Il Brabante di Godon e ora l’Amstel per Cosnefroy

15.04.2023
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«L’anno scorso sono finito nella famosa caduta della Liegi con Alaphilippe – racconta Godon, dopo aver vinto la Freccia del Brabante – e mi sono rotto la clavicola. Ho dovuto operarmi e poi, prima del Tour, ho preso un virus. Per due mesi non sono riuscito a respirare. Dovevo andare alla Vuelta per vincere una tappa, ma ho fatto un tampone ad Amsterdam mentre andavamo alla partenza di Utrecht e avevo il Covid. Ho chiuso la pagina e mi sono rassegnato…».

La vittoria alla Freccia del Brabante è stata la prima per Godon fuori dalla Francia
La vittoria alla Freccia del Brabante è stata la prima per Godon fuori dalla Francia

Alle spalle dei fenomeni

La nuova stagione ha portato qualche interessante piazzamento fra il Tour Down Under e il Catalunya, fino alla vittoria nell’ultima classica dei muri, fase di raccordo fra quelle fiamminghe e la settimana delle Ardenne che si aprirà domani con l’Amstel Gold Race. Certo il Brabante non è il Fiandre e nemmeno la Roubaix, perciò quando fra 50 anni il francese di Lione, 1,90 per 73 chili, siederà davanti al camino per racontarla ai nipoti, dovrà fare una bella premessa.

Nel momento in cui le grandi classiche sono appannaggio di pochissimi fenomeni, anche nelle più piccole si muovono campioni come Laporte e Philipsen, Hayter e De Lie che sono capaci di fare razzie. Per questo la vittoria di Overijse assume per il corridore della Ag2R-Citroen un’importanza non banale. Per lui e la sua squadra.

Healy ha portato in Belgio la buona condizione mostrata in Italia fra Coppi e Bartali e Larciano
Healy ha portato in Belgio la buona condizione mostrata in Italia fra Coppi e Bartali e Larciano

La pioggia e la rabbia

A Overijse mercoledì ha piovuto e fatto freddo per tutto il tempo. Il gruppo si era radunato a Louvain, indimenticata sede dei mondiali delle Fiandre, che per buona parte del circuito lungo fuori città avevano percorso proprio i muri della Freccia del Brabante.

«Quelle condizioni di pioggia e freddo – ha raccontato Godon – mi stanno sempre bene. Volevo attaccare, essere davanti. E’ il ciclismo che amo e che spesso mi riesce meglio. Sono uscito a una cinquantina di chilometri dal traguardo e alla fine mi sono ritrovato con Ben Healy, che in questo periodo va molto forte. Ma a me non piace essere secondo, questa volta meno che mai. Ero fiducioso nella mia esplosività in volata, negli sprint a due di solito me la cavo. E il fatto che Healy alla fine non abbia collaborato mi ha fatto arrabbiare ancora di più».

Il forcing di Godon ha piegato l’irlandese della Ef Education, poi battuto allo sprint
Il forcing di Godon ha piegato l’irlandese della Ef Education, poi battuto allo sprint

Un cavallo pazzo

Le sue vittorie fino al giorno di Overijse erano rimaste tutte sul suolo francese. Nessuna corsa di immenso prestigio. Due volte la Parigi-Camambert, il Tour du Doubs, due tappe alla Boucles de la Mayenne, fra cui una crono nel 2018 in cui si lasciò alle spalle per 9 secondi l’ancora poco noto (su strada) Mathieu Van der Poel. Eppure secondo i compagni Godon è una forza della natura: quel che fa spesso difetto è la… centralina.

«E’ estremamente forte – ha raccontato dopo l’arrivo il compagno Naesen, ridendo – in termini di potenza pura, è il primo della squadra. Però non ha un master in tattica e visione di corsa. Non sa quanto sia forte, non è mai posizionato correttamente: può andare in fuga, ma non sa limare. Nel Brabante si è salvato perché è stato davanti per i primi 120 chilometri, ma tatticamente a volte fa cose molto strane. Al Tour una volta faceva parte di una fuga di quindici uomini non coperta dalle ammiraglie e ha chiesto se poteva farsi riprendere dal gruppo per prendere una bottiglia di acqua gasata. Era il nostro unico uomo davanti. Se lo avesse fatto, lo avrei ucciso…».

