Demare riparte, ma chiede rispetto per il suo 2022

07.12.2022
4 min
Salva

Sette vittorie e altri 21 piazzamenti nella top 10 in 66 giorni di gara, con un argento europeo, la maglia a punti del Giro d’Italia e la vittoria alla Parigi-Tours come ultimo fiore all’occhiello. Il 2022 di Arnaud Demare è racchiuso in questi numeri per certi versi sontuosi, eppure c’è chi l’ha criticato, imputandogli soprattutto la mancata presenza al Tour. La Groupama FDJ è salita nel ranking anche e forse grazie alle sue volate, ma spesso sembra che qualsiasi cosa si faccia non basti mai…

Arnaud ha avuto bisogno di tempo per ricaricarsi e pensare, staccando ogni contatto dal mondo delle due ruote prima di rimettersi all’opera e soprattutto di riguardare quanto fatto con la giusta ottica: «Io sono stato presente tutto l’anno, dall’inizio della stagione. Di sicuro mi sarebbe piaciuto vincere al Tour o fare qualcosa di più nelle classiche, ma bisogna anche prendere quello che viene. Tanti piazzamenti tra i primi 10 saranno pure una buona cosa. E’ vero che ho fatto un grande Giro d’Italia, dove ho avuto il supporto di una grande squadra, ma anche dopo le cose non sono poi andate male…».

La volata vincente di Demare alla Parigi-Tours, che gli è valsa il bis consecutivo
La volata vincente di Demare alla Parigi-Tours, che gli è valsa il bis consecutivo
Da inizio agosto hai avuto un rendimento clamoroso con 3 vittorie, 7 piazze d’onore eppure si parla sempre di Pogacar ed Evenepoel: non pensi che ci sia stata poca attenzione verso di te?

Spesso ci si dimentica quali sono le circostanze della gara. Ci sono gare dove stai meglio tu e altre dove emergono altri, ci sono corse più adatte a te e altre dove devi stare a guardare. Il computo si fa alla fine e il bilancio è positivo, poco m’interessa degli altri. E’ vero che si parla tanto di Pogacar e Evenepoel, sono stati i più vittoriosi nel 2022, è normale con le prestazioni che hanno fatto, magari facendo altre scelte di calendario avrei potuto vincere di più e quantomeno avvicinare i loro limiti. Ma avrebbe avuto senso? A me va bene così.

Il prossimo anno non avrai più al tuo fianco Jacopo Guarnieri: quanto è stato importante il corridore italiano per le tue vittorie?

Non averlo più in squadra è una grande perdita perché è un maestro in quel ruolo, ma non solo tecnicamente, porta la sua esperienza, infonde serenità. Abbiamo perso qualcosa d’importante e dobbiamo rimboccarci le maniche per supplire alla sua assenza. Qualcuno dovrà svolgere il suo compito e forse abbiamo anche scoperto chi ha il potenziale per poterlo fare ma tutti noi dovremo impegnarci per metterlo nelle condizioni di farlo, anch’io che dovrò finalizzare il lavoro. Bisogna dare ai ragazzi il tempo di sostituire Jacopo, penso che abbiamo il potenziale nella squadra per fare comunque bene.

Guarnieri e Demare, un binomio che ha fruttato moltissime vittorie, soprattutto nei grandi giri
Guarnieri e Demare, un binomio che ha fruttato moltissime vittorie, soprattutto nei grandi giri
Jakobsen ha detto che un’eventuale presenza di Evenepoel al Tour avrebbe reso impossibile la sua partecipazione non avendo compagni per impostare le volate. Per te è possibile avere nello stesso team uno sprinter e un uomo da classifica in un grande giro?

Questa è una bella domanda. Dipende da quel che si vuole fare. So bene che avere in squadra un corridore che punta alla classifica sposta gli equilibri: non puoi pensare di avere il team tutto a disposizione nelle volate. Bisogna sapersi adattare, ma c’è modo per gestire entrambe le esigenze. Ci sono altre squadre che lo fanno molto bene. Molto conta anche la propria ispirazione e lo spirito di adattamento. Per me non sarebbe certo un problema, quel che conta è sempre la squadra.

Considerando anche le nuove leve dello sprint, su che cosa punti per la prossima stagione?

Innanzitutto spero che venga costruito un calendario che mi dia la possibilità di fare ciò che più mi piace, ossia alzare le braccia al cielo. Dovendo scegliere, vorrei poter lavorare con calma puntando fortemente alla Milano-Sanremo, arrivandoci in condizione e con una corsa che mi consenta di giocarmi le mie carte, anche se so che è sempre più difficile che la Classicissima si giochi allo sprint. E’ una gara che mi sta a cuore, non posso negarlo. Poi spero di poter affrontare al meglio le corse che sono alla mia portata e che sono davvero molto belle.

Sul podio europeo, argento dietro a Jakobsen e davanti a Merlier
Sul podio europeo, argento dietro a Jakobsen e davanti a Merlier
I mondiali saranno a Glasgow, su un percorso veloce e in agosto: la maglia iridata è un sogno o potresti anche puntare alla vittoria?

Quando hanno fatto gli Europei nel 2018 io non c’ero, ma la squadra era comunque impostata su un velocista: Bouhanni. Da quel che vidi era un percorso piuttosto impegnativo, se ricordo bene il tempo fu inclemente. A giudicare da allora non è proprio un percorso nelle mie corde, ma bisogna vedere che cosa hanno pensato per quest’anno e soprattutto che squadra verrà impostata. In ogni caso, è chiaro che è da tanto che non ci sono occasioni per il velocista, se sarà questa io voglio farne parte e giocarmi le mie chance.

L’occhio di Mohoric su Lombardia, Milan e Vingegaard

06.10.2022
5 min
Salva

Matej Mohoric è tornato a vincere, non una gara in linea, bensì una classifica generale, più precisamente quella della CroRace. La corsa a tappe croata, che si è conclusa domenica 2 ottobre, ha permesso allo sloveno di riassaporare il piacere del gradino più alto del podio. Il vincitore della Milano-Sanremo di quest’anno però non si monta la testa e guarda cautamente agli appuntamenti di fine stagione. Lo abbiamo intercettato mentre era in viaggio con la sua squadra, il Team Bahrain Victorious, verso il Gran Piemonte (che si corre oggi, ndr). Sabato Mohoric correrà anche il Lombardia, ultima monumento della stagione. 

