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Ganna, la salita, le crono, il peso forma: Cioni è già nel 2024

21.11.2023
7 min
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Ganna ha maniche molto lunghe. Ogni volta che arriva una corsa importante, infatti, salta fuori qualcuno pronto ad appendersi. Da quando si ipotizzò che potesse diventare il futuro per i Giri alle più recenti apparizione da leader della nazionale, passando per le crono, gli inseguimenti e da ultimo le volate di gruppo. E’ davvero pensabile che Pippo possa fare tutto?

Lo abbiamo chiesto a Dario Cioni, l’uomo che lo allena da quando Ganna è arrivato alla Ineos Grenadiers e, assieme a Marco Villa, lo ha portato alle vittorie più belle. Come si fa a lavorare con uno che avrebbe così tante frecce al proprio arco? Con quale criterio si individuano i limiti? Ed è vero, come sensazione farebbe pensare, che Ganna sia ancora un atleta in evoluzione?

«I margini di evoluzione sono più limitati rispetto a un paio d’anni fa – comincia il toscano – però comunque è sempre un atleta in crescita, più che altro a livello di consapevolezza dei suoi mezzi. Fisicamente quest’anno ha fatto un altro step, quindi in generale, a vedere i numeri, il 2023 è stato migliore del 2022. Ha vissuto un’ampia evoluzione. Secondo alla Sanremo, alla Roubaix si è quasi giocato il podio. A crono è tornato sul podio mondiale, ma si è trovato davanti un Remco stratosferico. Ha anche vinto una corsa a tappe. E poi nel finale stagione si è scoperto anche veloce. Intendiamoci, qualche limite ce l’ha anche lui. Non penso si possa farlo diventare un Vingegaard, però per il resto è ancora in evoluzione».

Aver fatto la Vuelta a fine stagione potrebbe essere un vantaggio nella ripresa (qui sull’Angliru)
Aver fatto la Vuelta a fine stagione potrebbe essere un vantaggio nella ripresa (qui sull’Angliru)
La sensazione è che questi miglioramenti vengano senza che vi applichiate su un particolare a scapito di altri…

Penso ci sia anche una maturazione tecnica e tattica da parte sua. Col tempo si tende ad aumentare la resistenza, mentre aver tenuto il discorso della pista gli ha permesso di conservare quella punta di velocità che in genere con gli anni si tende a perdere. E poi intendiamoci, non stiamo parlando di un atleta vecchio. Ha 27 anni. Si sta sperimentando in diverse situazioni, come nelle volate. Sai che puoi farle, ma devi essere convinto di farle. Devi prendere qualche rischio in più, qualcuno deve tirartela, quindi se non sei convinto, non ci riesci.

A inizio stagione ha fatto vedere di tenere bene su alcune salite. Le corse a tappe più brevi, che magari hanno la crono, possono essere un obiettivo?

Ha già dimostrato che con un percorso favorevole, specialmente se c’è un crono, può fare la differenza. Ha vinto il Wallonie, conquistando anche la crono. All’Algarve ha fatto secondo per 2 secondi, battuto da Dani Martinez, che è un uomo per i grandi Giri, Quella corsa in passato l’hanno vinta Riche Porte e Thomas. L’albo d’oro parla di gente che va forte in salita e Pippo per giunta è arrivato 3° nella crono. Quindi per arrivare secondo, deve aver tenuto molto in salita.

Alla Volta ao Algarve 2023, un Ganna terzo nella crono, ma brillante in salita: alla fine 2° nella generale
Alla Volta ao Algarve 2023, un Ganna terzo nella crono, ma brillante in salita: alla fine 2° nella generale
Una Tirreno-Adriatico potrebbe fare al caso suo?

