La favola di Gaffuri, pro’ a tempo quasi scaduto

La favola di Gaffuri, pro’ a tempo quasi scaduto

17.11.2025
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Quella di Mattia Gaffuri, nel ciclismo moderno, è una favola fuori dal tempo. Quella di un corridore che corona il suo inseguimento al professionismo a 26 anni, dopo essere passato per varie strade, credendoci sempre e realizzando il suo sogno a un’età che viene ritenuta estremamente tardiva per il ciclismo che realmente conta.

Gaffuri si prepara al suo esordio alla Picnic PostNL, unico italiano del team, con due anni di contratto
Gaffuri si prepara al suo esordio alla Picnic PostNL, unico italiano del team, con due anni di contratto
Gaffuri si prepara al suo esordio alla Picnic PostNL, unico italiano del team, con due anni di contratto
Gaffuri si prepara al suo esordio alla Picnic PostNL, unico italiano del team, con due anni di contratto

Tante strade per realizzare un sogno

Gaffuri ha seguito ogni strada per realizzare il suo sogno. Per due volte ha sfiorato il contratto professionistico alla Zwift Academy, ha corso in varie squadre, fra gli under 23, era stato anche il più prolifico in quanto a risultati. Non ha avuto paura nell’accettare le proposte di un club facendo anche attività amatoriale. Nel frattempo si è specializzato come preparatore, guadagnandosi anche una certa fama. Finché finalmente non è arrivato l’agognato contratto alla Picnic PostNL. Cogliendo tutti di sorpresa.

Gaffuri sarà l’unico italiano nel team olandese e la scelta lo ha anche sorpreso: «Non so precisamente come sia nato questo contatto: loro hanno un processo di scouting molto dettagliato, che è uno dei loro punti di forza negli anni e credo che fossero già interessati sulla base dei valori che avevano visto nelle varie gare o anche attraverso app come Strava. Dopo il campionato italiano e le performance che avevo fatto a maggio si sono interessati e hanno contattato il mio procuratore».

Per il corridore di Erba 43 giorni di gara nel 2025 con ben 17 Top 10
Per il corridore di Erba, 43 giorni di gara nel 2025 con ben 17 top 10
Per il corridore di Erba 43 giorni di gara nel 2025 con ben 17 Top 10
Per il corridore di Erba, 43 giorni di gara nel 2025 con ben 17 top 10
Potrebbero essere state anche le tue prestazioni alla Zwift Academy a influire, visto che anche altre squadre guardano quello che succede nel concorso?

Può essere, ma credo che in realtà sia stato più il mio rendimento di quest’anno a convincerli, quello che è stato fatto durante i mesi estivi. Partendo da una semplice squadra di club, ma con la quale sono riuscito a mettermi in luce.

La tua doppia valenza, il fatto che sei molto apprezzato come preparatore può avere pesato, pensare a un Gaffuri che un domani potrebbe entrare anche nello staff con un’altra veste?

Al momento non abbiamo parlato di questo, si è discusso solamente del mio sviluppo come atleta e penso che loro abbiano le caratteristiche giuste come squadra per cercare di farmi fare il massimo come ciclista, perché comunque hanno un ottimo programma di sviluppo, sono molto meticolosi ed è esattamente quello di cui penso di aver bisogno.

Gaffuri ha corso gli ultimi tre mesi del 2025 nella Polti VisitMalta emergendo nelle classiche di fine stagione
Gaffuri ha corso gli ultimi tre mesi del 2025 nella Polti VisitMalta emergendo nelle classiche di fine stagione
Gaffuri ha corso gli ultimi tre mesi del 2025 nella Polti VisitMalta emergendo nelle classiche di fine stagione
Gaffuri ha corso gli ultimi tre mesi del 2025 nella Polti VisitMalta emergendo nelle classiche di fine stagione
Questo contratto professionistico l’hai inseguito per anni seguendo varie strade…

Il segreto è stato alla fine cercare sempre di migliorarmi senza seguire necessariamente l’obiettivo di passare professionista, perché altrimenti avrei già mollato tempo fa. L’ho fatto soprattutto perché mi piace molto pedalare, mi piace allenarmi e quindi cercare di migliorarmi nel tempo. Poi quest’anno ho visto che ero in una posizione dove potevo ancora avere delle chance e volevo provare a giocarmi di nuovo il tutto per tutto nelle gare UCI e quindi ho detto: «Proviamo a fare un ultimo anno, vediamo come va». Ma la parte fondamentale è stata prima, quando ho comunque continuato a allenarmi senza mai mollare il colpo.

Che cosa hai pensato quando hai firmato il contratto, dopo tutto quello che era successo e i tanti cambi di squadra proprio per trovare poi la porta giusta?

Sicuramente è stata una grande soddisfazione, ma io preferisco vederla come un punto di partenza, nel senso che già mi sono reso conto anche durante lo stage con la Polti dei punti dove si può lavorare e qual è il gap da colmare e quindi diciamo che sono già focalizzato verso il cercare di migliorarmi. Mi è stato dato un pass per entrare in questo magico mondo e adesso devo cercare di giocarmelo bene.

Alla Tre Valli Varesine la soddisfazione di rimanere a contatto con i capitani WT all'inseguimento di Pogacar
Alla Tre Valli Varesine la soddisfazione di rimanere a contatto con i capitani WT all’inseguimento di Pogacar
Alla Tre Valli Varesine la soddisfazione di rimanere a contatto con i capitani WT all'inseguimento di Pogacar
Alla Tre Valli Varesine la soddisfazione di rimanere a contatto con i capitani WT all’inseguimento di Pogacar
Come giudichi questa stagione e quale pensi sia stato il momento più alto?

Una stagione sicuramente bellissima come risultati, ma anche come gruppo che siamo riusciti a creare con la nostra squadra, con lo Swatt Club e il momento più alto senza dubbio l’italiano su strada. Quella è stata una giornata storica per noi e per me individualmente. Ma anche lo stage in Polti con la partecipazione alla Tre Valli Varesine, dove sono riuscito comunque ad arrivare nel gruppetto dietro Pogacar. E’ stata una delle emozioni più forti, essere lì in mezzo a tante stelle, se confrontata alla prima parte della stagione dove non mi aspettavo nulla, è stato qualcosa di inaspettato.

Alla Picnic avete già parlato di quello che potrà essere il tuo ruolo e i tuoi obiettivi?

No, se ne parlerà al training di dicembre. Spero di poter essere innanzitutto un uomo importante per la squadra, magari come gregario per la salita. Il team è già attrezzato con ottimi uomini di classifica e poi pian piano cercare di imparare da loro in qualche gara provare anch’io a giocarmi le mie carte. Ma dipenderà chiaramente dal tipo di calendario che farò.

Due stagioni allo Swatt Club, gareggiando anche nelle Granfondo e fungendo da preparatore
Due stagioni allo Swatt Club, gareggiando anche nelle Granfondo e fungendo da preparatore
Due stagioni allo Swatt Club, gareggiando anche nelle Granfondo e fungendo da preparatore
Due stagioni allo Swatt Club, gareggiando anche nelle Granfondo e fungendo da preparatore
Il tuo è un esempio che si stacca dalla normalità del ciclismo di oggi. Che cosa diresti adesso a un corridore che sta diventando elite?

E’ importante cercare secondo me di correre da elite. Anche se magari giustamente uno inizia a studiare o trova un secondo lavoro per costruirsi una vita al di fuori del ciclismo, può però trovare un compromesso per riuscire comunque a continuare a gareggiare a livello agonistico, come ho fatto io con lo Swatt Club. Non è detto che tutti si sviluppino allo stesso momento, quindi magari uno che a 23 anni molla, in realtà magari potrebbe essere ancora a due anni di distanza dalla sua maturità fisica. Secondo me è importante che si cerchi di sdoganare questa cosa, capire che ci si può ancora provare.

Il tuo impegno come preparatore lo metti in stand-by?

Per ora sì. Magari continuerò a dare qualche consulenza ai ragazzi dello Swatt, ma sicuramente voglio dedicarmi al 100 per cento al lavoro come atleta.

Circuit Franco-Belge 2025, Filippo Conca

Quanto vale il nuovo Conca? I buoni propositi del tricolore

25.10.2025
6 min
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TORINO – Un lampo tricolore e la voglia di non sbagliare più. Nel ciclismo moderno, le seconde occasioni capitano sempre più di rado e lo sa bene Filippo Conca che, per ritagliarsi un nuovo posto nel WorldTour, ha dovuto andare a prendersi la maglia di campione italiano in estate. Il titolo nazionale conquistato con lo Swatt Club tra lo stupore di molti, le prime pedalate con la nuova maglia verde bianco e rossa e la grande voglia di dimostrare il suo valore dopo le parentesi non felici con Lotto e Q36.5.

Non tutto ha subito funzionato come voleva in queste prime uscite con la Jayco-AlUla, ma il ventisettenne lombardo sa di avere una grande chance di riscatto. Dal canto suo, la formazione australiana punta molto sul ragazzo che gli permette di avere ancora in casa la casacca di campione italiano che la scorsa stagione aveva portato con orgoglio Filippo Zana, trasferitosi ora alla Soudal-Quick Step.

