Sulla via di Compiegne, fra adrenalina e ricordi con Baldato

13.04.2022
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Una volta all’anno, quella piazza ha qualcosa di magico. I ciottoli, il castello di Compiegne ricostruito da Napoleone dopo la Rivoluzione, ma soprattutto le ammiraglie, le bici e le gambe canforate che progressivamente si dirigono alla riga di partenza per Roubaix. In 18 anni da professionista, Fabio Baldato ha corso all’Inferno per 12 volte. E la prima volta, nel 1994, si piazzò al secondo posto (foto di apertura). Lui sa bene che cosa significhi schierarsi al via della classica del pavé e da qualche anno lo ha scoperto anche come direttore sportivo.

Dopo l’Amstel, il vicentino del UAE Team Emirates è tornato a casa e oggi seguirà la Freccia del Brabante dal divano, tifando per Trentin. E domani tornerà su, destinazione appunto Compiegne, per guidare la squadra nella sfida del pavé.

La piazza di Compiegne e dietro il Castello: così era nel 2021 il via della Roubaix
La piazza di Compiegne e dietro il Castello: così era nel 2021 il via della Roubaix
Che cosa si prova la mattina della corsa, da corridore, in quella piazza così magica?

Sensazioni forti. I primi anni, soprattutto dopo quel secondo posto, ero emozionato, teso. Avevo paura di sbagliare, di non beccare l’attimo giusto. Negli ultimi anni in proporzione l’ho vissuta con meno stress. Ho fatto le ultime due in appoggio di Ballan e sono finito ugualmente al decimo posto. L’esperienza aiuta. Quando sei giovane ed esuberante, ti finisci già nei primi tratti di pavé. Poi capisci che è meglio restare nascosti nella prima parte del gruppo e dare tutto negli ultimi 60 chilometri.

Quando si va al via della Roubaix, tecnicamente è già tutto deciso?

Quando correvo, le previsioni meteo non erano così precise o comunque non vi avevamo accesso. Si guardava la tivù e si sfogliavano i giornali. La mattina si apriva la finestra e si guardava il cielo, poi ci si bagnava il dito per capire da che parte soffiasse il vento. E all’ultimo si decideva che gomme mettere, ma erano sempre tubolari gonfiati a 6 davanti e 7,5 dietro.

Mentre oggi?

Oggi si fa l’ultimo test al venerdì e la scelta finale sulla scelta delle gomme si lascia al corridore, ma due giorni prima della corsa. Si guarda il decimo di atmosfera, in base al peso. Ho letto di questa novità di poter regolare la pressione in corsa. Può esserci il vantaggio di partire più gonfi per i primi chilometri sull’asfalto, poi calare per il pavé. Oppure la possibilità di intervenire se iniziasse a piovere.

Altre bici…

Ricordo che per un paio di stagioni RockShox portò dentro la forcella ammortizzata, apri e chiudi. La usai quando feci secondo. Poi finalmente è arrivato il carbonio, per telaio, forcella e soprattutto le ruote. Perché fossero più resistenti, i meccanici una volta saldavano i raggi fra loro. Le ruote in effetti non si rompevano, ma noi rimbalzavamo sulle pietre. Aggiungiamo la scoperta che la sezione più larga dei pneumatici non incide sul rotolamento e si capisce come siano più confortevoli le bici di oggi. Sono uscito qualche volta coi ragazzi sulle loro bici e non c’è paragone. Ricordate quando si puntò sull’alluminio? Bella trovata commerciale, leggero e più economico, ma vibrava e sbatteva in modo impressionante. La prima Roubaix con il carbonio la feci nel 2004 con la De Rosa della Alessio dopo 12-13 anni di carriera e fu scoprire un altro mondo.

Nella prima Roubaix del 1994, sulla Bianchi di Baldato (Mg Technogym) fu montata una forcella Rock Shox
Nella prima Roubaix del 1994, sulla Bianchi di Baldato (Mg Technogym) fu montata una forcella Rock Shox
Lo stress da direttore?

Le prime volte fu come tornare alle Roubaix degli inizi, con anche più stress di quando ero corridore. Anno dopo anno invece, con la consapevolezza è arrivato un maggior controllo. Quando abbiamo vinto la Roubaix del 2017 con Van Avermaet, ero in ammiraglia con Valerio Piva e l’abbiamo vissuta ogni metro. L’anno scorso fu esaltante con pioggia e fango, anche se con Kristoff ci fu qualche inconveniente meccanico. Se hai un corridore da top 10, la tensione in ammiraglia è altissima. Stai attento a ogni parola che ti arriva dalla radio, perché spesso sei lontano dal corridore.

Perciò venerdì si farà il sopralluogo?

Faremo gli ultimi 60 chilometri, da Orchies. Servirà per decidere le ultime cose e capire cosa ci aspetta domenica. Per chi non l’ha mai corsa, come Molano, sarà il modo di rendersi conto un po’ meglio. Io spero in Matteo (Trentin, ndr).

Trentin sarà la punta del UAE Team Emirates alla Roubaix. Esce da un periodo nero e sta crescendo
Trentin sarà la punta del UAE Team Emirates alla Roubaix. Esce da un periodo nero e sta crescendo
Come sta?

E’ in crescendo. All’Amstel gli è mancata la gamba sullo strappo più duro. Fa la Roubaix convinto e lo sapete che non è la sua corsa preferita, perché gli è sempre sfuggita dalle mani. Dopo la caduta della Parigi-Nizza e la bronchite, continuo a dirgli che la condizione arriverà proprio domenica alla Roubaix. Lui sa cosa fare, a volte sembra quasi inutile dargli consigli e allora mi diverto a punzecchiarlo. Sa che è l’ultima corsa buona di primavera. Se ci arriva con la testa giusta e la gamba fa il suo dovere, magari viene fuori qualcosa di buono. Già oggi secondo me andrà forte nel Brabante

Qualche buon motivo per seguire Kristoff alla Roubaix

11.04.2022
5 min
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Di Alexander Kristoff si è smesso da tempo di parlare, come se non avesse più niente da dire, anche se di corridori con il suo palmares nel gruppo ce ne sono davvero pochi. Per raccontare il gigante di Stavanger, che a 34 anni corre con la Intermarché Wanty Gobert e continua a vivere in Norvegia, basterebbe ricordare la Sanremo conquistata nel 2014, il Fiandre nel 2015, la Gand del 2019, le quattro tappe al Tour e adesso la Scheldeprijs, corsa per velocisti conquistata con 24” di vantaggio sul secondo.

