A tutta adrenalina! Alessio Martinelli c’è…

15.01.2021
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Avere la maturità di un corridore esperto e l’entusiasmo di un ragazzino. Alessio Martinelli è così. Da Valdidentro, dove si attaccava la salita dei Laghi di Cancano al Giro, ecco un altro gioiellino  del nostro movimento e di casa Colpack-Ballan. Alessio aveva conquistato l’argento ai mondiali di Harrogate del 2019 (foto in apertura), quando era juniores. Il passaggio tra gli U23, il lockdown e l’incidente: in pratica un 2020 inesistente per lui dal punto di vista agonistico.

Come tanti altri ragazzini è salito in bici seguendo il padre, Fulvio, e il fratello, Nicola. «Ho iniziato da G0», dice serio. Noi ridiamo. «Sì, sì davvero. Avevo 4-5 anni e facevo quelle garette promozionali, non competitive».

Alessio Martinelli è alla Colpack dal 2020
Alessio Martinelli è alla Colpack dal 2020
E quindi hai sempre corso?

Sì, da G1 è iniziata tutta la trafila. Quando ho compiuto 6 anni mi hanno regalato la bici, una Mtb e da lì subito tante gare. All’inizio ero nella Bormiese, poi nella Valdidentro Bike. Fino da esordiente ho fatto solo Mtb, poi ho iniziato ad alternarla con la strada. Ma più passava il tempo, e i percorsi si facevano troppo tecnici, e meno la Mtb mi piaceva. Facevo meno bene. Per di più su strada ho colto subito i risultati e mi è venuta una voglia assurda. Ho fatto poi allievi e junior nel Team Giorgi e sono arrivato alla Colpack due anni fa. Il mio sogno di diventare pro’ si sta avverando, visto che ho firmato con la Bardiani CSF Faizanè (ma correrà il 2021 alla Colpack, ndr).

Si diceva che potessi passare subito dopo il tuo argento ai mondiali juniores del 2019…

Subito dopo quei mondiali arrivarono un “casino” di offerte, anche dal WorldTour. Ma con il mio allenatore, Omar Beltran, e il mio procuratore, Fabio Perego, abbiamo sempre avuto l’idea di crescere gradualmente, senza fare il passo più lungo della gamba. L’obiettivo è arrivare forti ad un’eta di 22-23 anni, quella giusta per cogliere risultati importanti.

Con le offerte del WT perché hai firmato per una professional? Rifaresti questa scelta?

Sì, rifarei tutto – risponde con prontezza Martinelli – Primo, perché la Bardiani mi aveva cercato prima del mio risultato iridato, e questo vuol dire che credeva in me da tempo. E secondo, perché credo che in una professional potrò avere più spazio. Magari potrei cogliere un risultato entrando in una fuga. In una WT avrei meno spazio. Dovrei lavorare per gli altri e davanti a me ci sarebbero 15-20 corridori. Guardate cosa ha fatto Ciccone. E’ stato proprio alla Bardiani ed è arrivato alla Trek-Segafredo da capitano.

Però! Hai le idee chiare…

Grazie!

Da juniores con la Giorgi ha vinto 12 gare: 3 al primo anno, 9 al secondo. (Foto Scanferla)
Da juniores, con la Giorgi. Martinelli ha vinto 12 gare (Foto Scanferla)
Sei in una famiglia di ciclisti: a casa ti pressano, ti dicono la loro o ti lasciano spazio?

Finché sono stato esordiente ho ascoltato i consigli di papà e di mio fratello. Era un gioco. Poi da allievo, quando ero seguito dal Team Giorgi, papà non mi ha mai detto nulla e non ha mai neanche commentato. Piuttosto sono io che amo parlare con loro, magari farmi vedere da mio fratello come sono messo in bici. Mi piace avere un parere esterno.

Che scuola hai fatto?

Una scuola professionale di cinque anni: manutenzione assistenza tecnica. In pratica posso fare l’idraulico, l’elettricista, il meccanico… però non è stata una scelta ideale visto che adesso vado all’università e studio Scienza Alimentari. Insomma, non ho seguito un percorso lineare.

Eh no, però se ti si rompe la bici sai ripararla!

Sì – ride – Mi piace trafficare con la bici. Ci metto spesso mano per cercare di renderla più scorrevole. Adesso sono in ritiro con la squadra e al meccanico chiedo sempre come fare per sistemare quella guaina, per migliorare la scorrevolezza di questa o quello…

Abiti ai piedi della salita dei Laghi di Cancano. Ma prima del Giro su questa strada, a giugno, hai avuto un incidente molto serio. Come è andata?

Posto che non ricordo praticamente nulla, sono caduto in discesa. Non so come, sono riuscito a far chiamare mio fratello. Lui a sua volta ha fatto chiamare i soccorsi. Sono venuti a prendermi in elicottero e mi hanno portato all’ospedale di Brescia in codice rosso (Martinelli ha sbattuto la testa, subìto la rottura di alcuni denti e la frattura dello zigomo, ndr). Adesso sto bene, anche se qualche problemino sulla pelle ancora c’è.

Alessio Martinelli e Alessandro Vanotti nella tappa di Cancano al Giro
Martinelli e Vanotti nella tappa di Cancano al Giro
E a livello di postura?

Dopo le tante sedute da osteopata e massaggiatore è tutto okay. Sono prontissimo per la prossima stagione. Non avendo praticamente corso nel 2020, ho una voglia assurda. Ho fatto un paio di gare ma col senno del poi sarebbe stato meglio non farle. Adesso però sento di stare bene, mi sto allenando nel modo giusto. Ho l’adrenalina nelle vene. Voglio dimostrare il mio valore.

Torniamo sui Laghi di Cancano, ma stavolta in salita al Giro. Che effetto ti ha fatto vedere i pro’ in azione sulle tue strade quel giorno? 

Mi hanno dato un pass elite. Mi hanno portato all’arrivo in elicottero. Il mio primo viaggio da cosciente su elicottero! Abbiamo mangiato lassù e visto la tappa dai maxischermi. E’ stato un giorno fantastico. Immaginavo me stesso dentro la corsa e pensavo che sarebbe stato un sogno vivere una corsa così a casa mia e magari raccogliere un bel risultato. Sono saliti molto forte, ma dopo tanti giorni di gara e dopo lo Stelvio non hanno siglato i tempi migliori in assoluto sulla salita…

E i tempi migliori li hai te?

