E’ stato il più deluso, il meno espansivo… Forse a 32 anni suonati Richard Carapaz si è reso conto dell’enorme occasione persa. Se ieri per Del Toro avevamo parlato di consapevolezza, questo vale ancora di più per Carapaz.
Il corridore della EF Education-EasyPost ha fatto il punto della sua corsa. «Abbiamo perso una grande opportunità – spiega Carapaz con un tono asettico, ma anche laconico – possiamo però ancora lottare per qualcosa di grande e di importante, ma questa è andata». In questi giorni di riposo, per lui è tempo di guardare avanti, ma prima va metabolizzata questa sconfitta.
Carapaz (classe 1993) a Roma dove per la terza volta in carriera è salito sul podio del GiroCarapaz (classe 1993) a Roma dove per la terza volta in carriera è salito sul podio del Giro
Quel feeling col Giro
«Il Giro d’Italia è la mia corsa preferita – ha continuato Carapaz – l’ho sempre detto. Qui sono sempre andato bene. Ho vinto una volta la generale, ho sfiorato un podio e altre due volte ci sono salito. Ho vinto quattro tappe e da qui voglio ripartire».
C’è un’immagine del campione olimpico di Tokyo che ci torna in mente ed è il suo volto verso Sestriere. Pedalava a bocca chiusa, con l’espressione che era il ritratto della delusione. Gli occhi erano nascosti dagli occhiali, ma il taglio della bocca diceva molto. Chissà quali erano i suoi pensieri in quel momento.
«Abbiamo fatto vincere il più intelligente, non il più forte. Alla fine Del Toro ha perso il Giro. Non credo che sappia ancora correre bene. Sono molto soddisfatto di essermi ritrovato e di aver lottato di nuovo per un Grande Giro. Nella mia situazione, non è facile ritrovarsi a lottare con i migliori. Me ne vado con la sensazione di essere tornato sul podio in un grande Giro e soprattutto per il lavoro svolto qui, segno che avevamo fatto bene anche il cammino di avvicinamento».
Lo scatto violento di Carapaz all’inizio del Colle delle Finestre. Oltre alle discussioni tattiche questo è stato forse il “rumoroso” errore che porta dentro di séLo scatto violento di Carapaz all’inizio del Colle delle Finestre. Oltre alle discussioni tattiche questo è stato forse il “rumoroso” errore che porta dentro di sé
Fuorigiri sul Finestre?
In qualche modo tutti, a partire da Carapaz stesso, sapevano che la grande salita piemontese avrebbe deciso le sorti della corsa. E’ vero che sin lì era stato l’unico ad attaccare veramente Del Toro, ma a parte il giorno di Brentonico, in cui più che esser stato bravo lui era andato in difficoltà il messicano, non lo aveva mai messo in crisi. Anzi, nei finali aveva perso i secondi di abbuono. Del Toro, vuoi per caratteristiche fisiche, vuoi per l’età, era più esplosivo di lui.
Restava solo il Colle delle Finestre, dunque, temuta anche in casa UAE Emirates. Salita lunghissima, ad alta quota, a fine Giro: ci si giocava tutto lì. Secondo gli esperti, uno di questi Johan Bruyneel, oltre alla questione dei battibecchi tattici tra i due, il vero grande errore di Carapaz è stato lo scatto all’inizio del Finestre. Uno scatto troppo violento che forse ha pagato più di quel che si è pensato e scritto.
Le volte successive in cui ci ha provato non aveva più quella brillantezza per fare la differenza. Sì, qualche spinta, ma mai con quel dente più duro che ti permette di dare continuità e velocità all’azione. Cosa che invece è riuscita a fare Simon Yates. E forse questa è la cosa che più di tutte pesa a Carapaz.
C’è un dato molto interessante che va analizzato. Un dato che riguarda direttamente Simon Yates a dire il vero, ma che può dare importanti indicazioni circa il fuorigiri di Carapaz. Dal momento dello scatto di Richard, Yates ha impiegato quasi 4 minuti per rientrare su di lui e su Del Toro, sprigionando 430 watt medi con una punta di 660 watt (dati Velon).
Sono valori importantissimi per un corridore di 57-58 chili quale è Yates. Pensate dunque che attacco aveva portato poco prima Carapaz, che non si discosta troppo dal peso dell’inglese. Anche Jens Voigt, commentatore dalla moto di Eurosport, aveva immediatamente sottolineato questo aspetto. Ci sta quindi che poi i gli attacchi di Carapaz non fossero più così violenti da poter staccare Del Toro. E innescando di conseguenza tutto quello che poi ormai ben conosciamo.
All’uscita dalla mix zone di Roma Carapaz non ha salutato i suoi fans che lo acclamavano da ore. Era davvero delusoAll’uscita dalla mix zone di Roma Carapaz non ha salutato i suoi fans che lo acclamavano da ore. Era davvero deluso
Tra Tour e rinnovo
Carapaz da dopo il Giro si è ritirato nel suo silenzio e nel suo mondo. Anche sui social non è più apparso. Ora l’obiettivo è recuperare. Prima di congedarci però aveva fatto una battuta sul suo futuro in EF. «Non ho ancora firmato, ma credo che in questi giorni, e dopo questo comunque buon Giro, lo firmerò». Carapaz ha anche sottolineato il buon lavoro fatto dalla sua squadra, di cui ha detto che la parola d’ordine sin dall’Albania è stata provare, e provare ancora… E tutto sommato, di questo gli va dato atto. Anche se col senno di poi anche loro potevano inserire un uomo in fuga nel giorno del Sestriere. Ma di questo già ne avevamo parlato con il direttore sportivo Juan Manuel Garate.
Da quanto sembrava, Carapaz doveva fare anche il Tour de Suisse, ma lui ha tagliato corto: «No, ora recupero e poi andrò direttamente al Tour de France». In Francia, l’obiettivo non sarà la classifica generale, bensì bissare la maglia a pois, re dei GPM, conquistata l’anno scorso.
La mente e i pensieri degli appassionati e degli addetti ai lavori sono ancora focalizzati sulla tappa di Sestriere. In particolare ricorrono le immagini della scalata del Colle delle Finestre, quella che fondamentalmente ha deciso l’edizione 108 del Giro d’Italia. Lo scatto di Yates, quando ancora si era lontani dalla cima e dall’arrivo di Sestriere, ha scombussolato i piani. Dietro Del Toro e Carapaz hanno giocato sulla forza dei nervi. Il risultato è che entrambi hanno perso l’occasione per vincere il Giro.
Per capire cosa sia successo nell’ultima settimana della Corsa Rosa siamo andati da Mikkel Honoré. Il danese della EF Education-EasyPost ci racconta i pensieri all’interno della squadra americana, che per qualche giorno ha dato l’impressione di poter vincere il Giro con il loro capitano Richard Carapaz.
Riavvolgiamo il nastro sul Giro della EF EasyPost e lo facciamo con Mikkel HonoréRiavvolgiamo il nastro sul Giro della EF EasyPost e lo facciamo con Mikkel Honoré
Prima salite e prime verità
Il Giro è andato avanti sui nervi fino al termine della seconda settimana. Archiviato il secondo giorno di riposo il gruppo ha affrontato il primo vero arrivo in salita: San Valentino. Una scalata che ha aperto qualche dubbio sulla tenuta della maglia rosa. Del Toro ha mantenuto il primato ma la sua leadership non è apparsa così solida come in precedenza.
«Dopo il giorno di riposo – ci racconta Honoré mentre torna verso casa – Carapaz è stato bravo a capitalizzare quello che è stato il primo arrivo in salita. Ha messo tutti gli avversari al limite, complice anche il lavoro fatto dalla Ineos nei chilometri precedenti. Quel giorno siamo tornati al bus con un ritardo più che dimezzato dalla maglia rosa. Forse è mancata la tappa che potesse dare il colpo definitivo alla classifica».
