Agostinacchio vuol diventare un crossista puro

25.01.2023
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Filippo Agostinacchio non sembra un under 23, almeno da come parla. La sua postura, quel modo di guardarti dritto negli occhi, la chiarezza dei suoi concetti… sembra di avere di fronte un atleta ben più maturo. Ma non c’è solo questo.

Agostinacchio, classe 2003, è una realtà del nostro fuoristrada. Uno dei talenti più promettenti della mtb, è anche una delle speranze azzurre del ciclocross… e non solo in vista dei prossimi mondiali di Hoogerheide. E sì che tra l’altro la categoria U23 è forse la nostra migliore tra gli uomini. Pensiamo a Toneatti, Masciarelli, Leone… 

Filippo Agostinacchio commosso sul podio di Ostia, sta per vestire la maglia tricolore
Agostinacchio commosso sul podio di Ostia, sta per vestire la maglia tricolore

Filippo re d’Italia

«Ecco lui – ci racconta Filippo sul podio di Ostia in riferimento al compagno Leone – è stato sfortunato sul rettilineo d’arrivo (aveva perso un pedale, ndr). Mi sarebbe piaciuto giocarmi la vittoria anche con lui. Vincere due gare nazionali in due giorni (il sabato avevano conquistato il team relay, ndr) è una cosa che non mi sarei mai aspettato all’inizio di questa rassegna tricolore. Venivo da una settimana di influenza molto pesante. Mi sono concentrato sul recupero più che sugli allenamenti e alla fine questa scelta ha dato i suoi frutti».

Con Toneatti in corsa con gli elite, Filippo e i suoi compagni avevano stretto nella morsa Masciarelli. Alla fine, però erano scappati in tre, appunto Agostinacchio, Leone e Masciarelli. Poi in volata Agostinacchio è stato il più veloce.

Masciarelli, Leone e Agostinacchio… “in fuga” all’ultimo giro del tricolore U23
Masciarelli, Leone e Agostinacchio… “in fuga” all’ultimo giro del tricolore U23

Alla Beltrami 

Agostinacchio è già un grande della mtb, nel cross sta crescendo forte e non è un caso che il team Selle Italia-Guerciotti se lo sia assicurato sin dai tempi degli juniores. Ma anche per lui suonano le sirene della strada. Però è interessante capire perché suonano queste sirene. A quanto pare infatti non si tratta del “solito” passaggio.

«Le sirene della strada – spiega Agostinacchio – sono già suonate perché quest’anno correrò con il Team Beltrami. Però non abbandonerò del tutto la mountain bike: farò le gare più importanti del circuito internazionale. Devo ancora definire bene con la squadra il programma ma la direttrice è quella. Posso dire che sicuramente farò le prove di Coppa del mondo, quelle europee e i campionati italiani e chiaramente in tutto ciò ci sarà la strada.

«Ho fatto questa scelta, quella di spostarmi su strada intendo, perché il mio fine è quello di concentrarmi sul ciclocross in quanto ho visto che non c’è nessun vero italiano che si sta concentrando al momento su questa disciplina. Ed è una disciplina che mi affascina veramente. Voglio diventare uno specialista e per diventare uno specialista del cross in questo momento servono le grandi corse su strada. Volenti o nolenti è questa la via maestra, perché ti dà una gamba diversa. Voglio quindi fare la strada in preparazione all’inverno del cross».

«Perché ho scelto Beltrami? Perché ha investito sul ciclocross. Già quest’anno ha creato una squadra molto interessante con alcuni elementi di spicco come Federico Ceolin e mi allettava il fatto che investissero così tanto nel fuoristrada pur essendo un team professionistico.

«Mi possono far fare le gare su strada, senza pressioni, proprio perché sanno qual è il mio fine… che è anche il loro. È forse, anzi senza forse, la prima squadra in Italia che crede così tanto nella strada e nel fuoristrada e quindi questo mi ha convinto».

Guerciotti ride. Sul podio Leone, Agostinacchio e la famiglia del team giallo-nero
Guerciotti ride. Sul podio Leone, Agostinacchio e la famiglia del team giallo-nero

Crescita totale

Ecco dunque le idee chiare di Agostinacchio. Il valdostano è anche un ottimo scrittore. Ha un suo blog in cui racconta i pre e i post delle sue gare, fa considerazioni e forse anche da qui si capisce la sua sicurezza e la sua personalità nel parlare. 