Kristoff, campione europeo nel 2017 e bronzo olimpico a Londra 2012, cominciò un po’ a perdere consistenza al passaggio nel UAE Team Emirates. Senza responsabilità particolari, semplicemente per il tempo che passava o per un ambiente in cui non è riuscito a esprimersi. Per cui, passato nella squadra belga, per un motivo o per l’altro, ha ritrovato lo spazio e la voglia per emergere.

Il 2022 di Kristoff è iniziato con il piede giusto alla Clasica de Almeria
Il 2022 di Kristoff è iniziato con il piede giusto alla Clasica de Almeria

Conti pareggiati

Hilaire Van der Schueren, storico direttore sportivo del team, non vinceva una classica dall’Amstel Gold Race del 2016, quando ad alzare le braccia fu Enrico Gasparotto. Quest’anno prima Biniam Girmay e poi appunto Kristoff hanno pareggiato tutti i conti in un colpo solo. Dopo la sorprendente volata dell’eritreo nella Gent-Wevelgem, Kristoff si è preso il gusto di arrivare da solo.

«Lavoriamo su ogni aspetto dello sport – ha spiegato – ed è così che riusciamo a superare i nostri limiti. Non ho davvero nulla di cui lamentarmi. Stiamo vivendo una stagione fantastica come squadra. Prima Biniam che vince la Gand-Wevelgem, poi ho vinto io. E la stagione è ancora lunga, possiamo essere molto orgogliosi di questa stagione alle classiche. Lavoriamo bene insieme e ci concentriamo sui piccoli dettagli».

Kristoff ha vinto il Fiandre del 2015: con quei muri ha un feeling particolare
Kristoff ha vinto il Fiandre del 2015: con quei muri ha un feeling particolare

Un grande gruppo

Quando la Intermarché Wanty Gobert ebbe l’occasione di salire al WorldTour, oltre alla ricerca di corridori che le permettessero di rimanervi, mise mano in modo deciso proprio alla preparazione dei corridori e allo studio dei dettagli tecnici. E se il primo anno è stato di rodaggio, il 2022 è iniziato in modo importante. Il gruppo ha risposto nel modo giusto. Kristoff stesso aveva già vinto la Clasica de Almeria. Jan Hirt si è portato a casa una tappa e la classifica del Tour of Oman. Infine le vittorie di Girmay e Kristoff in Belgio hanno reso tutto più bello. Se c’è un aspetto su cui la squadra sta lavorando davvero bene – cosa non affatto scontata – è la creazione del gruppo, operazione sempre difficile quando avviene un innesto massiccio di nuovi corridori.

«Senza l’aiuto di Gerben Thijssen – ha detto Kristoff dopo la vittoria alla Scheldeprijs – non avrei mai potuto vincere. In questa squadra abbiamo molti corridori che sanno posizionarsi bene nel gruppo. Una cosa fondamentale, a mio avviso. Puoi essere forte quanto vuoi, ma se non sei nel posto giusto quando attaccano, sei fuori dai giochi. Gerben mi ha portato fuori in modo esemplare. Peccato solo che sia caduto, altrimenti il finale sarebbe stato anche più facile».

Nel 2018 con Aru e Martin al UAE Team Emirates, portando in dote la maglia di campione europeo
Nel 2018 con Aru al UAE Team Emirates, portando in dote la maglia di campione europeo

Sentirsi importanti

Il nuovo ambiente lo ha ringalluzzito, anche perché la UAE Emirates nel frattempo si è attrezzata con un gruppone fortissimo di scalatori e nella squadra del Tour per Kristoff non c’è più stato posto.

«Ovviamente questa è una squadra più piccola – ha detto – nessuno può negarlo. Ma di là non c’era la stessa attenzione per le classiche che abbiamo qui. Ecco perché per me arrivare alla Intermarché-Wanty non è stato un passo indietro. La UAE ha il grande obiettivo di vincere il Tour con Pogacar e tutto deve essere funzionale a questo. E le cose alla fine si erano fatte difficili, proprio perché è difficile trovare posto per me in una simile impresa. Quindi ho più motivazione. Da un lato sono più prezioso per la squadra di quanto fossi in UAE Emirates, che pullula di grandi campioni. E d’altra parte, sento più supporto per potermi dedicare alle corse che amo di più. Ho trascorso qualche giorno a casa – ha concluso – ma niente paura: tornerò per la Parigi-Roubaix».

In azione alla Roubaix del 2019: ha corso all’Inferno per 11 volte. Miglior risultato un 9° posto
In azione alla Roubaix del 2019: ha corso all’Inferno per 11 volte. Miglior risultato un 9° posto

Numeri da Roubaix

A Roubaix è arrivato due volte tra i primi 10, l’anno scorso è stato 14°. Sa andare sul pavé, basti considerare anche che in 11 partecipazioni al Fiandre, è stato per 8 volte tra i primi 10 e non è mai finito fuori dai 20. Se la cava anche bene quando piove: vivere a Stavanger accentua questa sua attitudine. E’ potente, ha il fisico giusto (è alto 1,81 e pesa 78 chili) e in questa stagione ha anche buone gambe. Potrà vincere? La Roubaix si gioca spesso sulla fortuna e ci sono favoriti più forti, ma Kristoff forse merita di essere considerato.

bici.PRO a casa Santini, per la nuova sede e le collezioni ASO

01.04.2022
11 min
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La maglia gialla era solo la punta dell’iceberg. Quando andammo nella sede di Lallio in cui Santini ha fatto base per una vita, fu subito chiaro che il simbolo del Tour de France portasse con sé un mare di altre iniziative. Da una parte le maglie di classifica delle diverse gare ASO (a cominciare dalla Parigi-Nizza), dall’altra le produzioni speciali abbinate alle corse più iconiche, soprattutto le grandi classiche. Dalla Roubaix alla Liegi, passando per la Freccia Vallone.

Via Zanica 14

Quando a distanza di qualche mese siamo andati a Bergamo per vedere la nuova sede dello storico maglificio, ci siamo ritrovati nel bel mezzo della loro preparazione ben prima che ne venisse dato l’annuncio, con la sensazione di essere ammessi in un dietro le quinte piuttosto esclusivo.

