Per qualche minuto è parso di rivivere la stessa scena del 4 aprile, quando il Giro dei Paesi Baschi rovinò la primavera del ciclismo. Gli stessi attori – Evenepoel e Roglic – e uno scenario tutto sommato simile. Questa volta però teatro della maxi caduta sono stati il Criterium del Delfinato e la Cote de Bel Air, salitella di poco conto nel finale della quinta tappa.
Eppure dopo essersi lasciati alle spalle quei quasi due chilometri al 5 per cento di pendenza, i corridori hanno scoperto che la discesa sarebbe stata ben più insidiosa della salita. Strada stretta e bagnata. Le squadre spalla a spalla per stare tutte davanti. E appena uno ha toccato i freni, è iniziato il disastro. Un altro, verrebbe da dire, provocato dalla scarsa propensione alla prudenza, anche quando in ballo c’è l’incolumità a tre settimane dal Tour.
Come ai Paesi Baschi, i corridori hanno atteso che la Giuria e la Direzione Corsa prendessero una decisioneCome ai Paesi Baschi, i corridori hanno atteso che la Giuria e la Direzione Corsa prendessero una decisione
Il cuore di Lefevere
Le immagini per qualche istante hanno raggelato il cuore. Evenepoel nuovamente per terra, questa volta con la maglia gialla a poche ore dalla crono dominata. Fermo nell’erba, la mano sulla spalla e una ferita sul ginocchio, come per fare il punto della situazione e scacciare i fantasmi.
«Posso immaginare che Remco si sia spaventato dopo una caduta del genere – dice Patrick Lefevere – quindi per questo si è toccato la spalla. Non dico che il mio cuore si sia fermato, non succede così spesso. Ma certo il divertimento è un’altra cosa. Però vorrei dire che questa volta non c’è nessuno da incolpare, certo non gli organizzatori del Delfinato. Era tutto anche ben segnalato, ma all’improvviso ha iniziato a piovere e il gruppo si è schiantato. E’ stata una reazione a catena».
Patrick Lefevere era in ammiraglia e ha seguito le fasi dopo la grande caduta del DelfinatoEvenepoel e il suo ginocchio malconcio, per fortuna pare sia un piccolo colpoPatrick Lefevere era in ammiraglia e ha seguito le fasi dopo la grande caduta del DelfinatoEvenepoel e il suo ginocchio malconcio, per fortuna pare sia un piccolo colpo
Remco nell’erba
Per fortuna il leader della corsa alla fine si è rialzato e approfittando della neutralizzazione della tappa, è andato a riprendere il suo posto. Poco prima si era anche sfilato la mantellina, perché mancavano 20 chilometri e la tappa sarebbe presto entrata nel vivo. L’attesa è stata un po’ ansiosa, soprattutto pensando al Tour. Poi Remco ha parlato con il medico della squadra, che era in ammiraglia, ha sorriso ed è ripartito.
«Mi ha salvato il casco – ha detto Evenepoel – e questo dimostra ancora una volta quanto sia importante indossarlo. Sapevamo che c’erano già state delle cadute durante la discesa precedente, quindi forse avremmo potuto viverla con un po’ più di tranquillità. Amo ancora il mio lavoro, ma il mio obiettivo è vincere gare e non finire per terra. Ho battuto sul lato destro. Ero seduto perché non riuscivo a muovere il ginocchio, ma quando ho visto che altri intorno erano messi peggio, mi sono rialzato.
Il gruppo viene scortato dal regolatore del Delfinato ad andatura blanda fino al traguardoVista la caduta, la tappa viene neutralizzata a 20 km circa dall’arrivoIl gruppo viene scortato dal regolatore del Delfinato ad andatura blanda fino al traguardoVista la caduta, la tappa viene neutralizzata a 20 km circa dall’arrivo
«Sono felice perché sono ancora vivo. L’anno scorso ero dieci secondi davanti a qualcuno che subito dietro è morto (il riferimento è al Tour de Suisse 2023 e alla morte di Gino Mader, ndr). Purtroppo le cadute fanno parte dello sport, ma a volte bisogna fare i conti anche con la morte. Questo mi aiuta ad accettare i momenti difficili e a tenere alto il morale».
Roglic si ritira?
Chi non ha troppa voglia di sorridere è Primoz Roglic, che quando c’è una caduta, ci finisce spesso dentro. Così era stato martedì e così anche questa volta. Va bene non avere paura, ma forse se lo sloveno cade così spesso, probabilmente un motivo deve esserci.
«Sono caduto sulla spalla – dice – quella che ho dovuto operare qualche anno fa, quindi non va bene. Non posso dire con certezza che continuerò, dovrò prima farmi controllare dal medico».
Wellens, colpo nell’area dello scafoide, ma piena funzionalità e nessuna fratturaVink, UAE Emirates. Per lui caduta sul gomito sinistro e sull’anca. Abrasioni, ma nessuna fratturaLa Visma-Lease a Bike ha perso in un solo colpo Kruijswijk e Van BaarleIl gruppo ha tagliato il traguardo di Saint Priest ad andatura controllataWellens, colpo nell’area dello scafoide, ma piena funzionalità e nessuna fratturaVink, UAE Emirates. Per lui caduta sul gomito sinistro e sull’anca. Abrasioni, ma nessuna fratturaLa Visma-Lease a Bike ha perso in un solo colpo Kruijswijk e Van BaarleIl gruppo ha tagliato il traguardo di Saint Priest ad andatura controllata
Difficile credere che, non avendo corso dai primi di aprile, Roglic valuti il ritiro dal Delfinato se non ci sono motivazioni più che valide. Arrivare al Tour senza questa corsa nelle gambe significa concedere a certi avversari un vantaggio sin troppo importante. Sono invece otto i corridori che hanno dovuto lasciare la corsa. Fra loro Dylan Van Baarle con una clavicola fratturata e Steven Kruijswijk con un trauma al bacino: entrambi elementi molto importanti per Vingegaard al Tour.
Non di sole gambe, ha detto l’altro giorno anche Paolo Slongo. La vita del corridore si fonda soprattutto sull’aspetto psicologico. E in base alla formazione ricevuta, l’atleta sarà in grado di gestirsi fra le sue aspirazioni e le richieste di chi lo paga. Gianpaolo Mondini è stato corridore fino al 2003, vincitore di una tappa nel Tour del 1999. E anche se dal 2010 tutti lo conoscono come uomo di Specialized, nel cassetto ha una laurea in psicologia presa in quello stesso anno. Finora gli americani gli hanno dato da mangiare, ma questa volta abbiamo chiesto al romagnolo di Faenza di rispolverare il suo titolo.
Intendiamoci, in gruppo operano diversi psicologi, alcuni molto bravi e più preparati di lui. Tuttavia parlando con Mondini alla partenza della Freccia Vallone, avevamo notato quanto l’aver corso e poi frequentato il gruppo in una veste differente gli abbia dato un punto di vista piuttosto completo. Perciò, con il discorso di Slongo nelle orecchie a proposito di giovani atleti e pressioni da sopportare, abbiamo deciso di metterlo alla prova.
«Quello che bisogna cercare di fare è non generalizzare – dice sicuro Mondini – perché il problema grosso è capire quanto il soggetto sia indipendente per riuscire a gestire certe dinamiche. Quello che secondo me viene a mancare e che invece bisognerebbe riuscire a fare, è una sorta di adattamento, di preparazione mentale già partendo dagli juniores. Adottare pratiche per imparare a gestire lo stress nei vari momenti: nella preparazione, nella corsa e nel dopocorsa. Qualcuno potrebbe dire che sono cose basilari, ma non vengono fatte».