Mohoric, uno degli uomini simbolo della Bahrain Victorious, al Tour non si è espresso sui suoi livelli
Mohoric, uno degli uomini simbolo della Bahrain Victorious, al Tour non si è espresso sui suoi livelli

Doppietta italiana? Rimandata

Dopo aver vinto la Classicissima di Primavera, Mohoric avrebbe potuto puntare alla doppietta, cercando di vincere anche la Classica delle Foglie Morte. Un successo che avrebbe risollevato una stagione fin qui a due facce. Con una prima parte ricca e vincente, mentre la seconda è stata decisamente più opaca. 

«A mio modo di vedere – ammette – credo sia difficile una mia vittoria al Lombardia. Nonostante quest’anno sia cambiato il percorso, che non prevede più il Muro di Sormano ma la doppia scalata al San Fermo della Battaglia. A mio avviso, anche con questa variazione, rimane una corsa per scalatori, difficile che qualcuno con le mie caratteristiche sopravviva. Ci saranno Pogacar, che ha vinto pochi giorni fa la Tre Valli Varesine, e Vingegaard che alla CroRace si è dimostrato già in un buono stato di forma. Devo ammettere che nella tappa con arrivo a Primosten ho fatto molta fatica a tenere la sua ruota. Come squadra arriveremo ben attrezzati: ci saranno Caruso, Landa, Poels, Mader».

Assenza mondiale

Mohoric era tra i corridori assenti al mondiale di Wollongong, una scelta dolorosa ma necessaria. D’altronde quando la condizione non c’è, è inutile rincorrerla arrivando ad esaurire le energie fisiche e mentali. Così, il (quasi) 28enne sloveno, è rimasto a casa ed ha lavorato per ritrovare il giusto colpo di pedale.

«Solo prima delle gare in Canada – spiega riferendosi alla mononucleosi che lo ha colpito al Tour – ho iniziato a sentirmi meglio. Quelle corse sono state utili per recuperare il ritmo gara e per rimettermi un po’ in sesto. Una volta rientrato in Europa, mi sono allenato per una decina di giorni, rinunciando al mondiale, per arrivare al meglio alla CroRace. Non disputare la corsa iridata mi è dispiaciuto molto, ma il viaggio era lungo e presentarsi lì fuori condizione mi avrebbe precluso tutto il finale di stagione. Passare per la gara a tappe croata mi ha aiutato a trovare condizione e continuità, caratteristiche utili anche in vista dell’inverno. Fossi uscito dal Tour con una buona gamba, in Australia ci sarei andato sicuramente, anche perché il percorso era molto vicino alle mie caratteristiche. Queste gare che vengo a fare in Italia, servono per non fermarmi, con grandi probabilità al Gran Piemonte sarò il leader della squadra visto che al 99 per cento ci sarà una volata».

La CroRace è stata una corsa fondamentale per la crescita di Milan, Mohoric ne è sicuro
La CroRace è stata una corsa fondamentale per la crescita di Milan, Mohoric ne è sicuro

Spazio a Milan 

Alla CroRace abbiamo assistito ad una bella doppietta di Jonathan Milan. Il friulano ha indossato anche la maglia di leader, poi ceduta a Vingegaard alla quinta tappa e riportata alla Bahrain Victorious da Mohoric proprio nell’ultima frazione.

«Sono andato vicino più volte a vincere una tappa – riprende a raccontare Mohoric – ma sono contento che ad alzare le braccia al cielo sia stato Jonathan (Milan, ndr). Vincere in Croazia o meno non mi avrebbe cambiato la stagione, mentre per un corridore giovane come lui è stato un passo importante. Correre da leader queste gare minori fa parte di un processo di crescita che Milan deve fare per puntare poi alle classiche. Secondo me lui in questi giorni ha fatto due bei passi in avanti».

Vingegaard è tornato a correre alla CroRace e ha vinto la terza tappa, un bel biglietto da visita in vista del Lombardia
Vingegaard è tornato a correre alla CroRace e ha vinto la terza tappa: bel segnale in vista del Lombardia

E poi c’è Vingegaard…

Mohoric ha visto da vicino il rientro alle corse di Vingegaard, uno dei favoriti per il Lombardia e l’unico che ha deciso di passare dalla CroRace per preparare quest’ultima classica monumento.

«Vingegaard andava già forte – spiega lo sloveno – è diverso fare le gare di un giorno o fare una corsa a tappe, seppur breve come la CroRace. Nel secondo caso hai più possibilità di sfruttare le tappe creando maggior fondo. Si tratta di una preparazione diversa, ma da un certo punto di vista migliore. Se fai le corse di un giorno in Italia, come Tre Valli o Giro dell’Emilia, dai tutto ogni volta e rischi di impiegare più tempo per recuperare. Dalla mia esperienza mi viene da dire che è meglio distribuire lo sforzo, sfruttando le gare a tappe per prepararsi al meglio». 

Cipollini, di nome Edoardo: cresce il nipote del Re Leone

27.09.2022
5 min
Salva

Quando hai un cognome come quello di Edoardo Cipollini e corri in bicicletta, è un fardello pesante, perché vuoi o non vuoi tutti guardano a chi quel cognome lo ha portato prima e lo ha trasformato nel sinonimo di vincente. Lo sa bene Axel Merckx, corridore di vaglia (addirittura bronzo olimpico) e diesse oggi tra i più apprezzati, eppure schiacciato dal mostruoso curriculum del padre. Edoardo è il nipote di Mario (senza dimenticare suo padre Cesare, olimpico a Montreal 1976 nell’inseguimento a squadre) e con quel fardello sta imparando a convivere.

Appena 17 anni nella carta d’identità, nato a Camaiore ma residente a Lucca, Edoardo è al suo primo anno da junior e ogni gara è una scoperta. Si potrebbe pensare che sia arrivato alla bici sulle orme dei parenti, ma non è propriamente così.

«Mio padre per la sua attività e passione – racconta – mi portava spesso alla Biciclette Poli, negozio che a Lucca è un’istituzione. Vidi una biciclettina e dissi che la volevo a tutti i costi, volevo pedalare anch’io. Così iniziai per gioco e per gioco mi feci da piccolissimo tutto il giro delle mura di Lucca, oltre 4 chilometri. A quel punto mio padre m’iscrisse alle gare, già da G1».

Il 17enne Edoardo fra papà Cesare olimpico a Montreal ’76 e Ivano Fanini
Il 17enne Edoardo fra papà Cesare olimpico a Montreal ’76 e Ivano Fanini
Sapevi chi era stato tuo zio?

Da piccolo no, ma ricordo che tanti mi chiedevano, mi parlavano di lui. Io ero troppo piccolo per avere vissuto le sue gesta. Crescendo ho cominciato a cercare in rete, a guardare le sue immagini, mi sono visto centinaia di volte i video delle sue vittorie. Mi dicevano che era stato il miglior velocista di sempre, ora so il perché.

Che cosa dice Mario della tua attività?