Nel giorno di San Valentino, Carapaz ha dimostrato di essere il più forte in salitaNel giorno di San Valentino, Carapaz ha dimostrato di essere il più forte in salita
Cosa intendi?
Sarebbe servito un altro arrivo in salita. In totale il Giro non ha visto molti arrivi di questo tipo, ne avrò contati tre: quello di Tagliacozzo, San Valentino e Champoluc. Ma una salita difficile come quella di San Valentino, nel finale, non c’è stata più.
Credi sarebbe stato utile?
Per fare la differenza contro uno squadrone come la UAE direi di sì. Abbiamo provato a fare una tattica diversa sul Colle delle Finestre prendendolo di petto e facendo esplodere la corsa. Anche nella tappa del Mortirolo abbiamo attaccato, avevamo Steinhauser in fuga come appoggio. Carapaz è arrivato su di lui, ma poi dietro c’era la UAE con tre uomini più Del Toro. Ci eravamo accorti, durante la scalata del Mortirolo, che la maglia rosa non fosse proprio brillante.
Anche nella tappa di Bormio Carapaz ha provato ad attaccare, ma la UAE ha chiuso bene: lo ha ammesso lo stesso HonoréNella tappa di Bormio Carapaz ha provato ad attaccare, ma la UAE ha chiuso bene: lo ha ammesso lo stesso Honoré
Guardando indietro c’è qualcosa che cambieresti?
Tatticamente siamo stati perfetti, per il tipo di squadra che avevamo e per il percorso abbiamo fatto il massimo. Non penso ci siano stati errori, ed è la cosa che mi rende più felice.
Alla fine la differenza l’ha fatta il Colle delle Finestre e la tattica della UAE…
Ha vinto il più furbo, colui che ha fatto l’attacco giusto al momento giusto. Peccato per noi, ma penso che chi ha perso di più sia la UAE. Erano in maglia rosa e hanno visto sfumare il Giro. Magari Del Toro era al limite sul Colle delle Finestre, ma non penso vista la volata che ha fatto a Sestriere.
Il momento dell’attacco di Simon Yates sul Colle delle Finestre, Del Toro e Carapaz esitano e il britannico vola verso la conquista del GiroIl momento dell’attacco di Simon Yates sul Colle delle FinestreDel Toro e Carapaz esitano e il britannico vola verso la conquista del Giro
In squadra che sensazioni c’erano?
Noi eravamo convinti, io per primo, di avere il corridore più forte. Lo sapevamo dal primo giorno. Ero consapevole anche della forza di Del Toro, a chi mi chiedeva di dire i favoriti io rispondevo di non sottovalutare il giovane messicano.
Quanto eravate preoccupati da Yates?
Se un corridore occupa il terzo posto al Giro d’Italia vuol dire che è forte. Ma per come abbiamo corso e per come stava Carapaz noi abbiamo guardato solamente al primo posto. L’idea era di provare a vincere, tra secondi e terzi cambiava poco.
Sorridono tutti, ma Del Toro e Carapaz riusciranno prima o poi a spiegarsi?Sorridono tutti, ma Del Toro e Carapaz riusciranno prima o poi a spiegarsi?
Per questo Carapaz non ha seguito l’attacco di Yates sul Colle delle Finestre?
Ha provato a chiudere, infatti lui e Del Toro sono arrivati a pochi secondi da Yates, ma sul più bello il corridore della UAE non ha dato il cambio per provare a ricucire. Però tutte le volte che Carapaz ha provato ad attaccare è sempre stato seguito da Del Toro.
Che sentimenti c’erano in squadra dopo Sestriere?
C’era una sensazione strana. Credevamo nella maglia rosa e avevamo un sogno e sapevamo di avere le carte giuste per realizzarlo. Era la nostra occasione. Non si sa quando ne capiterà un’altra così concreta per vincere il Giro, penso lo stesso valga per Del Toro. Alla fine abbiamo corso come ci eravamo detti. Anzi, se Del Toro avesse chiuso su Yates, sarei stato più arrabbiato. Sarebbe stato il segno che stava correndo per il secondo posto. Abbiamo rischiato tutto pur di vincere ed è stato giusto così.
«Attenzione – dice Martinelli – Del Toro ha fatto un Giro incredibile. Dei tre, tifavo per lui e meritava di vincere. Però proprio perché hai fatto una corsa così grande, non puoi pensare di non fare una cronoscalata fino alla cima del Finestre. Scollini con tre minuti, abbiamo perso il Giro. Scollini con due, ce la giochiamo ancora. Ma se scollini con un minuto solo, possiamo ancora vincere, hai capito?».
Il primo Giro senza Martinelli si è risolto con un colpo alla Martinelli. L’attacco di Yates e Van Aert verso Sestriere ha ricordato quello dell’Astana di Aru e Luis Leon Sanchez, che permise a Fabio di vincere la Vuelta del 2015. A questo si aggiunga che lo stesso Martinelli si è trovato più volte alle prese con la convivenza fra due galli nella stessa corsa. Prima Pantani con Chiappucci. Poi Cunego con Simoni. Quindi Aru con Landa. Che cosa è parso al tecnico bresciano della corsa rosa?
Martinelli è a casa e il racconto dei suoi giorni fa capire che finalmente ha ritrovato un po’ di equilibrio. La vittoria di Scaroni è un po’ anche sua, conoscendolo da quando era un bimbo e avendo insistito in prima persona per portarlo alla XDS Astana. Per il resto, la nostalgia non fa parte del suo vissuto.
Fino al 2024, Giuseppe Martinelli è stato uno dei ds della Astana. In apertura l’abbraccio Del Toro-Gianetti sul traguardo di SestriereFino al 2024, Giuseppe Martinelli è stato uno dei ds della Astana. In apertura l’abbraccio Del Toro-Gianetti sul traguardo di Sestriere
Ti è piaciuto il Giro d’Italia?
Diciamo che di tutto quello che si era detto, è successo l’esatto contrario. Siamo partiti che Roglic doveva essere il vincitore e doveva giocarsela con Ayuso, mentre Tiberi doveva andare sul podio, invece alla fine ha vinto quello che s’è nascosto più di tutti. Forse anche il più furbo o il più bravo. Non è stato un brutto Giro. Noi italiani siamo stati abbastanza protagonisti. Però tanti nostri corridori sono gregari. Fino a prima della caduta, Ciccone ha lavorato per Pedersen. Un altro corridore come Affini, che a me piace da morire, ha fatto delle cose eccezionali aiutando Yates e Van Aert. Siamo diventati un Paese di gregari…
Ci sono stati due momenti cruciali come la tappa di Siena e poi quella di Sestriere….
Nel giorno di Siena, quando ho visto cadere Roglic, avrei fermato Del Toro e lo avrei messo ad aiutare il capitano. Perché così avrei guadagnato molto di più sullo sloveno che in partenza era l’avversario numero uno. A posteriori è andata bene così, sicuramente. Ma quel giorno ho subito detto: «Ma perché non fermano quello là che sta volando?». Dietro avrebbero guadagnato sicuramente un minuto in più. La UAE Emirates poteva tirare per tornare su Del Toro e proprio lui sarebbe stato in grado di fare la differenza. Se fosse rimasto a ruota e avesse girato in tre anziché da solo, la vittoria di tappa sarebbe stata ancora possibile.
Che cosa ti sembra della tappa di Sestriere?
Non avevo visto l’inizio e quando ho cominciato a seguire, c’era una fuga di 20 corridori e ho notato subito che mancavano uomini di Carapaz e di Del Toro. Memore delle due o tre volte che ho messo in atto quella tattica, mi sono detto che io avrei messo davanti un uomo della UAE Emirates. Poi la fuga ha preso margine e quando ho visto che aveva preso 7 minuti di vantaggio, ho pensato che la UAE Emirates dovesse mettere qualcuno a tirare. Li avrei riportati a tre minuti e così avrei ripreso Van Aert sulla salita. Lui non è uno scalatore, andando su non sarebbe servito a molto.
