Tour de France 2025, Mauro Schmid, Jayco AlUla,

Il ciclismo svizzero secondo Schmid, signore di strada e crono

26.10.2025
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TORINO – La maglia rossocrociata oramai Mauro Schmid ce l’ha tatuata sulla pelle. Non fosse bastato il titolo in linea del 2024, il venticinquenne di Bulach ha compiuto un’impresa che, dal 1993 a oggi, era riuscita soltanto a Stefan Kung nel 2020, ovvero imporsi nello stesso anno in entrambe le prove: strada e crono. Persino una leggenda come Fabian Cancellara aveva mancato l’accoppiata, pur imponendosi più volte in anni diversi nelle due fatiche (10 sigilli contro il tempo, 2 in linea). 

La seconda stagione in casa Jayco-AlUla è stata positiva per Mauro, anche se c’è tanta voglia di lasciare il segno anche fuori dai confini nazionali per ricambiare la fiducia che il general manager Brent Copeland e tutto lo staff ripongono in lui. Nel frattempo, sul finale di stagione, è salito per la terza volta sul podio iridato della staffetta mista, mettendosi al collo un bronzo in Rwanda dopo gli ori centrati nel 2022 e nel 2023.

Abbiamo incontrato Schmid a Torino, durante le visite della Jayco-AlUla al Centro Irriba (foto Matteo Secci)
Abbiamo incontrato Schmid a Torino, durante le visite della Jayco-AlUla al Centro Irriba (foto Matteo Secci)
Abbiamo incontrato Schmid a Torino, durante le visite della Jayco-AlUla al Centro Irriba (foto Matteo Secci)
Abbiamo incontrato Schmid a Torino, durante le visite della Jayco-AlUla al Centro Irriba (foto Matteo Secci)
Che cosa ha voluto raddoppiare il titolo nazionale su strada e fare doppietta con quello a cronometro quest’anno?

Beh, devo dire che è bello essere facilmente riconoscibile alle corse. Già vincere la maglia una volta è speciale, ma ripetersi l’anno successivo è qualcosa di fantastico e non vedo l’ora di indossarla ancora, almeno per la prima parte del 2026. La cronometro è stata una mezza sorpresa anche per me, ma ero ben preparato e sono arrivato a quel giorno nelle migliori condizioni. Tra l’altro, essere campione nazionale nelle prove contro il tempo, ha un certo prestigio nel nostro Paese: basti pensare a quello che hanno fatto Küng e Cancellara negli ultimi 25 anni. Lo standard è sempre alto ed è bello avere questo onore.

A questo proposito, come alfiere della Svizzera, che cosa ci dici del vostro movimento sia a livello individuale, sia coi risultati di Tudor e Q36.5?

Abbiamo sempre avuto ottimi talenti, anche negli anni più recenti, anche se ne è parlato bene. E’ ovvio che dopo uno come Cancellara, non sia facile prendere il testimone. Per qualche anno il livello, soprattutto su strada, non è stato eccelso e le vittorie di corridori svizzeri nelle prove in linea sono state meno delle attese.

Comunque, vi siete goduti Nino Schurter…

Tanti ragazzi della mia generazione, infatti, hanno virato più sulla mountain bike e la strada ha perso un po’ di popolarità. Ora stanno emergendo però giovani interessanti e, il fatto di avere due squadre svizzere così strutturate tra i pro’ gli dà la possibilità di maturare senza fretta e con più tranquillità. In particolare, per quei ragazzi che vanno ancora a scuola e riescono ad avere una vita più normale.

Nella tappa di Tolosa al Tour, i secondo posto dietro Abramhansen brucia parecchio
Nella tappa di Tolosa al Tour, il secondo posto dietro Abrahamsen brucia parecchio
Nella tappa di Tolosa al Tour, i secondo posto dietro Abramhansen brucia parecchio
Nella tappa di Tolosa al Tour, il secondo posto dietro Abrahamsen brucia parecchio
Che atmosfera hai respirato ai Mondiali in Rwanda?

Qualcosa già si sta muovendo. C’è ancora bisogno di un po’ di tempo, anche se la generazione attuale è già abbastanza buona, ma tra qualche annetto vedremo i risultati. Sono convinto che, anche grazie ai progetti a lungo termine dei due team svizzeri, tutto il nostro movimento ne beneficerà.

Hai cominciato a pensare alla prossima stagione?

L’idea, al momento, è di cominciare con il Tour Down Under: una corsa molto importante per la nostra squadra che è australiana, ma lo è anche per me. Oramai è un po’ come il primo giorno di scuola e vuoi subito partire forte. Poi, spero di dire la mia nelle classiche, grazie anche all’esperienza acquisita quest’anno. Il calendario potrebbe essere simile a quello del 2024, a parte qualche piccolo cambiamento a febbraio e marzo. Per i Grandi Giri mi vedo più al Tour, anche se mi piacerebbe venire al Giro. L’unica cosa è che è difficile far bene le Ardenne e poi essere pronto per tre settimane intense a maggio.

Crono iridata di Kigali, Schmid non va oltre un 29° posto, ma conquistaerà il bronzo nel Team Relay
Crono iridata di Kigali, Schmid non va oltre un 29° posto, ma ha conquistato il bronzo nel Team Relay
Crono iridata di Kigali, Schmid non va oltre un 29° posto, ma conquisterà il bronzo nel Team Relay
Crono iridata di Kigali, Schmid non va oltre un 29° posto, ma ha conquistato il bronzo nel Team Relay
C’è una corsa che ti stuzzica più di altre?

Difficile da dire, ma pensandoci direi che mi piacerebbe vincere una tappa al Tour de France.

Beh, quest’anno ci siete riusciti con Ben O’Connor. Com’è stato?

Molto bello. In realtà, il mio aiuto è stato marginale, a parte qualche chilometro all’inizio, perché poi ha fatto tutto da solo.  E’ stato di grande motivazione, così come lo è pensare a quando ho sfiorato la vittoria di tappa al Tour de Suisse (ripreso a 1,6 km dal traguardo della sesta tappa dopo la fuga col connazionale Kung e l’australiano Sweeny, ndr). Sicuramente ci riproverò, ma prima mi concedo qualche giorno sulle spiagge di Bali per ricaricare le batterie. 