Mi ha sempre detto di andarci piano. Mio zio non ha un carattere facile, difficile sentirgli fare qualche complimento. Ma col passare del tempo, mi ha detto che potrei fare qualcosa in questo mondo e per uno come lui che pesa tanto le parole, è davvero il massimo. Dice che i numeri ci sono, ma che c’è tanto da lavorare. Ci alleniamo spesso insieme e mi sta insegnando tanto, a cominciare dal guardare i watt e saperli valutare.

Edoardo Cipollini vince spesso allo sprint, ma ha caratteristiche diverse rispetto allo zio Mario
Edoardo Cipollini vince spesso allo sprint, ma ha caratteristiche diverse rispetto allo zio Mario
Quel cognome ti pesa?

Inizialmente sì, ma proprio con il suo aiuto mi ha fatto capire che non devo guardarci. Da piccolo un po’ lo subivo, non capivo bene perché ero sempre paragonato a lui e glielo dissi. Il confronto mi ha fatto molto bene.

Che rapporto avete?

Molto stretto. Mi insegna davvero tantissimo, inoltre mi ha fatto avere la bici e tutti gli accessori e cura molto la mia impostazione tecnica, ma non solo. Spesso mi porta con lui a vedere le gare e ne parliamo. Mi racconta tantissimi episodi della sua carriera, come si gestiva e come dovrò fare io nelle varie situazioni. Inoltre mi ha messo a disposizione la palestra che ha a casa perché grazie a lui sto imparando anche quanto contano tantissime cose non strettamente legate alla bici, dagli esercizi all’alimentazione. Non sapevo quanto gli esercizi fisici potessero influire sulla nostra attività.

Tu d’altronde essendo adolescente hai un fisico ancora in formazione…

Io sono alto 1,81 per 59 chilogrammi, sono molto diverso fisicamente da lui, ma anche lui mi dice che devo ancora crescere. Abbiamo comunque una struttura diversa e infatti anche come caratteristiche tecniche siamo diversi. Io sono veloce, faccio le volate ma ho meno potenza (in apertura foto da profilo Instagram), in compenso tengo bene anche in salita. Ad esempio sono giunto 4° alla Coppa d’Oro che è una gara dura. In volata riesco a raggiungere i 1.500 watt, così lotto alla pari anche con corridori di 70 chili, ma non credo che sarò mai uno sprinter puro.

Vittoria al GP Nogaré 2021 con la maglia di campione regionale Allievi (foto Remo Mosna)
Vittoria al GP Nogaré 2021 con la maglia di campione regionale Allievi (foto Remo Mosna)
Sono valori importanti ma in evoluzione.

Mario mi ha fatto fare diverse visite mediche, il risultato è che muscolarmente sono ancora molto infantile, devo lavorare soprattutto su quadricipiti e polpacci. Per questo la palestra è importante se fatta bene.

Guardando le gare di tuo zio e quelle del ciclismo attuale, noti differenze?

Molte. Il ciclismo di una volta era più umano, non è che passavi di categoria e già lottavi in volata con i più forti. Oggi vedi gente come De Lie che appena approdato fra gli elite li mette tutti in fila e lo stesso avviene con altri specialisti, basta guardare quel che ha fatto Ayuso alla Vuelta. Una volta dovevi fare più gavetta per emergere, ora bisogna farsi trovare subito pronti. Comunque i velocisti di oggi sono forti, ma non sono al livello di Mario o anche di Zabel.

Cipollini Sanremo 2002
La vittoria di Mario Cipollini alla Sanremo 2002, la classica più amata (foto Ansa)
Cipollini Sanremo 2002
La vittoria di Mario Cipollini alla Sanremo 2002, la classica più amata (foto Ansa)
Tuo zio ti racconta come ci si preparava?

Sì ed era molto diverso. Si usciva, si facevano distanze, si provava qualche azione. Oggi è tutta matematica: fai 10 minuti a questa velocità, poi 40” a tutta, poi… Devi seguire tabelle minuziosissime. Mio padre spesso mi dice che i tempi che si facevano nel quartetto sono quelli che si fanno ora, ma a livello individuale.

Quali sono le corse che un giorno vorresti vincere?

Mi piacciono la Liegi per le mie caratteristiche e la Strade Bianche, che secondo me dovrebbe essere la sesta Monumento. E poi c’è la Sanremo, che a casa nostra è “la” gara. Quel giorno non si muove foglia e non si parla d’altro…

Nizzolo 2022

Nizzolo e una Gand da guardare in televisione

26.03.2022
5 min
Salva

Frattura composta dell’osso uncinato della mano sinistra. Questo il responso medico piovuto sulla testa di Giacomo Nizzolo all’indomani della caduta alla Milano-Sanremo, uno scivolone che in pratica gli costa tutta la stagione delle classiche del Nord per le quali aveva lavorato tanto. Continua così il momento di estrema sfortuna del ciclismo italiano, eppure quel giorno per l’ex campione europeo stava andando tutto secondo i piani…

C’è voluto tempo per assorbire il colpo, non tanto fisicamente quanto dal punto di vista morale, anche perché Nizzolo ora è entrato in quel limbo che accoglie già Colbrelli (fatte le debite proporzioni) e ha visto negli ultimi giorni risiedere anche Trentin e Formolo. A tal proposito, l’infortunio di Nizzolo sembra identico a quello del corridore dell’Uae Team Emirates e considerando la sua ripresa, la sua prestazione poderosa sulla Cipressa è un motivo per guardare al futuro con un po’ più di fiducia.

La mente è ancora lì, a quella giornata: «E’ stata una caduta stupida, in discesa. Non posso neanche dire che ci fosse terreno sdrucciolevole – racconta il corridore dell’Israel Premier Tech – so solo che all’uscita di una curva mi sono ritrovato a terra».

Nizzolo Sanremo 2022
Nizzolo ha chiuso la Sanremo 18° a 21″ da Mohoric. Con una mano fratturata
Nizzolo Sanremo 2022
Nizzolo ha chiuso la Sanremo 18° a 21″ da Mohoric. Con una mano fratturata
Però sei arrivato, ancora vicino ai primi…

Lì per lì non sentivo nulla, ero troppo arrabbiato per l’occasione persa. Alla sera ho visto che la mano si era un po’ gonfiata e iniziava a far male, ma la muovevo abbastanza. Il giorno dopo ho capito che qualcosa non andava e così dopo poche ore ho saputo. Ora ho il tutore alla mano e aspetto di sapere come sarà il decorso e quando potrò riprendere.

In quella Sanremo così strana, tutto si era messo come volevi.