Martinelli non capisce perché sul Colle delle Finestre, anziché tirare per salvare la maglia rosa, Del Toro si sia fermato alla ruota di CarapazMartinelli non capisce perché sul Colle delle Finestre, anziché tirare per salvare la maglia rosa, Del Toro si sia fermato alla ruota di Carapaz
Invece hanno preso la salita con 8 minuti…
Ed è cominciata una battaglia incredibile. Mi sono detto: «Porca vacca, questi qua in cima non ci arrivano!». Hanno preso il Colle delle Finestre come uno strappo di 2 chilometri. E ho detto: «Voglio vedere come fanno a scollinare!». E quando poi è andato via Yates, ho cominciato a pensare: ma cosa aspetta Del Toro a fare il suo passo? Doveva dare subito la sensazione di inseguire Yates. Se lo avesse fatto, non dico che non perdeva il Giro, però avrebbe scollinato con il risultato ancora aperto.
Solo che poi avrebbe potuto poco contro Van Aert e Yates…
Van Aert ha fatto il fenomeno e non sarebbe cambiato nulla anche se avesse tirato Carapaz. Non è stupido e a un certo punto si sarà detto: «Io sono secondo e magari passerò al terzo posto, ma è la maglia rosa che deve seguire chi lo attacca, non io che sono secondo!». L’ho detto subito ai miei amici: Carapaz non aveva niente da guadagnare aiutando Del Toro. E non voglio dire che la UAE abbia sbagliato tutto, solo che secondo me non hanno calcolato che Yates potesse essere il jolly del Giro. Non l’hanno mai considerato, si sono concentrati su uno solo.
Ma se tu sei il direttore sportivo e state perdendo la maglia rosa, glielo dici a Del Toro che deve inseguire?
Una cosa vorrei ripeterla: la mia critica non è sicuramente nei confronti di Del Toro, perché con lui secondo me abbiamo scoperto un altro campione. A ventun anni, è il più giovane di tutti i giovani di cui parliamo ultimamente. Secondo me, ha fatto quello che gli dicevano di fare. Non credo che abbia preso delle decisioni, forse solo a Bormio ha fatto qualcosa di testa sua ed è andato a vincersi la tappa. Credo che Del Toro abbia speso molto durante il Giro, ha corso da protagonista e avrebbe potuto farlo anche nell’ultima tappa.
Al Giro del 2004, Simoni si ritrovò suo malgrado ad aiutare Cunego in maglia rosa. Sull’ammiraglia Saeco viaggiava MartinelliAl Giro del 2004, Simoni si ritrovò suo malgrado ad aiutare Cunego in maglia rosa. Sull’ammiraglia Saeco viaggiava Martinelli
Proprio a Bormio è parso di rivedere Aru e Landa compagni di squadra sul Mortirolo nel 2015 e Contador che vinse il Giro. Del Toro davanti e la squadra dietro che tirava per Ayuso…
Mi sono trovato in questa situazione, però ho avuto la fortuna di avere campioni come Simoni, Landa e un quasi campione come Aru. Ma quest’anno erano bambini: uno di 22 e uno di 21 anni. Uno che vuole vincere a tutti i costi, perché Ayuso ha le stimmate del campione. E dall’altra parte un ragazzino di 21 anni che va più forte di tutti. Sarebbe stato difficile per tutti, me compreso. Una cosa del genere ti toglie il sonno. Non è questione di Baldato, Matxin o Gianetti. Continui a discutere, ma non trovi la soluzione. Sapete quale sarebbe stata la soluzione? Quella di averne solo uno. Immagino ogni sera il fatto di trovare uno che diceva la sua e l’altro che diceva l’esatto contrario.
Forse alla UAE nessuno si aspettava Del Toro a quel livello, non trovi?
Effettivamente non l’hanno portato perché facesse quello che ha fatto. Se lo sono trovato per strada, come io trovai Cunego. Aveva vinto il Giro del Trentino e anche a Larciano, era in condizione. Se vado a rileggere le interviste, dicevo a Simoni di guardarsi da lui, perché l’avversario più forte l’avrebbe avuto in casa. Non aveva mai fatto la terza settimana, ma scoprimmo che andò più forte che nella prima. E non dimentichiamo che Simoni, con cui litigammo e discutemmo, alla penultima tappa attaccò sul Mortirolo, andò in fuga e mise un po’ di pepe.
Simoni reagì da Simoni, dicono invece che dopo la tappa di Siena, Ayuso abbia perso lucidità…
L’ho pensato anche io. Questo ragazzo ha i tratti del campione, altrimenti non vinci la Tirreno a quel modo. Però alla fine deve capire che il ciclismo è fatto di alti e bassi e dovrà fare delle scelte abbastanza importanti per il futuro. Anche la squadra dovrà decidere come gestirlo. Non farà la Vuelta e per lui un certo tipo di stagione è finito, con un niente di fatto al Giro, senza il Tour né la Vuelta. E se l’anno prossimo Pogacar vuole venire al Giro e poi fa il Tour, Ayuso dove va? E Del Toro dove lo porti? Secondo me lo spagnolo deve capire cosa vuole fare da grande. E la squadra deve capire dove metterlo.
Dopo il giorno di Siena, secondo Martinelli Ayuso si è spento. Rimarrà con la UAE Emirates, come contratto vorrebbe?Dopo il giorno di Siena, secondo Martinelli Ayuso si è spento. Rimarrà con la UAE Emirates, come contratto vorrebbe?
Cosa ti è sembrato di Tiberi e Pellizzari?
Ero sicuro che quest’anno Tiberi sarebbe andato sul podio, invece secondo me è arrivato al Giro che non stava bene, tanto da non aver fatto il Tour of the Alps. Probabilmente i cambi di programma lo hanno condizionato e poi ci si è messa la caduta. Ormai quando cadono si fanno male davvero, perché sono mingherlini. Mi dispiace per Antonio, non so quale sarà il suo programma, ma quest’anno aveva una bella occasione. Però io lo salvo ancora, è uno dei migliori che abbiamo, anche se ancora non sa quello che realmente ha nel serbatoio.
Cioè?
Ha paura ad attaccare perché si chiede cosa succede se poi lo staccano. Invece dovrebbe essere più intraprendente, rimandando i calcoli al dopo corsa. Alla Bahrain sono stati bravi a non fermare Caruso quando Tiberi è andato in difficoltà. Che sia stata fortuna o bravura, hanno salvato il quinto posto in classifica. Tante volte è facile criticare, ma bisognerebbe trovarsi lì e avere il coraggio di fare una scelta, che può essere giusta, ma anche completamente sbagliata.
Anche Pellizzari nel giorno di Asiago è stato tenuto vicino a Roglic, del resto…
Secondo me Pellizzari ha fatto quello che doveva, senza un minimo di pressione. E’ arrivato al Giro senza problemi, il percorso ideale per chi vuole fare veramente bene. E’ partito come il bambino più felice del mondo ed è arrivato allo stesso modo. Sono innamorato di quel ragazzo. Mi piace anche Tiberi, ne parlavo sempre con Vincenzo (Nibali, ndr) che l’aveva avuto come compagno di squadra. Però a me Pellizzari piace da quando l’ho visto dilettante, come corridore e come spontaneità. Fa ridere sempre, ha carattere, ci farà divertire.
SESTRIERE – «Ho investito molto della mia carriera e della mia vita per il Giro. Ci sono state molte battute d’arresto ed è stato difficile affrontarle. Sono stato costretto a ritirarmi per un problema al ginocchio, un paio di volte anche per il Covid e così via. Quindi sono davvero incredulo di essere riuscito a fare tutto questo. E’ difficile da dire adesso, ma ad essere onesti, penso che sia l’apice della mia carriera. Ci ho provato per anni, fatico a credere di esserci riuscito. Credo che nulla potrà superarlo».
