Quando Jonas Vingegaard sale sul podio finale, il ricordo va per forza all’ultima volta che là sopra, vestito di giallo, vedemmo un italiano. Solo così è possibile capire l’emozione dei tifosi danesi e quella stessa del vincitore. In uno dei rari momenti di commozione, Jonas si guarda intorno e nel riconoscere sua madre e suo padre sente che forse quel cammino iniziato per sfida dai tempi della scuola lo sta portando davvero lontano.
Meeus ha tagliato il traguardo in linea con gli altri: sensazione di aver vinto, ma ha atteso il fotofinishFotofinish decisivo: primo Meeus, in alto, secondo Philipsen in basso. Terzo Groenewegen, quarto PedersenTappa a Meeus, il fotofinish è stato chiaro. Increduli in due: il vincitore e Marco HallerPrimo podio di giornata sui Campi Elisi: ecco dunque il vincitore MeeusMeeus ha tagliato il traguardo in linea con gli altri: sensazione di aver vinto, ma ha atteso il fotofinishFotofinish decisivo: primo Meeus, in alto, secondo Philipsen in basso. Terzo Groenewegen, quarto PedersenTappa a Meeus, il fotofinish è stato chiaro. Increduli in due: il vincitore e Marco HallerPrimo podio di giornata sui Campi Elisi: ecco dunque il vincitore Meeus
Sorpresa Meeus
L’ultima tappa se l’è presa Jordi Meeus e forse nessuo l’aveva scommesso, considerato che nelle precedenti volate aveva collezionato un sesto e due settimi posti.
«Questo è senza dubbio il miglior giorno della mia carriera – dice invece il belga di 25 anni – sapevo già dagli sprint precedenti di questo Tour che era possibile fare di più. Oggi è andato tutto alla perfezione. Mi sono sentito bene tutto il giorno e anche le gambe erano perfette. Grazie a Marco Haller e Danny Van Poppel mi sono ritrovato ben posizionato. Ho preso la ruota di Pedersen, poi sono uscito dalla scia e sono riuscito a passarli tutti. Considerato che questo è stato il mio primo Tour, porto a casa una grande esperienza e una vittoria che lo rende ancora più indescrivibile».
Magari alla Bora-Hansgrohe, venuta al Tour con grandi mire di classifica, il settimo posto di Hindley non basta, ma certo le due vittorie di tappa (con lo stesso Hindley e ora con Meeus) e un giorno in maglia gialla rendono il boccone assai più gustoso da digerire.
La Cervélo gialla in favore di fotografi: per Vingegaard la passerella di Parigi è nel pienoLa Cervélo gialla in favore di fotografi: per Vingegaard la passerella di Parigi è nel pieno
Jonas alla Vuelta
Vingegaard ha già raccontato ieri tutto quello che voleva dire, ma intanto si lascia andare con la promessa di tornare anche il prossimo anno e, aprendo la porta sulla Vuelta, inizia ad agitare sin d’ora i discorsi. «Voglio vincerla – dice il danese – non vado per fare il gregario, sarò un secondo capitano».
Non è un mistero che la Jumbo-Visma sia in corsa per vincere i tre grandi Giri del 2023 e per questo, racconta Richard Plugge, il piano di portare Jonas in Spagna era stato varato già da dicembre. Così, se finora la corsa spagnola era stata indicata come terreno di caccia per il vincitore del Giro Primoz Roglic, ora diventa un appuntamento da condividere.
«Avere due leader – provoca invece Patrick Lefevere, forse preoccupato – per loro potrebbe trasformarsi in uno svantaggio. Con noi, Evenepoel sarà chiaramente l’unico leader e per noi sarà un vantaggio».
«Adesso – dice Ciccone in maglia a pois – ho capito perché tutti parlavano di podio magico»Philipsen si accontenta del secondo posto, ma torna a casa con 4 tappe vinte e la maglia verdeFra Pogacar e Vingegaard grande stima, ma a quando la rivincita? Il danese farà la Vuelta, invece Tadej?«Adesso – dice Ciccone in maglia a pois – ho capito perché tutti parlavano di podio magico»Philipsen si accontenta del secondo posto, ma torna a casa con 4 tappe vinte e la maglia verdeFra Pogacar e Vingegaard grande stima, ma a quando la rivincita? Il danese farà la Vuelta, invece Tadej?
Onore al vincitore
Le ultime parole, prima di rifugiarsi nella meritata festa che chiude il Tour de France, sono quelle di Tadej Pogacar, che per ridere (ma neppure troppo) risponde a Vingegaard, poi lo applaude.
«Altro che piano per farmi fuori – sorride lo sloveno – l’unica volta che hanno provato a farmi fuori è stato sul Marie Blanque (la prima tappa dei Pirenei, ndr). Jonas stava meglio di me quel giorno, ma quando ha provato a liquidarmi il giorno dopo, la tappa l’ho vinta io. Quindi riguardo al piano di cui tanto parlano: nessuno mi ha fatto fuori, ho fatto tutto da me. Io e la mia brutta giornata. Mi sono fatto fuori da solo. Ma devo essere onesto su questo: in quei due giorni Jonas è stato eccezionale. Ha avuto due tappe in cui non potevo competere. Ho molto rispetto per lui: è un bravo ragazzo, uno dei migliori scalatori e per il momento il miglior corridore del Tour. Sono sicuro che avremo un brillante futuro insieme. Parliamo già come una coppia… (ride, ndr)».
La conferenza stampa all’arrivo, un anno dopo. La maglia gialla arriva al termine del protocollo e trova il modo di scambiare qualche battuta con Tom Dumoulin, che sta seguendo il Tour come opinionista dell’olandese NOS. Dopo l’arrivo, il vincitore del Giro 2017 si è fermato anche con Sepp Kuss per chiedergli della caduta in cui ha battuto la faccia sull’asfalto. Poi cominciano le domande e Vingegaard si racconta.
Ha l’espressione sollevata, in un modo o nell’altro il viaggio volge al termine. Fuori ha fatto un po’ di show, un grande passo per il suo essere riservato. Se ricordate il mondo in cui è cresciuto e i dettami imposti nel villaggio in cui è nato, di cui abbiamo raccontato lo scorso anno, capirete anche perché per il vincitore del Tour sia così difficile esporsi. Ha lanciato i fiori a una tifosa vikinga e fuori di testa e si è perso finalmente nell’abbraccio della compagna che gli ha passato il telefono.
Dal podio della maglia gialla, Vingegaard ha tirato i fiori a questa tifosa danese e impazzitaDal podio della maglia gialla, Vingegaard ha tirato i fiori a questa tifosa danese e impazzita
Cosa significa davvero per te questa seconda vittoria assoluta consecutiva?
Dovrebbe essere chiaro che sono molto contento. Il Tour è stato il mio più grande obiettivo quest’anno. Quindi è fantastico finire così. Mi sarebbe piaciuto vincere la tappa. Ho provato ad attaccare di sorpresa nel finale perché sapevo di non avere possibilità in volata contro Tadej, ma la cosa più importante era mantenere la maglia gialla. Devo ringraziare la mia squadra. Sono stati fantastici. Avevamo un piano ogni giorno e lo abbiamo eseguito nel modo giusto.
Qual è la più grande differenza rispetto all’anno scorso?
Che ho avuto più fiducia in me stesso e così anche la squadra. Sappiamo quali sono i miei punti di forza e sappiamo anche come sfruttarli al meglio. Penso che non tutti abbiano capito il nostro piano ogni giorno, ma l’abbiamo fatto e ha funzionato.
