SANREMO – C’erano anche loro, oltre l’angolino in alto in cui sono state relegate dal giornale organizzatore e dagli approfondimenti dei giorni successivi. La Milano-Sanremo delle donne è stata un utile esperimento: crediamo il primo sorso di una degustazione che darà maggiori soddisfazioni in futuro. Quello che abbiamo visto, infatti, non può assolutamente bastare.
Al via da Genova, la campionessa italiana Longo Borghini era convinta si potesse fare la differenza in salitaAl via da Genova, la campionessa italiana Longo Borghini era convinta si potesse fare la differenza in salita
Logistica complicata
Non è facile infilare due corse nell’angusta geometria di Sanremo, che sabato ha accolto la carovana con un inedito mercato nel piazzale riservato ai pullman. Così gli uomini sono rimasti alle spalle della vecchia stazione, mentre le donne sono finite in un centro sportivo 2 chilometri dopo l’arrivo.
Non è facile neppure trovare pagine e spazi per due corse all’indomani di una Classicissima monumentale come quella di Van der Poel, Ganna e Pogacar. Tantomeno è semplice gestire la viabilità dei veicoli accreditati, che seguendo i cartelli dell’organizzazione si sono trovati davanti a strade chiuse e vigili giustamente irremovibili. La prima volta richiede tolleranza, che volentieri concediamo.
La corsa è partita da Genova: i 128 chilometri fino alla Cipressa, Capi compresi, hanno inciso pocoLa corsa è partita da Genova: i 128 chilometri fino alla Cipressa, Capi compresi, hanno inciso poco
Percorso insufficiente
Si può invece ragionare sul percorso della gara, che purtroppo ha detto davvero poco. La caratteristica fondamentale della Milano-Sanremo è la sua lunghezza che rende selettive due salitelle come Cipressa e Poggio. Gli appena 128 chilometri lungo il mare, da Genova all’inizio della Cipressa, sono stati un antipasto inconsistente per atlete che per preparazione e mezzi atletici hanno davvero poco da invidiare ai colleghi uomini.
Ne è venuta fuori una gara insipida, con le scalatrici che nulla hanno potuto in salita e il solo attacco di giornata a 2 chilometri dall’arrivo da parte di Elisa Longo Borghini. Un solo attacco in una classica WorldTour, tolto un tentato allungo sul Poggio: qualcosa non ha funzionato. Lorena Wiebes ha salutato ed è passata all’incasso con una facilità disarmante.
Il forcing di Labous e Niewiadoma sul Poggio non ha portato una selezione incisivaIl forcing di Labous e Niewiadoma sul Poggio non ha portato una selezione incisiva
Sanremo, quale Sanremo?
Genova capitale 2024 dello Sport ha stanziato i soldi per avere il via della Sanremo Donne e tagliando i fondi al Giro del Ponente in Rosa, ma l’accoglienza non è stata certo degna del WorldTour.
Nessuna presentazione delle squadre alla vigilia, come l’evento avrebbe meritato e richiesto. Poca cartellonistica per richiamare i genovesi al grande evento. Lo stesso staff di RCS Sport non è parso sovradimensionato per gestire le fasi di partenza. Al punto di sentirci dire che per avere atlete con cui parlare nella zona mista di partenza, avremmo dovuto fare richiesta all’addetta che si trovava a Pavia per gestire la stessa fase fra gli uomini.
E’ solo una suggestione: anticipando il via a Novi Ligure, si avrebbe un percorso più credibile?E’ solo una suggestione: anticipando il via a Novi Ligure, si avrebbe un percorso più credibile?
Il via da Novi Ligure
La Milano-Sanremo Donne merita di più. E merita anche un percorso coerente con quello degli uomini. «Sogno di veder correre su queste strade le mie nipoti – ha detto Elisa Longo Borghini dopo l’arrivo – finalmente in una gara di 200 chilometri».
Questa volta una proposta la facciamo. Si stabilisca la partenza da Novi Ligure, di fronte al Museo dei Campionissimi. Si avrebbe una Sanremo di 198,5 chilometri: 100 meno degli uomini, esattamente come accade al Fiandre. Basterebbe per fare della Sanremo Donne la classica più lunga del calendario, al pari degli uomini. Le ragazze scalerebbero il Turchino e vivrebbero quel senso di arrivo della primavera che sabato è mancato. E magari anche la Cipressa e il Poggio ritroverebbero la dignità che sfortunatamente non hanno avuto.
Longo Borghini vince il quinto tricolore in linea e manda via i cattivi pensieri della crono. Un attacco da lontano ben preparato. Gasparrini miglior U23
SANREMO – La classica monumento che secondo molti sarebbe la più banale del lotto si è infiammata sulla Cipressa quando Tadej Pogacar ha deciso che fosse arrivato il momento di farla esplodere. Mai visto negli ultimi anni, tanti anni, che sulla Cipressa scollinassero i tre corridori che si sarebbero giocati la corsa. Invece è andato proprio così. Pogacar. Van der Poel. Ganna. E il copione si è ripetuto sul Poggio. E quando tutti pensavano che il campione del mondo avrebbe fatto un sol boccone dell’olandese, Mathieu gli è scattato in faccia, facendo accendere una spia rossa sul cruscotto dello sloveno.
La volata di via Roma ha ricordato il Giro delle Fiandre del 2022, quando Pogacar fece il diavolo a quattro e poi si perse nella volata, spalancando le porte a Van der Poel. Oggi il rientro di Ganna ha confuso Tadej e lanciato l’olandese verso il bis di Sanremo. E quando alla fine è venuto a raccontarsi davanti alla stampa, Van der Poel ha ammesso che questa Sanremo è stata la vittoria più bella fra le tante nel suo palmares.
Dillier ha tirato la Sanremo per tutto il giorno: il successo della Alpecin-Deceuninck si deve anche ai gregariDillier ha tirato la Sanremo per tutto il giorno: il successo della Alpecin-Deceuninck si deve anche ai gregari
E’ stato il tuo miglior giorno su una bicicletta, quello con la forma migliore?
Uno dei migliori. Mi sono sentito davvero bene alla Tirreno e sapevo che con una settimana di riposo avrei avuto il mio giorno migliore. Ero abbastanza sicuro che avrei potuto seguire Tadej sul Poggio, mentre che sarebbe stato più difficile sulla Cipressa. Quando ha provato da così lontano, ho dovuto stringere i denti. Non ero sicuro che ci sarei riuscito, ma alla fine ce l’ho fatta.
Alla fine sembravi particolarmente emozionato. E’ stata una vittoria molto difficile, puoi raccontarci qualcosa?
Le prime 3-4 ore sono state orribili. Abbiamo avuto cattivo tempo ogni santo giorno alla Tirreno. E quando abbiamo passato il Turchino e ho visto il sole, quando la temperatura ha cominciato a salire, mi è cambiato l’umore. Ho cominciato a sentirmi sempre meglio mentre pedalavamo lungo la costa. E penso che questo sia stato uno dei motivi per cui siamo riusciti a fare quello sforzo sulla Cipressa, rimanendo in tre. Qualcuno ha pagato quelle prime ore al freddo. Ovviamente non sono le più difficili come percorso, ma con questo meteo il corpo ne risente parecchio.