«E’ qualcosa sulla quale ho lavorato tanto – spiega Filippo – perché fino all’anno scorso ero un ragazzo un po’ timido, introverso. Espormi sui social anche col mio canale Youtube, mi ha aiutato un sacco. Perché parlare così alla gente o davanti a una telecamera, mi ha aperto un mondo nuovo.

«Ci ho lavorato con il mio mental coach, Roberto Spedicato, che ringrazio. E’ ormai dagli italiani dello scorso anno di cross che mi aiuta. E’ giusto un anno che lavoriamo insieme e questo è il frutto del nostro lavoro. L’anno scorso ho fatto un “DFN” (ritiro, ndr) ai campionati italiani per un infortunio e quest’anno… eccomi qui».

Agostinacchio è un ottimo biker, da qui le sue doti tecniche (foto Instagram – @evigarbolinophotographer)
Agostinacchio è un ottimo biker, da qui le sue doti tecniche (foto Instagram – @evigarbolinophotographer)

Verso la strada

Per un atleta che nasce biker il passaggio su strada non è poi facile. Si presentano delle difficoltà, ma è del tutto normale. E anche in questo caso Agostinacchio non “cade dal pero”.

«Della strada – spiega – mi “spaventano” le distanze perché non ho mai fatto grandi chilometraggi o ore in tutta la mia carriera. Quest’anno per esempio ho fatto circa 12.000 chilometri in tutto, quindi sono consapevole che dovrò alzare, e tanto, il monte ore.

«E non è un caso che per fare questo passaggio abbia aspettato questa stagione. Prima infatti volevo  finire la scuola. Adesso che sono più libero posso sfruttare al meglio questa grandissima opportunità che mi dà il team Beltrami».

«Però in generale non sono spaventato… anzi. Al termine di questa stagione del cross vedremo come andranno le cose, perché io comunque tra cross e mtb sono due anni che non stacco davvero e un paio di settimane mi serviranno, anche mentalmente, per rifiatare. Poi vediamo, magari finisco la stagione del cross che sono ancora abbastanza fresco e posso pensare di tirare avanti per le prime corse professionistiche su strada».

Valentina Corvi: «Idea strada per completarmi»

21.01.2023
4 min
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Valentina Corvi ha vinto il campionato italiano ciclocross. La ragazza del Trinx Factory Team rispetto a molte rivali è una crossista vera. O meglio una fuoristradista, visto che fa anche mtb. Anche l’altro giorno, sul tracciato di Castel Fusano ad Ostia le è bastata una manciata di curve più strette in successione per fare il vuoto.

E le sono bastate nonostante una scelta di gomme molto più da asciutto. Gomme veloci per lei. Gomme con le quali ha dovuto riprendere il feeling direttamente in gara, visto che aveva provato su asciutto e si è trovata con un percorso appena bagnato da uno scroscio di pioggia.

Tecnica sopraffina

«Ma non è stato facile – racconta Corvi – è stata una gara dura e soprattutto all’inizio ho provato a stare lì il più possibile con le migliori (la Venturelli tirava fortissimo, ndr) e poi ho provato ad allungare nelle fasi finali della gara. Avevo studiato le parti in cui riuscivo a guadagnare qualcosa e così negli ultimi due giri ho provato ad allungare. Ho aumentato il ritmo e sono riuscita a prendere quei metri che ho mantenuto fino all’arrivo. 

«In certi punti c’era abbastanza fango, il fondo era scivoloso. E con le alte velocità non era così facile. Ma alla lunga tutto questo mi ha aiutato»

Corvi ha vinto il titolo nazionale dopo averlo sfiorato la scorsa stagione da junior di primo anno
Corvi ha vinto il titolo nazionale dopo averlo sfiorato la scorsa stagione da junior di primo anno

Più strada che Belgio

Una crossista così potrebbe giocarsi la carta del Nord. E’ giovane, ha ottime potenzialità e soprattutto, come abbiamo detto, è una crossista vera. Ma Valentina sembra deviare. Anche perché le priorità sono altre.

«Se qualche squadra del Nord mi abbia mai cercato io non lo so – spiega con chiarezza Valentina – ma sinceramente non ci ho mai pensato. Io do molta importanza alla stagione estiva, alla mtb, e fare una stagione di cross in Belgio per come la interpretano loro non va bene. Iniziano prima, finiscono dopo ed è molto impegnativa. Io invece ho iniziato con il cross perché fosse funzionale alla Mtb».

