Catalunya, Valverde in cerca del record. E gli italiani?

22.03.2021
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Per poter inquadrare bene la Volta a Catalunya, che prende il via proprio oggi, bisogna partire dalla sua posizione nel calendario. La quarta più antica fra le corse a tappe (la sua nascita risale al 1911), solo nel 2010 ha trovato una sua collocazione definitiva a marzo. Ed è così diventata una sorta di antipasto per la Campagna del Nord. Una scelta che ha contribuito fortemente a separare ancora di più la prima e la seconda parte delle Classiche del Nord. Chi punta a corse così particolari tecnicamente come Fiandre e Roubaix è quasi diventato una specie a parte. Chi invece ha ambizioni nella Settimana Vallone, va in Spagna a rodare la gamba. L’esempio più lampante è stato Alejandro Valverde, che insieme a Miguel Indurain è il primatista di successi con tre centri in terra catalana. Nel 2017 Alejandro trovò la condizione per dominare prima la Freccia Vallone e poi la Liegi-Bastogne-Liegi. Quest’anno però, con la sua chiusura al 28 marzo, la Volta lascia una settimana a chi vorrà tentare la carta del Fiandre. E le carte si rimescolano.

Nel 2011, 10 anni fa, Scarponi arriva 2° al Catalunya dietro Contador e riceverà alla fine la vittoria
Nel 2011, 10 anni fa, Scarponi arriva 2° dietro Contador e riceverà alla fine la vittoria

Il 2011 di Scarponi

La collocazione temporale è diventata nel tempo fondamentale per gli organizzatori. Così lo scorso anno hanno deciso di non aggiungersi alla schiera di manifestazioni ricollocatesi da agosto in poi. Il posizionamento assume una grande importanza per i cacciatori di classiche e per chi ambisce a un ruolo di primo piano Al Giro d’Italia. Essendo corsa di una settimana, è un test già probante. Curioso il precedente del 2011, quando Michele Scarponi si piazzò secondo al Catalogna e poi al Giro. In entrambi i casi risultò poi vincitore per la squalifica di Alberto Contador.

Aspettando Valverde

Il cast di quest’anno è importante. Anzi a ben guardare si nota come ci sia una sorta di squilibrio fra chi ha ambizioni di classifica e chi può puntare alle tappe. Non ci sono molti grandi velocisti. Questo potrebbe dare chance a Peter Sagan, lo slovacco della Bora-Hansgrohe che ha scelto di correre poi al Giro. In Spagna tifano naturalmente per Valverde e un suo ultimo colpo di coda. Le gare a tappe di una settimana sono sempre state la sua dimensione ideale. Una vittoria lo porrebbe in cima alla lista dei plurivincitori. E forse sarebbe un bel biglietto d’addio in quella che dovrebbe essere la sua ultima stagione. 

Gemelli contro

Prima sfida fra i fratelli Yates dopo la loro separazione: Simon (Team Bike Exchange) e Adam (Ineos Grenadiers). Entrambi reduci da sofferte sconfitte contro Pogacar (il primo all’Uae Tour, il secondo alla Tirreno-Adriatico) hanno l’opportunità di riscattarsi e chiarire anche la supremazia familiare. Ma gli avversari non mancano e qui torniamo al legame della Volta con il Giro. Le presenze di Almeida (Deceuninck-Quick Step), Hindley (Team DSM), Ciccone (Trek-Segafredo) è un anticipo della corsa rosa? Staremo a vedere, ma la gara iberica porrà anche altre curiosità. La prima vera uscita in maglia UAE Team Emirates per Marc Hirschi, lo svizzero che è stato a conti fatti l’ultimo big a cambiare maglia, praticamente quasi a ciclomercato chiuso. Oppure la presenza di Chris Froome (Israel Start-Up Nation) dal quale è lecito attendersi qualche segnale di rinascita.

Miguel Angel Lopez, ora alla Movistar, è il vincitore uscente del Catalunya
Miguel Angel Lopez, ora alla Movistar, è il vincitore uscente del Catalunya

Vuoto azzurro

La Volta a Catalunya non ha sorriso molto spesso ai colori italiani: prima di Scarponi 2011 c’era stato Moser nel 1978. E prima ancora il nostro ciclismo ha fatto registrare altre 9 vittorie nel corso della lunga storia della corsa. La prima nel 1933 con Alfredo Boret. Poi negli anni Settanta era quasi diventato un nostro feudo con i successi di Bitossi (1970), Gimondi (1972), Bertoglio (1975) oltre al già citato Moser poi Chiappucci nel 1994. Ultimo a salire sul podio, Domenico Pozzovivo terzo nel 2015. Qualcuno riuscirà a imitarlo? 

Trek e Giorgia al lavoro per una Longo Borghini sprint

18.02.2021
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Giorgia Bronzini è in ritiro da quasi un mese in Spagna con la Trek-Segafredo, preparando il debutto all’Het Nieuwsblad in Belgio. Qui è volata anche Letizia Paternoster dopo il lunedì in pista, per cui al gruppo mancano soltanto Lucinda Brand, reduce dalla stagione del cross, e Lizzie Deignan. A ben guardare, si tratta di un ritiro riparatore, nato dopo la cancellazione della Valenciana. E dato che Lizzie non avrebbe disputato la prova spagnola e aveva già prenotato a Tenerife con la famiglia, si è pensato di non scombinarle i piani.

