Roglic re dell’Emilia, più forte di Almeida ed Evenepoel

02.10.2021
5 min
Salva

«Quello che non ho capito – dice Petacchi che ha commentato il Giro dell’Emilia in Rai con Pancani – è se Remco corresse per sé o per la squadra. Almeida è rientrato al secondo giro sul San Luca e davanti c’era lui che menava. Poi è stato Almeida a staccare Evenepoel sull’ultima scalata. Ci sta che volessero sorprendere Roglic, ma qualche domanda mi resta...».

Botta e risposta

Uno come Remco Evenepoel non ci sta ad uscire di scena senza lasciare il segno. Quello che non è chiaro è se certe azioni le faccia perché se le ritrova addosso o se siano frutto di un ragionamento. E così nel finale del Giro dell’Emilia, ormai staccato dall’attacco del compagno Almeida alla curva delle Orfanelle, è tornato sotto col passo del cronoman e poi ha attaccato. Lo ha fatto così forte, che forse il primo ad essere sorpreso è stato il compagno. Roglic ha risposto subito come un cane da caccia. Almeida ha dovuto faticare per prendergli la ruota. E quando lo sloveno ha calato un dente, per il portoghese si è spenta la luce.

Roglic e Bologna

Finale pirotecnico al Giro dell’Emilia e stesso vincitore del 2019, quando Roglic andò a riprendersi lo stesso traguardo che appena pochi mesi prima, al Giro d’Italia, gli consegnò la prima crono e la prima maglia rosa. In quel giorno di maggio, il campione olimpico della crono poté impostare da sé la scalata finale, questa volta invece ha lasciato gestire ai compagni di fuga in cui a lungo gli ha fatto compagnia Vingegaard. Poi quando ha ritenuto di averne avuto abbastanza e ha misurato la giusta distanza, ha preso decisamente il largo. E nel suo scatto si è rivista la qualità, che lo accomuna a Tadej Pogacar, già raccontata da Adriano Malori: quel cambio di ritmo feroce nei finali che non concede scampo.

«Uno che riesce a fare gli ultimi 350 metri del San Luca a quel modo vuole dire che ne ha più di tutti. I due della Deceuninck – dice ancora Petacchi – se ne erano accorti e probabilmente hanno cercato di coglierlo in castagna. Lui aveva capito che i due da guardare fossero loro. Il jolly poteva pescarlo Adam Yates, che è stato sempre nascosto e ha fatto lo scatto nel punto migliore. Uno scatto e basta, ma non è servito molto».

Prima Mavi Garcia

La vittoria di Roglic è stata preceduta da quella di Mavi Garcia fra le donne. La spagnola, già in fuga al mondiale e quindi in ottima condizione di forma, sull’arrivo di San Luca se l’è giocata in volata su Arlenis Sierra e Rachel Neylan. Mentre al quinto posto, prima italiana, si è piazzata la campionessa europea U23 Silvia Zanardi e subito dietro di lei l’altra azzurra Borghesi.

La contemporaneità con la prima Parigi-Roubaix Femmes, che malgrado le caratteristiche tecniche della corsa ha richiamato in Francia anche scalatrici come Marta Cavalli, ha sicuramente assottigliato il campo partenti dell’Emilia. In un calendario fitto e… sovrapposto in rapporto agli organici delle squadre, ancora troppo esigui.

Verso il Lombardia

Sulla via del Giro di Lombardia, il Giro dell’Emilia indica una serie di nomi da prendere con le molle, fra cui primeggia ovviamente quello di Roglic.

«E’ stata una corsa dura – ha ammesso Roglic – abbiamo avuto il controllo per tutto il giorno. Tutto il team ha contribuito. A circa 40 chilometri dal traguardo, ci siamo ritrovati in testa con diversi corridori forti. Era un buon scenario tattico con me e Jonas (Vingegaard, ndr) lì davanti. Siamo stati attenti tutto il giorno e io sono stato in grado di seguire ogni attacco nella fase finale. Nelle ultime centinaia di metri ho visto la mia occasione e ho deciso di attaccare a mia volta. Per fortuna avevo buone gambe e sono riuscito a vincere. Ancora una volta mi sono goduto il pubblico. Questo rende questa vittoria ancora più bella. Ho molti bei ricordi di questa salita e sono contento di essere stato in grado di aggiungerne uno oggi. Spero di poter tornare qui in futuro e lottare ancora per la vittoria. Ora il focus è su MilanoTorino e Giro di Lombardia. Sono pronto a concludere la stagione in bellezza».

Cervélo R5: più che un restyling, un cambio di pelle

28.09.2021
5 min
Salva

Cervélo svela la nuova R5 e non tradisce le attese con un concentrato di velocità, leggerezza e agilità. Arrivata alla 4° generazione, la R5 si scrolla di dosso ancora qualche grammo e pulisce le sue linee migliorando anche sotto l’aspetto aerodinamico. Gli ingegneri hanno studiato a fondo una soluzione per eliminare i difetti di rigidità eccessiva che lamentavano i pro’/utilizzatori nel lungo periodo, a confermare il raggiungimento del loro obbiettivo c’è stata la vittoria di Primoz Roglic alla Vuelta 2021 con questa versione. Peso e rigidità sono migliorati nel corso degli anni, mentre la maneggevolezza, l’equilibrio e l’ineguagliabile agilità in discesa sono stati costanti fin dal suo primo giorno di vita. Disponibile da oggi sul mercato è ora alla portata di tutti per chi vuole acquistare il mezzo che ha permesso al team Jumbo-Visma di conquistare i successi in questo 2021. 