La corsa della vita

Godon in qualche misura ha ammesso che i compagni hanno ragione o quantomeno ha riconosciuto che le occasioni sprecate son più di quelle in cui ha fatto centro.

«Non vinco spesso – ha sorriso – ma so come si fa. Nel ciclismo non vivo sempre bei momenti, ma credo nelle mie capacità. Il mio allenatore mi ha detto che, sulla base dei test che avevo, sarei stato uno dei primi della squadra a vincere, me ne sono ricordato all’arrivo. Ma sin dal via ero fiducioso e pensavo solo a vincere. Nel WorldTour sono spesso gli stessi ad alzare le braccia, perciò è stato bello aver potuto cogliere la mia occasione. In quell’ultimo rettilineo ho fatto la corsa della vita e ho colto la mia più grande vittoria».

Il suo programma prosegue ora con l’Amstel, la Freccia e la Liegi, in cui probabilmente lavorerà per Cosnefroy, che a Overijse sarebbe dovuto essere il capitano e ha chiuso invece al terzo posto. Nella squadra francese ci sarà anche Greg Van Avermaet, che nelle ultime settimane sta masticando amaro, portando a fatica il peso degli anni e la frustrazione per gambe che non spingono come vorrebbe.

A Overijse di scena il nuovo Pidcock, battuto ma felice

22.11.2022
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C’è stato un momento, nella prova di Coppa del Mondo di Overijse, nel quale si è ben capito perché i “tre tenori” fanno uno sport a parte rispetto agli altri. E’ stato nel primo giro, quando il campione del mondo Tom Pidcock (l’unico in gara, Van Der Poel e Van Aert esordiranno più avanti) è transitato dopo la partenza solitario in fondo al gruppo dei 43 partenti e pure con un certo distacco.

Il podio finale di Overijse, con Vanthourenhout davanti a Pidcock e a Van Der Haar
Il podio finale di Overijse, con Vanthourenhout davanti a Pidcock e a Van Der Haar

Un sorpasso dietro l’altro

Si saprà dopo l’arrivo che in un sol colpo il britannico ha avuto un problema alla catena e a una scarpa. Plausibile considerando che la gara belga si è svolta in un clima da “vero ciclocross”, con pioggia e freddo che avevano trasformato il percorso in una colata di fango. Ebbene, è stato allora che Pidcock ha fatto vedere di che pasta è fatto: una serie inesauribile di sorpassi, uno dopo l’altro con gli avversari che sembravano andare al rallentatore. Alla fine del primo giro era 9°, al secondo era già in testa con i due rivali belgi Vanthourenhout e Iserbyt.

A molti quella cavalcata trionfale ha riportato alla memoria ricordi lontani, quelli di un certo Pirata che sulla salita di Oropa sfilava al fianco del gruppo alla spicciolata, superando un corridore dopo l’altro fino ad andare a vincere. Pidcock ormai sta diventando un habitué delle grandi imprese anche se quella di Overijse è rimasta a metà, perché a vincere è stato il campione europeo Vanthourenhout. Alla fine della gara però le attenzioni maggiori erano rivolte al campione del mondo e lo stesso Michael ha candidamente ammesso che la vittoria è stata un passaggio: «Il prossimo fine settimana le cose temo che andranno diversamente e sarà già un altro Pidcock».