Sofia Bertizzolo, Giorgia Bronzini
Giorgia Bronzini dopo gli ultimi campionati italiani vinti da Elisa Longo Borghini
Sofia Bertizzolo, Giorgia Bronzini
Giorgia dopo gli ultimi tricolori vinti da Longo Borghini

E’ Giorgia oggi a gestire le atlete, mentre Ina Teutenberg è più proiettata sui contratti e la programmazione. Per cui a lei ci siamo rivolti per sapere in che modo la squadra seguirà Elisa Longo Borghini nell’anno olimpico e se davvero si sia creata la straordinaria chimica di cui ci aveva già parlato Lizzie Deignan.

«Tokyo è un obiettivo di Elisa – dice – ma ci sono anche quelli di squadra e per fortuna alcuni coincidono, come il Giro d’Italia. Punteremo alla classifica. L’esperienza dello scorso anno è stata utile per capire che è giusto supportare il leader con uno staff adeguato. Per cui a giugno con due compagne andremo in altura a Sestriere, approfittandone per fare qualche sopralluogo, dato che la corsa partirà dal Piemonte».

A Plouay 2020 vince Deignan con l’aiuto di Longo Borghini
A Plouay 2020 vince Deignan con l’aiuto di Longo Borghini
Si va al Giro per vincere?

L’idea è quella. Il fatto che la corsa sia stata declassata dal WorldTour perché non c’è il broadcast delle immagini televisive lo trovo sgarbato per tutto quello che ha fatto Rivolta l’anno scorso, organizzando il Giro con dei costi in più, nonostante intorno rinviassero corse su corse. Sono mancate le immagini anche l’anno prima? Si poteva ugualmente chiudere un occhio.

Marta Cavalli ci ha raccontato che alla Fdj stanno lavorando sulla cronosquadre, pensando proprio al Giro e soprattutto al Tour del 2022.

Ci lavoriamo anche noi, soprattutto nei ritiri. Confesso che non stiamo pensando al Tour, ma bisogna dedicarsi alla specialità, perché le prove a squadre incidono parecchio. Il guaio del Covid è che fissare ritiri e spostare atlete e mezzi non è tanto semplice.

Giorgia, è vero quello che ha raccontato Deignan sul clima in squadra?

Lizzie è la leader indiscussa, le ragazze lo hanno riconosciuto e il suo modo di correre le amalgama tutte. Ha davvero fatto un salto di qualità mentale. Prima la vedevo come la regina Elisabetta, sempre sulle sue. Ora si è inserita come qualsiasi altra donna di grande qualità, capendo che coinvolgendo le altre il livello si alza anche per lei. Ha sempre lavorato per il team, ma adesso lo fa con il cuore, non so se c’entri l’essere diventata mamma. Dover pensare a qualcuno che dipende totalmente da te di sicuro cambia le attitudini. E lei in questa fase ci tiene davvero tanto alle altre.

Il Giro Rosa sarà l’obiettivo numero uno di Elisa Longo Borghini
Il Giro Rosa sarà l’obiettivo numero uno di Elisa Longo Borghini
Come convivono le sue ambizioni con quelle di Longo Borghini?

L’istinto di Lizzie è più vincente, non foss’altro perché è veloce, quindi la fame di vittoria diventa più evidente. Per Elisa al contrario, averla accanto può essere stimolante. Alla Course by Le Tour, avrebbe potuto impuntarsi e voler fare la sua corsa. L’avremmo seguita e avremmo perso. Invece si è lavorato per Lizzie, che ha vinto. Al Giro le parti si sono invertite. Sono due persone adulte che collaborano.

La non velocità di Elisa è una condanna?

Se sei veloce, vinci di più. Ma stiamo lavorando per gestire diversamente i finali, se si trovasse assieme a un’atleta veloce. Sarà importante prevedere tattiche diverse, muoversi per anticipare la volata, non andare verso la sconfitta senza provarci. Detto questo, secondo me Elisa potrebbe essere più veloce, ma a volte gli sprint nemmeno li fa perché non ci crede. Agli europei poteva giocare più d’astuzia contro la Van Vleuten che aveva tirato tutto il giorno. Per questo ho avuto quasi piacere che nel finale dei mondiali di Imola abbia rischiato la scorrettezza per fare la volata. La abbiamo analizzata.

E cosa è venuto fuori?

Che l’abitudine a fare gli sprint va coltivata, per cui sarà un obiettivo quello di provarci. Anche nelle corse minori, anche fosse solo la volata del gruppetto inseguitore. 

A Giorgia Bronzini sarebbe piaciuto correre in questo WorldTour?

Sei matto? Ho smesso in tempo. Adesso sclererei, se fossi corridore. Oggi si vive di dati e numeri e io purtroppo non ci credo troppo. Sto facendo il corso per il 3° livello federale e a volte mi confondo. Credo che anche i corridori ormai non si conoscano più. Parlano attraverso i numeri che spesso non corrispondono alla realtà, soprattutto in corsa. In corsa il 50 per cento viene dalla testa e dall’emotività.

E tu gestivi bene l’emotività…

Se le selezioni per le corse le facessero sui numeri, rimarrei a casa. Se le facessero sulle sensazioni, vincerei ancora tanto. Glielo dico sempre di abbinare le sensazioni ai numeri e poi di raccontarmele a voce, non con un messaggio. Voglio sentire la loro voce, le emozioni. Per il resto, è bello essere equiparate agli uomini, ma non prenderei solo l’estremizzazione. Il ciclismo femminile era un piccolo mondo, salire di livello così velocemente non è banale.