E alla strada? Ci pensa questo giovane talento del nostro ciclismo?

«Eh – sorride Valentina – domanda difficile. Mi piacerebbe provare a fare qualche corsa quest’anno, anche perché io non ho mai provato. Gareggiare su strada è qualcosa che mi attrae, però vediamo… Voglio togliermi questo sfizio.

«So di poter fare bene ma c’è anche la stagione di mountain bike, alla quale tengo molto e quindi vediamo se e come far combaciare tutto. Intanto dobbiamo finire la stagione di cross che prevede almeno tre appuntamenti importanti (le gare di Coppa e il mondiale, ndr). Poi penserò alla stagione estiva».

Se Valentina è così brava tecnicamente è perché è cresciuta in mtb, di cui è anche azzurra (foto Alessio Pederiva)
Se Valentina è così brava tecnicamente è perché è cresciuta in mtb, di cui è anche azzurra (foto Alessio Pederiva)

Biker inside

«Credo – va avanti la valtellinese – che la strada possa renderti ancora più completa. Si sviluppano altre abilità che se vengono aggiunte a tutto il resto ti rendono più forte. Io ho sempre fatto mountain bike e mi piace tantissimo correrci».

Se Valentina deve fare questa prova è importante che la faccia in questa stagione, quando è ancora una junior. Specie per le donne poi passare under 23 significa correre con le pro’ e il salto sarebbe ben più duro.

«Sì, sì… se devo fare questa esperienza meglio quest’anno. Anche Luca Bramati mi dice di tentare. Una prova non costa nulla, ma lasciare il fuoristrada… mai!».

Cross, strada e pista: Federica Venturelli piglia tutto

20.01.2023
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Dopo il terzo posto ottenuto al campionato italiano di ciclocross, Federica Venturelli non era propriamente felice. Delle tre sul podio di certo era colei che sorrideva meno. Forse perché da un percorso tanto filante si aspettava qualcosa di più, vista la sua potenza e le sue leve.

Ma le giornate non sono tutte uguali e soprattutto a 18 anni (tra l’altro appena compiuti) c’è tanto, tantissimo spazio per guardare avanti. A quell’età il futuro fa rima con speranza e allora ecco che il sorriso può tornare a splendere sul volto della portacolori della Selle Italia Guerciotti Elite.

Federica Venturelli, ha compiuto 18 anni il 12 gennaio, sul podio di Ostia (terza) avrebbe voluto di più
Federica Venturelli, ha compiuto 18 anni il 12 gennaio, sul podio di Ostia (terza) avrebbe voluto di più
Partiamo dalla gara tricolore, Federica: come è andata?

Sapevo già che su quel percorso non sarei stata favorita, perché anche se era molto veloce c’erano parecchie curve, ma soprattutto quelle due gocce di pioggia scese un attimo prima della partenza sono state per me un colpo basso. Qualcosa che mi ha sfavorito perché sono meno brava delle altre sul tecnico.

Però c’erano anche dei bei rettilinei…

Sì, ma questi tratti dritti non sono stati abbastanza per recuperare per quello che avevo perso in seguito a una caduta, tra l’altro una caduta anche un po’ stupida che mi ha lasciato qualche problemino sulla bici.

I tuoi “capi” Guerciotti, ci hanno detto che forse in quel frangente della scivolata hai anche un po’ perso la testa. E’ così?

No, non penso questo. Io sono sempre stata determinata a rientrare, però appunto, ho avuto qualche problema anche con le gomme, ho perso una trentina di secondi e non sono più riuscita a chiudere lo strappo. C’è stato un momento in cui sembrava che mi stessi riavvicinando, ma su un percorso  veloce come quello di Ostia recuperare 30” persi in un sol colpo non era fattibile.

La prima parte di gara è stata tattica. La Venturelli spingeva rapporti duri e in rettilineo controllava la Bianchi e la Corvi
La prima parte di gara è stata tattica. La Venturelli spingeva rapporti duri e in rettilineo controllava la Bianchi e la Corvi
Guardiamo avanti. Sei alta, potente, il fisico da stradista ce l’hai… E non a caso il futuro su strada si chiama Valcar…

L’anno scorso ho avuto qualche buon risultato, però ci sono molte avversarie più forti di me. Ho già visto anche ragazze di primo anno che saranno molto forti. Ma io oltre che sulla strada, cercherò anche di puntare sulla pista, che l’anno scorso mi ha dato tante soddisfazioni. Spero di riuscire a riconfermare il titolo mondiale dell’inseguimento individuale. 