Simon Yates non si vergogna di mostrare le lacrime. E’ passata quasi un’ora dalla vittoria e la nuova maglia rosa è finalmente arrivata davanti alle nostre domande. Ha portato l’attacco decisivo sul Colle delle Finestre a 39 chilometri dall’arrivo, quando sembrava che la partita fosse ristretta fra Carapaz e Del Toro. E’ partito più o meno nel punto in cui sette anni fa andò in crisi per l’attacco di Froome e perse la maglia rosa. Fu un dramma sportivo, al pari di quello che oggi ha investito Del Toro. In qualche modo è stato come se fosse tornato per chiudere il cerchio e la montagna piemontese gli abbia restituito quel che era suo.
Il Giro è suo. Il vantaggio ha continuato a salire, alle sue spalle nessuna reazione convincenteSceso di bici, accolto dallo staff della Visma-Lease a Bike, per Yates è il momento delle emozioniIl Giro è suo. Il vantaggio ha continuato a salire, alle sue spalle nessuna reazione convincenteSceso di bici, accolto dallo staff della Visma-Lease a Bike, per Yates è il momento delle emozioni
Vendetta per due
L’abbraccio fra Simon e Kruijswijk, non appena anche l’olandese ha tagliato il traguardo, ha parlato più di mille parole. Entrambi hanno visto svanire il sogno rosa nelle tappe finali del Giro: a Steven accadde nel 2016 quando cadde sul Colle dell’Agnello. L’impresa di Yates ha vendicato anche la sua sconfitta. Si sono stretti forte, poi Simon è venuto da noi.
«Nei 100 metri finali – dice – è stato il momento in cui mi sono finalmente reso conto di quello che ho fatto. Non ci credevo davvero, anche se il vantaggio era notevole. Cominciavo a sentire le gambe stanche, non ci ho creduto sino alla fine. Quando ho attaccato, avevo l’idea di allontanarmi il più possibile da quei due ragazzi del podio, perché sapevo che una volta che ci fossi riuscito, sarei stato forte abbastanza da tenere un ritmo elevato. Del Toro e Carapaz avevano dimostrato di essere molto più esplosivi nel finale, quindi il mio piano oggi era quello di cercare di ottenere un vantaggio e poi cercare di gestire tutto da solo».
Il Colle delle Finestre e il suo popolo, gli indiani. La Cima Coppi del Giro ha scritto la storiaIl Colle delle Finestre e il suo popolo, gli indiani. La Cima Coppi del Giro ha scritto la storia
Facile a dirsi. Parla per tutto il tempo con lo sguardo basso, chissà cosa gli passa per la testa. Lui, il gemello piegato da tante sconfitte, mentre Adam continuava a vincere diventando il braccio destro di Pogacar e ora di Del Toro. Eppure con quell’attacco la tendenza si è invertita. Simon Yates ha iniziato a scavare il solco, mordendo i tornanti e danzando sullo sterrato del Colle delle Finestre. Si pensava che un’azione simile potesse farla Carapaz, invece l’ecuadoriano si è trovato legato mani e piedi al drammatico destino di Isaac Del Toro.
Ieri hai detto di non avere una gran voglia di affrontare lo sterrato.
Perché amo molto pedalare in piedi e sullo sterrato è molto difficile avere la trazione giusta. Ma oggi mi sono sentito davvero bene. Sono riuscito a spingere fino alla vetta e sapevo di avere ancora delle forze che mi avrebbero sostenuto nel finale. Durante tutta la tappa, la squadra ha creduto davvero in me, per cui una volta arrivato sul Finestre, sapevo di dover fare la mia parte.
In qualche modo aver subito quella sconfitta sette anni fa è stato importante oggi?
Quando ho visto il percorso del Giro, ho sempre avuto in mente di provare a fare qualcosa in questa tappa, su questa salita che aveva segnato così tanto la mia carriera. L’ho sempre avuto in mente. Mi sono sentito bene per tutta la gara, ma avevo bisogno di credere in me stesso.
A 39 chilometri dall’arrivo, l’attacco che ha permesso a Yates di vincere il GiroA 39 chilometri dall’arrivo, l’attacco che ha permesso a Yates di vincere il Giro
Sei rimasto nascosto fino alla ventesima tappa e poi con un solo attacco hai vinto il Giro d’Italia: era calcolato oppure si è trattato di una coincidenza
Un po’ entrambe le cose. Sapevo che, per come è stata disegnata la gara, si sarebbe deciso tutto in quest’ultima settimana. Quindi si trattava più che altro di stare al sicuro e di non perdere tempo nella prima parte e questo, grazie ai miei compagni di squadra, è stata davvero incredibile. Sono stato sempre al posto giusto nel momento giusto. Ho dovuto fare da me soltanto nelle crono (fa un timido sorriso, ndr). In quest’ultima settimana, già nella 16ª tappa (quella di San Valentino, ndr), ho provato a fare qualcosa, ma non sono stato abbastanza forte. Quindi stamattina avevo qualche dubbio sul fatto di provare davvero a fare qualcosa su questa salita. Ma sembrava che la squadra credesse davvero in me, quindi ci ho provato e ce l’ho fatta.
Quanto sei stato contento di incontrare Van Aert dopo il Finestre? E faceva parte del piano?
Vorrei dire che ogni giorno abbiamo avuto dei corridori in fuga sperando che si creasse questa stessa situazione. Ci siamo davvero impegnati in questo senso, per cui ogni giorno che abbiamo la possibilità di farlo, ci abbiamo provato. Ma oggi è stato il primo giorno in cui l’abbiamo usata davvero a nostro vantaggio. E chi c’era davanti? C’era Wout (stavolta sorride, ndr). Non avevo dubbi, ha fatto tutto per me. Mi ha permesso di respirare e di aumentare il vantaggio. Non è la prima volta che si dimostra uno dei migliori compagni di squadra al mondo, oltre che un grande campione. Ringrazierò sicuramente lui e tutti i compagni.
Proprio il Colle delle Finestre nel 2018 gli aveva strappato la maglia rosa e oggi gliel’ha restituitaDurante la conferenza stampa le parole sono uscite a fatica: il Giro è stato una meta rincorsa a lungoProprio il Colle delle Finestre nel 2018 gli aveva strappato la maglia rosa e oggi gliel’ha restituitaDurante la conferenza stampa le parole sono uscite a fatica: il Giro è stato una meta rincorsa a lungo
Se ne va ricordando di quando sul Block Haus nel 2022 stramazzò sconfitto sull’asfalto e sconfortato disse che la sua storia con il Giro d’Italia sarebbe finita quell’anno. Negli ultimi due anni ha corso il Tour, ma c’era una ferita aperta, impossibile da dimenticare. La Visma-Lease a Bike gli ha offerto un biglietto fino al via da Tirana e oggi, a distanza di venti giorni, il suo lungo viaggio ha iniziato ad acquisire un senso compiuto. Se ne va col sollievo di aver tirato fuori il bubbone. I corridori partiranno stasera per Roma, noi ci fermeremo ancora qualche ora per raccontarvi le loro storie.
MORBEGNO – Garate ricorda che al Giro del 2005 nella scia di Simoni, Di Luca e Rujano dopo il Colle delle Finestre e verso Sestriere c’era anche lui. Lo stesso finale di tappa che i corridori del Giro affronteranno sabato. Per Carapaz, unico attaccante abbastanza cattivo da far tremare Del Toro e già vincitore di una tappa, l’esperienza del suo direttore sportivo sarà molto importante. Sta per arrivare l’ora della partenza della tappa numero 18 e i pullman sono parcheggiati a quasi tre chilometri dal foglio firma. Per cui i corridori si vestono, vanno a firmare e poi tornano per finire di prepararsi.