No, altri ragazzi non dei pro’ su strada.

Beh lì si allena Samuele Porro, campione della Mtb! I Kom saranno suoi… Tu invece che corridore sei? Cronoman, scalatore…

Di sicuro non cronoman. La salita è il terreno che preferisco. Mi trovo bene un po’ dappertutto, magari non tanto sui percorsi totalmente piani. Mi piacciono le gare a tappe. Ho un buon recupero e vado meglio di giorno in giorno. Insomma mi vedo bene per i grandi Giri, almeno come sogno…

Alex Carera, Giulio Ciccone, 2020

Facciamo il punto con Carera su Piccolo e Tiberi

03.01.2021
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Dice Alex Carera che quando ha letto l’articolo sul Team Colpack e le parole di Antonio Bevilacqua circa le ingerenze dei procuratori nella vita della sua squadra, gli è andato di traverso il primo dell’anno. Il procuratore di Tiberi, Piccolo e Trainini, ma anche di Nibali, Pogacar e Ciccone (i due sono insieme in apertura), ha la sua versione della storia ed è interessante ascoltarla.

«La storia del passaggio di Tiberi e Piccolo dopo il primo anno da under 23 – dice Carera – era arcinota da prima che scegliessimo il Team Colpack. Avevano entrambi l’accordo, con la Trek-Segafredo e l’Astana, per provare dal 2021. Se poi lo staff tecnico delle due squadre avesse ritenuto per vari motivi di rinviare il passaggio, sarebbero rimasti per un anno ancora. Questo non è successo e le squadre li hanno voluti da subito. Per cui dire che la colpa è dei procuratori e che siamo il male del ciclismo, non mi pare proprio giusto».

Andrea Tiberi, 2020 (foto Instagram)
Antonio Tiberi passa alla Trek-Segafredo dopo il 2020 al Team Colpack (foto Instagram)
Antonio Tiberi, 2020 (foto Instagram)
Tiberi alla Trek dopo il 2020 alla Colpack (foto Instagram)

Il discorso di Carera non fa una grinza e semmai si inceppa su un 2020 che probabilmente non ha dato ai ragazzi il necessario spazio per mettersi alla prova. E mentre Tiberi dà la sensazione di essere più avanti, gli altri due restano un bel punto di domanda. Su Piccolo, le considerazioni di Mazzoleni (preparatore dell’Astana) sono state abbastanza chiare sin da subito, su Trainini ha parlato Reverberi, ma certo anche per lui il 2020 più che un anno di passaggio è stato un anno di (quasi) sosta forzata.

Secondo te sono scelte ragionate, quindi?

Ci mancherebbe altro che non lo fossero, per questo ci tenevo a dire la mia e non passare per quello che non fa il bene dei corridori. Se poi la cosa andrà bene, lo scopriremo in futuro.

Andrea Piccolo, Gp FWR Baron, San Martino di Lupari, 2020
Andrea Piccolo, anche lui corridore di Carera, qui al Gp FWR Baron a San Martino di Lupari, passa all’Astana (foto Scanferla)
Andrea Piccolo, Gp FWR Baron, San Martino di Lupari, 2020
Piccolo, qui a San Martino di Lupari, va all’Astana
E’ difficile contraddire Bevilacqua sul fatto che, con Tiberi, la squadra avrebbe potuto correre un bel Giro d’Italia e anche a lui avrebbe fatto bene…

Per amor di Dio, non si discute che se Antonio fosse rimasto, la Colpack avrebbe avuto un giovamento, ma la scelta non è stata del procuratore e non poteva essere di Bevilacqua.

E’ stata, in questo caso, di Guercilena, giusto?

Faccio l’esempio di Cunego, che è storia vera. Da accordi precedenti, Damiano sarebbe dovuto passare nel 2001. Però parlando con la famiglia, con la Zalf e con Martinelli ci rendemmo conto che gli avrebbe fatto bene un altro anno fra gli under 23 e spostammo il debutto nel 2002, nonostante ci fossero stati altri accordi. Era un ciclismo diverso. I risultati del 2020 dicono altre cose e l’età in cui passare professionisti si è comunque abbassata.

Tomas Trainini, Giro del Friuli 2019, Fontanafredda
Tomas Trainini, qui a Fontanafredda al Friuli 2019, va alla Bardiani senza risultati 2020
Tomas Trainini, Giro del Friuli 2019, Fontanafredda
Trainini, qui al Giro del Friuli 2019, va alla Bardiani
Quindi Bevilacqua sbaglia a dire che si mette in pericolo la carriera dei ragazzi?

Le squadre scelte hanno entrambe grandi tecnici. Josu Larrazabal alla Trek-Segafedo e Maurizio Mazzoleni all’Astana, che fra l’altro segue Piccolo già da due anni. E’ fondamentale che fra tecnico e atleta si costruisca un rapporto di fiducia. L’esempio più evidente è la collaborazione fra Nibali e Slongo, che non si limita alla lettura dei numeri, ma si spinge anche sul piano psicologico.

Mentre Trainini?

Vedremo se anche il suo caso sarà stato ben gestito, il nostro lavoro è sempre sottoposto al giudizio del tempo e delle corse. Il rapporto con la Colpack è buono, è una squadra di Bergamo come siamo noi, abbiamo dentro altri atleti e altri ne porteremo.

Sarà il tempo a dire come andrà la storia e facciamo ovviamente tutti il tifo perché vada bene. L’alternativa purtroppo avrebbe i tratti di una sconfitta per tutto il sistema.

Team Colpack, Coppi e Bartali 2020

Bevilacqua, la Colpack e il ballo dei procuratori

30.12.2020
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Il Team Colpack-Ballan sta ancora masticando un paio di bocconi indigesti e si prepara per ripartire, ancora come continental, con il team manager Antonio Bevilacqua che fa il punto della situazione e solleva obiezioni su certe cattive abitudini, di cui aveva parlato anche Rossella Di Leo in una precedente intervista, che è obiettivamente difficile non condividere.