Tra il belga e il britannico c’era stata già la sfida a Merksplas, ma a vincere era stato Sweeck
Tra il belga e il britannico c’era stata già la sfida a Merksplas, ma a vincere era stato Sweeck

Tre ore in bici e basta…

«Mi darei un bell’8 – ha affermato il campione della Ineos Grenadiers al suo arrivo – è stata una gara divertente che mi ha riportato alla mente i percorsi dei miei inizi in Gran Bretagna. D’altronde non potevo neanche pretendere molto di più considerando che nelle gambe avevo un allenamento di due ore in settimana e un’ora di gara al sabato nel Superprestige (concluso al 7° posto a Merksplas, ndr). La sconfitta è dovuta alla caduta nel penultimo giro, tra l’altro su uno dei pochi tratti in asfalto. Ho preso una botta che al lunedì si è fatta sentire…».

La notizia delle pochissime ore in bici ha lasciato gli interlocutori a bocca aperta. Questo è un altro fattore che fa ben capire come nel suo caso (ma da quel che si sa a proposito di Van Der Poel non ci sono così tante differenze…) si parli davvero di qualcosa di diverso rispetto agli altri e forse siano proprio queste cose che innescano una sorta di “inferiority complex” negli altri, come le dichiarazioni post-gara di Vanthourenhout fanno capire. Il suo allenatore Kurt Bogaerts era andato anche oltre parlando di una sola ora di lavoro specifico. In sala stampa Pidcock lo ha corretto, ma non è che poi le cose cambino di molto…

Per il campione europeo Vanthourenhout una vittoria di peso, ma da domenica la musica cambia…
Per il campione europeo Vanthourenhout una vittoria di peso, ma da domenica la musica cambia…

Galleggiare sul fango

Guardando la gara di Overijse con occhio attento, ad esempio non è sfuggita agli occhi esperti la sua straordinaria capacità di guida nei tratti più scivolosi, dove evitava accuratamente di toccare i freni lavorando molto con il manubrio e con gli spostamenti di equilibrio, usando quelle tecniche che lo hanno reso famoso e quasi imbattibile anche nella mountain bike.

Per questo quella caduta sull’asfalto lo ha fatto molto arrabbiare, deconcentrandolo anche mentalmente: «Nell’ultimo giro la gara era ancora recuperabile, ma non avevo la necessaria lucidità e la mia guida non è stata più così pulita, bravo alla fine Vanthourenhout a mantenere quei 3” di vantaggio».

Pidcock sta valutando di non difendere la maglia ai mondiali, anticipando il passaggio alla strada
Pidcock sta valutando di non difendere la maglia ai mondiali, anticipando il passaggio alla strada

E i mondiali? Vedremo…

Al di là del risultato, a fine gara è apparso comunque un Pidcock disteso, neanche troppo interessato al risultato finale e qualcuno glielo ha fatto notare: «Il mio grande obiettivo era vestire questa maglia da campione del mondo, ora quello che viene è un di più. Gareggio senza eccessive pressioni, per divertirmi, tanto che non è neanche detto che sarò al via del prossimo mondiale per difenderla, devo fare i conti con i programmi della squadra per la stagione su strada».

Intanto domenica arriva il primo scontro al vertice, con Van Der Poel: «Andrà sicuramente forte già alla sua prima gara, come ogni anno d’altro canto…».

Il fango di Overijse lancia Iserbyt verso gli europei

01.11.2021
6 min
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Un po’ come l’anno scorso e in attesa di sapere se proseguirà per lui allo stesso modo, Eli Iserbyt ha vinto la prova di Coppa del mondo di cross a Overijse, raggiungendo quota tre su cinque sfide disputate.

In uno scenario piuttosto simile a quello della Parigi-Roubaix che quattro settimane fa aveva infangato da testa a piedi i guerrieri del Nord, il circo del cross si è inchinato al folletto belga di 24 anni, lanciato nuovamente verso i campionati europei. L’anno scorso andò proprio così, poi arrivarono i tre guastafeste di Van der Poel, Van Aert e Pidcock e la sua stagione cambiò. Quest’anno, dopo la stagione massacrante vissuta su strada, i tre si riaffacceranno allo stesso modo?

Giornata di fango vero, che ha fatto la selezione giro dopo giro
Giornata di fango vero, che ha fatto la selezione giro dopo giro

Un giorno perfetto

Iserbyt probabilmente ci avrà anche pensato, ma riemergendo dal fango che ha incatramato ruote e parole, dopo il traguardo è riuscito a spiccicarne alcune molto chiare.