Hai battuto Tadej per sette volte, lui ha battuto te altre sette. Si parla tanto della tua rivalità con Van Aert, ma finirà che il tuo rivale numero uno sarà Pogacar?
Penso che Tadej sia il rivale di tutti. Se puoi battere lui, sei vicino alla vittoria in questi momenti, ma lui resta impressionante. Non è solo uno dei migliori corridori da classiche, ma anche uno dei migliori nei Grandi Giri. Ha un talento eccezionale, sono felice di lottare contro lui, soprattutto quando riesco a batterlo.
La Cipressa è stato il momento più duro per Van der Poel, per rispondere alle bordate di PogacarLa Cipressa è stato il momento più duro per Van der Poel, per rispondere alle bordate di Pogacar
Prima della corsa hai detto che una vittoria qui sarebbe stato un piccolo extra alla tua carriera. La pensi ancora così?
Sono molto orgoglioso e felice di aver vinto la Sanremo per la seconda volta. Ogni Monumento è speciale, ma questa è un po’ più speciale per il modo in cui si è sviluppata. Come squadra l’abbiamo vinta per il terzo anno consecutivo, non era mai successo e chissà se mai accadrà ancora.
Sul Poggio hai cercato di staccare Pogacar: volevi colpirlo nel morale o hai cercato di andare da solo?
Ho cercato di andare via da solo, perché non sai mai come può finire uno sprint con lui dopo una gara così. Tadej è veloce e dopo una gara così dura lo è anche Filippo. Non vince il più veloce, ma chi ha più forze. Sapevo che Tadej avrebbe attaccato un paio di volte per staccarmi, così ho provato anche io a contrattaccare, ma è stato forte abbastanza da rispondermi. E’ stato molto emozionante proprio perché la gara è stata così difficile.
Puoi raccontarci gli ultimi 500 metri della corsa?
Penso che tutti sappiano che lo sprint corto per me sia la soluzione migliore. Però durante l’inverno ho lavorato tanto per allungarlo. E siccome tutti pensavano che avrei fatto di tutto per partire molto vicino al traguardo, ho deciso di lanciare la volata ai 300 metri. Non se lo aspettavano e non sono riusciti a rimontare. Penso che questo sia stato un elemento fondamentale per vincere.
La seconda Sanremo di Van der Poel (7ª monumento) ha avuto davvero il sapore della conquista insperataLa seconda Sanremo di Van der Poel (7ª monumento) ha avuto davvero il sapore della conquista insperata
Hai parlato di settimana di riposo, come l’hai passata?
Non è stato davvero una settimana di riposo. Lunedì ero molto stanco e ho fatto a dir tanto un’ora di bici. Martedì ho fatto tre ore. Mercoledì quattro ore sul percorso del Fiandre ed è venuto un allenamento molto duro. Poi due giorni dietro moto per avvicinarmi bene alla Sanremo. Negli ultimi anni abbiamo raccolto abbastanza dati per sapere come fare. Questa è stata una delle ragioni per le quali ho fatto la Tirreno, perché ho bisogno di una gara come quella per essere in buona forma in una gara come questa.
Pensi che questa Sanremo sia stata un grande spettacolo per chi l’ha vista in televisione?
Ho guardato questa gara molte volte in televisione e non avevo mai visto una Cipressa così, ma è stato più merito di Tadej che mio. Io l’ho seguito. Sapevo avrebbe provato qualcosa per vincere questa gara e credo che abbiano fatto un lavoro perfetto. Non è riuscito solo per dei dettagli. Sarebbe bastato che le mie gambe fossero solo un po’ meno brillanti e adesso sareste qui a parlare con lui. Sicuramente ci proverà ogni anno e probabilmente prima o poi riuscirà a vincere anche lui la Sanremo.
SANREMO – Ganna ha quasi vinto la Milano-Sanremo e quella parolina di cinque lettere che non si può togliere produce un fastidio quasi doloroso. Pippo arriva nella zona mista e restare in piedi fra i colleghi che spingono diventa una mezza impresa. Dopo aver tagliato il traguardo, il piemontese della Ineos Grenadiers è andato a fermarsi in fondo al rettilineo, quando la bicicletta non ha voluto più saperne di andare avanti, poi è tornato indietro. Non si è fermato a parlare né fare altro con i suoi massaggiatori. E’ andato dritto nella zona del podio per restare un po’ da solo e riflettere su un secondo posto che poteva davvero essere vittoria e che è venuto grazie alla grande condizione e alla testa dura con cui ha corso dal primo chilometro.
Difficile immaginarsi un Pogacar all’attacco dalla Cipressa, anche se ridendo dice che sarebbe stato peggio se si fosse mosso dal Turchino. In breve quei 5 minuti fuori soglia di cui si era tanto ragionato a proposito del Poggio, Ganna ha dovuto inventarseli almeno per tre volte. Con i suoi 86 chili, sa solo lui la fatica che ha fatto per rispondere al campione del mondo e allo straordinario Van der Poel. Eppure li ha sempre tenuti nel mirino.
Inseguimento senza respiro
E’ rientrato e quelli lo hanno staccato. E’ rientrato ancora e loro sono ripartiti. Finché li ha agganciati nell’ultimo chilometro e a quel punto ha avuto chiara la possibilità di giocarsi la Sanremo. E’ stato un inseguimento al contrario rispetto all’attacco della Longo Borghini due ore prima. Ganna li vedeva ed è piombato su di loro poco prima della volata. E di colpo la Sanremo che sembrava bella e chiusa si è riaperta in modo imprevedibile.
L’inseguimento di Ganna dopo il Poggio ha riaperto la Sanremo e condannato Pogacar al terzo postoL’inseguimento di Ganna dopo il Poggio ha riaperto la Sanremo e condannato Pogacar al terzo posto
Il suo solo rammarico, dice, è aver aspettato troppo la volata: il cambio di ritmo del crossista Van der Poel è stato decisivo. Ricordate lo scherzetto che giocò a Van Aert nel finale dei mondiali di cross a Hoogerheide?
Ganna si siede e sembra aver messo ordine nei pensieri. Nel retropalco ha avuto modo di parlare con Pogacar e Van der Poel e guardandosi intorno si è reso conto che il livello della compagnia non sia mai stata così elevato. Fare secondi brucia, ma farlo a capo della Sanremo più bella degli ultimi (tanti) anni ha un sapore diverso.
Alla fine sei comunque soddisfatto?
Sì, credo di aver fatto una delle mie migliori performance. Anche come squadra abbiamo fatto un ottimo lavoro, più di così io non so cosa fare, ragazzi. Ero davanti con un campione del mondo, uno che è stato campione del mondo, uno che ha vinto tanti monumenti che neanche io so contarli e l’altro che ha perso il conto fra Giro e Tour. Sono felice, ho fatto il mio massimo e più di così non potevo chiedere.
Comunque ci hai creduto fino alla fine?
Eh, la speranza è l’ultima a morire. Credo che abbiamo fatto divertire il pubblico, era un po’ che non si vedeva una Sanremo così. Quei due ragazzi mi hanno fatto perdere anni di vita, però credo di essere arrivato con il meglio che potevo. Più che scatti, ho cercato di andare a regolare, perché di più non potevo fare, ma se non avessi seguito Pogacar al primo attacco, sarei arrivato esimo. Per cui, è stato meglio rischiare.