Tour de Slovaquie 2025, Filippo Conca, Team Jayco-AlUla
Al Giro di Slovacchia, Conca (al rientro dopo il Covid) ha lavorato per la vittoria di Double
Tour de Slovaquie 2025, Filippo Conca, Team Jayco-AlUla
Al Giro di Slovacchia, Conca (al rientro dopo il Covid) ha lavorato per la vittoria di Double
Filippo, come riassumeresti questa pazza stagione?

E’ stato un anno davvero particolare, con tanti bassi e pochi alti. Non è filato tutto liscio come sembra, perché ho avuto molti stop per infortunio, di cui il primo già a febbraio per il ginocchio. Poi, un mese prima degli italiani, sono caduto durante il ritiro a Livigno perché ho centrato una marmotta in discesa. Ho perso una settimana di allenamenti e il percorso non è stato facile, però a Gorizia ho raddrizzato tutto quello che c’era da raddrizzare.

Com’è il ritorno nei professionisti?

Speravo in un finale di stagione più tranquillo, ma purtroppo dopo le prime due gare con la nuova squadra, ho preso il Covid a Plouay. Non mancava molto alla fine della stagione e bisognava scegliere se staccare un attimo o provarci lo stesso. Abbiamo anticipato un po’ i tempi e sono andato al Giro di Slovacchia. Lì ho fatto molta fatica, ma sono stato contento di essere stato utile alla squadra, tirando ogni giorno. Alla fine poi, abbiamo anche vinto la generale con Paul Double. Penso di aver dimostrato di poter fare quel tipo di lavoro. 

Ti è spiaciuto non correre il Lombardia?

E’ stata dura, ma è stato meglio così. Post Covid non ero ancora al meglio, soprattutto dal punto di vista del respiro, per cui abbiamo deciso di non forzare troppo. Mi sarebbe piaciuto essere al via della corsa di casa con la maglia di campione italiano, ma oggettivamente non ero competitivo.

Visite mediche Jayco AlUla, Irriba di Torino, FIlippo Conca (foto Matteo Secci)
Abbiamo incontrato Conca a Torino, in occasione delle visite della Jayco AlUla (foto Matteo Secci)
Visite mediche Jayco AlUla, Irriba di Torino, FIlippo Conca (foto Matteo Secci)
Abbiamo incontrato Conca a Torino, in occasione delle visite della Jayco AlUla (foto Matteo Secci)
Forse è proprio questa la prima lezione di questa tua nuova occasione, ovvero di non bruciare le tappe. Ti senti un Filippo più maturo di quello che approdò alla Lotto?

Senza dubbio. Allo stesso tempo ho la consapevolezza di essere un buon corridore, ma normale. Se sto bene e non ho problemi di salute, posso dare una grande mano alla squadra e lavorare per un capitano. Allo stesso tempo, quello che ho già visto qui alla Jayco-AlUla è che il lavoro da gregario viene valorizzato e, anche per il futuro, è un aspetto che motiva molto. In tante gare sicuramente, dovrò mettermi in testa a tirare, ma il bello è che avrò anche il mio spazio. Già in questo finale di stagione, se fossi stato in forma, avrei sicuramente avuto la possibilità di fare la mia corsa in qualche occasione.

Ci racconti il tuo percorso di purgatorio nello Swatt Club che ripercorre un po’ quello del tuo nuovo compagno Hellemose?

Io e Asbjorn ci conosciamo da cinque o sei anni, ovvero già da quando correvamo come under 23 e poi perché non viviamo distanti uno dall’altro. Alla fine, io avevo due scelte: o smettere o andare allo Swatt. Mi ero offerto a tantissime formazioni continental, ma nessuna si era interessata a prendermi. Visto che la squadra per la strada era già fatta, mi sono concentrato sul gravel e ho fatto le gare più importanti. E’ un ambiente che mi è piaciuto tanto, ma il mio sogno era di tornare sull’asfalto, fare il Giro d’Italia e, magari, vincere una tappa. Quello è stato il pallino che mi ha fatto capire che a 26 anni non potevo mollare.

Che cosa passava nella tua testa?

Sapevo di non essere un fenomeno, ma al tempo stesso di avere ancora margini di miglioramento. In questo mondo del ciclismo posso starci tranquillamente e avevo la certezza di poter andar più forte di almeno metà gruppo. Non era semplice ribaltare questa situazione, ma già dal novembre 2024 pensavo al campionato italiano come unica opportunità di mettermi in mostra e tornare nei professionisti. La famiglia e i pochi amici che ho sono stati di grande aiuto nei mesi di preparazione. Sono in un certo senso grato di aver vissuto una situazione così, perché mi ha fatto capire chi sono le persone che meritano il mio tempo e quali no.

Terzo posto a The Traka: rimasto senza squadra su strada, nel 2024 Conca si è dedicato al gravel (foto Swatt Club)
Terzo posto a The Traka: rimasto senza squadra su strada, nel 2024 Conca si è dedicato al gravel (foto Swatt Club)
Che meccanismo è scattato per raggiungere l’obiettivo tricolore?

Ci ho sempre creduto, sin dall’inverno. Due anni fa sono arrivato ottavo, facendo gli ultimi 20-25 chilometri di corsa tra i migliori che avevano fatto la differenza e il gruppo che inseguiva, composto da corridori come Ciccone e Ganna, quindi non proprio gli ultimi arrivati. Sono riuscito a stare nel mezzo, non riprendendo i primi per un nulla, per cui ho speso più di tutti, ma mi sono reso conto di avere gambe buone anche in un contesto così prestigioso. All’Italiano di quest’anno sono stato anche un po’ fortunato. Diversi corridori non c’erano perché avevano appena avuto il Covid o altri arrivavano stanchi dal Giro. Nelle settimane precedenti all’appuntamento, notavo queste cose, e acquistavo sempre più fiducia nelle mie possibilità.

Cosa ti ha convinto della proposta Jayco-AlUla?

Dopo il titolo italiano, il mio procuratore ha ricevuto alcune offerte interessanti, ma la prima scelta era la Jayco, perché conoscevo diverse persone tra staff e corridori. Tutti me ne hanno parlato bene, anche sulla prospettiva di lavorare in tranquillità, che era proprio quello che cercavo in questa nuova opportunità. Gli ultimi due anni su strada li ho vissuti abbastanza male, per cui avevo bisogno di un contesto come quello attuale. E’ un ambiente professionale, ma che ti mette a tuo agio per performare al 100 per cento.

Che cosa dice la tua vocina interiore per non ripetere gli errori che ti avevano portato quasi al ritiro?

Più che di errori, parlerei di occasioni mancate, perché ho avuto poche chances di fare la mia corsa negli ultimi anni. Però ci sta, se sei un gregario e i tuoi capitani vincono, il lavoro viene valorizzato. Viceversa, se la squadra raccoglie poco, magari non vieni apprezzato. Al netto della mia condizione, riuscire ad aiutare Double a trionfare in Slovacchia è stato un bel segnale.

Tre Valli Varesine 2025, Filippo Conca
Il tricolore di Conca in azione alla Tre Valli Varesine, ma la condizione non era all’altezza del Lombardia
Tre Valli Varesine 2025, Filippo Conca
Il tricolore di Conca in azione alla Tre Valli Varesine, ma la condizione non era all’altezza del Lombardia
Nel 2025 ti sei laureato campione italiano, nel 2026 a che cosa punti?

Ho bisogno di staccare per recuperare al meglio dagli acciacchi in vista della nuova stagione. L’inverno sarà fondamentale e, forse, oltre ai ritiri con la squadra, andrò al caldo per allenarmi con più costanza possibile. Con la squadra abbiamo cominciato a parlare e mi piacerebbe dare il mio contributo da subito, sia come gregario sia se capiterà qualche occasione magari già nelle gare spagnole di inizio stagione. A marzo e aprile soffro un po’ per le allergie di solito, ma l’augurio è di arrivare a maggio con una super condizione. Il Giro d’Italia è l’obiettivo per cui lavorerò duro.

Mattia Gaffuri, Trofeo Matteotti 2025

Basso e l’elogio totale di Gaffuri: «Un’occasione per lui e per noi»

29.09.2025
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L’approdo di Mattia Gaffuri alla Polti-VisitMalta non è frutto del caso. Il corridore comasco, una delle perle dello Swatt Club che tanto ha rotto gli schemi al campionato italiano a Gorizia lo scorso giugno, ha attirato l’attenzione di Ivan Basso e dello staff della squadra. E lo ha fatto per via dei suoi numeri, prima, e per un approccio basato su metodo, disciplina e generosità che tanto stanno piacendo alla squadra del varesino.

Per la Polti-VisitMalta, che negli ultimi anni ha avviato un processo di scouting avanzato basato su analisi dei dati e algoritmi, come ci ha detto Basso stesso, Gaffuri rappresenta un profilo in linea con la filosofia di crescita e valorizzazione di giovani talenti.