«E’ stata una giornata perfetta, ha detto Iserbyt – sapevo che come leader della classifica non potevo che cercare il ritmo più regolare e gli altri non se la sono sentita di seguirmi fino al traguardo. Questo dovevo fare e questo ho fatto.. Sono molto felice di aver vinto e di aver aumentato il mio vantaggio».

Terzo al traguardo Toon Aerts, maglia Baloise, a 26″
Terzo al traguardo Toon Aerts, maglia Baloise, a 26″

Strategia giusta

Overijse è un tempio del cross belga, definito non a caso “Madre di tutti i cross”. I tifosi la aspettano ogni anno con qualunque condizione di tempo, ma era al debutto in Coppa del mondo.

La pioggia caduta tra la gara femminile e quella degli uomini ha reso il terreno una poltiglia ancor peggiore. Se le donne sono riuscite ad arrivare in fondo su un terreno ancora praticabile, per gli uomini la situazione si è fatta subito pesante. Anche se, proprio prendendo spunto dalle donne, non si è verificato il massiccio cambio di bici al primo box di assistenza che nella gara precedente aveva tagliato fuori dai giochi parecchie atlete molto attese.

Giornata di pioggia e fango, ma con pubblico sul percorso
Giornata di pioggia e fango, ma con pubblico sul percorso

Le scarpe rotte

Alla fine del secondo giro, la gara ha avuto il primo scossone, con Hermans, Iserbyt e Vanthourenhout in testa, mentre Toon Aerts e Van Kessel inseguivano dietro.

Hermans ha mandato giù la prima dose di sfortuna al terzo giro, cadendo, restando fuori dal gruppo di testa e dovendo infine cambiare le scarpe. Un’altra serie di scivolate nel fango gli ha fatto perdere il filo, relegandolo al quinto posto.

Messo in mezzo

Aerts, vincitore la scorsa settimana a Zonhoven, è rimasto con Iserbyt e Vanthourenhout fino al quarto giro ed è rimasto impassibile anche quando su di loro è rientrato Laurens Sweeck, anche lui della Pauwels Sauzen-Bingoal (la stessa squadra di Lorenzo Masciarelli).

Il corridore della Baloise Trek Lions ha però attaccato all’inizio del penultimo giro in cui Sweeck ha ceduto, ma non è riuscito a staccare gli altri. Finché nel tratto tecnico fra gli alberi, Iserbyt ha rotto gli indugi, mentre Vanthourenhout si è messo tra lui e Aerts, facendo il buco e bloccando il connazionale belga visibilmente sofferente.

«Devi essere felice quando sei sul podio – ha commentato Aerts alla fine – è qualcosa che ho imparato dal passato. Un terzo posto non è mai così male, ma quando attacchi al penultimo giro, allora sei meno contento. Dovremo analizzare questa gara e vedere».

Per Iserbyt leader di Coppa, un successo importante in vista degli europei di Col du Vam – Drenthe
Per Iserbyt leader di Coppa, un successo importante in vista degli europei di Col du Vam – Drenthe

Tenaglia Pauwels

Iserbyt è rimasto all’attacco fino al traguardo, il compagno Vanthourenhout lo ha raggiunto sul podio al secondo posto per 9 secondi, mentre Aerts ha dovuto accontentarsi del terzo a 26 secondi.

«Io ed Eli (Iserbyt, ndr) siamo una buona coppia in gara – ha commentato Vanthourenhout, ora secondo nella generale – è stata una buona gara, una buona tattica e un buon risultato per la squadra. Per me va bene, avrei potuto anche ottenere di più, sono contento del secondo posto e della mia classifica».