Leggerezza 

Il mantra della Cervélo R5 è sempre stato “arrivare in cima… il più velocemente possibile” e con questo modello si può affermare che si sia avvicinata alla massima espressione. Il nuovo telaio ferma l’ago della bilancia a 703 grammi, registrando una differenza dal precedente di ben 130 grammi, che si traduce in un 16% in meno. Anche la forcella si è alleggerita, questa del 7%, portando il peso complessivo appena sopra il chilogrammo. Per rispettare i 6,8 chili imposti dai regolamenti UCI, ci sono stati importanti riduzioni di peso anche sulla componentistica di allestimento. Manubrio e attacco ora pesano 12 grammi in meno, il reggisella è 20 grammi più leggero.

La silhouette rimane da top model, i contenuti sono al vertice
La silhouette rimane da top model, i contenuti sono al vertice

Aerodinamica

Inizialmente l’aerodinamica non era uno degli obbietti previsti per la R5. Prendendo spunto dai pregi dei modelli S5 e P5, i progettisti hanno deciso di portare i cavi all’interno del manubrio e del telaio. Con una linea pulita sull’avantreno il risultato ottenuto è un risparmio di -25 grammi di drag (l’insieme di forze che in aerodinamica indicano la resistenza all’avanzamento). A questo si aggiunge l’introduzione del del nuovo manubrio HB13 e dell’attacco ST31 che hanno permesso di avere una totale pulizia del cockpit.

Risoluzione dei problemi

La generazione precedente a questa R5 aveva fatto della rigidità il suo cavallo di battaglia, purtroppo la sua propensione alle scalate era venuta a scapito di un po’ di… stridore osseo. Un problema riscontrato principalmente dai team WorldTour, che avevano evidenziato come la bicicletta tendesse a diventare più “faticosa” con il passare delle settimane durante le grandi corse a tappe. Problema alle spalle con questa nuova versione, grazie anche al supporto di un collaudatore d’eccezione come Tom Dumoulin.

L’olandese ha saputo apprezzare le migliorie su questa versione che ha definito «fantastica», in quanto lui utilizzava la versione in uso al team Sunweb. La formula magica trovata dagli ingegneri è stata il rapporto specifico tra il tubo dello sterzo e la rigidità del movimento centrale, in grado di migliorare la qualità di marcia. Concetto mai applicato alla R5, essendo appunto un progetto focalizzato sulla rigidità. 

Roglic l’ha portata in trionfo sul podio finale della Vuelta 2021
Roglic l’ha portata in trionfo sul podio finale della Vuelta 2021

Allestimento e prezzi

La nuova Cervélo R5 è disponibile in più versioni che si differenziano per allestimento e colore. Le caratteristiche comuni ai modelli sono: copertoni Vittoria Corsa TLR G2.0 25c (max 34 mm), sella Prologo Scratch M5 PAS TiRox e ruote New Reserve 34/37 mm Center-Lock, Tubeless Ready. Gli allestimenti e i prezzi sono 4: R5 Red eTap AXS a 12.699 euro. R5 Dura Ace Di2 a 12.699 euro. R5 Force eTap AXS a 8.799 euro. Infine R5 Ultegra Di2 a 8.999 euro. 

cervelo.com

Thomas, Roglic e Pogacar: per Malori lo stesso schema

14.09.2021
4 min
Salva

Il primo fu Geraint Thomas (foto di apertura), anche se probabilmente fu costretto a farlo per necessità. L’idea di questo approfondimento è venuta a Malori, per cercare di decifrare il modo di correre di Roglic e Pogacar. L’ex corridore emiliano infatti si è accorto che i due mettono in atto spesso lo stesso copione. Nelle frazioni nervose o alla fine di ogni tappa di montagna, sono in grado di imprimere terrificanti accelerazioni grazie alle quali vincono le corse e guadagnano secondi sui rivali.

«Se andate a riguardare le cronache del Tour de France del 2018 – ricorda Adriano – vi accorgerete che la tattica di Thomas era proprio la stessa. Guadagnava a cronometro, in salita resisteva al passo dei migliori. E poi negli ultimi 500 metri era in grado di cambiare ritmo e andava a prendersi i secondi di abbuono. I due sloveni in qualche modo hanno sviluppato le stesse doti. Unite però al fatto che in salita sono tra i più forti al mondo, è facile rendersi conto come mai siano pressoché imbattibili».

Nello scontro diretto, qui ai Paesi Baschi, se ne vedono delle belle. Chissà se il modo di correre di Thomas li ha ispirati
Nello scontro diretto, qui ai Paesi Baschi, se ne vedono delle belle. Chissà se il modo di correre di Thomas li ha ispirati

Tanto lavoro

Il motivo di interesse sta dunque nel capire se si tratti di doti innate o se, al contrario, i due campioni abbiano lavorato per affinare simili attitudini.

«Credo che ci sia dietro un grande lavoro – prosegue Malori – perché riuscire ad esprimere così tanta potenza dopo una corsa di sei ore non viene da sé, anche se probabilmente madre natura ci ha messo lo zampino. Immagino che anche quando sono a casa, dopo allenamenti duri e lunghi, possano fare sedute di esplosività proprio per sviluppare questa dote».

Pogacar a ruota

Quello che appare sicuramente singolare è proprio il fatto che la stessa dote e lo stesso modo di correre accomuni due corridori che provengono dallo stesso Paese, sia pure correndo in squadre diverse e con una sostanziale differenza di età.

«Thomas fu il primo – rilancia Malori – poi a questo tipo di tattica è arrivato Roglic, che se non altro per età ha raggiunto certi standard prima di Pogacar. Io credo che Tadej, che per sua stessa ammissione ha sempre preso Roglic come modello, si sia ispirato a lui anche per questo tipo di atteggiamento tattico. Sta di fatto che nell’ultimo Tour de France ha attuato la stessa tattica con Vingegaard e Carapaz. Mentre alla Vuelta, Roglic se ne è servito contro Mas».

