Mohoric da favola. Iridato gravel con gambe e (la solita) intelligenza

08.10.2023
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PIEVE DI SOLIGO – A pochi minuti dal via della prova iridata, tutti sono d’accordo su una cosa: la corsa sarà davvero dura. Si parte dal Lago Le Bandie e si arriva a Pieve di Soligo, dopo 169 chilometri di fatiche. Il tracciato è lungo, forse troppo lungo, come sottolinea anche Francesco Moser, che lo avrebbe accorciato di qualche chilometro. In palio c’è un titolo mondiale ambitissimo. Quello gravel.

I pretendenti sono agguerriti: al via infatti ci sono Wout Van Aert, che arriva sorridente ma anche molto concentrato, non concedendo foto o autografi, Alejandro Valverde, che si prende l’applauso del pubblico a braccia alzate, e Matej Mohoric.

Pellizotti profeta

Franco Pellizotti, direttore sportivo della Bahrain-Victorious, ci aiuta ad capire cosa potrebbe succedere durante la corsa: «È un percorso bellissimo ma anche molto tecnico. Sarà importante non perdere di vista nessuno, perché ogni punto del tracciato potrebbe essere quello buono per l’attacco vincente. Inutile dire che l’attenzione sarà su Van Aert anche se, sinceramente, ultimamente non l’ho visto poi così brillante sulle salite. Rimane sicuramente molto quotato, ma anche altri, come Mohoric, potrebbero dire la loro».

Lo sloveno è molto conciso nel dire come affronterà la sua gara: semplicemente «a tutta», esclama. E indovinate com’è andata? La corsa parte, il ritmo è altissimo e in testa si forma un gruppetto di tre elementi: Matej Mohoric, Florian Vermeesch e Connor Swift. Terzetto che poi andrà a ricoprire i gradini del podio nello stesso nell’ordine. 

Non pervenuto, a sorpresa, Wout Van Aert. Sul muro di Ca’ del Poggio aveva già un distacco di oltre dieci minuti, complici anche diversi problemi meccanici e una scivolata. 

La corsa la fanno quei tre davanti: scatenati e sicuri in ogni passaggio. Il ritmo aumenta, le tattiche diventano sempre meno efficaci e la fatica quasi insostenibile. Dal terzetto si sfila prima Swift e poi Vermeesch, sotto le “trenate” dello sloveno.

Matej rimane solo al comando, senza alcun punto di riferimento e correndo qualunque rischio possibile pur di aggiudicarsi l’iridata. «Ogni tanto ci davano qualche riferimento circa il nostro vantaggio, ma non c’era da credergli», ha spiegato Mohoric.

Rischi che si concretizzano quando all’arrivo mancano appena tre chilometri: la piazza di Pieve di Soligo per un attimo sussulta. Matej è scivolato. Però riparte e si gode ugualmente il chilometro finale, che si trasforma in una lunga passerella.

Mohoric iridato

Lo sloveno non vince, trionfa. Alla sua prima corsa gravel, mette subito le cose in chiaro: «Mi sono divertito moltissimo. Il percorso era bellissimo e conoscevo molte di queste strade, in quanto ci gareggiavo da bambino. Tra i partenti c’erano molti nomi interessanti e questo rendeva la corsa ancora più elettrizzante». 

All’arrivo Matej è visibilmente divertito, abbraccia subito il suo diesse, Pellizotti, che gioisce quasi più di lui. Si ferma ogni qual volta una mano gli porge una penna per un autografo o un telefono per una foto. Dire che Mohoric si aspettasse questa vittoria non è esatto, però la desiderava tanto. Dopo il ritiro al Croazia, voleva dare il meglio di sé. 

Ma lo sloveno è così. Gentile, forte, educato, intelligente e meticoloso. Uno come lui, anche se a questo mondiale gravel non ha potuto dedicare troppo tempo, si è certamente informato bene su percorso, scelte tecniche, meteo… Ricordiamoci di come ha vinto la Sanremo lo scorso anno, con “l’invenzione” del reggisella telescopico. 

Matej chiude così il suo 2023 con un’altra vittoria, sei in tutto. E continua il suo feeling con la maglia iridata: era stato campione del mondo juniores nel 2012 e under 23 l’anno successivo, su strada ovviamente.

Iridato in locanda

E il suo meglio lo dà vivendo la corsa, più che preparandola. Lo sloveno ha infatti gareggiato senza potenziometro. Ha saputo della potenza media da Swift e Vermeesch e ammette che anche se l’avesse avuto, avrebbe creduto fosse rotto, tanto andavano forte. 

«Sapevo che tutti eravamo a tutta – aggiunge Mohoric – ma non dovevo finirmi del tutto. Ho dovuto gestire le mie energie molto bene, grazie anche al supporto della squadra. Ogni ora mi assicuravo di mangiare almeno 120 grammi di carboidrati e ai rifornimenti prendevo gel e borracce che la squadra mi passava». 

Scivolone a parte la corsa di Mohoric è stata “tranquilla”. Certo, litigata con elicottero esclusa: «In cima ad una salita ho cercato di mandare via l’elicottero perché stava alzando troppa polvere. No, non era una mosca quel gesto». 

La corsa gli è piaciuta così tanto che Mohoric ci tornerebbe: «Il mio programma su strada è molto fitto, sarebbe difficile partecipare spesso anche alle gare gravel, ma sicuramente non abbandonerò la disciplina. Poi con i panorami che abbiamo visto oggi ci tornerei anche in vacanza. Magari fermandomi a bere del buon vino e a mangiare il prosciutto di questa parte di Veneto!».

Se dunque vedrete un ragazzo in maglia iridata fermo in qualche locanda della zona, probabilmente sarà lui. 

Primo anno WorldTour finito: cosa sappiamo di Gaia Realini?

06.10.2023
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Matteo Azzolini è uno degli allenatori di Mapei Sport, che da quest’anno è stato distaccato alla Lidl-Trek, per integrare il lavoro dei tecnici. Fra gli atleti da seguire, gli è stata assegnata Gaia Realini: un diamante da raffinare affinché possa splendere al suo massimo. Di lei e delle sue possibilità avevamo già parlato con Josu Larrazabal, responsabile degli allenatori, ma sentire dopo un anno insieme colui che effettivamente lavora con l’abruzzese ci ha permesso di avere un’idea più definita.

Gaia Realini è nata il 19 giugno 2001 a Pescara. E’ alta 1,50 e pesa 40 chili. Quest’anno, il primo nel WorldTour, è stata terza al Giro, alla Vuelta, al Tour de l’Avenir e alla Freccia Vallone, seconda al UAE Tour e ha vinto una tappa della Vuelta e il Trofeo Oro in Euro. Sabato scorso è arrivata quarta al Giro dell’Emilia (foto di apertura) e ha chiuso nel primo gruppo alla Tre Valli Varesine.

