L’ultimo concetto approfondito con Elia Viviani in tema di preparazione riguardava il tempo necessario affinché i lavori più duri su pista si trasformino in vantaggi su strada. Resta però aperta una questione molto importante legata alla posizione in bicicletta, dato che le ultime tendenze hanno reso molto più esasperato l’assetto in sella del pistard.
Rispetto a Rio, la bici per prove di gruppo è più lunga di 3 centimentriRispetto a Rio, la bici per prove di gruppo è diversa
Com’è passare dalla bici da strada a quella da pista e viceversa?
Non è mai stato traumatico, vediamo se lo diventa con il passare del tempo. Ora in pista si spingono rapporti esagerati e la posizione non è certo da meno. La bici della corsa a punti, uguale per uomini e donne, ha il telaio di 3 centimetri più lungo rispetto a quella di Rio. Si chiama Maat, in più ha il manubrio da 38 anziché da 42 come su strada e i cornetti che ci sono in cima servono per piegarsi di più. Si deve essere aerodinamici al massimo anche nelle prove di gruppo, quindi si fa in modo di allungarsi al limite.
Il manubrio da strada di Viviani è largo 42, quello da pista scende a 38Manubrio da strada da 42, per Viviani, in pista da 38
Parlavi dei rapporti.
A Rio ho usato il 53-54×14 adesso mi pare si stiano allungando anche quelli. Ma siccome l’incognita del passaggio fra le due bici ce l’ho ben presente, si è deciso che in tutti i ritiri avrò con me la bici da pista, fosse anche per farci i rulli al mattino o quando è brutto. Saremo nell’anno olimpico e questa attitudine va coltivata.
La posizione sullatua De Rosa da strada è cambiata in parallelo o quella non si tocca?
Non la tocco da quando sono neopro’. L’altezza di sella e l’inclinazione non si cambiano, altrimenti lo pago con le ginocchia. L’altezza del manubrio l’abbiamo sistemata a fine 2015 con Sky ed è perfetta. Pedivelle da 172,5 su strada e su pista e il 54 che ormai usano tutti i velocisti.
Non solo i velocisti, a dire il vero.
Sono stati gli ultimi uomini del treno a usare il 54 o il 55 per fare delle progressioni più regolari. Poi di riflesso anche i velocisti. Ai campionati italiani sono rimasto colpito dal fatto che Nizzolo abbia usato il 56, però ha un senso. Solo di recente Giacomo ha un treno, per cui dovendo fare le volate di rimonta da dietro, il 56 si spinge bene. E se viene duro, puoi sempre usare il 12.
Dopo tre giorni a Brunico in una spa con Elena Cecchini, rilassandosi, mangiando e bevendo del buon vino, Elia Viviani è tornato a Monaco. E in attesa che con la prossima si concluda la quarta settimana senza bici, il veronese della Cofidis ha… sbobinato l’ultima stagione, cercando le responsabilità della prima volta senza vittorie da quando è nato.
«Non fare gli europei in pista – dice – è stata una buona idea, avrei avuto più dubbi che altro. Nel 2020 ho fatto 70 giorni di gare. Magari ti viene la voglia di recuperare qualcosa, ma non sarebbe stato intelligente farlo».
Come procede il debriefing?
Ci stiamo confrontando su cosa non è andato, con il team e anche con me. Bisogna essere obiettivi e capire perché non avessi nelle gambe quel che cercavo.
Villa dice che è stata la mancanza dei lavori in pista.
Ci sta che abbia ragione. La regolarità in pista e i lavori ad alto lattato nelle gambe sarebbero serviti. Li abbiamo fatti dopo il Tour, ma ormai era tardi ed è stato un inseguire. Da questo inverno in avanti ci sarà molta più pista nei miei allenamenti. Farò un primo mese su strada, poi inizierò delle sedute di tre giorni a Montichiari.
Tanto lavoro in salita per Sanremo e Tour de France: un errore?Tanto lavoro in salita prima del Tour
Per forza fino a Montichiari?
In Francia c’è il velodromo di Hyeres, che però è semi-coperto. Allora, tanto vale andare a Montichiari per tre giorni e poi tornare a casa per lavorare su strada. Farò le cose con semplicità, senza cercare la luna. L’errore quest’anno potrebbe essere stato causato dalla Sanremo.
Vale a dire?
E’ la corsa dei miei sogni. Per vincerla il velocista deve superare bene le salite. In più c’era il percorso del Tour, che anche nelle tappe cosiddette piatte, aveva mille salitelle. Così, anziché andare in pista, ho puntato su Livigno. Mi ha sempre fatto bene. Però probabilmente ho privilegiato resistenza e salita a scapito della brillantezza. Ricordate cosa avevo detto alla ripresa?
Che non erano ammessi errori?