«Si riparte da un gruppo giovane – dice Bevilacqua – la politica è questa. Ce ne sono 3-4 buoni, sono curioso di studiarmi il calendario. Vorremmo seguire il programma italiano con le corse che potremo fare, da Laigueglia in poi. Se ci sarà posto. Tante WorldTour all’estero non ci vogliono andare, un po’ di corse saltano e magari al Coppi e Bartali sarà difficile essere invitati. Con Amici abbiamo un buon rapporto, spero non ci saranno problemi».

Juan Ayuso, 2020 (foto Instagram)
Juan Ayuso, classe 2002, ha vinto i due campionati spagnoli strada e crono (foto Instagram)
Juan Ayuso, 2020 (foto Instagram)
Ayuso, 18 anni, super talento spagnolo (foto Instagram)
Quali nomi hai cerchiato di rosso?

Gazzoli e Baroncini sono due begli atleti, che si sono affermati quest’anno. Su Gazzoli puntavo tantissimo. Ha preso sicurezza e si è sbloccato. Il Del Rosso lo ha vinto andando via in salita, sullo strappo. E’ veloce per corse impegnative, con gruppetto di 20-30 corridori. Un bel ragazzino è anche Persico, qui di Bergamo, di secondo anno. Sua sorella Silvia è alla Valcar, sono cinque figli e tutti e cinque hanno corso. Poi abbiamo Juan Ayuso, lo spagnolo di 18 anni che ci ha affidato la Uae Team Emirates.

Giusto, lo avete già incontrato?

Per ora lo abbiamo visto solo su Zoom. Dicono tutti che sia un fenomeno, dai test che ha fatto sembra così. Se la Uae Team Emirates lo ha preso per 5 anni, avrà qualcosa di buono. Verrà qui a gennaio, sempre se ci potremo muovere. Sta facendo una scuola inglese, per cui finirà gli esami a gennaio e poi è libero. Vivrà qui in casetta, da noi.

Che impressione ti ha fatto?

Un ragazzo di carattere. E’ serio, si vede che sa quello che vuole. Si presenta bene. Lo gestiremo noi, però sempre sotto la loro osservazione. Ci saranno degli incontri mensili per parlare di lui, perché giustamente ci tengono. La sua preparazione sarà concordata, anche perché dal 2021 oltre a Mazzoleni con noi ci sarà anche Antonio Fusi. Le nostre idee e la nostra preparazione alla Uae stanno bene, quindi seguiremo una linea concordata.

Perché hanno scelto voi?

E’ un po’ di tempo che parliamo con Matxin. Gli abbiamo dato Covi e prima ancora Consonni, Ganna e Troia. Gianetti ha corso con la Polti, ci conosce. Gazzoli fra poco andrà in ritiro con loro. Matxin ci aveva già dato Gomez, il velocista colombiano, che si è fatto il lockdown a Bergamo da solo.

Antonio Bevilacqua, Francesco Rosa, Mercatale 2015 (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua, team manager Colpack in uno scatto del 2015 (foto Scanferla)
Antonio Bevilacqua, Francesco Rosa, Mercatale 2015 (foto Scanferla)
Bevilacqua, team manager Colpack (foto Scanferla)
Tornando agli italiani?

Abbiamo preso Verre, di secondo anno: viene dalla Casillo, è uno scalatore. Poi Petrucci dalla Francaise des Jeux. Lui è un carattere preciso, un ragazzo meticoloso e non stava bene con quello che gli dicevano. E’ un po’ particolare, va avanti per la sua strada. Gli eravamo stati dietro per due anni.

Perché alcune squadre hanno rinunciato a essere continental?

Per il lato economico e alcune cose da rivedere. E’ una bella esperienza, ma la partecipazione alle corse deve essere più sicura. Io non ho problemi, ma se fai una squadra così, con tutti i criteri giusti, devi dare la possibilità ai ragazzi giovani di provare con i professionisti.

I ragazzi giovani…

Li cercano e si fanno passare subito. Il caso di Trainini è incredibile. Come fai a prendere un ragazzino che non ha mai corso e che ha avuto dei problemini, senza nemmeno chiederci informazioni? A Reverberi ho detto: «Come mai?». Lui ha risposto che poi magari glielo portavano via. Ha firmato senza dirmelo, me lo ha detto dopo. Ma che comportamenti sono? A Reverberi ho chiesto: «Ma non vuoi sapere che corridore è? Se ti interessa, potevi chiedermi di tenerlo per un anno, gli fai firmare il contratto. Lo porti in riviera, gli fai fare lo stagista…».

Filippo Baroncini, Vicenza-Bionde 2020 (foto Scanferla)
Filippo Baroncini, primo alla Vicenza-Bionde 2020: ultimo acquisto (foto Scanferla)
Filippo Baroncini, Vicenza-Bionde 2020 (foto Scanferla)
Baroncini arriva dal Team Beltrami (foto Scanferla)
Perché non ti ha chiesto informazioni?

Perché ormai comandano i procuratori. E i team manager si prendono i corridori senza sapere chi siano, per paura che li portino a un’altra squadra. Tutti vanno alla ricerca del fenomeno. Anche Piccolo e Tiberi avrebbero avuto bisogno di un altro anno.

Bisogno per voi o per loro?

Per entrambi. Mi sono salvato perché Gazzoli e Baroncini hanno rifiutato di passare in qualche squadra per rimanere qui e parto con due corridoi un po’ esperti e di livello. Ma di certo, se mi fossi presentato con Tiberi al Giro d’Italia, noi saremmo stati più coperti e lui avrebbe potuto mettersi alla prova. Che problema c’era se restava fino a giugno? Faceva Laigueglia, faceva il Coppi e Bartali, poteva andare con loro in ritiro e correva il Giro d’Italia. Se lo vinci o vai sul podio, passi anche con una bella cartolina.

Forse dei due, è più Piccolo che avrebbe avuto bisogno di altra gavetta?

Piccolo avrebbe avuto bisogno di mettersi alla prova da protagonista in mezzo a ragazzi del suo livello, ma quando un procuratore ti mette in testa che ti farà passare subito, hai chiuso. Il regolamento prevede che debbano fare due anni, io non ho voluto mettergli i bastoni fra le ruote e ho firmato una carta per dire che erano pronti per passare professionisti. A Guercilena ho chiesto di lasciarmi Tiberi ancora un anno, mi ha risposto che bisognava parlare con il procuratore.

Ci sono rischi?