La nuova sede, prima di tutto. Si trova in via Zanica, a Bergamo, nel perimetro cittadino. La produzione è già stata spostata, gli uffici arriveranno quando la relativa palazzina sarà stata completata.

Un parco stupendo

Nei capannoni si produceva già abbigliamento intimo a marchio Perofil, in un sito con interessanti spunti di design e circondato da un parco pieno di sculture cui non è possibile apportare modifiche. Gli spazi sono triplicati rispetto alla sede precedente, conseguenza dell’aumento del personale e del volume di lavoro.

«E’ anche la previsione di assunzione di nuovo personale – ha dichiarato Monica Santini in sede di presentazione – che ci ha portato a fare questa scelta. Da quando sono entrata in azienda oltre un decennio fa con 60 dipendenti, oggi siamo a oltre 140 persone, a cui vanno aggiunte altrettante risorse esterne, grazie all’indotto che abbiamo saputo generare sul territorio bergamasco. Nella scelta della nuova sede, ci hanno guidato anche i valori aziendali, come la volontà di avere una struttura dal forte connotato green, sia come spazi verdi che come costo energetico».

Il tetto dell’intera struttura accoglie infatti un’importante pannellatura solare che permetterà a Santini di abbattere i costi energetici.

L’Inferno del Nord

Veniamo ora alle maglie delle grandi classiche, una delle chicche Santini per il 2022. La Parigi-Roubaix si correrà nel weekend di Pasqua: 16-17 aprile. Sabato l’edizione femminile, l’indomani quella degli uomini. Santini lancia due: la linea Paris-Roubaix e la capsule L’Enfer du Nord

La grafica, sia per uomo che per donna, richiama i colori e la simbologia usati sul percorso di gara per indicare i settori di pavé e la loro difficoltà. Nella collezione L’Enfer du Nord, i colori scelti sono quelli dell’inferno dei corridori quando affrontano i settori a cinque stelle.

In perfetto abbinamento sia con le maglie e la capsule L’Enfer du Nord, Santini propone calzoncini e intimo, uno smanicato, una giacca e vari accessori. La giacca è realizzata in Polartec NeoShell, tessuto traspirante e impermeabile che offre protezione contro le condizioni climatiche avverse e permette scambio d’aria e capacità di movimento.

Il Muro d’Huy

La Freccia Vallone si corre invece il 20 aprile, in questa nuova disposizione del calendario che vede le tre classiche ASO nella stessa settimana. E visto che la corsa è famosa per il Muro d’Huy, ad esso e alle sue cappelle si è ispirato Fergus Niland nel disegnare la linea dedicata alla Freccia.

Il Muro, noto anche come Chemin des Chapelles, per le sei piccole cappelle che vi si incontrano, è lungo solo 1.300 metri, con il nome ripetuto ossessivamente da una serie di scritte il cui stile appare sulle maglie Santini.

Maglia e salopette sono realizzati, nella versione maschile, con sfondo giallo e nero e la scritta Flèche Wallonne in rosso. In quella femminile, invece, ugualmente la scritta in rosso e lo sfondo grigio e nero. Gli accessori, la maglia tecnica, l’intimo e lo smanicato sono in abbinamento cromatico.

La Doyenne

Infine, tre giorni dopo la Freccia Vallone, sarà tempo de La Doyenne: la decana di tutte le classiche. La Liegi-Bastogne-Liegi, che si corre dal 1892 e sarà disputata il 24 aprile.

Dato che il percorso si snoda nei boschi e sulle cotes delle Ardenne, protagonista del design dei capi sono varie gradazioni di verde e la presenza di salite stilizzate che richiamano le undici cote della Liegi.

La linea uomo presenta maglia, pantaloncini, t-shirt tecnica e maglia intima, così come quella donna che si differenzia per il calzoncino senza bretelle, mentre la giacca, realizzata in Polartec Power Shield Pro, un tessuto impermeabile (con valore di 5.000 mm colonne d’acqua) e nello stesso tempo leggero e traspirante. Gli accessori coordinati si abbinano a tutti i capi della collezione.

Sorprese in vista

Altre produzioni mirate su eventi ASO sono in fase di preparazione, non vi anticipiamo nulla per rispetto dei tempi dei padroni di casa. Di sicuro, andando a spulciare da anni sui caravan delle maglie al Tour de France, non avevamo mai notato una simile abbondanza.

Santini Cycling

Moscon riparte: lo vogliamo con questa grinta…

25.02.2022
5 min
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Quando si rifugia nella sua valle trentina, Moscon diventa irraggiungibile. Non tanto per un problema tecnologico, quanto piuttosto perché sulle sue strade Gianni riesce a riconnettersi con il mondo interiore da cui ha sempre tratto la forza. E così, alla vigilia del debutto sulle strade del Nord, il trentino ci ha raccontato del suo adattamento al mondo Astana Qazaqstan, dopo che ai primi di dicembre aveva parlato delle prime sensazioni non ancora suffragate dall’esperienza.

«Sono stato qualche giorno in Trentino – dice – prima di ripassare a Innsbruck, preparare la valigia e partire per il Belgio. Avrei cominciato anche prima, ma come mezzo mondo ho preso il virus. Sto abbastanza bene, ma stavo meglio prima. Ho fatto un bell’inverno, dopo il Covid però mi sono preso anche una bronchite con cui non potevo allenarmi. Sono stato fermo una ventina di giorni, ora inizio a pedalare. Per cui farò Omloop Het Nieuwsblad, ma non Kuurne, dove l’anno scorso mi ruppi il polso. Torno in Italia, vado a Laigueglia e poi alla Strade Bianche».

Per qualche secondo, ascoltandolo e prendendo appunti, è parso di avere al telefono Francesco Moser. Stesso timbro di voce, stessa assenza di fronzoli, quasi lo stesso dialetto. La tipica concretezza dei trentini delle valli, abituati a fare i conti con la durezza della terra.

Da quest’anno e fino al 2023, Moscon vestirà la maglia dell’Astana Qazaqstan Team
Da quest’anno e fino al 2023, Moscon vestirà la maglia dell’Astana Qazaqstan Team
Dunque la nuova squadra?