Mattia Agostinacchio: al Ruebliland cerca la convocazione iridata

04.09.2025
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La voce di Mattia Agostinacchio esce dal telefono bassa e profonda, nascondendo la sua giovane età dietro un tono sicuro e gentile. Il più giovane dei due fratelli valdostani è alle prese con una leggera influenza che lo ha colpito poco prima del Trofeo Paganessi. Una volta rientrato a casa si è preoccupato di curarsi al meglio per arrivare pronto al Grand Prix Ruebliland, gara a tappe della categoria juniores che si corre in contemporanea al Giro della Lunigiana. La sua assenza dalla Corsa dei Futuri Campioni è una scelta obbligata dal fatto che la Valle d’Aosta non schiererà al via la propria Rappresentativa Regionale

Mattia Agostinacchio, al suo secondo anno juniores, ha raccolto vittorie importanti già in primavera (Photors.it)
Mattia Agostinacchio, al suo secondo anno juniores, ha raccolto vittorie importanti già in primavera (Photors.it)

Oltre le Alpi

Così Mattia Agostinacchio è costretto ad attraversare le Alpi e arrivare fino ai confini con la Germania per correre e preparare questo finale di stagione. L’inverno nel cross ci ha consegnato e fatto conoscere il suo talento, finito anche nel mirino degli squadroni. Mentre la primavera e l’estate hanno enfatizzato la sua capacità di andare forte in bici anche su strada.

«Domani mattina presto si parte – ci dice Mattia Agostinacchio – il viaggio sarà abbastanza lungo, ci aspettano quattro ore di macchina. Se sarò pronto lo si vedrà quando metterò il numero sulla schiena, domenica al Paganessi stavo bene ma avevo già qualche sintomo dell’influenza che mi ha poi accompagnato in questi ultimi giorni».

I risultati del giovane Agostinacchio gli sono valsi una prima convocazione con la nazionale juniores alla Corsa della Pace
I risultati del giovane Agostinacchio gli sono valsi una prima convocazione con la nazionale juniores alla Corsa della Pace
Un quarto posto che vale qualcosa in più allora…

Di gambe stavo bene, credo di aver avuto una buona risposta. In questi ultimi mesi sono migliorato un po’ in tutti gli aspetti. Della preparazione se ne occupa ancora mio fratello Filippo. Mi ha messo qualche ora in più giusto per riuscire ad aumentare il chilometraggio durante le uscite. 

Quindi arrivi pronto per l’ultima parte di stagione?

Vedremo al Ruebliland, al momento non ne sono certo. Ho ancora due giorni per riprendermi pienamente prima di correre in Svizzera. 

Con la maglia dell’Italia è arrivata anche una vittoria di tappa al Trophée Centre Morbihan a giugno
Con la maglia dell’Italia è arrivata anche una vittoria di tappa al Trophée Centre Morbihan a giugno
Quanto ti dispiace non correre il Lunigiana?

Molto, devo essere sincero. Il Ruebliland, in questa edizione, sarà ancora più duro perché nelle tre tappe previste avremo tantissima salita. Avrei preferito andare al Lunigiana perché ha più varietà all’interno delle varie tappe e poi fare cinque giorni di gara permette di mettere qualche chilometro in più. E’ anche vero che correrò altri due giorni una volta tornato in Italia: al Pezzoli e al Buffoni il 13 e il 14 settembre.

In ottica mondiali ed europei ti preoccupa correre lontano dagli occhi del cittì Salvoldi?

No, in queste settimane abbiamo avuto modo di parlare tanto. Siamo stati anche in ritiro a Livigno con la nazionale dal 21 al 30 agosto. Eravamo un gruppetto di cinque che è andato a preparare gli ultimi impegni. Ci siamo allenati bene per una settimana, ma senza esagerare.

Ora Mattia Agostinacchio (il secondo da sinsitra) vuole guadagnarsi un posto per i mondiali di categoria in Rwanda
Ora Mattia Agostinacchio (il primo da destra) vuole guadagnarsi un posto per i mondiali di categoria in Rwanda
Cosa intendi?

Siamo rimasti sulle 20 ore di allenamento, poco più. Un numero buono, vicino alla mia media che di solito si aggira tra le 17 e le 19 ore a settimana. Raramente ho caricato di più e va bene così. 

Hai già visto i percorsi di mondiali ed europei?

Sì, a Kigali saremo sui 120 chilometri con 1.400 metri di dislivello ma ben distribuiti lungo tutto il percorso. Praticamente non ci sarà un metro di pianura. Mentre in Francia i metri verticali saranno meno ma con due salite vere da affrontare a ogni giro. Personalmente preferisco un tracciato come quello del mondiale, quindi meglio recuperare e andare forte per guadagnarsi uno dei tre posti disponibili. 

Dal Casano allo stage con la Tudor: l’esperienza di Del Cucina

12.08.2025
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Una settimana in Svizzera respirando l’aria del ciclismo dei più grandi insieme ai ragazzi del devo team della Tudor Pro Cycling. Quella di Riccardo Del Cucina, atleta toscano del team Casano-Stabbia, al suo secondo anno da junior, è stata un’esperienza formativa e che ha aumentato ancora di più la sua voglia di affermarsi. Un primo assaggio condito da tanta curiosità nello scoprire i segreti dei più grandi, che ora non sembrano più così lontani. 

«E’ stata una bellissima esperienza – ci racconta Del Cucina mentre si trova a Livigno per preparare le prossime gare, tra cui il Giro della Lunigiana – purtroppo è arrivata nella settimana peggiore degli ultimi anni dal punto di vista climatico. Me lo hanno detto anche gli altri ragazzi e lo staff, sui nove giorni totali ha piovuto praticamente sempre. E faceva anche un gran freddo. Mi sono comunque goduto questa esperienza, è stato un piacere immenso. Inoltre ho un po’ “spiato” quello che sarà il livello tra gli under 23 e c’è da dire che vanno forte davvero. Però questo non mi ha spaventato, tutt’altro, ho ancora più voglia».