Magari per Tiberi no, perché si è comportato bene ed è un corridore. Ad altri non danno tempo di crescere. Passano in tanti, poi che fine fanno? Adesso 4-5 che avevano smesso li ha presi Giuliani. Firmano giovanissimi, fanno due anni e chi non è Van der Poel resta a piedi. Consonni il primo anno non ci pensava a passare, nemmeno al secondo. Iniziò a parlarne al terzo. Adesso il procuratore gli dice: «Fatti vedere». Quindi il ragazzo pensa ai fatti suoi, preferisce fare quinto anziché aiutare il compagno a vincere. Non dovrebbe essere proprio l’Uci a scrivere queste regole?

Ivan Quaranta, Mario Cipollini, Parma, Giro d'Italia 2001

Quaranta, il Ghepardo che ora parla da saggio

05.12.2020
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Quelli nati dopo il 1990 probabilmente non sanno che Ivan Quaranta è stato per qualche anno uno dei pochissimi velocisti al mondo in grado di mettere alle strette Cipollini. Lo chiamavano “il Ghepardo”, mentre per loro il cremasco è da qualche stagione uno dei direttori sportivi del Team Colpack. In cui dal 2021 correrà anche suo figlio Samuel. Chi scrive invece è nato ben prima e in un giorno imprecisato del 1992 si trovò a suonare al campanello della famiglia Quaranta a Vaiano Cremasco, per conoscere il campione del mondo juniores della velocità su pista.

Ventotto anni sono tanti e non sono stati sempre di rose e fiori. Nel mezzo ci sono stati quelli del dilettantismo nella stessa squadra che ora guida dall’ammiraglia. Poi quelli del professionismo, con 39 vittorie fra cui 6 tappe al Giro, che probabilmente sarebbero potute essere molte di più. I racconti dei festeggiamenti in discoteca con Stefano Giuliani. E una carriera spesso sul filo per un ragazzo che del velocista incarnò ottimamente anche l’estro e la follia. E poi, sempre pensando a lui, c’è un quesito che cerca risposte nel silenzio dei velodromi italiani. Perché mai non ci sono più ragazzi che si dedicano alla velocità, quantomeno nelle categorie giovanili?

Ivan oggi ha 45 anni e una passione per il ciclismo che nessuno può mettere in discussione.

Ivam Quaranta, Antonio Bevilacqua, Team Colpack
Quaranta con Antonio Bevilacqua (foto Team Colpack)
Ivam Quaranta, Antonio Bevilacqua, Team Colpack
Con Antonio Bevilacqua (foto Team Colpack)
Hai smesso a 34 anni. E poi?

Avevo un po’ la nausea dell’ambiente. Del ciclismo no, perché continuavo a sentire gli amici e a seguire le gare. Finché a un certo punto Stefano Pedrinazzi della Uc Cremasca mi chiese perché mai uno come me fosse ancora fuori. E così mi propose di seguirgli gli allievi. Ma lo sapete com’è il ciclismo. Inizi piano e poi ti coinvolge sempre di più. Così a un certo punto il Comitato Regionale mi ha chiesto di seguire i ragazzini in pista. E una cosa tira l’altra, ho rivisto Antonio Bevilacqua e cinque anni fa sono entrato in Colpack. Ma esordienti e allievi in pista non li mollo, mi piace lavorarci. Così due pomeriggi a settimana sono con loro a Dalmine.

Come mai?

Perché se hai passione, capisci che fino agli U23 sono le categorie migliori, capisci che puoi dargli supporto, essere davvero utile. Fare il tecnico di Nibali e Sagan richiede tanto lavoro di organizzazione, ma cosa gli insegni? Invece così ho trovato la mia dimensione.

Tu non eri troppo inquadrato da junior, se la memoria dice il giusto…

Dice giustissimo. E’ cambiato il mondo. Noi vivevamo alla giornata, non c’era l’esasperazione di adesso. A parere mio c’è stato uno slittamento delle categorie: l’allievo di oggi è il dilettante di allora. E io, da allievo, il sabato pomeriggio giocavo a pallone e la domenica correvo. Oggi chi lo farebbe più? I dilettanti di oggi invece sono i professionisti di 30 anni fa. Fanno meno ore, ma hanno il nutrizionista, il preparatore, il mental coach, il fisioterapista, vanno in galleria del vento. E soprattutto hanno addosso tanta pressione.

Ivan Quaranta, Paolo Bettini, Sei Giorni di Milano 2007
In coppia con Paolo Bettini: è il 2007 e il toscano è campione del mondo
Ivan Quaranta, Paolo Bettini, Sei Giorni di Milano 2007
In coppia con Bettini in maglia iridata
E quella pesa…

Guardiamo i giovani più forti, anche Bagioli e Consonni che sono passati per la Colpack. Siamo contenti di vederli bene di là, ma io credo che nessuno farà più 15 anni di professionismo. Bagioli da dilettante era già corridore. E non parlo di un fatto mentale, quanto piuttosto fisico. Il ciclismo è uno sport pulito, non come anni fa quando vedevi davvero gli asini volanti. Ma a pane e acqua è durissimo recuperare. Per cui fanno due mesi e poi mollano. Due mesi e poi mollano. Ma se fai così da quando sei junior, quelli di fatto sono anni di professionismo prima di esserlo davvero. Anni di carriera in meno. Come per la scuola…

Cosa?

Pensano che se non vanno a scuola, arrivano prima al professionismo. Così invece di andare al liceo, fanno corsi professionali e dopo due anni smettono. E i risultati vengono falsati, perché questi magari vincono, ma solo perché gli altri che ancora vanno a scuola possono allenarsi dalle 14. E magari l’anno successivo c’è chi non trova squadra perché ha scelto di andare a scuola.

Perché più nessuno fa velocità in pista?

Perché non dà futuro, dato che si investe solo sulle discipline di endurance. Quelli del quartetto, ad esempio. Corrono da dilettanti e sono nei corpi militari. Se riescono, passano professionisti, altrimenti hanno il posto assicurato. La velocità devi iniziare a farla da esordiente e da allievo ed è difficile portarli via dalla strada.

Perché Quaranta accettò?