Abbiamo parlato con Basso per capire perché abbia deciso di dargli questa opportunità, che qualità abbia riscontrato e cosa ci si può attendere dal ragazzo nelle prossime stagioni.

Ivan Basso (classe 1977) è uno dei dirigenti della Polti-VisitMalta
Ivan Basso (classe 1977) è uno dei dirigenti della Polti-VisitMalta

Trattativa anticipata

«L’aver preso Gaffuri – attacca Basso – è stata una scelta maturata nel tempo. Da mesi diversi informatori e collaboratori mi segnalavano il profilo di Gaffuri. Non mi sono limitato ad ascoltare: lo abbiamo seguito con attenzione attraverso il nostro sistema di analisi, un progetto che stiamo portando avanti negli ultimi anni con algoritmi e strumenti tecnologici. I suoi dati hanno mostrato indicatori estremamente positivi, tanto da convincermi a contattarlo a fine maggio, quindi prima del famoso campionato italiano di Gorizia».

«L’ho incontrato nel mio ufficio e ho trovato un ragazzo serio, preparato, con un’educazione di alto livello. Mi ha raccontato il suo percorso, la passione con cui si è formato, la cura dei dettagli. Ho avuto la sensazione che la nostra squadra fosse il tassello mancante per permettergli di compiere il definitivo salto di qualità. Così abbiamo deciso di offrirgli questa chance».

Basso spiega come Gaffuri sin da subito abbia risposto bene al team, mostrando un atteggiamento positivo e un rendimento concreto. Non era scontato: Gaffuri si è inserito in un calendario intenso, ha affrontato corse nuove e si è messo a disposizione del team.

«Già altre squadre avevano preso nota delle sue prestazioni, ma la mia volontà è stata chiara: vorrei tenerlo con noi. Se però sceglierà altre strade, resterà comunque la soddisfazione di aver contribuito al lancio di un corridore promettente».

Gaffuri e i compagni dello Swatt Club (con gli ormai mitici body bianchi) al tricolore di Gorizia, vinto dal compagno Conca e con lui al quinto posto
Gaffuri e i compagni dello Swatt Club (con gli ormai mitici body bianchi) al tricolore di Gorizia, vinto dal compagno Conca e con lui al quinto posto

Gaffuri e il lavoro

Basso, come è noto, era uno stakanovista del lavoro e la cosa che lo ha colpito di Gaffuri è stata proprio la sua cultura del lavoro.

«Gaffuri – riprende Ivan – è un atleta capace di esprimere in allenamento valori vicini, se non superiori, a quelli delle competizioni. Questo non è comune: la maggior parte dei corridori tocca i picchi solo in gara, mentre lui riesce a prepararli con costanza durante la settimana. E’ un cultore del metodo, cura il gesto tecnico, la posizione in sella, la cadenza, la respirazione. Ha l’abitudine di guardare al dettaglio e di pretendere molto da se stesso. Da tecnico e manager, io apprezzo moltissimo questo approccio, perché coincide con la mia visione del ciclismo professionistico: allenarsi non vuol dire solo accumulare ore, ma lavorare sulla qualità di ogni colpo di pedale».

Dal punto di vista fisico, Gaffuri è un corridore che va forte in salita, con margini di crescita evidenti. Non è facile incasellarlo già ora: potrà essere uno scalatore di riferimento o un uomo da corse a tappe di medio-alta difficoltà. La sua versatilità e la determinazione gli permettono di non porsi limiti. In questa fase della carriera, parliamo comunque di un classe 1999, il messaggio più importante è crederci, sognare in grande e costruire passo dopo passo la propria identità di atleta.

Mattia Gaffuri, Trofeo Matteotti 2025
Gaffuri in azione al Matteotti. Mattia quel giorno è stato protagonista nella fuga di giornata, tra strappi e… arrosticini (foto Instagram)
Mattia Gaffuri, Trofeo Matteotti 2025
Gaffuri in azione al Matteotti. Mattia quel giorno è stato protagonista nella fuga di giornata, tra strappi e… arrosticini (foto Instagram)

Non solo gregario

Il suo essere anche preparatore lo ha aiutato a maturare una conoscenza approfondita del lavoro. Sa cosa vuol dire soffrire in allenamento, sa come replicare le situazioni di gara con costanza e intensità. Questo è un valore aggiunto enorme, che si traduce in professionalità e consapevolezza.

«E’ raro – spiega Basso – trovare corridori capaci di alzare l’asticella negli allenamenti, di trattarli come un laboratorio di crescita. Gaffuri, invece, ha dimostrato di avere questa attitudine, ed è anche per questo che mi sono trovato in sintonia con lui. Io stesso ho un debole per il dipartimento performance della squadra: mi piace osservare i ragazzi mentre lavorano, seguirne i dettagli, correggere i gesti. Vedere in lui la stessa cura e la stessa passione è stato come riconoscere un’affinità naturale.

«Nelle prime gare con la Polti-VisitMalta Mattia ha già dimostrato mestiere. Nonostante fosse nella situazione di dover emergere per conquistare una riconferma, ha scelto di mettersi al servizio della squadra. In Toscana, alla sua prima corsa sotto la pioggia, ha chiuso quindicesimo dopo aver aiutato i compagni. E’ stato un segnale forte: non ha pensato solo a sé, ma al bene del gruppo. Questo, unito al metodo con cui affronta il lavoro, fa capire che è pronto per stare in questo ambiente. Può stare nel ciclismo di alto livello. Da qui a fine stagione è chiamato a fare molte gare e in alcune sarà leader».

Mattia Gaffuri, ha esordito con la maglia della Polti il 31 agosto al Gp Kranj, ha poi corso in Italia
Mattia Gaffuri, ha esordito con la maglia della Polti il 31 agosto al Gp Kranj, ha poi corso in Italia

Provare a tenerlo

Una cosa che ci ha incuriosioto è come il gruppo ha accolto Gaffuri. In fin dei conti non capita spesso che l’ultimo arrivato, tanto più che si è formato secondo un percorso non tradizionale, arrivi e faccia il leader.

Anche in questo caso, Basso non ha dubbi: «Mattia si è presentato con intelligenza e umiltà alla squadra, guadagnandosi la fiducia e l’amicizia dei compagni. Alla Polti-VisitMalta scegliamo le persone prima ancora che i corridori e lui si è integrato perfettamente nello spirito della squadra».

A questo punto viene da già da interrogarsi sul futuro, tanto più che in apertura lo stesso Basso ci ha detto che alti team erano (o sono) su Gaffuri. Insomma, resterà alla Polti-VisitMalta? E che margini ha?

«Non ho la bacchetta magica – replica Basso – ma credo che un atleta così determinato non debba porsi limiti. Potrà crescere ancora molto, soprattutto imparando a gestire le salite in corsa e sfruttando al meglio il calendario che affronterà. E’ un ragazzo che ha già fatto tanta strada per arrivare dove si trova oggi: se continuerà a crederci, potrà togliersi soddisfazioni importanti.

«Per noi, comunque vada, questa è già un’operazione di successo. Se resterà, avremo gettato le basi di una bella storia. Se invece deciderà di cambiare, resterà la consapevolezza di aver contribuito alla sua crescita e al suo ingresso tra i professionisti. Per me e per i miei collaboratori è una soddisfazione, e lo è anche per i nostri sponsor: significa che il nostro lavoro di scouting funziona. In ogni caso, Gaffuri ha già lasciato un segno. E questa, nel ciclismo di oggi, è forse la cosa più importante».

Il giorno della gloria di Conca. Il racconto di Gaffuri

03.07.2025
5 min
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Sono passati quattro giorni dalla vittoria di Filippo Conca ai campionati italiani ma la sua eco non accenna spegnersi. E ancora se ne parlerà a lungo, perché la vittoria di un dilettante (senza nulla togliere al campione tricolore e al suo importante passato da pro’) non è certo cosa da tutti i giorni. La sua figura e quella dello Swatt Club sono state passate al microscopio da media e addetti ai lavori, poco però ci si è soffermati su come si è arrivati a quel clamoroso risultato, su che cosa hanno fatto i ragazzi del team per stravolgere ogni pronostico. A cominciare da Mattia Gaffuri.

Torniamo allora a quel weekend per saperne un po’ di più, per scavare nelle azioni ma prima ancora nelle speranze della squadra e soprattutto di colui che a detta di tutti è il principale artefice della vittoria di Conca, perché la collaborazione che nel finale gli ha dato Gaffuri è stata probabilmente decisiva.

Conca è lanciato verso la vittoria, Gaffuri guarda da dietro dopo aver lanciato lo sprint del compagno
Conca è lanciato verso la vittoria, Gaffuri guarda da dietro dopo aver lanciato lo sprint del compagno
Partiamo dalla vigilia, si era partiti verso Trieste con quali ambizioni?

Filippo aveva delle aspettative molto alte perché lui aveva puntato tutto su questa gara, non essendo parte del team strada, ma essendosi prevalentemente dedicato al gravel. Voleva ottenere un risultato importante. Noi del team non avevamo le stesse certezze. Non avevamo mai gareggiato con le WorldTour e quindi non sapevamo bene cosa aspettarci. Io andavo con l’idea di stare davanti il più possibile, magari farmi notare un po’, ma non pensavo a un epilogo del genere.