Gianpaolo Mondini, classe 1972, è stato professionista dal 1996 al 2003. Dal 2010 lavora per SpecializedGianpaolo Mondini, classe 1972, è stato professionista dal 1996 al 2003. Dal 2010 lavora per Specialized
Un esempio?
La gestione della sconfitta e della vittoria. Sembra banale, ma alcune vittorie possono mettere in difficoltà più di alcune sconfitte. E’ più facile imparare quando perdi, perché comunque davanti al risultato non ottimale, hai una spinta a fare meglio. Prima ci sarà una fase di depressione o di accettazione. Poi però ti arriva la reazione che quasi sempre corrisponde a un allenarsi di più, a un incentivo per migliorarsi. Ma quando vinci, come fai a migliorarti? Quando arrivi al numero uno, cosa fai?
Già, cosa fai?
Chi vince corre il rischio di sedersi o comunque di dire a se stesso di aver ottenuto quello che voleva e sentirsi appagato. Mi riposo e mi guardo attorno. Questa è la fase più pericolosa. Pogacar ha stravinto il Giro d’Italia, ha dominato. E’ riuscito praticamente a vincere tutto quello che voleva, forse l’unica cosa che gli è scappata è stata la prima tappa. Ha fatto tutto quello che voleva e anche secondo i piani. Può succedere che alla prima difficoltà non prevista, potrebbe soffrire più di quanto si aspetti e questo può creare grossi problemi.
Il crollo dello scorso anno al Tour all’indomani della batosta nella crono potrebbe spiegarsi anche così? Non pensi però che siano fasi legate anche alla maturazione personale?
Certamente. Quello che secondo me intanto bisognerebbe riconoscere, parlando di atleti molto giovani, è che alcuni di loro sono ancora in fase preadolescenziale. E’ quella in cui viene sviluppata la capacità di risolvere i problemi in maniera autonoma e di imparare a risolvere i conflitti. Quando fai l’atleta professionista a questo livello, è una fase che viene accantonata, ma non vuol dire che sia risolta. Questi sono gli aspetti che creano la personalità. E questo capitolo andrebbe approfondito per capire come sono fatti questi campioni.
Tour 2023, il giorno dopo la crono di Combloux, Pogacar perde 5’45” da Vingegaard a Courchevel: anche per un crollo psicologico?Tour 2023, il giorno dopo la crono di Combloux, Pogacar perde 5’45” da Vingegaard a Courchevel: un crollo psicologico?
Che personalità hanno secondo te?
Devono avere il classico killer instinct. Quando vedono l’avversario in difficoltà, gli passano sopra: in quei momenti non hanno pietà. Magari altri sono fortissimi, ma al momento di affondare il colpo si livellano verso il basso e alla lunga finiscono col perdere. Ultimamente ci troviamo davanti ad atleti che si preparano al 100% dal punto di vista fisico in una bolla, che può essere anche l’allenamento in altura. Sono in una comfort zone senza collegamenti con l’esterno, senza relazioni. Sei addirittura tolto dal tuo ambiente familiare, dove ci potrebbero essere delle dinamiche di vita normale. Al contrario, sei in un ambiente gestito da altri. E se non sei in grado di rispettare le indicazioni del direttore sportivo, rischi il panico, la caduta, rischi di fare degli errori banali.
Slongo parla dell’importanza di avere acanto un corridore più esperto a fare da parafulmine.
Ha due facce. Da una parte ti aiuta, dall’altra restare nell’ombra del campione può non essere utile. Potresti non uscirne fuori, potrebbe affermarsi la personalità di gregario, più che di leader della squadra. Avere davanti uno come Basso o Pellizotti può aver aiutato Nibali, ma sicuramente l’ha aiutato anche il fatto di aver pianificato obiettivi alla sua portata. Quando devi costruire un atleta, gli insegni come preparare la gara in tutti dettagli: dalla vigilia a quello che c’è dopo l’arrivo. Definisci con la squadra obiettivi a breve, medio e lungo termine, che possono essere anche modificati leggermente durante la stagione, ma cui bisogna attenersi. Ogni volta che cambi gli obiettivi, rischi di perdere un po’ di incisività.
Aru dice che fare due Grandi Giri in un anno potrebbe averlo danneggiato.
E’ assolutamente fondamentale che gli obiettivi siano determinati con la squadra, ma devono essere condivisi anche a livello concettuale. Se la squadra ti dice che quest’anno punti al Giro e alla Vuelta, ma tu nella tua testa sai che sarà dura riuscire a fare il Giro, non avrai mai la determinazione che serve. Perché Pogacar fa solo ora il secondo Grande Giro? Forse perché è in grado e ha la forza per definire gli obiettivi con la squadra. Altri invece si affidano ai preparatori e ai tecnici e accettano qualsiasi cosa gli venga detto di fare, spesso senza averli introiettati. Però aggiungerei una cosa…
Giro 2021, prima difficoltà per Evenepoel sugli sterrati: gestire gli imprevisti per Mondini è una dote da educareGiro 2021, prima difficoltà per Evenepoel sugli sterrati: gestire gli imprevisti per Mondini è una dote da educare
Prego.
Quando vai a stipulare un contratto, se hai delle pretese dal punto di vista economico, è chiaro che la squadra si aspetta che tu rispetti certe consegne o certi accordi. Quindi a volte potrebbe essere meglio accettare di guadagnare qualcosa in meno, ma poter incidere sugli obiettivi. Pogacar finora si è gestito il calendario. Quando ha voluto fare il Fiandre, gliel’hanno fatto fare. Quando ha voluto fare le Ardenne, glielo hanno permesso, ma era un rischio enorme. Tanto che per una caduta alla Liegi, ha compromesso il Tour.
Avere accanto uno psicologo aiuta a non subire i piani fatti da altri?
Puoi arrivare alla partenza meno impreparato. Lo scheduling aiuta a calcolare quasi tutto quello che può succedere durante la gara. Quindi non è solo il team che ti dice la strategia, sta a te essere nella condizione di prevedere tutto quello che ti può capitare. Dall’alimentazione, alle condizioni del meteo, fino ai punti critici in gara. La sera prima di competizione dovresti fare questo. Chiederti: qual è il mio ruolo all’interno della gara? Molti atleti durante il Giro d’Italia, passate le prime 4-5 tappe, entrano in una sorta di trance non agonistica. Praticamente stanno in gruppo, ma non danno nessun contributo al team. Non sfruttano nessuna occasione di gara e tirano a finire il Giro. Questo secondo me è completamente inutile.
Lo psicologo gli impedirebbe di cadere in questi blackout?
Se hai iniziato il lavoro da prima, puoi provarci (Mondini su questo punto è perplesso, ndr). Purtroppo invece viene gestita con direttori sportivi che cercano di fare da motivatori, per tirare fuori il massimo. Lo psicologo invece cercherebbe di smuoverti internamente per trovare le tue risposte: le dinamiche perché tu riesca da solo a gestire questi aspetti. E’ una cosa che oggi manca. Siamo davanti a un sistema che funziona sempre più dall’esterno verso l’interno, cioè dal team verso l’atleta. Se non si costruiscono individui forti, avranno dei problemi alla fine della carriera anche nel gestire la quotidianità. Cosa che per certi versi succede anche ora.
Vuelta 2022, il ritiro di Aru. Non tutti i corridori dopo la carriera, dice Mondini, riescono a inserirsi facilmente nella quotidianitàVuelta 2022, il ritiro di Aru. Non tutti i corridori dopo la carriera, dice Mondini, si inseriscoo facilmente nella quotidianità
In che senso?