Dopo l’arrivo, Ganna è andato a sbollire l’amarezza in fondo al rettilineo, poi è tornato indietroDopo l’arrivo, Ganna è andato a sbollire l’amarezza in fondo al rettilineo, poi è tornato indietro
Un rimpianto in volata?
L’unico, forse sì. Magari avrei potuto anticipare l’allungo di Van der Poel, ma per come si era messa, il secondo posto va più che bene. Comunque, ripeto, credo di aver fatto una delle performance migliori della vita. Ci sono stati campioni che ci hanno messo 14 anni per vincere questa corsa, speriamo di metterci meno perché altrimenti mi toccherà allungare di troppo la carriera.
Quanto è stato difficile rientrare quando eri 10 secondi dietro Mathieu e Tadej?
Uno dei momenti più difficili della gara. Sul Poggio ho sofferto molto, ma poi in discesa ho provato a rientrare e mi sono detto che non mi importava se fossi caduto. Dovevo fare una grande prova per rientrare e devo dire di esserci riuscito. Ovviamente non posso essere felice di avere fatto un secondo posto, però essere il primo degli sconfitti e aver dato il massimo mi fa dire che va bene così. E poi, ragazzi, se volete la prossima volta do a voi la bici e ci pensate voi.
Adesso si fa rotta su Roubaix?
Manca quasi un mese, quindi aspettiamo, ci sono ancora tante corse da fare. La prossima settimana correrò il GP E3 ad Harelbeke, quindi la Gand e poi tornerò a casa per la laurea di mia sorella. E’ giusto oltre al lavoro far parte della famiglia, fare una vita normale. Quindi tornerò a casa per la laurea di Carlotta e poi vedremo come sarà l’avvicinamento a Roubaix. Ma lasciatemi dire che la Sanremo corsa in Italia è stata una grande cosa. Da italiano, aver sentito per 300 chilometri urlare il mio nome mi ha dato uno sprint in più. Quindi grazie a tutti per il sostegno e ci vediamo alla prossima.
Formolo saluta Rebellin e si tuffa nella nuova stagione per recuperare il terreno perduto. Da Pogacar a se stesso, la voglia è sempre la stessa: vincere!
SANREMO – «Ho visto il finale di Stuyven circa 100 volte – dice Elisa Longo Borghini – e sapevo che potevano guardarsi. Però purtroppo c’erano troppe SD Worx e soprattutto c’era la campionessa del mondo che di solito non sbaglia mai. E Lorena Wiebes, che chiaramente in questo momento è la migliore velocista al mondo. Ci ho sperato come al mondiale, però mi tornerà…».
La Cipressa non ha fatto male. Sul Poggio erano poche, ma sempre più di quanto sarebbe servito. Così Elisa ha attaccato nel solo punto rimasto per inventare qualcosa, non appena la Sanremo Donne è atterrata sull’Aurelia. Un colpo da cronoman, che davvero ha ricordato l’attacco vincente di Stuyven nel 2021. Quell’anno, all’indomani la Longo vinse il Trofeo Binda, completando un weekend eccezionale per l’allora Trek-Segafredo.
Sfinita dopo l’arrivo, Longo Borghini cerca di mettere in ordine i pensieri prima di raccontare il suo finaleSfinita dopo l’arrivo, Longo Borghini cerca di mettere in ordine i pensieri prima di raccontare il suo finale
Colpo secco sull’Aurelia
L’hanno ripresa a 250 metri dal traguardo con precisione scientifica. Lotte Kopecky ha atteso per capire se si muovesse un’altra, poi ha calato la testa e il rapporto e si è messa in caccia. La campionessa del mondo non sbaglia mai, dice Elisa, e il ricordo del mondiale affiora e fa ancora storcere la bocca. Adesso è ferma sulla destra della strada. Ha risposto alle domande in inglese di Andrea Berton per Eurosport, poi ha tolto gli occhiali e puntato lo sguardo.
«Sul Poggio non si poteva andar via, era troppo veloce e c’era tanto vento a favore. Ho provato a restare calma, perché un attacco sul Poggio per me non avrebbe fatto la differenza. Sono rimasta tranquilla fino agli ultimi due chilometri e mezzo, ho giocato le mie carte e oggi non sono bastate. Ho delle buone gambe, però è il ciclismo: cosa vi devo dire?!».
Alla partenza da Genova, Longo Borghini sorridente, ma anche molto concentrataIn partenza pioveva, per la campionessa italiana, copriscarpe Velotoze brandizzati da PIsseiDiscorso identico per le mani. Poi, col passare dei chilometri, l’aria si è scaldata e la pioggia è finitaAlla partenza da Genova, Longo Borghini sorridente, ma anche molto concentrataIn partenza pioveva, per la campionessa italiana, copriscarpe Velotoze brandizzati da PIsseiDiscorso identico per le mani. Poi, col passare dei chilometri, l’aria si è scaldata e la pioggia è finita
Voglia di correre e voglia di vincere
Stamattina al via gelido della Sanremo Donne da Genova, Longo Borghini era molto più seria e concentrata di quanto fosse parsa a Siena due settimane fa, coperta di tutto punto, con guanti e copriscarpe per scacciare il freddo e l’acqua che aveva ripreso a cadere. Il malessere alla Strade Bianche, la prova quasi rabbiosa del Trofeo Binda, tutto sembrava alle spalle e adesso la sua maglia tricolore reclamava una vittoria in terra italiana.
«Ero concentrata – ammette – avevo voglia di correre. Volevo fare bene e volevo vincere. Per me è stato qualcosa di incredibile, perché ho portato nel mio cuore le mie nipoti, Anna e Marta. Per me è stata più di una corsa ciclistica, è stata una storia. E spero dopo la mia carriera di riuscire a venire sul Poggio a guardare le ragazze passare, le mie nipoti, magari dopo una gara di 200 chilometri».
Erica Magnaldi ha fatto il passo per la UAE ADQ sulla Cipressa: la selezione è iniziata da lìErica Magnaldi ha fatto il passo per la UAE ADQ sulla Cipressa: la selezione è iniziata da lì
Distanza breve: un tema
Il tema dei pochi chilometri torna e spacca il gruppo. Per una Balsamo che si è detta contraria all’aumento generalizzato delle distanze, Elisa Longo Borghini non perde l’occasione per ribadire la necessità di corse più lunghe e di conseguenza selettive. La Sanremo Donne a vent’anni dall’ultima edizione si è corsa a 41,783 di media, ben altro livello rispetto ai 38,480 di Trixi Worrack nella Primavera Rosa del 2005 sulla distanza di 118 chilometri. Il livello si è alzato, forse davvero i 156 chilometri di gara non sono abbastanza per dare a tutte le possibilità di fare risultato.
«Mi sono voltata solo due volte – dice prima di andare dalle compagne e abbracciarle – ed è comprensibile. Se pensavo di riuscire? Certo, non attacchi mai se non credi di riuscire a farlo e io oggi ci ho creduto fino alla linea».
L’abbraccio con Amaliusik e Magnaldi dopo l’arrivo. La squadra è parsa molto unitaL’abbraccio con Amaliusik e Magnaldi dopo l’arrivo. La squadra è parsa molto unita
Appuntamento al Nord
Si volta. C’è Erica Magnaldi che ha tirato sulla Cipressa, poi una per volta arrivano le altre ragazze del UAE Team ADQ. La abbracciano, bisbigliano parole che restano fra loro, mentre tutto intorno il gruppo si disperde e gli addetti al percorso iniziano a rimettere in ordine in attesa della gara degli uomini.