Perché i nostri mondiali si correvano a fine stagione. Così facevo l’inverno con i compagni stradisti e anche la stagione, vincendo corse. Poi un paio di mesi prima, iniziavo i lavori specifici. Solo che oggi i velocisti puri non li vogliono più, serve gente che tiene in salita e corridori come Mareczko o Guardini hanno vita dura. Per ricreare un Roberto Chiappa (velocista azzurro che ha partecipato a 4 Olimpiadi e vinto un mondiale, ndr) serve prenderli da giovani, proprio mentre sognano di essere Viviani o Nizzolo. Anche Viviani e Ganna hanno la loro temporizzazione e in pista ci vanno per i grandi eventi, mentre le qualificazioni se le fanno gli altri.

Ivan Quaranta, Uc Cremasca, GP Fiera Persichello 2013
Con la Uc Cremasca, Quaranta al GP Fiera Persichello. E’ il 2013
Ivan Quaranta, Uc Cremasca, GP Fiera Persichello 2013
Quaranta, diesse della Uc Cremasca nel 2013
Quindi?

Quindi servirebbe un tecnico che faccia scouting nelle scuole di ciclismo e possa parlare con le famiglie proponendo cose concrete. Avendo le spalle coperte.

Come sarà dirigere tuo figlio?

Samuel è un po’ meno veloce di me, ma tiene meglio in salita. Ha iniziato perché mi vedeva uscire, ma fino ai 12 anni il sabato anche lui giocava a calcio e poi ha scelto. Ha fatto tutto da solo. Detto questo, dovremo essere bravi. I ragazzi hanno confidenza con me, ma ho l’obbligo di essere anche severo. Il bastone e la carota. Avevo paura che si creassero antipatie, che non lo coinvolgessero perché figlio del direttore, ma in apparenza va tutto bene.

Coinvolgessero in cosa?

Magari nella scappatella a mangiare un gelato, per paura che me lo dica.

Il rimedio c’è: il primo gelato lo paga lui e poi non ti dice niente…

Potrebbe essere un’idea, magari anche una birretta…

Michele Gazzoli

Gazzoli? Non chiamatelo velocista!

04.12.2020
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Guai a chiamare velocista Michele Gazzoli, il giovane bresciano potrebbe arrabbiarsi! Nonostante sia una ruota molto veloce e abbia vinto volate di gruppo, lui si sente un corridore diverso. Gli piace andare in fuga (in apertura il suo assolo a Montecatini) e adora la pista.

Ventuno anni, ma già un “lungo” passato. Due campionati europei da juniores, uno su strada e uno su pista, un bronzo iridato, due anni in Spagna alla Kometa, un tumultuoso passaggio a vuoto in quella che doveva essere (e poi non è stata) la giovanile della Deceuninck-Quick Step e finalmente la Colpack-Ballan, dove sembra aver trovato lidi più tranquilli.

Insomma Michele, gli ultimi due anni non sono stati proprio facili…

No. Ho avuto un bel po’ di sfortune che mi hanno portato sempre a rincorrere la condizione. L’anno scorso ero partito bene, cogliendo un piazzamento alla Valenciana, sesto (tra l’altro all’ultima tappa, ndr), e in altre corse. Poi mi sono fratturato una clavicola e al rientro ho corso poco. La squadra aveva terminato già a luglio la sua stagione. Mi ha aiutato moltissimo la nazionale. Ho corso in azzurro. Poi nel 2020 ho iniziato subito con un secondo posto, ma mi era caduta la catena a 150 metri dall’arrivo. C’è stato poi il lockdown e quando abbiamo ripreso piano piano sono andato sempre più forte. Per entrare in forma a me serve correre, correre, correre… E infatti dopo il Giro U23 volavo letteralmente. Ho colto diversi piazzamenti e due vittorie. In una sono andato via da solo su uno strappo. Mi dicono che sono un velocista perché ho vinto l’europeo junior che era piatto, ma a me piacciono questi colpi. Nelle categorie giovanili qualche corsa “duretta” l’ho vinta.

Nel 2019 ha concluso la stagione correndo molto con la nazionale
Nel 2019 ha concluso la stagione correndo molto con la nazionale
Che rapporto hai con la salita?

Non mi dispiace. Certo non sono da Mortirolo però le salite di 2-3 chilometri fino al 6-7 per cento mi piacciono, insomma quelle da fare di “padella”!

Poi sul finire del 2019 c’è stata la possibilità del Team Monti legato alla Deceuninck, ipotesi mai concretizzata. Te la sei vista brutta visto il periodo dell’anno in cui sei rimasto “a piedi”…

Sì, però per fortuna la Colpack mi ha sempre voluto. Sono andato in quel team solo perché dietro ci doveva essere la Deceuninck, altrimenti avrei scelto proprio la Colpack. E’ davvero un top club. Lo si diceva e ora che ci sto ne ho le prove. Una mentalità molto europea. Ha fatto passare molti corridori. E che professionisti: un conto è far passare i ragazzi e un conto è formare i corridori.

E cosa significa per te formare il corridore?

Penso che il corridore lo fai dalla mattina alla sera. Qui alla Colpack t’insegnano cos’è il sacrificio e se non sei disposto a farli non vai lontano. Sai che dovrai accantonare feste, amici… e devi essere consapevole di quel che fai. Perché può essere il tuo futuro. E’ hai un tempo breve per dimostrarlo e guadagnarti una carriera che se va bene dura 15 anni.

Hai corso in Spagna e hai parlato di mentalità: che differenza c’è tra quella italiana e quella spagnola?

Alla fine in Spagna non ho corso tantissimo. Lì abbiamo fatto tante gare con i professionisti e poche con gli U23, quindi conosco più il calendario europeo. In campo internazionale noti attitudini diverse. All’estero ci si arrangia di più, in Italia siamo più coccolati. E anche da noi ci sono squadre solide. Cambia il modo di mangiare, il pensare il ciclismo. Se piove in Italia si fanno i rulli, all’estero si esce.

Cosa intendi quando dici “arrangiare”?

Nel senso che quando le cose vanno male te la devi cavare da solo. Mi verrebbe da dire che sono più “grezzi”, ma credo che in quella fase della carriera sia giusto. Serve a far crescere il corridore. Il pro’ lo devi fare quando sei pro’, nel senso che prima di pensare alla ruota super figa, o all’ultimo dettaglio devi dimostrare di avere le gambe e il motore. Da professionista poi affini tutto.