Ci sono ragazzi che non sanno gestire il quotidiano. Il giorno in cui devono fare il lungo, escludono tutto il resto, anche cose di breve durata. Non si rendono conto che la giornata è fatta di 24 ore e possono tranquillamente fare altre cose. Non hanno una programmazione, non sanno risolvere le questioni più semplici. Quella fase di preadolescenza resta latente, poi esplode e provoca l’altissima percentuale di divorzi, separazioni e problemi dal punto di vista relazionale. Una volta che vengono a mancare l’obiettivo e le regole che ti dà lo sport, rischi di trovare individui completamente disequilibrati che perdono le facoltà quotidiane delle persone normali. Devono reimparare da zero, esattamente come fanno i ragazzi in comunità di recupero.
Perché il supporto degli psicologi, soprattutto nelle categorie giovanili, viene spesso escluso?
Perché in qualche modo ti può anche rallentare la prestazione. Se si trova davanti un ragazzo che sta facendo fatica come individuo ad affrontare certe dinamiche, che è in preda all’ansia, lo psicoterapeuta ti dice che per il suo bene è meglio che cali un pochino con la bici. Che stacchi un attimo, si rilassi e faccia un percorso per poi ritornare al suo livello. Ma questo vorrebbe dire stare fuori dalle corse per qualche mese e spesso la squadra non se lo può permettere. Stessa cosa per l’atleta, che ha paura di rimanere fuori squadra. Dicono che lo psicologo è un guaio perché tira fuori il problema…
Invece?
Se il problema c’è, non individuarlo e affrontarlo può diventare un guaio anche superiore.
Attacco sulla Redoute e tanti saluti. Remco Evenepoel debutta alla Liegi con una vittoria dopo 30 chilometri da solo. Apprensione per Alaphilippe caduto
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
VENITE SU BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
La cronometro del Delfinato ha messo subito in chiaro una cosa: Remco Evenepoel è tornato ed anche bene. A Neulise, il campione del mondo, è stato autore di una prova di grande spessore. E non solo per la vittoria, ma anche per come e quando è venuta questa vittoria.
Il come: non ha dominato a mani basse sin dal primo metro, come gli capita la maggior parte delle volte, ma se l’è dovuta sudare anche sul filo dei nervi contro Joshua Tarling. Il quando: questo era il primo vero grande test dopo l’incidente dei Paesi Baschi.
Ora Remco è leder con 33″ su Roglic, 1’04” su Jorgenson e 1’11” su Gee, maglia gialla prima della cronoOra Remco è leder con 33″ su Roglic, 1’04” su Jorgenson e 1’11” su Gee, maglia gialla prima della crono
Parola a Velo
Con Marco Velo, tecnico delle cronometro della Federciclismo, abbiamo rivisto la gara contro il tempo del Delfinato. E lo abbiamo fatto anche in chiave olimpica, in chiave Filippo Ganna, tanto per non girarci intorno.
«Come ho visto Remco? Forte, molto forte. Che lo fosse non avevo dubbi, che dopo l’incidente fosse già a questo livello un po’ meno. Questa cosa non mi lascia tanto sereno! Ha battuto un ottimo Tarling. Che dire… si sapeva. Inutile girarci troppo attorno, i nomi per Parigi sono soprattutto questi tre: Remco, Tarling e Pippo. Sono loro che si andranno a giocare l’oro e le medaglie».
«Il percorso di oggi al Delfinato riprende abbastanza quello di Parigi. Forse era un po’ più duro nella seconda metà (nella parte più veloce Tarling è stato un filo più rapido di Remco, ndr). Questo ci dice che se la giocheranno sino all’ultimo. Ma credo anche che Pippo abbia la testa per arrivare al meglio a Parigi. Dieci giorni fa erano gli altri che lo guardavano al Giro, adesso li ha guardati lui e sicuramente avrà detto: ma quanto vanno forte!».
Per Velo resta importante il test del tricolore, soprattutto per analizzare poi wattaggi, efficienza e velocità in chiave olimpica. E anche le sensazioni…
E a proposito di sensazioni: se Remco ha continuato a dire che in posizione da crono la scapola gli faceva male, Velo ha esaltato la sua stabilità: «Mi è parso molto solido in generale e anche più composto del solito. Neanche sembrava che stesso spingendo poi così tanto. E si è confermato essere molto, molto aerodinamico», segno dunque che stava bene. «Speriamo stia già troppo bene!».
Non per smentire Velo, ma Remco stesso dopo l’arrivo ha detto di non essere ancora al top. «Ma – ha detto il belga – è andata meglio del previsto. E’ stata dura contro Tarling, specie quando ho saputo che al secondo intermedio ero ancora dietro. Ma questa vittoria è stata davvero un bel segnale».
L’adattamento di Roglic con i nuovi materiali sembra ottimaleL’adattamento di Roglic con i nuovi materiali sembra ottimale
Bravo Primoz
L’altra “notizia” di giornata, ma in chiave Tour de France stavolta è Primoz Roglic. Terzo a 39” da Remco, ma migliore tra i grandi della classifica generale. Non che Evenepoel non sia da annoverare tra i pretendenti alla maglia gialla, ma in tal senso dà meno garanzie di Vingegaard, Pogacar e Roglic stesso.
«In effetti – riprende Velo – Roglic ha fatto una buona crono. E’ pur sempre il campione olimpico di specialità, anche se va detto che quella di Tokyo era una crono particolare, molto dura con i suoi 650-700 metri di dislivello. Mi è piaciuta la sua gestione dello sforzo, si vede che ha esperienza e attitudine a questo tipo di prove. Di certo dopo questa crono prenderà confidenza, sotto tutti i punti di vista».
«Roglic si è portato dietro dalla Visma la cadenza. Era molto agile, sulle 100 o più rpm. Ha fatto tesoro di quelle conoscenze apprese nel vecchio team. Mi sembra si stia avvicinando al Roglic migliore e non è poco alla sua età (34 anni, ndr).
«Prima di tutto – ha ironizzato Roglic – sono rimasto sulla bici! Non sono caduto… Sono ancora in crescita, ma fare questi sforzi per me è importantissimo. In allenamento non riesco a spingermi a questo limiti. Crono bene dunque, ora vediamo le montagne».
Per Buitrago, il più scalatore di tutti, un discreto 14° posto. Il colombiano ha perso meno di 3,5″ a chilometro rispetto a RemcoLa perfezione di Jorgenson. Da quando è in Visma ha fatto un grande salto di qualità a crono. E’ uno dei motivi che lo ha spinto verso questo teamE qui, ecco Gaudu… quanto lavoro da fare per il francesePer Buitrago, il più scalatore di tutti, un discreto 14° posto. Il colombiano ha perso meno di 3,5″ a chilometro rispetto a RemcoLa perfezione di Jorgenson. Da quando è in Visma ha fatto un grande salto di qualità a crono. E’ uno dei motivi che lo ha spinto verso questo teamE qui, ecco Gaudu… quanto lavoro da fare per il francese
L’esempio di Buitrago
Grandi note non ci sono dal Delfinato. E’ emerso il grande limite di certi team per questa disciplina nonostante atleti con ottime gambe, si legga Groupama-Fdj che sommando le prestazioni di Gregoire e Gaudu hanno incassato oltre 6′.
Ancora una volta è emersa la perfezione, sottolineata anche da Velo, della posizione e dei materiali della Visma-Lease a Bike, con un super Matteo Jorgenson. Una posizione del tutto moderna. Schiena piatta, “cascone” aerodinamico e praticamente chiusura totale tra mani e casco. Il tutto con un elevatissima agilità.
E poi c’è Santiago Buitrago. Il colombiano ha incassato 2′ tondi tondi da Remco, ma è senza dubbio il più scalatore. Si è visto che ha lavorato su questa disciplina. «Ed è importante farlo anche se non sei uno specialista», ha sottolineato Velo (ripensiamo per esempio ai due leader della Groupama-Fdj).