Riccardo Del Cucina a inizio anno è passato nel team Casano-Stabbia sotto lo sguardo attento di Beppe Di Fresco (foto Instagram)
Riccardo Del Cucina a inizio anno è passato nel team Casano-Stabbia sotto lo sguardo attento di Beppe Di Fresco (foto Instagram)
Qual è la cosa che ti ha maggiormente emozionato?

Già parlare una lingua diversa dall’italiano per tanti giorni mi ha fatto capire di essere in qualcosa di grande. Ho fatto tanti lavori in bici nuovi per me e ho imparato anche come si vive la quotidianità in una realtà grande come quella della Tudor. 

Com’è nato il contatto?

Principalmente dal mio procuratore Matteo Roggi, e anche da alcuni contatti di Pino Toni che lavora con noi al Casano. Anche se non è lui il mio preparatore, da ormai tre anni mi alleno con Rinaldo Nocentini e insieme al team abbiamo deciso di affrontare questa stagione, fondamentale, con continuità. La Tudor ha ricevuto i miei valori e ha avuto accesso ai miei dati di Training Peaks e mi hanno aperto le porte per uno stage.

L’occasione dello stage con la Tudor Pro Cycling U23 è arrivata grazie ai risultati e al suo procuratore Matteo Roggi
L’occasione dello stage con la Tudor Pro Cycling U23 è arrivata grazie ai risultati e al suo procuratore Matteo Roggi
Eri l’unico?

Eravamo tre ragazzi a fare da stagisti, io e due atleti svizzeri che sono già under 23. Ero il più piccolo. Gli altri due faranno delle gare di prova, mentre io attendo una risposta sul mio futuro. Al momento non so nulla, ma ammetto che mi piacerebbe entrare in un devo team. Però sto anche parlando con squadre continental italiane.

Che settimana è stata?

Ho avuto l’onore di entrare in un mondo che sogno da anni, questa cosa mi ha responsabilizzato ancora di più. A livello tecnico è stata la settimana nella quale ho fatto il mio record di ore per quanto riguarda gli allenamenti. Di solito oscillo tra le 15 e le 20 ore, quando ho caricato tanto ne ho fatte 22. In quei sette giorni mi sono allenato per un totale di 28 ore

Del Cucina in questa stagione è cresciuto molto, maturando sia fisicamente che mentalmente (foto Instagram)
Del Cucina in questa stagione è cresciuto molto, maturando sia fisicamente che mentalmente (foto Instagram)
Impegnativo?

Sicuramente, anche se sono un corridore che con il passare dei giorni si sente meglio. Abbiamo caricato molto, pedalavamo una media di quattro ore al giorno, che per me equivale a un lungo. Durante l’uscita facevamo anche test e lavori di intensità. Insomma i primi giorni qui a Livigno li ho presi per recuperare un po’. 

Una prima esperienza da solo?

La prima di questo genere. Sono partito da casa in aereo, una volta atterrato a Zurigo c’era un altro atleta del team che mi aspettava e siamo andati in treno fino alla sede della Tudor, a Schenkon. La bici me la sono portata da casa, quindi l’altro ragazzo mi ha spiegato come muovermi all’interno della stazione e dell’aeroporto. 

Un cammino, quello di Del Cucina, che lo ha portato a vestire la maglia della nazionale nella prova di Coppa delle Nazioni in Slovacchia (foto Instagram)
Un cammino, quello di Del Cucina, che lo ha portato a vestire la maglia della nazionale nella prova di Coppa delle Nazioni in Slovacchia (foto Instagram)
Con chi eri in stanza?

Roman Holzer, è un ragazzo svizzero che fa già parte del devo team. Abbiamo parlato tanto e gli ho fatto parecchie domande confidandomi tanto con lui. Gli ho chiesto come ci saremmo organizzati per gli allenamenti e la vita comune. Alla fine è andato tutto bene, è un ambiente in cui ti responsabilizzano molto, ma mi piace come cosa. 

Sei arrivato e come ti sei presentato, che atleta sei?

Nell’introduzione iniziale hanno detto di avermi preso perché sono un atleta versatile e completo. Effettivamente è una descrizione che sento mia, quest’anno sento di essere cresciuto molto fisicamente e di aver fatto dei netti miglioramenti in alcuni ambiti, ad esempio in salita. Mi difendo bene e ho un ottimo spunto veloce. Questo è stato possibile anche grazie al team Casano e alla gente che lavora insieme a noi: nutrizionista, biomeccanico, osteopata…

Con quale spirito sei tornato a casa?

Sicuramente senza alcun timore, anzi con ancora più voglia e fame di arrivare a questi livelli.

BMC Teammachine SLR01 quinta generazione, è tutta nuova

25.06.2025
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ANDERMATT (Svizzera) – Ecco la nuova BMC Teammachine SLR01, ovvero la quarta generazione della bici che ha dettato i moderni canoni di design. Cosa è cambiato, a parte una riduzione del peso che ha dell’incredibile?

A parità di taglia è stata alleggerita di 220 grammi (16%), pur sfruttando la medesima rigidità della versione precedente ed è più stabile, soprattutto in discesa. Considerando l’impatto visivo nella sua totalità, non così diverso rispetto alla “vecchia”, mostra invece delle importanti diversità nelle forme dei tubi. Volumi e disegni non si riferiscono al solo aspetto estetico, ma hanno una funzione tecnica ben precisa.

Cambiano anche le grafiche, funzionali al risparmio di peso
Cambiano anche le grafiche, funzionali al risparmio di peso

Teammachine SLR01, obiettivo leggerezza

La famiglia è quella della Teammachine, un’icona per molti e per la stessa azienda Svizzera che si è resa celebre (anche) grazie a questa piattaforma. La nuova SLR01 però si distacca parecchio della Teammachine R lanciata nel 2023, la bici utilizzata dal Team Tudor nelle ultime due stagioni.

La nuova SLR01 non è una bici aero nel senso stretto del termine, anche se proprio l’aerodinamica non è stata dimenticata. I dati parlano di una vicinanza “quasi” inaspettata, ma una volta su strada è più confortevole e meno aggressiva.

Cosa significa il 16% su una bici?