Nel tempo libero, Play Station e fidanzata. Eccolo scherzare con la sua Camilla.
Nel tempo libero, Play Station e fidanzata. Eccolo con la sua Camilla.
Sei anche un pistard…

Ah la pista: il mio punto debole. Il mio cuore è lì. Amo proprio quella metodologia di lavoro, la preparazione, la mentalità… è bellissimo. E poi aiuta parecchio anche per la strada. Mi piacerebbe continuare a farla ad alti livelli in questo periodo. L’Europeo e l’azzurro sono sempre stati nei miei pensieri.

Ma cosa è successo?

Che con il team abbiamo programmato di finire la stagione su strada, proprio perché ci metto un po’ ad entrare in forma e così abbiamo fatto. E bene. Era giusto raccogliere i frutti del lavoro fatto. Però non smetterò mai di ringraziare Marco Villa che mi ha portato in nazionale e mi ha fatto sentire parte degli azzurri a 360 gradi.

E adesso?

Ho staccato tre settimane dopo il podio conquistato nella cronosquadre tricolore. Ho fatto qualche camminata e da qualche giorno sto facendo base, tanti chilometri e palestra tre volte a settimana.

Insomma, Valoti, Bevilacqua e patron Colleoni saranno contenti. Gazzoli sembra essere l’ennesimo cavallo di razza della loro scuderia. «Mi ricorda un Consonni – dice Valoti – anche se forse ha perso un qualcosa sullo spunto, Michele è migliorato molto in salita». E visto come sono i velocisti (e i percorsi) oggi, forse è un bene per Gazzoli.

Salvatore Commesso

Commesso disegna la nuova Palazzago

26.11.2020
3 min
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Commesso e la Palazzago si affacciano sul 2021 con più novità che conferme. E fra le prime, notizia che lo stesso Totò ha ammesso di aver appreso appena una ventina di giorni fa, c’è che Antonio Fusi non sarà più al suo fianco. L’ex cittì degli under 23 e dei professionisti è infatti passato al Team Colpack. L’inizio della nuova avventura è tuttavia un misto di voglia di fare e il dubbio su quello che sarà effettivamente possibile.

«Credo che il 2021 sarà come il 2020 – chiosa l’ex professionista, 45 anni – perché sappiamo come comportarci e quali precauzioni adottare, poi bisognerà vedere come andranno le cose sui vari territori, cosa faranno le Prefetture».

Jacopo Pesenti, Palazzago, Vicenza Bionde 2020
Jacopo Pesenti alla Vicenza-Bionde: da lui Commesso si aspetta conferme
Da Pesenti si attendono conferme

Commesso è stato professionista per 13 stagioni, durante le quali ha vinto due tappe al Tour e due campionato italiani. La sua squadra avrà 16 corridori: sei confermati, gli altri tutti nuovi. E sono addirittura cinque gli atleti di primo anno, che altrove non trovano spazio. Nei giorni scorsi lo ha chiamato anche Giampaolo Caruso per proporgli uno dei ragazzi che segue: Alessandro Greco. Commesso lo ha ascoltato, ma purtroppo ha dovuto dirgli di essere al completo.

Potevi fare uno strappo…

Lascia stare, io volevo prenderne solo tre, ma come sempre c’è la fila e siamo fra i pochi che investono sui giovani. Ho dovuto dire di no a Caruso e a tanti altri. Non si trovano squadre, temo che parecchi smetteranno. E a volte temo anche che i ragazzi che ho preso non durino.

Perché?

L’anno scorso, su quattro che ne avevo presi, hanno smesso in tre. Non sono più abituati a stare lontani, eppure non li tengo tanto. Giusto quando facciamo il collegiale e si sta per 15 giorni, sennò stanno a casa loro. Sono fragili, non hanno la fame di qualche anno fa. Hanno già tutto, la bici è quasi uno sfizio e alle prime difficoltà mollano.

Pasquale Abenante, Zalf 2019
Pasquale Abenante, nuovo acquisto che porterà concretezza
Pasquale Abenante, Zalf 2019
Pasquale Abenante, nuovo arrivo
Con quale criterio li scegli?

Li seguo, parlo con i direttori, guardo i risultati. Non prendo i vincenti, guardo quelli che corrono attaccando.

Quali dei tuoi corridori ci consigli di seguire?

Ho preso Stefano Baffi e Pasquale Abenante, anche se sono elite di primo anno. Loro sanno vincere e porteranno qualità. Poi spero si confermi Gerardo Sessa, un quarto anno che ha fatto 15° al Giro d’Italia e quinto degli italiani. E poi ci sono Pesenti e Fantoni da cui mi aspetto continuità e conferme.

Cosa cambia senza Fusi?

Sarà un bel salto. Avere accanto un tecnico come lui era un bel parafulmine, aiutava a gestire tante cose. Mi sono trovato benissimo e adesso dovrò arrangiarmi da me. Penso di avere le spalle larghe.

Ti toccherà andare in palestra per allargarle un po’…

L’avevo trovata, scherzi a parte, ed era una cosa che facevo assieme a mio figlio. Kick boxing. Lui ha 17 anni e affondava i colpi, devo dire che a volte lo sentivo.

Farete un ritiro?

Sarebbe previsto per metà dicembre, ma bisogna vedere se usciremo dalla zona rossa. I ragazzi della Campania si allenano giù. Sono Sessa, D’Aniello che è un bel ragazzino, Luca Russo e Abenante. Bisogna aspettare. Non manca ormai molto…

Antonio Tiberi, Flavio Miozzo, Trofeo San Vendemiano 2020

Allarme Colpack, fermate il saccheggio

09.11.2020
4 min
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Finito il 2020 con la crono di Treviglio del primo novembre, il Team Colpack-Ballan ha chiuso la stagione versando l’assicurazione per il 2021. L’Uci infatti non ha voluto concedere rinvii, sia pure minimi. Rinnovare un progetto continental alla vigilia di un anno come quello che si annuncia è in effetti un atto di coraggio, dato che non c’è certezza delle corse che effettivamente si disputeranno, mentre è assai probabile che in quelle che saranno fatte sarà massiccia la presenza di WorldTour e professional dall’estero.

«Finché Colleoni sarà al nostro fianco – dice la team manager Rossella Di Leo – e avremo la conferma di sponsor come Ballan, potremo andare avanti. E poi, anche se a marzo compiremo trent’anni di attività e ne siamo fieri, trarremo le nostre conclusioni».