«Santiago quando sta bene è capace di fare belle prestazioni anche a corno e questo mi fa piacere. Penso ai nostri ragazzi e penso alle crono lunghe che sono state inserite in queste gare tra Giro, Delfinato… che sia la volta buona? Che si capisca una volta per tutte che questa disciplina è importantissima se vuoi fare bene anche nelle corse a tappe? E lo devono capire le società dei giovani… non i pro’.
«Domenica scorsa ero ad assistere alla crono organizzata dal Pedale Romanengo. C’erano tantissimi ragazzini, allievi e juniores, e anche under 23. Mi ha fatto molto, molto piacere vedere quel fermento e la voglia di migliorarsi anche se non si è degli specialisti come Buitrago».
Nel 2021 la sua scelta fece discutere. Alaphilippe allora indossava la maglia iridata conquistata a Imola e alla fine del Tour preferì non andare a Tokyo. Non tanto perché fosse impossibile abbinare le due corse (tanto che tutto il podio olimpico veniva diretto dalla Francia), quanto per trascorrere del tempo a casa con la compagna Marion e il figlio Nino nato il 14 giugno. Il gruppo si chiese se fosse una scelta indovinata, ma il francese tirò dritto rinunciando a un percorso su misura in una stagione che gli aveva dato la Freccia Vallone e la prima maglia gialla del Tour.
Quest’anno che è tornato abbastanza vicino ai suoi livelli migliori, con il Giro d’Italia che ha fatto impennare le sue azioni, Alaphilippe ha fatto l’esatto contrario. Niente Tour, dove avrebbe dovuto tirare la carretta per Evenepoel, e la scelta di puntare tutto sulle Olimpiadi. Che questa volta si corrono per giunta in Francia. E se Remco a inizio stagione aveva detto che della presenza di Julian non si faceva una malattia, adesso che l’ha visto nuovamente splendente, ha fatto sapere che lo riterrebbe un ottimo aiuto. Già, resta da vedere se lo stesso pensa Alaphilippe.
La firma sul Giro: ripartire dall’Italia ha cambiato forse la carriera di AlaphilippeLa firma sul Giro: ripartire dall’Italia ha cambiato forse la carriera di Alaphilippe
Nella lunga lista del Tour
Dopo il debutto italiano, è un fatto che il focus della sua stagione sia ormai spostato su ciò che accadrà da metà stagione in avanti, con le Olimpiadi, il mondiale di Zurigo e il Lombardia. Tuttavia durante il Giro e vista la vittoria di Fano, è parso che il suo programma stesse per cambiare, dato che la Soudal-Quick Step aveva inizialmente inserito il suo nome nella lunga lista del Tour. Andando ben oltre una semplice citazioni, scrive L’Equipe che in un paio di riunioni si era iniziato a dirgli che cosa ci si aspettasse da lui. Come se le critiche feroci indirizzate verso di lui da Lefevere fossero di colpo dimenticate, come se le prestazioni del Giro avessero lavato via ogni forma di acredine. E d’altra parte per uno dei francesi più rappresentativi degli ultimi anni andare al Tour avrebbe rappresentato certamente una riconciliazione con il suo pubblico.
La vittoria di Fano ha restituito ai tifosi un Alaphilippe finalmente cattivoLa vittoria di Fano ha restituito ai tifosi un Alaphilippe finalmente cattivo
La posizione di Voeckler
A quel punto tuttavia nella testa di Julian si è formata una nuova opinione: avrà modo di correre davanti ai francesi, ma indossando la maglia che Voeckler potrebbe assegnargli. Il tecnico della nazionale finora non si è sbilanciato, ma in un’intervista ha lasciato capire che il Tour dopo il Giro non sarebbe il percorso di avvicinamento più congeniale.
«Non si possono considerare le Olimpiadi come un obiettivo – ha detto a L’Equipe – dopo un Giro così massacrante corso quasi ogni giorno all’attacco e aggiungendo poi il Tour de France al servizio di un leader che correrà per la classifica la generale, con il dispendio fisico e l’usura mentale che ne deriva. Possiamo ragionare di andare ai Giochi solo se li consideriamo un obiettivo a sé stante. Oppure facendo il Tour gestendo i suoi sforzi, cosa che non sarebbe possibile se lavorasse per Evenepoel».
La fuga con Maestri e le gag dei giorni successivi sono state fra i momenti più godibili del GiroLa fuga con Maestri e le gag dei giorni successivi sono state fra i momenti più godibili del Giro
Mercato ancora aperto
Pertanto, quando lo ha chiamato per conoscerne le intenzioni, Lefevere si è reso conto che la decisione fosse già stata presa. E anche se Julian gli ha fatto presente che, essendo i suoi datori di lavoro, avrebbe rispettato qualsiasi scelta, neppure Patrick se l’è sentita di forzargli la mano. Se esiste una possibilità residua che Julian resti nella squadra belga, costringerlo a rivedere i suoi piani sarebbe stato probabilmente la spinta definitiva.
«Il dossier di Julian è ancora sul tavolo – ha detto il manager belga – il suo procuratore Dries Smets ha chiesto ancora una volta di parlarmi. Non ho idea se lo faccia per cortesia o per un vero interesse a restare. Il Giro ovviamente ha cambiato la situazione del mercato. Spero soprattutto di poter sedermi di nuovo con lui, faccia a faccia, senza intermediari e senza un accordo già scritto da proporgli. Solo una buona conversazione per chiarire le cose a livello personale e professionale.
«Julian è nella nostra squadra da quando aveva diciassette anni. Non dirò che è come un figlio, ma non fa molta differenza. Quello che è successo è successo. Ho detto quello che ho detto. Ma voglio assicurarmi che niente di tutto ciò rimanga. Se ci separeremo dopo questa stagione, mi piacerebbe che possiamo continuare a incontrarci e preferibilmente a guardarci negli occhi».
Nel 2021, saltate le Olimpiadi, Alaphilippe vinse il secondo mondiale. Anche Zurigo 2024 è nelle sue cordeNel 2021, saltate le Olimpiadi, Alaphilippe vinse il secondo mondiale. Anche Zurigo 2024 è nelle sue corde
La scelta di Alaphilippe non è ancora ufficiale, dato che la formazione della Soudal-Quick Step per il Tour sarà annunciata dopo il Tour de Suisse. Ma se le cose rimarranno come sembrano, Voeckler potrà riavere a disposizione il campione che avrebbe tanto desiderato a Tokyo, che adesso ha tre anni di più. Se gliene avessero parlato due mesi fa, magari avrebbe fatto anche spallucce, ma davanti a questo Alaphilippe, ora pochi hanno il coraggio di non guardare.
Jonas Vingegaard ha vinto il Tour de France. Chi è il danese della maglia gialla? Ecco un breve salto nella sua storia, in attesa di approfondirla con lui...
Evenepoel al Delfinato si muove accorto e cauto, come uno che effettivamente ha solo bisogno di ascoltare le risposte del corpo. La tappa di ieri con oltre 2.500 metri di dislivello lo ha visto sfilarsi dalle primissime posizioni quando si è trattato di impostare la volata, ma non certo perdere terreno. Dopo l’arrivo nella nebbia, il campione belga ha confidato di non essersela sentita di rischiare, per le tante cose ancora da fare in questa unica settimana di corsa prima del Tour. E a ben vedere la tappa di ieri si è conclusa con una volata di gruppo in salita, con la guerra per prendere posizioni a rendere tutto poco rassicurante. In più il gruppo belga che accompagna Remco in questa rincorsa è fresco reduce da un periodo in altura, con la prevedibile fatica nei primi giorni di gara.
«E’ stata una giornata piuttosto dura – ha commentato Evenepoel – molto veloce per il vento sempre a favore. Però non mi hanno staccato e questo è importante, sono arrivato con il gruppo senza problemi. In realtà non è stata una vera tappa di montagna, non ho ancora avuto grandi risposte. Per quelle bisognerà aspettare il fine settimana».