Matteo Azzolini lavora per Mapei Sport, ma è stato distaccato alla LIdl-Trek (foto Mapei Sport)
Matteo Azzolini lavora per Mapei Sport, ma è stato distaccato alla LIdl-Trek (foto Mapei Sport)
Qual è stato il tuo approccio con lei?

L’approccio e la professionalità che si mette è uguale per tutti gli atleti. Nello specifico di Gaia, chiaramente era molto interessante, perché dai risultati e dalle caratteristiche fisiche, si presentava come un’ottima scalatrice. Quindi iniziare ad allenarla è stato anche molto curioso. Andando avanti si è sviluppato ancora più interesse.

Dopo un anno, che idea ti sei fatto di Gaia?

Come atleta, secondo me dobbiamo ancora scoprirla al 100 per cento. E’ un atleta molto giovane, sta crescendo. Quest’anno ha fatto una stagione eccezionale. E’ riuscita a stupire non solo per le prestazioni in salita, ma anche per la sua capacità di resistere in pianura, che magari sarebbe il terreno a lei meno favorevole. E’ sicuramente molto professionale, totalmente dedita al ciclismo e questo per un’atleta professionista è un aspetto a mio modo di vedere fondamentale.

Sul traguardo di Comano Terme, Realini vince il tricolore U23, nella gara vinta da Elisa Longo Borghini
SUl traguardo di Comano Terme, Realini vince il tricolore U23, nella gara vinta da Elisa Longo Borghini
Si ragiona già di margini di crescita?

E’ difficile individuarli già. Però quest’anno abbiamo impostato bene la stagione, nonostante sia stata comunque impegnativa. Se continuiamo a rispettare la sua fase di crescita, aspetto cui la squadra e anch’io stesso teniamo molto, secondo me in futuro potrà stupirci ancora.

Oggi si vive sul rapporto watt/chilo. Gaia è leggerissima, si può pensare che aumenti la sua potenza?

Sicuramente con la maturazione fisica potrà guadagnare un po’ di potenza. La cosa che mi ha stupito, al di là delle prestazioni in salita e degli ottimi numeri che ha fatto, è come dicevamo che già adesso è forte in pianura. Anche con lei prendo sempre come punto di riferimento Ellen Van Dijk, che è sua compagna di squadra e in pianura e a cronometro è una delle atlete più forti del gruppo. Le dico che non dobbiamo diventare come lei, però dobbiamo continuare a lavorare per esempio sulla cronometro, perché ha la base per fare bene. Il punto sarà cercare di perdere il meno possibile.

La crono non è per Realini così penalizzante: secondo Azzolini può lavorarci e anche bene
La crono non è per Realini così penalizzante: secondo Azzolini può lavorarci e anche bene
E’ davvero così forte in pianura?

Credo che già oggi non sia un grosso fattore limitante nella sua prestazione. E’ chiaro che diventando più abile in gruppo e con la crescita, sicuramente qualche nuovo watt nelle gambe riusciremo a metterlo. Sono abbastanza tranquillo del fatto che la sua composizione fisica da scalatrice pura non sia un fattore limitante per le sue prestazioni anche in pianura.

Durante l’inverno quindi lavorerete sulla crono?

Gli allenamenti con la bici da cronometro cerchiamo di inserirli con una cadenza regolare, anche quando siamo abbastanza lontani dalle gare, facendo qualche uscita di scarico o qualche allenamento sulla bici aerodinamica, anche se a Gaia non piacciono molto. Serve più che altro per mantenere gli adattamenti alla posizione e il feeling nel guidare quella bici.

Il terzo posto del Giro e della Vuelta dicono che potenzialmente potrebbe essere già vincente
Il terzo posto del Giro e della Vuelta dicono che potenzialmente potrebbe essere già vincente
E come farà invece per migliorare in discesa, che è un tallone d’Achille?

Durante i training camp, la squadra mette a disposizione un tecnico che dà informazioni a tutti i ragazzi sull’allenamento in discesa. Quello che noi facciamo è prendere le informazioni che ci vengono date sia sul campo sia in video, ad esempio su come distribuire il peso o come affrontare le traiettorie. Dopodiché cerchiamo di utilizzarle e di allenarci anche durante la stagione. Negli allenamenti facciamo tanta salita e di conseguenza c’è la discesa. Anche quello diventa un momento per prestare attenzione, anche se si sta recuperando fisicamente. Il modo di curare la tecnica finché tutti quegli apprendimenti fatti sulla carta diventano degli schemi consolidati, che vengono in automatico senza pensarci troppo. Gaia ha grossi margini di miglioramento anche in discesa ed è un aspetto che stiamo curando.

C’è anche palestra nella preparazione di Gaia Realini?

Ne abbiamo parlato proprio l’altro giorno, quando ci siamo incontrati. Quest’anno siamo riusciti a fare un buon allenamento in palestra, sia durante il periodo invernale che durante la prima parte della stagione, fino ad arrivare al Giro d’Italia. Poi per i viaggi, gli spostamenti e i ritiri, abbiamo un po’ ridotto. Nei nostri ragionamenti e anche in previsione della futura stagione, una cosa che ci piacerebbe fare sarà mantenerla durante tutta la stagione.

Terza alla Freccia Vallone, alle spalle di Vollering e Lippert: la salita è il suo pane quotidiano
Terza alla Freccia Vallone, alle spalle di Vollering e Lippert: la salita è il suo pane quotidiano
E’ giovanissima, ma è anche già vincente nei grandi Giri o ha bisogno di crescere?

Credo che quest’anno abbia dimostrato che le grandi corse a tappe le si addicono e che può fare bene. Il fatto di vincere è dettato anche dal percorso e tante situazioni di gara. L’obiettivo per l’anno prossimo sarà prima di tutto riconfermare i risultati di quest’anno, che è già abbastanza difficile. La riconferma è sempre molto difficile. La squadra d’altra parte la supporta nella crescita, quindi potenzialmente potremmo anche aspirare alla vittoria in una grande corsa a tappe. Però chiaramente non abbiamo la pressione di doverlo fare per forza, l’obiettivo principale è che cresca, che metta un altro tassello e consolidi quello che ha fatto quest’anno.

Ha una grinta pazzesca…

E’ motivata in tutti gli allenamenti, dallo scarico a quelli più intensi. L’altra cosa che mi piace, ne abbiamo discusso anche diverse volte, è il fatto che quando per esempio c’è qualcosa in corsa che non funziona, la testa ragiona da vincente. Nonostante magari abbia fatto una buona prestazione e lei ne è consapevole, capisce che c’è un margine di miglioramento. Così pensa subito a come colmare quel margine. Con questo approccio, va sempre a curare anche i dettagli o gli aspetti della prestazione che possono farla migliorare ancora.