Al Tour de France, Pogacar si è servito dello stesso schema per arginare Vingegaard e Carapaz
Al Tour de France, Pogacar si è servito dello stesso schema per arginare Vingegaard e Carapaz

Fieno in cascina

La singolare attitudine permette ai due campioni di arrivare agli scontri più importanti avendo accumulato già un piccolo vantaggio sui rivali. Questa dote infatti si rivela molto redditizia anche nelle tappe che si concludono su muri o che selezionano gruppetti grazie a tracciati molto nervosi.

«Uno scalatore puro – Malori allarga le braccia – non ha queste doti. Quei due sono l’esempio perfetto di corridori per le corse a tappe, che di anno in anno migliorano e lavorano per perfezionarsi sui fronti che gli hanno creato qualche problema. Migliorano le loro lacune. Tanto che è difficile immaginare come finirebbe fra loro in uno scontro al top. Difficile dire chi si ha il più forte. Penso che se Roglic non avesse avuto un crollo psicologico nel 2020, quel Tour lo avrebbe vinto lui. Pogacar non gli avrebbe mai dato un distacco così grande nella cronometro alla Planche des Belles Filles, perché Primoz in quella specialità vale molto più di ciò che mostrò quel giorno. Tokyo dice questo».

Contro Mas a Valdepenas de Jaen, alla Vuelta, Roglic ha giocato come il gatto col topo
Contro Mas a Valdepenas de Jaen, alla Vuelta, Roglic ha giocato come il gatto col topo

Senza limiti

Il problema semmai e che i due non si accontentano, per modo di dire, dei grandi Giri. Ed hanno esteso il loro dominio anche alle classiche più dure.

«Non è per caso – prosegue Malori – che siano proprio loro due gli ultimi due vincitori della Liegi, una classica che strizza l’occhio anche a corridori forti in salita. Non sono molti nella storia i corridori capaci di vincere i Giri e anche le classiche. Immagino quanto sia stato felice Alaphilippe di vederli arrivare nel suo terreno di caccia.

«Anche lui… sconfinò nel 2019. In quel Tour vinse la crono e arrivò a un passo dal bersaglio grosso correndo come loro. Fu un caso evidente di stato di grazia che non sai se tornerà, loro due invece sono così sempre. Hanno creato un dualismo che andrà avanti per anni e sono certo che Roglic starà già studiando il modo per migliorare ancora e sorprenderlo alla prossima sfida. Un dubbio? Quanta autonomia possano avere a quel livello. Il terzo incomodo? Potrebbe essere Bernal, anche se lo aspetto al confronto diretto. Vinse un Tour a dir poco singolare in cui tutti guardavano Thomas e la tappa regina fu tagliata. Poi ha vinto il Giro in cui i nostri due amici non c’erano, lottando più contro il mal di schiena che contro i rivali. Magari il prossimo Tour ci dirà qualcosa di più. Sono molto curioso…».

Il caso di Roglic. Dottor Jekyll al Tour, mister Hyde alla Vuelta

09.09.2021
6 min
Salva

Al Tour in qualche modo si complica la vita, alla Vuelta domina: lo “strano” caso di Primoz Roglic, un po’ come nel celebre romanzo di Stevenson. Con l’aiuto di quattro figure analizziamo il cambiamento dello sloveno tra Francia e Spagna.

Soprattutto quest’anno Primoz ha vinto a mani basse, dominando dalla prima all’ultima tappa. L’anno scorso aveva un po’ traballato nel finale, complice un’annata particolare con un calendario iper caotico, e i fantasmi del Tour perso poche settimane prima in modo rocambolesco.

La caduta di Roglic al Tour di quest’anno…
La caduta di Roglic al Tour di quest’anno…

Il corridore: Gasparotto

Partiamo con l’occhio del corridore. Abbiamo chiesto ad Enrico Gasparotto fresco ex, e quindi con giudizio più libero, ma che ha visto Roglic in gruppo, anche alla Vuelta 2020.

«Prima di analizzare il Roglic tra Tour e Vuelta – dice Gaspa – per me bisogna concentrarsi sulla differenza delle tre corse a tappe. Il Giro è quello più imprevedibile. E lo è non tanto per le cadute ma per la morfologia del nostro territorio. In ogni tappa, dal Nord al Sud, c’è una salita, una discesa, un tranello. Ricordo che ogni volta che c’era un capitano che lottava per la classifica c’era tensione in squadra, perché ogni situazione poteva volgere in peggio.

«Il Tour è la gara a tappe più importante, la più seguita e questo genera tensione nei ragazzi e nei team. E la riportano in corsa. Il percorso sarebbe più facile, ma questa voglia di stare davanti, di farsi vedere e i corridori che sono tutti al super top della condizione, genera una grande tensione globale in corsa e fuori. E poi c’è la Vuelta che ha salite più corte ma strade ampie e buone ed è più facile da interpretare anche tatticamente.

«Al Tour è fondamentale avere uomini capaci di stare davanti per davvero. E anche l’atleta deve saper guidare perfettamente la bici e forse in questo senso, venendo da altri sport, a Roglic manca quello 0,01% di abilità nel districarsi nelle situazioni estreme. Anche alla Vuelta ha preso dei rischi esagerati in certe situazioni. Però so che la Jumbo ci sta già lavorando su con l’ex downhiller Sainz. Lui ha collaborato con altri team, anche con noi alla Ntt. Ha aiutato nella tecnica la nazionale svizzera di Mtb, che infatti ai recenti mondiali ha fatto tripletta».