Il forcing della UAE sulla salita finale ha neutralizato in un attimo la fuga di Pinot e PidcockIl forcing della UAE sulla salita finale ha neutralizato in un attimo la fuga di Pinot e Pidcock
In cosa consisteva questo piano?
Non so se sia il caso di svelarlo. Se raccontiamo in che modo abbiamo eliminato Pogacar, forse lui potrebbe lavorarci sopra per il futuro. Potreste chiedere a Grischa (Niermann ndr) se vuole dire qualcosa di più o no.
Hai vinto il Tour due volte. Che ambizioni hai per il futuro?
Sicuramente ho altri obiettivi. Solo che il Tour è la gara più importante del mondo e per me è davvero speciale. E’ ancora troppo presto per dire cos’altro voglio provare, ma il Tour rimane speciale. Molto probabilmente tornerò l’anno prossimo per provare a vincere una terza volta.
Pogacar ha attaccato, Vingegaard lo ha seguito, Gall è rientrato: il finale è esploso cosìPogacar ha attaccato, Vingegaard lo ha seguito, Gall è rientrato: il finale è esploso così
Sei sembrato più forte in questo Tour, è una sensazione o c’è del vero?
L’anno scorso ho avuto alcuni infortuni e in un paio di occasioni sono stato male in primavera. Quest’anno è andato tutto liscio. Questo fa una grande differenza. Inoltre continuo a migliorare. Non il 20 percento all’anno, ma piccoli pezzetti qua e là.
Dopo la sua vittoria a Poligny, Mohoric ha rilasciato un’intervista molto emozionante su tutti i sacrifici che i corridori devono fare per avere qualche possibilità di ottenere qualcosa nel Tour.
La penso esattamente come lui. Tutti dobbiamo sacrificare molto e Matej lo ha espresso molto bene. Quando mi guardo indietro, quest’anno sono stato lontano dalla mia famiglia per 150 giorni. Non è così ovvio che tutti lo accettino. D’altra parte, seguire i nostri programmi mi dà fiducia. Ci alleniamo duramente e siamo molto precisi con l’alimentazione e so che facendo così, raggiungerò il mio massimo livello.
Kuss è caduto su Rodriguez ed è arrivato staccato, mentre lo spagnolo ha perso un posto nella generaleKuss è caduto su Rodriguez ed è arrivato staccato, mentre lo spagnolo ha perso un posto nella generale
L’anno scorso avevi queste stesse certezze?
Ho corso il mio primo Tour nel 2021, arrivando secondo. Quello è stato anche il periodo in cui ho iniziato a ottenere i primi risultati. E’ stato il primo anno in cui sono stato in grado di affrontare meglio la pressione. Ho lavorato per questo, ho dovuto impararlo. Dal momento in cui ci sono riuscito, ho iniziato a conquistare podi e vittorie.
Hai combattuto un duro duello con Pogacar fino a Courchevel e quel giorno Tadej ha dovuto arrendersi. Pensi che la vostra rivalità renda il ciclismo più popolare?
E’ bello avere rivalità nel ciclismo. Quest’anno c’è stata una grande battaglia, è stato incredibilmente difficile vincerla, è stato difficile uscirne vincitore e ne sono super felice. Tadej è stato molto duro, ma l’ho battuto. E credo che dovrò scontrarmi con lui ancora, magari anche il prossimo anno.
L’abbraccio con la compagna, che poi gli ha passato al telefono il Principe di DanimarcaL’abbraccio con la compagna, che poi gli ha passato al telefono il Principe di Danimarca
Correrai ancora quest’anno?
Ho bisogno di un po’ di tempo per pensarci. Voglio vedere come esco da questo Tour. L’anno scorso mi sentivo ancora bene, anche se mentalmente è stata molto dura. Cercherò di metabolizzare il tutto, prima di fare nuovi piani.
L’anno scorso si parlò di vita stravolta dopo il Tour, pensi che questa volta sarai in grado di affrontarlo un po’ più facilmente?
Ho detto spesso che non c’è mai stato un problema. La vissi in modo davvero facile e mi sono anche divertito. Certamente non è stato un prezzo pesante da pagare e penso che sarà così anche adesso. Nel frattempo, il principe Frederik di Danimarca ha chiamato Trine e lei me l’ha passato. Si è congratulato con me e ha detto che è stato impressionante che io abbia vinto il Tour due volte di seguito. Era molto felice per me.
Una provocazione di Andrea Agostini sui giornalisti è lo spunto per una riflessione sul ruolo di questa categoria. E sugli spunti offerti da questo Tour
Il covid dopo lo Svizzera, poi Pozzovivo è salito sullo Stelvio e ora è sull'Etna preparando la Vuelta. Interessante lettura della tattica di Pogacar al Tour
«Quando all’auricolare mi hanno detto che se avessi preso i successivi punti al Gpm avrei vinto la maglia a pois, ho davvero capito che ce l’avrei fatta. E’ stato un momento molto bello», parole di Giulio Ciccone che poco dopo su quel Gpm, ilCol de la Schlucht,transita per primo ed esulta. Urla come se fosse all’arrivo di una tappa. In qualche modo per lui il vero traguardo di giornata, ma potremmo dire di questo Tour de France, era proprio quella linea a 1.136 metri sui Vosgi.
In quel momento l’abruzzese ha matematicamente conquistato la maglia a pois. Un primato ambito, prezioso, cercato, sudato… Dopo l’esultanza sul Gpm tanto spontanea quanto bella, Giulio spinge il bottoncino della radio per congratularsi con la squadra. Era stato lui stesso a Courchevel a dirci che ormai quella maglia, che già indossava, era un obiettivo per tutti.
Tadej Pogacar (classe 1998) esulta con forza a Le Markstein. E’ il secondo successo in questo Tour per luiTadej Pogacar (classe 1998) esulta con forza a Le Markstein. E’ il secondo successo in questo Tour per lui
Urla Pogacar
A Le Markestein però ridono (quasi) tutti. Ride e urla anche Tadej Pogacar, che ha vinto la tappa e conquista una vittoria che probabilmente non sarà tra le sue più belle, ma che dà tanta speranza allo sloveno.
Quello del corridore della UAE Emirates è un urlo di sfogo. Una liberazione. E fa quasi strano vederlo festeggiare così. Ma dopo certe batoste e momenti difficili, per uno che non ci è abituato, è comprensibile. Oggi è sembrato correre con la voglia e la cattiveria di è solito a fare certe azioni, ma anche la consapevolezza di poterle prendere. E allora quell’urlo si capisce e assume tutt’altro aspetto.
«Oggi – ha detto Pogacar – mi sono sentito di nuovo me stesso. Sono stato bene dall’inizio alla fine della tappa ed è stato bello rivivere certe sensazioni dopo diversi giorni di sofferenza. Sono molto felice».
Vingegaard fra Gall, rivelazione di questo Tour, e Pogacar. Il danese: «Tutto è andato come previsto»Pinot, il più combattivo. «Oggi ho vissuto sensazioni uniche sui miei Vosgi. Da pelle d’oca»Il gruppo ha solcato territori verdi e bellissimi. E anche più freschiVingegaard dietro Gall, rivelazione di questo Tour. Il danese: «Tutto è andato come previsto»Pinot, il più combattivo. «Oggi ho vissuto sensazioni uniche sui miei Vosgi. Da pelle d’oca»Il gruppo ha solcato territori verdi e bellissimi. E anche più freschi
Gioiscono (quasi) tutti
Gioisce Jonas Vingegaard che mette in cassaforte il suo secondo Tour de France. Gioisce Felix Gall perché ha capito di poter iniziare a competere con i grandi. E fanno festa anche in casa Yates: Adam per la vittoria di Tadej e Simon per aver agguantato la quarta piazza.