Che cosa vi eravate detti alla vigilia, che strategia avevate pensato?

Il diesse Brambilla si era raccomandato di mettere qualcuno nella fuga iniziale, di farci vedere. Agli altri di stare tranquilli, pensando che l’Astana con 10 uomini avrebbe controllato la corsa.  Poi nel circuito finale dovevamo stare davanti. Su un circuito del genere succede tutto molto in fretta perché si entra con già 170 chilometri nelle gambe. Alla prima tornata forte già siamo rimasti praticamente 10 a giocarci la corsa, quindi non c’è stata molta tattica.

Il neocampione italiano è a terra, tra fatica e incredulità, Mattia è davanti, felice per l’impresa
Il neocampione italiano è a terra, tra fatica e incredulità, Mattia è davanti, felice per l’impresa
Quando vi siete svegliati e avete visto che clima c’era, che considerazioni avete fatto?

Sapevamo che sarebbe stata una giornata caldissima come era stata già tutta la settimana, quindi abbiamo fatto tutto il possibile in allenamento per adattarci. Sicuramente quello è stato fondamentale perché comunque nella gara non abbiamo mai visto temperature sotto i 38 gradi, quindi era importante cercare di prendere più acqua possibile dalla macchina, dai rifornimenti.

Quando vi siete accorti che la corsa stava prendendo la piega che poi ha preso e quindi mancava quel controllo previsto?

Personalmente quello che mi ha fatto suonare un po’ il campanello d’allarme è stato quando a circa 70 chilometri dall’arrivo hanno iniziato a muoversi nomi grossi come Bettiol e Ulissi. Se i nomi grossi si muovono così da lontano o fanno un’azione che decide subito la corsa, oppure è una mossa che significa che non hanno grandi gambe e sperano in uno sviluppo diverso. Ho capito che c’era probabilmente molta più stanchezza rispetto a quella che io mi aspettavo.

Gaffuri aveva compiuto un’impresa all’ultimo giro riagguantando il quartetto in fuga (foto Michele Palvarini)
Gaffuri aveva compiuto un’impresa all’ultimo giro riagguantando il quartetto in fuga (foto Michele Palvarini)
Davanti c’era Conca con pochissimi corridori e tu dietro. Cosa ti è scattato nella mente per andare a riprenderli?

La salita dove si faceva la selezione era molto breve, sui due minuti. In tutte le tornate facevo sempre fatica a seguire le accelerazioni dei corridori più esplosivi, come Aleotti, ma dopo la cima c’era un po’ di falsopiano, dove riuscivo sempre a ricucire senza problemi. Quindi anche quel giro ho perso metri, ma ero abbastanza fiducioso che sarei riuscito a rientrare. C’era qualche curva tecnica, ma per la maggior parte bisognava spingere. Quindi nel momento in cui mi sono staccato non sono andato in panico, ma sapevo che sarei potuto rientrare perché solitamente davanti ci si controlla e non si spinge subito, c’era spazio per riagganciarsi.

Quando sei rientrato hai parlato con Filippo?

No, anche perché è stata una fase molto concitata. Venendo da dietro potevo provare il colpo a sorpresa, ma era un rettilineo molto lungo e mi hanno visto arrivare. A quel punto un attacco lì sarebbe stato più che altro inutile e ci avrebbe fatto fermare perché poi ci saremmo aperti sulla strada, facendo rientrare Milan che era molto vicino. In quel momento la cosa più intelligente da fare mi è sembrata quella di andare davanti, tirare per Conca perché ero sicuro che quantomeno il podio lo prendeva.

Le maglie bianche dello Swatt Club hanno caratterizzato la corsa esaltando i tanti supporter presenti (foto Michele Palvarini)
Le maglie bianche dello Swatt Club hanno caratterizzato la corsa esaltando i tanti supporter presenti (foto Michele Palvarini)
E cosa hai pensato quando hai visto che ha vinto lui, hai sentito che fosse anche un po’ tua quella vittoria?

Sicuramente sono contento di aver contribuito e penso che come squadra siamo stati i più rappresentati davanti in tutte le fasi della corsa. Quindi non penso ci sia il dubbio che la squadra non abbia meritato. Alla fine ero anch’io incredulo del fatto che fossimo davanti a fare la corsa in un campionato italiano. Forse ancora adesso faccio fatica a realizzare quello che è successo…

Tu hai chiuso due volte secondo al concorso Zwift, hai inseguito tanto il ciclismo professionistico, pensi che adesso personalmente verrai visto in maniera un po’ diversa?

Io spero di sì, perché credo di aver dimostrato non solo in questa gara, ma anche in tutte le altre gare che ho fatto durante l’anno di esserci. Ho fatto diversi piazzamenti nel calendario UCI. Penso di aver dimostrato di meritare un posto. Il campionato italiano è una corsa a sé, questo è notorio, ma credo che ora sia chiaro che su di me si può investire.

Orgoglio e lucidità: assieme a Conca, tre giorni dopo il trionfo

02.07.2025
9 min
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La porta in faccia ha un suono terribile. Filippo Conca lo conosce bene, anche se alcuni di quelli che l’hanno rifiutato alla fine del 2024 domenica a Gorizia gli hanno stretto la mano dopo la vittoria inattesa nel campionato italiano.

Filippo è del 1998 come Pogacar e l’abbiamo incontrato per la prima volta nel 2019, quando chiuse al quinto posto il Giro d’Italia U23 alle spalle del vincitore colombiano Andres Camilo Ardila. Appena davanti, al quarto posto, chiuse Alessandro Covi, che domenica lo ha seguito sul podio di Gorizia. Il suo percorso da quei giorni è stato pieno di segnali e sfortune. Doveva passare con Savio all’Androni, preferì la Lotto. Poi prese il Covid nella forma peggiore, ebbe tendiniti, cadute e problemi al soprassella che gli hanno impedito di avere continuità. La grinta mostrata domenica per vincere il tricolore, in tempi non troppo lontani gli è servita per rialzarsi.

Filippo Conca, Giro del Belvedere, 2020
Filippo Conca, classe 1998, ha iniziato a mettersi in luce fra 2019 e 2020 con la maglia della Biesse
Filippo Conca, Giro del Belvedere, 2020
Filippo Conca, classe 1998, ha iniziato a mettersi in luce fra 2019 e 2020 con la maglia della Biesse
Ti sei finalmente tolto la maglia tricolore di dosso?

L’ho tolta, l’ho tolta (sorride, ndr). Aspettavo da quattro anni che girasse un po’ di fortuna. Ne sono successe davvero tante. Il 2024 è stata la stagione in cui ho raccolto di meno, perché da gregario aiuti sempre la squadra. Alla Q36.5 hanno deciso di non rinnovarmi il contratto dopo che praticamente ho fatto tutta la stagione a tappar buchi a destra e sinistra, senza mai conoscere il calendario. Il giorno prima della corsa, mi dicevano che avevo un volo da prendere. Così non riesci mai ad essere al 100 per cento. Ero sempre là, ma senza risultati veri e propri.

Hai mai pensato di smettere?

Non mi è mai passato per l’anticamera del cervello, se non nell’ultimo periodo. Da quando a dicembre ho deciso che avrei corso con lo Swatt Club, mi sono messo in mente solo il campionato italiano. Ci credevo. Sono partito per vincere, anche se era quasi impossibile. Però gli amici più stretti, le uniche persone che ci sono state davvero, ci credevano con me. Questo mi ha dato ancora più forza. Sono andato per vincere, non avrei firmato per nulla meno della vittoria.

Quanto è stato difficile aspettare questi sei mesi?

Non ero tanto preoccupato. Sapevo che sicuramente mi sarebbe mancato un po’ di ritmo, però all’italiano, col caldo e altri fattori, si va sempre più piano rispetto alle altre corse. Non ci sono corridori che fanno ritmi assurdi, quindi sapevo che avrei sofferto un po’ meno. Due anni fa sono arrivato ottavo dietro Velasco ed ero lì a giocarmi un bel risultato. Mi mancarono 50 metri per agganciare i primi e giocarmi il podio, ma sapevo di essere all’altezza di una sfida così. E domenica per la prima volta negli ultimi quattro anni, le cose hanno girato nel verso giusto. Anche se non alla perfezione…

Ottavo al campionato italiano del 2023 alle spalle di Velasco: i piazzamenti a Conca non sono mai mancati
Ottavo al campionato italiano del 2023 alle spalle di Velasco: i piazzamenti a Conca non sono mai mancati
In che senso?

Ho bucato a 40 chilometri dall’arrivo e sono rientrato solo all’inizio della penultima salita. Secondo me quella è stata la chiave della corsa, perché riuscire a tener duro dopo uno sforzo del genere non è stato un momento banale. Prima sono stato nella scia delle ammiraglie. Poi ho trovato un gruppetto con Mosca, Oldani, Milesi e Lonardi. Forse non ci credevano già più, invece li ho motivati e abbiamo collaborato. Avevamo circa 40 secondi e io stavo già inseguendo da 10-15 minuti. E’ stato fondamentale non essere da solo, altrimenti la corsa si sarebbe chiusa lì.