Tutto dipende dagli obiettivi e dai percorsi. E’ chiaro che, per esempio, rispetto all’anno scorso e visti i prossimi traguardi, nel 2024 dovrà stare più attento alla bilancia. Quest’anno in nessuno dei suoi grandi obiettivi il peso era un limite, mentre l’anno prossimo dovrà starci attento. Ancora dobbiamo inquadrare bene la stagione, Filippo è rientrato dalle vacanze 10 giorni fa, quindi ancora non ci siamo seduti a tavolino per mettere tutti i puntini sulle i. Grosso modo abbiamo individuato i 2-3 obiettivi principali, ma sappiamo che lui non si limita mai a 2-3 obiettivi e sicuramente qualcosa in più verrà aggiunto. Oltre alla crono olimpica e al quartetto, la Sanremo è cerchiata di rosso. Prima della presentazione del percorso, si era parlato di una maglia ciclamino al Giro. Adesso andrà verificato, perché magari potrebbe convenire puntare a vincere tappe.

La Roubaix?

Per il prossimo anno, non dovrebbe essere fra gli obiettivi, come era invece nel 2023 quando abbiamo fatto una preparazione specifica. Dipenderà dal Giro. Magari si va lo stesso per fare bene, per essere davanti un’altra volta e studiare ancora meglio il finale, per poi metterla nel mirino l’anno successivo.

Dopo il 2° posto 2023, la Sanremo è cerchiata di rosso: Ganna è stato l’unico a rispondere a Pogacar sul Poggio
Dopo il 2° posto 2023, la Sanremo è cerchiata di rosso: qui Ganna risponde a Pogacar sul Poggio
Secondo te, se non ci fosse stata la concomitanza di pista e crono, il mondiale di Glasgow sarebbe stato adatto a Pippo?

Su quel tipo di percorso e con la giornata che è venuta fuori, non credo. Soprattutto per il bagnato, ma penso anche che con tutte quelle partenze da zero, non si sarebbe trovato bene.

Sempre restando ai mondiali, ma alla crono, Ganna ha detto di aver fatto i numeri migliori e che difficilmente potrà migliorare ancora. A Parigi sarà solo un fatto di nuovi materiali?

A me piace pensare che non si raggiunga mai il limite, quindi penso ci sia sempre l’ambizione di fare meglio dell’anno prima. A differenza degli anni passati, quest’anno ha fatto la Vuelta nel finale di stagione. Non ha fatto il doppio grande Giro, perché in Italia si era ammalato dopo una settimana. Perciò ora scopriremo cosa significhi aver fatto la Vuelta in chiave di ripartenza per la nuova stagione.

A Glasgow per Ganna ritorno sul podio del mondiale crono, battuto da un Evenepoel stellare
A Glasgow per Ganna ritorno sul podio del mondiale crono, battuto da un Evenepoel stellare
Può darsi che la differenza nella crono dei mondiali l’abbia fatta un calo di motivazioni?

No, non direi affatto che la crono gli sia venuta a noia. E’ vero però che il materiale è diventato fondamentale. A volte hai la posizione migliore e un ottimo materiale, ma di colpo arriva un’evoluzione che ti spiazza o arriva un corridore, come lui nel 2020, che ha il materiale e la posizione migliori e domina. Le velocità con cui oggi si vincono le crono sono impressionanti. Su tutti i tipi di percorso fare 54-55-56 all’ora è la regola.

Hai fatto il discorso del peso forma: ai mondiali in quei pochi secondi da Evenepoel potrebbe esserci stato anche il fattore peso?

Le 2-3 salite che c’erano erano settori a favore di Remco, la differenza è stata di 12 secondi. Pare che il tratto su cui Filippo ha perso di più sia stato un settore intermedio di salita, per cui il peso potrebbe aver inciso, ma nel limite dei 4-5 secondi. Comunque il percorso delle Olimpiadi sarà veloce.

Filippo Ganna, Mileto-Camigliatello, Giro d'Italia 2020
Nel 2020 Ganna primo a Camigliatello Silano: corre il Giro sotto gli 83 chili ed è incontenibile
Filippo Ganna, Mileto-Camigliatello, Giro d'Italia 2020
Nel 2020 Ganna primo a Camigliatello Silano: corre il Giro sotto gli 83 chili ed è incontenibile
A quanto ammontano queste oscillazioni di peso?