Cosa farà durante l’inverno?

Ne abbiamo discusso proprio pochi giorni fa. Abbiamo tracciato le linee generali della preparazione invernale, soprattutto la prima parte: quella legata al recupero. Per impostare l’allenamento invece, stiamo aspettando il programma gare dell’anno prossimo, che sarà deciso dalla squadra, che detterà la distribuzione delle fasi di carico e scarico.

Nel weekend Gaia Realini affronterà il mondiale gravel. La sua provenienza dal cross potrebbe aiutarla a fare bene
Nel weekend Gaia Realini affronterà il mondiale gravel. La sua provenienza dal cross potrebbe aiutarla a fare bene
Nel weekend correrà il mondiale gravel, cosa ne pensi?

Potrà essere una bella esperienza, perché si presenta con la buona condizione dimostrata al Giro dell’Emilia (quarta all’arrivo, ndr). Ha tutte le carte in regola per divertirsi e fare l’ultimo sforzo della stagione. Nella settimana che segue il mondiale gravel faremo ancora qualche sessione di allenamento, ma molto tranquilla per avvicinarci alla fase di recupero completo che sarà di circa 15-20 giorni.

L’hai vista convinta nell’accettare la convocazione?

E’ in un buon momento, non va a accavallarsi con altre corse, in quanto la stagione su strada è finita. Il percorso pare sia molto duro e di conseguenza potrebbe essere adatto alle sue caratteristiche. Sfruttando il fatto che ha un buono stato di forma e che, venendo dal ciclocross, un po’ di abilità anche sullo sterrato ce l’ha, la convocazione è stata ben accettata. Vediamo come andrà…

Stuyven, Trek e il gravel: prove generali di integrazione

05.10.2023
4 min
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Jasper Stuyven, belga della Lidl-Trek che in carriera ha vinto una Sanremo, la Omloop Het Nieuwsblad e anche un Deutschland Tour, è il nuovo campione europeo gravel. Lo ha conquistato domenica scorsa in Belgio, battendo Merlier (11 vittorie su strada nel 2023) e Paul Voss, che da quando si è ritirato corre solo nella nuova disciplina.

Nella settimana che porta da un lato al Lombardia, dall’altro alla Parigi-Tours e al mondiale sugli sterrati, è palese che il gruppo dei professionisti si sia diviso. Gli scalatori si sono dati appuntamento al raduno di partenza di Como, i velocisti (fra cui Stuyven) a Chartes. A Pieve di Soligo si troveranno invece gli specialisti degli sterrati e facce note come Wout Van Aert, Alejandro Valverde e Peter Sagan. Le convocazioni azzurre non lasciano spazio a dubbi. Fra gli altri, troveremo Oss, Velasco e Alessandro De Marchi, mentre fra le donne Realini, Persico, Paladin e Bertizzolo.

Daniel Oss al centro fra i cittì Celestino e Pontoni. Lo scorso anno il trentino fu bronzo al mondiale
Daniel Oss al centro fra i cittì Celestino e Pontoni. Lo scorso anno il trentino fu bronzo al mondiale

Il punto con Trek

Quando lo scorso anno la rassegna iridata debuttò sulle strade del Vicentino, la considerazione di molti fu immediata. Non appena le aziende produttrici di bici si fossero accorte dell’impatto sul mercato, avrebbero spinto affinché i professionisti delle squadre che sponsorizzano venissero dirottati sulla nuova disciplina.

E’ stato così ad esempio che il Movistar Team, con il favore di Canyon, ha creato al suo interno un team gravel, per far correre l’impensionabile Valverde e Ivan Cortina. E allora ci siamo chiesti: che cosa ha rappresentato per Trek la vittoria di Stuyven agli europei di Oud-Heverlee? Ci ha risposto Jordan Roessingh, Direttore globale – Bici da strada e Project One.

Stuyven ha conquistato a Oud-Heverlee il primo europeo gravel. Domenica si corre il 2° mondiale
Stuyven ha conquistato a Oud-Heverlee il primo europeo gravel. Domenica si corre il 2° mondiale
Le vendite di biciclette gravel rappresentano una parte importante del mercato di Trek?

Sì, il gravel è diventato una parte molto significativa della nostra attività ed è cresciuto ogni anno da quando abbiamo lanciato il nostro primo modello, la Checkpoint.

Le competizioni gravel sono di interesse commerciale per Trek come azienda?

SÌ. Abbiamo sponsorizzato atleti che gareggiano in molte delle principali gare e sosteniamo anche diversi eventi gravel. Ad oggi, tuttavia, Trek non ha ancora organizzato dei propri eventi.

L’organizzazione dei campionati europei e mondiali è un’opportunità per Trek?

Certamente, la globalizzazione e l’aumento della professionalità nelle corse gravel sono cambiate radicalmente negli ultimi anni. Le gare gravel europee e UCI sono molto diverse dai più tradizionali eventi del Nord America, ma offrono comunque un’esperienza unica, che si abbina ad alcuni degli eventi più popolari che hanno dato il via al gravel. Non penso che questa sia un’opportunità soltanto per Trek, ma per i ciclisti e l’industria nel suo complesso, per far crescere una nuova disciplina nel ciclismo.

Questo il Trek Driftless Team in un video di inizio stagione
Le squadre sponsorizzate da Trek sono state sollecitate affinché agevolino la partecipazione degli atleti alle gare gravel?

Abbiamo uno specifico team di corse gravel, il Trek Driftless Team, che gareggia nei principali eventi gravel principalmente in Nord America. Occasionalmente abbiamo ciclisti di Lidl-Trek che partecipano a eventi in Europa. Jasper Stuyven, appunto, ha recentemente vinto i campionati europei, ma è principalmente una scelta che dipende da loro, senza molta, se non nessuna spinta da parte del team o di Trek.

Il Movistar Team ha formato una squadra per il gravel, potrebbe esserci la stessa intenzione per Trek?

Del Trek Driftless Team abbiamo già detto, mentre Lidl-Trek non ha un programma o piani specifici per il gravel. Questo significa che gli atleti gareggeranno occasionalmente negli eventi. Però sembrano divertirsi e riescono anche bene.

Sul podio dell’europeo, con Stuyven sono saliti Merlier e Paul Voss, che fino al 2016 correva nella Bora
Sul podio dell’europeo, con Stuyven sono saliti Merlier e Paul Voss, che fino al 2016 correva nella Bora
La vittoria di Stuyven agli Europei può diventare un’occasione di marketing? 

Sì, è stata certamente una grande vittoria e qualcosa che sfrutteremo per mostrare il coinvolgimento e il successo di Trek e per spingere le nostre piattaforme per bici gravel race come Checkpoint e Domane.

Il mercato del gravel interessa anche alle ragazze?