Alla fine non è cambiato tanto. Si lavora bene e con una mentalità più italiana. Che cosa significa? Che per allenarsi si sfrutta di più il gruppo, ad esempio ricorrendo molto alla doppia fila. La mentalità anglosassone prevedeva invece che ognuno avesse la sua tabella e svolgesse il lavoro, senza guardare quel che facessero gli altri.

Cos’altro prevede il tuo calendario?

Le classiche fino alla Liegi, poi il Tour. Il fatto che la Roubaix sia stata posticipata rende più semplice legarla alla Liegi, anche se salterò la Freccia Vallone. Invece dopo la Strade Bianche, ci saranno Tirreno e Sanremo.

Pensi ancora alla Roubaix dello scorso anno? Per qualcuno l’avresti vinta tu…

Senza quelle cadute, può darsi e sarebbe stata la ciliegina sulla torta. Per un po’ è andato avanti il giramento di scatole, ma ormai non ci penso più. Ogni anno si azzera tutto, anche Colbrelli che l’ha vinta riparte da zero. E’ vero che abbiamo trovato condizioni proibitive, ma qualunque sia il meteo, quella è una corsa in cui si deve combattere e prendere quel che viene.

Per tutto il 2022, Moscon utilizzerà la Wilier Filante, intervenendo di volta in volta su ruote e gomme (foto Instagram)
Per tutto il 2022, Moscon utilizzerà la Wilier Filante, intervenendo di volta in volta sulle gomme (foto Instagram)
Sai già con quali materiali la correrai?

Non ancora. Nel senso che la Wilier Filante è una bella bici, le differenze con la Pinarello sono davvero minime. Invece approfondiremo i dettagli proprio nei prossimi giorni andando lassù per le prime corse. Non è che serva poi tanto, servono soprattutto le gambe. E poi la differenza si fa con le gomme, scegliendo fra tubolari o tubeless.

La Filante va bene com’è?

Non serve cercarne una che ammortizzi più di altre. L’anno scorso ho corso con la Dogma F, la bici più rigida che avessimo, con i tubeless che però ne compensavano la durezza. E così userò la Filante, come per tutte le altre corse. Ho a disposizione anche altri modelli, ma non credo che mi metterò a cambiare.

Vedremo un Moscon d’attacco come quello del Tour of the Alps?

Partirò con la mentalità per vincere, ma anche quella è legata alla condizione. Quando stai bene, puoi esprimerti al livello che preferisci. E lo stesso devono stare bene i compagni che ti accompagnano. Io farò un programma quasi parallelo a quello di Leonardo Basso e anche Davide Martinelli sarà con noi. La squadra ha certamente una propensione più spiccata per i Giri, ma se hai gambe vai forte anche nelle classiche.

L’abbraccio con Bernal al Giro del 2021: l’incidente di Egan lo ha colpito molto
L’abbraccio con Bernal al Giro del 2021: l’incidente di Egan lo ha colpito molto
Sei nel gruppo di Zanini per il Nord?

Alle classiche ci sarà Zazà, anche se il mio tecnico di riferimento resta Martinelli. Devo dire che è bello poter lavorare parlando italiano. Di là per fortuna ha preso piede Tosatto, ma la mentalità della squadra resta inglese. Hanno un approccio diverso. Noi italiani invece abbiamo una mentalità che dal loro punto di vista può essere negativa, ma alla fine ci permette di tirare fuori ugualmente dei grandi risultati.

Si era parlato di Ineos e alimentazione, come va con i consigli di Erica Lombardi?

Lavoriamo a stretto contatto. Non ha apportato grandi cambiamenti, parliamo molto e mi dà consigli. Diciamo che stiamo facendo una sorta di formazione, aggiungendo qualche utile integrazione al mio bagaglio di esperienza. Dopo tanti anni si può pensare di sapere già tutto, con lei riuscirò a migliorare senza stravolgere la mia dieta.

Moscon debutterà domani alla Omloop Het Nieuwsblad in cui nel 2021 si mise in evidenza attaccando nel finale
Debutto domani alla Omloop Het Nieuwsblad: nel 2021 attaccò nel finale
L’importante è guadagnare…

Un po’ sull’allenamento, un po’ con la nutrizione. E’ tutto curato nei dettagli, poi vedremo i risultati. I marginal gains sono importanti se prima si sono raggiunti i big gains. Se mancano le basi, se si perdono di vista i fondamentali, con i dettagli ci fai poco.

Domani si corre in Belgio, differenze dallo scorso anno?

Non si faranno più i tamponi, che mi pare già un bel passo avanti. Non sono un medico, non so dire come ha fatto Van Aert se sia giusto non imporre più le quarantene. Il Covid me lo sono preso prima della stagione che comunque è tanto lunga. Speriamo che alla fine sarà stato un male che non è venuto per nuocere…

Le difficoltà di ripetersi dopo un exploit: ce ne parla Cunego

24.02.2022
5 min
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Appena dopo un exploit le aspettative si alzano e la domanda che tutti si pongono è: riuscirà a mantenerle con gli occhi di tutti puntati addosso? Gli sguardi pesano e quando corri in bici, dove la leggerezza (in tutti i sensi) la fa da padrona, si sentono. Ti curvano la schiena, ti riempiono la mente di domande e a volte rischi di dubitare anche delle tue qualità. E se gli sguardi pesano, le parole di più e anche quelle possono far male. Ne parliamo con Damiano Cunego, uno che di aspettative se ne intende. Gli chiediamo come faranno Colbrelli e Caruso a lavorare serenamente cercando di ripetere la stagione passata.

Caruso e Colbrelli saranno chiamati al difficile compito di ripetere gli ottimi risultati ottenuti nel 2021 (foto Instagram)
Caruso e Colbrelli saranno chiamati al difficile compito di ripetere gli ottimi risultati ottenuti nel 2021 (foto Instagram)

Il rapporto con se stessi e gli altri

«La prima cosa che cambia – incalza Damiano Cunego – e che il corridore nota, è la preparazione. L’anno precedente si ha avuto modo di poterla fare con calma preparando gli appuntamenti che più si desideravano. Ora, invece, viene il bello. Forte e consapevole dei risultati fatti il corridore alza l’asticella. Sei tu per primo che hai aspettative più alte su te stesso e quello che hai fatto l’anno precedente lo consideri la base dalla quale ripartire. Poi si aggiungono le aspettative e le pressioni di sponsor e tifosi, alla fine ci sono due ipotesi…».