Invece prima di Natale non avevi attraversato un gran periodo, avevi avuto lo streptococco. Ora come va?

I problemi di salute sembrano abbastanza risolti. Mi sono fermata, mi sono curata e non dovrebbero esserci più ricadute. Speriamo che vada avanti così, senza ulteriori intoppi, perché per quest’anno davvero già ho dato. Vorrei ritrovare la continuità necessaria per fare bene.

Riguardo al cross come ti gestirai?

Voglio finire la stagione al meglio pensando soprattutto al mondiale. L’anno scorso ho visto il percorso ed è abbastanza veloce, quasi tutto da spingere. Pertanto potrebbe essere abbastanza adatto alle mie caratteristiche, sperando però che non piova troppo perché io e il fango non andiamo molto d’accordo! Dopo la gara iridata, se sarò stanca farò un po’ di pausa, ma in ogni caso non sarà lunga perché comunque durante questo inverno ho già riposato molto. Cercherò di prepararmi bene per la strada e avviare al meglio questa stagione nella nuova squadra.

Lo scorso anno a crono la Venturelli è stata 1ª agli italiani, 4ª agli europei e 24ª ai mondiali… il tutto da junior di primo anno
Lo scorso anno a crono la Venturelli è stata 1ª agli italiani, 4ª agli europei e 24ª ai mondiali… il tutto da junior di primo anno
L’idea è di partire subito forte e sfruttare la condizione del cross, e magari riposare ad aprile, oppure staccare bene e poi riprendere?

Io credo che un minimo di stacco comunque mi serva, perché devo concentrarmi anche sulla scuola. Ho già fatto molte assenze e quest’anno ho la maturità. Una cosa in più a cui pensare! Sarebbe più uno stacco di testa perciò. Ma potrebbe anche essere utile in vista della maturità e salire di condizione prima del mondiale che sarà nel pieno della stagione su strada. 

Strada, nuovo team, c’è qualcosa che ti spaventa? Magari i chilometraggi…

Sono ancora junior di secondo anno, quindi non mi spaventano. L’anno scorso non ho fatto tanta fatica, neanche nelle gare open. Semmai ai chilometri ci penseremo dall’anno prossimo. Piuttosto mi piacerebbe usare di più la bici da crono. L’anno scorso ho perso il podio europeo per pochi decimi e non l’avevo usata molto.

Pontoni tuona: «A Hoogerheide ne porto solo 14»

16.01.2023
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Meno di 24 ore fa si sono chiusi i Campionati italiani di ciclocross ed è già tempo di primi bilanci. Il cittì Daniele Pontoni ha le idee più che chiare e a caldissimo, nel retro del podio, ci spiega cosa ha visto, soprattutto pensando agli imminenti mondiali di Hoogerheide, in Olanda, all’inizio del prossimo mese. 

E’ giusto però fare un preambolo molto importante: appena qualche giorno fa Pontoni aveva strigliato l’intero gruppo del cross, sia maschile che femminile. Non aveva digerito le brutte prestazioni in Coppa del mondo a Zonhoven. Sulla brace erano finiti soprattutto gli juniores. Da qui l’idea di portare in Olanda una nazionale all’osso.

Il cittì Daniele Pontoni (classe 1966) qui con l’assessore allo sport, moda e turismo di Roma, Alessandro Onorato
Il cittì Daniele Pontoni (classe 1966) sul podio di Ostia ai tricolori 2023

Nazionale “slim”

«I giornali qualche volta calcano un po’ la mano – dice Pontoni – ma è anche giusto. Così come è giusto dare un segnale da parte mia. I ragazzi e le ragazze di tutte le categorie hanno avuto tante possibilità ed era giusto dare un segnale importante. E dare, come ho sempre detto, il giusto valore che deve avere la maglia azzurra. Pertanto vado avanti su questa strada con il supporto di tutti e seguendo questa linea vi preannuncio che ai mondiali ci saranno sette uomini e sette donne».