Dalla sorella Teammachine R mutua le geometrie, le sedi dei cuscinetti della scatola del movimento centrale (si è deciso di mantenere il press-fit) che offre una combinazione ottimale tra rigidità, aerodinamica e sicurezza. Le rinnovate tecnologie di lavorazione del carbonio hanno permesso di migliorare questo comparto. Cosa significa risparmiare il 16% in una bici che era già leggera (considerando che la nuova versione arriva a 700 grammi, telaio nella taglia 54 e con la verniciatura applicata)? E come ci sono riusciti in BMC? Sarebbe come togliere il tubo obliquo, due foderi del retrotreno (uno obliquo e uno orizzontale), ¾ dello stelo della forcella.

E’ stato utilizzato il medesimo carbonio, ma con pose diverse delle pelli. Il grande cambiamento riguarda il modo in cui la fibra viene compattata. Sono stati dismessi i mandrini in lattice e vengono usati quelli in PP. L’interno dei profilati resta più omogeneo, si può limare qualcosa sugli spessori, aumentando al tempo stesso il rapporto rigidità/peso. Nella cura dimagrante al quale la nuova SLR01 è stata sottoposta sono complici anche le nuove grafiche.

Uno sviluppo lungo tre anni

Stefam Christ, per noi un riferimento e responsabile della ricerca e sviluppo BMC, argomenta. La nuova Teammachine SLR01 vede la luce dopo tre anni di sviluppo, un tempo leggermente più lungo rispetto agli standard attuali.

«Di questi 36 mesi – ci racconta Christ – ben 6 sono stati impiegati per valutare la bontà dei nuovi modelli di software che ci hanno permesso di usare una nuova tecnica di applicazione della fibra composita. Pur non avendo cambiato molto nella scelta delle materie prime, le prestazioni della bici risultano stravolte. La nuova Teammachine è molto più leggera, stabile, veloce e per velocità non mi riferisco esclusivamente all’efficienza aerodinamica, dove la versione R è un riferimento».

L’avantreno è tutto diverso e parte da un tubo sterzo più sfinato, ma capace di dare maggiore stabilità. Non in ultima la rigidità, che è le medesima della R. «Quest’ultima – conclude Christ – è funzionale ad una bici super leggera che mostra valori del comparto frontale del tutto paragonabili ad alcune aero bike che troviamo sul mercato e per noi è un punto chiave, tenendo ben presente che la variabile più grande resta l’atleta ed il suo bike setting. La nuova SLR01, pur non essendo una bici aerodinamica si dimostra particolarmente veloce».

Alcune particolarità della nuova BMC

E’ compatibile con pneumatici fino a 32 millimetri di sezione, misura rilevata e certificata ISO, con il rispetto dei 4 millimetri di spazio per lato. Il trail anteriore è di 63 millimetri ed in base alle taglie sono previsti due rake della forcella: 47 e 51 millimetri. Il manubrio in dotazione è il full carbon integrato, il medesimo previsto per la Roadmachine, ma è possibile montare anche il più stretto che troviamo sulla Teammachine R.

Rispetto al passato è stato ridisegnato completamente il reggisella e tutto il clamp interno per la sua chiusura. E’ simile a quello montato sulla R, ma i due non sono compatibili. Il seat-post è anche il naturale alloggio per la batteria Di2 Shimano. Non è previsto il forcellino posteriore UDH, anche se quello in dotazione supporta a pieno le trasmissioni Sram. Sempre in merito al reggisella, sono disponibili tre arretramenti: 0, 10 e 25 millimetri, con regolazione semplificata dell’inclinazione della sella.

La gamma SLR01

La gamma Teammachine SLR01 si compone di quattro allestimentiOne, Two, Three e Four – oltre alla disponibilità del kit telaio (4.999 euro di listino).

La One (12.999 di listino) si basa sulla trasmissione Sram Red, ruote DT Swiss ARC38 ed il manubrio BMC ICS Carbon Evo (il valore alla bilancia dichiarato nella taglia 54 è di 6,6 chilogrammi).

L’allestimento Two ha il medesimo prezzo di listino della One e la stessa componentistica (uguale anche il peso dichiarato), ad eccezione della trasmissione che è Shimano Dura-Ace. Tra le due cambiano le combinazioni cromatiche.

SLR01 Three e Four si basano rispettivamente sul nuovo Sram Force e su Ultegra, portando in dote le ruote BMC CR 40 SL. Nella taglia 54 l’ago della bilancia si ferma a 7,1 chilogrammi ed il prezzo di listino (per entrambe) è di 8.499 euro. Le taglie disponibili sono sei: 47 e 51, 54 e 56, 58 e 61.

BMC

Andermatt e Tudor Pro Cycling: una partnership svizzera nelle Alpi

25.06.2025
3 min
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Il team Tudor Pro Cycling ha stretto una nuova e prestigiosa collaborazione con Andermatt Swiss Alps AG, la realtà che sta trasformando la località svizzera in una destinazione alpina d’eccellenza, attiva 365 giorni l’anno. Immersa tra otto iconici passi di montagna, Andermatt rappresenta oggi una delle mete più ambite per il ciclismo su strada e diventerà la nuova base d’allenamento per gli atleti della squadra fondata da Fabian Cancellara.

Questa sinergia nasce da valori comuni: passione per lo sport, dedizione alla qualità e un profondo orgoglio per l’identità svizzera. L’annuncio della partnership è stato celebrato con un evento esclusivo ad Andermatt, alla presenza di due leggende dello sport elvetico: Fabian Cancellara, fondatore del team Tudor, e Bernhard Russi, campione olimpico e ambasciatore della località alpina.

Fabian Cancellara e il suo team avranno in Andermatt il luogo di riferimento nelle prossime stagioni
Fabian Cancellara e il suo team avranno in Andermatt il luogo di riferimento nelle prossime stagioni

Un territorio da sogno

Andermatt si trova in una posizione strategica per gli amanti del ciclismo: dal piccolo borgo è possibile raggiungere otto dei più celebri passi montani delle Alpi svizzere, tra cui Furka, Susten, Nufenen, Grimsel, Klausen, Lukmanier, Oberalp e l’intramontabile Gotthard, protagonista ricorrente del Tour de Suisse. Molti di questi percorsi possono essere affrontati in anello, rendendo Andermatt un punto di partenza ideale per ciclisti di ogni livello, con temperature ideali da maggio a ottobre.

