che non ti aspettavi e al contrario una che invece ti è sfuggita?

Direi di no. Quelle che volevo prendere le ho prese… Ovviamente il rimpianto c’è, però ho imparato che non posso stare qui a frustarmi per aver mancato questa o quella fuga.

Quando dici del rimpianto a cosa ti riferisci? A Napoli? 

Più che altro alla frazione di Campo Imperatore. Per assurdo poteva essere anche la più semplice da prendere per come si era creata. E poi da gestire per come si era messa. Però insomma… Il giorno prima ero stato fuori a Napoli… e ora cosa ci possiamo fare?

Verso Bergamo Alta, Alessandro si è goduto la folla. Il friulano si è inserito in tre fughe buone. Più altri tentativi. Un Giro vivace dunque
Verso Bergamo Alta, Alessandro si è goduto la folla. Il friulano si è inserito in tre fughe buone. Più altri tentativi. Un Giro vivace dunque
Come si dice: col senno del poi…

Siamo tutti bravi.

Cosa ci possiamo aspettare in questo finale?

Un gran Giro fino alla fine. Lo spazio c’è sempre per me e per i miei compagni (come si è visto anche ieri, ndr). Senza dimenticare che Dunbar merita la giusta attenzione. Può ottenere un grande piazzamento nella generale e dobbiamo supportarlo.

Ultima domanda, da osservatore super partes, chi vedi favorito?

Io tifo per “G”, Thomas. Tifo per lui per una questione di età (i due hanno compiuto 37 anni a distanza di pochi giorni, ndr), di generazione, perché è una persona che stimo e perché credo che una sua vittoria farebbe bene a tutti quanti. In più lo vedo tranquillo…

E dove si deciderà il Giro per te: sulle Tre Cime o sul Lussari? Tanti pensano che i conti si faranno tutti sul Lussari…

Un po’ qui e un po là. Non possiamo togliere il valore alle Tre Cime, ma nemmeno puntare tutto sul Lussari.

Zana infilza Pinot e si regala il giorno più bello della vita

25.05.2023
5 min
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VAL DI ZOLDO – «Oggi dovevo cercare di prendere la fuga – racconta Zana – ma non è che sia così scontato. Ci sono riuscito e le squadre di classifica ci hanno dato spazio, perché non facevamo paura. Così ho cercato di giocarmi le mie carte ed è andata benissimo. E’ un sogno che si realizza e penso anche che sia un punto di partenza. E’ il primo anno che preparo bene il Giro e devo ringraziare la squadra e Marco Pinotti, che mi hanno dato l’opportunità di essere qui e di arrivarci al 100 per cento».

Una vittoria così se la sognava da bambino e forse per questo appena inizia a parlarne, gli si increspa la voce. Adesso di colpo si mettono in fila i ricordi. Quando Amadori lo schierò come leader al Tour de l’Avenir del 2021 e gli mise accanto Marco Frigo, che lo aiutò a conquistare il terzo posto finale. Anche la vittoria 2022 nella Adriatica Ionica Race si trasforma in un piccolo gradino necessario per crescere. Poi il tricolore vinto in volata su Rota e Battistella, con lo stesso gesto delle braccia e i mondiali da riserva. Nulla è mai per caso.

La volata a due con Pinot è stata ben studiata: Zana è partito ai 160 metri e ha rimontato il francese
La volata a due con Pinot è stata ben studiata: Zana è partito ai 160 metri e ha rimontato il francese

Un nuovo Zana

Il Monte Pelmo domina e in qualche modo schiaccia l’arrivo, dando alla scena la maestosità che merita. Lo Zana timido dei primi tempi nella nuova squadra ha ceduto il posto a un atleta sicuro. Lo avevamo già notato stamattina alla partenza da Oderzo. Prima parlandone con Brent Copeland, poi quando gli abbiamo chiesto di fare due chiacchiere e abbiamo notato la cura in ogni cosa. Il body tricolore, la bici tirata a lucido e la gamba piena e tonica in contrasto con il busto magro. Ma soprattutto la sicurezza nella voce, dopo giorni di lavoro duro e concreto.

E’ la sottile differenza tra avere uno scopo (in questo caso quello di tirare per un leader) e doverselo cercare ogni giorno. Alla Jayco-AlUla ha trovato una direzione. E’ cresciuto, progettando un nuovo se stesso dall’ottima base costruita alla Bardiani. E se oggi è riuscito a vincere lo deve al suo talento, certamente, ma anche ai tanti miglioramenti di questi primi mesi.

Oderzo ha accolto il Giro con gerani rosa alle finestre, prosecco e una folla che metteva allegria
Oderzo ha accolto il Giro con gerani rosa alle finestre, prosecco e una folla che metteva allegria
Dopo l’arrivo hai urlato mille volte «Yes», una volta anche alla radio: che cosa è esploso in quel momento?

E’ stato il mio ringraziamento a tutta la squadra che ha fatto tanto per me, dal programma mirato alla preparazione. Mai avrei pensato di arrivare al primo anno nel WorldTour con questi risultati. Abbiamo fatto tanti sacrifici, ma vederli realizzati è un’altra cosa.