E forse gioisce persino Thibaut Pinot, che ha regalato ancora una grande emozione a sé stesso e ai suoi tantissimi tifosi di tutto il mondo. Mentre era in fuga, c’è chi tifava per lui… e chi mente, ammettiamolo! Il vecchio Thibaut correva in casa. Era alla sua ultima occasione per fare bene alla Grande Boucle e si è preso la giusta passerella.
L’unico che non ride è Carlos Rodriguez che perde una posizione nella generale. Passa dal quarto al quinto posto, a vantaggio appunto di Simon Yates. Seppur giovane, il talento della Ineos-Grenadiers annovera l’ennesima caduta in carriera. Si complica la vita da solo.
Lui lotta ce la mette tutta. E’ fortissimo, basta vedere in che condizioni ha concluso una tappa da oltre 3.000 metri di dislivello, ma certo deve mettere a punto qualcosina.
Giulio ha vinto la maglia a pois: 1° Ciccone 105 punti; 2° Gall 92; 3° Vingegaard 89. Domani un Gpm di 4ª categoria che non cambierà la graduatoriaGiulio ha vinto la maglia a pois: 1° Ciccone 105 punti; 2° Gall 92; 3° Vingegaard 89. Domani un Gpm di 4ª categoria che non cambierà la graduatoria
Dopo Chiappucci
Ma in questo finale caotico, forse anche con qualche fuoco d’artificio in meno di quel che ci si attendeva, la notizia per gli italiani è la maglia a pois di Giulio Ciccone.
Il corridore della Lidl-Trek succede a Vingegaard – il danese lo scorso anno aveva vinto anche lquesta classifica – e per quanto riguarda gli italiani a Claudio Chiappucci. El Diablo siglò una doppietta tra il 1991 e il 1992.
Giulio aveva messo questa maglia tra gli obiettivi al via. A Bilbao si poteva pensare alla classifica, ad una tappa e al primato dei Gpm appunto.
Lo scorso anno fu terzo e capì che tutto sommato si poteva fare. «E’ il gran giorno – aveva detto prima della tappa Ciccone – può essere uno dei più belli della mia vita, ma anche uno dei peggiori. Dovremmo stare davanti». E Cicco e la sua squadra sono stati dei cecchini. Attenti. Nelle prime posizioni sin dal chilometro zero.
«Penso che abbiano fatto qualcosa di incredibile oggi. Devo ringraziare tutta la squadra perché siamo partiti con un piano e hanno fatto tutto alla perfezione. Questa maglia è per loro. Hanno fatto più della metà del lavoro. Ora voglio godermela».
«L’obiettivo principale di questo Tour era vincere una tappa, ci sono andato vicino, ma non ci sono riuscito. Alla fine va benissimo così».
Pogacar rimedia l'errore di ieri e vince a Oropa. La UAE questa volta non sbaglia un colpo. Lo sloveno conquista la rosa, incitato dai tifosi di Pantani
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Da manuale del ciclismo. Chi apprezza le finezze tecnico/tattiche di questo sport, non può non essere rimasto ammaliato dalla tappa di oggi. A Bourg en Bresse ha vinto Kasper Asgreen. Il danese della Soudal-Quick Step insieme ai compagni di fuga Victor Campenearts, Pascal Eenkhoorn e Jonas Abrahamsen è stato autore di una lunga azione da mangiarsi le unghie. Quattro passisti che hanno venduto cara la pelle. E il gruppo lo sapeva, tanto è vero che non ha mai lasciato loro troppo spazio.
Le squadre hanno consumato tanti uomini per rincorrerli e nel frattempo Alaphilippe, compagno di Asgreen, rompeva i cambi in gruppo. I due Lotto-Dstiny hanno puntato su un uomo, Eenkhoorn, e Campenaert ha tirato la volata. Okay hanno perso, ma la fuga è arrivata. Tecnicamente è a nostro avviso il gesto più bello di questo Tour dopo la stoccata di Lafay a San Sebastian.
Asgreen vince la volata a quattro a Bourg en BresseLa fuga è stata spinta da passisti come Campenaerts e lo stesso AsgreenDopo l’arrivo Asgreen ed Eenkhoorn si danno la mano: la sensazione è che la tappa l’abbiano vinta tutti e quattroAsgreen vince la volata a quattro a Bourg en BresseLa fuga è stata spinta da passisti come Campenaerts e lo stesso AsgreenDopo l’arrivo Asgreen ed Eenkhoorn si danno la mano: la sensazione è che la tappa l’abbiano vinta tutti e quattro
Questione controlli
Ma se a Bourg e Bresse si gioiva per Asgreen, a tenere banco al Tour de France quest’oggi è stata la notizia che riguardava i controlli a sorpresa fatti alla Jumbo-Visma e alla UAE Emirates al via ieri da Saint Gervais. A dare questa notizia è stato il media olandese WielerFlits.
Questo controllo, eseguito letteralmente dietro il palco del foglio firma, sui bus dei rispettivi team, ha creato stupore, perché probabilmente e fortunatamente a certe notizie non eravamo più abituati.
Perché dunque questi controlli antidoping? Subito è stato puntato il dito sulle prestazioni di Tadej Pogacar e soprattutto di Jonas Vingegaard. Sono stati controllati i due capitani e tutti i loro compagni.
I team hanno detto che questi controlli sono ben accetti, se servono ad allontanare i sospetti. Li hanno recepiti di buon grado, respingendo giustamente al mittente ogni tipo d’insinuazione più o meno velata che fosse. Lo stesso Vingegaard è stato preso d’assalto durante le conferenze stampa.
Il dottore dell’Astana-Qazaqstan, Emilio MagniIl dottore dell’Astana-Qazaqstan, Emilio Magni
Parola all’esperto
Quello su cui ci preme fare chiarezza però è capire tecnicamente cosa sia successo. E perché si sia verificata una situazione simile. E per farlo ci siamo rivolti al medico di un team WorldTour, il dottor Emilio Magni, in forza all’Astana-Qazaqstan .
Ci si è chiesto se i team in questo Tour abbiano dovuto firmare un accordo particolare, a prescindere dal fatto che appartengano o meno al MPCC (Movimento per un Ciclismo Credibile).
«E’ possibile – spiega il dottor Magni – che ci siano questo tipo di controlli. Non so chi li abbia effettuati, se la Nado, la Wada, ma il regolamento prevede che i corridori possano essere controllati. Sono in ambito di una competizione ed è pertanto legittimo effettuarli. L’appartenere o meno all’MPCC non centra nulla».
Questo ente ha più un valore divulgativo, di letteratura scientifica. Vuol mettere a disposizione dell’UCI i dati dei controlli fatti, le variazioni del passaporto biologico nell’arco dell’anno e rifiutano ogni forma di cortisone, anche quello a scopo terapeutico.