Covi ha detto che hai vinto con ampio merito.

Covi era davvero in forma, era il più forte e gliel’ho detto. Ci conosciamo da quando abbiamo sei anni. I suoi familiari conoscono bene i miei, infatti dopo l’arrivo sua mamma è venuta ad abbracciarmi tutta contenta.

Ti ha dato fastidio che la tua vittoria sia stata definita la sconfitta del ciclismo italiano?

Diamo merito al vincitore, però a me piace anche essere oggettivo ed era un campionato italiano con tanti assenti, da Albanese a Frigo, come pure Bagioli. Però i problemi fisici fanno parte del ciclismo, io lo so bene. Se in Italia ci fosse davvero un top rider per corse dure, non ci sarebbe stata storia. Covi e Baroncini in salita erano nettamente i più forti, sono dei gran bei corridori, ma rispetto ai top rider mondiali, sono un’altra cosa. In più mettiamoci il caldo e il fatto che tutte le squadre sono sempre a tutta per i punti. Soprattutto in questo ultimo anno, sono a tutta da inizio stagione. Ci pensavo e mi dicevo: «Secondo me tanta gente arriva morta». Ed effettivamente tanti sono parsi sfiancati. Una volta si usciva dal Giro con la gamba per l’italiano, ma se oggi al Giro ti finisci e poi ti mandano allo Slovenia, al Giro di Svizzera, a Gippingen e all’Appennino, è chiaro che all’italiano ci arrivi sulle ginocchia.

Zoccarato all’attacco, seguito da Ginestra e Carollo dello Swatt Club: una prestazione di squadra che ha stupito Conca
Zoccarato all’attacco, seguito da Ginestra e Carollo dello Swatt Club: una prestazione di squadra che ha stupito Conca
Lettura acuta: la superiorità numerica di alcune squadre non si è tradotta automaticamente in superiorità atletica.

Alla fine solo Zoccarato ha fatto una grande gara. Ci avevo parlato ad aprile e mi aveva detto che non andava e che era stanco. Probabilmente proprio il fatto di aver corso poco a primavera gli ha permesso di arrivare bene all’italiano.

Come è stato correre un campionato italiano con una squadra di amatori e riuscire a vincere?

Sono rimasto sorpreso anch’io dalla prestazione di squadra. Ho letto articoli sull’Heat Training, di allenamenti al chiuso sui rulli, ma io non ho fatto nulla di tutto questo: non mi piace. Sono solo sceso da Livigno venti giorni prima e ho continuato ad allenarmi nelle ore più calde per migliorare l’adattamento. Sapevo che sarebbe stato fondamentale per fare la differenza rispetto ad altri che avevano corso da destra a sinistra, senza poter curare questo aspetto.

Hai visto la differenza in gara?

Col caldo la cosa fondamentale è non esplodere. Per cui vedevi tanti corridori pedalare molto bene e da un momento all’altro si piantavano in mezzo alla strada. E quello è il caldo, non è mancanza di gambe.

Domanda cattiva: se avessi avuto ogni giorno negli ultimi quattro anni questa determinazione, la storia sarebbe stata un po’ diversa?

Ne ho passate talmente tante che se non avessi avuto motivazione, avrei già mollato da un pezzo. E’ sempre servita una carica incredibile per riemergere dagli infortuni e ritrovare prestazioni buone. Nel 2022 ai Paesi Baschi ho preso un bruttissimo Covid e sono rimasto completamente a terra fino a metà maggio. Avrei dovuto correre il primo Giro d’Italia, mi è caduto il mondo addosso. Sono andato a Livigno e dopo 15 giorni di allenamento sono andato al Delfinato. Magari mi staccavo da 50-60 corridori però fare il Delfinato con meno di un mese di preparazione e dopo quattro settimane fermo significa che la determinazione c’era. Se uno davvero fosse esperto e guardasse certe dinamiche, anche se ormai si guarda solo a chi vince, avrebbe visto che i segnali di un buon potenziale si sono visti. So benissimo che sono un corridore normale, buono ma normale. Però neanche un corridore da buttare in discarica, come è successo l’anno scorso. E come me in Italia ce ne sono tantissimi, perché qui non abbiamo il paracadute di squadre che ti aiutano.

Tutto l’inverno pensando solo al tricolore: l’assalto di Conca ha dato frutti sperati e a loro modo storici
Tutto l’inverno pensando solo al tricolore: l’assalto di Conca ha dato frutti sperati e a loro modo storici
Cosa intendi?

Tante prendono gli juniores e non c’è più spazio per noi di 25, 26 anni. Chiaramente ognuno fa come vuole, ma è un peccato. Tutto lo sport è lanciato sui giovani, per far uscire il campione. Ma cosa succede se il campione non lo trovi? Intanto ci sono corridori come me, che fino a 26 anni continuano a crescere e nessuno li vuole. Abbiamo il misuratore di potenza e ogni anno vedo dei passi in avanti. Probabilmente, come caratteristiche fisiche, sono più adatto per aiutare, ma nelle gare secondarie posso anche raccogliere. Peso tanto, ma in salita non vado per niente piano.

Quest’anno meno gare e meno problemi?

Sono riuscito ammalarmi molto meno. Ho avuto qualche infortunio per cadute. A febbraio mi sono lesionato i legamenti alari del ginocchio in una caduta durante una gara di gravel, però alla fine son riuscito a essere più costante. A maggio ho investito una marmotta a Livigno. Ho preso un colpo forte in faccia, infatti ho ancora i segni, e ho fatto una settimana a non toccare la bici. Mi esplodeva la testa. Ho fatto due o tre TAC perché bisognava controllare che non si formasse liquido in testa, perché davvero faceva male. E lì ho ricominciato. Ho fatto quattro giorni di allenamento e ho deciso di andare a correre in Austria, perché mi sarebbe servita per l’italiano. Non sono andato pianissimo, però non ho potuto fare neanche una bella figura come ci si aspetterebbe da un professionista in una gara 2.2. Ho fatto nono nell’ultima tappa e undicesimo in generale.

Ti è servito per l’italiano?

Molto, visto il periodo, ero contento di quanto fatto. Sono ritornato a Livigno per 9-10 giorni. Ho avuto ancora tempo per fare dei bei blocchi di allenamenti e arrivare all’italiano, forse non al 100%, ma quasi.

Essere in una piccola squadra ti ha permesso di metterti a posto al meglio?

Un conto è se ti fermi per una o due settimane a causa di cadute. Magari il corpo ha tempo di recuperare e supercompensare. Altra storia se ti fermi una o due settimane per un virus con le squadre che ti mettono pressione per rientrare il prima possibile. Lo fai anche, ma sei comunque debellato ed entri in un circolo vizioso per cui ti porti dietro quella stanchezza per un mese e mezzo. Io questa volta ho avuto la possibilità di fermarmi e guarire.

Milano-Sanremo 2022, al secondo anno da pro’ arriva per Conca la Classicissima
Milano-Sanremo 2022, al secondo anno da pro’ arriva per Conca la Classicissima
Beretta ci ha detto che il tuo posto è in una grande squadra e sarà contento di vederti andare via.

Nella settimana dell’Agostoni, a ottobre, si sono tirate indietro la professional spagnola e l’italiana da cui attendevamo risposte. A quel punto mi sono trovato senza chance di trovare una sistemazione. Ho corso l’Agostoni sulle strade di casa con tutti gli amici sulle strade, con una rabbia incredibile. Ho attaccato da solo, una corsa pazza chiusa al nono posto (migliore della Q36.5, ndr). A quel punto Carlo Beretta mi ha proposto di parlare. Se entro dicembre non mi fosse arrivato nulla, avrei potuto correre con loro su strada, puntando tutto sul campionato italiano. Negli ultimi mesi ho cercato anche varie continental per correre da luglio, ma avevo deciso che l’italiano lo avrei vinto in maglia Swatt e a modo nostro abbiamo fatto la storia.

Se arrivasse la chiamata di una squadra più grande, come saresti messo con il passaporto biologico?

Ne parlavo ieri con il mio procuratore. Possono arrivarmi a fare i controlli quando vogliono, però probabilmente stano andando al risparmio e non vedo nessuno da parecchio tempo. In teoria quindi potrei fare delle corse professional, ma non WorldTour. Per quelle dovrei aspettare un periodo o che vengano a farmi dei controlli.

Sai già dove indosserai la maglia tricolore?

La verità: no. Lo Swatt Club non è stato accettato in tutta una serie di gare, dal Città di Brescia al Medio Brenta, passando per la Pessano-Roncola, ma non so neppure se con la maglia tricolore da pro’, potrei correrle. Perciò vediamo se in queste settimane arriva una squadra importante per finire la stagione dei professionisti. Alla fine era questo il mio obiettivo. Mi sarei accontentato anche di una continental e di non prendere lo stipendio, ma non mi hanno voluto.