Ecco dunque la nazionale “slim”, snella, di cui Pontoni aveva parlato. In nazionale ci va chi è pronto e competitivo. Un po’ come dire basta, o quantomeno frenare quell’approccio soft, di crescita, di esperienza, di prospettiva, del perdonare piccoli errori o mancanze…

Probabilmente ciò che non è piaciuto a Pontoni è stato l’approccio in generale di alcuni atleti. Impegno nell’arco di tutta la corsa, approcci soft, quell’idea (molto italiana non solo nello sport) di stare ancora “nel nido”… fino a programmazioni di preparazioni che non vedevano nella convocazione in azzurro un momento top, ma solo un passaggio…

Tutte le categorie hanno corso al massimo, rispondendo alla strigliata di Pontoni
Tutte le categorie hanno corso al massimo, rispondendo alla strigliata di Pontoni

Nessuna punizione

Quindi bisognava dare una scossa. Da qui il giro di vite, condivisibile, del cittì.

«Non metto in punizione nessuno – spiega con passione Pontoni – semplicemente va in nazionale chi merita davvero e per tutti ci sarà la possibilità d fare bene il prossimo anno. Nessuna preclusione. La nazionale non finisce qui, ma è giusto andare avanti su questa linea».

«Chi si è guadagnato questa convocazione? Chi ha meritato sul campo e non per meriti diversi. Anche per questo io e tutto lo staff siamo fiduciosi di fare un bel mondiale, sia nel team relay che nelle corse individuali».

Ma qual è stato il fattore scatenante per arrivare alla nazionale slim e allo stop delle “convocazioni allargate”? 

«Più che un fattore scatenante, sono state tante piccole gocce a far traboccare il vaso. Forse doveva succedere alla fine dell’anno, ho dato ancora una possibilità a tutti, ma adesso andiamo sul metodo che ritengo corretto in questo momento».

Il tecnico friulano ha parlato in modo chiaro
Il tecnico friulano ha parlato in modo chiaro

Più meritocrazia

«Al prossimo mondiale – va avanti il tecnico friulano – in alcune categorie avremo al massimo tre rappresentanti, in altre due e in altre ancora uno o una sola. Questo vale per il mondiale, ma anche per la Coppa del mondo. D’ora in avanti andiamo a scremare in vista degli appuntamenti importanti. Ho il sostegno federale: è giusto premiare  chi merita di più, perché la vita è meritocrazia. Qualcuno era un po’ troppo tranquillo, un po’ troppo rilassato e forse si sentiva già sicuro di una convocazione certa. Ma così non è mai stato e io non ho mai dato questo segnale.

«Per come interpreto io la nazionale e la maglia azzurra, credo che questa sia la gestione corretta. In azzurro viene chi è pronto. Quando ho allargato la rosa, l’ho fatto per dare più possibilità a tutti, come credo sia giusto. Serve allargare la base di lavoro. Abbiamo testato 40 ragazzi. Abbiamo acquisito un database importante anche con il supporto del gruppo performance della Fci».

Un solo dubbio

Ma poi c’è anche il bicchiere mezzo pieno e ieri i ragazzi e le ragazze hanno dato a Pontoni il segnale che voleva. Tutti e tutte hanno corso con grinta, con il coltello tra i denti. Come se tutto fosse ancora aperto… E forse qualcuno lo ha messo in difficoltà.

«Quello che avevo deciso prima, oggi (ieri, ndr) – chiarisce Pontoni – è stato confermato sul campo. L’unico dubbio riguardava la gara elite maschile, che poi era quella che si sapeva essere la più aperta. Quindi nessuna difficoltà nel fare le scelte e anche gli atleti mi hanno, fra virgolette, agevolato. Ma soprattutto ho visto quell’impegno che mi piace vedere e l’ho visto in tutte le categorie e fino alla fine

«Insomma i ragazzi e le ragazze hanno risposto bene. Per qualcuno sarà troppo tardi ormai, qualcun altro ha dato segnali importanti».

Infine un giudizio sulla gara maschile, quella del cambio generazionale di cui abbiamo parlato ieri con tre millennial nei primi quattro posti, gli stessi che hanno preso in mano la gara.

«In effetti è stato un bel segnale pensando al futuro. E spero lo sia anche per le squadre. Se anche le società vorranno impegnarsi per fare più attività internazionale, sarà l’ideale, perché non possono sempre aspettare la Federazione.

«La Federazione fa il suo percorso, ma ci sono anche i team che devono fare il loro. Io le squadre le ringrazio perché senza di loro non avremmo la base e non avremmo materiale umano». 