Pogacar esce dal bus, la sua squadra si è detta contenta per il controllo (foto Instagram – UAE Emirates)Pogacar esce dal bus, la sua squadra si è detta contenta per il controllo (foto Instagram – UAE Emirates)
Due ore
Jumbo-Visma e UAE Emirates non hanno aderito all’MPCC, come tanti altri team WorldTour del resto (lo hanno fatto soltanto in nove). Ma questo non vuol dire assolutamente nulla sulla loro lealtà, sia chiaro. Quello che stupisce è che questi controlli siano stati effettuati a distanza di un paio d’ore da altri controlli effettuati agli stessi team in albergo prima di venire alla partenza.
«Questa situazione – prosegue Magni – si era già verificata qualche anno fa. Addirittura in due mattine consecutive: controlli al risveglio e poi sul bus un paio di ore dopo. Questo per scongiurare che qualcuno, sentendosi “libero” dai controlli mattutini, potesse assumere qualcosa prima della partenza.
«In effetti era un po’ di tempo che non si verificava una situazione così, ma meglio un controllo in più che uno in meno. In questo modo chi viene testato può dimostrare di essere nel giusto e fugare ogni dubbio. E chi segue questi atleti (i tifosi, ndr) ha fiducia nei loro confronti».
In realtà un caso simile, di controlli sul bus a ridosso del via, era accaduto anche lo scorso anno al Giro d’Italia. Questi controlli avevano coinvolto un altro team WorldTour, ma la motivazione era prettamente logistica, se così possiamo dire. In pratica i controllori si erano presentati tardi in hotel e quindi avevano eseguito il prelievo sul bus.
La Jumbo-Visma ha respinto ogni accusa di doping, parlando del grande lavoro svolto (da mesi) per questo Tour preparato in ogni minimo dettaglioLa Jumbo-Visma ha respinto ogni accusa di doping, parlando del grande lavoro svolto (da mesi) per questo Tour preparato in ogni minimo dettaglio
Due tipi di test
Un altro aspetto che fa riflettere riguarda la maglia gialla. In 48 ore Vingegaard ha subito quattro controlli sangue-urine. Non poco.
«Ci sono due tipi di controlli – spiega Magni – quello per il passaporto biologico e quello antidoping. Il primo va a cercare il numero dei globuli rossi, dei reticolociti e altri parametri che indicano il “consumo” di sangue. L’altro le sostanze illecite. Sono metodologie differenti che possono persino avvenire nello stesso momento. Non troppo tempo fa mi è capitato di avere quattro controlli: due ragazzi per il passaporto biologico e due per l’antidoping.
«Per fortuna che i prelievi di sangue, che possono arrivare anche a 15 cc, non influiscono sulla salute e sulle prestazione dell’atleta. Il corpo umano ha 5 litri di sangue, quindi parliamo dello “zero virgola”… Vingegaard non è stato danneggiato insomma».
COURCHEVEL – «Non lo so – dice Pogacar appena tagliato l’arrivo – è come se abbia cercato di mangiare il più possibile, ma niente andasse nelle mie gambe. Come se tutto rimanesse nel mio stomaco e dopo tre ore e mezza mi sia letteralmente svuotato. Ero davvero vuoto ai piedi della salita. Pensavo che avrei perso dell’altro terreno, ma ho continuato a lottare con Marc (Soler, ndr) fino al traguardo. Sono grato ai miei compagni di squadra e agli amici. Non sono andato male per la caduta, non fa così male. Oppure forse ha influenzato il mio corpo, non lo so. Penso che stavo meglio nella quinta tappa che oggi. E’ stato uno dei miei giorni peggiori sulla bici. Spero di riprendermi e di fare qualcosa di buono sabato prossimo. La squadra è stata fortissima, sarebbe comunque grandioso essere in due sul podio».
Il passivo dello sloveno è stato di 7’37” da Gall, 5’45” da VingegaardIl passivo dello sloveno è stato di 7’37” da Gall, 5’45” da Vingegaard
«Sono morto»
L’altiporto di Courchevel è un ribollire di giornalisti che spingono e inservienti che li allontanano. La fila dei tifosi sta riguadagnando la funivia verso valle, i corridori raggiungono il piazzale dei pullman.
C’è stato un momento a 14,5 chilometri dall’arrivo in cui Pogacar ha parlato con l’ammiraglia: «Devo mollare – ha detto – sono morto!». Il direttore sportivo ha capito e ha chiesto a Soler di restare con lui. A quel punto la resa è stata chiara per tutti.
«Abbiamo superato mille difficoltà – ha scritto qualche giorno fa il suo manager su Instagram – ballato con i coccodrilli per avere la speranza di correre il Tour. Adesso alla fine della seconda settimana sei andato oltre, stai lottando tappa dopo tappa per un nuovo grande traguardo. Le persone giudicano tutto in base ai risultati, ma dietro c’è molto di più».
La terza settimana ha calato la sua legge. Non è il tempo delle analisi, perché l’umore di Tadej è già abbastanza compromesso. Essere ancora qui a lottare dopo due mesi senza corse è già tanto, ma è chiaro che prima o poi si dovranno analizzare tutte le situazioni. E’ stato fatto davvero tutto il meglio?
La crisi è arrivata a 14,4 chilometri dall’arrivo, quando Tadej non ha più retto il passo del gruppo maglia giallaLa crisi è arrivata a 14,4 chilometri dall’arrivo, quando Tadej non ha più retto il passo del gruppo maglia gialla
Poteva correre prima?
La crono ha scavato in profondità nella psiche del campione. Se già lo scorso anno ci chiedemmo come avrebbe reagito Pogacar alla prima sconfitta, questa volta c’è da capire per quanto tempo se la porterà addosso. Va bene che Tadej sembra impermeabile a tutto, ma un uomo dello staff UAE Emirates stamattina ha raccontato che per la prima volta da quando lo conosce, ieri sera lo ha visto rassegnato.
Perché Pogacar non ha corso fra la Liegi e il Tour? Volendo considerare il tempo più ampio per la guarigione dello scafoide, due mesi sono un intervallo assolutamente enorme. Non sarebbe stato opportuno portarlo a correre, permettendogli di costruire una condizione meno effimera di quella messa insieme andando a Sierra Nevada con la compagna e poi con la squadra a Sestriere? Prepararsi per vincere un Tour richiede che non ci siano passaggi a vuoto, che non si tralasci nulla. Pogacar è un capitale dello sport mondiale, un beniamino del pubblico per il suo modo generoso di correre, ma la costruzione di un Tour è ben altra cosa.
Vingegaard ha scavato ancora di più il solco. E all’arrivo ha risposto con grande calma ad alcune domande scomodeVingegaard ha scavato ancora di più il solco. E all’arrivo ha risposto con grande calma ad alcune domande scomode
E’ mancato qualcosa?
Il crollo di oggi forse è stato causato dal contraccolpo nervoso dopo la crono. E’ vero che la prova di Tadej è stata eccellente, ma ciò non toglie che negli ultimi 4 chilometri la sua pedalata sia stata di un’agilità meno produttiva del solito, come scontando una stanchezza inattesa.
Dal momento dell’incidente, sarebbe servito probabilmente un piano più severo fino al Tour. Correndo anche il Giro di Slovenia, ad esempio, pur subendo distacchi ogni giorno. Non si può arrivare al Tour, sapendo che l’ultima corsa a tappe di stagione sia stata la Parigi-Nizza fatta a marzo. E’ vero che l’attitudine alla fatica non si perde, ma la sensazione è che mentre Vingegaard lavorava sodo e i suoi tecnici accanto a lui, nel clan della UAE Emirates qualcosa non abbia funzionato alla perfezione. E se nel momento massimo della sfida, sai che ti manca qualcosa, ti viene più facile rialzarti che gettare l’anima sulla strada.