La rieducazione di Evenepoel si è svolta al LAB Antwerp. Sulla maglia il tempo con cui ha vinto il mondiale crono 2023 (immagine Instagram)La rieducazione di Evenepoel si è svolta al LAB Antwerp. Sulla maglia il tempo con cui ha vinto il mondiale crono 2023 (immagine Instagram)
Parlano le cicatrici
A 24 anni sembra di avere davanti un veterano. E se è vero che in guerra è il numero delle cicatrici a fare la differenza, probabilmente i pochi anni di Remco hanno avuto un’intensità media superiore alla norma. Per cui questa volta è stata l’esperienza a scandire i tempi del suo ritorno: non come quando cadde al Lombardia e si intestardirono a ributtarlo in mischia al Giro d’Italia.
«Quella volta – ha raccontato al belga Het Nieuwsblad – forse ho avuto troppa fretta di ritornare. Ora invece non ho saltato alcun passaggio e penso sia stata la decisione giusta. Ho ricominciato a pedalare il 25 aprile ed è stato davvero il primo giorno in cui mi sono sentito pronto. Ho imparato la lezione. In definitiva, l’obiettivo principale della stagione è il Tour: mancano sette settimane e c’è ancora molta strada da fare. Per questo non abbiamo forzato i tempi e siamo sempre stati attenti a non spingere troppo. Forse non è stato l’approccio migliore per il Delfinato, ma spero che lo sia per il Tour.
«Una clavicola rotta e una frattura alla scapola non saranno le fratture più grandi – ha aggiunto – ma devo dire che l’incidente ha avuto un grande impatto sul mio corpo. La spalla, ma anche i muscoli intorno erano piuttosto danneggiati. Avevo bisogno di tempo per riprendermi dall’operazione e dall’anestesia. E nonostante ciò, a volte le ferite danno ancora fastidio. Sulla bici da cronometro continuo ad avere strane sensazioni dalla scapola, una pressione diversa sulla spalla. Non sto correndo rischi, altrimenti non sarei qui. Ma la condizione è una storia diversa».
Nel 2024 due sole crono: una vinta in Algarve e una ai Baschi (foto) chiusa al 4° postoNel 2024 due sole crono: una vinta in Algarve e una ai Baschi (foto) chiusa al 4° posto
I rulli e la crono
Proprio la crono di domani sarà un primo test in questa corsa che proporrà le montagne nel weekend conclusivo. Da Saint Germain Laval a Neulise ci sono 34,4 chilometri vallonati, con la tendenza a salire. Comunque una crono veloce in cui il miglior Remco scaverebbe il solco fra sé e gli avversari. Di fatto però, al lungo periodo senza corse si aggiunge che quest’anno il belga ha corso due sole crono: l’ultima ai Paesi Baschi, quattro giorni prima della caduta.
«Domani sarà una prova importante – spiega – per vedere se riesco a sopportare a lungo quella pressione sulla spalla. Sono curioso di sapere come reagirà quando tenderò i muscoli per guidare nel modo più aerodinamico possibile. E’ il passo successivo nella crescita verso il Tour. La sensibilità delle gambe e della spalla è più importante del risultato. Nell’ultimo mese non ho potuto allenarmi spesso su quella bici».
Anche per questo, dopo l’arrivo di ieri, Remco ha pedalata sui rulli usando la bicicletta bianca da cronometro con le strisce iridate. Se è vero che questo esercizio al Giro è servito a Pogacar e Tiberi per sentirsi a proprio agio sulla bici speciale, a maggior ragione il campione del mondo deve ritrovare il giusto feeling dopo il lungo periodo di stop.
Assieme a Landa, Van Wilder e Moscon, Evenepoel rientra alle corse dopo uno stage in alturaAssieme a Landa, Van Wilder e Moscon, Evenepoel rientra alle corse dopo uno stage in altura
Pogacar fa paura
E così la rincorsa continua, seguendo un filo di razionalità e senza forse scoprire le carte più di quanto sia davvero necessario. Non deve essere facile stare buono al proprio posto, ma come si diceva il nuovo Remco è uscito dalla fase “bulletto” ed è entrato nella più interessante dimensione del campione. La consapevolezza di avere davanti il Pogacar stellare del Giro suggerisce cautela.
«Sarà soddisfatto di questa corsa – dice – se esco meglio di come sono entrato. Ho sofferto molto durante il ritiro in altura, non ho trovato un buon livello, ma devo essere paziente. Spero di migliorare, ma non inseguirò la vittoria come ho fatto alla Parigi-Nizza. Se fosse stato necessario allungare il blocco degli allenamenti sarei andato al Giro di Svizzera. Il fatto che sia qui vuol dire che la preparazione sta andando bene. D’altra parte quelli che vanno troppo forte a giugno, al Tour fanno fatica. Anche perché le ultime cinque tappe saranno durissime e decisive. Pogacar potrebbe dominare dal primo all’ultimo giornocome al Giro, ma non serve guardare gli altri. Adesso è importante lavorare e crescere. Se dovessimo uscire dal Delfinato con la scoperta di dover ancora lavorare molto, sarebbe troppo tardi. Ma se riesco a capire che siamo sulla strada giusta, allora questo sarà un buon segnale».
Come è stato che Mathieu Van der Poel sia diventato campione del mondo sta tutto nel suo ragionamento e nelle sue gambe. Van Aert e Pogacar si inchinano
NOVARA – Dopo l’assaggio di Torino, ieri a Oropa è iniziato definitivamente il Giro d’Italia numero 107 e già qualcuno ha da ridire. Si è già letto di Giro noioso, il più noioso della storia e come farete a raccontarlo? Letture che di prima mattina, mentre già pregusti la volata di Fossano e hai gli occhi pieni di Pogacar sulla salita del Panta, fanno andare il caffè di traverso e anche scemare la voglia di fare questo mestiere, cercando spunti diversi dall’ovvio. Però una riflessione si impone e la condividiamo volentieri.
Chiunque sia in grado di arrivare sul podio del Tour – figurarsi chi è in grado di vincerlo – al Giro viene per giocare. Al contrario e restando negli ultimi 30 anni – quelli di cui chi scrive ha memoria diretta – si contano sulle dita di una mano i protagonisti del Giro che lo siano stati anche al Tour con piazzamenti nei primi cinque. Bugno. Chiappucci. Pantani. Basso. Nibali. Gli altri vincitori della maglia rosa, dal 1990 in avanti, in Francia non hanno mai ottenuto classifiche all’altezza delle attese. Da Chioccioli a Simoni, passando per Cunego, Savoldelli, Garzelli e Di Luca. Solo Gotti tirò fuori dal cilindro il quinto posto nel 1995, due anni prima di conquistare la maglia rosa. E anche Basso, che ha vinto due Giri, vi arrivò dopo aver lottato al Tour e il gap rispetto ai rivali italiani fu subito evidente.
La sensazione è che ieri a Oropa, fatto salvo lo scatto, Pogacar abbia controllato, per risparmiarsi e non infierireLa sensazione è che ieri a Oropa, fatto salvo lo scatto, Pogacar abbia controllato, per risparmiarsi e non infierire
Per amore o per denaro
Lo scorso anno il Giro fu entusiasmante perché a scontrarsi furono Roglic e Thomas. Il primo che una maglia gialla l’aveva praticamente vinta e ha comunque nel palmares tre Vuelta España e l’altro che il Tour lo ha vinto davvero. Fra loro e il resto del gruppo, fatta salva la resistenza di Almeida, c’era il baratro.