Dissi che chi arrivava alla ripresa un po’ indietro era spacciato. Non credo alla sfortuna o a una stagione maledetta: quelli che hanno vinto sono gli unici ad aver lavorato giusto. A parziale discolpa, c’è il fatto che non ero mai restato così a lungo senza correre e che ho sempre odiato l’indoor cycling, i rulli.
Come è fatta la settimana di Elia fra strada e pista?
Ragioniamo da lunedì a domenica. E siccome la pista è quella in cui si fatica di più, soprattutto a inizio stagione, diciamo che i tre giorni di Montichiari vanno da lunedì a mercoledì. Per cui, viaggiando da Monaco il lunedì mattina, immaginiamo cinque sessioni di lavoro, ogni sessione mezza giornata.
Primo giorno.
Lunedì pomeriggio. Si parte piano, è il ritorno in pista. Si gira dietro moto e poi si fanno tanti sprint lanciati. Di solito ci sono Villa, oppure Fabio Masotti e Diego Bragato. Non bisogna sovraccaricare le gambe. Per cui si usa la bici da corsa a punti.
Secondo giorno.
Martedì mattina. Prima si fa riscaldamento, quello c’è sempre. Poi faccio 20 partenze da fermo, in cinque serie da quattro. Ed è un carico che fa esplodere le gambe. Si fanno in piedi. Da seduto. Per mezzo giro. Per un giro intero. Usiamo la bici del quartetto, con rapporti che inizialmente sono il 60×16-17. E poi aumentando con il 60×14-13-12 che poi sono i rapporti con cui facciamo i lavori di forza.
E il pomeriggio?
Bisogna recuperare e metabolizzare gli sforzi del mattino. Per cui si fa velocizzazione e poi magari lavori con il quartetto per 4-5.000 metri a pedalate da gara, ma con rapporti più agili.
Al Tour e poi al Giro ad Elia è mancata la brillantezza in volataAl Giro gli è mancata la brillantezza
Siamo arrivati a mercoledì.
Si fanno lavori di forza lanciati. Di solito 4-5.000 metri con il 60×12 al 90% del ritmo gara. Mentre il pomeriggio, tenendo conto del fatto che poi dovrò guidare, uso la bici della corsa a punti e faccio una mezz’ora di americana, perché il meccanismo del cambio va comunque allenato.
Tre giorni belli tosti, niente da dire. E il giovedì sei di nuovo a casa?
Ed è un bel giorno di riposo. Si fa al massimo il giro caffè, un paio d’ore. Che poi adesso i bar sono chiusi…
Cosa fai il venerdì?
Tre o quattro ore su strada, aggiungendo 5 volate lanciate nell’ultima ora. Sforzi di 15 secondi e se non c’è la moto da cui lanciarmi, cerco strade che scendono leggermente.
Ecco il weekend. Sabato…
Lavori brevi in salita, tipo le ripetute 40-20 o uno dei tantissimi lavori che si possono fare. Ma visto che la forza l’ho fatta bene in pista, su strada non carico troppo. Tenete conto però che non vado in pista se prima non ho raggiunto un certo livello.
Caro Elia, non resta che la domenica.
In cui faccio cinque ore con un po’ di salite, guardando il panorama. Solo ore e resistenza. Arrivo a sette ore solo se c’è da preparare una classica.
Dopo quanto tempo ti ritrovi nelle gambe i frutti di quei… lavoracci?
Un paio di mesi. Se faccio dicembre e gennaio, me li ritrovo a febbraio-marzo.
Quella brillantezza ti è mancata su strada?
Fa parte della nostra analisi. Puoi fare il picco a 110 pedalate, come a 125 che ovviamente è meglio. Ma se resti in piedi fino a 117 e poi ti siedi, ovvio che qualcosa manca e perdi lo spunto.
Fin qui, dunque, la parte atletica. Ma il file è ancora pesante, per cui vale la pena spezzarlo. Nell’articolo correlato, si parlerà dunque di come siano cambiate le posizioni in sella dai giorni di Rio e delle scelte per la stagione che viene.
In che modo il quartetto si avvicina alle convocazioni olimpiche. Ce lo racconta Michele Scartezzini. Si lavora sodo e si parla poco. Lo stress è tanto
Fabio Sabatini è uno degli apripista più desiderati del gruppo. Elia Viviani lo ha voluto con se dalla Deceuninck-Quick Step alla Cofidis. Toscano, fisico possente è uno di quei passistoni veloci che quando apre il gas scarica a terra molti cavalli.
Con lui, pertanto, visto che si parla di potenza andiamo a scoprire come esegue le SFR, le salite forza resistenza.
Fabio, quante volte a settimana fai le SFR?
Dipende dal periodo. Durante l’inverno o comunque lontani dalle corse due volte a settimana. Mentre nel pieno della stagione si fa un richiamo.