Matxin ha reso merito a Vingegaard e raccontato la serata difficile di PogacarMatxin ha reso merito a Vingegaard e raccontato la serata difficile di Pogacar
Il momento del bisogno
Al pullman della squadra c’è Matxin che ci mette la faccia e forse ha ragione lui a dire che basterebbe riconoscere merito al rivale e voltare pagina.
«Quando uno va più forte – dice lo spagnolo – devi riconoscerlo. Nessuno ha detto che Tadej sia sul tetto del mondo del ciclismo. Ci sono altri corridori che si allenano, fanno sacrifici e che hanno anche loro due gambe. Vingegaard è stato più forte in questo Tour, non servono altre spiegazioni. Non ha sbagliato nulla, è stato su un altro livello.
«Tadej è un ragazzo realista. Dopo il passivo di ieri ed essendosi accorto di non stare tanto bene, sapeva che non sarebbe riuscito a spaccare le ossa a tutti. Ieri sono andato in camera sua a dargli un abbraccio e un bacio. Volevo sapesse che nei momenti difficili ha Matxin al suo fianco, pronto per difenderlo. Sono momenti in cui dobbiamo sapere quali sono le persone su cui contare. Negli altri momenti, tutti sono capaci di stargli accanto e chiedergli la foto».
Dopo la vittoria del Lombardia, abbiamo chiesto a Pogacar con quale criterio scelga i freni della sua Colnago. Comanda il peso, non ci sono altre regole
Cosa ha lasciato il dominio di Pogacar nella testa di Vingegaard? E cosa ci dice lo strapotere di Tadej? Lo abbiamo chiesto alla psicologa dei campioni
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COMBLOUX – «Non è andato piano Tadej, è andato forte Vingegaard», è questa la sintesi di quanto raccolto nel clan della UAE Emirates pochi minuti dopo la cronometro individuale Passy-Combloux. Lo sloveno subisce forse la più importante sconfitta della sua carriera. Le altre (poche) volte in cui era stato battuto era stato lui a non essere al top, ma stavolta no.
Jonas Vingegaard gli rifila 1’38” e Tadej Pogacar a sua volta ne dà 1’14” a Wout Van Aert. Nessuno ipotizzava distacchi simili. Ieri Malori ci aveva parlato di circa 1” al chilometro, semmai il danese avesse guadagnato. E di una ventina di secondi ci aveva detto anche Contador questa mattina. Ma questo è davvero uno shock.
Ore 10:13, Tadej Pogacar arriva in zona bus per la ricognizione. Un breve salto sul bus e poi parte Ore 10:13, Tadej Pogacar arriva in zona bus per la ricognizione. Un breve salto sul bus e poi parte
Preoccupazione caldo
Tadej ormai lo abbiamo imparato a conoscere: se cade il mondo lui fa un passo di lato. Supera tutto con facilità, ma è sempre più probabile che c’è una cosa che turba la sua proverbiale serenità. E questa cosa si chiama caldo.
Questa mattina quando è arrivato in partenza per la ricognizione aveva detto ai suoi che nel pomeriggio non si sarebbe voluto scaldare sotto la tenda del bus. Aveva tirato su gli occhi, aveva visto dove avrebbe girato il sole e chiesto di fare i rulli da un’altra parte.
Il meccanico, Claudio Bosio tra i più saggi, aveva proposto il motorhome dei meccanici stessi. «Il nostro camion è tranquillo, c’è l’aria condizionata e lo abbiamo già liberato». A quel punto Andrej Hauptman, qui il primo diesse, aveva dato l’okay.
E in effetti il caldo c’è, ma non tanto per le temperature alte, quanto piuttosto per l’umidità.
Tadej parte. E va forte. «Ha siglato una delle sue prestazioni migliori di sempre», ci confida Matxin dopo l’arrivo. E forse questo è ancora più grave in ottica futura. Cosa può pensare il corridore? Fosse stato in giornata no, okay… ma così è difficile trovare appigli.
Hauptman ha parlato con noi. Ha allargato le braccia, ma senza nulla da rimproverare al suo atletaHauptman ha parlato con noi. Ha allargato le braccia, ma senza nulla da rimproverare al suo atleta
Onore a Vingegaard
«Incredibile – ha detto Hauptman – Jonas oggi ha fatto qualcosa di fantastico, ha anche guidato benissimo. Non possiamo non congratularci con lui. Il cambio bici? Non credo gli sia costato troppo o che abbia perso la crono lì. E comunque prima di fare certe scelte noi facciamo i nostri calcoli e avevamo visto che sulla bici da strada in salita Tadej riusciva ad esprimere più watt. Credo anche che abbiamo cambiato nel punto giusto, un punto ripido così da perdere meno tempo perché lì si va più piano».
«Cosa dire: domani è un altro giorno, ci aspetta una tappa molto dura. E lo stesso nella tappa venti. Da parte nostra continueremo a lottare per la maglia gialla. Intanto pensiamo a vincere la tappa».
Sentire un esponente del clan UAE Emirates che parla di tappa fa capire tante cose. E’ vero che sono parole raccolte a caldissimo, ma forse hanno visto che su certi valori proprio non ci sono, almeno se questo è il vero Vingegaard. Meglio dunque raccogliere quel che si può. Anche perché quando dicono di voler vincere la tappa bisogna considerare che Adam Yates è salito in terza posizione.
Pogacar ha già reagito una volta in questo Tour de France. E la speranza è che non si arrenda. La differenza però è che l’altra volta sui Pirenei era stato lui ad andare più piano. «Può starci che si demoralizzi, ma è un campione e saprà reagire», aggiunge Hauptman.
All’arrivo Tadej era stanco, ma non stremato. Forse era frastornato dalla prestazione di VingegaardAll’arrivo Tadej era stanco, ma non stremato. Forse era frastornato dalla prestazione di Vingegaard
Ma quale resa…
«Un po’ sono deluso – ha detto Pogacar – se devo essere onesto non mi sono sentito al meglio nella seconda parte della crono, anche se comunque sono andato abbastanza bene. Ora però c’è un grande divario, speravo in un gap minore. Anzi, speravo di essere in giallo oggi. Spero oggi sia stata una tappa come quella del Marie Blanque e che domani possa avere gambe buone».
Tadej ha affrontato una crono difficile anche dal punto di vista del morale. Era prima felice per il vantaggio su Van Aert e poi ha saputo di perdere nei confronti di Vingegaard.
«E’ stato un piccolo shock – dice lo sloveno – ho cercato di limitare i danni e dare tutto».
Ma poi ecco le parole più belle: «Se domani piove posso promettervi che sarà una giornata interessante. Ci sono altre due tappe davvero difficili da affrontare. Può accadere qualsiasi cosa e chiunque può avere un passaggio a vuoto. Guadagnare due minuti non è facile, ma noi ci proviamo».
Sul podio per la maglia bianca il sorriso di Tadej non era il solito…Sul podio per la maglia bianca il sorriso di Tadej non era il solito…
Questione di materiali?
Stasera riordineranno le idee, questo è certo. E tra coloro che avranno un bel da fare c’è Marco Marcato. Il direttore sportivo non era certo il volto della felicità, ma la sua disanima è stata più che mai lucida.
«Questo sicuramente era un test importante. Vingegaard è stato un gradino sopra agli altri oggi, ma ci sono ancora le tappe di domani e di sabato. Il ciclismo non è matematica. Nulla è scontato. Anche Vingegaard potrebbe pagare gli sforzi. Oggi tutti sono andati a tutta».