Fontana vince il tricolore della nuova generazione

15.01.2023
4 min
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Quello che si è da poco concluso è forse il tricolore della nuova generazione. La gara che ha segnato il passaggio di potere ai millennial. Dal vincitore, Filippo Fontana, al secondo Davide Toneatti, a Federico Ceolin che è stato uno dei protagonisti. E anche Jakob Dorigoni (terzo) di anni ne ha 25, non è un matusalemme.

Il sole spunta e al tempo stesso allunga le ombre sulla pineta di Castel Fusano e sul Camping Roma Capitol. Per assurdo è più fresco col sole, che la mattina con le nuvole. Ma nell’aria c’è il calore delle gara più attesa. E anche la più incerta. 

Oracolo Fruet!

Alla fine aveva ragione Martino Fruet. Sia a predire una gara tattica, sia a inserire Filippo Fontana tra i favoriti. Soprattutto in caso di fettucciato stretto. In pratica: “passa l’angelo e dice amen”!

Vanno via in quattro: Fontana, Ceolin, Dorigoni e Toneatti. Menano, tirano, mollano, riaccelerano, ma lentamente rientra Gioele Bertolini, “il vecchio” con i suoi 28 anni. I vincitori degli ultimi quattro titoli, Gioele appunto e Jakob, c’erano. Come Fruet diceva!

Però sono i giovani a dare le menate più feroci. E forse Ceolin spreca troppo. La fila si allunga. Sono tutti con le spalle oltre la ruota anteriore: spingono anche col collo…

La guida ottima di Fontana gli ha permesso di risparmiare energie quando non si sentiva al top nella prima parte di gara
La guida ottima di Fontana gli ha permesso di risparmiare energie quando non si sentiva al top nella prima parte di gara

Fontana di classe 

Filippo Fontana soffre, anche se da fuori non sembra.

«Eppure – racconta il neo campione italiano – è così. Nella parte centrale non stavo affatto bene e non credevo neanche che avrei tenuto le ruote. Poi, non so perché, ad un giro e mezzo dalla fine ho sentito che la gamba è tornata a girare come volevo io. A quel punto ho pensato a come giocarmi le carte.

«Avrei dovuto prendere in testa il tratto tecnico, quello del fettucciato più stretto. Sapevo che se fossi entrato in testa lì poi sarebbe stato difficile passarmi di nuovo. E così ho fatto. Mi sono buttato dentro deciso, ho spinto forte e ho preso un piccolo margine.

«Paura del ponte finale? Più che altro del lungo rettilineo prima. Ma tutto sommato voltandomi ho visto che il distacco era “rassicurante”».

Il trevigiano dei Carabinieri è la gioia fatta persona. Tra mtb (da qui le sue doti di guida) e cross, veniva da quattro secondi posti. Era ora di vestire il tricolore.

«Questo ha tutto un altro sapore. Dedico questa maglia a chi c’è dietro e fa tanto per supportaci. Il mio futuro in questa specialità? Vedremo, ma voglio continuare… In quanto appartenente ad un gruppo sportivo militare, diamo priorità alla mtb che è sport olimpico. Per adesso penso ad onorare al meglio questo maglia».

Toneatti ride

Chi è felice e ha fatto un po’ il Fontana del 2022 è stato Davide Toneatti. Il corridore dell’Astana Qazaqstan Development Team poteva correre con gli U23, ma visti i valori in campo, ha deciso di alzare l’asticella in anticipo. E come Fontana l’anno scorso, quando anche lui appunto era un under 23, ha fatto secondo.

«Sono contento che siamo tutti giovani. Magari questo darà una scossa al movimento – spiega Toneatti dopo l’arrivo – ho deciso di correre con gli elite dopo la gara di Torino. Ho visto che i valori c’erano. Poi però dopo la trasferta in Belgio che non è andata benissimo, un po’ sono tornato ad avere qualche dubbio, ma alla fine ho fatto questa scelta».

«E’ stata una bella gara. Non era facile la differenza su questo percorso e infatti è emersa una gara anche tattica. Non a caso nell’ultimo giro abbiamo fatto un po’ a sportellate!

«Adesso penso ai mondiali, poi vediamo. Io vorrei continuare a fare il cross. Magari anche un po’ meno, ma credo che alla fine serva anche questo. Cosa mi ha dato invece la strada per il cross? Di certo mi ha dato qualcosa nei tratti dove c’è da spingere e rilanciare. Sento proprio che la gamba risponde diversamente. E cosa ho perso? Un po’ la guida… almeno inizialmente».