Pinot le ha provate tutte per staccarti…

E io gli sono andato dietro ogni volta. Stavo bene, sto bene. Ho pensato che se ne avesse avuta di più, mi avrebbe lasciato lì. Sono rimasto a ruota, ho dato qualche cambio e sono andato verso la volata.

Sapevi di essere più veloce?

La verità? Credevo fosse più veloce, ma ho pensato che forse era stanco e che avesse fatto fatica anche lui. Non so con quale rapporto ho fatto lo sprint, non ricordo nemmeno se ho calato qualche dente. Ho dato tutto. Mi sono girato. Ho visto che avevo vinto. Ed è scoppiato tutto…

Quanto è diverso fare un Giro d’Italia avendo un obiettivo chiaro, piuttosto che cercare ogni giorno la fuga per se stessi?

Fino a ieri stavamo già facendo un buon Giro, il morale alto per tutti, quindi c’è tanta motivazione. Adesso sarà anche meglio. Mi piace molto avere un leader, mi piace veramente aiutarlo. Penso che facendo così, le cose arrivano anche più facilmente e oggi ne abbiamo avuto la prova.

Pinot ha fatto il forcing sulla salita. Zana ha dato qualche cambio, ma ha giocato bene la sua carta
Pinot ha fatto il forcing sulla salita. Zana ha dato qualche cambio, ma ha giocato bene la sua carta
In effetti non avevi mai lavorato prima per un capitano…

Infatti è tutto nuovo per me, però mi trovo veramente bene, mi stanno facendo crescere molto e sono veramente contento.

Vincere così a fine della terza settimana può far sperare che il progresso continui?

Bè, lo spero davvero.

L’altro giorno sul Bondone, Dunbar ti ha chiesto di andare un po’ meno…

Ne abbiamo parlato. Io ero andato in fuga e poi ho tirato per 2-3 chilometri, lui doveva arrivare fino in cima, quindi è diverso. Adesso abbiamo un buon quarto posto da difendere, magari anche da migliorare e quindi sicuramente domattina andremo in corsa con il coltello tra i denti e vedremo cosa saremo capaci di fare.

Che effetto fa portare questa maglia tricolore sulle strade e oggi che effetto fa averci vinto?

E’ emozionante. E’ bellissimo avere un sacco di tifosi sulle strade, è un segno che ti contraddistingue. Sento proprio l’affetto della gente.

Alla partenza, Zana con un tifoso: «Speriamo che quella tricolore – gli ha detto il signore – presto diventi rosa come questa!»
Alla partenza, Zana con un tifoso: «Speriamo che quella tricolore – gli ha detto il signore – presto diventi rosa come questa!»
Hai raccontato spesso della tua passione per il cavallo, fare legna e stare in campagna.

Ho questa passione per l’agricoltura (sorride, ndr). Dieci anni fa con un po’ di premi guadagnati nelle gare da giovane, ho comprato il mio cavallo e quando sono a casa è la mia passione. Insomma, un po’ di svago per avere anche qualcos’altro fuori dalla bici che mi faccia staccare un po’ di testa. E’ una passione che magari un giorno potrebbe diventare un lavoro. Vedremo. Intanto però cerchiamo di far durare la carriera da ciclista il più a lungo possibile. Penso che questa sia una delle giornate più belle della mia vita.

Stamattina dovevi prendere la fuga e l’hai presa. Il fatto di correre sulle strade di casa ti ha motivato?

Nella riunione sul pullman ci spiegano i punti in cui bisogna stare un po’ attenti. Ci diciamo quello che dovremmo fare, ognuno dice la sua. Poi comunque durante la tappa succede sempre che le cose cambino, però il fatto di conoscere il percorso è stato un valore aggiunto. Il vantaggio di correre su strade che ho percorso tante volte, unito al fatto di avere le gambe buone…

Peiper e Dunbar, le nuove armi del team Jayco

17.05.2023
5 min
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L’approdo di Allan Peiper al Team Jayco AlUla non è una notizia di poco conto. Professionista dal 1983 al 1993 con ben 22 successi in carriera, l’australiano ha poi intrapreso con profitto la carriera di dirigente, passando per molti team fino ad approdare nel 2019 alla Uae, dov’è stato uno degli artefici non solo dei successi di Pogacar, ma della costruzione di tutta l’intelaiatura tecnica intorno allo sloveno. Per molto tempo Peiper è stato lontano dalle corse per curare un tumore alla prostata, con il team c’era da rinnovare il contratto, le cose sono andate per le lunghe e Brent Copeland ha approfittato dell’opportunità portandolo al Team Jayco. A casa.

Non è infatti trascurabile il fatto che il Team Jayco abbia una profonda radice “aussie”, lo sottolineava anche Kaden Groves parlando delle sue radici e di come sia importante per i ragazzi oceanici avere un riferimento nel WorldTour, ma Copeland, impegnato in questi giorni al Giro d’Italia, tende a dare il giusto peso alla cosa.