Dopo il breve passaggio in pista di lunedì, ora Paternoster è in ritiro con la Trek Segafredo (foto Instagram)
Dopo il passaggio in pista, Paternoster è in ritiro (foto Instagram)
Come l’hai trovata la Paternoster?

Sono rimasta colpita che sia dovuta andare in pista, quando il nostro ritiro era fissato già da un pezzo. Lei è un talento importante, ma ha troppa gente attorno e non riesce a dire di no. Poteva andare in pista un’altra volta, credo. Anche il personaggio che si è costruito forse non sempre la aiuta ad esprimere il suo talento, che è grande. A volte mi dispiace per quello che potrebbe fare. Ma non mi perdo in certi bicchieri d’acqua, c’è già chi la consiglia, la protegge e la coccola.

Invece a Giorgia come vanno le cose?

Bene, sono in Spagna da un mese. Dopo un anno e mezzo, mi sento più pronta. Inizialmente ero un po’ spaventata, non sapevo cosa si potesse e non si potesse dire, visto che venivo da squadre in cui il direttore sportivo spesso neanche c’era. Adesso entro meglio nelle dinamiche del ruolo e ai ritiri riesco a imparare tanto. Qua mi sono trovata spesso a parlare con De Jongh e per me è un’ottima scuola. Per cui fra poco torno a casa, cambio la valigia e poi finalmente si comincia.

La giornata tipo di Ravasi ad inizio stagione

28.01.2021
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La giornata del pro’: oggi andiamo a bussare ad Edward Ravasi della Eolo-Kometa la squadra italo-spagnola di Ivan Basso e Alberto Contador. E proprio dalla Spagna ci risponde Ravasi. Ha preferito restare ad Oliva, visto che qui ha fatto il ritiro fino alla scorsa settimana, domenica ha esordito in corsa e mercoledì riprenderà con la Valenciana. O almeno così avrebbe dovuto fare prima dell’annullamento avvenuto oggi.

Edward, oggi ci facciamo gli affari tuoi! Da mattina a sera, in sella e non… Partiamo da questa fase della stagione. A che punto sei?

Diciamo che sono partito “con calma”. Con il team l’idea è d’iniziare ad andare forte a fine marzo. Ho fatto molta base e non ho fatto lavori di brillantezza o dietro moto che possano simulare le fasi intense di gara e infatti domenica i fuorigiri un po’ mi sono mancati. Però ho la fortuna di non mettere su troppi chili e questo mi aiuta.

Ravasi (26 anni) è alla quinta stagione da pro’
Ravasi (26 anni) è alla quinta stagione da pro’
Quindi hai corso domenica e avresti dovuto correre mercoledì: quasi la settimana tipica di quando si è giovani, quando si corre la domenica. Come gestisci questi giorni?

Lunedì ho riposato. Martedì ho fatto un richiamo di forza in palestra, quelli ormai li faccio sempre, e poi un paio d’ore di trasformazione in bici. Complice anche la chiusura delle palestre ho fatto esercizi a corpo libero e con i bilancieri. E devo dire che in bici mi trovo meglio. Uso più muscoli e stimolo il sistema propriocettivo.

E gli altri giorni?

Mercoledì ho fatto 3 ore e 20′ agilizzando un po’ la gamba. Giovedì faccio un’ora. E’ importante riposare anche per fare della supercompensazione e fare un piccolo gradino. Venerdì lavoro sulla forza. Sabato faccio distanza. Nei due giorni che restavano prima della Valenciana avrei fatto solo uscite semplici, magari il martedì ci avrei messo qualche volatina o del medio, giusto per portare un po’ su il cuore e farmi trovare un po’ più pronto.

Come fai la forza?

In salita: 20′ tra 40 e 50 rpm al medio. Di solito faccio tre minuti col rapportone e due agili a 80-90 rpm. L’intensità dell’agilità varia in base al periodo. Se è una fase di carico, li faccio anche a soglia, altrimenti vado molto più tranquillo, ma sempre a 80-90 rpm. In generale mi piace svolgere i lavori specifici a fine allenamento, così è un po’ più dura.

E le salite a tutta?

In questo periodo non ne ho fatte molte. Solo una, un test, in ritiro in cui abbiamo valutato la condizione e devo dire che ho espressi già buoni valori, pur non avendo fatto del lattato.

Edward Ravasi ai fornelli, durante il ritiro di Oliva
Edward Ravasi ai fornelli, durante il ritiro di Oliva

Inquadrata la parte in bici, Ravasi ci porta in casa. O meglio, a tavola!

Cosa mangi a colazione e quanto la fai prima di uscire?

Mi piace far colazione non troppo vicino all’uscita, almeno due ore prima, specie se devo fare la distanza e mangio un po’ di più. Cosa mangio: avena, miele, banana e noci, il tutto accompagnato dal latte, quello normale. Vengo da una fattoria e ci sono abituato. Non ho problemi con il lattosio. Oltre a questo c’è il salato. Toast o (soprattutto) uova. Mi piacciono molto: in tutti i modi, ma strapazzate sono quelle che preferisco.

E in bici?

Le classiche barrette e delle maltodestrine. Dalla primavera in poi porto con me anche una borraccia di sali. Di maltodestrine ne prendo 50-60 grammi l’ora (chiaramente disciolte nella borraccia, ndr), se devo fare una seduta lunga o intensa. Se invece devo fare una passeggiata magari mi fermo al bar: Coca Cola e o un toast o un dolce.