Lucinda Brand, iridata in carica, attesissima, ma tradita dal cambio bici in partenza
Lucinda Brand, iridata in carica, attesissima, ma tradita dal cambio bici in partenza

Donne, caos al via

Blanka Vas (SD Worx) è stata protagonista di un fenomenale debutto, con la gara delle donne che si è giocata molto alla partenza per ragioni tecniche

Visto il mix di terreni – strada, pietre, sabbia e fango – quasi tutte le ragazze al via sono diventate matte per decidere quali pneumatici utilizzare e a quale pressione. I box sono stati molto affollati per tutta la gara, ma la svolta si è avuta dopo la primissima salita sulle pietre di Loensdelleweg. Blanka Vas, Denise Betsema e Puck Pieterse sono state tra le poche che non hanno optato per il cambio bici così anticipato, mentre altre fra cui la campionessa del mondo Lucinda Brand hanno ceduto alla tentazione e sono rimaste intrappolate nel caos.

Attacco di Vas

Betsema ha conquistato di un piccolo margine per un giro, ma neppure la leader di Coppa è stata immune dalle scivolate con cui tutti hanno dovuto fare i conti. Perciò dopo tre dei cinque giri previsti, Vas e Pieterse (leader della Coppa U23) avevano raggiunto e superato una Betsema ormai spenta, sembrando entrambe a loro agio sul percorso tecnico e infido.

Mentre Pieterse sembrava ormai al limite, l’attacco della giovane ungherese è scattato nella discesa attraverso il prato. Vas ha fatto l’ultimo giro da sola, aumentando il vantaggio nei tratti pedalabili per gestirsi meglio nelle sezioni tecniche.

«Non mi aspettavo di vincere – ha detto – mi sentivo bene e ho solo cercato di stare davanti. Le mie gambe sono state molto buone sin dal primo giro. Sono così felice per la mia prima vittoria in Coppa, significa davvero molto».

Pieterse ha mantenuto il secondo posto, mentre terza è arrivata Lucinda Brand che ha raggiunto Betsema alla fine dell’ultimo giro dopo aver inseguito tutta la gara. Riprendendosi il comando della classifica generale di Coppa del mondo. E riflettendo probabilmente su quell’incauto cambio di bici…

La Coppa del mondo tornerà il 14 novembre a Tabor, nel prossimo weekend in Olanda, a Col du Vam (Drethe) si assegneranno le maglie dei campionati europei.

Brabante a Pidcock, adesso Thomas fa paura

14.04.2021
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Era bastato vederlo pedalare sugli strappi del Fiandre per capire che Tom Pidcock stesse crescendo, mentre gli altri iniziavano a vedere la riserva. Ma siccome il mondo del ciclismo è restio a dare spazio agli… intrusi, si pensava forse che il neoprofessionista star del cross potesse farsi un altro giro in sala d’attesa. Senza considerare che la Freccia del Brabante inizia a somigliare più a una corsa su strada che ad una sfida sui muri e le doti da scalatore del britannico sarebbero venute a galla. A costo di risultare ripetitivi, chiunque lo abbia visto vincere il Giro d’Italia U23 si è reso conto che quella superiorità non fosse affatto banale.

«Stavo bene – ha detto a caldo Pidcock e con una punta di malizia – perché finalmente sono riuscito a fare una settimana di allenamenti senza interruzioni. Van Aert è andato a tutta per tutto il giorno e io per stargli a ruota ho dovuto fare gli stessi suoi watt. Ma forse alla fine ha esagerato, mentre io sapevo che sarei potuto arrivare ancora con margine nel finale».

La Freccia del Brabante si corre nel circuito di Overijse che ospiterà i prossimo mondiali
Si corre nel circuito di Overijse che ospiterà i prossimo mondiali

Finale nervoso

Corsa di transizione, regno di uomini potenti e veloci e di campioni eclettici come Pidcock. Raramente negli ultimi tempi si era visto un atleta capace di domare il Mortirolo e poi di spianare i muri battendo in volata lo stesso Van Aert che alla Tirreno beffava i velocisti e alla Gand ha piegato Nizzolo, Trentin e Colbrelli.