Sepp Kuss il suo gregario più fidato
Sepp Kuss il suo gregario più fidato

Il diesse: Zanini

Dal corridore, passiamo al diesse. Ci siamo rivolti a Stefano Zanini, in forza all’Astana-Premier Tech. E anche lui punta forte sul discorso dello stress in gara. «Probabilmente – spiega Zazà – perché dei tre grandi Giri la Vuelta è quello meno stressante. In Spagna si prende tutto con più calma e parlo anche dell’ambiente di contorno».

Con Zanini emerge il discorso della squadra. In Francia Roglic aveva anche Van Aert che in qualche modo ha calamitato attenzioni e richiesto uomini.

«Dite che potrebbe aver influito la presenza di altri big? Ci può stare. Io non conosco bene Primoz e non so che carattere abbia realmente. Da fuori sembra tranquillo, poi bisogna vedere se magari soffre la presenza di chi può essere leader al posto suo. Io gli metterei vicino un uomo completamente per lui. Il classico gregario super fidato. E Kuss è il più vicino (ma in pianura fa fatica visto che è uno scalatore, ndr) a ricoprire questo ruolo. Fatto sta che per me un capitano lo devi “coccolare” e dargli fiducia al 100% fino alla fine, anche se un giorno perde 2′. Poi, ovvio: se qualcuno in squadra va più forte devi rivedere le cose, ma devi fare il tutto e per tutto per stargli vicino».

Infine Zanini interviene sui rischi presi da Roglic e dalla sua ammiraglia anche in quest’ultima Vuelta.

«Certi rischi non glieli farei prendere, sicuro. O guadagni bene, altrimenti un’azione come quella nel giorno in cui è caduto in discesa per pochi secondi non è necessaria. Con questo non voglio giudicare la Jumbo-Visma, ognuno fa la sua corsa. Magari per come hanno perso il Tour l’anno scorso, non vogliano più rischiare e guadagnare il più possibile ogni volta che si presenta l’occasione».

In Spagna, anche in corsa, ci sono momenti più rilassanti
In Spagna, anche in corsa, ci sono momenti più rilassanti

Il preparatore: Cucinotta

Ma non si vince senza gambe buone e per questo ecco l’intervento di Claudio Cucinotta, sempre in forza all’Astana, ma preparatore anche di molti biker di livello internazionale.

«Bisognerebbe capire bene come si prepara Roglic per l’una e per l’altra corsa – dice il tecnico – ma questo lo sa solo lui realmente. Sicuramente in Spagna rispetto al Tour incontra dei livelli di concorrenza e ritmi leggermente inferiori. Non tanto sulle salite, quanto per arrivarci. E questo genera un livello di pressione diversa che magari al Tour può metterlo in difficoltà. E’ un fatto che alla Vuelta Primoz sbagli meno. L’anno scorso quando ha perso il Tour ha avuto un calo di testa e non fisico, perché fino al giorno prima aveva dominato. In un lasso di tempo così breve non può cambiare la situazione in quel modo».

In Spagna, a parte qualche caso, ci sono salite più corte del Tour. Primoz è un ottimo cronoman e in teoria dovrebbe essere sfavorito su questa tipologia di percorso.

«Roglic è tutto! E’ uno scalatore, ma è esplosivo. Se andiamo a vedere vince spesso gli sprint con arrivo in salita e per me le scalate brevi lo avvantaggiano. Ma non è che sulle salite lunghe vada male…

«Se c’è differenza nei valori espressi nelle due corse? Quest’anno non lo sappiamo perché al Tour si è ritirato presto (e la metà di quelle poche tappe le ha fatte in modo malconcio, ndr) dopo la caduta. L’anno scorso invece i suoi valori erano molto simili tra le due gare. Per me quindi la differenza del suo rendimento non è fisica».

Sulle strade di Spagna Roglic mostra sempre grande autorevolezza
Sulle strade di Spagna Roglic mostra sempre grande autorevolezza

La mental coach: Borgia

A questo punto il giudizio della psicologa diventa forse il più importante visto che la parola stress è quella che è emersa praticamente sempre. Parola ad Elisabetta Borgia, che collabora con la Trek-Segafredo e molti altri atleti.

«Si è parlato di stress, ma non credo sia la parola chiave. Dopo quel Tour perso in quel modo contro Pogacar è chiaro che su Roglic c’è una pressione super al Tour. La corsa francese è più stressante della Vuelta e lo stress incide sugli atleti. E un atleta chiamato a vincere nel bene o nel male è più esposto alla pressione. Detto questo però Roglic ti vince le Olimpiadi che non sono propriamente una corsetta! Che ci abbia lavorato su? Che abbia imparato dai suoi errori? Poi è anche vero che la pressione in una gara secca è diversa da quella prolungata in tre settimane».

A questo punto la Borgia apre un “capitolo” molto interessante.

«Un aspetto molto importante nella prestazione è il senso di auto efficacia. Questo è un costrutto dello psicologo Bandura che dice che è fondamentale nel benessere della persona, e nello sportivo ancora di più, quanto ti senti forte. E un Roglic che ha già vinto due Vuelta arriva in Spagna in modo diverso da come farebbe in Francia, dove ancora non è riuscito a vincere, anche se ci è andato vicino. Alla Vuelta sa di essere forte, si sente “a casa”, è in una “comfort zone”. Al Tour magari non è riuscito a tirare fuori il Roglic migliore. Poi è anche vero che è caduto in questa Vuelta e viene da chiedersi se sia consapevole dei propri limiti, se sia sempre lucido».