Caruso ha fatto il suo esordio stagionale alla Vuelta Ciclista a Andalucia (foto Team Bahrain Victorious)
Caruso ha fatto il suo esordio stagionale alla Vuelta Ciclista a Andalucia (foto Team Bahrain Victorious)
Quali?

La prima è quella che anche lavorando bene, con delle ottime sensazioni a livello di numeri, poi arrivi in gara e ti accorgi che ti manca la sicurezza. Non riesci a rendere come l’anno precedente e fai fatica, è la testa che pesa, piena di pensieri. Il cervello lavora il doppio e alla fine la paghi.

La seconda?

E’ quella secondo la quale anche con le pressioni che ti circondano rimani lucido e concentrato. C’è da aggiungere un particolare importante, questa piccola percentuale di corridori che non soffre le pressioni entra nella categoria dei campioni. Che è quella in cui spero rientrino Sonny e Damiano.

Colbrelli farà il suo esordio stagione alla Omloop Het Nieuwsblad sabato 26 febbraio
Colbrelli farà il suo esordio stagione alla Omloop Het Nieuwsblad sabato 26 febbraio
Caruso cambia obiettivo, dal Giro al Tour, mentalmente potrebbe essere come ripartire da zero?

Ripartire nella stagione nuova con un nuovo obiettivo aiuta a resettare mentalmente, questa è una giusta chiave di lettura. Alla fine fare una competizione nuova potrebbe porlo ancora in una situazione di vantaggio, nessuno sa cosa aspettarsi da lui lì. E’ anche vero che la squadra gli ha alzato l’asticella, questo vuol dire che crede nelle sue potenzialità. Vedremo cosa succederà.

Al contrario di Sonny che torna subito dove ha vinto, in Belgio.

Per lui non c’erano molte scelte viste anche le sue caratteristiche.

La differenza è anche che lui ha vinto, deve difendere il titolo…

Nelle corse di un giorno hai anche un “obbligo” verso i tifosi, l’organizzazione e gli sponsor. In più una volta vinta hai anche voglia di dimostrare che non lo hai fatto per caso, poi dipende anche dalla mentalità dei corridori. C’è anche chi si sente più sereno e la vittoria non la vede come una pressione ma una carica in più, pensa: «Ho dimostrato di poter vincere una volta, lo posso fare ancora».

Colbrelli Caruso 2021
Colbrelli e Caruso, il loro 2022 culminerà in estate col Tour, in base alle esigenze di squadra
Colbrelli Caruso 2021
Per Caruso e Colbrelli due approcci differenti alla nuova stagione
Di sicuro in gruppo non passano inosservati.

Lo senti che in corsa hai gli occhi tutti su di te, sia del pubblico che degli avversari. Cambia anche il modo di correre, non puoi nasconderti o tentare di anticipare perchè ora sanno tutti della tua forza e non ti lasciano libertà di azione.

Colbrelli e Caruso hanno avuto questo exploit rispettivamente a 31 e 34 anni che è diverso rispetto ad averlo da giovani.

Mentalmente sono più maturi e questo li potrebbe aiutare. Si dice che superati i 30-32 anni si abbia un calo fisiologico, si ha meno esplosività ma più fondo e scaltrezza. Sai correre meglio e posizionarti nei posti giusti senza sprecare energie.

I social hanno cambiato il rapporto con il pubblico, ora i corridori sono sempre sotto la lente d’ingrandimento
I social hanno cambiato il rapporto con il pubblico, ora i corridori sono sempre sotto la lente d’ingrandimento
Una cosa che è cambiata è anche il rapporto con i tifosi, ora ci sono i social, prima i corridori li vedevi solo alle gare ora sai sempre cosa fanno.

Sei alla mercé di tutti i tifosi: buoni o cattivi, gentili o maleducati. I commenti negativi si cerca di non leggerli ma alla fine quasi ci inciampi. Quelli positivi possono darti più motivazione e alzare il morale oppure metterti ancora più pressione, non è un mondo facile.

Anche la squadra deve cambiare modo di correre?

Sì, anche la squadra deve trovare un modo differente di correre, più di controllo e di presenza. Devi avere i compagni giusti al tuo fianco, soprattutto nei momenti cruciali altrimenti gli avversari ti mettono in mezzo. E’ capitato tante volte che il corridore dovesse vincere la grande corsa ma la squadra non lo ha supportato a dovere.

Franco e Sabrina, dodici anni dopo, un tuffo nel cuore

06.02.2022
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«Oggi Franco per noi è com’era nel 2010 – sussurra Sabrina – diverso da com’è stato per i primi 2-3 anni dopo che è morto. Allora c’erano adrenalina e mille cose da fare, fra indagini e assicurazioni. I figli facevano sport per non pensare. Adesso finalmente in casa se ne può parlare, non è più un tabù…».

Matteo e Gianmarco Ballerini, gli splendidi figli di Sabrina e Franco (foto Facebook)
Matteo e Gianmarco Ballerini, gli splendidi figli di Sabrina e Franco (foto Facebook)

I due ragazzi

Il 7 febbraio del 2010, domani di dodici anni fa, ma come oggi di domenica. Ciascuno di noi ricorda esattamente dove fosse e cosa stesse facendo quando si diffuse la notizia che Franco Ballerini fosse morto. Un dolore difficile da descrivere, un finale impossibile da prevedere. Nella grande casa sulla collina il dolore impastò le storie di una vita, sotterrando tutto. Però il mondo cambia. I social ti portano in casa foto e ritratti di bambini diventati uomini e poi a loro volta genitori. Gianmarco e Matteo, il più grande e il secondo. E così oggi Sabrina Ricasoli, la moglie del Ballero, è nonna. E i suoi ragazzi sono le due meraviglie che Franco non perdeva occasione di mostrare nel suo telefono.

«Matteo – racconta – per tanto tempo non ha voluto parlare di ciò che nella sua vita è stato brutto. L’operazione e la morte di Franco. Non ne parlava e nemmeno chiedeva. A scuola si fece mandare dal preside, perché in una giustificazione c’era da mettere la firma del padre e lui non voleva dire che il suo babbo fosse morto. Gli somiglia tanto nelle movenze, come accavalla le gambe. Gianmarco invece ha le sue espressioni…».