Ero uscito dalla Tirreno-Adriatico meglio di quanto pensavo. Devo dire che nella corsa a tappe non avevo iniziato al meglio, ma col passare dei giorni sentivo che la condizione stava arrivando. La Classicissima aveva messo in croce tanti avversari, tanti velocisti, io invece ero lì esattamente come mi ero prefisso, non dico che avrei vinto, ma un bel risultato era davvero possibile. Avevo anche indossato un casco portafortuna, con la canzone che canticchiavo in allenamento.

Nizzolo Casco 2022
Il casco particolare di Giacomo, con il testo della canzone de La Rappresentante di Lista
Nizzolo Casco 2022
Il casco particolare di Giacomo, con il testo della canzone de La Rappresentante di Lista
Questo infortunio ti ha impedito di giocarti le tue carte alla Gand-Wevelgem, dove lo scorso anno eri stato secondo. Secondo te, rispetto al passato la gara è cambiata?

Diciamo che è meno adatta ai velocisti di quanto non lo sia la stessa Sanremo, poi basta dare una scorsa agli albi d’oro per capire che le definizioni sono fatte per essere smentite, alla Classicissima sono anni che non si vede una vera volata per specialisti. La Gand ha un percorso però che si presta molto agli attacchi, ai colpi di mano e quindi fornisce terreno fertile anche per chi non è propriamente veloce. Qui la volata è ancora meno garantita…

Lo scorso anno eravate in 7 a giocarvi la vittoria: Van Aert e tre italiani, tu, Trentin e Colbrelli, finiti nell’ordine. Tutta gente molto veloce…

E’ stata una corsa bellissima, ma l’ordine di arrivo conferma che è una corsa nella quale anche chi è veloce deve aggiungere qualcosa, non si può aspettare o fare affidamento sulla squadra in tutto e per tutto. Noi eravamo stati attivi tutto il giorno, perché lì devi essere pronto in ogni momento, non sai mai quando la corsa può cambiare. Avevo fatto tutto bene, salvo l’impostazione della volata, volevo anticipare ma mi sono ritrovato in ultima ruota. Ho provato la rimonta ma non è bastata.

Nizzolo Gand 2021
La volata sfortunata della Gand-Wevelgem 2021, con Van Aert a precedere Nizzolo, Trentin e Colbrelli
Nizzolo Gand 2021
La volata sfortunata della Gand-Wevelgem 2021, con Van Aert a precedere Nizzolo, Trentin e Colbrelli
Resta comunque una corsa per passisti o anche gli scalatori hanno chance?

E’ una corsa per gente che ha la potenza nelle gambe. Tra le classiche del Nord è certamente quella più adatta ai passisti puri, ma va saputa interpretare, restando sempre vigili e proponendosi se capita l’occasione. Se aspetti lo sprint hai perso in partenza.

Quanto conta la squadra in una corsa simile?

Molto, ma deve essere composta da gente specifica. Non è un caso se tutte le squadre WorldTour infarciscono il proprio roster nell’occasione con corridori avvezzi alle prove fiamminghe, serve gente che sappia mettere il capitano sempre nella posizione giusta, anche lontano dall’arrivo perché la gara si può infiammare anche molto lontano dal traguardo.

Chi vedi a questo punto fra i favoriti?

Premetto che non so bene la startlist, credo che Van Aert vada accreditato dei favori, non solo per la sua condizione attuale, quanto anche per lo strapotere della sua squadra con Benoot e Laporte e gli altri che sono tutti avvezzi a quel tipo di corse. Attenti anzi a Laporte, potrebbe essere un’ottima alternativa.

Nizzolo Tirreno 2022
Una Tirreno-Adriatico in crescendo per il milanese, qui secondo a San Benedetto dietro Bauhaus
Nizzolo Tirreno 2022
Una Tirreno-Adriatico in crescendo per il milanese, qui secondo a San Benedetto dietro Bauhaus
In casa Israel, senza Nizzolo chi sarà il capitano?

Credo che Sep Vanmarcke possa fare molto bene, conosce benissimo quelle strade e può giocarsela, chiaramente ha caratteristiche diverse dalle mie e quindi bisognerà elaborare una strategia differente.

Finora le cose per il ciclismo italiano non stanno andando tanto bene…

Si poteva fare di più, è vero, ma diciamoci la verità, un tale concentrato di sfortuna capita raramente. Di cause ce ne sono state diverse, ma io dico che la qualità c’è ed è solo questione di tempo, i risultati arriveranno e spero anch’io di portarne…

Quei 120 grammi di carboidrati (ogni ora) di Milan alla Sanremo

26.03.2022
5 min
Salva

Quella frase di Jonathan Milan sulla corretta gestione alimentare della sua prima Sanremo continuava a risuonarci nella testa. Poi le corse, i pezzi da scrivere e le news stavano per portarla via. Invece eccoci qua, una settimana dopo e alla vigilia di un’altra corsa – la Gand-Wevelgem – in cui quegli stessi concetti torneranno certamente attuali. In che modo ha mangiato il campione olimpico del Team Bahrain Victorious lungo i 300 chilometri da Milano a Sanremo?

Presentazione delle squadre al Vigorelli, tanta curiosità e 300 chilometri da fare
Presentazione delle squadre al Vigorelli, tanta curiosità e 300 chilometri da fare

120 grammi per ora

Lo abbiamo chiesto a Nicola Moschetti, nutrizionista del team, che segue direttamente Milan dal suo debutto nel professionismo.

«Lavoriamo insieme da un anno e mezzo – conferma – e alla fine si è creato un rapporto di fiducia reciproca. Per ogni gara si fa un piano specifico su cosa mangiare e quando. In una corsa così lunga, è fondamentale avere la giusta quota di carboidrati, perché spesso i corridori in gara, presi dall’adrenalina, tendono a non mangiare abbastanza. L’obiettivo per la Sanremo era integrare con maltodestrine, barrette e gel 120 grammi di carboidrati per ora, che sono tanti. Pensate che in 100 grammi di pasta ce ne sono 70 di carboidrati».

Si riesce a reggere una quota così alta senza avere problemi nella digestione?

E’ la prima domanda che ci si deve fare affrontando il discorso. Ci arrivi se ci sono alle spalle degli allenamenti anche in questo senso, affinché soprattutto a livello intestinale l’atleta riesca a digerirli e assorbirli. Perciò durante le due settimane precedenti in certi allenamenti più lunghi e impegnativi, abbiamo iniziato a lavorare in modo da arrivare a 100 grammi per ora. Due settimane è il tempo necessario, anche se è soggettivo, per abituare l’atleta a passare da 60 a 120 grammi di carboidrati per ora.