Infine vogliamo capire se il fatto che la Vuelta per molti sia un obiettivo di “riparazione” o comunque non il primo goal della stagione, possa incidere sull’approccio mentale. Ho sbagliato al Tour o al Giro e vado alla Vuelta per raccogliere qualcosa…

«Sicuramente si hanno sensazioni diverse: un conto è preparare il primo obiettivo e un conto il secondo, specie se è l’ultimo ed è “o la va o la spacca”. Quest’anno poi, con le Olimpiadi di mezzo, ci sono stati tanti approcci differenti. Una cosa fondamentale di Roglic è che ha una resilienza non da poco. Fa flop al Tour, va alle Olimpiadi e vince, va alla Vuelta e vince. E lo stesso ha fatto l’anno scorso. Segno che comunque questo ragazzo ha delle risorse importi. E’ sul pezzo. Okay lo stress e la testa, ma è forte. Perché comunque, e lo dico sempre, la testa conta, ma le corse si vincono con le gambe. Se hai 50 watt in meno anche se di testa sei forte non vinci».

Santiago de Compostela, i sorrisi diversi di Roglic e Aru

05.09.2021
4 min
Salva

Primoz Roglic ha conquistato la terza Vuelta, dopo aver vinto il prologo di Burgos e altre tre vittorie di tappa, compresa la diciassettesima a Lagos de Covadonga e la crono finale a Santiago de Compostela.

«E’ stata un’altra bella giornata e sono state tre settimane bellissime – ha detto – sono molto felice per me stesso e per i ragazzi intorno a me. Questo è stato davvero un lavoro di squadra. E’ stata un’ultima crono difficile. Tuttavia mi hanno aiutato molto il pubblico e il supporto lungo la strada».

A fondo nel dolore

Con la bici nera e oro di campione olimpico, il leader della Jumbo-Visma ha trovato la testa e le gambe per replicare alla grande crono di Magnus Cort, che ormai sperava di avercela fatta.

«Ho solo cercato di concentrarmi sulla tappa – ha detto Roglic – e di fare del mio meglio. Sono andato veramente a fondo dentro me stesso, nel mio dolore. E’ incredibile, pazzesco. A volte si vince con una grande differenza, a volte con molta meno. Ma ogni modo di vincere è fantastico. L’abbiamo vissuta giorno per giorno. Ho fatto del mio meglio e mi sono divertito. E sono onorato di aver vinto per la terza volta».

Amore per la Spagna

Al di là della lotta per il podio e con la caparbia difesa di Jack Haig dall’attacco di Adam Yates, l’ultima crono a Santiago de Compostela è stata anche l’ultima gara di Fabio Aru. Un tema che nello stesso giorno abbiamo affrontato anche con Dario Cataldo e Giuseppe Martinelli.

«Gli ultimi 3 anni sono stati molto difficili per me – ha raccontato Fabio – ma proprio alla fine ho ritrovato un buon feeling con la bici. Mi mancava essere capace di attaccare e guidare con la libertà che provi quando puoi effettivamente fare la gara

«Nel 2014 ho vinto la mia prima gara da professionista al Giro d’Italia, è stato speciale. Quella vittoria ha cambiato la mia vita e ha fatto sì che le persone iniziassero a sapere chi sono. Ma quell’anno ho anche avuto modo di scoprire questo bellissimo Paese, la Spagna. E agli spagnoli piace il modo in cui corro. Ho sempre amato correre su queste strade e sulle grandi salite in giro per la Spagna, conservano tanti dei miei ricordi più belli».

«Di sicuro, felice…»

Il suo annuncio ha colpito, poi Fabio si è tuffato nella gara come ha sempre fatto nella sua carriera: a testa alta e stringendo i denti.

«Ho attraversato un periodo molto difficile in questa gara – ha detto – un grande ringraziamento va alla squadra per avermi aiutato, è stata di per sé una piccola vittoria. In questi ultimi giorni mi sono davvero divertito a dare il massimo. Essere davanti con la forza nelle gambe. Il supporto è stato speciale, ho ricevuto tante belle parole e vi ringrazio tutti. Certamente, avrò bisogno di alcuni giorni per capire completamente le mie sensazioni. Quindi è difficile dire in questo momento come mi sento. Ma di sicuro sono felice».

Bernal semina, Roglic raccoglie. E la Vuelta si accende

01.09.2021
4 min
Salva

Un urlo di liberazione a capo della più bella vittoria da quando è professionista. Intorno le nubi dei Lagos de Covadonga, che raramente mostrano il cielo all’arrivo della Vuelta. Roglic sembrava la vittima predestinata, invece si è rivelato lupo. E come lupo ha affondato i denti nel collo morbido di Bernal che si è arreso alla fatica e forse a un principio di crisi di fame. Perché a quel livello e con quella classe non ti spegni così in fretta se la benzina è nel serbatoio.

A 7,6 chilometri dall’arrivo, l’affondo con cui Roglic ha staccato Bernal
A 7,6 chilometri dall’arrivo, l’affondo con cui Roglic ha staccato Bernal

«Mi è davvero piaciuta questa tappa – dice Roglic con un sorriso che la dice lunga – è stata una giornata perfetta per me e per la squadra. Forse questa è la mia tappa più bella della Vuelta finora. Ovviamente è un rischio andare all’attacco da tanto lontano, ma volevo solo seguire Egan. Abbiamo lavorato bene insieme. Nell’ultima salita sono andato a tutto gas, anche grazie al grande supporto di tutti i sostenitori sulla strada».

Voglia di divertirsi

Bernal aveva detto che ci avrebbe provato. Non aveva nulla da perdere e finalmente da qualche giorno avvertiva le stesse belle sensazioni del Giro, che il Covid e un’estate un po’ strampalato avevano allontanato inesorabilmente. Perciò, quando mancavano ancora 61 chilometri al traguardo, il colombiano ha rotto gli indugi ed è partito all’attacco.

Grande lavoro del Bahrain, prima con Caruso e poi con Mader per Jakck Haig
Grande lavoro del Bahrain, prima con Caruso e poi con Mader per Jakck Haig

Passo potente in salita, al punto da respingere il primo inseguimento di Superman Lopez, ma non abbastanza forte da dissuadere Roglic, aggrappato alla sua scia senza mezzo dubbio. 