Ti darei gli occhi miei

Stai parlando dei ragazzi, Sabrina, ma tu? Ascolta. Resta in silenzio. Il profumo del ricordo, cantava Guccini, cambia in meglio. E così a distanza di così tanto tempo quel che resta è la nostalgia: «Ti darei gli occhi miei – ha scritto giorni fa Sabrina su Facebook – per vedere ciò che non vedi, l’energia e l’allegria per strapparti ancora sorrisi».

«Mi rispecchio nei miei figli – dice – ho messo da parte la Sabrina, perché ho subito pensato di doverli proteggere. Non ho più avuto un compagno, ma ora che li vedo sereni, sono serena anche io. A volte penso a come sarebbe stato Franco come nonno e mi viene da ridere. Era vanitoso per quello cui teneva. Avrebbe mostrato di sicuro a tutto il mondo le foto di suo nipote, come mostrava quelle dei suoi figli o della moto».

Ma Scinto c’è

Il resto si è allontanato. Storie già viste, niente di cui meravigliarsi. Solo pochi sono rimasti, Scinto però c’è sempre stato.

«Il ciclismo è sparito velocemente – conferma – al di là di Luca non c’è più nessuno, se non il Team Franco Ballerini. Con lo Scinto siamo sempre stati amici al di là del ciclismo. Quando Matteo si è fatto male al ginocchio, lo ha portato lui dall’ortopedico. E poi continuo a sentire le mogli dei corridori toscani. La moglie di Tafi e la ex di Cipollini. Ho un bel rapporto con Michele e Alessandra Bartoli. E adesso che faranno l’apertura di stagione degli juniores con una gara intitolata a lui, andrò a vederla».

Cristian è figlio di Gianmarco, il nipote di Franco Ballerini (foto Facebook)
Cristian è figlio di Gianmarco, il nipote di Franco Ballerini (foto Facebook)

La moto e la pietra

E Franco, secondo te… che cosa si è perso Franco? S’è perso un mondo, pensiamo mentre Sabrina riflette. Non si può morire a quel modo a 46 anni, aveva ancora tante cose da fare.

«Si è perso i nipoti – dice – e non mi sembra poco. Si è perso la crescita dei figli, che ha lasciato bimbi e ora sono due uomini. Matteo non frequenta nessuno in paese, lavora fuori. Per cui quando va al supermercato, la gente resta senza parole per quanto gli somiglia e quanto è cresciuto. In garage c’è ancora la moto. A Gianmarco non piace, Matteo dice che è sua. E io gli ho detto che se non paga i bolli, la vendo. Non è più stata accesa, ma lui dice che non la vuole vendere. Che prima vuole farci un giro e che se poi non gli piace, allora se ne parlerà. Ma quel momento lo rimanda sempre.

«In casa c’è ancora tutto di Franco. La mattonella murata con la foto dell’ultima Roubaix, con lui che saluta nel velodromo. La pietra. La maglia. Lo studio con le foto. A me non serve andare ogni giorno al cimitero. Se voglio parlare ad alta voce con Franco e non essere presa per matta, non serve che esca. Ho quella mattonella…».

Ride. Le foto la ritraggono simpaticamente matta come sempre, ma nel fondo della voce quella luce non s’è riaccesa e Dio solo sa se tornerà a brillare. Che sia benedetta la vita. E forse guardando i suoi ragazzi, Sabrina avrà la forza di benedirla davvero. Anche se la verità, al di là di quello che vorresti e che sogni ogni notte, è che non puoi farci proprio niente.

Pedersen mostra i muscoli e si commuove. Bettiol cresce

03.02.2022
5 min
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«Non ero solo – ha spiegato Pedersen, molto commosso dopo l’arrivo della prima tappa all’Etoile de Bessegessono sicuro che da qualche parte, lassù, Pepinho mi stesse guardando. Questa vittoria è per lui». 

Pepinho, soprannome di José Eduardo Santos, era diventato meccanico della Trek nel 2011, quando la squadra si chiamava ancora Leopard. Se ne è andato la settimana scorsa per un infarto. Era un personaggio centrale della squadra, noto perché cantava arie di fado mentre puliva le bici, la sera, nei parcheggi degli hotel.

Pepinho, meccanico nel team dal 2011, è scomparso per un infarto la scorsa settimana (foto Trek-Segafredo)
Pepinho, meccanico nel team dal 2011, è scomparso per un infarto la scorsa settimana (foto Trek-Segafredo)

Non solo quei due

E così la corsa francese si è aperta con la vittoria del campione del mondo di Harrogate 2019. Ragazzo di poche parole, che nel finale si è affidato a Tom Skujins perché lo portasse ai piedi dell’ultimo strappo e poi ha fatto da sé. E anche se la classifica finale dell’Etoile de Besseges potrebbe essere alla sua portata (malgrado la salita di Mont Bouquet di sabato e la cono finale di 10 chilometri), il suo sguardo è puntato sul Nord. Il perfetto terreno di caccia.

«Si sta commettendo l’errore – ci aveva detto a dicembre nel ritiro di Altea – di concentrarsi solo su Van Aert e Van der Poel. Ci sono un sacco di buoni corridori nel gruppo, ma se guardi sempre gli avversari, sei destinato a rimanere un passo indietro. Quei due sono come gli altri. Van der Poel era forte nella fase finale della Roubaix, ma Colbrelli lo ha battuto in modo leale. Non lo sono gli unici due di cui dobbiamo tenere conto. Certo, sono d’accordo che sono le due più grandi stelle del ciclismo in questo momento, ma non è solo perché sono forti nelle classiche. Quei due sono dannatamente forti dovunque li metti».

Sfinito dopo l’arrivo e dopo l’allungo sull’ultimo strappo, Pedersen ha parlato subito di Pepinho
Sfinito dopo l’arrivo e dopo l’allungo sull’ultimo strappo, Pedersen ha parlato subito di Pepinho

Nord rinviato

Lo scorso anno Mads Pedersen ha vinto tre corse, fra cui la Kuurne-Bruxelles-Kuurne nel weekend di apertura, ma nessuna a livello di WorldTour.