«Ovvio che Kopecky abbia tirato a quel modo – dice salutandoci – aveva dietro Lorena Wiebes». Le ragazze dalla Sd Worx, le diciamo ridendo, non litigano più come un tempo. Alza lo sguardo e sorride. «E’ la storia della mia vita, ma tutto torna. E tornerà anche questa. Settimana prossima c’è la Gand e poi tiro dritta fino al Fiandre. Ci vediamo in Belgio?». Certo che sì, ci vediamo in Belgio…
Un altro secondo posto per Elisa Longo Borghini. Il finale della Strade Bianche è impietoso. Van den Broeck-Blaak le prende la ruota e la salta in finale
Giornata di caldo torrido sul Garda. Vince ancora Marianne Vos, ma l'attacco della Longo nel finale parla di condizione in crescita. Segnali da Bastianelli
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Quest’anno tra le juniores del team danese Rytger-Carl Ras, la ligure Beatrice Temperoni ha vissuto la particolare unicità di correre per una formazione estera proprio come il suo coetaneo e conterraneo Lorenzo Mark Finn.
Il 2024 ha rappresentato un’esperienza tecnica e di vita che ha fatto crescere la 18enne di Sanremo (in apertura foto Ossola), malgrado una serie di intoppi fisici che ne hanno minato la stabilità morale, oltre al cammino agonistico. A fine stagione ha dovuto prendere una decisione non scontata, tuttavia lasciando aperta una porta per il futuro.
Beatrice Temperoni ha corso nel team danese Rytger-Carl Ras, ma ha deciso di prendersi un anno sabbatico nel 2025Beatrice Temperoni ha corso nel team danese Rytger-Carl Ras, ma ha deciso di prendersi un anno sabbatico nel 2025
Dal Poggio alla Danimarca
Quello di Temperoni è un passato importante nelle categorie precedenti. Il suo crescendo di risultati è stato forgiato nella multidisciplinarietà. Nel 2019 da esordiente di primo anno ha vinto il tricolore nel ciclocross, nel cross-country e su strada. Tre anni più tardi da allieva ha raccolto il bronzo agli EYOF (il Festival olimpico estivo della gioventù europea) dietro la britannica Cat Ferguson e la spagnola Paula Ostiz, ovvero prima e seconda ai mondiali juniores di Zurigo e appena passate entrambe alla Movistar. Perché il ciclismo a Beatrice è passato letteralmente dentro casa ancora prima di scorrerle nelle vene.
«Avete presente la fine della discesa del Poggio – racconta – dove la strada si immette nuovamente sull’Aurelia prima del traguardo? Ecco, dove c’è il primo cancello che si vede io abito lì. Il ciclismo quindi per me è qualcosa di forte e andare alla Rytger è stata una bella opportunità, anche se non l’ho colta subito. Infatti il diesse Morten Ravnkilde mi aveva contattata proprio dopo gli EYOF, ma essendo al primo anno da juniores ero timorosa di fare quel passo. Lui e la squadra mi hanno capito e si sono rifatti avanti a maggio del 2023. Nel frattempo avevo maturato più esperienza e convinzione, così ho accettato di buon grado, mossa da tante motivazioni».
EYOF 2022. Da allieva Temperoni conquista il bronzo in Slovacchia nella prova in linea dietro Cat Ferguson e Paula OstizBeatrice trionfa in solitaria al campionato italiano esordienti su strada a Chianciano (foto Ghilardi)Tris 2019. Temperoni (tra Siri e Giordani) veste la sua terza maglia tricolore, dopo quelle di ciclocross e Mtb (foto Ghilardi)EYOF 2022. Da allieva Temperoni conquista il bronzo il Slovacchia nella prova in linea dietro Cat Ferguson e Paula OstizBeatrice trionfa in solitaria al campionato italiano esordienti su strada a Chianciano (foto Ghilardi)Tris 2019. Temperoni (tra Siri e Giordani) veste la sua terza maglia tricolore, dopo quelle di ciclocross e Mtb (foto Ghilardi)
Vita mediterranea e nordica
La scelta di Temperoni comprendeva tanti aspetti organizzativi e logistici. Far conciliare gli impegni scolastici al Liceo Scientifico Sportivo di Taggia con quelli ciclistici tra allenamenti e gare.
«A scuola – prosegue Beatrice – alcuni insegnanti erano contenti per questo cambio di vita. Ad esempio la professoressa d’inglese era felice perché certamente avrei migliorato la lingua. Altri insegnanti invece non capivano che il mio era come un lavoro. D’altronde le formazioni juniores sono molto professionali in tutto, lo sapete bene. Insomma, qualcuno mi veniva incontro per programmare verifiche ed interrogazioni, qualcun altro no. Io però ho sempre fatto tutto per restare al pari, studiando durante i ritiri o dopo le gare».
Nella formazione danese c’era la campionessa norvegese Kamilla Aasebo, talento che correrà nella Uno-X (foto Rytger)Nella formazione danese c’era la campionessa norvegese Kamilla Aasebo, talento che correrà nella Uno-X (foto Rytger)
Parallelamente Temperoni si confrontava col suo preparatore Alessio Mattiussi, mentre proseguiva l’inserimento nel Team Rytger.
«Alessio mi mandava le tabelle attraverso Training Peaks e i miei diesse mi tenevano monitorata, decidendo a quale gara mandarmi. Prima però ci sono stati i ritiri della squadra, utili per ambientarsi con le compagne e adattarsi alle abitudini danesi. I primi tre ritiri li abbiamo fatti nella zona di Copenaghen. Uno per conoscersi, prendere misure di bici e abbigliamento. Il secondo e il terzo sono stati improntati sul team building. Uscite in bici a giochi di squadra simili a caccia al tesoro. Lassù ho sofferto tantissimo il clima rigido considerando che sono abituata al caldo e che quando da me c’è freddo ci sono almeno 15 gradi. Infine a marzo siamo stati a Gran Canaria con un meteo ottimo per allenarsi in vista delle prime gare».
Alla Bizkaikoloreak nei Paesi Baschi, Temperoni è stata supportata da una buona condizione (foto Luis Iturrioz Bilbao)Alla Bizkaikoloreak nei Paesi Baschi, Temperoni è stata supportata da una buona condizione (foto Luis Iturrioz Bilbao)
Crescita personale
Viaggiare apre la mente, specie quando hai 18 anni e lo stai facendo per lavoro. Temperoni accumula competenze e conoscenze.
«Sono cresciuta veramente tanto – spiega ancora Beatrice – perché dovevo interfacciarmi con tanta gente. Mi sono trovata spiazzata per i loro gusti alimentari perché mischiano tutto e mai come in quei momenti rimpiangevo la cucina italiana (dice sorridendo, ndr). Poi ho imparato ad organizzarmi per gli spostamenti. Ho preso molti aerei da sola per raggiungere la squadra per alcune corse. Come per andare nei Paesi Baschi che difficilmente ci sarei andata per conto mio o se fossi stata in Italia. E’ stato un assaggio di professionismo e personalmente consiglio a tutti i ragazzi di accettare le eventuali proposte che arrivano da team stranieri. Sia da juniores che da U23, è una esperienza formativa».