Penso che un attributo del gravel, che gli consentirà di crescere ancora, è quanto sia aperto per ciclisti di tutti i tipi. Non importa chi tu sia, negli eventi gravel c’è un posto anche per te

Il punto di vista di Viel sul gravel (e sul mondiale)

03.10.2023
4 min
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CAMPAGNOLA CREMASCA – Il gravel un’opportunità di ciclismo visto in modo diverso. Abbiamo incontrato Mattia Viel alla Gera60, una pedalata tra amici promossa da Deda e con un lui abbiamo scambiato due battute. La nuova vita lavorativa, il gravel e la bici, ma anche un occhio sul prossimo mondiale gravel.

L’atleta piemontese ci illustra il suo punto di vista sul gravel in genere, con un occhio attento sulla prossima rassegna iridata di categoria. Viel è tutt’ora in attività, anche se il ciclismo praticato è sceso di un gradino nella scala delle priorità, perché ci sono diversi progetti è un ruolo nello staff marketing di DMT.

Viel ha pedalato la Gera60 in compagnia
Viel ha pedalato la Gera60 in compagnia
Ci sarai al prossimo Mondiale Gravel?

Si ci sarò, ma grazie ad una wild card e comunque l’approccio personale è completamente differente rispetto a quello del 2022. L’anno passato invece è stato diverso, perché ho gareggiato con l’obiettivo di indossare la maglia azzurra alla prima edizione dei mondiali di categoria.

Cambia il tuo approccio?

Assolutamente, ma era già cambiato nel 2022, che è stato il primo anno da non professionista. Ero piuttosto libero, lavorativamente parlando. Mi sono allenato, ma è pur vero che ho vissuto di rendita con tutto quello che ho fatto nelle stagioni da pro.

Mattia Viel in veste DMT alla recente Sea Otter (foto Mattia Viel)
Mattia Viel in veste DMT alla recente Sea Otter (foto Mattia Viel)
Invece quest’anno?

Quest’anno invece sono coinvolto al 100% nelle attività di marketing del gruppo Diamant, DMT e MCipollini. L’attività in bici è importante, ma sono concentrato su altro.

Una tua fase di crescita in cui il gravel ha un peso?

Il gravel mi ha aperto un sacco di opportunità ed io continuo a crederci. La porto avanti, non solo come attività personale, ma in parallelo ad altri progetti. Sono nel gruppo marketing Diamant, ho un progetto personale che si chiama Alive Cycling per l’abbigliamento e sono coinvolto nell’organizzazione della Erattico Gravel, nel territorio del canavese.

In maglia azzurra al Mondiale Gravel 2022
In maglia azzurra al Mondiale Gravel 2022
Ti ritrovi ancora nell’ambito race?

Bisogna essere iper specializzati per fare qualsiasi cosa, farla al meglio ed essere credibili in quello che si fa. Per fare le gare gravel è necessario essere preparati, non si può improvvisare e a mio parere è giusto così. Mi ritrovo nel gravel race e mi piace vedere alcuni grandi nomi che arrivano dalla strada, portando lustro e visibilità, fattori che aiutano ad allargare la conoscenza verso questa categoria.

Gli uomini immagine, un biglietto da visita anche per noi italiani?

Direi proprio di si. Abbiamo la fortuna di avere il mondiale in Italia per il secondo anno consecutivo, nonostante i diversi problemi organizzativi, ma è una vetrina che dobbiamo sfruttare al massimo. Pensare che un Van Aert sarà il faro della manifestazione a mio parere è motivo di orgoglio.

Hai pedalato nel nuovo percorso?

Non ho avuto occasione, ma ho ricevuto diversi feedback da fonti diverse. Più gravel rispetto al 2022, duro ed esigente, molto spettacolare. Sono contento di questi aspetti tecnici, visto che ho creduto fin da subito nella disciplina e penso che un percorso gravel deve avere le giuste caratteristiche, non troppo stradistico e neppure esageratamente mtb. Il gravel deve avere un propria identità.

Nel futuro di Viel c’è anche una veste di organizzatore
Nel futuro di Viel c’è anche una veste di organizzatore
Servono delle regole?

Io sono a favore delle regole, servono per mettere ordine anche nel settore dei materiali. In questo momento ognuno di noi ha un pensiero proprio verso il gravel. Chi è più race, chi è rivolto al bikepacking, chi un po’ di più verso l’avventura e forse in questo momento è giusto così. Ma sono necessarie delle regole per il futuro e queste devono essere scritte con cognizione.

Ti manca la vita da pro’?

Sicuramente sì, anche se ho trovato in fretta una nuova identità. Non ho chiuso la mia carriera come avrei voluto, considerando che ho iniziato nel 2018 con la Androni grazie ad uno stage. Mi sarebbe piaciuto giocarmi qualche carta in più. Al tempo stesso sono gratificato nel vedere tutto quello che costruisco in questa fase della mia carriera lavorativa.

In Veneto si respira aria di bicicletta

16.10.2022
5 min
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In Veneto la bicicletta trova una delle sue massime espressioni, una terra che da sempre è fucina di talenti e dove la bici fa parte del tessuto produttivo. Il mondiale gravel è stata una sorta di ouverture che ha anticipato le ultime competizioni di alto livello della stagione 2022. Una vetrina importante e un biglietto da visita, ma non c’è solo il gravel.

Il pubblico ad applaudire il passaggio della corsa non manca mai e quello che abbiamo potuto vivere alla rassegna iridata dello scorso week end, è un biglietto da visita da presentare al mondo intero. La conferma che la formula degli amatori che corrono al fianco dei professionisti può funzionare alla grande. E’ il gravel, ma non c’è solo questo.

Cittadella, un affascinante borgo tra modernità e storia
Cittadella, un affascinante borgo tra modernità e storia

Storia ed esigenze attuali

Lo scorso fine settimana, quello della rassegna iridata gravel, il Veneto ha dato una prova di forza incredibile in termini di totalità. Non era semplice mettere insieme le esigenze degli sportivi e della bicicletta, del territorio e di una regione che è anche una delle locomotive d’Europa, per la produzione e l’industria. Al tempo stesso era necessario rispettare i luoghi storici, valorizzandoli e integrandoli nel modo più opportuno all’interno delle attività ciclistiche.

Anche questo è un modo di pensare che strizza l’occhio al futuro, dove lo sport e la bicicletta sposano sempre di più il contesto turistico, diventando un messaggio di promozione per il territorio.

La partenza del mondiale gravel a Campo Marzio Vicenza
La partenza del mondiale gravel a Campo Marzio Vicenza

Veneto, gravel e riscoperta

Dentro e fuori l’asfalto, su e giù per gli argini, i sentieri dei campi che collegano i paesi, utilizzando le vie di comunicazione di una volta. La riscoperta delle “strade zitte” è uno dei nuovi messaggi che nascono grazie al ciclismo e alla bicicletta, sono divertenti e faticose, ma anche fuori dal traffico.

