«L’anno scorso sono finito nella famosa caduta della Liegi con Alaphilippe – racconta Godon, dopo aver vinto la Freccia del Brabante – e mi sono rotto la clavicola. Ho dovuto operarmi e poi, prima del Tour, ho preso un virus. Per due mesi non sono riuscito a respirare. Dovevo andare alla Vuelta per vincere una tappa, ma ho fatto un tampone ad Amsterdam mentre andavamo alla partenza di Utrecht e avevo il Covid. Ho chiuso la pagina e mi sono rassegnato…».
Alle spalle dei fenomeni
La nuova stagione ha portato qualche interessante piazzamento fra il Tour Down Under e il Catalunya, fino alla vittoria nell’ultima classica dei muri, fase di raccordo fra quelle fiamminghe e la settimana delle Ardenne che si aprirà domani con l’Amstel Gold Race. Certo il Brabante non è il Fiandre e nemmeno la Roubaix, perciò quando fra 50 anni il francese di Lione, 1,90 per 73 chili, siederà davanti al camino per racontarla ai nipoti, dovrà fare una bella premessa.
Nel momento in cui le grandi classiche sono appannaggio di pochissimi fenomeni, anche nelle più piccole si muovono campioni come Laporte e Philipsen, Hayter e De Lie che sono capaci di fare razzie. Per questo la vittoria di Overijse assume per il corridore della Ag2R-Citroen un’importanza non banale. Per lui e la sua squadra.
La pioggia e la rabbia
A Overijse mercoledì ha piovuto e fatto freddo per tutto il tempo. Il gruppo si era radunato a Louvain, indimenticata sede dei mondiali delle Fiandre, che per buona parte del circuito lungo fuori città avevano percorso proprio i muri della Freccia del Brabante.
«Quelle condizioni di pioggia e freddo – ha raccontato Godon – mi stanno sempre bene. Volevo attaccare, essere davanti. E’ il ciclismo che amo e che spesso mi riesce meglio. Sono uscito a una cinquantina di chilometri dal traguardo e alla fine mi sono ritrovato con Ben Healy, che in questo periodo va molto forte. Ma a me non piace essere secondo, questa volta meno che mai. Ero fiducioso nella mia esplosività in volata, negli sprint a due di solito me la cavo. E il fatto che Healy alla fine non abbia collaborato mi ha fatto arrabbiare ancora di più».
Un cavallo pazzo
Le sue vittorie fino al giorno di Overijse erano rimaste tutte sul suolo francese. Nessuna corsa di immenso prestigio. Due volte la Parigi-Camambert, il Tour du Doubs, due tappe alla Boucles de la Mayenne, fra cui una crono nel 2018 in cui si lasciò alle spalle per 9 secondi l’ancora poco noto (su strada) Mathieu Van der Poel. Eppure secondo i compagni Godon è una forza della natura: quel che fa spesso difetto è la… centralina.
«E’ estremamente forte – ha raccontato dopo l’arrivo il compagno Naesen, ridendo – in termini di potenza pura, è il primo della squadra. Però non ha un master in tattica e visione di corsa. Non sa quanto sia forte, non è mai posizionato correttamente: può andare in fuga, ma non sa limare. Nel Brabante si è salvato perché è stato davanti per i primi 120 chilometri, ma tatticamente a volte fa cose molto strane. Al Tour una volta faceva parte di una fuga di quindici uomini non coperta dalle ammiraglie e ha chiesto se poteva farsi riprendere dal gruppo per prendere una bottiglia di acqua gasata. Era il nostro unico uomo davanti. Se lo avesse fatto, lo avrei ucciso…».
La corsa della vita
Godon in qualche misura ha ammesso che i compagni hanno ragione o quantomeno ha riconosciuto che le occasioni sprecate son più di quelle in cui ha fatto centro.
«Non vinco spesso – ha sorriso – ma so come si fa. Nel ciclismo non vivo sempre bei momenti, ma credo nelle mie capacità. Il mio allenatore mi ha detto che, sulla base dei test che avevo, sarei stato uno dei primi della squadra a vincere, me ne sono ricordato all’arrivo. Ma sin dal via ero fiducioso e pensavo solo a vincere. Nel WorldTour sono spesso gli stessi ad alzare le braccia, perciò è stato bello aver potuto cogliere la mia occasione. In quell’ultimo rettilineo ho fatto la corsa della vita e ho colto la mia più grande vittoria».
Il suo programma prosegue ora con l’Amstel, la Freccia e la Liegi, in cui probabilmente lavorerà per Cosnefroy, che a Overijse sarebbe dovuto essere il capitano e ha chiuso invece al terzo posto. Nella squadra francese ci sarà anche Greg Van Avermaet, che nelle ultime settimane sta masticando amaro, portando a fatica il peso degli anni e la frustrazione per gambe che non spingono come vorrebbe.