Grazie al team danese Beatrice ha potuto fare nuove esperienze di vita e agonistiche (foto Rytger)Il ritiro di Gran Canaria è stato l’ultimo step di avvicinamento alle gare (foto Team Rytger)Grazie al team danese Beatrice ha potuto fare nuove esperienze di vita e agonistiche (foto Rytger)Il ritiro di Gran Canaria è stato l’ultimo step di avvicinamento alle gare (foto Team Rytger)
Anno sabbatico
Il 2024 però riserva a Beatrice sfumature inaspettate e momenti difficili che fanno da contraltare a buone prestazioni. A fine stagione, con la possibilità di passare elite, c’è un’altra scelta da prendere.
«Ero partita motivata – va avanti – ma il primo aprile sono caduta in gara rompendomi clavicola e qualche costola. Di quel giorno ho ricordi confusi perché avevo battuto anche la testa. E’ stata la mia prima caduta su strada e ho battezzato l’asfalto alla grande. Sono rimasta fuori dalle corse per due mesi, perdendo la possibilità di correre il Tour du Gévaudan Occitanie con la nazionale che mi aveva già convocata. Appena rientrata ho preso la febbre. Ho trovato una buona condizione tra fine giugno e luglio, dove ho conquistato qualche buon piazzamento. Ad agosto però ho avuto altri nuovi problemi personali e da lì ho perso gli stimoli.
Nei ritiri danesi, Temperoni ha conosciuto meglio le loro abitudini e… il freddo (foto Rytger)Nei ritiri danesi, Temperoni ha conosciuto meglio le loro abitudini e… il freddo (foto Rytger)
«Il mese scorso – conclude Temperoni – ho deciso di prendermi un anno sabbatico dalle gare. Quest’anno a scuola avrò la maturità e voglio concentrarmi su questo obiettivo, anche perché poi la prossima estate voglio fare i test per entrare all’università. Vorrei diventare fisioterapista e la facoltà ce l’avrei a Finale Ligure. E’ stata una scelta difficile e sofferta, ma ponderata. Mi sono consultata col mio preparatore per continuare a seguire un programma di allenamento finalizzato al mantenimento della forma. Devo ritrovare qualche motivazione in più, ma vorrei tornare nel 2026. Avrò solo vent’anni e tutto il tempo per recuperare il terreno perso».
Ieri vi abbiamo parlato della Sanremo di Niccolò Bonifazio. Il corridore della Corratec-Vini Fantini era rimasto in gruppo e aveva corso “coperto”. Ciononostante abbiamo visto dati e tempi da capogiro. Stavolta analizziamo la Classicissima di Mirco Maestri, che invece è andato in fuga.
Il corridore della Polti-Kometa ha quindi preso tanta aria e ha corso in modo differente. E’ dunque interessante sapere come è stata gestita la sua gara. Di certo Maestri è stato più costante di Bonifazio, il quale ha dato tutto tra Berta e arrivo. Arrivo su cui Mirco è transitato in 44ª posizione a 1’16” da Philipsen. Quindi 42” prima di Bonifazio.
Mirco Maestri (classe 1991) era alla sua ottava SanremoMirco Maestri (classe 1991) era alla sua ottava Sanremo
Mirco, insomma ancora una Sanremo in avanscoperta…
Su otto Classicissime a cui ho partecipato, sette le ho fatte in fuga. Stavolta all’inizio avevo delle sensazioni un po’ strane: il gruppo non ci dava grosso spazio, poi siamo andati, ma è stata una faticaccia. Credevo ci venissero a prendere prima della Cipressa. Mi sono dovuto dare da fare nella fuga.
Nel senso che hai tirato forte?
Intendo che mi sono fatto ascoltare perché c’era questa ansia di voler andare a tutta, perché avevamo solo un minuto e mezzo o due. Io gli dicevo: «E’ inutile spingere di più, perché l’andatura la fa il gruppo. E’ meglio che ci teniamo “le banane” nel sacco. Risparmiamo energie per quando scendiamo dal Turchino. Poi una volta sull’Aurelia diamo tutto quello che abbiamo». Il vento un po’ ci avrebbe aiutato.
In effetti quel paio di minuti non era rassicurante come vantaggio…
Ma è così. E sempre agli altri in fuga dicevo: «Vedrete che comunque non ci vengono a riprendere presto. Non riapriranno la corsa a 150 chilometri dall’arrivo».
Il file della velocità (linea verde) tenuta da Maestri in relazione all’altimetria del percorso (in grigio). In basso il tempo di garaIl file della velocità (linea verde) tenuta da Maestri in relazione all’altimetria del percorso (in grigio). In basso il tempo di gara
Insomma hai giocato d’esperienza…
Bisogna rischiare e fidarsi delle sensazioni. Poi avevo un compagno di fuga come Tonelli con il quale ci si conosce da una vita. Siamo stati bravi calcolatori. Ci siamo confrontati spesso ed è stata la scelta migliore.
Passo indietro: dicevi che le sensazioni non erano super nei primi chilometri: perché?
Venivo da una Tirreno impegnativa e da una Milano-Torino in cui forse non avevo recuperato benissimo, quindi non ero proprio tranquillissimo di testa. Avevo paura di non averne abbastanza perché conosco il livello e il dispendio energetico che ci vuole per questa corsa. Soprattutto se affrontata all’attacco. Però più passavano i chilometri, più stavo meglio. Sono una sorta di diesel e corse come la Sanremo sono ideali per me.
Mirco, parliamo invece un po’ di numeri: i battiti medi sono stati 124, quelli massimi 163. All’inizio salivano troppo o al contrario non salivano?
I battiti erano nel range. Però ci abbiamo messo una quindicina di chilometri ad andare in fuga ed è stato abbastanza stressante. Si andava veramente forte. Nella prima mezz’ora abbiamo fatto 54 di media. I primi 20-25 minuti sono stati tosti per andare in fuga. Ed ogni anno è peggio!
DATO
VALORE
DATO
VALORE
Tempo
6h 15’43”
FTP normalizzata w
373
Km
285
Watt Cipressa
453
Velocità media
45,5 km/h
Watt Poggio
438
Watt medi
280
FC media
124
Watt max
1.474
FC max
163
Watt sui 5′
477
Rpm medie
89
Watt sui 10′
453
Calorie
6.867
Watt sui 20′
393
Lavoro Kj
6.225
La tabella con i dati forniti da Samuel Marangoni, coach di Maestri
Perché?
Perché le squadre dei grandi non solo vogliono un numero giusto di fuggitivi, ma non vogliono neanche che ci siano certi connubi di corridori. Chi può tenere troppo, collaborare. O essere pericoloso per il finale. Però anche loro ad un certo punto dovevano mollare. Altrimenti saremmo arrivati a Sanremo così!
Come hai gestito lo sforzo? Dai dati che ci ha fornito il tuo coach, Samuel Marangoni, si parla di qualcosa come 6.867 calorie.
Mi sono gestito molto a sensazione. Poi ammetto che i dati li ho visti dopo. Un po’ per non farmi condizionare, un po’ perché preferisco essere concentrato sulla gara. I battiti cardiaci per esempio non li metto mai nella prima pagina del computerino. Non li voglio vedere. Sentivo però che nei momenti di spinta, quando c’era da andare, la gamba rispondeva bene, vuol dire che i watt c’erano. E le spinte erano comunque sempre un po’ sotto controllo. In una corsa del genere devi controllarti altrimenti non ci arrivi al traguardo.