La salita verso il santuario e verso i Colli Berici, il balcone di Vicenza
La salita verso il santuario e verso i Colli Berici, il balcone di Vicenza

I pro’ sono un’opportunità

Torniamo ancora una volta sui passi del mondiale gravel UCI. C’erano tanti atleti professionisti che normalmente svolgono la loro attività su strada, nelle corse di un giorno e pedalando nei grandi giri. E’ stata anche la prima rassegna iridata, in ambito amatoriale, nella quale gli amatori hanno avuto l’opportunità di incolonnarsi alla partenza con i pro e affrontare il medesimo tracciato. Da pelle d’oca, per chi ha avuto la fortuna di vivere questa giornata. Entusiasmo e una fiumana di gente, non solo alla partenza dove l’affollamento è facilmente preventivabile, ma lungo tutto il percorso (a tratti è sembrato di essere in una corsa belga) e all’arrivo in Cittadella. Davvero emozionate, un’occasione ghiotta per capire quanto conta il supporto del pubblico.

Poco dislivello, meglio così

Prima delle gare del week and se ne sono dette e scritte di tutti i colori. La mancanza di un dislivello positivo importante è stato uno degli argomenti più dibattuti. Eppure le facce degli atleti al traguardo non lasciavano dubbi, stremati da una gara impegnativa e tirata fin dalle prime battute.

Buona parte del dislivello era concentrato nei primi 35 chilometri, grazie alla partenza in salita ed un paio di strappi impegnativi posizionati nella cresta collinare dei Monti Berici intorno a Vicenza. Un paio di settori di single-track, dove era fondamentale far correre la bici cercando di evitare i sassi sporgenti. Parecchi i mangia e bevi. La conferma della durezza della competizione arriva anche dai numerosi ritiri.

Poi tanta velocità, tantissimi cambi di direzione e un terreno che variava la sua consistenza senza soluzione di continuità, obbligando a tenere la concentrazione sempre a livelli massimi. Tutte situazioni dove è importante avere il feeling con la bicicletta, capire dove sfruttare il grip, oppure dove era meglio far scivolare le gomme sfruttando l’elasticità dello pneumatico, oltre alle pressioni ridotte. Non facile.

Tutti hanno sofferto, anche gli atleti di vertice, perché era necessario avere tanta forza nelle gambe e dosarla nel modo corretto. Il mezzo meccanico e il setting adeguato di quest’ultimo poteva fare una grande differenza, anche in termini di comfort, fondamentale quando si pedala su terreni morfologicamente differenti tra loro.

E poi il caldo, il vento e la polvere, nemici in più con i quali confrontarsi. Non c’è stata l’epicità della pioggia, ma è stato meglio così, perché anche il pubblico ha potuto godere a pieno del passaggio dei corridori.

L’arrivo iridato in Cittadella, pro ed amatori tutti insieme
L’arrivo iridato in Cittadella, pro ed amatori tutti insieme

In conclusione

La settimana ciclistica che si è svolta in Veneto, a partire proprio del mondiale gravel, dimostra quando il ciclismo giochi un ruolo fondamentale nella politica di promozione della Regione Veneto e delle sue provincie. C’è un senso di coesione in tutto questo, una considerazione non banale che contrasta con le tante divisioni politiche delle quali siamo testimoni in Italia (e non solo). Un esempio da seguire e che deve trovare sostegno e supporto per il futuro, lo scriviamo con forza, perché è bello immaginare che, tutto quello di cui siamo stati testimoni abbia un seguito di successo.

Il mondiale gravel, un cantiere aperto e un’opportunità

14.10.2022
4 min
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Il post mondiale gravel è difficile e complicato. Si tirano le somme, si valutano i diversi aspetti, cosa c’è di positivo e dove è necessario migliorare. E’ pur vero che una prima edizione, come la è stata questa rassegna iridata UCI Gravel sancisce l’inizio di un’era.

Si amplia ulteriormente il progetto UCI legato alla multidisciplinarietà? Il dibattito è aperto. Abbiamo avuto l’opportunità di fare due chiacchiere con Nathan Haas, grande interprete del gravel race e con Nicolas Roche.

Vicenza, sede di partenza
Vicenza, sede di partenza

Il primo mondiale della storia

Il primo Mondiale Gravel della storia si è svolto in Italia e anche questa è storia, come ha affermato Pozzato. Ha avuto luogo in una terra che mastica il ciclismo, ovvero il Veneto e grazie ad un’organizzazione che la bicicletta la conosce bene.

La nostra non vuole essere una disamina dell’evento. Non spetta a noi far luce sugli aspetti positivi e dove è fondamentale migliorare, a questo penseranno lo stesso gruppo organizzatore e anche l’UCI, che proprio qui ha messo il primo tassello per una nuova categoria di competizioni.

Noi vogliamo dare voce e riportare alcuni concetti interessanti espressi da Nathan Haas e Nicolas Roche. Il primo prosegue la sua carriera di atleta professionista elite, è uno dei più grandi interpreti del gravel race e anche per questo non è categorizzabile come ex pro’ su strada. “Nico” Roche è uomo esperto ed appassionato, particolarmente legato alle attività UCI in ambito gravel e delle attività ciclistiche nel Principato di Monaco (dove risiede), oltre ad essere direttore del programma di ciclismo su strada della Nazionale Irlandese.

Tra i più grandi interpreti del gravel, Lachlan Morton e Nathan Haas (a destra)
Tra i più grandi interpreti del gravel, Lachlan Morton e Nathan Haas (a destra)

Format non nuovo, ma diverso

Il format utilizzato per il primo mondiale gravel della storia è “paragonabile” a quello utilizzato nel competizioni Mtb marathon, dove professionisti e amatori sono allo stesso livello nelle fasi partenza. Non è un aspetto banale, perché obbliga a gestire in modo oculato tutte le fasi di controllo, partenza e gestione del percorso, ma al tempo stesso mette ogni tipologia di atleta sullo steso piano. L’UCI e le organizzazioni devono essere pronte a questo anche e soprattutto in ottica futura.

Alla partenza del mondiale gravel, Van Avermaet e accanto Nathan Haas
Alla partenza del mondiale gravel, Van Avermaet e accanto Nathan Haas

Parla Nathan Haas

«Da sempre il ciclismo è come un percorso di crescita – dice – e prevede un iter da seguire, così dovrebbe e deve essere anche nell’ambito del gravel race. Il primo mondiale gravel è una cosa molto buona, un aspetto davvero positivo per il movimento ed è anche per questo motivo che non capisco l’assenza di un ranking della categoria gravel. C’è nel settore road, nella mtb e nel ciclocross. E’ fondamentale creare una lista che si basa sui punteggi anche nel gravel, fondamentali per stilare le starting grid delle competizioni. Uno strumento utile anche per creare uno storico e capace di fare ordine.