Persico regina. Ma Gariboldi vende cara la pelle

15.01.2023
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Il succo della gara sta tutto nella foto di apertura: Silvia Persico che spinge, Rebecca Gariboldi che stringe i denti. Tutto sembrava già scritto tra le donne per questo tricolore ciclocross. E alla fine le cose sono anche andate secondo i programmi, ma per arrivare all’epilogo il cammino è stato diverso da quello atteso.

Sotto la pineta di Castel Fusano, Silvia Persico ha dovuto faticare ben più del previsto per confermarsi campionessa italiana. La difesa di Rebecca Gariboldi è stata stoica. E anche Francesca Baroni, terza all’arrivo, ha contribuito alla suspense.

Il film della gara

Pronti e via e c’è subito una caduta importante. Tra le altre, finiscono a terra anche Eva Lechner e Sara Casasola. Ed è soprattutto l’atleta della Selle Italia-Guerciotti a pagarne le spese: lei poteva avere un certo peso su questi campionati italiani di ciclocross. Sara corre con la bici in spalla fino ai box, in pratica inizia la sua corsa con 1’30” di ritardo.

Intanto Silvia Persico inizia a menare forte. Bastano poche curve perché si ritrovino in tre: lei, Gariboldi e Baroni. Dietro Arzuffi man mano regola tutte altre e conduce il “secondo vagone”.

Le cose restano così fino a due tornate, o poco più, dall’arrivo, quando prima la Baroni e poi la Gariboldi cedono. E si aprono i distacchi importanti.

I distacchi esplodono…

Distacchi finali grandi, nonostante la Persico abbia staccato l’ultima avversaria a un giro e mezzo dalla fine. Ma è quel che succede quando il divario tra le atlete è ampio. Dopo che una si toglie di ruota l’altra, cambia tutto. E chi sta dietro cala di brutto.

«Sono partita forte – racconta Persico dopo il traguardo – e quando sono scivolata mi sono detta: “Mi devo calmare perché se inizio a fare così alla fine mi complico le cose”. Quindi ho cercato di andare del mio passo, concentrata e regolare senza strafare.

«Ho provato sin da subito a staccarle ma c’erano troppe curve, non riuscivo a fare la differenza. Poi, non so perché, ho provato a chiedere qualche cambio ma non me lo hanno voluto dare».

Si sapeva che Silvia fosse nettamente la più forte e le altre hanno giocato su questo punto. Ma la portacolori della Fas Airporte Services non ci sta del tutto…

«Alla fine sono umana anche io. Anche io potrei avere una giornata no e non capisco questa paura nel darmi un cambio. Comunque ho insistito sul mio passo fino al termine, spingendo forte».

La differenza, dicevamo, tra Silvia Persico e Rebecca Gariboldi c’era ma quella che si annunciava essere una cavalcata trionfante alla fine è stata una corsa abbastanza dura. Merito anche del fondo, che in un tratto, proprio quello del fettucciato maggiore, era molto lento.

Il podio con Persico, Gariboldi e Baroni. Le prime due dovrebbero avere il pass assicurato per il mondiale
Il podio con Persico, Gariboldi e Baroni. Le prime due dovrebbero avere il pass assicurato per il mondiale

Applausi Gariboldi 

Un grosso plauso va dunque alla Gariboldi. L’atleta del Team Cingolani con la sua strenua tenuta ha reso la corsa meno scontata.

«Io – dice Rebecca – guardavo solo la ruota posteriore di Silvia. Sapevo che lei era la più forte e che dovevo fare così. Questo forse mi ha portato ad andare anche oltre i miei limiti. Ho dato il 110% ed essere riuscita a tenerla così a lungo è segno di una buona condizione. E questo è quel che succede quando si sta bene».

Il podio finale è la conferma di un netto salto di qualità da parte di Rebecca. La sua stagione è stata costellata di ottimi risultati, ma soprattutto di una grande costanza di rendimento a livelli più alti che in passato. Non a caso sul traguardo ha esultato.

«Ci ho lavorato molto per arrivare a questo punto e ne sono contenta. Devo ringraziare la mia squadra che per me è come una seconda famiglia. Fanno di tutto per mettermi nelle migliori condizioni. La maglia azzurra? Beh, chiedetelo a Pontoni!».

Ma intanto Rebecca fa un sorriso… La testa è già al mondiale.