Al sole del Vigorelli, pochi minuti prima del via: Milan e Caruso alla vigilia di una corsa lunghissima
Al sole del Vigorelli, pochi minuti prima del via: Milan e Caruso alla vigilia di una corsa lunghissima
Ovviamente non si mangia pasta in gara…

Si usano prodotti specifici. Quindi maltodestrine, barrette energetiche e gel glucidici. Integratori facilmente digeribili, perché il problema è essenzialmente digestivo. Vista la posizione in sella, lo stomaco e l’intestino sono quasi compressi, per cui davvero serve allenarli perché riescano a gestire certe quantità.

In che modo è stato rifornito Milan durante la gara?

Di solito si divide la corsa partendo dai due punti di rifornimento previsti dall’organizzazione. E poi inquadriamo la suddivisione delle ore, per cui Jonathan sapeva che ogni ora avrebbe dovuto assumere una malto e due barrette, oppure una barretta, una malto e due gel… In realtà l’obiettivo è dargli l’autonomia per gestirsi al di là delle previsioni. Il corridore si rende conto se nella prima ora sono andati a spasso e magari deve mangiare meno o se nella seconda hanno spinto di più. Alla base c’è l’educazione alimentare che deriva dal rapporto continuato, dal saper ricevere i suoi feedback. Sulla bici c’è lui, alla fine…

Il traguardo di Milan era la curva che immette sulla Cipressa, per tenere davanti Caruso e Mohoric
Il traguardo di Milan era la curva che immette sulla Cipressa, per tenere davanti Caruso e Mohoric
Che cosa ha avuto nelle tasche in quelle sei ore e mezza?

All’inizio panini e rice cake, che contengono 25-30 grammi di carboidrati. Barrette, gel glucidici e maltodestrine nelle borracce. Si passa dai solidi ai liquidi mano a mano che scorrono i chilometri. Da metà gara in poi, i corridori preferiscono liquidi e gel.

Milan ha tirato sul Turchino, poi ha dato la menata più forte andando verso la Cipressa.

In quel momento era necessario che non fosse ingolfato dalla digestione. Nei punti in cui si fa la corsa, è fondamentale che l’atleta abbia energie e non si senta appesantito. Si sente così se è davvero abituato a quella quota di carboidrati. E’ stato decisivo fare quelle due settimane di adattamento, aumentando di 10-15 grammi di carboidrati ogni giorno e ascoltando le sue sensazioni.

Che cosa ha mangiato invece a colazione sabato scorso?

Prima carboidrati, quindi pasta, pane, porridge. Una quota proteica tramite uova e prosciutto, di solito in forma di omelette. Yogurt e frutti rossi che contengono antiossidanti. Smoothies, cioè frullati con vitamine e antiossidanti o comunque con basso contenuto di fibre per non appesantire la digestione e poi altro a suo gusto.

Nelle corse del Belgio la musica sarà la stessa?

Si tenderà ad avere ugualmente una quota elevata di carboidrati, difficilmente si andrà sotto i 90 grammi per ora, viste le distanze, ma bisogna anche entrare nel merito dei percorsi. Se la corsa è altimetricamente facile, come la Sanremo, l’impegno digestivo probabilmente sarà minore. Se è piena di salite, l’organismo sarà più stressato. Bisogna tenerne conto. Il percorso incide sulle scelte e per questo dopo ogni corsa è utile rileggere quello che si è fatto, quello che ha mangiato e come si è trovato.

Dopo la Sanremo, Milan è voltao in Belgio. Domani lo attende la Gand-Wevelgem
Dopo la Sanremo, Milan è voltao in Belgio. Domani lo attende la Gand-Wevelgem
In modo da poter apportare eventuali variazioni?

Esatto. E’ importante che ci sia comunicazione, soprattutto con un atleta così giovane. I suoi feedback permettono di prendere le giuste misure. In questo modo ero abbastanza certo che nel giorno di Sanremo fosse pronto per quel tipo di alimentazione. I suoi commenti dopo ogni allenamento mi dicevano che fossimo sulla strada giusta.

Sanremo, amore a prima vista. E ora Milan torna al Nord

22.03.2022
4 min
Salva

Dopo la Sanremo e la vittoria di Mohoric, c’è stato appena il tempo per un po’ di baldoria sul pullman, poi gli uomini del Team Bahrain Victorious si sono sparpagliati verso le rispettive destinazioni. Jonathan Milan ha… vinto un viaggio di due settimane in Belgio, con il menù che comprende De Panne, Harelbeke, Gand-Wevelgem e Giro delle Fiandre. Il tutto dopo la prima Sanremo della carriera (in apertura è con Van der Poel), in un inizio di primavera che per il biondo friulano ha davvero degli splendidi colori.

«Sono uscito dalla Sanremo con una buona gamba – dice – contento per come mi sono gestito, soprattutto sul piano alimentare. Avevo le mie consegne e cose da fare e credo di essere riuscito a svolgere i compiti che mi hanno dato».

Johnny ha il tono entusiasta. Domenica non si è allenato, lunedì invece la squadra ha messo le ruote nuovamente sul pavé e fatto un lavoro più consistente in vista della prima corsa, domani a De Panne. Nonostante un oro olimpico e vari altri titoli in pista, Milan ha soltanto 21 anni ed è logico che il suo primo obiettivo sia mettere insieme le esperienze per diventare grande un po’ più in fretta.

Al sole accanto a Damiano Caruso all’interno del Vigorelli. In fondo c’è Mohoric
Al sole accanto a Damiano Caruso all’interno del Vigorelli. In fondo c’è Mohoric
Quali compiti avevi alla Sanremo?

Dovevo tenere Caruso davanti sul Turchino e lo abbiamo fatto quasi tutto intorno alla decima posizione. Poi avrei dovuto aiutare i capitani, anche andando a prendere qualche borraccia. Infine il compito più delicato era portarli a prendere la Cipressa nelle prime posizioni e penso di essere andato bene. A un certo punto mi sono ritrovato a tirare parallelamente a Ganna, ma dopo quella trenata ero davvero finito.

Perché sei contento della gestione alimentare?

Perché la Sanremo è una corsa dal chilometraggio importante. Mi chiedevo se si dovesse mangiare più o meno di una gara di 200 chilometri. Ho ascoltato le dritte del nutrizionista e poi la palla è passata a me. Ho mangiato i miei gel, i paninetti, le ricecake e sono arrivato ai piedi della Cipressa senza il mal di stomaco che mi viene quando prendo troppe maltodestrine.

Lavoro ben riuscito, visto che alla fine avete vinto…

Sono contentissimo per Matej (Mohoric, ndr), credo che tutti abbiamo fatto un ottimo lavoro.