Al rientro con cosa pranzi?

Con la pasta, circa 150 grammi se ho fatto fino a 3 ore e mezza, altrimenti qualcosa in più. Il mio condimento preferito è al pesto, ma non ne abuso. Altrimenti la condisco spesso con l’olio extravergine d’oliva o con il tonno. Prima della pasta mangio verdure crude, sostanzialmente l’insalata. E poi dell’affettato o del tonno (se non l’ho messo nella pasta). Se l’allenamento è stato parecchio duro capita che prima di fare la doccia prenda anche uno shaker di proteine (30 grammi).

Ravasi ama le vellutate alla sera
Ravasi ama le vellutate alla sera
Merende e spuntini sono previsti per Ravasi?

Se torno alle 16 no: pranzo e tiro sino a cena. Altrimenti verso le 17 uno yogurt greco con della frutta di stagione non manca. D’estate mi piacciono molto le fragole e l’anguria. Qui in Spagna sto mangiando le arance.

A cena?

Se il giorno dopo ho un allenamento impegnativo mangio un primo di carboidrati: pasta o cereali, un secondo con pesce o pollo, mentre la carne rossa la mangio solo una volta alla settimana. Se invece mi aspetta un allenamento facile sostituisco la pasta con una vellutata, magari con dei crostini.

E nel tempo libero?

Dopo pranzo mi piace riposarmi e dormire un po’. Mi piace leggere, soprattutto biografie. Adesso sto leggendo il libro di Genovesi sul Pirata (Cadrò, sognando di volare, ndr), altrimenti seguo le serie su Netflix. Quando sono a casa mi piace andare a trovare i miei amici d’infanzia, quelli con cui da bambino andavamo in bici.

Mikel Landa al Delfinato del 2020 in rotta sul Tour

Landa getta la maschera e punta al jackpot

11.01.2021
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Nel mondo del Covid in cui i ritiri delle squadre sono blindati e gli incontri con la stampa si vivono su Zoom, incontrare Mikel Landa in una stanza virtuale sembra persino una simpatica alternativa alla solita telefonata. Viva il progresso, ma sarebbe davvero tanto triste immaginare di dover vivere per sempre così.

Il basco che già nel 2017 finì quarto al Tour de France, nel 2020 ha assaporato il gusto di farlo lottando per la vittoria.

«Allora non me lo aspettavo – dice – non era previsto. Vissi il Tour lottando per la vittoria di Froome e quando arrivammo in fondo, mi ritrovai ai piedi del podio».

Mikel Landa, Vuelta a Burgos 2020
Alla Vuelta a Burgos 2020, Landa è stato secondo dietro Evenepoel
Alla Vuelta a Burgos 2020, Landa è stato secondo dietro Evenepoel
Alla Vuelta a Burgos 2020, Landa è stato secondo dietro Evenepoel

Non dice, perché tanto non servirebbe a niente, quale fu la delusione quando alla vigilia dell’ultima tappa di Parigi, Froome prese la parola e disse che il Team Sky non avrebbe cercato di guadagnare quel piccolo secondo che divideva il basco dal podio, a capo di un Tour che aveva visto Landa andare in fuga, dimostrare di avere gambe da primo della classe, poi rialzarsi per aspettare il capitano.

Piatto ricco

Il 2020 gli ha dato una nuova dimensione e ha compattato attorno a lui un mini gruppo di fidatissimi che finora si sono messi incondizionatamente a sua disposizione: Caruso, Colbrelli e Pello Bilbao. Saranno nuovamente loro ad accompagnarlo nel 2021 in cui l’asticella è stata messa ancora un po’ più su. Con il Giro come prima meta e il Tour a seguire. Prima e dopo, le classiche del Nord e le Olimpiadi sarebbero un corollario che in sé basterebbe a giustificare un’intera stagione.

«Non abbiamo ancora visto il percorso del Giro – dice il basco – lo guarderò e a quel punto potrò decidere la mia strategia. Ovviamente più montagne ci saranno e meno crono, e per me meglio sarà. Cercherò di sfruttare al meglio le tappe di montagna. Di sicuro voglio essere di nuovo competitivo in un grande Giro, lottare per il podio o per la vittoria».

Mikel Landa, Primoz Roglic
Nella tappa di Laruns, al Tour 2020, tallonato da Primoz Roglic
Nella tappa di Laruns, al Tour 2020, tallonato da Primoz Roglic
Nella tappa di Laruns, al Tour 2020, tallonato da Primoz Roglic

Giro poi Tour

Il programma dunque è ambizioso e mentre lo dice Landa tiene le dita incrociate, avendo già assistito in Spagna alla cancellazione della Challenge di Mallorca.

«Voglio o vorrei partire alla Vuelta a Andalucia – dice – poi sceglierò tra Tirreno-Adriatico e Catalunya e sarò sicuramente nei Paesi Baschi. Ho visto che al Tour ci sono due cronometro, ma la mia intenzione è di continuare a migliorare in questa disciplina, perciò non scapperò. E poi le Olimpiadi di Tokyo… Sono una bella opportunità con un percorso così duro. Andarci sarebbe un regalo, ma per il momento lo vedo lontano. Facendo il Tour posso arrivare bene ai Giochi. Per me è un’ottima opzione».