Si dice che sui Capi si capisce se un corridore sta bene o no. E’ così?
Vero, i Capi sono il primo banco di prova. E lì non menti, cominci ad avere un certo chilometraggio nelle gambe. Se lì non ne hai, si spegne tutto.
Sui Capi però aumentano vertiginosamente i watt…
Naturalmente, prima viaggi con un wattaggio costante, soprattutto se sei in fuga. Cerchi anche di spendere il giusto. Nella doppia fila classica hai dei momenti di più alto wattaggio quando sei in testa, ma poi lavori più basso. Sui Capi però passi a spingere in Z4 alta, anche Z5.
Maestri sulla Cipressa a ruota di Tonelli. Uno sforzo monster, ma la fuga ha tenuto botta grazie all’ottima gestione del passoMaestri sulla Cipressa a ruota di Tonelli. Uno sforzo monster, ma la fuga ha tenuto botta grazie all’ottima gestione del passo
E sulla Cipressa?
Lì dai tutto quello che resta. Il tuo corpo ti dà una pacca sulla spalla e ti dice: «Non abbandonarmi!». Davvero il fisico non ne può più. Quest’anno ho avuto una giornata particolarmente buona, anche perché quando mi hanno ripreso dopo la Cipressa, col fatto che era partito il mio compagno Bais, sono riuscito a gestire e a “recuperare” prima del Poggio. In questo modo ho avuto un po’ più di gamba. Su quello strappo ormai si sale a 40 all’ora (la media di quest’anno è stata di 39,8 km/h, ndr) e l’ultimo tornante l’ho preso un po’ troppo esterno. Ho dovuto frenare ma a quel punto non sono più riuscito ad alzarmi in piedi.
Parliamo di cadenze, ci si bada in una corsa tanto lunga come la Sanremo?
Come per le altre corse. Chiaro che se riesci ad essere un po’ più agile prima, tanto meglio visti i tanti chilometri. Salvi la gamba e nel ciclismo di oggi conta moltissimo. Io tendo ad andare abbastanza duro, però stare in fuga e girare regolari mi ha aiutato in tal senso e infatti un filo più agile del solito sono andato. Diciamo che il top è pedalare tra le 90-95 rpm. E’ stato così anche una volta sull’Aurelia, ma con un dente o due più duri.
E sulle salite?
Sulla Cipressa salivo a 80-85 rpm. Non so con che rapporto, ma con la corona grande, il 54, di sicuro. Ormai tutte le salite le facciamo a 30 all’ora o più. E in quasi tutte le corse si va via di 54.
SANREMO – Vederli a bordo strada divorare la Cipressa in quel modo è stato un cazzotto nello stomaco. Okay, noi stessi scriviamo sempre che i corridori vanno sempre più forte, che sprigionano “chili” di watt, ma quando poi tocchiamo con mano, quando li vediamo dal vivo a pochi centimetri di distanza, cambia tutto.
Questa emozione è stata possibile grazie ad Orbea e al team Lotto-Dstny. Siamo saliti in una delle loro auto, una di quelle che segue la corsa parallelamente. Un’auto che ci ha portato dentro la Sanremo nel vero senso della parola.
S’inizia con la firma delle squadre. La Lotto-Dstny è pronta. Tutti corrono con le Orbea OrcaAlle 11,30 si ammazza l’attesa con una birra nelle pianure pavesiDopo un’ora ecco sfilare il gruppo compatto, apparentemente lento. Invece filava a 45 all’oraS’inizia con la firma delle squadre. La Lotto-Dstny è pronta. Tutti corrono con le Orbea OrcaAlle 11,30 si ammazza l’attesa con una birra nelle pianure pavesiDopo un’ora ecco sfilare il gruppo compatto, apparentemente lento. Invece filava a 45 all’ora
Setup e birra
Ecco dunque la cronaca di una giornata particolare… che non è il programma di Aldo Cazzullo su La7! Ritrovo a Pavia. Arriva il bus della squadra belga e, come da prassi, i meccanici mettono le bici sui cavalletti.
Scrutiamo incuriositi i setup. Per tutti il telaio “aero” di Orbea, l’Orca: qualcuno ha scelto ruote altissime, le Zipp 858, qualcuno quelle medie, le 454, che una volta sarebbero state loro stesse quelle alte.
Jacopo Guarnieri è felice perché non piove, ma fa anche una previsione pensando al suo leader di giornata, Maxim Van Gils. «Sono contento che ci sia il sole, però è anche vero che se questa gara ha una possibilità di non finire in volata o di vedere un arrivo solitario è proprio con la pioggia».
Si parte. Vedere sfilare il gruppo nelle pianure dell’Oltrepò è un’immagine più iconica che vibrante. Ormai il gruppo pedala a 45-46 all’ora con una scioltezza disarmante. Sembrava che i corridori stessero passeggiando.
Nell’attesa, Eric De Clercq, il nostro accompagnatore di giornata, apre una delle borse frigo ed estrae delle lattine di birra. Naturalmente Stella Artois. Insomma, benvenuti in Belgio! E sono solo le 11,30 del mattino.
Come cavallette risaliamo sulla mastodontica Bmw X7. E’ incredibile come dalla calma assoluta, si passi alla modalità “Flash Gordon”.
Eric De Clercq è stata la nostra guida. Anche se “fuori gara” dava comunque supporto logistico distribuendo borracce d’acquaIl monumento dedicato a Costante Girardengo, il primo Campionissimo della storia del ciclismo. Per lui ben 6 Sanremo in bachecaIl gruppo imbocca la mitica galleria del TurchinoEric De Clreq è stata la nostra guida. Anche se “fuori gara” dava comunque supporto logistico distribuendo borracce d’acquaIl monumento dedicato a Costante Girardengo, il primo Campionissimo della storia del ciclismo. Per lui ben 6 Sanremo in bachecaIl gruppo imbocca la mitica galleria del Turchino
Sul Turchino
La prossima sosta è un vero totem della Milano-Sanremo: il Passo del Turchino. Lasciamo l’autostrada ad Ovada. La risalita verso il valico è una processione continua di ciclisti. Il popolo dei pedalatori si riunisce.
La salita è estremamente dolce e irregolare. Spesso scende anche un po’. Poi concede piccole strappate al 5-6 per cento al massimo.
Una lunga curva verso destra porta alla famosa galleria del Turchino. Asfalto perfetto per questi 283 metri che separano il Piemonte dalla Liguria. La luce in fondo al tunnel è quella calda del tepore della Riviera.
All’imbocco della galleria, Eric estrae dalle solite borse frigo dei sacchetti. C’è della pasta con pollo. Sembra di stare in una curva da stadio. Tanta gente e tante bici appoggiate ai guardrail. Tutti col cellulare in mano. Noi anche ce lo abbiamo, ma dobbiamo documentare. E’ il nostro lavoro. Nell’attesa pensiamo che forse sarebbe meglio godersi il momento dal vivo e non tramite lo schermo.