«Stavo solo cercando di godermi la mia giornata – dice Egan – e divertirmi in sella alla mia bici. Tutto qui. In mattinata sul pullman avevamo fatto un piano, ma nella mia mente pensavo solo a divertirmi. Ho sofferto molto durante questa Vuelta e oggi finalmente avevo le gambe. Puntavo a rendere dura la gara, cosa che ho fatto e mi sono goduto ogni chilometro, anche quelli più duri».

Si pedala fra i monti e i boschi un po’ misteriosi delle Asturie
Si pedala fra i monti e i boschi un po’ misteriosi delle Asturie

Il ritmo di Caruso

E mentre i corridori della Movistar stavano alla finestra aspettando col necessario cinismo l’ultima salita, a guastare i piani di Bernal si sono messi Damiano Caruso e il Team Bahrain Victorious. Con la posizione di Jack Haig da difendere, il ragusano è stato fedele a quanto ci aveva detto nel giorno di riposo e si è messo a scandire un ritmo che nel tratto di pianura prima dell’ascesa finale ha tolto un minuto e mezzo al vantaggio dei primi due. Roglic ha sempre collaborato, cogliendo il vantaggio personale nell’azione di Bernal. E quando a 7,6 chilometri dal traguardo si è reso conto che il passo di Egan era diminuito, se lo è scrollato di dosso.

Lopez e Mas hanno fatto corsa di attesa, limitando appena i danni
Lopez e Mas hanno fatto corsa di attesa, limitando appena i danni

«Sono stato felice di far parte di questa mossa vincente per Roglic – ha ugualmente detto Bernal – perché è stato coraggioso. Io non avevo nulla da perdere, lui sì. E pur essendo sostanzialmente il leader della gara, è venuto con me. Oggi è stato il più forte e sono felice per lui».

Il nuovo mostro

Grande scambio di cortesie… olimpiche nell’anno a cinque cerchi, anche se alla fine della Vuelta mancano ancora tappe terribili, a partire da quella di domani che prevede l’arrivo sull’inedito e terribile Altu d’El Gamoniteiru.

Un urlo potente sul traguardo per scaricare la tensione e la gioia
Un urlo potente sul traguardo per scaricare la tensione e la gioia

«Domani dovremo esserci di nuovo – dice Roglic – ora sono in buona forma e con una buona classifica, ma il vantaggio non è mai abbastanza. Dobbiamo stare attenti e continuare a correre da squadra compatta. Ho piena fiducia in questo».

Magrini: «Che determinazione Roglic. E questo Mas…»

25.08.2021
4 min
Salva

«Evidentemente le botte di ieri non si sono fatte sentire per Primoz Roglic», dice subito Riccardo Magrini. Il corridore della Jumbo-Visma non si ferma più. Ieri è caduto e oggi ha subito cercato la “vendetta” persino su un arrivo secco come quello che portava a Valdepenas de Jaén. Un arrivo che, per rendere l’idea, ha visto gente come Michael Matthews arrivare con il primo gruppo.

Uno scatto secco, in risposta al coraggioso Mas (foto in apertura), e lo sloveno ha sigillato la sua seconda vittoria di tappa in questa Vuelta, la settima in totale nella gara spagnola. Uno scatto che ha catturato anche l’attenzione di Riccardo Magrini, commentatore tecnico per Eurosport.

Cort, una tenuta strenua… a lui va il plauso di Magrini (e del pubblico)
Cort, una tenuta strenua… a lui va il plauso di Magrini (e del pubblico)
Riccardo, cosa ti ha colpito della frazione di oggi?

Due cose in particolare: la determinazione di Roglic e la tenuta di Cort Nielsen, poche volte ho visto un corridore resistere così tanto al ritorno del gruppo. In pratica l’hanno preso sull’arrivo, ai 200 metri o giù di lì. Bravissimo.

E Roglic? Anche noi dicevamo della bella risposta alla “figuraccia” di ieri…

Ha voluto dimostrare a tutti che che la caduta e l’errore tattico di ieri erano alle spalle. Ha messo la squadra a tirare. Questa vittoria l’ha proprio cercata. Un messaggio di forza a tutti. E poi c’è un’altra cosa che merita di essere sottolineata: la costanza di Mas.

E infatti proprio di Enric volevamo chiederti…

Lui e forse anche Lopez stanno dimostrando di essere gli unici antagonisti di Roglic. Vanno forte. Oggi hanno tentato di sorprenderlo, ma su un arrivo così Primoz è più forte.

E chi arriva dietro regala un ulteriore show. Clement Venturini impenna e il pubblico impazzisce
E chi arriva dietro regala un ulteriore show. Clement Venturini impenna e il pubblico impazzisce
E poi Unzue è un asso nel giocare la doppia carta nei piani alti della classifica. Ricordiamo i Tour con Valverde e Quintana, il Giro con Landa e Carapaz…

La disdetta per Unzue è aver perso Valverde. Andava forte ed aveva esperienza: uno così poteva dare una grossa mano a Lopez e Mas. Però la Vuelta è lunga e possono fargli scacco macco.

E Bernal e la Ineos? Sono tagliati fuori?

Io Bernal sinceramente non lo vedo brillantissimo. Mi sembra gli manchi il cambio di ritmo. Oh, poi magari ha impostato la preparazione per uscire alla terza settimana e recupera tutto. Ma questo lo scopriremo solo strada facendo. Oggi Adam Yates poteva fare di più. Questi sono i suoi arrivi, anche se forse li preferisce un po’ più lunghi. Lui dà la botta quando ci sono dei momenti di respiro e non quando c’è un’andatura forsennata come quella di oggi. Per me comunque Ineos deve rivedere qualcosa. Anche l’altro giorno quando ha vinto Caruso ha sbagliato i tempi.