«Questo non significa che lo stradista, il biker e/o il ciclocrossista devono passare in secondo piano – continua Haassiamo noi del gravel i primi a sapere e capire che questo mondo nasce adesso e ha bisogno di tutti. Ma è pur vero che in una competizione gravel, gli interpreti della disciplina devono avere la precedenza. Se io mi presento ad una gara su strada non mi fanno partire davanti ed è giusto così».

Per la cronaca, Nathan Haas è riuscito a partire a ridosso della prima fila e ha concluso la sua fatica in 16ª posizione a 6’23” da Vermeersch.

“Nico” Roche in gara a Vicenza con gli elite
“Nico” Roche in gara a Vicenza con gli elite

Parla Nicolas Roche

«L’UCI deve ascoltare anche i corridori che stanno correndo nelle competizioni gravel – dice – perché possono dare un grande aiuto e fornire dei feedback necessari alla crescita di questa categoria. Anche io mi sto spendendo a favore di un’evoluzione del movimento, ho voluto scrivere le mie considerazioni all’UCI e anche con la Federazione del Principato di Monaco c’è la volontà di far evolvere il movimento. Negli ultimi anni la federazione monegasca è sensibile allo sviluppo del ciclismo su diversi fronti.

«Restando nell’ambito gravel e gravel race, il primo mondiale segna la storia ed è chiaro che c’è molto da fare e costruire. Sappiamo benissimo che una prima edizione non può essere perfetta – continua Roche – e anche per questo motivo l’intervento degli atleti che contribuiscono a veicolare il messaggio gravel in giro per il mondo è fondamentale. Il gravel è una grossa opportunità per tutti. Le stanze dei bottoni sono necessarie, ma lo sono anche i corridori che vivono il ciclismo da dentro».

Nicolas Roche, classe 1984 ha chiuso il mondiale gravel 2022 alla posizione 47 della classifica assoluta a 19’38” dal vincitore.

Teocchi: bronzo, tecnica, alimentazione… Olimpiadi

13.10.2022
5 min
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Non solo l’argento di Daniel Oss, il campionato mondiale gravel ci ha regalato anche il bellissimo bronzo di Chiara Teocchi. La biker della  Trinity Racing, e dell’Esercito per quanto concerne gli impegni “istituzionali”, anche un po’ inaspettatamente è stata protagonista di una gara lunga per le sue caratteristiche. Mentre i dubbi non c’erano per la durezza, che la Teocchi sia una tosta non è certo una novità.

Come è stato dunque questo primo mondiale gravel al femminile? E’ la stessa azzurra che ci porta alla scoperta.

Nella fuga a quattro anche la tedesca Treffeisen, quarta. La Teocchi in testa a fare l’andatura
Nella fuga a quattro anche la tedesca Treffeisen, quarta. La Teocchi in testa a fare l’andatura
Chiara, prima di tutto complimenti! Abbiamo visto che tra gli uomini c’è stato un dominio degli stradisti, mentre tra le donne voi biker avete “massacrato” tutte le altre…

Sì, però è anche vero che se andiamo ad analizzare il podio maschile sono tutti ragazzi che hanno o hanno avuto a che fare con la mtb e il cross. Vermeersch è un crossista, Daniel (Oss, ndr) ha fatto cross e non era nuovo del gravel, e Van Der Poel… lo conosciamo. Ciò che ho notato io è che nella prima parte di gara le stradiste perdevano molto nei tratti di sterrato, in curva e nei tratti più guidati. Non erano abituate e si vedeva proprio che frenavano di più. E credo che sia anche per questo motivo che la fuga poi abbia preso tanto vantaggio.

E voi l’avevate capito? Meglio approfittarne subito?

Più che altro quando ho visto che si erano mosse la Ferrand-Prevot e la Frei, mi sono mossa anche io. Le stradiste hanno preso la cosa sotto gamba. «Ma si, lasciamole andare queste biker che tanto 140 chilometri non li tengono». In realtà poi li abbiamo tenuti! Abbiamo chiuso la gara a 33 di media, e su sterrato e in 140 chilometri di corsa non è proprio poco.

Come hai fatto ad allungare così tanto questo range d’azione?

In realtà ero rimasta delusa per la non convocazione per europei e mondiali e quindi mi sono detta: «Devo prendermi una rivincita. Devo essere convocata per il mondiale gravel”. Nell’ultimo periodo mi ero focalizzata molto sul gravel. E volevo anche divertirmi. E poi essendo una cosa nuova l’ho affrontata con meno ansie e forse anche per questo è andata bene.

Come è andata la corsa? Cosa passava nella tua testa e nelle tue gambe?

Continuavo a ripetermi di non staccarmi, assolutamente. Perché se avessi perso cinque metri sarei rimasta al vento. Poi ci siamo un po’ parlate e soprattutto Pauline continuava ad incitarmi: «Andiamo, andiamo». Ma quando mancavano 40 chilometri e avevamo un minuto, sono stata un po’ titubante, pensavo ci venissero a prendere. Però vedevo che continuavamo a pedalare bene. A quel punto ho pensato: se ci vengono a riprendere pazienza, però ci proviamo.

La tua bici rispetto a quella di Argenta era settata diversamente?

In realtà posso dire di aver davvero corso un mondiale gravel, perché la Specialized Diverge è una bici gravel. Non avevo una bici da strada o una Roubaix (in riferimento alle altre Specialized, ndr) con le gomme da cross. E mi fa piacere essere salita sul podio con una vera bici gravel che pesava tre chili più delle altre. Senza contare che per questo avevo rapporti da gravel, quindi un monocorona, mentre la Frei per esempio aveva una doppia da strada. Poteva usare rapporti più lunghi.

Pensi che ti avrebbero fatto comodo quei rapporti?

Sì, perché ogni tanto mi mancava qualche dente. Però, ripeto, io sono partita con una bici gravel al campionato del mondo gravel. Sono stata coerente.

Sul podio tre grandi biker: Pauline Ferrand-Prevot, Sina Frei e la nostra Teocchi
Sul podio tre grandi biker: Pauline Ferrand-Prevot, Sina Frei e la nostra Teocchi
Che futuro può avere per te il gravel?

Secondo me si svilupperà tantissimo e non è detto che non diventerà disciplina olimpica a Los Angeles. Le aziende ci investiranno tantissimo, altrimenti atleti come Van der Poel e Ferrand-Prevot non sarebbero venuti. E poi è una bici che ti permette tanto. Durante la preparazione nei giorni che dovevo andare a fare la distanza montavo le ruote da strada e via. Nei giorni che volevo fare un’uscita più tecnica mettevo le ruote da gravel. Chiaro non fai le discese da enduro, ma se non ci sono troppe insidie ci vai tranquillamente. Per me è la bici del futuro.