Servono salite non troppo dure per le SFRServono salite non troppo dure per le SFR
Come le esegui?
Ad inizio preparazione alterno 3′ di forza e 2′ di agilità. Poi nel corso della stagione la parte di forza va ad aumentare fino ai 5′. Non di più.
E quando fai i 2′ in agilità mantieni gli stessi wattaggi o cali?
D’inverno calo un po’, perché altrimenti non ci starei dentro con i battiti. Andrei alla soglia e sarebbe un altro lavoro. Per me che sono 76-78 chili fare 2′ a 90 anche 100 pedalate a 420 watt non è facilissimo!
In effetti! E 420 è il wattaggio che mantieni anche nella parte di forza?
Sì, quello. Magari se dimagrisco ed è lo stesso vuol dire che sono migliorato. Però è anche vero che d’inverno hai meno forza e sei meno in forma. Tutto è proporzionato.
Su che cadenza ti attesti mentre fai la parte di forza?
Ad inizio stagione Michele Bartoli, che mi segue, mi fa stare sulle 35 rpm, poi vado a salire fino alle 50 e neanche mi sembra più di fare forza!
Come ti scaldi?
Faccio una salita regolare o un medio di 15-20′ in pianura tra le 80 e le 90 rpm.
Ti capita mai di fare questi lavori durante la distanza?
Sì, anche perché io non sono uno che fa 5-6 ore sempre regolare. Ci metto sempre dentro qualcosa.
Molti dicono che con i moderni rulli, questo esercizio viene molto bene: tu li usi?
No, non ho un bel rapporto con i rulli, ma c’è chi lo fa. Però io ho la presa a casa, e quando rientro la faccio per trasformare la forza pura fatta in bici.
Oggi si cura molto l’aspetto alimentare, anche te in allenamento e il giorno prima aumenti le proteine?
Io sono “vecchio stampo” e punto più sull’equilibrio. Se mangio i miei 200 grammi di pasta va bene. Semmai preferisco prendere gli aminoacidi. Le proteine le prendo durante le corse a tappe.
Oggi molti fanno la forza anche sui rulliOggi molti fanno la forza anche sui rulli
Nei tuoi allenamenti forza fai anche quella dinamica?
Sì, eseguo delle progressioni più che delle volate vere e proprie. Faccio tra 5-7′ di medio (e oltre) e una volata di 20”, sugli 800 watt e di questi gli ultimi 10” li faccio veramente forte. In poche parole tendo a simulare gli ultimi chilometri di gara, quando devo tirare le volate.
Il recupero?
Ora che vanno avanti gli anni si recupera peggio! Ho fatto 20 grandi Giri e me li sento addosso, eccome. Non credo di essere vecchio però servono più attenzioni.
Fai scarico il giorno dopo?
No, perché di solito viene all’inizio del blocco. La forza va fatta quando… hai forza te e non come si diceva una volta con il muscolo stanco.
Una delle biciclette più ammirate in gruppo è certamente la De Rosa SK Pininfarina in dotazione al Team Cofidis in cui milita anche il nostro Elia Viviani. Noi di bici.PRO ci siamo chiesti se il marchio italiano adottasse qualche accorgimento particolare sulla bicicletta del campione veneto. Abbiamo contattato direttamente Cristiano De Rosa.
Per competere da subito
Abbiamo cercato di carpire qualche segreto della SK Pininfarina di Elia Viviani chiedendo a Cristiano De Rosa se ci fosse qualche modifica su misura. «In realtà sulle biciclette che forniamo ai professionisti e quindi anche ad Elia non ci sono modifiche strutturali, in pratica il telaio che usano i professionisti è lo stesso che si trova nei negozi». La nostra curiosità è nata dal fatto, che essendo Viviani un velocista e sprigionando molti watt nelle volate, ci fosse un qualche rinforzo strutturale in alcune zone del telaio. Ma De Rosa ci ha spiegato che «Vedi, tutte le nostre biciclette sono progettate per resistere e dare il meglio a corridori come Viviani, quindi le nostre bici nascono già racing oriented – aggiunge il patron del marchio italiano – sono dei prodotti concepiti per i corridori professionisti e pronte ad essere usate in gara. L’amatore che va in negozio si trova una bicicletta che è lo stessa dei professionisti, con gli stessi standard di qualità».
Elia Viviani in sella alla sua De Rosa al Tour de FranceElia Viviani in sella alla sua De Rosa sulle strade dell’ultimo Tour de France
Modifiche si, ma non sul telaio
Ovviamente qualche piccola personalizzazione è stata fatta come ci ha illustrato De Rosa.