Caruso, oggi è stato secondo sul Gpm. E’ sempre più leader della maglia a pois blu
Caruso, oggi è stato secondo sul Gpm. E’ sempre più leader della maglia a pois blu
A proposito di Caruso: un’altra cosa che ci ha detto la frazione di Valdepenas è stata che Damiano punta alla maglia a pois, visto che è andato a cercare i punti del Gpm…

Dopo la vittoria, le sue dichiarazioni dicevano che puntava ad un’altra tappa e non tanto alla maglia, che questa era il secondo obiettivo. E tenerla non sarà facile perché dovrebbe andare in fuga e non so quanta libertà potrà avere con un Jack Haig che va così forte. Se gli viene facile come oggi, che ci si ritrova… okay, altrimenti la vedo più difficile. Con Landa che ha fallito un’altra volta, l’obiettivo della Bahrain Victorious è tenere l’australiano in classifica.

Sembra, Riccardo, che Landa (anche oggi ad oltre 9′) sia arrivato con un chilo di troppo a ridosso della Vuelta e che per sbrigarsi a toglierlo abbia forzato la mano. E sappiamo che nel ciclismo di oggi tutto è al millesimo…

Ci credo poco, visto che ha vinto Burgos, una gara che era appena prima della Vuelta e dove c’era già gente forte. Io ho sempre stimato questo ragazzo, perché in salita è molto forte, ma fare il capitano non è nelle sue corde. Voi dite il chilo di troppo, io vi rispondo che parlando con il suo staff mi hanno detto che sarebbero stati delusi se avesse finito la Vuelta al terzo posto. Questo significa che stava bene. Per come la vedo io è un problema di testa. Finché va tutto bene lui va forte, alla prima difficoltà salta per aria. Essere un campione è altra cosa. Guardate Roglic, ieri aveva detto: non c’è gloria senza rischio. E stamattina: “vamos a ganar” (andiamo a vincere). Servono queste qualità di testa per fare il capitano.

Alla Vuelta bis di Storer e tre punti da rivedere con Bartoli

24.08.2021
4 min
Salva

C’erano due elementi in particolare che oggi potevano caratterizzare la decima tappa della Vuelta e renderla scoppiettante: il giorno successivo al riposo (e quindi gambe fresche) e il Puerto de Almacar (fughe e scatti). E questi due elementi si sono ben fusi, dando origine ad una pozione esplosiva. Il risultato? La fuga è andata in porto e ha vinto Storer, la velocità è stata folle quasi 45,5 media con 2.350 metri di dislivello totale, Roglic ha perso la maglia rossa a vantaggio di Eiking e Landa è saltato. Di fatto sono tre punti che abbiamo commentato con Michele Bartoli.

Per Eiking, classe 1994, questa è la prima maglia rossa. Vanta tre vittorie da professionista
Per Eiking, classe 1994, questa è la prima maglia rossa. Vanta tre vittorie da professionista

Brava Intermarché

Se la Dsm si porta a casa un’altra tappa e lo fa ancora con Micheal Storer, la Intermarché Wanty Gobert non è da meno. La squadra belga aveva già alzato le braccia al cielo con Rein Taaramae e aveva conquistato la maglia rossa. Oggi ne torna padrona e lo fa con il norvegese Odd Christian Eiking. Insomma la Intermarché Wanty Gobert non è più la cenerentola del World Tour.

«Si vede la mano di Valerio Piva – commenta Bartoli – lui è bravo. E’ un diesse capace, che sa di ciclismo e meriterebbe un top team. Riesce sempre a raccogliere il massimo con quel che ha disposizione. Anche al Giro hanno vinto una tappa nell’unico modo che potevano, altrimenti non ce l’avrebbero fatta».

I segni della caduta di Roglic a fine tappa. In discesa stava guadagnando qualcosina a fronte di un grande rischio
I segni della caduta di Roglic a fine tappa. In discesa stava guadagnando qualcosina a fronte di un grande rischio

Roglic, troppi errori

Dicevamo di Roglic. Primoz si è esposto a un rischio eccessivo. E ha mostrato ancora una volta qualche limite tecnico e tattico.

«Oggi – dice il campione toscano – non mi è piaciuto. Dopo la scatto mi aspettavo un rendimento più dirompente, invece ha preso quei 9” e se li è portati fino in cima. E stava spingendo forte, si vedeva. E poi ha rischiato troppo. E’ caduto e adesso quelle botte in qualche modo se le porta dietro. Mi verrebbe da chiedergli: ma chi te lo ha fatto fare? Se fai una differenza netta, guadagni 40”-50” okay, ma se prendi 50 metri anche se fai la discesa a tutta e non ti riprendono alla fine guadagni 15”. Ma quanto spendi? Quanto rischi? Non ha senso».

A questo punto facciamo notare che forse in certi momenti emergono i limiti di un ragazzo che ha iniziato tardi (ricordiamo che viene dal salto con gli sci). «In parte sì, ma le radioline? Un errore simile potevi commetterlo quando non c’erano. Possibile che l’ammiraglia non gli abbia detto: ohi ma dove vai?».

Landa aveva scricchiolato già qualche giorno fa, ma aveva limitato i danni, oggi è crollato. Il suo distacco: 21’41” da Storer
Landa aveva scricchiolato già qualche giorno fa, ma aveva limitato i danni, oggi è crollato

Landa nel baratro

Infine, la Roquetas de Mar – Rincón de la Victoria ci ha detto che Landa ha alzato definitivamente bandiera bianca. Lo spagnolo della Bahrain Merida, partito con i gradi di capitano, ha incassato 21’41” da Storer e 9’51” da Roglic e gli altri big della generale.