Alla luce di quanto detto, cioè che bastavano poche curve per guadagnare terreno sulle stradiste, con un pizzico di tasso tecnico in più il biker è molto avvantaggiato?

Sì. E da quel che ho sentito il prossimo anno la gara sarà meno lunga, ma più selettiva dal punto di vista tecnico: più salita, più discesa e più fuoristrada guidato.

Dal punto di vista alimentare come ti sei regolata?

Il mio piano erano di assumere 70 grammi di carboidrati l’ora. Avevo un piccolo schema: sempre una borraccia di malto e una di acqua, anche per “sciacquare” la bocca. Ogni 20′ mandavo giù qualcosa. Poi dei gel, uno di malto e uno alla caffeina nei 20 chilometri finali, poi le gelatine e una barretta che ho mangiato metà nella prima ora e metà dopo la terza ora.

Mondiale gravel, Pozzato: «Abbiamo fatto la storia»

10.10.2022
6 min
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L’esordio del mondiale gravel è alle spalle. l’Italia è stata protagonista della consacrazione iridata di una disciplina nuova che sta attirando sempre di più l’interesse del movimento ciclistico in generale. Filippo Pozzato ha timonato l’organizzazione della sua PP Sport Events sapientemente portando a casa una prima edizione esemplare, ricca di nomi importanti e senza lacune di alcun tipo dal punto di vista del percorso e della sicurezza. 

I mondiali donne e uomini si sono corsi in un territorio che rappresenta un polmone del ciclismo in Italia e non solo. Per il Veneto le due ruote a pedali sono una cosa seria e questa due giorni di corse su sterrato ne è stata la dimostrazione. Il pubblico ha risposto numeroso. L’aria dell’autunno ha dipinto le rive dei canali vicentini per poi addentrarsi accarezzando Padova ed infine con l’arrivo degno di un quadro rinascimentale dentro le mura di Cittadella. Pippo è provato, ma sorridente, il clima è disteso e i calici di prosecco dello staff e dei collaboratori si alzano in un sentimento di soddisfazione e orgoglio per quanto fatto. E’ ora di festeggiare. 

Podi degni dell’iride

Spesso per determinare la valenza di una corsa ci si affida alla lista partenti e all’ordine d’arrivo. Nei mesi che precedevano questa rassegna iridata i dubbi e gli interrogativi non sono mancati. Una disciplina nuova partita da una vena turistica rivolta al viaggio e all’esplorazione che da qualche tempo si sta iniziando a vestire di agonismo. I pro’ hanno spazzato via ogni dubbio rispondendo “presente” a questo mondiale. 

La starting list vedeva nomi come Sagan, Van der Poel, Van Avermaet, Lutsenko, Stybar, Lopez. E poi la nazionale italiana con  il tricolore Zana, Oss, De Marchi, Ballerini, per citarne alcuni. Così come per le donne con Pauline Ferrand Prevot, la fuoriclasse pluriridata nella Mtb cross country, short track e marathon. Le azzurre Bertizzolo, Sanguineti, Guarischi, e le specialiste del cross country Teocchi e Lechner.

«Abbiamo avuto – dice Pozzato – un ottimo campione del mondo come Vermeersch che ha disputato una gara bellissima. Secondo Daniel Oss che è un nome importante per il panorama italiano e non solo. Terzo Van der Poel, quarto Van Avermaet, nomi che danno un segnale chiaro e forte che ci sono corridori importanti che credono in questo e l’hanno dimostrato perché hanno interpretato la corsa dando anche spettacolo, non sono venuti qua per partire e basta. Stesso discorso per le donne con la campionessa Pauline Ferrand Prevot davanti alla Frei e alla nostra Teocchi terza».

Anno zero

Oltre 500 corridori provenienti da 39 nazioni. Un campionato del mondo che ha saputo partire dal suo anno zero con un parterre di tutto rispetto muovendo una mole importante di atleti e addetti ai lavori. Proprio così perché oltre alle categorie elite di donne e uomini anche le categorie amatoriali hanno percorso le stesse strade ghiaiate. 

«Penso – racconta Pozzato – che abbiamo scritto una pagina di storia del ciclismo. Non noi, non io, ma tutti quanti insieme. Intendo addetti ai lavori, giornalisti, l’UCI, noi che abbiamo organizzato e non per ultimi i corridori che hanno partecipato. Sicuramente è un punto di partenza importante, secondo me storico, che darà il via con le prossime edizioni ad un movimento importante e del tutto nuovo con dinamiche proprie. Già al primo anno aver portato a termine una corsa con questi risultati è un qualcosa che dà un segno».

Obiettivo raggiunto

Il gravel è una disciplina nuova che, come detto, si sta approcciando ad un movimento sempre più rivolto alle gare agonistiche. L’UCI quest’anno ha stilato un programma di competizioni a cui atleti presi in prestito da altre discipline si sono approcciati e di conseguenza hanno conquistato la qualificazione per questa prova. Di pari passo alle dinamiche di corsa nuove per tutti ci va il saper organizzare e mettere in sicurezza una competizione di questa caratura. 

«E’ andata bene – spiega Pippo – senza ombra di dubbio. Ieri e oggi c’era grande entusiasmo. I corridori si sono divertiti. Il pubblico era contento. Diciamo che l’obiettivo nostro era questo: fare divertire la gente e far divertire i corridori. E’ andato tutto liscio, l’UCI è stata molto contenta, la corsa l’abbiamo portata a casa, l’obiettivo l’abbiamo raggiunto

«Era difficile da chiudere il percorso – dice – come le corse su strada tra polizia e tutto, ma alla fine siamo riusciti nel nostro intento garantendo la sicurezza in tutte le corse senza incidenti o imprevisti. Per noi la tutela dei corridori è la cosa più importante».

Gravel anche in futuro

Un anno fa la Serenissima Gravel vinta da Alexey Lutsenko ci ha fatto capire che questo tipo di corse se organizzate con un obiettivo chiaro possono avere un palcoscenico internazionale. Pippo ha saputo fin da subito carpire ciò che questa specialità delle due ruote potesse regalare agli atleti e agli appassionati e si è messo in gioco dando il via ad un movimento che ha raggiunto già un primo picco con questo mondiale.

«Con la Serenissima Gravel – conclude Pozzato – siamo stati i primi a far la corsa per i pro’. Oggi siamo stati i primi a fare il mondiale e adesso faremo sicuramente la Serenissima (in programma il 14 ottobre, ndr) con il campione del mondo e con Van der Poel, quindi diciamo che siamo veramente contenti di questo perché era quello che volevamo fare». 