La nuova collaborazione permetterà agli atleti di Tudor Pro Cycling di allenarsi in uno degli scenari più affascinanti d’Europa, beneficiando al contempo dell’elevata qualità dell’ospitalità locale. La squadra, oggi composta da 47 corridori, compreso anche il team U23, (di cui ben 15 svizzeri), gareggia ai massimi livelli sia nel ciclismo su strada che nel gravel, e nel 2025 affronterà per la prima volta il Tour de France.

Andermatt non è solo una località alpina d’eccellenza, ma è anche strettamente legata alla storia e alla visione di Fabian Cancellara. Dal 2021, Andermatt Swiss Alps AG è sponsor ufficiale di Chasing Cancellara, il format che porta gli appassionati di ciclismo a pedalare lungo i tracciati più celebri della Svizzera. Uno degli appuntamenti più attesi del 2025 sarà proprio la tratta Zurigo–Andermatt, in programma il 16 agosto: 194 km di pura sfida attraverso paesaggi mozzafiato.

Oltre a Chasing Cancellara, la località ospita ogni anno l’Alpenbrevet, una maratona ciclistica tra le più apprezzate in Europa, con diverse opzioni di percorso: la più impegnativa supera i 6.800 metri di dislivello e un fascino che richiama centinaia di appassionati da tutto il mondo.

Le Alpi Svizzere sono un teatro pazzesco per allenarsi e andare in bici
Le Alpi Svizzere sono un teatro pazzesco per allenarsi e andare in bici

Servizi su misura

Andermatt offre tutto ciò che un ciclista può desiderare: dagli hotel di lusso come The Chedi (5 stelle) e il Radisson Blu Reussen (4 stelle), fino agli appartamenti Andermatt Alpine Apartments, perfetti per soggiorni in autonomia. Non mancano servizi dedicati come officine specializzate, bike shop, aree per il lavaggio bici e depositi sicuri.

«Siamo entusiasti di accogliere Tudor Pro Cycling – ha dichiarato Tom Rendell, il Chief Marketing Officer di Andermatt Swiss Alps – la loro filosofia Born To Dare si sposa perfettamente con la nostra visione dinamica e innovativa. Questa collaborazione rafforza ulteriormente la posizione di Andermatt come destinazione leader per il ciclismo su strada in Svizzera».

«Andermatt occupa un posto speciale nel mio cuore ha ribattuto Fabian Cancellara – considerando che è stato il quartier generale di Chasing Cancellara e oggi, grazie a questo nuovo capitolo con Tudor Pro Cycling, si chiude un cerchio fatto di passione, prestazione e orgoglio svizzero».

Andermatt

Rudy Project: la distribuzione in Svizzera diventa diretta

30.04.2025
3 min
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Rudy Project, brand italiano specializzato nel settore dell’occhialeria sportiva e dei caschi ad alte prestazioni, ha ufficializzato l’avvio della distribuzione diretta dei propri prodotti in Svizzera. La decisione segna un passo importante nella strategia di internazionalizzazione del marchio nato a Treviso nel 1985 e oggi presente in oltre 60 Paesi.

Con un portfolio di oltre 1.000 codici prodotto, e un’offerta che spazia dagli occhiali da sole sportivi alle soluzioni vista per atleti, Rudy Project ha conquistato nel tempo un ruolo di riferimento per professionisti e appassionati di sport outdoor, ciclismo, triathlon e sci. La Svizzera rappresenta da tempo un mercato strategico per il brand, grazie a una clientela esigente, sensibile al design, alla tecnologia e alla qualità Made in Italy.

L’avvio della distribuzione diretta consente di rafforzare la relazione con i clienti B2B e B2C, offrendo una gamma più completa di prodotti e un “customer service” interno, rapido e multilingue. Il sito ufficiale rudyproject.com è già disponibile in tedesco, francese e italiano, e l’e-commerce è operativo su tutto il territorio nazionale.

Rudy Project fornisce caschi e occhiali agli atleti del Team Bahrain Victorious
Rudy Project fornisce caschi e occhiali agli atleti del Team Bahrain Victorious

Una rete commerciale strutturata 

Rudy Project ha già consolidato una presenza in oltre 150 punti vendita svizzeri, soprattutto nella parte germanofona, con una distribuzione equamente divisa tra ottici specializzati e negozi sportivi. Il nuovo assetto commerciale prevede l’introduzione di quattro area manager dedicati: Simone Pozzi per il Canton Ticino e il Grigioni italiano, Sven Biermann per la Svizzera tedesca, Pierre Bajeaux e Jean Christophe Lebey per la Romandia.

Questa organizzazione garantirà copertura capillare e relazioni dirette con i rivenditori, valorizzando la conoscenza delle esigenze specifiche di ciascun territorio linguistico.

Cristiano Barbazza, CEO Rudy Project
Cristiano Barbazza, CEO Rudy Project

Crescita in Romandia e Ticino

«Con questo cambio di passo – ha dichiarato Cristiano Barbazza, CEO di Rudy Project – vogliamo consolidare la nostra presenza su tutto il territorio elvetico, con particolare attenzione alle aree francofone e italofone, dove vediamo grandi potenzialità di crescita. Ringraziamo Intercycle per la collaborazione ventennale e per i risultati eccellenti ottenuti insieme. Ora inizia una nuova fase, orientata a un contatto più diretto con il mercato e con i nostri partner locali».

Gli investimenti riguardano il rafforzamento della rete vendita, la formazione dei rivenditori, la presenza ad eventi sportivi e le campagne marketing locali. L’obiettivo è chiaro: portare Rudy Project al livello di notorietà già raggiunto nella Svizzera tedesca, anche nelle altre regioni linguistiche.