Con Marcato si parla anche di materiali. Sappiamo quanto ci lavorino in Jumbo-Visma. «Magari – spiega Marcato – delle differenze possono anche esserci, ma semmai ci fossero sarebbero nell’ordine dei secondi. Qui parliamo di quasi 1’40” in 22 chilometri e Pogacar stesso è andato più forte di molti di loro».
Lo sloveno ha siglato un’ottima prova, è il danese che è letteralmente volato. Ora in classifica ha un ritardo di 1’48”Lo sloveno ha siglato un’ottima prova, è il danese che è letteralmente volato. Ora in classifica ha un ritardo di 1’48”
Non finisce qui
Marcato è stato un corridore e lo è stato fino a pochi anni fa. Certe sensazioni le ha ancora fresche e conosce questo ciclismo. Con lui si parla anche dell’aspetto psicologico.
Nelle tappe precedenti avevamo visto che ad un certo punto Tadej scattava e Jonas, seppur di poco, si staccava. L’ultima volta invece il danese non ha perso un centimetro e anzi ha rilanciato. Visto che sono sul filo certi dettagli possono fare la differenza? Possono insinuare qualche tarlo nella testa del corridore? Di Pogacar in questo caso…
«Probabilmente qualcosina avrà anche influito tutto ciò e un tarlo glielo avrà messo, però Tadej si è sempre rialzato. E’ un campione e secondo me ha ancora qualcosa da dare e da dire in questo Tour de France. Ne sono sicuro».
La rincorsa di Egan Bernal alla migliore condizione procede alacremente. Il colombiano esce da una bella Liegi. Gambe e morale sono in netto miglioramento
COMBLOUX – «Il Tour è finito oggi!». Il radiocronista di lingua spagnola sta comunicando fuori onda con i colleghi e sintetizza così la tappa appena conclusa. Pogacar è andato forte, Vingegaard di più. Spazzate via le perplessità e i piccoli distacchi dei giorni scorsi. Oggi è finita l’uguaglianza. E adesso nel clan della maglia gialla si fa fatica a tenere a bada l’entusiasmo.
Vingegaard è partito subito aggressivo, ma è riuscito a salvare forze per il finaleVingegaard è partito subito aggressivo, ma è riuscito a salvare forze per il finale
Ancora freschissimo
Kuss sui rulli risponde a domande. Van Aert, arrivato terzo, poggiato a un’ammiraglia risponde a domande. Jonas ha rifilato 1’38” allo sfidante sloveno e addirittura 2’51” al compagno belga. Gli equilibri sono tutti saltati, Vingegaard ha gettato la maschera ed è volato sui 22,4 chilometri in 32’36” a 41,227 di media.
«Jonas ha dimostrato oggi che è ancora freschissimo – dice il diesse Arthur Van Dongen – l’ultima settimana è iniziata e questo spesso è decisivo in un grande Giro. Finora la differenza l’avevano fatta solo gli abbuoni, ora sarà bello non doversene preoccupare. Ma il Tour non è finito. Domani mi aspetto un duello super difficile sopra i 2.000 metri. Sappiamo che Pogacar farà ancora i fuochi di artificio. Deve provarci, ma andiamo alla sfida con fiducia. Non sarà una sorpresa, ha reagito anche l’anno scorso e penso che lo farà di nuovo domani. In una corsa così dura, penso che decideranno le gambe».
Intorno alle 10,30 del mattino, Vingegaard ha provato il percorso. La Jumbo non ha mai valutato il cambio di biciIntorno alle 10,30 del mattino, Vingegaard ha provato il percorso. La Jumbo non ha mai valutato il cambio di bici
Cambio bici? No, grazie
Stamattina Jonas è stato il primo ad arrivare al pullman. L’hotel della Jumbo-Visma si trova a Saint Gervais les Bains, pochi chilometri dal via di Passy. Avrebbe provato la crono e poi sarebbe tornato in hotel per ingannare l’attesa. Sereno, senza particolari tensioni in volto. E’ arrivato, ha preso la bici da crono. Ci ha messo il computerino e si è avviato per provare il percorso.
«Stamattina – dice Grischa Niermann, il tecnico che lo ha seguito sull’ammiraglia – non abbiamo valutato il cambio di bici. Siamo venuti a vedere il percorso ad aprile e a quel punto sapevamo già che non avrebbe dato alcun vantaggio. Non ho ancora visto i numeri, ma Jonas è andato molto veloce, penso che sia stata la sua miglior crono di sempre. E’ partito subito aggressivo, ma avevamo anche ragionato sul fatto che doveva tenere qualche riserva per l’ultima parte, quindi penso che sapesse cosa stava facendo».
«Stavamo lavorando a questa crono da mesi – gli fa eco ancora Van Dongen – le crono come questa non si preparano negli ultimi giorni, ma con mesi di anticipo, sin da quando il Tour viene presentato. Stamattina abbiamo visto Pogacar fare questa prova in allenamento, ma non ci ha condizionato. Ogni squadra ha le sue strategie. E non credo che il cambio di bici lo abbia penalizzato. Era in ritardo già prima…».
All’arrivo però Vingegaard era stremato: neanche lui si aspettava di dare oltre 4″ a chilometro a PogacarAll’arrivo però Vingegaard era stremato: neanche lui si aspettava di dare oltre 4″ a chilometro a Pogacar
Quattro secondi a chilometro
E poi arriva lui, il missile giallo che oggi ha preso a sberloni l’avversario, con una prestazione così prepotente da fare per due volte il conto dei distacchi sulle dita. Più di 4 secondi per chilometro: sono i distacchi con cui Indurain rispediva a casa Bugno e Chiappucci, quelli con cui Ullrich umiliava Pantani. Pogacar reagirà come Marco nel 1998?
«Mi sentivo benissimo – dice Vingegaard – penso che sia stata la migliore cronometro che abbia mai fatto. Sono davvero orgoglioso e felice della vittoria. Avevamo diviso la crono in tre, probabilmente quattro sezioni, ma c’era così tanto baccano che non sentivo bene la radio. Prima quella pianeggiante, poi la salita fra il tratto pedalabile e quello più duro, infine l’ultima parte. Quindi sono andato abbastanza forte fino alla salita e poi fortissimo nei tratti più impegnativi.
«Ho cercato di recuperare nella discesa, ho provato a trattenermi nel tratto pianeggiante e ho dato tutto nel finale. Ad essere onesti, non pensavo di andare così forte. Sono sorpreso della cronometro che ho fatto, ma non fatemi dire che il Tour è finito qui. Ci sono ancora molte tappe difficili da affrontare, quindi dobbiamo continuare a lottare».
Van Aert terzo all’arrivo e stremato: anche lui ha adottato la stessa strategia del compagnoVan Aert terzo all’arrivo e stremato: anche lui ha adottato la stessa strategia del compagno
Pronti per il contrattacco
Van Dongen, che salta dall’inglese all’olandese, è dello stesso avviso. Nessuno si illude che Pogacar si arrenderà. E anche se gli attacchi che ha fatto sinora non sono stati troppo incisivi, la tappa di domani ha una salita lunghissima su cui tutto può accadere.
«Domani è una bella tappa – spiega – e per fortuna abbiamo una buona squadra. Arrivare fino a qui è costato a tutti parecchie energie. E’ vero che negli ultimi giorni abbiamo corso di riserva cercando di salvare le gambe, ma quando uno come Pogacar ti attacca, non lo lasci andare per non stancarti».