«So che giocarsi in volata una corsa come questa – ha detto – non è esattamente come fare le volate al cartello alla fine dell’allenamento. Di solito ho fiducia nei miei mezzi, ma questa volta stavo diventando un po’ nervoso, perché il gruppo risaliva e noi eravamo fermi. Per fortuna è partito Van Aert…».

A 26 chilometri dall’arrivo della Freccia del Brabante, l’allungo di Matteo Trentin
A 26 chilometri dall’arrivo, l’allungo di Matteo Trentin

Trentin guarda lontano

Corsa di transizione, ma ugualmente animata dall’agonismo sfrenato di questi ultimi mesi. E quando a 26 chilometri dall’arrivo Trentin ha piazzato il suo allungo, con un po’ di ottimismo si è pensato tutti che finalmente Matteo volesse scrollarsi di dosso la iella delle apparizioni precedenti. 

«Ho iniziato l’ultimo giro del circuito con un discreto vantaggio – ha raccontato – ma non ho potuto niente contro il gruppo in rimonta. Quando ho visto Van Aert e Pidcock avvicinarsi, ho abbassato il ritmo per risparmiare un po’ di energie. Le gambe stavano bene oggi e mi è mancato soltanto il guizzo finale. Ha vinto giustamente chi è arrivato al traguardo con più freschezza. Non vedo l’ora di tornare ad affrontare questi percorsi nel mondiale a settembre».

Van Aert ha speso tanto: «Forse troppo», annota Pidcock, vincitore della Freccia del Brabante
Van Aert ha speso tanto: «Forse troppo», annota Pidcock

Van Aert è nero

Preso Trentin, nella testa di Van Aert deve essere scattata la convinzione della vittoria già in tasca, senza considerare che il modo di correre come al solito dispendioso lo avrebbe esposto alla rimonta dei rivali. E mentre Trentin nello sprint alzava subito bandiera bianca, il belga ha provato fino all’ultimo e poi è parso davvero contrariato, come si conviene a chi corre sempre per vincere.

«A un certo punto – ha detto il belga, riconoscendo la superiorità dell’avversario – ho capito che Tom aveva più gambe di me. Ha dato un paio di accelerate e per stare con lui ho dovuto stringere i denti. Ma speravo di farcela ed è proprio fastidioso essere entrato nuovamente nella giusta selezione e non essere riuscito a vincere».

Un paio di tirate di Pidcock mettono alla frusta i compagni di fuga
Un paio di tirate di Pidcock mettono alla frusta i compagni di fuga

Assaggio iridato

Terzo a Kuurne, quinto alla Strade Bianche, nel vivo ma poi staccato ad Harelbeke e al Fiandre, Pidcock farà ora rotta verso Amstel e Freccia Vallone, dove il suo peso leggero potrebbe giocare ancora qualche brutto scherzo agli avversari. Poi staccherà con la strada e inizierà a lavorare per le Olimpiadi in mountain bike. Il percorso della Freccia del Brabante ha intanto consentito ai corridori di prendere le misure con l’anello di Overijse che metterà il sale nel prossimo mondiale di settembre, come bici.PRO vi ha anticipato in esclusiva. Lo strappo di Moskesstraat ha fatto male. E vista la selezione di questi 201 chilometri, immaginando quel giorno di doverne fare altri 60, c’è da pensare che il mondiale di Leuven sarà un po’ meno veloce del previsto.

Van Aert stavolta ha cambiato strategia

24.01.2021
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Chissà se Van Aert, ieri sera, aveva letto (o si era fatto tradurre…) il pezzo di bici.PRO su Hamme e soprattutto le parole di Bramati: «Hanno preso le misure, domani sarà una cosa diversa, Van Aert cambierà strategia e proverà a stargli attaccato…».
Fatto sta che, nella tappa finale di Coppa del Mondo a Overijse, il belga è partito a bomba, davanti a tutti, e Van der Poel non ha potuto far altro che metterglisi alle costole. Dopo un giro la gara era già disegnata, con i due all’attacco e gli altri a remare nel fango, un fango insidioso con mille punti traditori, che alla fine hanno scritto l’evoluzione della corsa. Nessuno è stato esente da cadute, ma quelle occorse a VdP sono state forse meno dolorose, ma più costose rispetto al rivale.