Rudy Project ha iniziato una politica volta a ridurre l’impatto ambientale
Rudy Project ha iniziato una politica volta a ridurre l’impatto ambientale

Impegno verso la sostenibilità

Il 2024 si è chiuso per Rudy Project con un fatturato globale di 17,5 milioni di euro, segnando una crescita del 15% rispetto all’anno precedente. L’azienda impiega oltre 60 dipendenti e produce interamente in Italia, con la progettazione dei caschi e la produzione degli occhiali nel cuore del Veneto.

Inoltre, con la filosofia RideToZero, Rudy Project si impegna a ridurre l’impatto ambientale in tutte le fasi produttive e organizzative, in linea con i valori dello sport responsabile e sostenibile.

Rudy Project è fornitore ufficiale di caschi e occhiali per atleti di livello mondiale. Durante le Olimpiadi invernali, oltre 40 medagliati hanno gareggiato con i suoi prodotti. Tra i partner figurano: il Team Bahrain Victorious, il fondista Johannes Klæbo, Danielle Lewis nel triathlon, il team American Magic per l’America’s Cup oltre a numerose nazionali di pattinaggio di velocità.

Rudy Project

Sorpresa in Salento. Spunta Richard: si parla di Hirschi e non solo

23.10.2024
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CASTRO – Succede che in una gara di mtb nell’estremo lembo meridionale d’Italia s’incontri Pascal Richard. Lo ricordate? E’ stato il campione olimpico ad Atlanta 1996, campione del mondo di ciclocross, ha vinto la Liegi e il Lombardia. Un grande, grandissimo attaccante. Un vero duro degli anni ’90. 

Richard era in Salento, Lecce, per la Castro Legend Cup, una manifestazione che stavamo seguendo per il “fratellino” di bici.PRO, bici.STYLE e ne è nato è questo incontro.

Lo svizzero infatti ha sposato tanti anni fa una ragazza salentina e qui è stato subito accolto come uno di famiglia. Il patron dell’evento, Giuseppe Maggiore, ricorda come da bambino davanti alla tv vedendo vincere Richard gli sembrava che stesse vincendo uno del paese. Pensate che la squadra di ciclismo locale si chiama Ciclo Club Spongano-Pascal Richard. Ormai è un salentino d’adozione: «Specie quando c’è da mangiare!», dice lui.

Al netto di questa insolita storia, l’incontro con Richard è stata un’occasione per scambiare due chiacchiere a tutto tondo sul ciclismo, specie quello svizzero.

Pascal, partiamo dal Tudor Pro Cycling Team. Quanto è importante per il movimento svizzero ora che sta diventando davvero forte?

E’ molto importante. E’ la squadra che prima non c’era. Trent’anni fa la Svizzera è stata molto forte nel ciclismo, ma poi ha avuto un vuoto… a parte Cancellara, che tra l’altro oggi dirige questa squadra. Ora invece ci sono molti bravi corridori in Svizzera: Hirschi, Kung, Bissegger… e spero se ne aggiungano altri. Sono contento che sia arrivato questo team, ma per altri aspetti sono anche deluso.

Di cosa?

La Svizzera è un Paese ricco e nonostante tutto non ci sono molti sponsor per il ciclismo. Un po’ come in Italia. Sarebbe bello che fosse come per lo sci. E io spero possa cambiare qualcosa con questa squadra.

Però voi avete una buona base, non larghissima, ma di qualità. Lo abbiamo visto nelle gare juniores e ancora di più in quelle under 23. Pensiamo a Voisard, cresciuto nella Tudor…

Sì, per esempio c’è Jan Christen. Lui però è nella UAE Emirates, un team in cui tutti lavorano per un leader estremamente forte quale Pogacar. Spero che anche Jan prima o poi possa trovare una strada per emergere come Hirschi.

Conosci Marc Hirschi?

Non bene di persona. Lo conosco perché sono interessato al ciclismo. Guardo molto le gare. Marc mi piace per il suo modo di correre. Feci una volta un giretto in bici con lui e con il povero Gino Mader, la cui scomparsa mi ha toccato profondamente ed era davvero un ottimo corridore che stava crescendo. 

Alla Tudor, secondo Richard, Hirschi potrà realizzarsi definitivamente
Alla Tudor, secondo Richard, Hirschi potrà realizzarsi definitivamente
Quindi ora che non dovrà tirare per Pogacar potrà esplodere del tutto?

Lo spero. Di certo in questa squadra sentirà più fiducia. Ma io credo che ce la possa fare. Guardate cosa ha fatto in UAE: quasi tutte le volte che ha avuto possibilità di fare bene ci è riuscito. Ha vinto cinque gare nell’ultimo periodo. E in passato aveva vinto una tappa al Tour, era stato secondo al mondiale. E poi è anche molto intelligente. Se troverà un buon ambiente, e sicuramente lo troverà, potrà fare bene.

Tu sei stato un esponente anche dell’offroad svizzero: hai vinto un mondiale di ciclocross. Tuttavia attualmente non siete fortissimi in questa specialità. Non avete quella base di numeri che magari avete nella mtb. Perché, secondo te?

Nel cross c’è Loris Rouiller, un giovanotto fortissimo a mio avviso. Proprio questo weekend ha vinto in Francia. Però è uno solo… Nel ciclocross per arrivare a certi livelli serve un grande lavoro specifico. E’ una specialità durissima. Ma poi se guardiamo bene anche nella mtb dopo Nino Schurter chi c’è dietro di così forte? Purtroppo è vero: nel cross in Svizzera abbiamo perso un po’ di organizzazione. Poi quando i ragazzi vanno in Belgio, in Olanda, dove si fa il vero ciclocross, secondo me perdono anche morale. E non ci insistono troppo.

Chiaro…

Io vado spesso a vedere le gare dei giovani, anche quelle più piccole regionali e credo che gente come me serva ancora… anche se sono un vecchio! Magari è un modo per attirare attenzione. Noi dobbiamo esserci, dobbiamo dare una mano. Dobbiamo essere esempio, immagine… per andare avanti.

Cosa ti piace di questo ciclismo?