«Davvero non so spiegarmelo – dice Bartoli – Eppure a Burgos era andato bene, mostrandosi in crescita e anche nel primo arrivo in salita era andato bene. E posso dirvi che sul Pico Blanco non puoi nasconderti. Non è una di quelle salite che dà respiro, che anche se sei “impiccato” riesci un po’ a salvarti. E’ davvero un punto interrogativo, Mikel. Lo conosco bene e se recupererà bene potrà farci divertire in salita, ma con altri obiettivi chiaramente».

La Cervélo P5 dorata di Roglic, come Excalibur nella roccia

14.08.2021
5 min
Salva

Anche se di tecnologicamente nuovo in questa Cervélo P5 non c’è nulla rispetto all’inizio di stagione, ci piace pensare ad essa come a Excalibur nella roccia. E a Primoz Roglic come all’unico che sia stato in grado di estrarla e guidarla al trionfo olimpico. Abbiamo infatti di fronte la bici che ha vinto l’oro di Tokyo nella cronometro individuale e che questa sera, ugualmente fra le mani del suo re, prenderà il via della Vuelta Espana, lungo i 7,1 chilometri nelle strade di Burgos. Per arrivare a simili conquiste qualcosa di magico deve esserci per forza.

Olimpiadi Tokyo 2020, cronometro indivduale: Primoz Roglic lanciato verso il successo sulla sua Cervélo P5
Olimpiadi Tokyo 2020, cronometro indivduale: Primoz Roglic lanciato verso il successo sulla sua Cervélo P5

Oro e cerchi

Lo sguardo ravvicinato crea stupore, perché sotto quella livrea dorata c’è una teoria di cerchi che riecheggia quelli olimpici. Una veste che rende più speciale il telaio e la forcella Cervélo P5 completati da un cockpit Vision realizzato su misura per il corridore sloveno, dal gruppo Shimano Dura Ace, così come Shimano dovrebbe essere la ruota anteriore C60 abbinata alla lenticolare posteriore, entrambe montate con pneumatici Vittoria Corse.

Perché il condizionale? Perché a Tokyo, Roglic ha corso con una ruota posteriore con adesivo Shimano e l’anteriore era priva di scritte. Una scelta che prosegue la tendenza della Jumbo Visma già vista al Tour. In Francia infatti la squadra ha utilizzato ruote Vision non brandizzate nelle tappe in linea e ruote AeroCoach nelle crono. Questa libertà nell’utilizzo di materiali alternativi a Shimano si sposa probabilmente con la carenza di fornitura da parte del brand giapponese, mai tradizionalmente troppo elastico nel concedere simili deroghe. Ricordate la storia del viaggio incredibile delle ruote per la crono di Van der Poel al Tour?

La bici non è nuova, ma come a Tokyo aveva una livrea speciale, eccola d’oro per il campione olimpico
La bici non è nuova, ma come a Tokyo aveva una livrea speciale, eccol d’oro per il campione olimpico

Rivincita Roglic

Da stasera Roglic tenterà il colpaccio di rifarsi dalla sconfitta del Tour. E se lo scorso anno essa derivò dal suo crollo e dalla crono monstre di Pogacar il penultimo giorno a La Planche de Belles Filles, questa volta la causa di tutto è stata la dannata caduta che lo ha costretto al ritiro. L’oro olimpico è stato un bel modo di mettersi in pari con la sorte. Ma conoscendo la voracità dello sloveno, non si accontenterà di essere un semplice protagonista.

Rigidità top

La P5 è il ben noto concentrato di tecnologia. Combinazione di materiali, forme e differenti laminazioni del carbonio per ottenere rigidità nelle differenti parti del telaio. Dopo anni di esperienza è stato reso più rigido il tubo orizzontale (aumento del 22 per cento rispetto alle versioni precedenti), per rendere la bici più compatta e maneggevole. Così per la scatola del movimento centrale, che consente la più efficace trasmissione della potenza (più rigida del 26 per cento).

La sensazione di resa aerodinamica viene anche confermata dai numeri. Come abbiamo illustrato parlando della crono di Tokyo con Simone Omarini di Hardskin, la resistenza aerodinamica è il 90 per cento della torta. Il disegno del telaio e la forma dei tubi riduce la superficie frontale e migliora la penetrazione aerodinamica della bici. E pure restando nei parametri Uci, il miglioramento aerodinamico è di 37 grammi.

Come Excalibur

La Cervélo P5 “olimpica” avrà questa livrea per Roglic, ma è la stessa bici che a Tokyo ha conquistato il bronzo con Dumoulin e nella crono finale del Tour ha vinto con Wout Van Aert. Non proprio l’ultima arrivata, insomma. Anche se a Tokyo serviva un re come Roglic per estrarla dalla roccia.

«Primoz Roglic – ha detto Javier Guillen, direttore della Vuelta – è il re della suspense nelle corse a tappe. Siamo particolarmente felici di rivederlo per la sua lealtà verso La Vuelta. Dal suo atteggiamento si capisce che ama la nostra corsa e il nostro Paese. Il percorso che offriamo gli si addice e ciò che è notevole in lui è la sua motivazione nell’ultima parte della stagione, ogni anno. Forse gli piace il suo lavoro anche più degli altri perché è arrivato al ciclismo in ritardo. Dopo le Olimpiadi sembra ancora più in forma rispetto ai due anni precedenti, ma questa volta è in corsa per un record di tre vittorie consecutive che entusiasmerà gli appassionati e promette grandi battaglie con gli scalatori puri che dovranno vedersela per tutta la gara con il talento di Roglic. Pensando alla cronometro di 33,8 chilometri dell’ultimo giorno».

Oggi Roglic partirà alle 20,47, un minuto prima di lui scatterà Bernal. Che lo prenda o lo avvicini, già stasera il rumore delle catene si confonderà con quello delle spade.