Mentre ci perdiamo in queste congetture, all’improvviso dalla curva sbuca la fuga. I primi impostano una piccola accelerata. Passare in testa al Turchino fa piacere evidentemente, anche se non c’è un Gpm. Sanno di non avere possibilità di vittoria. Il gruppo non gli ha mai lasciato più di 2’40”. Si prendono un po’ di gloria.
Poi ecco il gruppo. Le urla sono quasi tutte per Pogacar. La Lidl-Trek risale abbastanza compatta nelle retrovie sul lato sinistro della strada. Probabilmente Pedersen o Milan avevano fatto una sosta fisiologica o avevano avuto un problema meccanico.
Intanto noi tenevamo tutto sotto controllo con i monitor di questa ammiraglia-fuoriseriePercorrere l’Aurelia ci ha fatto rendere conto di quanto pubblico ci fosse lungo la strada (e anche delle tante rotatorie)Maxim Van Gils era il più atteso della Lotto-Dstny. Alla fine era nel drappello di testa. Ha chiuso 7°Intanto noi tenevamo tutto sotto controllo con i monitor di questa ammiraglia-fuoriseriePercorrere l’Aurelia ci ha fatto rendere conto di quanto pubblico ci fosse lungo la strada (e anche delle tante rotatorie)Maxim Van Gils era il più atteso della Lotto-Dstny. Alla fine era nel drappello di testa. Ha chiuso 7°
Jet sulla Cipressa
Stessa scena di prima. Saltiamo nella Bmw come cavallette. Per qualche chilometro procediamo in direzione opposta. Riprendiamo l’autostrada e rientriamo sull’Aurelia una cinquantina di chilometri prima della Cipressa. E’ un colpo da maestri. Ci godiamo il pubblico a bordo strada. La loro attesa diventa la nostra attesa. E poi gli scorci delle scogliere a picco, il blu del mare, il sole e i tre Capi.
Il Capo Berta è tosto davvero. Le pendenze toccano per un secondo anche il 10 per cento. Capiamo dunque il detto: “Sui Capi il corridore capisce se sta bene”.
L’attacco della Cipressa è mistico. La prima parte tira al 4-6 per cento. E’ una curva continua. L’asfalto è perfetto. Si va nell’entroterra. Poi un tornante riporta sul lato del mare. Lì la pendenza diminuisce. Alcuni bambini ci chiedono delle borracce. Come non dargliele! Tifano Van der Poel e Pogacar. Però lo striscione sul tornante è tutto per Matteo Sobrero.
Ecco la fuga. Pochi secondi dopo piomba il gruppo. Davanti Del Toro, Wellens e Pogacar. Fanno paura. Volano. La corona grande è d’obbligo. Qualcuno deve persino accarezzare il freno in uscita di curva per non prendere il parapetto. Così facendo deve rilanciare ancora più forte. Distinguere i corridori dalla decima posizione in poi è complicato. Sono seminascosti e davvero volano!
Davanti sono una trentina. Il resto del gruppo è letteralmente esploso. Stavolta con la Bmw ci mettiamo in corsa. Seguiamo le seconde e terze ammiraglie.
Che trepidazione! L’attesa sulla Cipressa…Ed ecco piombare il gruppo, tirato dalla UAE Emirates, ad una velocità che da bordo strada ci è sembrata surrealeLa corsa è finita. I meccanici già lavano le OrbeaChe trepidazione! L’attesa sulla Cipressa…Ed ecco piombare il gruppo, tirato dalla UAE Emirates, ad una velocità che da bordo strada ci è sembrata surrealeLa corsa è finita. I meccanici già lavano le Orbea
Adrenalina Sanremo
La discesa della Cipressa sembra infinita. Il mal di stomaco è in arrivo. Per fortuna arriva prima l’Aurelia. Adesso si punta il Poggio. E’ curioso come il drappello che ci precede, e parliamo dell’ottantesima o forse anche centesima posizione, proceda apparentemente piano. In realtà fila via a 46-48 all’ora. E sul Poggio gli stessi componenti toccano i 28 all’ora. E mentre salgono dal tornante sotto vediamo che osservano il mare.
In cima c’è una folla pazzesca. Riconosciamo colleghi fotografi ad ogni angolo. Arroccati sui muretti o incastrati sotto i guardrail. Intanto la corsa è in Via Roma. Da uno dei tablet dell’ammiraglia Lotto-Dstny osserviamo la volata. Per la squadra belga c’è Van Gils, ma Eric dice che non è velocissimo. Gli chiediamo allora perché non abbiano portato Arnaud De Lie.«Perché non è al cento per cento. E per queste corse devi essere al top», replica lui.
Si entra a Sanremo. Il drappello che seguivamo in discesa ci ha seminato. A 600 metri dall’arrivo c’è la deviazione delle ammiraglie. La imbocchiamo e arriviamo al parcheggio dei bus.
La giostra sembra rallentare all’improvviso. A passo d’uomo ci apriamo un varco tra la folla e finalmente raggiungiamo i mezzi della Lotto-Dstny.
Le Orbea sono già sotto le lance dei meccanici. Anche i corridori sono sotto l’acqua. E’ quella della doccia del bus.
E’ stato un viaggio folle, intenso. Un viaggio nel cuore della Sanremo. Un viaggio che ci ha fatto vivere quello che sapevamo, vale a dire “la corsa nella corsa”, ma che non immaginavamo quanto fosse folle. E’ stata adrenalina pura.
Un caffè con Fiorelli ad Aspra, alle porte di Palermo. Le prime due stagioni da pro'. Il sogno di Sanremo. La scuola di Massini. La salita. E la volata
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
SANREMO – Una corsa da leone. Da uno che lo staccano sulla Cipressa (foto di apertura), però non molla, rientra e tira a bocca aperta come un diavolo per portare i compagni sul Poggio. In estrema sintesi, la Sanremo di Jonathan Milan è stata proprio questa. Un conto è correrla da giovane, con le attese limitate al fare esperienza. Altra cosa è farlo nei panni di uno che ha vinto due tappe alla Tirreno-Adriatico, battendo i velocisti più forti: Philipsen su tutti. Poi magari nella testa del friulano la differenza non c’è stata neppure per un istante, ma è certo che tante interviste alla vigilia nelle due edizioni precedenti non gliele avevano fatte. Per cui ci pensi. E quando arriva la Cipressa dove tutto si accende, ti chiamano allo scoperto e la musica cambia.
Al via della Sanremo, Milan era indicato tra i possibili favoriti: forse troppo presto?Al via della Sanremo, Milan era indicato tra i possibili favoriti: forse troppo presto?
Cipressa quasi record
Alla partenza si faceva un gran parlare di tempi. Se la salita di Costa Rainera si fosse fatta in 9’50”, Milan ce l’avrebbe fatta. Se si fosse fatta in 9’20”, invece no. Ieri la Cipressa l’hanno scalata in 9’26” perché a un certo punto la UAE Emirates non ce l’ha più fatta a dare gas e Milan ugualmente, a un tratto, ha sentito accendersi la riserva. Fino a quel punto, era parso che tutto andasse bene e chissà se fra le analisi del dopo corsa si valuterà anche la scelta di partire con il 56, che potrebbe logorare se inavvertitamente non si compensasse con i pignoni posteriori. Ma questi sono discorsi a posteriori, da approfondire al momento debito. Quel che si può dire nell’immediato è che come fanno i corridori veri, Milan si è gestito, restando con la testa sul pezzo. Pensando a cosa fare per sostenere i compagni nel tratto che restava.