Peiper ha avuto una bella carriera pro, vincendo anche una tappa al Giro 1990
Peiper ha avuto una bella carriera pro, vincendo anche una tappa al Giro 1990

«Due mesi fa sono nati i primi contatti con Allan – racconta il cinquantunenne manager sudafricano – c’era la possibilità di portarlo nel nostro team, ne ho parlato con il titolare e abbiamo subito trovato un’intesa non tanto economica, quanto sul nostro progetto che Peiper intende fare suo e portare avanti».

Che può dare Peiper alla squadra?

Allan è un australiano che nel tempo è diventato molto europeo, vive da quando era professionista in Belgio, conosce nelle più intime pieghe il ciclismo professionistico che per la sua gran parte si svolge nel Vecchio Continente. E’ entrato nel team nelle vesti di consigliere perché a noi serve qualcuno che veda il funzionamento di tutta la macchina organizzativa dall’esterno, con un occhio esperto. Sono convinto che possa migliorate il team in molte aree di azione e possa coadiuvare l’impegno di Marco Pinotti per far crescere il team ancora di più.

Brent Copeland, manager del Team Jayco, ha fortemente voluto Peiper nel team come Advisor
Brent Copeland, manager del Team Jayco, ha fortemente voluto Peiper nel team come Advisor
Si sottolineava il fatto che Peiper torna a casa, approdando in un team australiano.

Anche questo ha avuto il suo peso, non lo nego. Il Team Jayco ha un cuore fortemente australiano, ma resta multinazionale: qui ci sono, fra atleti e staff, persone appartenenti a una ventina di Paesi differenti. Certo, Allan è australiano, ma come detto ha ormai radici profondamente europee e questo alla fine conta parecchio. La cosa che mi piace di più del suo ingresso è poter approfittare della sua meticolosità e del suo perfezionismo: sono caratteristiche che possono dare alla squadra quel salto di qualità di cui c’è bisogno.

La sua età dice che è un appartenente alla vecchia guardia. Come si adatta a un ciclismo che è profondamente cambiato nel corso degli anni rispetto a quando correva lui?

E’ questione di mentalità. Anche Allan, come me e come tanti altri che gravitano in questo mondo, ha vissuto questi cambiamenti sulla propria pelle, ha assommato esperienze anno dopo anno e il ciclismo come lo intendiamo oggi, quello spettacolare legato a un numero incredibile di fuoriclasse lo ha visto nascere e crescere. Lui può trasmettere questa esperienza.

Dunbar è l’uomo di punta per le corse a tappe. Al Giro è 9° a 2’32” dal vertice
Dunbar è l’uomo di punta per le corse a tappe. Al Giro è 9° a 2’32” dal vertice
Allarghiamo un po’ il discorso, Allan arriva in quale momento del team?

Devo dire la verità, per come sono andate le cose nella prima parte dell’anno non posso essere del tutto soddisfatto. Abbiamo ottenuto finora 6 vittorie, molti piazzamenti ma siamo in fondo al ranking Uci e questo non può far piacere. La causa? Se ripercorro questi ultimi mesi, non posso non notare che abbiamo avuto un carico di sfortuna non irrilevante: Matthews ha preso il Covid prima della Sanremo; Dunbar si è infortunato alla mano alla Volta Valenciana rimanendo fuori dalle gare per due mesi; Hamilton ha perso il padre e così via. Non c’è molto da recriminare, ci sono stagioni dove devi superare molti ostacoli e questa è una di quelle.

Il Giro come sta andando?

E’ un po’ lo specchio della stagione: con Matthews abbiamo ottenuto una vittoria importante, ma il Covid ha messo fuori gioco Scotson e un altro corridore ieri è stato male. Siamo un po’ sul chi vive, la corsa la stiamo affrontando bene e con buone prospettive, cambiando anche le tattiche di gara quando serve. Diciamo che sarebbe importante riscuotere un po’ di quel credito con la fortuna di cui si parlava prima…

Il ritiro di Scotson per Covid è una perdita pesante, era l’aiutante di Dunbar in salita
Il ritiro di Scotson per Covid è una perdita pesante, era l’aiutante di Dunbar in salita
Accennavi a Dunbar, del quale si dice un gran bene come interprete delle corse a tappe. Secondo te può essere un leader per i grandi giri?

Lo abbiamo preso dalla Ineos Grenadiers proprio con questa idea, per me ha un grande potenziale ma ha bisogno di fare esperienza, soprattutto in un grande giro da affrontare con la responsabilità di fare classifica. Si sta comportando bene, ma siamo ancora a metà del cammino e tutte le difficoltà maggiori devono ancora arrivare. E’ un ragazzo d’oro con tantissime prospettive, ma non dobbiamo mettergli pressione perché non ha mai corso con una responsabilità così grande addosso. Vedremo come si muoverà nelle tappe che verranno e come ci muoveremo noi di conseguenza.