Quest’anno per Milan, prima il Saudi Tour e poi UAE Tour, nella foto
Quest’anno per Milan, prima il Saudi Tour e poi UAE Tour, nella foto
E adesso dunque sei in Belgio…

Pronto per mangiare pane e pietre, ma tutto sommato mi diverto a stare quassù. E soprattutto a De Panne cercherò di fare la volata per ottenere il miglior risultato possibile.

E poi si torna nei ranghi?

Per dare una mano ai capitani e fare una buona esperienza. Sono giovane, ho già fatto le classiche l’anno scorso. Ieri abbiamo visto qualche passaggio e ho scoperto che alcuni li riconoscevo. Sto costruendo gradualmente la mia esperienza. Tutto serve.

Anche per le scelte meccaniche, no?

Provare i settori di pavé e dare i primi feedback è un lavoro che mi piace. Dopo ogni tratto ci fermiamo, sistemiamo la pressione e ripartiamo. Anche il rapporto con i compagni che ne sanno di più mi arricchisce, per scegliere ad esempio la pressione in base al mio peso corporeo. Oppure per come gestirsi e prendere i vari settori, con una visione a 360 gradi.

Dopo la Gand, resterai su per una settimana?

Un paio di giorni serviranno per recuperare, poi farò una distanza e almeno un paio di ricognizioni. Siamo in tanti, ci si fa compagnia.

Da campione olimpico del quartetto, uno sguardo al Vigorelli si dà sempre volentieri
Da campione olimpico del quartetto, uno sguardo al Vigorelli si dà sempre volentieri
La Roubaix è sempre la corsa dei sogni?

Ormai devo dire che è una delle corse dei sogni. Adesso ci sono anche la Sanremo, le corse che ho sempre visto da piccolo e che mi piacciono sempre di più. 

Come si passa il tempo per due settimane al Nord?

Ho portato un libro, ma non so se si può dire il nome… (Niente teste di cazzo, edizione Mondadori). Un testo molto motivante, che insegna la lezione di leadership degli All Blacks. Però l’ho appena iniziato e me lo centellino, perché non vorrei rimanere senza troppo presto. Qualche film, massaggi e riunioni. Quando non si pedala, ci riposiamo. Il feeling col pavé? Si riprende subito, impossibile dimenticarlo…

Turgis, l’anno giusto per capire quanto vale

21.03.2022
4 min
Salva

«Eravamo venuti per vincere – ha detto Anthony Turgis prima di salire sul pullman della TotalEnergiesquando vedi che la vittoria è a portata di mano e nelle gambe, è un po’ frustrante lasciarla andare. E’ stata anche una giornata molto buona, non bisogna vedere solo il negativo. Questo fa ben sperare per il futuro. La corsa è andata molto velocemente, in cima alla Cipressa eravamo più di quaranta corridori, sapevo che sarebbe stata molto dura. Avevo due compagni con me, perché sapevamo che il posizionamento era molto importante. Quando ho visto Mohoric attaccare, ho pensato che gli altri non avrebbero lasciato troppo spazio. Invece ai piedi della discesa erano un po’ fermi…».

Sul podio un Turgis affranto, rivedendo il finale e cosa avrebbe potuto fare in modo diverso
Sul podio un Turgis affranto, rivedendo il finale e cosa avrebbe potuto fare in modo diverso

Sagan, pro e contro

Eterno secondo oppure eterna promessa? Il francese della TotalEnergies non è nuovo al gesto del pugno sul manubrio, come già accaduto alla Sanremo. Nel 2019 celebrò così il piazzamento dietro Van der Poel alla Dwars door Vlaanderen, in una lunga lista di risultati a un passo dalla gloria. A 27 anni tutto può ancora cambiare, ma forse così vicino al grande risultato come in via Roma non c’era mai arrivato.

Chi è dunque il compagno di Sagan che ha conquistato il secondo posto alla Sanremo? Quando lo slovacco si è fermato per un problema meccanico prima dell’attacco della Cipressa, chi avrebbe immaginato che la squadra avesse qualcun altro su cui puntare?

Invece l’aria che si respirava nella zona dei pullman era più vicina alla delusione che alla sorpresa. Dopo il quarto posto nel Fiandre del 2020, battuto da Kristoff nella volata per il podio alle spalle Van der Poel e Van Aert, il secondo posto di Sanremo brucia molto di più, ma forse dà la misura del talento e indicherà la strada.

«Quando ho saputo che Sagan avrebbe firmato con noi – racconta Turgis – ho fatto l’elenco dei pro e i contro e ho subito visto che avevo molti vantaggi da trarne. La sua esperienza. Le Specialized che fanno davvero la differenza. E ho capito di dover smettere di porre barriere fra me e certi risultati. Si può provare, almeno…».

Turgis assieme a Sagan, Boasson Hagen e Bonifazio durante il ritiro di gennaio (foto TotalEnergies)
Turgis assieme a Sagan durante il ritiro di gennaio (foto TotalEnergies)

A portata di mano

Il pugno sul manubrio dopo il traguardo è stato la risposta a questa nuova consapevolezza. Va bene esultare per il secondo posto, ma la sensazione è che il capolavoro di Mohoric, oltre alla discesa da kamikaze, sia stato quello di aver scelto il tempo in modo che i contendenti dovessero scegliere fra vincere e perdere. Sapendo che chiunque avesse tirato per chiudere sullo sloveno, avrebbe consegnato la vittoria a un altro.

«Negli ultimi metri – ha confermato Turgis – ho visto la vittoria da vicino, più vicino che mai in effetti e ho avuto quel moto di rabbia perché ho capito che davvero avrei potuto vincere. Ancora una volta la Cipressa è stata fondamentale ed ha eliminato buona parte dei velocisti. Lo scenario si è messo come avevamo programmato venerdì sera. Sul Poggio ci sarebbe stata tanta gente, tutti i big, ma questo non doveva essere un problema come l’anno scorso, quando mi trovai con le gambe bloccate. Alla fine, ho aspettato il più a lungo possibile per uscire dal gruppo, non potevo muovermi prima senza che venissero a prendermi. E quando Mohoric ha tagliato il traguardo, stavo per prenderlo. Non mancava niente…».

Turgis sa bene cosa significhi arrivare a un passo dalla vittoria. Qui alla Dwars door Vlaanderen 2019 con Van der Poel
Turgis sa bene cosa significhi arrivare a un passo dalla vittoria. Qui alla Dwars door Vlaanderen 2019 con Van der Poel

Il quinto assalto

Anche per lui, che ha 27 anni e non vince dal 2019 (da under 23 si era portato a casa la Liegi-Bastogne-Liegi), l’avvicinamento non è stato dei migliori.