Maglia gialla consegnata da Hinault, l’uomo dei 5 Tour, che su questa salita vinse i mondiali del 1980Maglia gialla consegnata da Hinault, l’uomo dei 5 Tour, che su questa salita vinse i mondiali del 1980
La memoria di Van Aert
Il saluto, prima che Vingegaard sparisca nel dedalo delle premiazioni e Van Aert decida di averne avuto abbastanza, lo affidiamo proprio al gigante belga. Per prendere le sue parole, abbiamo beccato un quantitativo incredibile di gomitate, ma per lui ne vale sempre la pena.
«Sono soddisfatto del terzo posto – dice – ho recuperato molto sull’ultima salita, durante l’ultima parte stavo morendo. E’ bello essere riuscito a tenere lontani tutti, tranne quei due. Sono stato il primo delle persone normali.
«Nessuno si aspettava un tale divario fra Jonas e Pogacar. Mancano ancora pochi giorni a Parigi. Abbiamo già perso un Tour all’ultimo minuto e l’abbiamo vinto noi stessi lottando fino alla fine. Ora dobbiamo cercare di recuperare al meglio e tenere la testa alta, perché domani sarà un’altra tappa molto dura».
PASSY – Siamo nell’ultima settimana di questo combattutissimo Tour de France, poche ore e probabilmente ne sapremo qualcosa di più sulla maglia gialla di Parigi. Manca poco alla crono individuale, l’unica di questa Grande Boucle, da Passy a Combloux.
E mentre risaliamo la Cote de Domancy, già affollata di ciclisti e camper, ne approfittiamo per sentire un parere tecnico sulla sfida che verrà fra Tadej Pogacar e Joans Vingegaard. Al telefono c’è Adriano Malori, il “re” delle crono italiane di qualche anno fa.
La Cote de Domancy, che vide anche i mondiali del 1980, diventa più dura man mano che si sale. Una volta in cima prosegue in falsopianoLa Cote de Domancy, che vide anche i mondiali del 1980, diventa più dura man mano che si sale. Una volta in cima prosegue in falsopiano
Adriano, ci siamo. Inizia la terza settimana con questa crono: chi vedi favorito?
Domani vince Vingegaard o comunque arriva lui davanti a Pogacar. Di base è più forte di Tadej a crono. Quest’anno le prove contro il tempo che ha fatto le ha vinte quasi tutte e anche lo scorso anno nello scontro diretto era andato più forte di lui. Senza contare che nel finale aveva mollato un po’ per far vincere il compagno Van Aert (cosa che si è vista anche nella serie sulla Jumbo-Visma del Tour 2022, ndr).
Del percorso cosa ci dici? Questa cote per esempio ha dei tratti al 13-14% e una volta in cima non spiana, ma continua a tirare: 2-5 per cento la pendenza…
Il percorso è dunque relativamente simile a quello dell’anno scorso: vallonato, duretto. Sarà una crono per chi ha tante gambe.
Quali segnali hai visto dalla tappa di ieri?
Un segnale chiaro: sin qui quando Pogacar scattava l’altro seppur di poco si staccava. Ieri tutto ciò non è accaduto e addirittura Vingegaard lo ha battuto nella volata del Gpm. Anche per questo lo vedo favorito. In più c’è un fattore tanto semplice quanto fondamentale da valutare.
Quale?
E arrivato il grande caldo ed è ormai un dato di fatto che Pogacar lo soffre. L’anno scorso fino a che c’è stato il fresco e il cattivo tempo dominava, come è arrivato il caldo è andato in difficoltà, tanto da pagare dazio non solo nel giorno del Galibier, ma anche verso Hautacam.
Pogacar quest’anno ha disputato solo due crono, una delle quali il campionato nazionale (nella foto di @alenmilavec) dove la concorrenza non era di certo proibitivaPogacar quest’anno ha disputato solo due crono, una delle quali il campionato nazionale (nella foto di @alenmilavec) dove la concorrenza non era di certo proibitiva
Adriano, hai parlato di temperatura: inciderà parecchio?
Assolutamente sì. Okay, siamo sulle Alpi e farà un po’ più fresco, ma da quel che noto è caldo anche lì. Vedo i corridori bagnarsi spesso e bere tanto. E poi parliamo di una crono: consideriamo i rulli, il riscaldamento, il body, il casco. Ecco questo del riscaldamento è un aspetto molto importante. Il pre-crono domani potrebbe essere più importante della crono stessa. Gli atleti dovranno essere bravi spingere il giusto sui rulli e a non surriscaldarsi.
Che distacchi ci possiamo attendere?
Anche se è corta credo che resteranno entro i 30”. Presumibilmente credo che Pogacar possa perdere un secondo a chilometro, quindi 20”-25” in totale.
Sul piano dei materiali chi è avvantaggiato tra i due?
E’ vero che Cervélo è più avanti con gli studi, ma è anche vero che in casa UAE Emirates hanno fatto dei passi in avanti e ormai sono pressoché alla pari. In più vediamo che questi grandi team quando ne hanno bisogno corrono con materiali senza marchi, perché si comprano i pezzi che più ritengono performanti, quindi sotto questo aspetto siamo alla pari direi.
Per Malori avere un riferimento di primo ordine all’arrivo è importante per gestire la crono. Qui Van Aert e VingegaardPer Malori avere un riferimento di primo ordine all’arrivo è importante per gestire la crono. Qui Van Aert e Vingegaard
Invece per quanto riguarda i riferimenti con gli altri ragazzi forse Vingegaard è avvantaggiato visto chi ha in squadra. E poi. Sono davvero importanti?
Sì, sì… sono importanti. Un compagno specie se va forte può darti indicazioni preziose sia sulla gestione dello sforzo ma anche sulle condizioni del percorso: ti dice dove l’asfalto è più scorrevole, dove ci sono avvallamenti. E’ utile per il vento, se questo non gira. Ed è presumibile che Vingegaard possa fare la crono sui tempi di Van Aert, il quale potrebbe essere in testa quando parte lui. In più poco prima ha anche Kuss che è in classifica e a crono se deve spingere non va piano.
Insomma ci attende una sfida anche di nervi…
Sì, sono i più forti e sono lì, forse non è mai successo così alla pari. Di certo fino a pochi giorni fa Vingegaard tremava quando quell’altro scattava, anche se gli guadagnava poco. Sono talmente al limite che nessuno dei due può commettere errori nei confronti dell’altro, perché come sbagliano perdono. Guardate la giornata no di Pogacar sui Pirenei: ha perso un minuto. anche per questo dico che la crono sarà l’ago della bilancia di questo Tour.
Un pronostico per domani?
Van Aert, Vingegaard, Kung e poi ad una ventina di secondi o poco più Pogacar, salvo giornate storte o imprevisti.
A tu per tu con Filippo Baroncini sulla cronometro. Quanto può e vuole investire su questa disciplina? Di certo numeri, risultati ed età sono dalla sua
MORZINE – Pari e patta. Anche oggi le due star del Tour si sono sfidate testa a testa e la conferma che si trae sull’arrivo è che i due sostanzialmente si equivalgano. Carlos Rodriguez ha vinto la tappa, anche perché una moto dell’Equipe e una della televisione, quasi ferme in mezzo alla strada, hanno costretto Pogacar e Vingegaard a fermarsi durante l’ultimo scatto. A quel punto sulla testa della corsa è calata una cortina di torpore e Rodriguez ha riguadagnato terreno.