Diciamo un paio di chili. Almeno negli ultimi anni non si è mai provato a spingere più di tanto su questo aspetto. Quando nel 2020 andò al Giro sotto gli 83 chili, si era lavorato ma non si era cercato il limite, però di certo vinse nella tappa di Camigliatello e anche le crono. Ma il discorso del peso è complicato, va cercato l’equilibrio, soprattutto ora che c’è il discorso delle volate. E poi su certi tipi di salita non c’è grossa differenza fra pesare 83 chili e avere meno forza, oppure pesarne 85 con tanta forza. Sul Poggio, per fare un esempio, serve avere tanta forza. Su pista invece il peso non si guarda troppo e anzi si è un po’ più pesanti perché, per fare le partenze, si mette più massa nella parte superiore del corpo.

L’ultima e poi basta. Come si vive da allenatore il rapporto con un corridore così dotato?

Ho sempre un piatto abbastanza ricco, quindi non penso di aggiungere obiettivi. Il mio ruolo è più quello di indirizzarlo e dargli un’opinione. Specialmente con un atleta come lui, che è il primo a motivarsi da sé. Una volta fissati gli obiettivi, io lo accompagno nel cammino. E lui ha i suoi riferimenti. Oltre a me c’è Villa, poi Lombardi e anche un paio di corridori, fra cui certamente Viviani.

La pista richiede una muscolatura più pronunciata del tronco, che su strada serve a meno
La pista richiede una muscolatura più pronunciata del tronco, che su strada serve a meno
Gli proporresti mai di fare classifica in un Giro come pare che farà Van Aert?

Non credo che Van Aert verrà a fare classifica, ma non credo che avrebbe senso proporlo ora a Pippo. I due sono diversi, Van Aert ha le spalle più strette, è meno muscolare di Ganna. Ma comunque è lui che deve decidere e semmai sarebbe una cosa da fare per togliersi uno sfizio a fine carriera. Una volta o mai più e vediamo come va a finire. Come Wiggins: un Tour e poi basta. In prospettiva però credo che più Tarling di Ganna potrà provare una carta del genere.

Sanremo e Muri del Nord: due diversi modi di tirare

08.04.2023
7 min
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Fra i motivi che, a detta di Baldato, hanno permesso a Pogacar di vincere il Fiandre c’è stato il lavoro dei compagni di squadra. Avendo limato un minuto alla fuga, hanno infatti permesso allo sloveno di rientrare su Trentin in fuga senza rimanere troppo a lungo nella terra di nessuno. Ci è venuto in mente il lavoro fatto invece da Jacopo Mosca alla Sanremo. Al Fiandre sono serviti quattro uomini per togliere un minuto alla fuga, alla Sanremo il solo Mosca ha tenuto nove uomini nel mirino e gli altri 165 a ruota. Gli abbiamo chiesto di fare un ragionamento sulla differenza, approfittando del tempo libero dopo l’allenamento al Centro di Alto Rendimento di Sierra Nevada, preparando il Giro.

Cosa significa correre una Sanremo, dovendo tirare tutto il giorno?

Sapevo già da prima che lo avrei fatto, lo sapevo praticamente dall’inizio dell’anno. Ne avevamo parlato tra compagni e anche con Mads (Pedersen, ndr), che aveva detto subito di voler puntare alla Sanremo. E’ un ruolo che si è sempre visto negli anni. Uno che tira in una squadra dove i capitani possono fare la corsa c’è sempre. Avendo due leader come Pedersen e Stuyven, partivamo con un’idea abbastanza precisa.

E come è andata?

Non abbiamo vinto, Mads è arrivato sesto. Gli è mancato poco per essere coi primi quattro. Quando hai un leader del genere, è giusto dare il proprio apporto per tirare. La UAE è venuta davanti, vero, ma dopo il Turchino. Potevano tranquillamente farlo da prima, visto che avevano Pogacar. In ogni caso, noi eravamo partiti con la nostra idea e così anche la Jumbo.