Nel mattino in cui Carapaz compie 32 anni (in apertura la risposta agli auguri del pubblico), il Giro riparte dal basso e dall’estate. Temperatura oltre i trenta gradi che, pensando alle prossime due giornate di montagna, ricordano i proverbi degli anziani sulle tappe corse con il primo caldo. Richard si è affacciato per un secondo dal pullman, passando i pantaloncini a Stefano Del Cas, massaggiatore italiano della EF Education-EasyPost. Subito dopo dal grosso mezzo rosa è sceso Juan Manuel Garate, direttore sportivo, professionista dal 2000 al 2014 con tre sole squadre: la Lampre, la Quick Step e poi la Rabobank, diventata Belkin quando la banca olandese uscì dal ciclismo. Per questo il basco di Irun, 49 anni compiuti ad aprile, parla così bene l’italiano e può guidarci nel Giro di Carapaz che per molti è l’unica alternativa credibile per la maglia rosa di Del Toro.
Juan Manuel Garate è basco di Irun, ha 49 anni, è il diesse della EF Education-EasyPost al GiroJuan Manuel Garate è basco di Irun, ha 49 anni, è il diesse della EF Education-EasyPost al Giro
Ti aspettavi di essere a questo punto del Giro con Richard sfidante più accreditato di Del Toro?
A dir la verità è veramente quello che mi aspettavo, quello per cui abbiamo lavorato da lontano. L’obiettivo Giro è cominciato a settembre. Non è una sorpresa che Richard sia lì, ma sappiamo anche che strada facendo può succedere di tutto. Ora siamo nella situazione ideale, alla fine del Giro, ancora con opzioni per vincerlo. E’ quello che volevamo, quello che abbiamo preparato. Abbiamo le gambe e siamo stati fortunati, nonostante un paio di cadute di troppo di cui avremmo fatto a meno.
Le due tappe che arrivano vanno pensate o vanno fatte a testa bassa ogni giorno?
Vanno pensate, ovviamente. Quando hai 5.000 metri di dislivello, non puoi non pensare. In più siamo alla fine di un Giro duro e i ragazzi sono tutti stanchi, non solo i miei. Ci aspettano salite che penso siano adatte a Richard: salite lunghe con pendenze non impossibili. Sono le tappe che volevamo per chiudere il Giro d’Italia. Lui sta bene, è molto motivato, molto brillante.
Però ieri sulle Motte, Del Toro lo ha messo alle corde.
Quell’ultima salita di 3 chilometri non era la più adatta a lui e per fortuna di strappi simili non ce ne sono più. Per cui siamo ottimisti.
Quarta tappa del Giro, quella con San Pellegrino in Alpe e arrivo a Castelnovo ne’ Monti: Carapaz vince e guadagna sicurezzaQuarta tappa del Giro, quella con San Pellegrino in Alpe e arrivo a Castelnovo ne’ Monti: Carapaz vince e guadagna sicurezza
L’altro giorno Bernal ha fatto corsa parallela con voi, pensi ci sia qualcuno che può darvi una mano oppure sarà uno scontro testa a testa?
Alla fine la situazione dalla corsa può cambiare tantissimo. C’è chi vuole fare la top 10, c’è chi ancora deve raggiungere una top 5. C’è chi pensa che magari salteremo noi, quindi ha interessa a fare il forcing. Pellizzari sta venendo su bene e lui sogna di vincere una tappa e di trovare una classifica migliore. Alla fine sono piccole cose che nei momenti importanti della corsa possono far andare le cose dalla tua parte o dalla parte opposta. La situazione è tale per cui alla fine se un corridore si trova al momento giusto nel posto giusto, può cambiare il destino della corsa.
La squadra è in forma per aiutare Richard?
Ne abbiamo sempre uno davanti, i ragazzi stanno correndo bene. Quando sappiamo che siamo un po’ in difficoltà, anticipiamo. Quando sappiamo che la corsa va a rompersi in un determinato punto, proviamo di anticiparlo per avere un corridore più avanti. Finora è stato sempre così e abbiamo mosso la corsa quando veramente contava per noi. Mentre per il resto del tempo, lo tengono protetto e non ci siamo fatti vedere più di tanto.
L’ultimo attacco a fondo di Carapaz è venuto ieri sul Mortirolo: le salite lunghe sono il suo terreno preferitoNella tappa di Siena, Richard aveva conquistato il 4° posto a 58″ da Van Aert e Del ToroL’ultimo attacco a fondo di Carapaz è venuto ieri sul Mortirolo: le salite lunghe sono il suo terreno preferitoNella tappa di Siena, Richard aveva conquistato il 4° posto a 58″ da Van Aert e Del Toro
Quale delle prossime due tappe è più adatta a Carapaz?
Insomma, tutte e due! La strada che porta a Sestriere io l’ho fatta nel 2005, quando sono rimasto dietro Di Luca, Simoni e Rujano, che poi vinse: non finisce mai. Anche se le pendenze non sono alte, quella vallata e quella strada, che sembra che non tiri, in realtà sono come le sabbie mobili: non ne vieni fuori. La tappa di domani invece sono 5.000 metri dislivello e questo richiederà una fatica molto alta che penso sia più adatta a “Richie”. E poi ovviamente il Colle delle Finestre ne metterà uno per parte e ciascuno andrà su praticamente per conto suo.
Carapaz ha fatto delle ricognizioni sul percorso delle due tappe?
No, non abbiamo fatto delle recon. Io le ho fatte, le ricordo e so di cosa stiamo parlando. Bisognerà valutare il nostro momento e il momento degli altri. E soprattutto dovremo correre con intelligenza. Di certo nei prossimi due giorni ci si gioca il Giro d’Italia.
BORMIO – La maglia rosa e la bianca: lo stesso titolare, eppure destini opposti per chi le indossava. Mentre infatti Del Toro si è rimesso in carreggiata, Tiberi è sprofondato in una classifica dolorosa. La maglia rosa ha vinto, la bianca è arrivata dopo 10’31” e adesso ci sarà da capire se e come proseguirà il suo Giro. Il compagno di squadra Caruso è arrivato a 16 secondi da Del Toro, occupando il quinto posto in classifica a 1’09” dal quarto di Derek Gee.
La partenza da San Michele all’Adige in una grande cornice di pubblicoLa partenza da San Michele all’Adige in una grande cornice di pubblico
La risposta di Del Toro
Serviva qualche risposta dopo il passo falso di ieri e Del Toro ne ha date alcune molto convincenti. Prima sul Mortirolo, tenendo le ruote dei più baldanzosi. Poi con l’attacco sulle Motte e infine l’allungo in discesa che gli ha permesso di vincere la tappa davanti a Bardet, Carapaz e Yates. La classifica resta corta, ma il pericoloso oscillare della maglia rosa improvvisamente è cessato.
«Dovevo dimostrare qualcosa a me stesso – dice la maglia rosa – c’è bisogno di andare sempre avanti e di non mollare mai. Ieri la tappa è stata dura per tutti. Può capitare di avere una brutta giornata e avevo solo bisogno di andare avanti, prendere più morale e non mollare mai in questo ciclismo che è davvero durissimo. Ho preso il passaggio a vuoto e ho cercato di imparare velocemente la lezione. Non mi sono mai trovato in questa posizione e di sicuro sono arrivato al traguardo senza avere più niente da dare. Ma non mi lamento, la lezione mi è servita e oggi ho avuto il desiderio di attaccare. Ne avevo bisogno».
Carapaz e Pellizzari, due degli attaccanti di giornata: l’ecuadoriano sembra in condizione eccellenteCarapaz e Pellizzari, due degli attaccanti di giornata: l’ecuadoriano sembra in condizione eccellente
La differenza con due curve
Lo abbiamo rivisto sicuro e potente in salita. Il suo scatto non ha piegato Carapaz, ma gli ha fatto capire che il leader è ancora al suo posto. Yates ha ceduto. E quando dopo due curve pennellate ha staccato tutti in discesa, il suo inchino sul traguardo lo ha riportato a quando, vinta la Milano-Torino con la lampo rotta e completamente abbassata, per non mostrarla si nascose dietro lo stesso gesto, fatto anche oggi – ha detto – per un suo scherzo con il fratello.