Tadej Pogacar ha vinto per due volte il Tour e altre due volte è stato secondo: chi pensate che possa infastidirlo, al di là della cattiva sorte o di tattiche che lo mettano in crisi? La sensazione, vedendolo voltarsi di continuo è che neanche abbia voluto infierire sugli inseguitori. Come ha raccontato, è scattato con violenza per piegarli e poi ha proseguito col suo passo. Per non spendere troppo in vista di ciò che lo attende e magari per non umiliare la concorrenza.
E’ stato previsto un pagamento da parte di RCS per la sua presenza? La domanda fu posta a Matxin quando a dicembre annunciò che Tadej avrebbe corso il Giro. Lo spagnolo, astuto e saggio, disse di non occuparsi di questi aspetti. Gianetti preferì sorridere e non rispondere. Chiaramente quando Pogacar annunciò che sarebbe venuto al Giro, Vingegaard non era ancora caduto. E volendo fare l’avvocato del diavolo, dopo due anni di batoste, in casa UAE qualcuno potrebbe aver pensato che davanti al rischio del terzo smacco, sarebbe stato meglio vincere la Liegi ed il Giro e arrivare in Francia con il cuore più leggero.
Lo scorso anno Evenepoel vestì la maglia rosa per quattro tappe, prima di ritirarsi per il CovidLo scorso anno Evenepoel vestì la maglia rosa per quattro tappe, prima di ritirarsi per il Covid
Remco vs Pogacar
E’ di questi giorni, esattamente di venerdì 3 maggio, un articolo di Patrick Lefevere su Het Nieuwsblad. Il quotidiano belga gli riserva una rubrica e il manager della Soudal-Quick Step se ne serve spesso per sparigliare le carte. A volte è così diretto, che ieri Alessandro Tegner, responsabile di marketing e comuncazione del team belga, ha preferito non commentare l’ultima uscita.
«Per Remco il Giro è un affare in sospeso – ha scritto – dopo che lo scorso anno dovette rinunciare a causa del Covid. Come sappiamo, l’organizzazione allora – giustamente – ci ha incolpato per non averli informati personalmente che Remco non poteva continuare. E’ stato molto emotivo e molto italiano. Secondo l’amministratore delegato di RCS Mauro Vegni la maglia rosa era partita come un ladro nella notte.
«Fino a qualche mese fa – prosegue Lefevere – c’era ancora un contenzioso finanziario con RCS a riguardo. Poiché Remco non ha terminato il Giro, non hanno voluto pagare la quota di partenza concordata. Non voglio essere troppo cinico su questo, ma nessuno può sostenere che Remco non abbia svolto il suo ruolo di testimonial del Giro, con video promozionali e interviste prima e durante».
Lefevere va avanti a spiegare che non si parla di importi enormi, ma comunque ben accetti e utili. «Per dare un ordine di grandezza – spiega – il denaro per avere Remco al Giro e in altre corse RCS ci avrebbe garantito il budget per un corridore in più. Durante lo scorso inverno, quando la doppietta Giro-Tour era ancora sul tavolo, RCS ha proposto una sorta di accordo amichevole. Se Remco avesse corso di nuovo il Giro, avrebbero corrisposto l’importo dovuto, oltre alla quota di partenza per il 2024».
L’accordo sarebbe sfumato quando l’allenatore Koen Pelgrim ha posto il veto, dato che il doppio impegno non sarebbe stato sostenibile per Evenepoel, che dopo il Tour ha nel programma le Olimpiadi e poi i mondiali.
A questo punto potrebbe essere chiara la probabile strategia di RCS Sport, che con Remco e Pogacar (anche se Tadej potrebbe essere qui per semplice interesse sportivo) avrebbe avuto nuovamente garantito un duello di prima categoria. Non tutte le ciambelle però riescono col buco.
Al Giro del 1993, Indurain vinse su Ugrumov (che lo staccò proprio a Oropa) e ChiappucciAl Giro del 1993, Indurain vinse su Ugrumov (che lo staccò proprio a Oropa) e Chiappucci
Per battere Tadej
Si è sempre sentito dire che a suo tempo anche Indurain e la Banesto abbiano percepito una gratifica per venire al Giro. Nel 1992 e 1993, Miguel lo vinse e poi fece doppietta col Tour, sfidando Bugno e Chiappucci, ben più forti degli attuali corridori italiani. Nel 1994 fu terzo e poi vinse nuovamente la maglia gialla, avendo però trovato sulla sua strada Berzin e un certo Pantani.
Nessuno quando c’era Indurain ha mai parlato di Giro noioso, forse semplicemente perché non c’erano ancora i social e perché le sfide c’erano eccome. La gente seguiva la corsa in televisione e sulla strada, ma siamo pronti a scommettere che anche le migliaia di tifosi assiepati ieri sulle rampe di Oropa siano tornate a casa col sorriso e non certo deluse. Perché il ciclismo è fatto così: uno vince, tutti gli altri perdono. E non può essere la bandiera del vincitore a rendere la sfida noiosa oppure esaltante. Indurain era il più forte eppure si ricordano azioni di disturbo emozionanti che lo costrinsero a rimboccarsi le maniche e sputare dallo sforzo.
Siamo certi che Pogacar sia imbattibile? E siamo certi che il solo modo per sfidarlo sia il testa e testa e non provare a far fuori la sua squadra? Cari direttori sportivi, siete capaci di inventare qualcosa in questa direzione?
Ripartiamo da Novara con questa domanda e la promessa che continueremo a fare la nostra parte. Lasciando a certi commenti il minimo spazio che meritano, cercando spunti e sprazzi di talento italiano e godendoci il Giro. Che è splendido per la sua gente, i corridori che meritano sempre rispetto, le strade e i panorami. Chi lo ritiene noioso forse farebbe meglio a cercare nella poesia di una curva di calcio quello di cui ha effettivo bisogno.
LIEGI (BELGIO) – Evenepoel, il grande assente: cosa fa Remco? Sono due anni che il mondo del ciclismo aspetta il duello con Pogacar alla Doyenne, ma per altrettanti infortuni ancora non è stato possibile. Prima l’uno, poi l’altro. Due è anche il numero degli anni che li divide: classe 1998 lo sloveno, 2000 il belga. E mentre sta per scattare la Liegi numero 110, con la minaccia di neve sulle Ardenne e Pogacar favorito in mezzo a un branco di predatori di tutto rispetto, il belga della Soudal-Quick Step ha partecipato al podcast della sua squadra: The Wolfpack Howl.
Per Evenepoel dopo la caduta ai Baschi, la fratture di una scapola e una clavicola (foto Soudal-Quick Step)Per Evenepoel dopo la caduta ai Baschi, la fratture di una scapola e una clavicola (foto Soudal-Quick Step)
L’analisi della caduta
Evenepoel è stato il primo a cadere nella quarta tappa al Giro dei Paesi Baschi. A forza di scorrere il video del più catastrofico capitombolo degli ultimi tempi, da cui sono usciti tutti fortunatamente vivi, si sospetta che sia stato proprio il belga ad aver innescato la maxi caduta. Lui è andato dritto, sbagliando la curva. Tesfatsion, subito dietro, ha preso paura ed è caduto a sua volta.
«Se guardate attentamente il movimento della mia bici – ha detto – potete vedere chiaramente che ho preso la traiettoria sbagliata. Sono finito nella parte più sconnessa della curva e ho perso il controllo. Non ho più avuto aderenza e ho frenato per paura di uscire di curva. Poi sono andato tutto a sinistra e ho saltato quel canale nella scarpata. E’ successo tutto molto velocemente. Un attimo dopo ero già in piedi e mi tenevo la spalla. Nelle immagini al rallentatore sembra facile mantenere il controllo, ma dal mio punto di vista non era proprio così. Era anche una discesa pericolosa, perché ogni tanto guardavo la velocità sul computer della mia bici e segnava dagli 80 agli 81 chilometri orari».