Come ci si attrezza per una giornata in cui si tirerà così tanto?

Sono partito con l’assetto della bici per tirare. Con le ruote da 75 e il 56 davanti. Sapevo quello che mi aspettava e fortunatamente ho avuto una buona giornata, perché sono riuscito ad arrivare fino al Capo Mele tirando dall’inizio. Chiaro che poi, quando la gara si è accesa, sono passato dalla prima all’ultima posizione. Ho resistito fino al Capo Berta e poi mi sono staccato con gli altri morti.

Tu hai tirato da solo, al Fiandre la UAE ha tirato con quattro uomini…

E’ diverso, non per sminuire quello che ho fatto. Alla Sanremo ti metti lì, vai a 45-50 all’ora costante per tutto il giorno e fai quattro curve ogni tanto. Al Fiandre devi fare curva su curva, continui rilanci, salite e discese. Sicuramente loro sono arrivati al momento di tirare avendo già uno sforzo enorme nelle gambe e poi hanno fatto un’azione violenta. Io ho fatto un’azione lunga e costante.

Una giornata come quella di Sanremo si prepara nelle settimane che precedono?

Sostanzialmente non hai bisogno di lavori particolari. Devi stare bene, ma di solito io lavoro tanto sulla base e magari meno sull’esplosività. Ormai il mio lavoro in gruppo è questo, tenere gli altri al coperto, tirare… Per fare una Sanremo a quel modo, devi semplicemente stare bene e avere tanto fondo, perché comunque ho tirato per 250 chilometri.

Stando così le cose, la fuga era spacciata o c’era margine di successo?

Abbiamo corso in modo intelligente. Sapendo che c’era vento a favore, non abbiamo lasciato tanto spazio perché comunque erano in nove. Mi dispiace per Tonelli e Maestri, con cui avevo parlato prima della corsa. Gli avevo detto: «Spero che siate pochi, perché se siete troppi dobbiamo per forza lasciare poco spazio». E così è stato, abbiamo iniziato praticamente subito. C’era anche Van Emden della Jumbo, li tenevamo a 3-4 minuti. Dopo un po’, capisci il ritmo che puoi tenere. Se la fuga va a 45 all’ora, tu vai a 45 all’ora. Passi una giornata al medio, Z2 o Z3. E’ un ritmo che puoi tenere tutto il giorno, diverso da quando devi fare uno sforzo violento che poi ti richiede di recuperare.

A che distanza si tiene la fuga per evitare che ad altri venga la voglia di partire?

Se hai meno di 3 minuti quando inizi la valle del Turchino, con la lotta per le posizioni mangi troppo vantaggio e magari arrivi sul mare che la fuga ha solo un minuto. Loro ci sono arrivati con 1’30”, ma sapevamo che una volta laggiù, avrebbero accelerato, mentre il gruppo dietro fa l’ultimo pit stop generale, quindi il vantaggio torna a salire. Infatti sono passati a 5 minuti, ma noi dietro andavamo talmente forte, che era impossibile che la fuga potesse arrivare.

A che punto della Sanremo la fuga deve essere nel mirino?

Dipende, perché ormai il livello è talmente alto che prima o poi qualcuno arriverà. La Cipressa si sale a 35 all’ora, il Poggio a 40. Perdi un minuto sicuro su ogni salita, ma c’è sempre una piccola percentuale di rischio. Secondo me, la strategia migliore è arrivare con un minuto di ritardo all’inizio della Cipressa. Dopo il Berta puoi averne anche due, perché uno lo mangi nella lotta per le posizioni prima della Cipressa. Per fare quel rettilineo di 2 chilometri, fino alla curva a destra, il gruppo impiega un minuto e mezzo, quindi va a 70 all’ora.

Pedersen è arrivato terzo al Fiandre anticipando i migliori con una fuga: sarebbe possibile la stessa tattica alla Sanremo?