Mikel Landa, Freccia Vallone 2020
Alla Freccia Vallone 2020, solo 100° sul Muro d’Huy
Alla Freccia Vallone 2020, solo 100° sul Muro d'Huy
Alla Freccia Vallone 2020, solo 100° sul Muro d’Huy

Caruso con lui

Sull’argomento, chiudiamo con una battuta di Damiano Caruso, che già corse le Olimpiadi di Rio e che nel 2020, senza il Covid fra i piedi, avrebbe putnato al Giro per se stesso e poi avrebbe aiutato Landa al Tour.

«Le Olimpiadi vanno guadagnate – dice il siciliano – ma è chiaro che se raggiungerò la mia forma migliore, farò parte della squadra italiana. Quando alle mie chance personali, è vero che l’anno scorso avrei avuto la finestra del Giro. Ma per quest’anno il Giro sarà tutto di Mikel. Andremo là per lui. Quanto a Caruso, vedremo poi…».

Francesco Gavazzi, Vincenzo Albanese, ritiro Eolo Kometa 2020

Eolo-Kometa, come è andato il primo ritiro?

17.12.2020
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Al penultimo giorno di ritiro spagnolo, Stefano Zanatta si è messo a guardare i ragazzi che pedalavano davanti all’ammiraglia (in apertura, Gavazzi e Albanese) e sotto sotto ha provato un moto di soddisfazione. Si può cominciare col passo giusto, ha pensato. Poi è tornato a concentrarsi sulla guida. La Eolo-Kometa concluderà il primo training camp a Oliva con le ultime cinque ore di allenamento previste per oggi. E nel quaderno degli appunti del tecnico veneto sono finiti alcuni spunti su cui ragionare.

«Ci siamo allenati bene – dice – con tranquillità ed entusiasmo. Abbiamo sempre trovato bel tempo. Giusto ieri 16 gradi, ma è stato il giorno più freddo. Altrimenti siamo stati sempre sui 21 gradi, per cui i ragazzi sono usciti sempre con maglietta e pantaloncini».

Ivan Basso, Ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Ivan Basso ha partecipato al ritiro per una settimana, uscendo in bici con i ragazzi
Ivan Basso, Ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Basso ha partecipato al ritiro per una settimana
Adesso che li hai un po’… annusati, che gruppo hai tra le mani?

Un bel mix, fra giovani ed esperti. Abbiamo impostato il lavoro per tutti con Carlos Barredo e Giuseppe De Maria, i nostri preparatori. L’obiettivo di adesso è entrare bene in sintonia, per stabilire e confermare le linee guida della stagione. Siamo un gruppo ben strutturato, in cui io sono l’ultimo arrivato.

Con quali di questi corridori avevi già lavorato?

In pratica solo con Albanese e Wackerman, che ho avuto alla Bardiani. E’ passato del tempo, ma è certamente utile conoscersi, perché se non altro parliamo la stessa lingua. Altri due, Gavazzi e Belletti, li conosco ma li ho sempre avuti come avversari.

Francesco Gavazzi, ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Quattro corridori dalla Androni alla Eolo-Kometa: Frapporti, Pacioni, Gavazzi e Belletti (foto)
Francesco Gavazzi, ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Belletti (sopra), Pacioni, Frapporti e Gavazzi dalla Androni alla Eolo
Quale sarà il loro ruolo in un team così giovane?

Hanno avuto entrambi l’opportunità di continuare. Di fatto, non avendoli portati al Giro d’Italia, nel 2020 hanno corso per una settimana e la loro motivazione è dimostrare che ci sono ancora. Da parte nostra, li stimoliamo perché siano di esempio al gruppo dei più giovani. Il loro aiuto potrebbe aiutarli ad abbreviare i tempi. Poi, fatto questo, hanno davanti un anno. Se il fisico regge, si tolgono l’ultima soddisfazione della carriera. Altrimenti smetteranno, sapendo però di essersi giocati le loro carte.

A cosa serve soprattutto il primo ritiro?

A entrare in sintonia con corridori che magari non si conoscono, dando loro l’opportunità di conoscersi. Ci si confronta, si parla, si cerca di capire le ambizioni dei singoli e di conoscere le persone. A tutti loro voglio portare la mia esperienza.

Edward Ravasi, Ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Primi test anche per Edward Ravasi, chiamato a un anno di riscatto
Edward Ravasi, Ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Il momento dei test per Ravasi, chiamato al riscatto
Come avete gestito l’aspetto della sicurezza Covid?

Abbiamo fatto i tamponi prima di partire. Tutte le mattine il dottore misura la temperatura e l’hotel è comunque solo per noi. I rapporti con l’esterno sono ridotti praticamente a zero e sempre con la mascherina, anche quando andiamo fuori per mangiare. E poi faremo l’ultimo tampone prima di partire, che è obbligatorio per rientrare in Italia. Io l’ho fatto ieri. Abbiamo fatto tutto nella norma, per tutelarci e perché sarebbe stato un peccato rischiare. La paura c’è, per cui abbiamo vissuto questi giorni con serenità, ma non con leggerezza.

Sono arrivate le bici nuove?

Abbiamo dedicato loro i primi due giorni del ritiro. Prima Alberto le ha illustrate e siccome è pignolo, ha controllato tutto. Poi abbiamo fatto il posizionamento. Quindi i test sui rulli, le visite, i test in salita e parecchie ore di sella.

Ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Il ritiro della Eolo-Kometa si è svolta a Oliva, in Spagna
Ritiro Eolo-Kometa, Oliva (Spagna), 2020
Il ritiro della Eolo-Kometa si è svolto a Oliva, in Spagna
Basso e Contador si sono visti?

Sono stati con noi fino a domenica, poi li abbiamo mandati via. Scherzando gli ho detto che noi pensiamo a pedalare, loro a trovare i soldi. Si sono allenati per una settimana con i ragazzi e nel weekend si è unito anche Spada, il presidente di Eolo. Quando è arrivato Alberto, i giovani hanno smesso di parlare. Penso a Rivi e Bais, soprattutto. La sua presenza è stata un valore aggiunto. E soprattutto si sono resi conto di cosa sia un campione. Perché è vero che ha preso qualche chilo e per questo lo abbiamo preso un po’ in giro, ma in bici va ancora molto forte. Per cui la riverenza dovuta al nome è diventata rispetto per il corridore…

Jasper Philipsen, Vuelta 2020

Philipsen spegne il sogno di Cattaneo

05.11.2020
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A un certo punto, dopo la fuga sull’Angliru, Mattia Cattaneo ci la creduto, poi il grande sogno si è infranto a 3,5 chilometri dall’arrivo di Puebla de Sanabria e la tappa l’ha vinta Philipsen. Quando il vento si è messo contro e dietro i rivali si sono messi a tirare. E’ partito a circa 30 chilometri dall’arrivo, mollando la compagnia della grande fuga nata dopo appena 40 chilometri nella tappa più lunga della Vuelta (230,8 chilometri), corsa con il freddo più freddo. Il percorso era tutto un su e giù, con sei salite come colline, dal nome magari poco minaccioso ma capaci di sommare un dislivello di quasi 4.000 metri.

La fuga giusta

Colpetti di tosse frammentano il discorso. Dopo la tappa c’è stato il controllo, poi s’è trattato di tornare al pullman e fare la doccia. A quel punto, con l’acqua calda che riportava la voglia di parlare, la sua ricostruzione comincia.

«Alla fine non c’era tanto freddo – dice – mentre all’inizio ci ha fatto battere i denti. Io ho l’abitudine di partire sempre davanti e dopo 40 chilometri ho cominciato a vedere scatti e controscatti e una fuga che partiva con gente come Luis Leon Sanchez, Guillaume Martin e Rojas. C’erano due Sunweb, due Mitchelton. Era una bella fuga e io comincio a sentire le sensazioni giuste. Servirebbe la quarta settimana…».

Mattia Cattaneo, Vuelta 2020
Mattia Cattaneo, una Vuelta in crescita
Mattia Cattaneo, Vuelta 2020
Mattia Cattaneo, Vuelta in crescita

Contro il vento

Lo scatto è stato giusto. La salita è il suo terreno e l’ha gestita, senza che dietro guadagnassero chissà quanto. Poi quando la discesa si è addolcita e la strada si è allargata, sono iniziati i guai.

«Era dura con quel vento in faccia – dice – sarebbe bastato quel pizzico di fortuna di non trovarlo. Ho capito di avere i minuti contati quando sono arrivato con circa un minuto a 10 chilometri dall’arrivo. La strada si è allargata, la discesa è diminuita fino a un 2-3 per cento e il vento era teso. Dietro tiri cinquanta metri e ti sposti, davanti tiri sempre e non hai scampo. Il rammarico c’è, come ogni volta che vedi la vittoria e poi ti scappa. Ma so di aver dato tutto, per cui non c’è rimpianto…».

Urlo Philipsen

Sul traguardo Philipsen, che ha 22 anni e veste la maglia della Uae Team Emirates, ha cacciato un urlo animalesco, festeggiando per la prima tappa vinta in un grande Giro. Alle sue spalle, ugualmente sollevati ma certo meno euforici, gli uomini di classifica hanno apprezzato la neutralizzazione della tappa ai meno tre dall’arrivo: scelta della Giuria che ha permesso agli atleti di vertice di andare a letto con la stessa classifica di ieri.

«E’ fantastico – dice Philipsen – non posso descrivere quanto io sia felice per questa vittoria. Significa tanto per me. Ho aspettato il momento giusto per tutta la Vuelta e oggi è arrivato in modo proprio inatteso. Ci sono state tante squadre a controllare la corsa. La fuga era forte e ben assortita, ma ho visto il vento e posso dire che stare davanti era davvero duro. Ho cominciato a crederci chilometro dopo chilometro, ma stamattina non mi sarei mai aspettato una volata di gruppo. A me piacciono gli arrivi in leggera salita, questo era perfetto per me».

Con il passare dei giorni sembra sempre più chiaro che la Vuelta si deciderà sabato sulla Covatilla. A meno che Carapaz, non fidandosi di poter recuperare 39 secondi nel testa a testa, decida di inventarsi qualcosa.

Ivan Basso, Alberto Contador, Giro di Sicilia, Rcs, 2019

Basso apre lo scrigno della Eolo-Kometa

31.10.2020
5 min
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«I soldi in giro ci sono – dice Basso parlando della nuova Eolo – solo che in Italia si continuano a rincorrere sempre gli stessi sponsor, che vedi passare di anno in anno da una squadra all’altra. E’ proprio brutto. Nel mio territorio ci sono aziende che non sono mai state coinvolte nel ciclismo. Devi andare da chi non sei mai andato. Ci vuole più tempo. Devi far conoscere il ciclismo, perché il ciclismo ha dei valori da raccontare».