Remco si è raccontato nel podcast della sua squadraRemco si è raccontato nel podcast della sua squadra
Ripresa sui rulli
La caduta gli ha provocato la frattura della clavicola e della scapola e per questo escluso dalle sfide delle Ardenne e da questa benedetta Liegi che anche lui aspettava da un anno, avendo vinto le due edizioni precedenti. Avendo davanti l’obiettivo Tour e poi le Olimpiadi, a un certo punto le corse più immediate sono passate in secondo piano.
«Il mio corpo si sta gradualmente riprendendo – ha detto venerdì durante il podcast – e ogni giorno ho meno dolore. Ho sofferto molto, soprattutto i primi giorni dopo la caduta. Dall’inizio della settimana invece, ho potuto dormire di nuovo tranquillamente e senza dolori. Ho cominciato anche a fare alcuni esercizi di fisioterapia, in modo che i miei muscoli non smettano di lavorare. Non è ancora possibile uscire in bici, anche a causa del maltempo, ma da lunedì posso allenarmi di nuovo sui rulli».
Remco è tornato sul luogo della caduta al Lombardia 2020 per realizzare un video (immagine Instagram)Remco è tornato sul luogo della caduta al Lombardia 2020 per realizzare un video (immagine Instagram)
Pausa di metà stagione
Evenepoel ha poi raccontato di aver parlato brevemente con Roglic nell’ospedale di Vitoria, dato che erano vicini, e di aver mandato invece un messaggio a Vingegaard. Avendo già sperimentato una caduta ben più drammatica al Giro di Lombardia del 2020, il belga ha scherzato sull’aver sottovalutato la frattura della clavicola. Per cui si sta godendo la vita in famiglia e ne ha approfittato per fare da testimonial al progetto Tous a Bord (foto di apertura). L’associazione opera nello sport paralimpico e sta per festeggiare i 20 anni di attività con una Bruxelles-Parigi di 400 chilometri per atleti disabili.
«Prima di romperla – ha detto – ero sempre stato un po’ troppo ottimista riguardo ad una clavicola rotta, ma ora non più. Non è proprio l’infortunio più semplice per un ciclista e spero che i miei colleghi non debbano sperimentare la stessa cosa. Non è il mio primo infortunio grave e proprio quella prima esperienza mi ha insegnato a non andare troppo veloce nel recupero. So di dover affrontare con calma la fase della rieducazione, per cui sono abbastanza rilassato e cerco di godermi questa pausa di metà stagione. Mercoledì scorso ho festeggiato la fine del Ramadan con Oumi e ho anche guardato tanto calcio. Ho dormito molto, ho giocato a minigolf e guardato il ciclismo in televisione. Non sono il tipo che non guarda le corse se non può prendervi parte».
Così lo scorso anno Remco conquistava la seconda Liegi consecutivaCosì lo scorso anno Remco conquistava la seconda Liegi consecutiva
Quando gli è stato chiesto quali corse siano state più dolorose da guardare, Remco ha puntato subito il dito verso l’AmstelGold Race, che avrebbe corso con qualche ambizione. «Certamente non la Freccia Vallone – ha sorriso – visto quello che è successo». Chissà cosa proverà fra qualche ora guardando i suoi rivali sfidarsi sulle sue strade…
Mathieu Van der Poel sperimenta un'altra Liegi e finisce per salire sul podio. Eppure il suo realismo è esemplare: con un Pogacar così non avrò mai chance
Il Giro dei Paesi Baschi si è aperto con una cronometro. Ha vinto Primoz Roglic e Remco Evenepoel è arrivato quarto, ma cadendo. Questo può succedere quando non si conoscono i percorsi troppo bene e si vuol osare. Ed è proprio per poter osare, che qualche tempo fa lui e Mattia Cattaneo sono andati in ricognizione della crono finale del prossimo Tour de France.
La crono in questione è la Monaco-Nizza: 34 chilometri, 728 metri di dislivello e il Col d’Eze. Una crono che potrebbe decidere la Grade Boucle. Una tappa così va assolutamente testata. L’italiano della Soudal-Quick Step ci spiega come è andata e che tipo di crono sarà.
Remco Evenepoel e Mattia Cattaneo durante la ricognizione a Nizza (foto Instagram)Mattia Cattaneo (foto Instagram)…E Remco Evenepoel durante la ricognizione a Nizza (foto Instagram)
Mattia, appunto, che crono sarà?
Una crono molto dura. Una crono nella quale i primi cinque, immagino saranno gli stessi della classifica generale, quindi quelli con più gambe.
Descrivici un po’ questi 34 chilometri…
L’avvio è abbastanza semplice poi ecco la salita di Le Turbie: 8 chilometri. Si scende un po’ e si fa il Col d’Eze dalla parte opposta che siamo abituati a fare durante la Parigi-Nizza. Si tratta di un chilometro e mezzo al 15 per cento. E lì sembra più una cronoscalata che una crono. Poi discesa, abbastanza veloce e finale tutto da spingere.
Hai parlato di discese: conteranno?
La prima parte del Col d’Eze sì, ma la seconda è velocissima. A parte due curvoni ampi non è così difficile che puoi creare una differenza. Al massimo credo che nella seconda parte si possano perdere o guadagnare 2”-3”. E’ la salita che inciderà molto di più. Credo che la classifica si farà sul Col d’Eze, da lì alla fine cambierà molto poco.
Il profilo della cronometro finale del prossimo Tour de France, misura 34 kmIl profilo della cronometro finale del prossimo Tour de France, misura 34 km
Quindi è una frazione contro il tempo da fare con la bici da crono?
Io tutte le crono le farei con la bici da crono, ma certo è che in questo caso l’aspetto del peso conta. E anche tanto. In totale di sono 12 chilometri di salita. Però resto fedele alla bici da crono. Le velocità non saranno basse e l’aerodinamica gioca un ruolo importante.
E allora ipotizziamo il setup che sceglierebbe Mattia Cattaneo…
Allora, bici da crono come detto, via la ruota lenticolare posteriore: monterei due ruote con profilo da 80 millimetri. Poi molto dipenderà dal vento, ma in questo modo risparmierei un po’ di peso. Noi avremmo anche il set da 64 millimetri, che hanno un rapporto tra peso e aerodinamica migliore. Lì si andrebbero a risparmiare anche 300 grammi rispetto ad una lenticolare.
E che rapporti useresti?
A vederla così e dopo averci fatto questa pedalata, direi una doppia corona 62-44 con l’11-30 dietro, però lo dico adesso. Bisogna vedere in quel momento come saranno le gambe dopo tre settimane di gara. Insomma non è una crono secca, ma inserita al termine di un grande Giro e come detto è pure dura. In salita bisognerà spingere forte. Le differenze di velocità potrebbero essere elevate, specie dove è più pedalabile.
Ruota lenticolare sì o no? Questo è il dubbio di CattaneoRuota lenticolare sì o no? Questo è il dubbio di Cattaneo
Se c’è da spingere così tanto, come mai non pensi ad un 11-34 così da lavorare meglio con la corona da 62 in salita?
Ammesso che comunque si potrebbe optare per ogni combinazione, di base non sono un super amante della cassetta 11-34, ci sono salti troppo elevati. Io poi uso molto i rapporti centrali, proprio per avere sbalzi minori tra un dente e l’altro. Ormai in generale se le salite non sono troppo dure non uso neanche la corona da 40 ma resto sul 54. E infatti in quei salti dei pignoni più alti mi farebbe comodo un 25 (mentre le cassette Shimano fanno 24-27, ndr).
Mattia, quanto potrebbe durare questa crono?
Per me sui 40-45′, ma onestamente è una stima grossolana. Non so quanto realmente si andrà forte sulla salita . Quando siamo andati io e Remco venivamo dalla Parigi-Nizza e la gamba era un po’ stanca, quindi non l’abbiamo fatta forte.