Questo ciclismo in generale mi piace molto, è divertente. Ma credo anche che non sia poi cambiato molto. Ora c’è Tadej Pogacar. Ho ascoltato anche critiche nei suoi confronti, tipo quelle di Cipollini… ma io credo che non possiamo essere sempre critici nel ciclismo. Perché vederci sempre del male? Vediamo piuttosto il lato positivo. Tadej è come Sagan. Peter portò grande innovazione. Pogacar sta facendo lo stesso. E’ vero, quando parte fa la differenza, ma può succedere. Forse non ci eravamo più abituati. Però io me li ricordo Bernard Hinault, Eddy Merckx… A me Pogacar piace perché è un corridore che va dappertutto. Fa i grandi Giri, le classiche, le corse più piccole… Si butta, non ha paura. Dietro al palco del mondiale ne ho parlato con Mathieu Van der Poel.

Per Pascal il Team Tudor potrà dare moltissimo al movimento svizzero
Per Pascal il Team Tudor potrà dare moltissimo al movimento svizzero
E cosa vi siete detti?

C’era Pogacar vicino a noi. E Mathieu a voce alta facendosi sentire da Tadej mi fa: «Mamma mia, abbiamo fatto 100 chilometri a tutta e non l’abbiamo ripreso». E rideva. Era felice. Al ciclismo serve gente così. Per questo motivo dico che questo ciclismo mi piace. Penso anche alla tecnologia.

A proposito, ti sarebbe piaciuto guidare queste bici velocissime?

Le guido adesso! Ma anche in questo caso torno a dire che non è cambiato nulla. Tutti in tutte le epoche hanno gli stessi materiali: quindi a cosa serve fare paragoni? Certi anziani mi dicono: «Eh, ma il passato è sempre meglio». Ma cosa dicono? E’ uguale.

Un’ultima domanda da un ex ragazzino tifoso di Chiappucci. Cosa ci puoi dire di quella vittoria al Giro d’Italia quando una slavina fece accorciare la tappa a metà del Colle dell’Agnello?

Ah, che giornata! Arrivai in volata con Massi. In fuga c’erano anche Cacaito Rodriguez e altri due o tre corridori. Non mi ricordo di preciso, ma uno era della Banesto. Ricordo che volevo tanto vincere quella tappa e così andai in fuga. Però non sapevo che avrebbero accorciato la tappa per la slavina. Ad un certo punto ci dissero: “Il traguardo è a 10 chilometri da qui”. “Ma come?”, chiedevamo noi. Io temevo Massi, non tanto perché in salita era forte, ma soprattutto perché era un lupo. In corsa sapeva il fatto suo. E così per vincere puntai su di lui. A un chilometro dall’arrivo restammo in due (in tre in realtà, ndr) ma non sapevamo le distanze precise. All’improvviso vidi il cartello dei 300 metri all’arrivo e pensai: “E’ troppo tardi”. Invece feci la volata e andò bene. Insomma, era una tappa al Giro d’Italia!

Il riscatto di Elisa con Sangalli e Slongo: «La risposta giusta»

28.09.2024
4 min
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ZURIGO (Svizzera) – Piove senza sosta dal mattino. Le strade sporche hanno ridotto le biciclette un accumulo di tubi e fango, le ragazze che le cavalcano attraverso la zona mista hanno facce nere e le labbra che tremano. Oggi la Svizzera ha mostrato un assaggio della sua durezza e per questo sul traguardo alla fine si sono presentate solo 81 delle atlete partite. Paolo Sangalli arriva dopo aver parlato ai microfoni della televisione, con l’aspetto soddisfatto, come chi si è appena alzato da tavola e se ne va con un buon sapore in bocca. Non il migliore, probabilmente, ma comunque un bel ricordo. Il bronzo di Elisa Longo Borghini ha dato un senso a tanta fatica.

«Avevamo in testa l’oro – dice – ma è andata così. Abbiamo portato a casa una medaglia e ricordiamoci che Elisa ha battuto in volata una come la Lippert che è veloce. Dopo un certo chilometraggio, le velociste soffrono, mentre Elisa ha un gran motore. Ha vinto Kopecky, ma Elisa l’ha staccata. Da sola non poteva tirare dritto, chiaramente. Oggi Vollering non era performante e in macchina ci siamo accorti di questa cosa, come pure di Kopecky. Però lei è un corridore di classe…».

Il cittì Sangalli in zona mi sta si è detto molto soddisfatto della gara di Longo Borghini
Il cittì Sangalli in zona mi sta si è detto molto soddisfatto della gara di Longo Borghini

Un tarlo da scacciare

C’era da riequilibrare la delusione di Parigi. Da fare pace con il ruolo di leader della squadra, come anche Elisa ci aveva confidato in un video girato nell’hotel degli azzurri martedì sera, alla vigilia del Team Relay in cui ugualmente è venuto il bronzo. C’era da proseguire il filotto meraviglioso di questo 2024 che ha portato il Fiandre e il Giro d’Italia a un’atleta di 32 anni, che solo adesso sembra aver capito a fondo le sue potenzialità.

«Avevamo entrambi questo tarlo dall’Olimpiade per una giornata storta – dice ancora Sangalli – altrimenti l’Olimpiade sarebbe finita in questo modo. Oggi Elisa ha dimostrato tutto il suo valore sotto un diluvio universale e fino all’ultimo ha fatto vedere che poteva vincere. Chiaramente una come lei non la fanno andare via, ma sarebbe bastato che si fossero guardate un attimo e lei avrebbe tirato dritto. Avevamo individuato quello strappo per attaccare all’ultimo giro e per poco non riusciva il colpo. Però va bene così, una medaglia di assoluto valore in un livello di ciclismo femminile davvero alto. Mentre le altre ragazze hanno pagato questo tempo. Loro sono delle scalatrici e hanno avuto freddo, però devo ringraziare la Federazione per i mezzi che ci ha dato. La Gabba R è stata veramente fantastica. Elisa l’ha tolta prima dell’ultimo strappo ed è servita a tenerla calda e asciutta sino in fondo».