Non potrà mai succedere. Al Fiandre, se sei davanti non devi rispondere continuamente agli scatti del gruppo e riesci a gestirti. Alla Sanremo, se stai a ruota fai 250 chilometri spendendo veramente poco, ma quando arrivi in fondo, diventa una lunga volata di 50 chilometri. E’ un continuo accelerare, uno shock unico. Se sei stato a lungo allo scoperto, quando sul Poggio arrivano da dietro quelli più freschi, ti passano a doppia velocità ed è difficile che riesci a tenerli.

Quando sul Poggio iniziano gli scatti dei più forti, chi è stato a lungo in fuga non ha gambe per rispondere
Quando sul Poggio iniziano gli scatti dei più forti, chi è stato a lungo in fuga non ha gambe per rispondere
Ultima cosa, cosa dici della volata di Elisa Longo Borghini al Fiandre? Lei ha parlato del beneficio delle volate al cartello che fate assieme…

Praticamente da metà gennaio ad oggi siamo usciti in bici forse una volta. Però durante l’inverno almeno una volata ogni giorno la facevamo. All’inizio era soprattutto divertente. Poi dopo un po’ ti obblighi a farle, perché sai che comunque fa bene e porta sempre un po’ di competitività. Non è che lei non fosse veloce prima e adesso lo è diventata grazie a questo. Però almeno adesso, facendole, ci crede un po’ di più e la differenza si vede.

E poi c’è da dire che è un’atleta di fondo, no?

Esatto ed è quello che ho sempre cercato di dirle. Se fa una volata contro Balsamo, ovviamente non ci sarà mai storia. Però Elisa è talmente forte e resistente, che alla fine di una gara dove sono tutti a blocco, quella veloce magari perde il picco di potenza, lei invece ce l’ha identico. E poi sul Fiandre c’è da dire che è stata anche tatticamente perfetta e di questo vado orgoglioso…

Cioè?

Non è che io possa insegnarle chissà cosa, però sapevamo che non fosse al top della condizione. Quando non sei forte, devi arrivarci con l’intelligenza e io ho sempre dovuto pensare per arrivare da qualche parte. E anche Elisa stavolta ha fatto di necessità virtù.

Baffi: dall’esempio Sanremo ecco come cambia la fuga

24.03.2023
4 min
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Il tema della fuga alla Milano-Sanremo tiene ancora banco, dopo aver sentito due dei fuggitivi di giornata abbiamo ascoltato anche la voce di chi ha gestito la rincorsa. Sull’argomento delle fughe ci sono delle cose da dire. Come sottolineato anche da Contessa, parlando di Lucca e del suo motore adatto ai tentativi da lontano, si è notato come i corridori abbiano sempre meno spazio per cercare azioni di questo genere.

Alla Classicissima la fuga è sempre stata braccata dal gruppo
Alla Classicissima la fuga è sempre stata braccata dal gruppo

Sempre sotto controllo

Alla Classicissima proprio la Trek-Segafredo, guidata in primis da Jacopo Mosca, si è messa a gestire subito lo svantaggio, non facendolo mai decollare. Sull’ammiraglia era presente il diesse Adriano Baffi, con lui entriamo nel merito di questo lungo inseguimento e non solo. 

«Nel caso della Milano-Sanremo – spiega Baffi – uno deve fare delle previsioni e porsi delle priorità da seguire in corsa. Le scelte tattiche vengono decise prima della convocazione, poi in base a come si vuole gestire la corsa si portano determinati corridori. Sabato noi avevamo intenzione di tenere la fuga sotto controllo fin da subito (lo aveva anticipato lo stesso Mosca parlando a Maestri e Tonelli prima del via da Abbiategrasso, ndr). Sapevamo che sulla costa ci sarebbe stato vento a favore e quindi era bene non rischiare nulla. Poi c’è da dire una cosa: una squadra parte con la sua idea, ma non sa quello che accadrà in gara. Alla Sanremo noi volevamo gestire il distacco, siamo stati fortunati perché anche la Jumbo era della stessa idea. In questo modo ci siamo potuti spartire un minimo il lavoro».