Questa volta Van Aert ha cambiato strategia e fatto da subito il passo
Questa volta Van Aert ha cambiato strategia di partenza

Caduta e foratura

La prima nel secondo giro, uno scivolone che ha permesso a Van Aert di prendere una quindicina di metri. L’olandese ha dovuto spingere per ricucire, sfruttando soprattutto i passaggi a piedi dove le sue lunghe leve permettevano di guadagnare sul leader della classifica. Appena riagganciato, un piccolo errore di guida di Van Aert sembrava permettere a VdP di andare via, ma nel finale del secondo giro la situazione cambiava improvvisamente. Il campione dell’Alpecin Fenix forava la gomma posteriore e Van Aert poteva finalmente liberarsi della sua scomoda compagnia. VdP, prima di poter cambiare la bici, era quasi raggiunto da Pidcock e Vanthourenthout, che poi vedevano la sua schiena allontanarsi irrimediabilmente sul pedalabile.

Per Van der Poel qualche scivolata e una foratura di troppo: una strategia per lui inattesa
Per Van der Poel qualche scivolata e una foratura di troppo

Seconda caduta

Van Der Poel transitava al terzo giro a 10” dal rivale, che però metteva in atto una quarta tornata eccezionale (forse il dato più incoraggiante per le ambizioni iridate del belga), raddoppiando il vantaggio in una tornata sostanzialmente priva di eventi esterni come forature o cadute.
Gara finita? Neanche per sogno: Van der Poel iniziava una lenta ma inesorabile rimonta, che nel corso del settimo degli 8 giri previsti lo portava a soli 6” dal rivale, ormai nel mirino. Una rimonta che però era costata grandi energie soprattutto mentali. Prima una pedalata a vuoto, poi un vero scivolone all’uscita di una curva mettevano fine alla contesa e l’olandese pensava solo a finire la gara, a 1’03” dal rivale che così poteva festeggiare la conquista del trofeo di cristallo. Terzo un brillante Thomas Pidcock (neanche lui esente da cadute) a 2’07” davanti a Vanthourenhout a 2’24” e Aerts a 2’49”.

Coniglio e cacciatore

Dalle prime parole di Van Aert si comprende chiaramente quanto valore essa abbia.
«E’ stato particolarmente piacevole – ha detto – per una volta essere il coniglio invece che il cacciatore… E’ stata una gara decisa da episodi, so che per il mondiale resta lui il favorito, ma ho avuto segnali che mi fanno sperare per il meglio».
Nel complesso buona la prova di Jakob Dorigoni e Gioele Bertolini, riusciti a entrare in zona punti pur venendo doppiati, ma il fatto che, pur essendo 24° e 25° rispettivamente, sono stati quinto e sesto fra gli “extra Belgio e Olanda” la dice lunga della situazione generale…

Wout Van Aert vince, conquista la Coppa e fa il pieno di fiducia per i mondiali
Wout Van Aert vince, conquista la Coppa e fa il pieno di fiducia per i mondiali

Alvarado al top

Anche la prova femminile ha aggiunto incertezza al prossimo rendez-vous iridato, con la seconda vittoria in 24 ore per Ceylin Del Carmen Alvarado, per certi versi ancora più netta rispetto a ieri, con Lucinda Brand, già sicura della conquista del trofeo, seconda a 24” ma soprattutto mai in gradi di impensierire la rivale.
Lo scontro di Ostenda si preannuncia incerto, ma le olandesi che puntano dichiaratamente a monopolizzare il podio dovranno marcare stretta l’americana Horsinger, oggi quarta a 34” dietro la brillante Manon Bakker, al secondo “bronzo” in due giorni. Tra le 6 azzurre in gara discreta prova per Eva Lechner, 13ª a 1’41” con una gara molto regolare dopo una partenza non brillante