Poche gare su strada e anche gravel: per Conca è arrivato un buon terzo posto a The Traka (foto Swatt Club)
Poche gare su strada e anche gravel: per Conca è arrivato un buon terzo posto a The Traka (foto Swatt Club)
Del resto finora hai sempre corso gratis, no?

Non ho contratto, prendo qualche rimborso. Per fortuna non ho sperperato negli anni da pro’. Mi sono comprato una casa che ho iniziato ad affittare ai turisti su Airbnb e Booking, in modo che con le entrate vado pari col mutuo. Però a 26 anni devi pure avere i soldi per campare e per fortuna avevo qualcosa da parte. Ho trovato assurdo non essere valutato da una continental neppure a costo zero. Eppure hanno tutti i nostri dati, hanno Strava e alcuni anche l’accesso su Training Peaks. Questo davvero è ciò che non riesco a spiegarmi.

Conca tricolore: la lettura (non banale) di Visconti

01.07.2025
4 min
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Dopo la vittoria di Conca al campionato italiano, si sono lette le interpretazioni più variopinte e critiche. Qualcuno ha scritto che si sia trattato del punto più basso per il ciclismo italiano: la sua sconfitta. Qualsiasi cosa si dica, si corre il rischio di prendere una cantonata. Si possono bastonare i team che non hanno onorato la corsa. Si può esaltare il lavoro dello Swatt Club. Altrimenti si può rilevare che non tutte le squadre siano sottoposte agli stessi regolamenti. Alla fine la sola cosa che non si è fatta (abbastanza) è stata riconoscere merito al vincitore. Il campionato italiano è una corsa a parte, che si vince o si perde anche per un’intuizione. Per Giovanni Visconti, tre maglie tricolori in bacheca e attualmente talent scout per il Team Jayco-AlUla, qualcosa di insolito è successo, anche se la sua analisi della situazione non si allinea alle tante di cui ha letto.

«Che cosa significa – dice – che ha perso il ciclismo italiano? Mi sembra banale, non è da adesso che siamo in crisi nera. Manca una grande struttura che possa raccordare tutte le categorie. I pur volenterosi Reverberi e Basso fanno quello che possono per rimanere al passo con le grandi, ma non possono prendersi la responsabilità di questa disfatta. Anche se le loro squadre domenica sono state davvero al di sotto delle aspettative, a parte l’azione di Zoccarato. Hanno perso le squadre che non hanno confermato Conca? Ha perso la Lotto con cui è passato professionista? Ha perso la Q36.5? Purtroppo non si aspetta più e non è solo un problema italiano, ma del mondo dello sport in genere e di ogni altro ambito della vita…».

Giovanni Visconti, classe 1983, ha vinto per tre volte il tricolore pro’. Lavora alla Jayco-AlUla come talent scout
Giovanni Visconti, classe 1983, ha vinto per tre volte il tricolore pro’. Lavora alla Jayco-AlUla come talent scout
Resta il fatto che Filippo Conca, corridore disoccupato, è il nuovo campione italiano.

E’ una bellissima storia e sono contento che ce l’abbia fatta. Magari può essere stato un errore non aver dato fiducia a un ragazzo di cui si parlava bene e che ha avuto tanta sfortuna. Magari potevano prenderlo le nostre professional, invece di essere preda della frenesia di far passare i più giovani. Da un lato è vero che ha avuto quattro anni per dimostrare qualcosa e non ci è riuscito. Dall’altro prendiamo atto che questo ciclismo ormai valuta gli atleti soltanto in base agli ordini di arrivo.

Si perde una corsa come il campionato italiano anche perché non la si affronta nel modo giusto?

Bisogna affrontarlo tanto freschi mentalmente e probabilmente qualcuno non lo era. Alcuni fra i corridori più conosciuti secondo me sono arrivati troppo scarichi oppure l’hanno presa sotto gamba. Milan ha fatto una grande corsa, altri sono spariti. Bisogna essere al 100%, visto anche il caldo. Quando mi sono messo a guardare la diretta, non riuscivo a credere ai miei occhi. E alla fine leggendo l’ordine di arrivo, si è capito che qualcuno è andato alla partenza senza avere la testa o le gambe giuste. Oppure bisognerebbe dire che ha sbagliato anche chi li guidava.

Resta il fatto che una squadra di amatori ha messo nel sacco le nostre professional, al via con 10-11 corridori…

Dal punto di vista tattico è stata una gara pessima, ma mi sembra banale dire che abbia perso l’Italia. L’Italia perde da anni, come dicevamo, perché non ha una struttura che riesca a stare al passo con quelle che comandano nel ciclismo attuale. Hanno perso tutti, anche i singoli. Mi è parso che ci sia stata poca voglia di onorare una gara del genere, mi soffermerei più su quello. E’ normale che quando uno ha l’acqua alla gola e ha una sola occasione per dimostrare qualcosa, sia al massimo e abbia grandi motivazioni. Invece sembra quasi che gli altri siano arrivati all’italiano tanto per farlo e a me fa ancora più tristezza.

La maglia tricolore senza sponsor: un podio diverso dalle attese. Dietro Conca, Covi e Pesenti
La maglia tricolore senza sponsor: un podio diverso dalle attese. Dietro Conca, Covi e Pesenti
Ne hai vinti tre, l’italiano è veramente una gara a sé?

Al campionato italiano ci sono i favoriti che partono in 2-3 e quindi si trovano a rincorrere. Ci sono squadre che partono in 10 e riescono a fare la differenza. Poi ci sono gli outsider, i corridori elite come quelli dello Swatt Club, che danno il tutto per tutto sapendo che è una gara stranissima, dove anche andare in fuga in partenza spesso si rivela decisiva. Guardate Zoccarato in fuga anni fa con Colbrelli… Quando salta il controllo, anche se hai il favorito numero uno, non riesci a tenere la corsa. E’ davvero una gara a parte.

Una squadra di amatori in mezzo ai professionisti: resta una stranezza.

Una volta parlando di Gaffuri, si sarebbe riso: cosa faccio, prendo un amatore? Oggi non bisogna più escluderlo, bisogna adeguarsi. Forse domenica è stata la sconfitta definitiva di chi pensa che il ciclismo sia sempre quello di trent’anni fa. Ci sono ragazzi che crescono in modo diverso. Benvengano le Zwift Academy o i nuovi metodi di scoperta dei talenti. Non sto facendo le lodi dello Swatt Club, perché costruire una squadra è un’altra cosa. Va fatto un lavoro diverso, completo e profondo, basato non solo sui numeri ma su tante altre sfaccettature che possono far pensare che un corridore possa avere futuro. Il mio lavoro attuale, ad esempio. Ma la vittoria di Conca ci dice una cosa molto chiara.

Quale?

Accettiamo di vivere in una diversa epoca dello sport, ma prendiamo coscienza che non abbiamo più così tanto tempo per riprendere la strada.

Swatt Club batte i pro’ con passione e 100.000 euro di budget

30.06.2025
6 min
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GORIZIA – La voce è tremolante, gli occhiali non riescono a nascondere del tutto l’emozione. Carlo Beretta non sa cosa dire, cosa pensare. Il team manager, se così possiamo definirlo, di questa Asd, lo Swatt Club, è travolto da un turbinio di sentimenti. E’ appena successa una cosa gigantesca, inaspettata. Un sogno realizzato: uno dei suoi, Filippo Conca, si è appena laureato campione italiano.

Al via da Trieste avevano un gazebo e un furgone. Tutti, anche i corridori, si davano da fare per scaricare le bici, sistemare le sedie, prepararsi. Di fronte a loro c’era il bus della Polti-Kometa e alle spalle il mare. Tutto scorreva tranquillo. Forse proprio Conca ci era parso quello più serio durante i preparativi. Ma chi avrebbe pensato a quel che sarebbe successo di lì a una manciata di ore?

A fine gara, dopo questa “bomba sportiva”, non potevamo non parlare con Beretta. Capirne di più, intuire come cambieranno le cose da qui a breve. E anche analizzare la gara, perché di fatto se ieri, parlando di squadre, tutti aspettavano la VF Group-Bardiani, la XDS-Astana e la Polti-Kometa, le tre più numerose, ma il team che ha corso meglio ed è stato più attivo è stato proprio lo Swatt Club.

Il team manager della piccola squadra lombarda, Carlo Beretta
Il team manager della piccola squadra lombarda, Carlo Beretta
Carlo, cosa è successo?

Non lo so, credetemi. Non so cosa dire, a livello emotivo è una bomba. Abbiamo avuto tantissimo supporto oggi perché c’erano veramente tanti ragazzi della nostra squadra, i nostri amatori, che sono venuti ad aiutarci, che erano al nostro corner sulla salita, davano l’acqua. C’era una grande motivazione.