E la pioggia potrebbe incidere?
Semmai più il vento. Come ho detto la discesa è veloce e le strade sono larghe: una eventuale pioggia non dovrebbe incidere così tanto.
«La cosa brutta è che adesso uno non potrà usare il casco con cui ha fatto tutti i test e con cui ha vinto il mondiale, gli altri invece non cambieranno niente. E visto che si giocheranno il Tour, poi forse le Olimpiadi e il mondiale, non lo trovo tanto giusto. Anzi, direi che mi fa proprio… arrabbiare».
Quando sei stato cronoman e poi sei diventato ambassador di varie aziende, ti viene facile capire che cosa significhi vedersi negare da un momento all’altro l’utilizzo di un componente per il quale avevi studiato e su cui avevi investito. Così quando Adriano Malori affronta il tema dei caschi da crono prima autorizzati e poi negati, ha un moto di stizza facilmente comprensibile. Lui che sulla crono ha costruito la sua notorietà è passato attraverso la fase dei caschi… fasulli, costruiti solo per aerodinamica. Poi però ha visto arrivare quelli sicuri e anche veloci. L’ultimo step, con il divieto del sotto casco Specialized e la messa in discussione di quelli della EF, del Bahrain e della Visma, non gli va davvero giù.
Cominciamo dal casco di Specialized, che è stato vietato. Ti piaceva?
Non è tanto un fatto di gusto, anche se credo che la decisione dopo la crono della Tirreno sia stata dettata solo dai commenti di certi tifosi che giudicano l’aspetto e non la sostanza. In questi ambiti dovrebbe essere un fatto di utilità e loro sono certi che serva. Hanno fatto i loro test, anche se come ogni cosa in questo ambito, è tutto legato alla posizione dell’atleta. Per Remco (Evenepoel, nella foto di apertura, ndr) di certo funziona. Lui ha la capacità di tenere la posizione aerodinamica e quindi, dato che tiene la testa come deve e l’aria scivola dalla zona del mento al collo, il sistema funziona. Se invece prendiamo Vlasov, che tiene la testa alta per guardare avanti, allora l’utilità di quella strana cuffia viene meno. Come facessero poi a usarlo con 40 gradi, sono fatti loro…
Questo il casco Giro della Visma-Lease a Bike sotto osservazione: il problema è solo la sua estetica?Questo il casco Giro della Visma-Lease a Bike sotto osservazione: il problema è solo la sua estetica?
Singolare che prima lo abbiano approvato e poi vietato.
Come dicevo, sembra quasi che gli ultimi visti alla Tirreno li abbiano messi in discussione perché la gente ha fatto dei commenti strani. Perché loro, l’UCI, di fatto li aveva autorizzati in anticipo, per il fatto di dover correre con gli stessi materiali che è possibile trovare in commercio. La cosa buffa è che alla partenza di ogni cronometro ci sono dei giudici UCI. Se loro hanno detto che Vingegaard poteva correre con quel casco e che la Bahrain poteva usarlo, non capisco perché l’UCI adesso dica di voler riaprire il fascicolo.
Il casco deve essere esclusivamente un dispositivo di sicurezza, giusto?
Il regolamento dice questo, ma non credo che le aziende mettano fuori dei caschi che non proteggono l’atleta. Assolutamente no. Figurarsi a livello commerciale, toccando ferro, cosa accadrebbe se Vingegaard cadesse e si spaccasse la testa perché il casco non ha retto l’impatto… Per chi lo produce sarebbe un colpo mortale, non venderebbe più un solo casco. Mi ricordo che anni fa, quando ancora correvo, i modelli da cronometro li facevano con la calotta senza il polistirolo dentro: ricordate? Era il 2008 o 2009 e tra l’altro il casco con cui ho vinto il mondiale U23 ce l’ho ancora in studio e dentro non ha protezioni. Ha solo due cuscinetti. In quel caso sarebbe stato giusto vietarlo. Ma visti i caschi in questione, trovo illogico che li vogliano fermare. E’ come per il peso delle biciclette e ogni altro sviluppo…
Il casco con cui Malori vinse il mondiale U23 di Varese era effettivamente privo di grandi protezioniIl casco con cui Malori vinse il mondiale U23 di Varese era effettivamente privo di grandi protezioni
Vale a dire?
Facciamo un esempio. Nella MotoGP ci sono delle moto che sono delle macchine come la Formula Uno. Hanno alettoni e ali, tanto che ai puristi son sembrano più neanche delle moto. Però mi sembra che lo sviluppo vada davanti lo stesso. E allora perché qui devi proibire un mezzo che aiuta la performance, senza pregiudicare la sicurezza? Il discorso di renderlo accessibile a tutti è preservato, perché non credo che un casco così avrà un costo proibitivo. Un casco da crono costa come uno da strada. Invece l’UCI si è mossa per far vedere a tutti che comandano loro. E le cose restano ferme con il nodo per il peso della bicicletta…
I famosi 6,8 chili…
Un limite che ormai è vecchio più di 20 anni, forse 25. Non ero ancora professionista (Adriano passò nel 2010, ndr) e già c’era quella regola. Adesso ci sono le biciclette che hanno i freni a disco, dei materiali che fanno paura e nuovi studi, come abbiamo visto per esempio con Ganna per il Record dell’Ora. Per quale motivo un’azienda dovrebbe investire se ha sempre quel limite? E se anche fossi un amatore e la volessi più leggera, partecipando a qualche gran fondo internazionale, sarei passibile di squalifica. E allora la ricerca si ferma e questo non è un bene.
Questo il casco Rudy Project della Bahrain Victorious: ugualmente sotto la lenteQuesto il casco Rudy Project della Bahrain Victorious: ugualmente sotto la lente
Mettiti un attimo nella testa di Remco, che ha fatto tutti i test in galleria del vento per ottenere del margine con quel caso, come ti sentiresti ora che te l’hanno tolto?
Mi girerebbero le scatole. Come se quando correvo alla Movistar e la nostra Canyon era una bici da crono pazzesca, arrivava qualcuno e mi vietava di usarla, dopo che ci avevo corso e vinto per un anno. Sono passaggi che non capisco, non c’è in ballo la sicurezza. Le crono dovrebbero essere il banco di prova della ricerca. Le aziende non fatturano poi molto con quelle bici, non ne vendono poi molte, no? Pinarello fa un telaio allo Scandio per il record dell’Ora, ci studia, il record viene e ne ottiene una bella immagine. Logicamente se lo studio viene fermato, tutto si appiattisce.
Con i caschi è lo stesso?
E lo stesso accade con i caschi. Quelli da crono dovrebbero essere un bel terreno di studio e di sviluppo, perché il casco da strada comunque è quello. Anzi, se posso permettermi, si mettono di mezzo nelle crono e poi permettono alla EF di correre su strada con un casco da cronometro. Lo avete visto quello con cui ha vinto Bettiol alla Milano-Torino? E’ un casco che usano anche le donne su strada, ma di fatto quello è un casco da crono. Sapete cosa mi dà fastidio?
Bettiol vince la Milano-Torino con il casco Procen di Poc, nato per le cronoBettiol vince la Milano-Torino con il casco Procen di Poc, nato per le crono
Cosa?
Hanno fatto meno storie a fare entrare i dischi sulle bici da strada in gara, che sono delle lame che girano. Mi ricordo il caso di Ventoso, che correva con me e che hanno insabbiato. Fran si è aperto il ginocchio per un disco, ma dietro i caschi non ci sono gli interessi che c’erano dietro i dischi. E allora si spiega tutto, perché alla fine è un fatto di potere e di soldi. E i corridori stanno in mezzo.