«Mi ero ritirato dalla Parigi-Nizza il venerdì sera – ha raccontato – a causa di problemi digestivi e bronchite, il virus che nelle ultime settimane ha causato tanti abbandoni. Ho passato dei giorni complicati, con l’impressione di non avere gambe, che le mie forze stessero andando via. Ho fatto la prima uscita mercoledì, cinque ore in bicicletta intorno a casa mia e sono tornato esausto. Solo venerdì ho sentito che le cose stavano migliorando. Era la mia quinta Milano-Sanremo, sapevo che si sarebbe giocata negli ultimi 30-40 chilometri e che avrei resistito».

Forse tornerà e riuscirà a vincerla, forse non la vincerà mai: l’elenco dei corridori che sono arrivati a sfiorarla è lunghissimo. La sfida è rinviata al prossimo anno, il suo diesse Lebreton ha raccontato a L’Equipe che Turgis ha finalmente smesso di porsi limiti. Ma se alla fine del viaggio via Roma non lo vedrà sul gradino più alto, il racconto di questo secondo posto cambierà sapore e col tempo acquisterà dolcezza.

Schiena a posto, la solita classe: Van der Poel è tornato

20.03.2022
5 min
Salva

«Un’occasione persa», dice Van der Poel scendendo dal pullman. E’ accigliato, poi però sorride. «Sono ancora deluso, ma anche soddisfatto. Due o tre giorni fa avrei firmato per questo risultato. Ho vinto lo sprint per il terzo posto sui grandi favoriti, purtroppo non è stato possibile farlo per la vittoria. La Milano-Sanremo è già finita così altre volte, è una gara difficile da vincere. Ma è stata una bella giornata con tanto sole. Spero che questo sia di buon auspicio per ciò che verrà. Ho notato di stare bene durante gli ultimi allenamenti, altrimenti non sarei venuto qui».

Van der Poel e Pogacar sfiniti in fondo al rettilineo, mentre Mohoric faceva festa
Van der Poel e Pogacar sfiniti in fondo al rettilineo, mentre Mohoric faceva festa

Notizia in un baleno

La notizia della sua presenza si è sparsa di venerdì senza conferme da nessuna parte, ma si è diffusa alla velocità della luce, cogliendo alla sprovvista anche la squadra, già in Italia dalla Milano-Torino vinta da Cavendish.

«Siamo stati fra gli ultimi a saperlo – diceva Sbaragli dopo l’allenamento del venerdì – eravamo qui in sette, ma uno si è ammalato e ieri sera hanno detto che veniva Mathieu. Normalmente era confermato che sarebbe ripartito alla Coppi e Bartali, quindi in ogni caso sabato o domenica sarebbe venuto in Italia. Vista la necessità è arrivato un giorno prima, ma senza nessuna pressione».

Sbaragli ha corso per Philipsen, come tutta la Alpecin, ma il velocista è rimasto attardato
Sbaragli ha corso per Philipsen, come tutta la Alpecin, ma il velocista è rimasto attardato

Corsa per Philipsen

Eppure la sua sagoma era sempre in mezzo ai primi. Inconfondibile, con quei calzini bianchi e lunghi sulle gambe affusolate e le spalle larghe. Apparentemente sempre in controllo, al punto da rispondere in prima persona agli scatti di Pogacar e Van Aert sul Poggio. Motivato a mille dalla presenza del rivale di sempre e chissà se godendo per il fatto di essere di nuovo lì a dargli fastidio, dopo cinque mesi di black-out.

Van der Poel ha scollinato sulla Cipressa nella scia dei migliori, senza scomporsi troppo
Van der Poel ha scollinato sulla Cipressa nella scia dei migliori, senza scomporsi troppo

«Si correva per Philipsen», spiega Sbaragli trafelato dopo l’arrivo, tagliato in 39ª posizione, nel gruppo dei velocisti regolato da Kristoff. «Poi la corsa è venuta diversa. La Cipressa è stata dura, ma tutto il giorno è stato impegnativo per il vento a favore, la media alta, la gamba sempre in tiro. Non c’è mai stata una fase di relax. Quando Mathieu corre, è perché va forte. Allenarsi, si allena a casa. Naturalmente gli manca un po’ di ritmo, ma penso che nessuno si sia stupito più di tanto. Non ha chiesto niente, si è messo a disposizione. Se qualcuno scattava, si poteva seguire ed è andata così…».

Poca collaborazione

Stupore no, solo la conferma delle attese, abituati a vederli andare forte anche dopo lunghi periodi di allenamento. Come Van Aert, primo alla Het Nieuwsblad, tre giorni dopo essere sceso da due settimane in altura. E così la corsa si è decisa per l’attacco di Mohoric e non per una lacuna atletica di Mathieu.

Sul Poggio ha risposto agli scatti e un paio di volte Vdp ha allungato a sua volta
Sul Poggio ha risposto agli scatti e un paio di volte Vdp ha allungato a sua volta

«Sapevamo che Mohoric va forte in discesa e che lo avrebbe fatto – commenta l’olandese – ma pensavo che l’avremmo preso. Non molti però hanno tirato. Van Aert e Pedersen ci hanno davvero provato, ma ci volevano uno o due compagni in più oltre il Poggio. Ma anche questa è la corsa. Il tempo passa (sorride, ndr), sto invecchiando anch’io, quindi questa è un’altra occasione persa. Però la schiena sta bene, non ho avuto problemi. E questa è la cosa positiva di oggi, era molto tempo che non riuscivo a correre senza sentire dolore».

Nello sprint per il terzo posto, Van der Poel ha quasi agganciato Turgis, secondo all’arrivo
Nello sprint per il terzo posto, Van der Poel ha quasi agganciato Turgis, secondo all’arrivo

Dal Fiandre all’Amstel

Il suo programma ora procede come indicato prima dell’arrivo inatteso a Milano: Coppi e Bartali per trovare ritmo e brillantezza e finalmente il Nord. 

«No, non farò la Gand-Wevelgem – ha detto – resto in Italia per la Settimana Coppi e Bartali. Dato che gareggerò per cinque giorni di seguito, il prossimo test sarà il Giro delle Fiandre, in cui spero di stare bene. Poi Amstel Gold Race e Parigi-Roubaix».

Sul podio, con Mohoric e Turgis, un sorriso a mezza bocca
Sul podio, con Mohoric e Turgis, un sorriso a mezza bocca

Fra un sorriso e l’altro, la smorfia di delusione ha continuato a fare capolino nel suo sguardo da monello. Il bello di quando si è campioni a questo modo è che davvero si ha la sensazione che l’impossibile non esista.

La frenata c’è stata, il senso di onnipotenza magari s’è attenuato oppure semplicemente aspetta per uscire. Ma anche il venire alla Sanremo senza chiedere supporto e con le antenne basse è stato a suo modo un segno di carisma e forza. Osservarlo la prossima settimana sulle strade fra la Romagna e la Toscana sarà certamente uno spettacolo.