Oss nel retro podio ci ha confidato che questo format gli piace e che il gravel può diventare un obiettivo per il futuro. L’anno zero è alle spalle, l’alba della nuova disciplina è sorta, il gravel è realtà. 

Sagan, VdP, Van Avermaet: le bici per l’iride gravel

09.10.2022
7 min
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Ecco il primo campionato del mondo gravel. Non vediamo l’ora di vedersi sfidare i grandi campioni della strada e dell’off road tra la polvere. Come affronteranno la corsa, sia dal punto di vista tattico che tecnico. Van de Poel, Van Avermaet, ma anche Sagan e gli altri che bici useranno?

Scopriamo le bici dei favoriti e degli outsider. Vi anticipiamo subito che ci sono delle belle differenze e questo perché ci sono delle falle nel regolamento. L’Uci, più o meno volontariamente, non ha stabilito regole univoche sulla scelta delle bici. In soldoni: il mondiale è gravel, ma non tutti partono con bici gravel.

VdP ci ripensa…

Tra giovedì e venerdì soprattutto i corridori hanno fatto dei test sul tracciato (194 chilometri) che da Cittadella porta a Vincenza.

Mathieu Van der Poel parte da netto favorito. Sappiamo tutti del suo feeling con lo sterrato e con la potenza, che probabilmente sarà decisiva al pari delle scelte tecniche.

Il corridore della Alpecin-Deceuninck sembrava puntasse sulla Canyon Grizl ma dopo i test della vigilia ha deciso di cambiare totalmente rotta. L’asso olandese infatti userà la nuova Canyon Ultimate Cfr, una bici da strada. Bici che quest’anno aveva esordito al Delfinato.

VdP ha scelto questa bici. E l’ha scelta in tutto e per tutto con un assetto da strada, a partire dal gruppo che sarà lo Shimano Dura-Ace R9200. Come rapporti ecco una corona doppia 52-36 e un 11-34 al posteriore. Le ruote saranno le Shimano Dura Ace con profilo da 36 millimetri. Ruote che tra l’altro hanno un canale interno da 21 millimetri. E questo fa sì che l’olandese vi possa più sfruttare meglio coperture più larghe come le Vittoria Terreno da 33 millimetri. Questo è il vero elemento che cambia rispetto ad una bici total road.

E da strada sono anche i pedali. Segno che non ci sarà da mettere piede a terra, mentre ci saranno da scaricare sule pedivelle tanti watt e in questo caso i pedali da strada sono i migliori.

Greg il più gravel 

Greg Van Avermaet è forse il favorito numero due. Il corridore dell’Ag2R-Citroen correrà su una BMC Kasius.

«Tutto è stato fatto un po’ all’ultimo minuto – dice Stefano Cattai di Bmc – anche in virtù di un regolamento non chiarissimo, che consente l’utilizzo anche di bici da strada. Però Greg correrà con una Bmc Kaius. 

«La nostra idea alla fine è di andare su una vera gravel. Greg userà il gruppo Campagnolo Ekar. Avevamo anche pensato al Record Eps, quindi elettromeccanico, ma visto che i sobbalzi e le sconnessioni potrebbero portarlo al “crash mode”, abbiamo optato per un gruppo meccanico robusto».

Pertanto Van Avermaet userà un monocorona da 44 denti con al posteriore una scala 9-32. E sono molto gravelistiche anche le gomme che saranno le Pirelli Cinturato da 40 millimetri.

Ma anche per Van Avermaet il setup non è tutto gravel. Ci sono degli elementi stradistici, come il manubrio. «Greg – riprende Cattai – ha scelto un manubrio integrato in carbonio aero, con il quale si trova molto bene, ma l’attacco sarà più corto di un centimetro». Per mantenere inalterata la posizione infatti, ha dovuto fare così viste le diverse geometrie della Kaius rispetto alla sua Teammachine.

Sagan su Roubaix

E veniamo ai corridori supportati da Specialized. Tutti sappiamo come il brand californiano studi tantissimo i percorsi prima di scegliere una bici, ma al tempo stesso sappiamo quanto credano nel gravel. Eppure, ed è questa la sorpresa, Sagan, Oss e Ballerini correranno con la Specialized Roubaix. Mentre solo Stybar dovrebbe andare sulla gravel bike, Crux.

«La prima parte del percorso – spiega Giampaolo Mondini di Specialized – poteva far pensare ad un utilizzo anche di gomme più larghe, ma c’è la parte centrale che, è molto scorrevole e veloce, è molto molto lunga. Anche per noi tante decisioni sono state prese all’ultimo minuto, c’è stato un rincorrersi di informazioni».

«Sulla Roubaix vi possono alloggiare gomme fino a 33 millimetri e quindi ci siamo subito orientati su questa bici. L’unico dubbio fino al test di venerdì pomeriggio è stato sull’utilizzo delle ruote: le Alpinist o le Rapid a più alto profilo? Queste ultime pesano 200 grammi di più, ma torniamo al discorso della lunga parte centrale che è velocissima. Magari si sfruttano di più». E infatti Peter dovrebbe partire con le Rapid.

«Avevamo anche una terza opzione: le ruote Terra. Queste hanno un canale più largo che aiutano chi ha meno manico». Ma non è certo il caso di Sagan!

Outsider “cattivi”

E ci sono molti oustsider che sono pronti a lottare. Uno che potrebbe anche vincere è Nathan Haas. L’australiano, che ha sempre avuto la passione per l’offroad, fino allo scorso anno era nella fila della Cofidis, adesso fa parte in tutto e per tutto di un team gravel. Lui corre su Colnago. Userà una G3-X, probabilmente con gomme più filanti rispetto ai suoi standard da gare americane.

C’è poi Lachlan Morton della EF Education Easy Post. Morton come Haas è un esperto di gravel, anche se lui ha più una vocazione da viaggiatore. Per lui c’è la Cannondale Topstone. Mentre il compagno di squadra, Magnus Cort che nell’occasione veste i colori della Danimarca, ha optato per la Supersix Evo Se.

Non vanno dimenticati Alban Lakata, cinque volte campione del mondo marathon in mtb, e i due dell’Astana Qazaqstan: l’iridato U23 Fedorov e Miguel Angel Lopez, che benché piccolo, è un vero amante dell’offroad. Entrambi hanno scelto una Wilier Rave Slr con gomme da 33 millimetri.

E non dimentichiamo i nostri ragazzi a partire da Samuele Zoccarato. Il campione italiano stavolta sarà in sella alla sua Cipollini ma la nuova Ago. «La gamba c’è ma ci sarà sta spingere tanto – ha detto Zoccarato – Per quanto riguarda le gomme ho scelto dei tubeless da 36 millimetri con dei “salsicciotti” per le forature. Scalini e sassi comunque non mancano».