Basso è un abile raccontatore, ma questa volta è più ispirato del solito. Il suo sogno e quello di Contador è realtà. Dalla Kometa-Xstra continental nascerà la EoloKometa professional e non è stato un viaggio breve.

Ci provò subito Ivan, incontrando sulla sua strada qualche furbacchione e tanti rifiuti. Una sorta di Piccolo Principe, con la sua rosa da difendere. Solo che in questo caso, perdonate il gioco di parole, le rose erano quattro, più due maglie gialle del Tour e tre rosse della Vuelta. E se due campioni come Basso e Contador si mettono in testa di raggiungere un obiettivo, dati i loro palmares, hanno quel che serve per arrivarci. Si trattava solo di capire dove agganciare i piedi e poi rimettersi a pedalare.

Bicicletta Aurum Magma, Alberto Contador, eolo Kometa
Aurum Magma, progetto Contador: la bici del team Eolo-Kometa
Bicicletta Aurum Magma, Alberto Contador, eolo Kometa
Aurum Magma, progetto Contador
E’ tutto pronto, Ivan?

Direi di sì, ormai. Siamo arrivati abbastanza lunghi a causa del lockdown, ma allo stesso tempo proprio in quel periodo abbiamo avuto le ultime certezze. I corridori buoni nel frattempo avevano già firmato. Avrei preso volentieri Aleotti, per fare un esempio. Ma abbiamo comunque una bella rosa di 20 uomini.

Perché quest’anno è andata in porto?

Probabilmente è stato premiato il lavoro a lungo termine. Abbiamo iniziato tre anni fa con Kometa che voleva crescere, ma da sola non bastava. Il progetto è sempre lo stesso, non abbiamo cambiato la linea in base a quello che avevamo di fronte. E l’idea prevede un vivaio, un centro di allenamento e una sede come per le squadre di calcio.

Quando è arrivato Eolo?

Un paio di anni fa. La sede è a 3 chilometri da casa mia. Conobbi Luca Spada tramite amici comuni alla Gran Fondo Tre Valli Varesine. Non conosceva il ciclismo e io non gli parlai della squadra, anche se lui sapeva chi fossi e cosa facessi. C’era voglia prima di creare un rapporto che prescindesse dalle convenienze.

Ed è nato?

Decisamente sì. Da parte mia ho provato a trasmettere i valori del ciclismo. Il primo punto secondo me è proprio questo: raccontare e far vivere lo sport. In un secondo tempo devi capire se per quell’azienda il ciclismo sia interessante. Non può essere solo un fatto di passione, deve esserci un ritorno per entrambi.

E funziona?

Lo abbiamo scoperto con Kometa. Aver investito non ha giovato solo alle vendite, ma ha fatto crescere l’azienda e favorito la nascita di relazioni. Alla fine di questo percorso, devi aspettare che la persona si convinca. Non devi andare a chiedere soldi, ma far nascere il desiderio.

Paolo Zani, Elia Viviani, Tour de San Luis 2012
Paolo Zani, manager di Liquigas, con Elia Viviani nel 2012
Paolo Zani, Elia Viviani, Tour de San Luis 2012
Paolo Zani, manager Liquigas, con Viviani
Quale filosofia c’è dietro la squadra?

La Eolo-Kometa rispecchierà i valori migliori delle squadre in cui sono stato. Ricordate lo Slogan della Liquigas che portava il gas dove gli altri non arrivavano? Curiosamente è lo stesso di Eolo, che porta internet dove gli altri non arrivano. Un messaggio semplice per la gente. Parlo quotidianamente con Pedranzini (titolare di Kometa, ndr) e Spada, come Amadio parlava con Zani. Sanno tutti come viene impiegato il budget, saremo parte delle loro aziende.

Un progetto che si espanderà?

Esatto, non è già finito, vogliamo crescere. Volevamo una casa per il team e ne avremo una in Valtellina e anche un quartier generale super innovativo dentro la sede di Eolo. E’ fondamentale per costruire cose importanti. Un luogo in cui nascano idee e progetti.

Un team italiano?

Sì, ma con un’unica anima. Il progetto della Fundacion ne fa parte, con Fran Contador in un ruolo chiave, ma io e Alberto facciamo fatica a definirci italiano o spagnolo. Abbiamo la bandiera comune del ciclismo. La maggioranza dei corridori sarà italiana ed è un bel segnale in un anno in cui tanti vanno indietro.

Quale è stato il criterio di scelta dei corridori?

Ho puntato sui ragazzi attratti dal progetto. Non quelli che sono venuti con una richiesta di soldi, ma quelli che piuttosto chiedevano informazioni su struttura e programmi. Ho trovato giovani fantastici che si sono messi a disposizione. Ho Andriotto che ci farà da talent scout. Vorrei essere come la Liquigas, ricordi?

La squadra di Basso e Sagan, Oss e Sabatini, Viviani e Nibali, Caruso e Capecchi…

Era un team stellare. Ho preso da Ferretti la serietà nel fare le cose e da Riis la programmazione tecnica, da tutti si deve imparare.

Quale sarà il tuo ruolo?

Sarò Basso e Alberto sarà Contador. Scherzi a parte, lui è più concentrato sull’aspetto tecnico-tattico. Io sono più sulle relazioni e i colloqui con gli sponsor e i dirigenti delle aziende.