«Esatto – sorride – uno scherzo. In realtà però quell’inchino vale come un grazie a tutte le persone là fuori perché sono sempre con me, mi sostengono e urlano il mio nome e non capisco il perché. E’ una sensazione strana, perché in realtà non mi sento così speciale. Ma quando sono nel gruppo e attraversiamo qualche paese, è incredibile sentirli chiamare il mio nome. Mi ha aiutato a riprendere il filo del discorso. Siamo esseri umani e ieri sera ho capito che in questi giorni dovrò essere concentrato. Non serve lamentarsi e stare troppo tempo a pensare. Ieri sono riuscito a fare la migliore dormita di questo Giro e stamattina sapevo di voler finire bene il lavoro, perché i miei compagni del UAE Team Emirates meritano che li ripaghi per il meraviglioso lavoro che hanno fatto.
«In questa tappa, in questa giornata, con questo tempo, siamo arrivati a poca distanza da Bardet e poi ho fatto la differenza con due curve. Ma non voglio sembrare arrogante. Ho solo fatto del mio meglio per cercare di arrivare il più velocemente possibile. Quando ho visto il distacco, ho solo cercato di arrivare al traguardo. Non credo di essere particolarmente folle, è chiaro che stando davanti si corre qualche rischio in più, ma questo è tutto».
Zambanini è rimasto accanto a Tiberi da quando si è staccato sul Mortirolo: una giornata tremendaTiberi si è fermato dopo l’arrivo, è rimasto in silenzio guardando in basso, poi ha risposto alle domandeZambanini è rimasto accanto a Tiberi da quando si è staccato sul Mortirolo: una giornata tremendaTiberi si è fermato dopo l’arrivo, è rimasto in silenzio guardando in basso, poi ha risposto alle domande
Il crollo di Tiberi
Quando Tiberi si è fermato davanti ai massaggiatori della Bahrain Victorious, affiancato da Zambanini che ha concluso la tappa al suo fianco, aveva l’espressione dolorante. La sua giornata è stata un calvario, con il Mortirolo giudice spietato. Già ieri sera aveva confessato di non sentirsi al top e quando al risveglio ha sentito il forte dolore sul fianco sinistro, ha capito che la giornata non sarebbe stata all’altezza delle ambizioni. Ha mandato giù il cherry juice, ha infilato una mantellina con due asciugamani nel collo e poi ci ha messo la faccia. Il ragazzino schivo di qualche anno fa si è trasformato in un adulto, capace di fare un’analisi convincente.
«Il mio obiettivo per come mi sentivo in partenza – ha detto – era concludere la tappa. A dire il vero non ho rimpianti perché non riuscivo a dare più di così, per via del dolore che avevo. Nella caduta di Gorizia ho preso un colpo all’ileopsoas, potrebbe essersi spostato il bacino e non riesco a spingere. Ho stretto i denti per arrivare qui a Bormio e già di questo sono contento. Ho provato a fare il massimo per tenere il più possibile le ruote del gruppo, ma sul Mortirolo non sono riuscito a fare più di così.
Il Giro si è riempito di tifosi messicani, tutti qui per Isaac Del ToroIl Giro si è riempito di tifosi messicani, tutti qui per Isaac Del Toro
«Questa mattina – ha concluso – mi sono svegliato con molto più fastidio rispetto agli altri giorni. Probabilmente è dipeso dallo sforzo di ieri perché sono andato veramente al limite. Già dopo la caduta vedevo dai numeri che la spinta delle due gambe non era uguale, la sinistra spingeva meno ed è la parte su cui ho battuto l’anca e ho la ferita che ha iniziato a darmi fastidio».
Sua maestà il Mortirolo
Il Mortirolo almeno nel suo caso è stato decisivo, preso d’assalto da una moltitudine pazzesca di tifosi, come ai vecchi tempi. Il Giro piace. Gli alti e bassi di Del Toro ne stanno facendo un beniamino dei tifosi. Tanta gente in bicicletta, tanti club di tifosi, tanta voglia di far parte di questo mondo in festa. L’attacco di Pellizzari ha esaltato, ma è stato meno incisivo di ieri, in una tappa più breve e con minore dislivello.
Domani sarà probabilmente volata, ma venerdì e sabato se ne vedranno delle belle. Richiesto dai media prima che tornasse sul pullman, Damiano Caruso ha fatto il nome del suo favorito per la vittoria finale: Carapaz.
SAN VALENTINO – Isaac Del Toro arriva davanti ai giornalisti a pochi minuti dalla fine della sedicesima tappa del suo primo Giro d’Italia. Il messicano del UAE Team Emirates ha mantenuto la maglia rosa nonostante gli attacchi di Richard Carapaz e Simon Yates. Ha tremato ma non è andato a picco. Nonostante la giovane età ha tenuto botta ai colpi dell’ecuadoregno e del britannico. Il secondo gli ha riservato tante piccole punture di spillo, come a voler risvegliare da un sogno il giovane rampollo vestito di rosa. Una sberla secca e decisa quella di Carapaz, che ha fatto male e potrebbe aver lasciato segni ben più profondi.
Scendendo verso il podio Jose Matxin, sport manager del UAE Team Emirates, non ha perso il sorriso. Se da un lato Ayuso ha definitivamente mollato il colpo a 42 chilometri dal traguardo dall’altra parte Del Toro ha avuto la lucidità di non farsi prendere dal panico. La maglia rosa è rimasta in casa della squadra che lo scorso anno la indossò per venti delle ventuno tappe. Chissà con quali dubbi e certezze Isaac Del Toro si è rimboccato le coperte ieri notte.
Del Toro ha detto di aver voluto marcare da vicino Simon Yates, secondo in classifica generale Del Toro ha detto di aver voluto marcare da vicino Simon Yates, secondo in classifica generale
Le gambe
La terza settimana del Giro d’Italia si apre con diverse considerazioni di cui tenere conto. Una di queste è il crollo delle certezze di Isaac Del Toro che fino a domenica scorsa sembrava in completo controllo. Se guardiamo agli abbuoni portati a casa il messicano risulta secondo solamente a Mads Pedersen, segno che non si sia risparmiato in ogni sprint o allungo a disposizione.
«È stata una giornata davvero difficile per tutti – racconta Del Toro ancora vestito di rosa e con un cappello di lana appoggiato sulla testa – tutti erano al limite. I corridori in classifica generale hanno vissuto una giornata impegnativa. Ci sono state tante cadute (l’ennesima per Roglic costretto poi al ritiro, ndr). Non posso che essere orgoglioso della mia squadra, senza di loro non sarei di certo in questa posizione. Sicuramente non avevo le gambe migliori della mia vita ma ho fatto il massimo, sono arrivato al traguardo senza un filo di energia in corpo. Voglio far sapere a tutti loro che sto facendo del mio meglio e il mio obiettivo è di dare il 100 per cento per mantenere questa maglia».
L’unico attacco frontale e deciso è stato quello di Carapaz, capace di guadagnare 1′ e 36″ su Del ToroL’unico attacco frontale e deciso è stato quello di Carapaz, capace di guadagnare 1′ e 36″ su Del Toro
Fiducia
Quali sono le certezze che danno a Del Toro la fiducia nei propri mezzi? Difficile dirlo. Sicuramente rispetto alle tappe precedenti è bene pensare a ogni singola energia spesa, il carburante non è infinito.
«Non sono uno di quei corridori – spiega mentre gli si legge in faccia la fretta di andare via – che crede nella fiducia. Piuttosto mi piace avere “certezze” su quel che sono in grado di fare ogni volta che c’è un attacco. Voglio credere nella mia capacità di rispondere a ogni attacco ma vedremo come comportarci in gara e se sarà una mossa intelligente. Oggi (ieri per chi legge, ndr) non ho seguito Carapaz perché ho voluto marcare da vicino il secondo in classifica generale, Yates. Nella lotta alla generale credo sia una questione riservata ai primi quattro (Gee, Carapaz, Yates e Del Toro stesso, ndr)».