«Sì, è andata così – dice con voce flebile da uomo stanco – alla fine sui Capi stavo bene. Invece un po’ prima che finisse la Cipressa, sono finito nelle retrovie. Sono rientrato prima del Poggio e sapevo che le energie erano quelle che erano, per cui ho cercato di aiutare la squadra al meglio possibile. E’ andata così, dai. Sono contento per la mia performance e anche di come abbiamo corso, perché abbiamo corso veramente bene, tutto sommato».
Milan ha vissuto la prima parte di gara ben al coperto, lo svuotamento è iniziato fra i Capi e la CipressaMilan ha vissuto la prima parte di gara ben al coperto, lo svuotamento è iniziato fra i Capi e la Cipressa
Su tutto il Poggio
Ai piedi del pullman ci sono ad aspettarlo suo padre e sua madre, oltre a Manuel Quinziato, il suo agente che rivendica inaspettate origini friulano: proprio di Buja. Alla Lidl-Trek non ci sono grandi sorrisi, perché arrivati con Pedersen a giocarsi la volata, pensavano tutti di portarsi a casa un’altra Sanremo, dopo quella di Stuyven del 2021. Invece proprio il belga ha tirato la volata al compagno danese, che però non è andato oltre il quarto posto, dopo Pogacar e appena prima di Bettiol.
«Sulla Cipressa non dico che si è spenta la luce – riflette Milan, che sorride – oppure diciamo che forse si è spenta piano piano. Poi per un po’ si è riaccesa e alla fine si è spenta completamente sul Poggio. Non penso che sia stato un fatto di alimentazione, oppure magari c’entra pure quello, non lo so. Quando sono rientrato, ho pensato a fare quello che serviva. Non è che ci sia stato tanto tempo per parlare o guardarsi in faccia. Sono andato davanti il prima possibile e poi ho provato a fare il massimo, quello che sono riuscito. Ho cercato di dare il mio supporto. Ho fatto un piccolo passo in più rispetto all’anno scorso, ho fatto un buon lavoro su tutto il Poggio quindi sono abbastanza soddisfatto.
«Che differenza c’è alla fine tra fare la Sanremo da Jonathan Milan il giovane e Jonathan Milan che ha vinto le tappe alla Tirreno? Forse prima qualche attenzione in più, poi però è stata uguale. Solo una grande, grandissima fatica…».
Nell'ultimo fine settimana si sono tenuti tutti i campionati nazionali. Quanti vincitori ritroveremo al Tour? Fra Lidl-Trek e UAE, ecco bilanci e scelte
Perché la Lidl-Trek ha portato al Giro le ruote del Nord? E perché corrono tutti con tubeless da 28 mm? Risponde Glen Leven, responsabile dei materiali
SANREMO – Mentre Jasper Philipsen e Mathieu Van der Poel erano “rapiti” dalle tv, nel clan della Alpecin-Deceuninck si faceva festa per l’ennesimo monumento conquistato. Ormai la squadra di Christoph Roodhooft, manager e diesse, è diventata una corazzata. Due Sanremo, due Fiandre e una Roubaix solo negli ultimi tre anni. Senza contare tutte le altre classiche. E che classiche: Strade Bianche, Amstel Gold Race, Francoforte…
Christoph Roodhooft con Dillier al bus della Alpecin-DeceuninckChristoph Roodhooft con Dillier al bus della Alpecin-Deceuninck
Davide contro Golia
Mentre Roodhooft parla ai giornalisti, arriva Silvan Dillier. Lo svizzero è sfinito. Fa parte della guardia che entra in gioco lontano dal traguardo, quella del “lavoro sporco”, ma se i suoi capitani vincono il merito è anche di quelli come lui. Firma autografi e poi si concede all’abbraccio di Roodhooft che da serissimo si illumina finalmente con un sorriso.
«Se guardo alla lista di partenza di questa mattina – dice Roodhooft – ho pensato che forse non saremmo stati più forti di altri. C’erano delle formazioni molto ben attrezzate. Ma noi crediamo nel nostro team, nei nostri uomini e abbiamo cercato di schierare i più forti. Ad un certo punto eravamo rimasti solo con quattro atleti. Ma nel finale eravamo lì».
Il manager rimarca il discorso della squadra e dei valori in campo. In settimana, vedendo come si presentavano squadre come Lidl-Trek e UAE Emirates in Belgio ci si chiedeva come avrebbero fatto a replicare il successo dell’anno scorso. Con queste parole sembrava quasi si fosse tolto il classico “sassolino” dalla scarpa.
La generosità di VdP che sia nella salita che nella discesa del Poggio si è voltato ad “aspettare” PhilipsenLa generosità di VdP che sia nella salita che nella discesa del Poggio si è voltato ad “aspettare” Philipsen
VdP in crescita
E forse anche per questo Roodhooft tutto sommato si dice contento che la corsa sia filata liscia come gli altri anni fin sui capi. Alcune squadre erano più numerose della sua. Ma c’era l’asso nella manica: Mathieu Van der Poel in veste da gregario.
«Mathieu – dice – è con noi da molto tempo. E’ una persona adulta e vuole il meglio anche per il team. E’ un uomo squadra a tutti gli effetti e vuole farne parte. Non è “un’isola”».
Tra le righe, sempre ascoltando Roodhooft si evince che forse VdP non era proprio al top ai piedi del Poggio. Probabilmente esordire con una corsa come la Sanremo non è facile neanche per un super eroe come lui. Però è stato forte lo stesso e soprattutto onesto.
«Aiutare Philipsen è stata una sua intuizione – ha continuato Roodhooft – Ora si spera possa arrivare nelle sue migliori condizioni al Giro delle Fiandre (tra due settimane, ndr). Ma ci riuscirà sicuramente… se non ci saranno problemi».
L’andamento della corsa regolare, seppur con la media record di 46,1 km/h, ha favorito lo sprinter belgaL’andamento della corsa regolare, seppur con la media record di 46,1 km/h, ha favorito lo sprinter belga
Barra dritta
Il portamento retto di Roodhooft fa impressione. Non sembra una persona che ha appena vinto una corsa tanto importante come la Sanremo. E tutto sommato le parole di Philipsen si sposano alla perfezione col ritratto del manager.
«Christoph – ha detto Jasper – ma anche suo fratello Philip, non si lasciano mai prendere dal panico, elaborano un piano chiaro e lo rispettano fino in fondo. Anche se le cose non vanno benissimo, come è successo quest’anno. Non si stressano e continuano a credere in quello che fanno. E questo aiuta un uomo che, come me, a volte perde fiducia e pazienza in sé stesso».
«Penso che sia un complimento anche per me e mio fratello – ha detto Roodhooft – Siamo molto felici ovviamente. Al via sapevamo di avere due corridori molto forti ed entrambi erano presenti nel finale. Vedere Mathieu Van der Poel, campione del mondo, che si sacrifica per Jasper è stato incredibile. Gli ha dato l’opportunità di fare lo sprint per la vittoria».
«Non dico che il piano fosse questo, ma ci aspettavamo sia Mathieu che Jasper nel finale». Insomma tutto secondo programma: Davide che batte Golia, due assi nella manica e una grande intesa. Come sembra facile vincere una Milano-Sanremo.