«L’unica cosa che facciamo per i professionisti è quella di usare una livrea diversa per risparmiare qualche grammo, oppure – aggiunge Cristiano De Rosa – con Campagnolo si è deciso di allungare la leva per fare in modo che Elia possa cambiare più velocemente dal 12 all’11». Piccoli dettagli che possono fare la differenza ai livelli altissimi a cui sono abituati i professionisti, che si giocano, nel caso dei velocisti in particolar modo, la vittoria per questione di centimetri.
A Montichiari giornata intensa per le nazionali della pista. Il cittì Villa ed il suo staff prepara gli ultimi dettagli in vista degli europei di Grenchen
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Roberto Damiani era al Tour sull’ammiraglia di Elia Viviani ed ha avuto tutto il tempo di osservarlo e riflettere con lui sulla strada che dalla Francia lo avrebbe portato al Giro d’Italia. La trasferta non è andata come il veronese avrebbe voluto e, a ben vedere, è stata l’intera ripresa post Covid a non aver dato le risposte giuste.
«E questa sicuramente – spiega Damiani a bici.PRO – è stata la prima valutazione che abbiamo fatto. Elia ha sempre corso parecchio e ha fatto le cose migliori dopo un grande Giro. Per questo eravamo in Francia a stringere i denti, sperando che tutto quel masticare sarebbe servito per il Giro».
In difficoltà sulle salite del Tour, ha stretto i denti fino a ParigiIn difficoltà sulle salite del Tour, ha stretto i denti fino a Parigi
Scelte tecniche impopolari
Fra i motivi di disagio di Viviani, l’assenza di Fabio Sabatini ha inciso molto sulla sua tranquillità negli sprint. La Cofidis aveva deciso di affiancare degli uomini di qualità a Guillaume Martin e l’ultimo uomo del treno è stato sacrificato. Viviani ha compreso, non ne è stato entusiasta, ma da professionista ha fatto buon viso a cattivo gioco.
«Ma è chiaro – prosegue Damiani – che questa assenza ha ridotto il suo potenziale e le sue certezze in volata, in un 2020 in cui l’assenza di vittorie ha tolto qualche sicurezza. Non avere un treno da seguire è un fattore decisivo. Gli ho chiesto più di una volta quanto gli mancasse Morkov. Gli bastava guardare la sua ruota e lanciarsi quando lui si spostava. Elia ha i suoi schemi e perderli fa la differenza. E poi l’anno in più porta via la sfrontatezza dei bei tempi, la condizione non ottimale fa sì che il rischio sembri più un pericolo che un’occasione. Al Giro ci aspettiamo tutti qualcosa di meglio. Al Giro avrà tutto il suo treno».
Il doppio impegno di Consonni
Il lombardo ha concluso il Tour del debutto in buone condizioni, per cui l’impiego al Giro che inizialmente era soltanto un’ipotesi è diventato realtà.
«Perché Consonni ha recuperato bene – spiega Damiani – e soprattutto non è detto che i reduci dal Tour faranno il Giro per finirlo. Fisseremo una riga e quando l’avremo superata, decideremo di giorno in giorno. E’ meglio riuscire a gestire la fatica che mollare per sfinimento.
«Simone si è rivelato un ottimo corridore. E’ molto cresciuto e soprattutto è una persona onesta. Davanti alla condizione imperfetta di Viviani, avrebbe potuto voler fare la sua corsa, invece non c’è mai stata una spaccatura. Il terzo posto nel giorno del suo compleanno a Lione, Elia si era già chiamato fuori. E’ stato di un’onestà esemplare, tanto che nella tappa dello sterrato, si è rialzato, lo ha aspettato e hanno fatto la salita insieme».
Agli Europei su pista del 2019 ad Apeldoorn, Viviani ha vinto l’oro nell’eliminazioneAgli Europei su pista del 2019 ad Apeldoorn, Viviani ha vinto l’oro nell’eliminazione
La tensione del campione olimpico
Si sbaglierebbe a credere che il campione di Rio 2016 abbia vissuto il Tour con serenità, anche se il clima che ha respirato attorno a sé lo ha infine tranquillizzato.
«Ma all’inizio della corsa – ancora Damiani – era parecchio teso, molto in discussone con se stesso. Elia è il tipo che non si adagia sulle vittorie, fatta una, via la prossima. Ma è rimasto stupito nel sentire la fiducia della squadra, che non lo ha mai discusso e anzi lo ha coinvolto in ragionamenti sul mercato. Lo stesso Laporte, che nel 2019 ha vinto nove corse, ha sempre detto che sarebbe venuto al Tour per aiutare Viviani. Ed è stato di parola».
La strada insomma è ripida, ma non impossibile. Dopo il Giro, l’inverno che conduce alle Olimpiadi non ha ancora una forma. Hanno ragionato appena un po’ sull’ipotesi di andare al Tour Down Under per iniziare, ma nessuno alla fine di settembre avrebbe avuto voglia di guardare oltre. Per il futuro c’è tempo. Non troppo, a dire il vero…