Scampato il pericolo e il panico Del Toro ha riacquistato presto serenità e sorriso, la maglia rosa stamattina è ancora sulle sue spalleScampato il pericolo e il panico Del Toro ha riacquistato presto serenità e sorriso, la maglia rosa stamattina è ancora sulle sue spalle
Ogni secondo conta
Il Giro d’Italia si può vincere per secondi, e a guardare la classifica si nota come il distacco tra Del Toro e Simon Yates sia frutto proprio degli abbuoni. Senza questi le posizioni sarebbero invertite e le forze equiparabili.
La strada ci ha raccontato, fino a questo momento, di un padrone del Giro forte ma non inattaccabile. Per gli avversari vedere che il trono scricchiola può essere un incentivo per continuare a dare colpi sperando di far cadere il Re e di indossare la corona.
Solo in casa UAE Emirates è dato sapere il motivo legato alla giornata “no” di Del Toro. Il problema è che la strada porta a fare presto i conti con la realtà e oggi verso Bormio le difficoltà sono tante. Yates e Carapaz sono pronti con arco e frecce per prendere d’assalto il padrone del Giro, come abili Robin Hood nei confronti del tesoro custodito dallo Sceriffo di Nottingham. Toccherà ai soldati fare da guardie al ricco bottino, consapevoli che la strada non fa prigionieri.
ASIAGO – Le cadute fanno male soprattutto il giorno dopo. Quando Roglic ha tagliato il traguardo aveva l’espressione svuotata, come di chi ha provato a difendersi, ma non ha trovato le risorse per opporsi ai colpi: non era dove doveva essere. Pellizzari e Martinez lo hanno scortato, dando la sensazione di perderlo se per caso una pedalata fosse stata più energica. Anche Tiberi inizialmente è parso bloccato e solo scaldandosi è riuscito a improntare una difesa convincente. E così sulle prime montagne vere del Giro, prima il Monte Grappa e poi la salita di Dori in direzione di Asiago, solo pochi scalatori hanno provato a mettere in difficoltà la maglia rosa. Bernal prima di tutti, con l’aiuto di Arensman. Poi Carapaz. E solo alla fine ha messo fuori il naso anche Simon Yates. Piccoli colpi di assaggio, nulla di irresistibile, anche perché le pendenze dell’ultima scalata erano tutt’altro che proibitive. Eppure è bastato per mostrare un Del Toro super concentrato, pronto e tonico, come chi ha la vittoria cucita addosso e sente la forza sprizzargli dalle gambe. Reggerà così per tutta la settimana?
Roglic ha tagliato il traguardo 1’59” dopo Verona, 1’30” dopo la maglia rosa. Ora è 10° a 3’53”Roglic ha tagliato il traguardo 1’59” dopo Verona, 1’30” dopo la maglia rosa. Ora è 10° a 3’53”
Il ritorno di Bernal
Ecco cosa hanno detto alcuni dei protagonisti. A cominciare dal pimpante Bernal, all’attacco sul Grappa, che forse per domani avrebbe preferito un altro tappone e non il giorno di riposo.
«Non ero al top stamattina – ha detto il colombiano – sapevo che non sarebbe stata la mia giornata. E’ stato un bene che la prima parte fosse pianeggiante perché mi ha permesso di cambiare umore. Nella prima parte della salita del Monte Grappa abbiamo adottato un approccio un po’ più conservativo, ma poi nella seconda abbiamo deciso di cambiare. Come abbiamo già detto un paio di volte, non abbiamo nulla da perdere, ma molto da guadagnare. E’ stata una giornata divertente e durissima. Il mio attacco? Ho solo cercato di dare il massimo, Arensman è stato bravissimo e Carapaz è il miglior alleato con cui affrontare la salita. Non so cosa sia successo a Roglic. L’ultima salita non era ripidissima, ma era il tipo di strada su cui si può perdere un sacco di tempo una volta staccati. Abbiamo fatto bene a provarci. Siamo il Team Ineos e dobbiamo sempre provare qualcosa. Sto bene, dopo tre anni vado in bici senza dolore e ora finalmente posso diventare l’ago della bilancia. Sono felice di essere tornato. Questa corsa mi darà qualcosa in più. Può essere un grande passo avanti».
Tiberi ha reagito bene al mal di schiena e ha avuto le gambe e la grinta per tenere i migliori, ma la maglia rosa non l’ha perso di vistaTiberi ha reagito bene al mal di schiena e ha avuto le gambe e la grinta per tenere i migliori, ma la maglia rosa non l’ha perso di vista
Il sollievo di Tiberi
Tiberi, che ieri ha innescato la caduta sul pavé di Gorizia, ha risposto bene alle accelerazioni, avendo accanto un Damiano Caruso che, a dispetto degli anni, mostra ogni giorno di più il fondo e l’autorità per rispondere in prima persona agli attacchi dei campioni.
«Sono contento di come sono riuscito a gestirla – ha detto Tiberi – ma all’inizio non riuscivo a spingere, per questo ho attaccato Ca’ del Poggio abbastanza indietro e ho preso il buco. A quel punto la squadra si è fermata per riportarmi sotto e hanno fatto un lavoro veramente spettacolare. Sono serviti tanto, anche mentalmente e il supporto che mi hanno dato è stato veramente importante. Poi per fortuna anche il fisico ha iniziato a reagire bene. Scaldandomi e iniziando a spingere ho iniziato infatti a sentire un po’ meno dolore, anche se comunque il mal alla schiena c’è ancora. E’ stata comunque una tappa importante. Sono contento di come sono riuscito a reagire e quindi moralmente anche è stato importante non aver subito appunto un’altra sconfitta».
Il confabulare fra Yates, Majka e Del Toro in rosa dopo l’arrivo: la UAE Emirates è parsa in controlloIl confabulare fra Yates, Majka e Del Toro in rosa dopo l’arrivo: la UAE Emirates è parsa in controllo
La leggerezza di Del Toro
Su tutti loro, la leggerezza e l’autorità di Del Toro fanno pensare che il messicano avrà pure davanti a sé dei punti di domanda, ma per ora fronteggia bene ogni tipo di imprevisto. Ha risposto in prima persona agli attacchi di tutti. Anche a quello di Derek Gee, che quando si è voltato e se lo è visto addosso tutto rosa, ha avuto un sussulto.
«Nella mia posizione – ha detto il messicano – mi sento nervoso perché sono come un tifoso che corre in mezzo ai suoi idoli. Ora devo seguire gli attacchi e di sicuro so che arriveranno. Devo solo aspettare quando e capire se sarò in grado di seguirli tutti. Sono super attivi e competitivi, sapevo che oggi avrebbero iniziato a scattare. Non posso dire con certezza che qualcuno riuscirà ad andarmi via. Per questo a un certo punto ci siamo messi davanti noi e abbiamo aspettato che cominciassero gli attacchi, perché sapevamo che sarebbe successo. Ho cercato di capire quando. Ma sono certo che tanti vogliano vincere e ci proveranno ancora. Per oggi sono riuscito a seguire tutti e a gestire più o meno la situazione. Si riparte fra due giorni e cercheremo di capire anche quale sarà il nostro assetto come squadra».
SAN PELLEGRINO IN ALPE – E’ la magia della montagna. Non importa che sia d’Appennino, di Alpi, Dolomiti… Tutto cambia. La pendenza, il bosco, la gente, le bici, le nuvole basse e il calore del fieno appena tagliato più a valle. E’ un’altra dimensione. Sul San Pellegrino in Alpe abbiamo vissuto tutto questo.
La salita, forse la più dura del Giro d’Italia, è stata al centro – in ogni senso – della tappa di oggi. E se Richard Carapaz ha vinto a Castelnovo ne’ Monti è anche per come ha affrontato questa montagna che collega la Toscana all’Emilia, come vedremo.