Biciclette Aurum?

Esatto, Aurum, il nuovo marchio sviluppato da Alberto.

Quindi si chiudono i rapporti con Trek?

Resta un’ottima relazione. E’ stata una scelta che ha fatto Contador e che io ho seguito. Alberto è un cavallo di razza e ha voglia di gestire le sfide in cui si impegna.

Alberto Contador, Mauro Vegni, Ivan Basso, Giro di Sicilia 2019
Contador e Basso con Mauro Vegni al Giro di Sicilia del 2019
Alberto Contador, Mauro Vegni, Ivan Basso, Giro di Sicilia 2019
Contador e Basso con Vegni: Giro di Sicilia 2019
Quali saranno i prossimi passi?

A novembre ci sarà una serie di annunci e diremo quali sono i corridori. Ci sarà un ritiro di tre, quattro giorni a Varese, che però è legato alla situazione attuale. E poi abbiamo programmato due ritiri di 10-12 giorni a Oliva (in Spagna) che è la nostra base invernale.

Obiettivo Giro d’Italia?

Non voglio entrare nel terreno minato delle wild card. I criteri di selezione ci sono e ognuno deve pensare a fare bene il proprio dovere. Facciamo da tre anni una continental con risultati onorevoli. Siamo una squadra italiana. Abbiamo un contratto di tre anni con tre aziende sulla maglia, tre anni di progetto. Metteremo il numero sulla schiena dal primo gennaio per correre il più possibile, però mi tolgo da certi discorsi. Uno non deve pretendere niente, sono cose che ti devono essere date. Se hai i requisiti, vai avanti. Non abbiamo ancora dimostrato niente in questa categoria, dobbiamo andare forte in bicicletta.

Tre nomi soltanto, un’eccezione.

Ne sono orgoglioso. Fare una professional. Mantenere 15 corridori under 23. Aiutare il vivaio della Bustese in Italia che fa junior, esordienti e allievi. Quindi creare due scuole di ciclismo, una in Spagna e una in Italia. Mantenere tutta la struttura e fare il passo avanti è motivo di orgoglio. Ora c’è da lavorare sodo e con serietà per fare bene.

Vuelta: Formolo cresce, Soler vince

21.10.2020
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Sarà che la Vuelta è partita da quella che doveva essere la sua terza tappa, la prima con arrivo in salita, ma lo spettacolo è già al massimo. Ieri abbiamo visto subito Roglic in maglia roja. Oggi le braccia al cielo invece le ha alzate Marc Soler. Benissimo ancora Bagioli. Ma anche Davide Formolo va forte e sembra in crescita.

La Spagna nel mirino

Lo scalatore della UAE era uscito con la clavicola rotta dal Tour de France. Dopo essere stato costretto a rinunciare anche a Mondiale ed Ardenne credeva molto in questa Vuelta.

«Mi manca il ritmo gara – dice “Roccia” – vedo che faccio fatica a tirare il rapporto e per dirlo io! Con il team abbiamo deciso di lavorare sull’agilità e ho cambiato parecchio la preparazione. Sto provando sensazioni nuove. Okay, vedo che mi salvo bene, ma poi quando davanti aprono il gas resto un po’ dietro. Vorrà dire che salverò la gamba per le tappe future. Spero che col passare dei giorni riuscirò a spingere quel dente in più».

Quest’anno Formolo ha corso poco. La frattura alla clavicola lo ha limitato molto
Quest’anno Formolo ha corso poco

Tappe corte e nervose

Ritmi frenetici. Percorsi accattivanti e tanti campioni. Lo spettacolo è assicurato.

«Il calendario ha penalizzato il Giro. Chi faceva il Tour poi poteva correre bene le classiche e la Vuelta per questo qui ci sono tutti i migliori. Il livello è molto alto. Senza contare che in Spagna con tappe così corte è dove si va più forte. Più di Tour e Giro. Oggi, per esempio, abbiamo iniziato l’ultima discesa dopo neanche 130 chilometri. Al Giro dopo 130 chilometri la tappa deve ancora iniziare! Qui si parte a tutta, nel mezzo si va sostenuti e nel finale c’è la bagarre. Difficile controllare la corsa così».

La scalata finale, l’Alto de San Miguel saliva a gradoni. Gli uomini in fuga sono riusciti a prendere un bel vantaggio e Marc Soler è stato bravo a sfruttare l’occasione. Dietro invece se le sono date.

«Chi vedo bene? I nomi sono talmente conosciuti che vanno forte tutti i soliti noti. C’è tanta gente che esce dal Tour e che ha corso molto. Come detto mi è mancato quell’ultimo chilometro per restare con i primi.

«Andrea Bagioli? E’ bravissimo. Mi piace quando un giovane italiano va forte. Ci siamo visti in altura a Livigno, lui stava facendo dietro moto. Ha grinta. E’ alla prima esperienza in un grande Giro, chissà dove potrà arrivare. Sono felice per lui».

Formolo non perde il suo buonumore, nonostante nell’ultimo anno sia stato sfortunato. Il veronese è caduto l’anno scorso proprio alla Vuelta e qualche settimana fa si è ritirato dal Tour. Dopo il Giro 2019 ha corso pochi giorni e quest’anno tra lockdown e frattura non ha fatto molto di più. Però ha voglia di fare e prima o poi tornerà a farci sognare. Magari dedicando una vittoria alla bimba che presto gli nascerà