A Parigi una giornata storta, oggi Elisa ha mostrato tutto il suo valore
A Parigi una giornata storta, oggi Elisa ha mostrato tutto il suo valore

Una carriera ancora lunga

Questi 32 anni, che sembrano non essere un limite ma un grande valore aggiunto, tornano anche nei ragionamenti di Paolo Slongo. Dal prossimo anno, l’allenatore trevigiano seguirà Elisa Longo Borghini in una nuova avventura professionale e che oggi potesse essere un bel giorno lo aveva immaginato da tempo. Si potrebbe dire che lo avesse progettato, ma in un così alto livello dello sport suonerebbe come una dichiarazione impudente

«Sapevo che aveva una buona condizione – dice Slongo davanti al pullman dell’Italia – e che aveva preparato bene il mondiale. Purtroppo per un problema di salute ha dovuto saltare il Romandia che magari le avrebbe dato tre giorni di corsa in più. Però siamo arrivati comunque in buona condizione. Elisa secondo me ha corso benissimo. Non è stata come sempre troppo generosa, quindi le va dato merito di una corsa perfetta. Ha provato nel momento giusto, peccato che Vollering abbia dato tutto per prenderla e poi arrivare qui senza neanche prendere una medaglia. Questo è il ciclismo. Pensavo che il podio fosse possibile, soprattutto su un percorso così e la corsa con la pioggia. Penso che da quest’anno sia una nuova Elisa e che possa stare per altri anni a questo livello. Poi nelle donne, se guardate, le carriere si allungano rispetto agli uomini, quindi mi auguro e sono certo che sarà competitiva anche in futuro».

“Nuovo ciclismo”: il punto di vista di Simon Pellaud

19.10.2023
4 min
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LECCO – Il ciclismo come lo viviamo oggi è sempre più veloce, ma è bello ed emoziona. Ci vuole equilibrio nel fare le cose e capire cosa ti chiede il tuo fisico. Abbiamo incontrato Simon Pellaud nella giornata che ha anticipato Il Lombardia, di ritorno dalla Malesia e pronto gettarsi nella mischia dell’ultima classica di stagione.

Con lui abbiamo affrontato il tema di questo ciclismo moderno, che è cambiato tanto e che evolve senza soluzione di continuità. Ritagliarsi un ruolo e capire cosa fare al momento opportuno, aspetti importanti per stare bene ed avere una carriera longeva.

Pellaud a sinistra è anche uomo squadra (foto BMC)
Pellaud a sinistra è anche uomo squadra (foto BMC)
In questi anni il ciclismo è cambiato?

Tantissimo. Il ciclismo è cambiato parecchio, nei materiali per via di una ricerca estrema, spesso anche noi atleti siamo coinvolti nello sviluppo delle nuove bici, ma anche da parte degli stessi corridori, soprattutto quelli più giovani. Ma sono cambiate anche le tattiche di gara, soprattutto nelle corse di un giorno. Prima era difficile trovare un corridore in fuga con la maglia di un team top level, ora invece è la normalità.

Sono i motivi principali delle medie orarie sempre più elevate?

Sicuro, perché tutte le squadre vogliono piazzare un uomo nel gruppo di testa ed il contachilometri va sempre più su. Ma al tempo stesso ogni gara è diventata come una lavatrice che gira fortissimo ed inevitabilmente, ad un certo punto ti sbatte fuori.

Un modo di evitare lo scontro direttO con i grandi protagonisti?

Penso che è un modo per farsi vedere e far vedere la maglia, come è sempre accaduto, ma si, è un modo che permette di azzardare qualcosa, aggirando lo scontro diretto. Avere a che fare con Roglic, Pogacar e altri di questo calibro, non è facile.

Pellaud al recente Giro di Lombardia, con la nuova BMC
Pellaud al recente Giro di Lombardia, con la nuova BMC
Hai 31 anni, ti senti vecchio?

Non mi sento vecchio, perché mi sento ancora capace e ho voglia di fare fatica. In alcuni momenti capisco il valore aggiunto dell’esperienza degli anni vissuti ed è un boost importante che mi aiuta ad andare avanti con serenità.

Questione di equilibrio?

Si, in un certo senso è così, è anche una questione di equilibri e capire fino a dove posso arrivare. Mi sono reso conto che non ho i numeri da extraterrestre di alcuni fenomeni di oggi, ma riesco a fare delle buone performance protratte nel tempo. Sono uno di quei corridori che vanno bene un po’ ovunque. Per la tipologia di atleta che sono le opportunità di vittoria, oggi come oggi, si riducono, ma è ancora possibile mettersi in mostra.

Prova di fuga alla Strade Bianche (foto Simona Bernardini)
Prova di fuga alla Strade Bianche (foto Simona Bernardini)
Capire quando è il momento giusto per la fuga?

Il momento giusto per la fuga e farsi vedere, il momento giusto per dare una tirata in testa al gruppo e lavorare per i compagni, o magari allungare in discesa. Il momento giusto per stare al coperto e vedere cosa succede davanti.

Ti piacerebbe tornare a fare le tue cavalcate al Giro, davanti a tutti?

Di sicuro se il prossimo anno farò il Giro d’Italia, mi vedrete la davanti. Sono cosciente che non potrò fare gli stessi numeri di quando ero alla Androni, come dicevo il ciclismo è cambiato e cambierà molto, ma andare all’attacco è qualcosa che mi appartiene.

Quanti giorni di gara hai nelle gambe?

Considera che noi come Tudor non abbiamo fatto i grandi Giri. Io sono il corridore che ha corso di più e chiuderò il 2023 con più di 70 giorni di gara, che è molto. Mi piace allenarmi, ma sono un corridore e mi piace di più competere. Io dico sempre ai miei direttori sportivi, se sto bene voglio correre e posso aiutare gli altri.

Il periodo di riposo quest’anno sarà in Europa (foto Cassandra Donne)
Il periodo di riposo quest’anno sarà in Europa (foto Cassandra Donne)
Come gestirai il riposo in vista del prossimo anno?

Di solito faccio un mese, ma non mi piace staccare completamente, preferisco rimanere attivo. Se faccio tre giorni consecutivi di spiaggia e senza fare nulla, divento matto. Esco in bici molto tranquillamente, senza watt e magari solo per prendere un caffè, qualche volta con la mtb in mezzo alla natura. Vado a camminare, l’importante è rimanere con la testa libera. Con tutta probabilità questo inverno rimarrò in Europa con mia moglie, negli ultimi anni ci spostavamo in Colombia.