Antonio Tiberi, Trofeo San Vendemiano 2020
Tiberi vince il Trofeo San Vendemiano con 15 chilometri di fuga (foto Scanferla)
Antonio Tiberi, Trofeo San Vendemiano 2020
Per Tiberi fuga e vittoria a San Vendemiano (foto Scanferla)

Cinque passaggi

Il Team Colpack-Ballan del prossimo anno sarà composto da 17 atleti. Potrebbero essere 18, avendo in squadra due specialisti (i pistard Gidas Umbri e Davide Boscaro), ma per ora ci si ferma un gradino sotto.

«Saranno tutti continental – dice Di Leo – il progetto under 23 si è fermato contro il Covid. Non sappiamo cosa succederà e dove correremo, siamo quasi allo sbaraglio, dal punto di vista economico e agonistico. In più metteteci il gioco dei procuratori e dei team manager, che fanno a gara a chi prende i corridori più giovani. Noi perdiamo Zoccarato, che è un quarto anno ed è pronto fisicamente e tecnicamente. Ma salutiamo anche Tiberi, Piccolo, Vacek e Trainini. Atleti di 19 e 20 anni. Il regolamento impone che facciano due anni da dilettanti, ma è chiaro che un contratto di lavoro viene prima. Noi abbiamo proposto di farli passare dopo un anno e mezzo, in modo che arrivino a fare al Giro d’Italia, ma non possiamo costringerli. Dovrebbe parlare la Federazione, ma finora io non ho sentito nulla. E il saccheggio va avanti…».

Non c’è più una logica, ribadisce, in una squadra come la Colpack che vorrebbe fare crescere i giovani come ha già fatto con Masnada, Ciccone, Consonni e Ganna.

Fenomeno spagnolo

Nel ciclismo dei giovani fenomeni, i ragazzi hanno gran fretta di passare tra i grandi. Atleti che hanno dimostrato qualcosa e altri che neppure si conoscono.

«Anche la Colpack avrà un fenomeno spagnolo – sorride – si chiama Juan Ayuso e ce lo ha portato Matxin della Uae Emirates. Lui ha compiuto 18 anni a settembre ed è determinato a vincere il Tour de France. Vediamo da vicino cos’è un fenomeno. Però, anche qui… Un conto è Matxin che vuole tenere il corridore tranquillo e quindi lo lascia under. Altra cosa sono i team manager e i procuratori che hanno paura di perdere i ragazzi e così li fanno firmare prestissimo. Trainini con noi ha fatto una corsa e si è ritirato. La musica cambierebbe se fossimo collegati a una WorldTour, com’era con la Lampre-Merida. Ma l’Uci ha messo paletti sul tipo di società e alla fine è saltato tutto».

Team Colpack, Trofeo Laigueglia 2020
Il 2020 era cominciato bene, con il debutto tra i pro’ a Laigueglia (foto Scanferla)
Team Colpack, Trofeo Laigueglia 2020
Nel 2020 debutto tra i pro’ a Laigueglia (foto Scanferla)

Petrucci di Francia

La squadra che perde i talenti più giovani riparte con il velocista colombiano Gomez, con Gazzoli e Baroncini.

«Poi dalla Francia è tornato Petrucci – prosegue Di Leo – che era voluto andare alla Groupama, ma non è stata una bella esperienza. Nelle occasioni in cui lo abbiamo incrociato, si è mosso sempre bene, per cui speriamo che con un anno in più, possa portare energie fresche. Tra i giovani c’è anche il figlio di Ivan Quaranta, mentre mi dispiace che Baldaccini sia andato via poco prima che cambiasse il regolamento e gli permettessero di correre anche le gare nazionali. Lui sarebbe stato per noi come Masnada quattro anni fa».

Quanti diesse…

Sull’ammiraglia Colpack restano suo fratello Giuseppe Di Leo e con lui Antonio Bevilacqua, Gianluca Valoti e Ivan Quaranta.

«Abbiamo quasi più direttori che tecnici – scherza Rossella – ma la verità è che l’attività continental  richiede anche parecchi accompagnatori disposti a sobbarcarsi viaggi impegnativi e non è facile trovarne. Per cui essere in tanti ci permette di coprire tutti i ruoli. Per il resto, correremo ancora su bici Cinelli e avremo un budget intorno ai 700 mila euro. Questo se le cose vanno in una direzione normale. E noi siamo qui a fare gli scongiuri che sia così…».

Spazio anche ai “terzo anno”, la Otelli dice sì

30.10.2020
4 min
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La Aspiratori Otelli Carin Baiocchi è una delle squadre che può sorridere in questo 2020. Il team diretto da Giambattista Bardelloni e Matteo Freguglia ha sede a Carpaneto. Forte di dodici ragazzi,  i piacentini se la sono cavata alla grande.

«Già che abbiamo ripreso a correre – dice Bardelloni – non è stato poco. In più i ragazzi hanno raccolto cinque vittorie e per questo non posso che essere più che soddisfatto di questo anno così particolare. Cinque vittorie che visto il livello delle gare non sono poche, anzi… Diventa un bilancio più che positivo».

Francesco Calì, passerà alla Colpack
Francesco Calì, passerà alla Colpack

Da Otelli a Colpack

La stella del gruppo è senza dubbio Francesco Calì. Di questo ragazzo ci aveva già parlato Rino De Candido, il tecnico della nazionale italiana juniores. Bardelloni racconta di un giovane serio, molto meticoloso, con voglia di fare. Uno che chiede sempre tutto su allenamenti, alimentazione, che vuol sapere perché deve fare questo e non quell’allenamento.

«Premesso che da juniores non esistono fenomeni – dice Bardelloni – Calì è molto bravo. Va forte. Ha perso il Giro del Friuli per meno di un secondo, ha vinto altre gare. Se continuerà ad avere voglia di fare sacrifici potrà arrivare lontano. Mentalmente è già a posto, sul piano fisico deve ancora maturare. E’ alto e magro, cresce velocemente e ogni tanto ha qualche doloretto, magari al ginocchio… bisogna lasciargli i suoi tempi». Un corridore così non resta certo a piedi. Se l’è preso la Colpack. Un team che sa ben valorizzare i giovani. 