Carlos Rodriguez, spagnolo classe 2001, marca la terza vittoria spagnola al TourCarlos Rodriguez, spagnolo classe 2001, marca la terza vittoria spagnola al Tour
I piani di Vingegaard
Adesso c’è da capire chi dei due terrà questa condizione sino in fondo o chi eventualmente dovrà calare. Il lavoro ai fianchi di Pogacar riuscirà a demolire le difese di Vingegaard? Oppure il danese, sornione e cinico, sta prendendo le misure al rivale, riservandosi di sparare tutte le sue cartucce in un giorno prestabilito, come fu lo scorso anno sul Granon?
«Penso ancora – dice la maglia gialla – che a un certo punto ci saranno differenze maggiori fra noi. Facciamo sempre dei piani, l’anno scorso come quest’anno. Noi continuiamo a seguire quello che abbiamo progettato e forse sarò in maglia gialla a Parigi. Manca qualcosa più di una settimana. Pogacar ha fatto un bell’attacco, io ho preso il mio tempo e alla fine sono riuscito a raggiungerlo. Ho anche guadagnato un secondo, ora ne ho 10 di vantaggio. Non so dire se ne esco vincitore, ma sono soddisfatto. Stiamo andando molto veloci, più dello scorso anno. Siamo felici di quello che abbiamo fatto. Voglio ringraziare tutti i compagni che hanno lavorato sodo».
Poagacar ha attaccato forte, ma non è riuscito a distanziare VingegaardPoagacar ha attaccato forte, ma non è riuscito a distanziare Vingegaard
La lettura di Vanotti
Probabilmente la riflessione giusta la faceva stamattina alla partenza da Annemasse quella vecchia volpe di Alessandro Vanotti, che il Tour lo vinse nel 2014 accanto a Vincenzo Nibali.
«Non credo che Vingegaard sia in calo – ha detto il bergamasco – fateci caso. Quando Pogacar lo attacca, lui si spinge fino ad un certo punto, poi è come se chiudesse il gas per non andare fuori giri. Prende la sua velocità e non molla. Lo tiene nel mirino e poi semmai torna sotto».
Esattamente quello che è successo oggi sul Col de Joux Plane. Pogacar ha messo Yates a tirare e poi ha attaccato, guadagnando un massimo di 5 secondi. Voltandosi ripetutamente, mentre l’altro faceva il suo ritmo e alla fine è riuscito a riprenderlo, dando la sensazione di non essere affatto sfinito. Considerando che il Tour è appena giunto a metà strada, viene da chiedersi quale sia la tattica che paga maggiormente.
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Le tattiche di Pogacar
Pogacar bisogna capirlo e probabilmente aspettarlo alla distanza. Sa di dover attaccare oppure vuole farlo. Potrebbe aspettare la crono, ma la sensazione è che fra i due sia in corso anche una guerra psicologica per eleggere il maschio alfa.
«Tadej è un ragazzo intelligente – spiega Gianetti, team principal della UAE Emirates – non devi dirgli le cose per tre volte. Cosa deve fare? Ha capito che la differenza tra lui e Vingegaard è minima e quindi deve correre bene, non può buttar via energie perché l’altro è un gran corridore. Sappiamo che sulle grandi montagne abbiamo un blocco più completo rispetto alla Jumbo, fermo restando che loro hanno un super Kuss, che da solo fa un lavoro eccezionale.
«Speravamo che il lavoro fatto fosse già sufficiente e a Bilbao eravamo contenti. Invece abbiamo perso terreno nella prima tappa pirenaica, forse per le troppe energie spese prima. Però Tadej ha avuto una bella reazione e ha iniziato a migliorare. Certo, parliamo di una crescita comunque minima. Vingegaard è arrivato con un’ottima condizione e la sta mantenendo, Tadej ha trovato l’equilibrio che cercava».
Dopo l’arrivo, lo sloveno era stremato e disidratato. In ogni caso è stata una tappa molto tirataLe due moto hanno frenato lo slancio di Pogacar, i primi due completano lo Joux Plane a passo d’uomoSul traguardo di Morzine, lo sprint dello sloveno è una ben magra consolazioneGianetti sta seguendo da vicino i progressi di Pogacar, ma ha grande rispetto per VingegaardDopo l’arrivo, lo sloveno era stremato e disidratato. In ogni caso è stata una tappa molto tirataLe due moto hanno frenato lo slancio di Pogacar, i primi due completano lo Joux Plane a passo d’uomoSul traguardo di Morzine, lo sprint dello sloveno è una ben magra consolazioneGianetti sta seguendo da vicino i progressi di Pogacar, ma ha grande rispetto per Vingegaard
Rodriguez e la Bmx
In tutto questo, quel lungagnone di Carlos Rodriguez è rientrato sui due subito prima che iniziasse la discesa e poi li ha lasciati lì a sfidarsi anche nella picchiata.
«E’ una sensazione incredibile essere qui – dice lo spagnolo – vincere lo è ancora di più. Non so se riuscirò a salire sul podio, anche gli altri sono molto forti. Lo prenderò giorno per giorno, cercando di fare del mio meglio e sperando che da qui in poi le mie gambe mi rispondano. Quando stavo inseguendo Pogacar e Vingegaard, mi sono concentrato per rendere il resto della salita il più breve possibile. Salivano molto forte, però a un certo punto hanno iniziato a guardarsi e questo mi ha permesso di riprenderli. Poi in discesa, mi sono concentrato solo a scendere il più velocemente possibile. So di andare forte, ho vinto per questo e per i tanti anni di Bmx che ho fatto da piccolo».
Per la Ineos, seconda vittoria in 24 ore, dopo il successo di ieri di KwiatkowskiPer la Ineos, seconda vittoria in 24 ore, dopo il successo di ieri di Kwiatkowski
Una dedica e si riparte
Ha gli occhi lucidi. Uno spagnolo prova a chiedergli che cosa pensi del possibile cambio di maglia del prossimo anno, ma prima lo incenerisce lo sguardo dell’addetta stampa britannica e poi Rodriguez stesso finge di non aver sentito e risponde a un’altra domanda.
«Sono molto grato al mio team – dice – e a tutti i miei colleghi per il loro supporto. Se però devo dedicare questa vittoria a qualcuno, è ai miei genitori e alla mia famiglia, che mi hanno sostenuto fin da piccolo. Hanno fatto tutto il possibile per me; mi hanno dato tutto. Essere qui sarebbe stato impossibile senza di loro. Mi supportano ancora oggi e cercano di essere con me in tutte le gare che possono. Questa vittoria è per loro. Il ciclismo spagnolo è di buon livello. Non possiamo essere sempre i migliori, ma i tifosi spagnoli possono essere sicuri che facciamo tutto il possibile per renderli orgogliosi».
Domani si riparte. Vingegaard ha 10 secondi su Pogacar, 4’43” su Rodriguez e dopo un secondo c’è Hindley. I primi due avranno accumulato altra fatica e la tappa di Saint Gervais Mont Blanc promette sfracelli, con i suoi 179 chilometri e le tante salite. Eppure vedendoli sfidarsi oggi con scatti che non erano scatti, ce ne andiamo da Morzine con la consapevolezza di quanto sia stato un privilegio veder correre Marco Pantani.
Pogacar e Vingegard si punzecchiano. Adam Yates ha la maglia gialla. Matxin ragiona sui suoi, parlando di oggi e di domani. Il Tour è appena cominciato