Fortunato a tutta. Il volto è teso come le gambe. Passerà in testa al GPM del San Pellegrino. Per lui una maglia che è sempre… più bluQuanto tifo e quante scritte per l’indimenticato Pirata, Marco PantaniE scritte anche per Covili che stammattina ci aveva detto. «Mi alleno spesso sul San Pellegrino e sulle strade di questa tappa»Un gruppone passa sulla vetta: il San Pellegrino è davvero duro. In un paio di tratti tocca il 19%Fortunato a tutta. Il volto è teso come le gambe. Passerà in testa al GPM del San Pellegrino. Per lui una maglia che è sempre… più bluQuanto tifo e quante scritte per l’indimenticato Pirata, Marco PantaniE scritte anche per Covili che stammattina ci aveva detto. «Mi alleno spesso sul San Pellegrino e sulle strade di questa tappa»Un gruppone passa sulla vetta: il San Pellegrino è davvero duro. In un paio di tratti tocca il 19%
Quei muscoli tesi
Il tifo era forte per Luca Covili, beniamino di casa. Ma lungo la scalata c’erano anche belgi e olandesi. Poi il tifo è per tutti e quando dai nuvoloni bassi in quota è spuntata la maglia blu di Lorenzo Fortunato tutto ha preso un’altra piega. Vederli da bordo strada è tutt’altra cosa. Si sentiva il fiatone, le smorfie di fatica si percepivano in modo diverso ed erano la continuazione dello sforzo delle gambe. Più queste erano tese, più i volti si deformavano.
La maglia rosa pedalava bene. Carapaz era defilato, a tratti in coda al gruppetto. Era in “modalità” risparmio energia o era davvero affaticato? Il suo volto è quasi sempre indecifrabile. Giulio Pellizzari a 200 metri dalla vetta era staccato di 6”-7”, ma non sembrava assolutamente fuori giri. Primoz Roglic era il più coperto e rannicchiato al centro del drappello. E e gli Yates, seppur con maglie diverse, si riconoscevano anche attraverso la nebbia. La loro andatura ciondolante sui pedali è un marchio di famiglia.
Gruppo ridotto a pochissime unità. Tirava Majka. Del Toro tranquillissimo. E Carapaz già metteva la mantellina (foto Simona Bernardini)Sin dalle prime curve c’era gente lungo la strada…Poi salendo il pubblico aumentava. E anche la sua organizzazione!Ecco gli ultimi a transitare sul San Pellegrino, circa 20′ dopo i primi. In quel momento stava giusto iniziando a scendere qualche gocciolina d’acquaIl gruppo maglia rosa era ridotto a pochissime unità. Tirava Majka. Del Toro tranquillissimo… E Carapaz in coda, già si metteva la mantellina (foto Simona Bernardini)Sin dalle prime curve c’era gente lungo la strada…Poi salendo il pubblico aumentava. E anche la sua organizzazione!Ecco gli ultimi a transitare sul San Pellegrino, circa 20′ dopo i primi. In quel momento stava giusto iniziando a scendere qualche gocciolina d’acqua
Il popolo del ciclismo
E poi c’erano loro: i tifosi. I veri padroni del San Pellegrino in Alpe. Sinceramente, col meteo che c’era ed essendo un pieno giorno feriale di maggio (il Tour de France è ben più fortunato in tal senso), non ci aspettavamo tanta gente.
Dalle poche unità sparse nelle prime rampe a un vero stadio di 3.000 metri per lato nel finale. Una bolgia. Passarci in mezzo con la nostra ammiraglia è stata un’emozione. Qualche lettore ci ha anche salutato. Che dire: grazie!
Grigliate, birre, tocchi di formaggio, le bici appoggiate sulle pendici della montagna. Una montagna verdissima, rigogliosa. Sulle vette più alte verso nord c’erano ancora chiazze di neve… un ambiente totale, teatro perfetto per una grande sfida.
La corsa non passa mai in un secondo. Dopo i primi, ecco a intermittenza gruppetti di due o quattro atleti e poi due grandi gruppi nel finale. Gli ultimi, i velocisti, sono passati che già iniziava a cadere qualche goccia. Il freddo cominciava a farsi pungente.
La cosa bella è che in questi brevi momenti puoi vedere le differenze tra i corridori. Mads Pedersen, seppur staccato (ma non troppo) dalla maglia rosa, portava su i suoi 76 chili con una potenza mostruosa. Povera la sua catena! Mentre i passisti-scalatori che scortavano i velocisti sgambettavano agili e i Van Uden della situazione al loro fianco guardavano paonazzi a terra e facevano la metà delle pedalate.
Il tutto sotto l’applauso scrosciante della gente. Per tutti…
Carapaz vince la sua quarta tappa al Giro e risale dalla nona alla sesta posizione. Ora è a 1’56” da Del ToroCarapaz vince la sua quarta tappa al Giro e risale dalla nona alla sesta posizione. Ora è a 1’56” da Del Toro
Si rivede Carapaz
La corsa passa. Il San Pellegrino in Alpe in pochi minuti si svuota. Le ultime ammiraglie sfrecciano tra la gente. Sono quelle dei massaggiatori che corrono verso l’arrivo.
Fortunato e gli altri quattro transitati davanti sul San Pellegrino sembravano potercela fare, ma Pedersen si è messo al lavoro per Giulio Ciccone. Solo che poi a “fregarli” tutti è stato Richard Carapaz. Un nome che forse, col senno del poi, poteva anche essere piuttosto scontato al via questa mattina.
L’ecuadoriano della EF Education-EasyPost si trova a meraviglia su questi tracciati: duri, lunghi e con salite non estreme nel finale. La sua azione è stata tosta. Il campione olimpico di Tokyo ha fatto subito il vuoto e ha resistito al ritorno della solita UAE Emirates.
«Nel finale avevo buone gambe e ci ho provato – ha detto Carapaz – è stata una tappa durissima. Si è visto chiaramente che sul San Pellegrino in Alpe nessuno aveva le gambe per fare qualcosa. In gruppo c’è tanta stanchezza e non so cosa potrà succedere nei prossimi giorni. Io ci ho provato. Sapevamo che si poteva fare. Sono felicissimo di essere tornato a vincere al Giro».
Ora Carapaz risale un po’ la china. Il bottino è magro in termini di tempo, venti secondi, migliore in termini di posizione: passa dalla nona alla sesta. Ma cambia poco ai fini del Giro.
Del Toro vince lo sprint con una facilità imbarazzante e allunga di 6″ su Ayuso. Terzo CicconeDel Toro vince lo sprint con una facilità imbarazzante e allunga di 6″ su Ayuso. Terzo Ciccone
E Del Toro…
Per assurdo pesano di più i 6” di abbuono di Isaac Del Toro che continua a dire una cosa e fare l’opposto. Anche oggi ha ripetuto quanto va dicendo da giorni: «Vediamo come andranno le cose. Sono qui per i miei capitani. Quei sei secondi… non so, è perché cerchiamo di fare una corsa intelligente», ha detto ai microfoni di Radio Rai.
E sempre restando legati alla radio, per pura casualità questa mattina abbiamo scambiato qualche battuta con Massimo Ghirotto. Max ha un’esperienza tale che potrebbe riempire una biblioteca del ciclismo.
«Io – ha detto Ghirotto – Ayuso è qualche giorno che non lo vedo benissimo. Per me non è super brillante». Non ci credevamo molto, ma abbiamo messo da parte quanto ci ha confidato; un suo giudizio è sempre prezioso. Evidentemente aveva ragione. Nella scalata finale ha un po’ pagato, e se Carapaz è andato via così bene è anche perché lui ha scricchiolato e la UAE non si è messa pancia a terra per chiudere.
Del Toro sì, lui si era mosso subito, ma quando dall’ammiraglia hanno visto che non c’era Ayuso lo hanno bloccato. Lo hanno fatto respirare e poi sono andati in progressione dopo il Gpm.
Insomma, questa tappa del San Pellegrino in Alpe e degli Appennini ci ha detto che questo Giro è aperto. Anzi, ogni giorno più aperto.