Chiaro, questo è un palcoscenico importantissimo per voi…

Sì, ma non era fondamentale. Al via la direttiva era: divertirsi e sorridere. Tutto questo è stato frutto delle ore di lavoro che i ragazzi hanno fatto in bici e della loro serenità, perché se sei sereno come sono loro, va tutto bene. Si sono divertiti tutto l’anno. E oggi (ieri, ndr) hanno dato tutto quello che avevano dentro.

La domanda è: un club, neanche Continental, che batte i grandi… Forse questa cosa un po’ dice che c’è qualcosa che non va benissimo nel ciclismo italiano, no?

Quello si sapeva da tanto, ma non dipende da noi. Noi facciamo le nostre cose e le nostre corse, nel nostro piccolo. L’anno scorso avevamo Hellemose che quest’anno è tornato nel grande ciclismo con Jayco-AlUla e ha dimostrato di andare bene. Il discorso è grande. Alla fine questi ragazzi hanno tutti motore, sono forti e vanno aiutati, compresi e aspettati. Non bisogna più lamentarsi e dire che in Italia non c’è più nessuno. Sono cambiate le generazioni, ma non è detto che non si possa andare forte anche qualche anno dopo. Per molti di loro pedalare è vita, è la cosa più bella del mondo. Semplicemente bisogna lasciarli tranquilli di fare quello che si sentono. L’unica cosa che faccio io nel team è questa: lasciargli il loro spazio, senza pressioni. Per il resto sono loro che si allenano.

Lo Swatt Club si è presentato al via dei campionati italiani con Petitti, Gaffuri, Ginestra, Conca e Carollo
Lo Swatt Club si è presentato al via dei campionati italiani con Petitti, Gaffuri, Ginestra, Conca e Carollo
Come si allenano?

Sono tutti preparati da Gaffuri e da Vergallito. Dai… è incredibile quello che è successo a Conca. Uno come lui non doveva stare qui. Noi arriviamo dagli amatori, non ci dava una lira nessuno e abbiamo fatto un sacco di punti UCI in quelle poche corse a cui abbiamo partecipato. Abbiamo ottenuto anche una vittoria in una gara 1.2 con un danese: Kasper Andersen.

E oggi (sempre ieri, per chi legge)? Oggi non era una 1.2, e le polemiche incalzeranno. Già ci si chiede dove vedremo questa maglia tricolore…

Oggi è assurdo, una giornata che rimarrà nella storia. Non so neanche l’anno prossimo cosa dobbiamo fare per andare avanti. Conca ha iniziato la stagione e doveva fare solo gare gravel. Filippo mi ha chiesto se poteva fare una corsa in Austria e io gli ho detto: «Certo che puoi farla». Gli ho dato la possibilità, sapevamo che poteva fare l’italiano, ma non sapevo a che punto fosse. Io spero che trovi una squadra: allo Swatt Club non serve Conca, è sprecato. Il mio obiettivo era riportarlo dove era prima, perché è lì che deve stare.

Potrebbero portartelo a breve, non essendo pro’ è svincolato. Nel calcio diremmo un parametro zero…

Io spero che vada via. E come lui Gaffuri e gli altri ragazzi. Questo è l’obiettivo. Non ho la struttura per sostenerli. Io voglio solo aiutare quelli che non aiuta nessuno, che sono lasciati a piedi. Quelli che hanno potenziale, chiaramente. Filippo Conca ha un palmarès importante. Ha dei numeri spaventosi (ieri anche Quinziato, il suo manager, ci aveva detto di valori estremamente alti sui 10′, ndr). Non è questo il suo posto, lo ripeto.

Filippo Conca (classe 1998) sul podio con la maglia tricolore
Filippo Conca (classe 1998) sul podio con la maglia tricolore
Questa vittoria cambierà qualcosa nella tua squadra?

Andrò avanti con le mie idee. Abbiamo deciso da un giorno all’altro di fare una squadra club che facesse delle gare UCI. Gli sponsor che abbiamo, Giant, Cadex, Pirelli, Shimano, Lazer, ci hanno dato una mano, ma era più per il mondo gravel. Ma io non ho voluto abbandonare la strada perché appunto può dare una mano importante: lo abbiamo visto con Hellemose. Lì hanno davvero la possibilità di dimostrare quello che valgono.

Carlo, hai parlato di “fare la gara col sorriso”, però anche tatticamente avete fatto un garone, forse il migliore di tutti. In avvio c’erano nella fuga Lorenzo Ginestra e Francesco Carollo e nel finale il contrattacco di Gaffuri e quello di Conca…

Non ho sentito cosa gli ha detto Giorgio Brambilla, il diesse (ex corridore e anche lui giovane, è un classe 1988, ndr), in ammiraglia. Sicuramente qualcosa gli avrà comunicato, ma le tattiche migliori ti vengono quando sei a 200 battiti al minuto: un cenno di intesa col tuo compagno che, se come te crede nella stessa idea, ti capisce e tutto diventa più facile.

Come è organizzato lo Swatt Club?

Siamo pochissime persone. Anche oggi (ieri, ndr), tra feed zone e supporto logistico, erano tutte persone amiche, gente del club, gente che lavora dal lunedì al venerdì e ci dà una mano nei weekend. Noi siamo un gruppo di amatori, di amici, che vive per questa passione. E questa gente quando viene dà il 180 per cento e magari tutto viene più facile.

La festa degli Swatt iniziata ieri dopo il podio. Sarà interessante capire come evolverà questa realtà da qui in poi
La festa degli Swatt iniziata ieri dopo il podio. Sarà interessante capire come evolverà questa realtà da qui in poi
Il vostro budget quant’è?

Penso che arriveremo a 100.000 euro, se lo oltrepassiamo lo facciamo di poco. Abbiamo 16 corridori (7 stranieri, ndr), abbiamo fatto poi 23 giorni di gara in tutto, non tantissimi. Gli sponsor ci aiutano a coprire tutte queste spese. Noi vendiamo l’abbigliamento sul nostro sito e-commerce, vendiamo tanti body bianchi come quelli che avete visto in gara. Fortunatamente ne vendiamo veramente tanti e tutto quello che incassiamo viene riversato sul team. Non so per quanto sarà sostenibile, ma almeno per quest’anno tutto quello che si poteva fare l’abbiamo fatto.

Sei il manager dell’anno, insomma. Davide che batte Golia…

No, no… Se un manager vedesse il nostro conto bancario e le nostre entrate-uscite ci direbbe: «Voi non siete normali». Entra 10 ed esce 10. Però noi vogliamo fare così per adesso, perché viviamo per questa passione.

Cosa ti passa ora per la testa?

Non so neanche io cosa pensare, cioè è una follia. Voglio solo aspettare tutti i miei amici tifosi che erano sul percorso e stare con loro. L’unica cosa che ci rimarrà saranno le emozioni e l’aver atteso questa giornata da novembre.

EDITORIALE / La vittoria di Conca e il meccanismo che s’inceppa

30.06.2025
3 min
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Se Filippo Conca non avesse vinto la maglia tricolore, chi avrebbe saputo parlare di lui? Quanti corridori come il lombardo sono passati e continuano a passare, archiviati come pratiche scadute per lasciare spazio alle altre? Qualcuno ha scritto che sarebbe il tempo di riscrivere le regole: forse non accadrà, ma di certo è utile fermarsi per una riflessione.

Ci bombardano con l’equazione del momento, che collega in maniera diretta l’insieme dei valori fisiologici e le prospettive di carriera e guadagno di un atleta. Sarà pure giusto, anzi lo è di certo. Tuttavia si è persa di vista la consapevolezza che non si possa archiviare un lavoratore se per i più svariati motivi non è ancora riuscito a esprimersi. Qui si parla di vite, famiglie, mutui, aspirazioni, sofferenze e futuro. Si parla di persone e lo si fa con superficialità, spinti dall’obiettivo del guadagno e con la leva piantata a fondo nei sogni di ragazzini non troppo consapevoli.

Conca ha 26 anni ed ha corso per quattro tra i pro’: gli ultimi mesi sono stati una prova di volontà, ma non sono stati facili
Conca ha 26 anni ed ha corso per quattro tra i pro’: gli ultimi mesi sono stati una prova di volontà, ma non sono stati facili

Niente accade per caso

Se Filippo Conca non avesse vinto la maglia tricolore, l’equazione avrebbe confermato l’atteso risultato. Invece l’ordine di arrivo del campionato italiano mette alle spalle di Filippo il meglio del ciclismo italiano: il lungo elenco dei ragazzi più o meno prodigiosi, fra cui quelli che in un modo o nell’altro hanno preso il suo posto nel gruppo. Non solo. Lo Swatt Club, che ha permesso a Conca di continuare a correre, ha piazzato nei primi cinque anche Mattia Gaffuri. E allora ti chiedi: come è possibile?

Certo, la maglia tricolore già in altre occasioni è finita su spalle estemporanee, ma questo non è più il ciclismo di ieri. Questo è il ciclismo in cui un’equazione stabilisce chi possa o non possa vincere e allora la vittoria di Conca non può essere per caso. Lo ha detto benissimo Covi, intervistato subito dopo da Filippo Lorenzon. E lo dicono anche i valori di Conca, che è arrivato alla gara tricolore lavorando in altura e correndo dovunque gli sia stato permesso, con piazzamenti di eccellenza nel gravel e anche al Giro d’Austria.