«Del 2021 ricorderò soprattutto gli incidenti – dice – perché dal Delfinato alla Roubaix sono stati per lo più problemi. Però quest’anno niente apertura in Belgio, Het Nieuwsblad e Kuurne. La Roubaix è una settimana più avanti del solito e il mio allenatore e la squadra hanno pensato che sia una buona idea spostare tutto più avanti. Hanno un grande piano per me, io lo seguo e spero che mi porti bene verso i principali obiettivi che sono Fiandre e Roubaix».

Tutto da capire

Campione del mondo a 24 anni, ora che ne ha 26 si volta indietro e inizia a vedere le cose sotto una prospettiva più matura.

«La cosa più importante che un corridore possa imparare – racconta – è risparmiare le energie ed io, facendolo, arrivo sempre meglio nei finali. Sto acquisendo esperienza, ogni cosa è esperienza, anche rientrare dopo una caduta senza sfinirsi quando se ne ha lo spazio. E quest’anno davvero assieme al mio amico Stuyven (che lo scorso anno ha vinto la Sanremo, ndr) potremmo realizzare qualcosa di importante. Siamo buoni amici e lo siamo sempre stati. Siamo onesti l’uno con l’altro, anche questa è esperienza. La guerra in squadra è come sprecare energie. E’ davvero utile invece quando una squadra ha due corridori motivati e forti che vogliono la stessa cosa».

Due volte a Roubaix

Roubaix sarà due volte, diceva in Spagna con un sorriso furbetto. Perché come ad ogni danese che sappia di ciclismo, neanche a lui è sfuggita la risonanza del Tour che parte da Copenhagen. La cronometro di 13 chilometri in partenza magari sarà troppo lunga per sperare di opporsi agli specialisti, ma l’appuntamento con il pavé della quinta tappa gli ha suggerito un’idea per nulla balzana.

«Non sono affatto un favorito per il prologo – ci ha detto – ma so di poter fare bene. Mi piacerebbe essere vicino al vincitore e poi forse il giorno di Roubaix potrei puntare alla maglia gialla e magari anche vincere la tappa. Sarebbe uno scenario da sogno per il resto della stagione. E comunque sarà bello correre davanti al pubblico di casa e speriamo di vedere molte persone sulla strada. Il ciclismo è davvero grande in questo momento, non solo con i corridori, ma anche con i pendolari e i turisti. Sta diventando sempre più grande. Saranno giorni indimenticabili».

In corsa nella Trek-Segafredo c’è anche Antonio Tiberi
In corsa nella Trek-Segafredo c’è anche Antonio Tiberi

E così dopo la vittoria con un secondo di vantaggio su un gruppetto di quattro fra cui anche Alberto Bettiol (Ganna era poco dietro, a 7 secondi) e il pensiero triste di Pepinho nel cuore, Pedersen ha riguadagnato la via dell’hotel. Oggi si arriva a Rousson dopo 156 chilometri e con due salitelle di poco conto, ma la classifica è davvero cortissima per pensare di tenere il gruppo. Anche se Skujins ridendo diceva che la vera corsa sarà nella caccia agli abbuoni.

Gianni Moscon sempre con Sidi: «Qui mi sento a casa»

31.01.2022
3 min
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Il 2022 potrebbe essere l’anno di Gianni Moscon. Il passaggio del trentino dalla corazzata INEOS Grenadiers all’Astana Qazaqstan Team, al fianco di Vincenzo Nibali, ha rappresentato di fatto una delle grandi sorprese proposte dal recente “giro” di ciclomercato. Per Moscon sono cambiati la bicicletta – sempre italiana, da Pinarello a Wilier – i componenti e gli accessori montati sulla sua specialissima, l’abbigliamento, il casco… Un unico brand è rimasto invece “ai piedi” del “trattore di Cles” assicurando all’atleta un percorso di continuità: questo marchio è Sidi.

Il calco dei piedi di Moscon fra quelli dei tanti altri corridori che calzano scarpe Sidi
Il calco dei piedi di Moscon fra quelli dei tanti altri corridori che calzano scarpe Sidi

Obiettivo classiche

L’obiettivo principale di Gianni Moscon per questa stagione sono le Classiche, ripensando alla splendida Roubaix corsa lo scorso anno. E proprio qualche giorno prima di concentrarsi sui prossimi impegni stagionali, Moscon è passato presso il quartier generale di Sidi per un piccolo tour e una piacevole chiacchierata.

«Quando sei immerso nella frenesia della corsa – ha dichiarato Gianni – le emozioni non si elaborano con coscienza. Proprio a Roubaix mi ero reso conto di essere in testa e, pedalata dopo pedalata, ero concentrato solo ed unicamente su un unico pensiero: quello di arrivare al velodromo. Gli ultimi chilometri sono stati difatti come una cronometro. Dovevo raggiungere il traguardo nel minor tempo possibile. Ero così concentrato che non ho lasciato nessuno spazio alle emozioni. Volevo solo gestire al meglio il mio vantaggio».

Gianni Moscon nei magazzini di Sidi, dove vengono stoccate le scarpe per tutti i corridori
Gianni Moscon nei magazzini di Sidi, dove vengono stoccate le scarpe per tutti i corridori

In Sidi, Moscon ha anche raccontato della sua speciale inclinazione per questo genere di corse, ripensando alle prime volte in cui si è approcciato agli insidiosi e tecnici percorsi del Nord.

«In squadra quelle corse erano poco battute dai corridori che puntavano ad altre competizioni, quindi ho avuto da subito la possibilità di cimentarmi su questi terreni. Non era programmato, ma è stato davvero un amore a prima vista».

Con Sidi dai 14 anni

Rosella Signori, che ha accolto il trentino in azienda, si è detta entusiasta della volontà di Moscon di confermare la partnership con Sidi anche per il 2022

«Lo scorso anno – ha confessato la Signori – Gianni ci ha regalato emozioni incredibili. Gli ultimi chilometri verso Roubaix sono stati letteralmente da cardiopalma: siamo davvero contenti di avere ancora un atleta così forte nel nostro grande team».

La sede di Sidi a Maser, proprio di fronte ai Colli Asolani
La sede di Sidi a Maser, proprio di fronte ai Colli Asolani

Moscon, che calza Sidi sin dall’età di quattordici anni, da quando era esordiente, si è detto entusiasta di aver ritrovato gli atleti italiani che corrono con l’Astana Qazaqstan: anch’essi testimonial Sidi.