La Sanremo di Mohoric e quel reggisella telescopico

19.03.2022
6 min
Salva

Mohoric ha vinto la Milano-Sanremo. Caruso che lo abbraccia. Tratnik che non sta nella pelle. Attorno al pullman del Team Bahrain Victorious si respira la sbornia per il secondo Monumento consecutivo, dopo la Roubaix di Colbrelli.

Al settimo cielo

Matej arriva a parlare con la stampa un’ora e mezzo dopo l’arrivo, ma il suo sorriso non è per questo meno raggiante e in certi momenti incredulo. Ha vinto la Milano-Sanremo con un attacco nella discesa del Poggio e grazie a una di quelle intuizioni che fanno di lui un corridore speciale.

La gioia di Damiano Caruso, che ancora una volta ha lavorato per la squadra
La gioia di Damiano Caruso, che ancora una volta ha lavorato per la squadra

«Non dico che gli altri non siano lucidi – spiega Pellizotti al settimo cielo – ma lui sin da ragazzino ha sempre messo in ballo una grande capacità di analizzare le cose».

Accanto a lui c’è Volpi, alla sesta Sanremo vinta. Il diesse lombardo aspetta Mohoric impegnato nella conferenza stampa e ne custodisce gelosamente la bici.

«Ha fatto lui tutte le prove di questo reggisella – dice indicando il tubo telescopico – e io mi sento come Claudio Villa (ride, ndr) che vinceva sempre il Festival di Sanremo. L’ho vinta in ammiraglia con Petacchi, Nibali e Mohoric. Da corridore insieme a Bugno, Furlan e Colombo».

Il reggisella telescopico

Il reggisella telescopico sulla Merida, il segreto dell’attacco in discesa. E’ venuto di proposito su queste strade per provarne i settaggi e non si è fermato finché non ha avuto la certezza di aver trovato la giusta misura. Ha usato la Scultura, perché compatibile con il componente attualmente in commercio e dopo aver ottenuto l’autorizzazione dell’UCI.

«Era da tutto l’inverno che pensavamo a questo piano – spiega il vincitore – e i nostri partner Merida e Vision hanno lavorato perché fosse possibile. Un reggisella telescopico da mountain bike, niente di strano. Le prime prove le abbiamo fatte con escursione da 20, ma era troppo e siamo scesi a 16, anche se in tutto può abbassarsi di 6-7 centimetri. C’è un comando grip shift sul manubrio, con un colpo lo abbassi, con un altro lo alzi. L’ho abbassato in cima al Poggio e qualche volta l’ho rialzato, nei tratti in cui dovevo pedalare. Per un fatto di sicurezza, credo che potrà essere il futuro di tante corse.

«Lo abbiamo comprato su internet e lo abbiamo montato sulla Scultura perché ha il reggisella tondo. Nessuno lo aveva mai montato in gara, perché pensava che non servisse. E io che abito a Monaco, quest’inverno sono venuto qua decine di volte con la macchina e facevo anche 4 ore salendo e scendendo dal Poggio. L’avrò provata tremila volte ed è andata bene. Stamattina, scherzando, andavo accanto ai favoriti e cantavo la sigla di James Bond, dicendogli che avevo l’arma segreta e di non seguirmi in discesa. Mi hanno guardato come fossi matto…».

Dopo la discesa capolavoro, Mohoric non si è mai voltato
Dopo la discesa capolavoro, Mohoric non si è mai voltato

Un sabato importante

Non era sicuro che potesse correre ed essere brillante. La caduta alla Strade Bianche appresso ad Alaphilippe gli ha provocato una brutta infiammazione al ginocchio, che gli ha fatto saltare la Tirreno-Adriatico.

«Sono tornato a casa – dice – e sono rimasto per 3-4 giorni senza pedalare, ma andando tutte le mattine a fare terapia. Tanto che un giorno il fisio mi ha chiesto perché diavolo ci tenessi tanto e io sorridendo gli ho risposto che avrei avuto una corsa importante questo sabato. Ho potuto allenarmi bene per quattro giorni e alla fine è andata meglio a me di tanti ragazzi che hanno corso e si sono ammalati».

Una sola chance

Quando ha capito di avere le gambe per resistere alle bordate di Pogacar, Van Aert e Van der Poel sul Poggio, nella sua testa è scattato il piano.

All’arrivo con 2 secondi di vantaggio su Turgis e Van der Poel
All’arrivo con 2 secondi di vantaggio su Turgis e Van der Poel

«Sapevo di avere una chance di prendere vantaggio – dice – e ho voluto fare la mia parte. Ho sprintato per la vita in ogni curva. Ero super concentrato. Scattavo a 450 watt e speravo che dietro si guardassero e non ci mettessero la stessa determinazione. In questa discesa ho messo a frutto tutte le acrobazie che facevamo da ragazzi in Slovenia quando costruivamo delle piste nei boschi e ci buttavamo giù. Questo, unitamente agli allenamenti sulla bici da strada, mi ha insegnato a spingermi oltre i miei limiti, imparando dai miei stessi errori.

«Ed è il motivo per cui dopo la brutta caduta del Giro scorso, non ho cambiato la mia mentalità. Non mi fermo per la paura, perché io so il motivo di quell’incidente. Il pedale che toccò e fece da perno. Non sono diventato più prudente, ma certo cerco sempre di essere nel mio limite. Anche se oggi in una curva a destra mi sono scivolate entrambe le ruote ed è stato difficile convincersi di essere in controllo (ride, ndr)».

Capolavoro Bahrain

La squadra ha fatto un capolavoro, senza Colbrelli con cui comunque non avrebbe corso diversamente.

«Avevamo una squadra forte – dice Pellizotti – ma di non avere un leader come la UAE. Sapevamo di giocarci le nostre carte in discesa e che in salita Matej non poteva staccare Pogacar e Van Aert. E’ già stato bravo se si pensa che non ha fatto la Tirreno a non staccarsi, perché oggi siamo andati fortissimo. Siamo venuti con la consapevolezza di non esser la squadra faro e di non doverci prendere la responsabilità della corsa come se ci fosse stato Sonny al cento per 100 e Matej stesso, che era un punto di domanda. Abbiamo aspettato dopo i Capi per sapere come stava. E comunque, anche con Sonny, avremmo corso così, perché Matej avrebbe giocato questa carta».

Simona Mazzoleni, l’addetta stampa sempre con il sorriso e l’Osmo che registra ogni cosa è al settimo cielo. Se tutto continuerà a girare a questo mondo, anche il 2022 promette di essere una stagione interessante.