Nizzolo abbraccia Conca: fino al 2024 i due sono stati ompagni di squadra, poi la Q36.5 ha scelto di non confermare Filippo
Nizzolo abbraccia Conca: fino al 2024 i due sono stati ompagni di squadra, poi la Q36.5 ha scelto di non confermare Filippo

Il granello nel meccanismo

Se Filippo Conca non avesse vinto la maglia tricolore, probabilmente avrebbe smesso di correre. Magari non subito, tuttavia il binario lungo il quale lo avevano incanalato portava verso un silenzioso abbandono delle scene. Al momento di ricomporre il suo organico, la Q36.5 aveva scelto infatti di fare a meno di lui, puntando su altri nomi. Forse per questo, tagliando il traguardo, Filippo ha imposto a sua volta il silenzio con un chiaro gesto della mano.

Alle sue spalle sul rettilineo di Gorizia c’erano corridori WorldTour in condizione per il Tour de France e quelli delle professional che lottano su ogni traguardo per la caccia ai punti. Anche atleti dei vari devo team e delle continental di casa nostra. Un tricolore così non si vince per caso, eppure fino a pochi minuti dal via nessuno avrebbe puntato un solo centesimo su Conca. C’erano i grandi campioni e i giovani talenti. In questo ciclismo che a volte dimentica cosa sia davvero un corridore e che spesso viene governato dagli agenti più che dai tecnici, la vittoria di Conca è il classico granello che fa inceppare il meccanismo. Qualcosa di cui parlare, per evitare che venga ricondotto a casualità o fortuna.

Clamoroso a Gorizia. Vince (meritando) il non-pro’ Filippo Conca

29.06.2025
7 min
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GORIZIA – Nel ciclismo dei grandi budget, del WorldTour, della ricerca, può accadere anche che un ragazzo non professionista vinca il campionato nazionale. A Gorizia il tricolore è finito sulle spalle di Filippo Conca. Il corridore lecchese ha battuto Alessandro Covi della UAE Emirates e Thomas Pesenti, quest’ultimo appartenente al devo team della Soudal Quick-Step.

Attenzione, Filippo Conca non è uno sconosciuto. E’ un non professionista solo a livello burocratico, perché è un corridore vero. Uno di quelli che fino a tre anni fa era nel WorldTour con la Lotto Soudal e fino allo scorso autunno correva per la Q36.5. Ma il fatto che un atleta di un club, perché la sua squadra, lo Swatt Club, è una ASD, neanche una continental – vinca una corsa del genere, è una notizia. E’ un titolo. E anche qualcosa che fa riflettere.

Battuto Covi

Ricostruiamo questa giornata. Partenza torrida, o quantomeno afosissima, da Trieste. Subito un attacco con dentro alcuni compagni di Conca, tra cui Francesco Carollo e Lorenzo Ginestra. Poi la gara scorre sorniona tutto sommato. Tutti aspettano la XDS-Astana: sono in dieci e sono forti, controllano ma evidentemente le gambe non sono al top.

Al secondo passaggio sul San Floriano, lo strappo di giornata, si muove Covi. Lo seguono Pesenti, Aleotti, Conca, e rientrano alcuni dei fuggitivi. Covi prova ad andare via sull’ultimo scollinamento, e quasi ci riesce, ma Conca stringe i denti fino all’ultimo e tiene. Mattia Gaffuri, anche lui dello Swatt Club, rientra e la volata è a cinque.

Conca vince con mezza ruota su Covi, poi si porta il dito alla bocca, prima di accasciarsi a terra e dire: «Ora tutti zitti». Sfogo sincero, che non ci rivelerà neanche più tardi, ma che probabilmente ha dei destinatari ben precisi.

Splendidi gli scenari del Collio. Il caldo, a detta di molti, tra cui De Marchi si è fatto sentire: «Se facevi un fuorigiri non lo recuperavi»
Splendidi gli scenari del Collio. Il caldo, a detta di molti, tra cui De Marchi si è fatto sentire: «Se facevi un fuorigiri non lo recuperavi»

Scoppia la gioia

«Davvero è una grandissima emozione – racconta Conca – sono stati mesi difficili. A ottobre mi sono trovato senza squadra, dopo quattro anni di sacrifici per le varie squadre in cui ero. Aspettavo questo momento proprio da ottobre. In questi mesi ho lavorato tanto. Mi sono dedicato un po’ al gravel, giusto per avere degli obiettivi, per restare focalizzato, perché altrimenti sarebbe stato davvero duro fare nove, dieci mesi senza gare».

Conca quest’anno ha all’attivo, compreso oggi, 11 giorni di corsa. Oltre alla Torino-Biella di aprile, l’unica corsa su strada a cui ha preso parte è stata l’Oberösterreich Rundfahrt, una breve gara a tappe austriaca di categoria 2.2. Le altre prove erano tutte gravel, tra cui la nota Traka.

«Nel finale – riprende Filippo – ho sofferto tanto. Non ero il più forte, ma ho tenuto duro. Proprio tanto duro. Oltre me stesso sull’ultima salita. Ogni giro scollinavo al limite. In volata sapevo che Covi era più veloce, ma sapevo anche che se fossi entrato nel tratto in pavé con più velocità, avrei avuto una chance. E così è stato».

Terremoto Conca

Senza dubbio, quella di Conca è una storia importante. Una storia che in qualche modo ricorda il ciclismo di 80-100 anni fa, quando c’erano i famosi “isolati”, corridori senza squadra. Filippo una squadra ce l’ha, ma non è professionistica. Dove vedremo la maglia tricolore? Che succederà ora? E cosa si dirà del ciclismo italiano? Queste erano le domande che circolavano tra gli addetti.

Il suo procuratore, Manuel Quinziato presente sul traguardo, era felice. Sa che da oggi dovrà e potrà trovargli una sistemazione in un altro team. Non essendo nemmeno in una continental, a Conca non serve aspettare il 1° agosto per cambiare maglia. Tutto è (già) in movimento.

I meno sorpresi, qualcuno è addirittura felice, sono i corridori. Tra tutti, Giacomo Nizzolo, ex compagno di squadra e amico di allenamenti quotidiani, appena arriva, lo abbraccia: «Ma cosa hai fatto? Cosa è successo? Bravo, bravo!». Quasi piange Nizzolo, che ha appena annunciato il suo ritiro a fine stagione.

Ma se c’è chi si pone dubbi, c’è chi festeggia. Lo Swatt Club esplode di gioia: amici, appassionati, compagni di Conca, cicloamatori tesserati del club venuti a dare una mano… Alzano cori su cori. Il suo team manager Beretta è commosso: «Ha vinto un ragazzo fortissimo. Non capisco perché uno con dei numeri come i suoi sia fuori dal giro che conta. Quanto prende Conca? Ma quale stipendio. A fine anno gli lascio due bici».

Intanto il neotricolore è appena sceso dal podio e sfoggia la sua maglia che sa di spumante: «Se mi rendo conto che questa vittoria è un terremoto per il ciclismo italiano? Sì, sicuramente è un terremoto. Non so cosa cambierà, né voglio pensarci. So solo che io sono uno dei pochi che ha creduto in questa giornata. Ringrazio loro… e me stesso».

La volata di Gorizia. Conca parte lungo e si lancia forte prima degli ultimi 100 metri in pavè… Covi invece segue un’altra traiettoria

Preparazione miratissima

Conca, classe 1998, ha un buon palmarès tra gli Under 23 e anche qualche piazzamento tra i pro’. Oggi a fare la differenza è stata la determinazione. E lui lo sa. Lo dice.

«Mi sono preparato benissimo, anche senza il supporto di una WorldTour. Ho fatto uno step in avanti. Questo ciclismo è talmente veloce che tanti corridori corrono troppo. Tappano i buchi e non arrivano mai pronti come ho fatto io negli ultimi quattro anni. Alla fine non mi sono mai davvero potuto preparare bene ed essere al top. Stavolta, invece, ho potuto preparare al meglio questo obiettivo.

«In altri sport, come la maratona, ci si prepara per mesi per una gara. Questo mi ha aiutato. Sapevo che molti oggi erano stanchi dopo il Giro d’Italia. Un tempo si usciva dal Giro con gran forma, oggi sembra il contrario. E questo, pur non avendo ritmo gara, è stato a mio favore».

Ma se questa vittoria è clamorosa per molti, lo è meno per Conca stesso. Sentite qua: «Nizzolo è un grande amico. Con lui, ma anche con Marco Tizza, Simone Petilli… mi sono allenato tanto. Mi hanno motivato a non mollare. Sono stato anche in altura: a maggio ero a Livigno e ho fatto una brutta caduta per colpa di una marmotta in discesa. Ma non ho mollato. Dopo una settimana fermo, ho ripreso a prepararmi per questo obiettivo».

«Davvero sono contento. Contento di aver vinto, ma forse ancora di più di aver avuto la testa per non mollare in questi mesi».