«Ma anche Giosuè Epis ed Andrea Piras sono stati bravi. Piras ha fatto gli europei. E’ un po’ più “alla buona” rispetto a Calì. Se un giorno a lui non dai gli allenamenti non è che sta lì a chiamarti. Magari ti dice a fine giornata che ha fatto due ore così… Anche lui però è bravo e passerà U23».

Livello alto: si e no

Anche alla Aspiratori Otelli si parla di un livello molto elevato nelle corse disputate. Ma questo è un bene o un male?

«E’ un bene per coloro che vanno forte e sono riusciti subito a mettersi in mostra. E’ un male per i ragazzi che invece erano meno forti. Quelli rischi di lascarli indietro. Ragazzi che magari avevano bisogno di più tempo.

«Questa  una categoria particolare. Una categoria in cui si iniziano ad avere le vere distrazioni. Chi va forte qui non è detto che ci vada anche dopo. E viceversa. Per esempio Gabriele Coloberti, l’anno scorso da primo anno aveva anche vinto, quest’anno non ha fatto un piazzamento nei dieci. Se ci fossero state più corse avrebbe trovato il suo spazio».

Un ambiente positivo tra i ragazzi non è sempre facile, merito (anche) dei direttori sportivi
Trovare un ambiente positivo tra i ragazzi non è sempre facile

Il terzo anno?

La Otelli conferma le 12 unità in rosa. La loro scelta è distaccata dall’effetto covid. Matteo Freguglia, l’altro direttore sportivo, in tal senso è molto fiducioso: «Credo che l’anno prossimo con molti innesti possiamo ripartire per aprire un nuovo ciclo». Matteo è giovane ha voglia di’ imparare e lui stesso ammette che seguire questa categoria è una grande scuola e Bardelloni un maestro.

Ci sono stati anni in cui ne hanno avuti dieci e anni in cui sono arrivati a 15. Ma quel che è più curioso è che in lista ci sono anche due “terzo anno”.

«Ne abbiamo otto di primo anno, due di secondo e due di terzo – conclude proprio Bardelloni – Come mai? Il comitato provinciale consente ai ragazzi che non hanno trovato squadra tra gli U23 di continuare a correre, proprio perché si è corso poco. Questi atleti sono comunque tesserati come U23. Possono correre da individuali o appoggiarsi ad un team, purché abbiamo meno di dieci punti FCI. Se per esempio vincono due gare, ecco che non possono più correre tra gli juniores, ma possono gareggiare solo con gli U23. Non solo, ma se una gara juniores è lontana da casa, possono prendere il via in una U23 che magari quella domenica è più vicina a loro».

Ma non si rischia di squilibrare la categoria? Bardelloni assicura: «No, non si tratta di molti atleti e soprattutto i più forti hanno tutti trovato squadra anche tra gli U23».

Tiberi, debutto vincente tra gli U23

16.09.2020
3 min
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Antonio Tiberi, laziale classe 2001, è il campione mondiale a cronometro tra gli juniores, corre nella Colpack-Ballan e già ha vinto tra gli under 23. Fisico longilineo due gambe da airone, ma potenza da vendere.

«Credevo che questa categoria fosse più dura – spiega Tiberi a bici.PRO – mi aspettavo un passaggio più complicato e invece tutto sommato mi sento già ad un buon livello. Certo, le differenze ci sono e le sento».

Davvero nessuna differenza?

Tra gli juniores anche se non stavo bene in qualche modo riuscivo a fare la mia corsa, qui se non sono al meglio mi ritrovo indietro o magari la gara non la finisco proprio. Inoltre c’è una bella differenza tra quando corriamo coi pro’ e quando ci sono solo i dilettanti. Nel primo caso la corsa è  più controllata e lineare: bagarre, fuga, rallentamento del gruppo e poi corsa vera negli ultimi 50 chilometri. Senza professionisti tutto è più nervoso e imprevedibile.

Ad Harrogate, mondiali del 2019, con il cittì De Candido dopo la vittoria nella crono iridata
Tiberi e il cittì De Candido dopo la crono iridata 2019
Punti di forza, difficoltà e quel Giro…

«Per ora soffro le salite brevi, gli strappi fatti a tutta, ci metto un po’ a carburare per questo preferisco le salite lunghe e questo è un aspetto delle mie caratteristiche che devo migliorare».

E pure a Gambassi Terme ha vinto proprio con uno scatto da finisseur.

Vero, ma dipende molto dalla giornata. In quel periodo ero in forma e in quel caso le cose cambiano. Se sto bene me la gioco anche con gente che ha 2-3 anni più di me. Un altro aspetto da curare è la posizione in gruppo. Bevilacqua e ancora di più Gianluca Valoti dall’ammiraglia mi dicono spesso di correre davanti. E’ un qualcosa che mi porto dietro da quando ero ragazzino, però devo dire che sto migliorando, soprattutto quando ho gamba.

Hai un terreno preferito?

Non ho un vero punto di forza, o almeno è difficile per me dirlo visto che sono al primo anno: forse le salite lunghe. Dal Giro d’Italia per esempio sono uscito bene, in crescendo. E questo credo sia importante: il recupero è stato buono e lo sentivo.

Qual è stato il gap più evidente

In salita chiaramente alcuni corridori che avevano più anni che e magari avevano corso di più coi pro’ mi mettevano in difficoltà. Comunque è stata un’esperienza importante. Di certo so che adesso le prime tappe non posso correrle come ho fatto, senza risparmiarmi.

Tiberi sul San Luca al Giro dell’Emilia con i pro’
Tiberi
Sulla salita di San Luca al Giro dell’Emilia, stringendo i denti in mezzo ai professionisti…

«Una difficoltà che ho notato è stato stare tanto tempo lontano da casa, ma ancora peggio è esserci stati chiusi durante la quarantena».

Andrea Tiberi
Capitolo cronometro: Tiberi iridato junior e già vincente tra gli U23 al debutto, sulla sua strada ha incontrato un super Jonathan Milan. Se lo aspettava?

Così tanto forte, sinceramente no! Però lui è proprio un passista puro, io sono più passista scalatore. So che Milan ha avuto la possibilità di girare molto in pista anche durante il lockdown. La crono di Imola l’ho vinta perché certe curve erano tecniche e io che le crono le faccio da anni e con la bici ho un ottimo feeling sono riuscito ad ottenere il massimo.