«E’ un po’ come tornare in famiglia – ha confessato – basti pensare che con Leonardo (Basso) e Simone (Velasco) ho corso da Under alla Zalf e da Castelfranco è passato anche Battistella. Per me quest’anno sarà come fare un salto nel passato… Con loro mi trovo molto bene: siamo amici. E sapere che saremo di nuovo in corsa con gli stessi colori mi fa sentire come se fossi a casa».

Sidi

Mal di schiena risolto, Ballerini punta dritto su Roubaix

14.01.2022
5 min
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Pensando a Davide Ballerini, si fa fatica a capire se la prima immagine che viene in mente sia la vittoria all’Het Nieuwsblad oppure la caduta assieme a Trentin ai mondiali di Leuven, in cui la sorte s’è portata via le nostre chance di vittoria. Il 2021 del corridore di Como è partito a razzo, con due vittorie al Tour de la Provence e quella nella classica belga di apertura, poi è andato a scontrarsi contro il livello di corse pazzesche, cui Ballero ha iniziato a prendere le misure.

«In questa squadra si cresce un casino – dice – sto imparando tantissimo. Ho fatto il Tour in camera con Morkov, che mi ha spiegato milioni di cose. Stiamo scrivendo la leggenda di una squadra che ha nella Settimana Santa del Belgio il momento clou della stagione. Si sentono atmosfera e stress, perché lassù bisogna correre per vincere».

Fra i corridori del gruppo classiche, anche Ballerini ha raccontato le sue ambizioni per il Nord
Fra i corridori del gruppo classiche, anche Ballerini ha raccontato le sue ambizioni per il Nord

Se poi ti chiami Ballerini, hai l’attitudine per muri e pavé e ammetti che la Roubaix sia il tuo sogno, il destino è già scritto. Basta intercettare gli sguardi e le battute con cui Lefevere se lo coccola, per capire che la Quick Step-Alpha Vinyl creda parecchio in lui. In Spagna si lavora, ma l’ammissione è chiara: partirà più piano dello scorso anno. Al punto che Ballerini all’Het Nieuwsblad non ci andrà neppure.

Come mai?

Abbiamo archiviato il 2021 e fatto le nostre analisi. Ho la consapevolezza che posso fare bene, le aspettative sono alte. Per cui partirò con più calma per arrivare bene alla Roubaix. Le classiche sono tutte fantastiche, ma già l’anno scorso mi ero focalizzato su mondiale e Roubaix, solo che quella caduta li ha compromessi entrambi. Sono sempre stato indirizzato verso il Belgio per il mio fisico, ma non mi sono mai confrontato con i pezzi da 90. Vincere l’Het Nieuwsblad mi fa pensare che se ci credo e lavoro sodo, posso avvicinarmi a loro.

Sei nella squadra giusta?

La migliore, ma non sarà neanche facile perché in certe corse si va in otto e praticamente tutti possono giocarsi la vittoria.

La sosta al Bar Velò a metà allenamento nel giorno dell’incontro con la stampa (foto Wout Beel)
La sosta al Bar Velò a metà allenamento nel giorno dell’incontro con la stampa (foto Wout Beel)
In più da un paio d’anni ci sono in circolazione Van der Poel e Van Aert e tutto si complica…

Vero, però il Fiandre l’anno scorso l’abbiamo vinto noi. La cosa che dobbiamo cercare è il lavoro di squadra, perché loro sono forti, ma non hanno un gruppo come il nostro. Sulla carta abbiamo un collettivo più attrezzato. Dobbiamo cercare di isolarli, dandogli poi scacco matto. Si è visto al Fiandre. Nessuno avrebbe scommesso su Kasper (Asgreen, ndr), ma alla fine ha vinto lui. Ed è il bello di poter giocare di squadra.

Hai salito un altro gradino?

Ogni anno riesco a guadagnare qualche watt in più per resistenza ed esplosività. Non ho mai creduto nei progressi che arrivano troppo in fretta, preferisco crescere gradualmente. Le batoste fanno crescere se hai le basi solide, sennò possono anche farti smettere. Però allo stesso tempo, bene la gradualità, ma il tempo vola. Poco fa ero a mangiare con un gruppetto di juniores che passano dilettanti, mentre io vado per i 28. Bisogna concretizzare. Un uomo saggio mi ha detto che siamo come un serbatoio con un buchino. Con l’età che va avanti, il serbatoio si svuota.

Interessante lettura, chi è l’uomo saggio che te lo ha detto?

Mario Cipollini. Credo che abbia ragione, perché nel frattempo intorno il mondo va alla velocità della luce. Si sta abbassando tutto. Si diventa più metodici nelle squadre giovanili, anche per cose che avrebbe più senso fare da grandi. Come i rulli dopo l’arrivo oppure l’altura per preparare ogni appuntamento. 

Perché succede secondo te?

Prendono esempio da noi, purtroppo è così e non ci si può fare niente. Ricordo che un anno anche io andai in altura con la nazionale prima della Firenze-Empoli. In più la giovane età tiene bassa la soglia di rischio, per cui quelli che arrivano non hanno paura di buttarsi, mentre noi più grandi cominciamo a calcolare i rischi di certe manovre

Proprio nel ritiro di dicembre ha scoperto che il mal di schiena dipendeva da una microfrattura, ora completamente guarita (foto Quick Step)
Ha scoperto che il mal di schiena dipendeva da una microfrattura (foto Quick Step)
La Roubaix è il tuo sogno, che effetto ti ha fatto vederla vincere da Colbrelli?

Una grande emozione, sono molto contento per Sonny. Credo anche che l’avrebbe vinta Moscon senza tutte quelle scivolate. Eravamo ai limiti, sembrava una gara di cross, non avevo mai corso in simili situazioni. Mi dispiace perché quel giorno ero ancora arrabbiato e dolorante per la caduta del mondiale e rialzandomi da quella fuga ho buttato un’occasione. Ma la schiena ha detto stop, ho dovuto fermarmi.

Gli strascichi della caduta di Leuven?

Pensavamo fosse solo una botta, ma dava fastidio. Così al primo ritiro abbiamo fatto uno scan e finalmente è venuta fuori la causa. Una microfrattura. Così mi sono messo l’anima in pace, perché c’era una causa. Ho riposato e adesso sono pronto per ripartire. Andrò al Saudi Tour, all’Oman e poi in altura pensando a Sanremo e classiche…