Pedersen alla sua seconda Sanremo, è arrivato sesto, eguagliando il risultato del 2022
Pedersen alla sua seconda Sanremo, è arrivato sesto, eguagliando il risultato del 2022

Di necessità virtù

Il team americano ha lavorato per Mads Pedersen che ha eguagliato il risultato dello scorso anno: sesto sul traguardo di via Roma. L’altra punta era, invece, Jasper Stuyven, che ha concluso decimo. 

«In base alle necessità della squadra – riprende Baffi – e dei propri capitani, si decide che tipo di corsa fare. Mettersi in testa a gestire l’inseguimento permette di rimanere sempre nelle prime posizioni, evitando il nervosismo fin dai primi chilometri. In più, quando hai un uomo che tira, il capitano prende responsabilità perché vede nel concreto il lavoro dei suoi compagni. C’è da aggiungere che noi avevamo pensato fin da subito di controllare la corsa, per questo abbiamo portato Mosca, lui è un corridore che si presta molto bene a questo tipo di lavoro. Se ci pensate, grazie al lavoro di Jacopo la squadra ha utilizzato un solo uomo fino ai Capi, ci ha dato davvero una grande mano».

La presenza di Mosca è stata funzionale alla tattica che si è voluta applicare in corsa
La presenza di Mosca è stata funzionale alla tattica che si è voluta applicare in corsa

Livello sempre più alto

Va bene gestire la gara, ma un distacco così minimo tra gruppo e fuga, alla Sanremo, non si vede spesso. E’ una caratteristica degli ultimi anni, le fughe non prendono più tanti minuti di vantaggio sul gruppo, e di conseguenza faticano ad arrivare all’arrivo. 

«Questo perché il livello si è alzato – risponde Baffi – anche corridori che tu pensi possano essere meno pericolosi, alla fine, vanno forte comunque. Si sono alzate le medie (questa Milano-Sanremo è stata la seconda più veloce di sempre, ndr) ed è migliorata anche la qualità degli interpreti. Ormai le squadre sono impostate e costruite per vincere sempre, Roglic alla Tirreno-Adriatico ha portato a casa tre tappe di fila. Qualche anno fa vincevi una tappa ed eri soddisfatto, e così in quella successiva lasciavi spazio alla fuga. Magari mettevi la squadra davanti a tirare, ma solo per gestire il distacco, non di certo con l’obiettivo di andare a riprendere il gruppetto davanti. Nella tappa dei muri, quest’anno, i fuggitivi sono stati riagganciati a 60 chilometri dall’arrivo, così come a quella di Tortoreto.

«Questo nuovo sistema ha cambiato il modo di vedere la corsa, anche per le squadre WoldTour – conclude – non ci sono più le classiche fughe d’appoggio. Ora mandare un corridore in avanscoperta, sperando possa dare una mano ad un possibile attacco, non funziona più, quando viene ripreso dagli inseguitori è sfinito ed il suo lavoro è pressoché inutile. Di conseguenza, mandi un corridore in fuga solo per muovere la corsa o eventualmente per farti vedere se non hai alternative valide (l’Astana, priva di capitani, alla Sanremo ha mandato in fuga Riabushenko per questo motivo, ndr)».

La mossa di Trentin. La Sanremo da un’altra ottica

23.03.2023
4 min
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Milano-Sanremo 2023, salita del Poggio. Il gruppo è in fila indiana con Wellens che sta facendo un lavoro enorme per Pogacar. Intorno alla decima piazza c’è Matteo Trentin, anche lui della Uae. Intorno alla metà l’ex campione europeo molla improvvisamente e chi era dietro di lui perde l’attimo. Si crea una frattura nella fila, dietro si tergiversa, davanti si scappa via. Pochissimi secondi dopo, Wellens si fa da parte e Pogacar porta il suo attacco, secco, al quale solo Van Der Poel, Van Aert e Ganna riescono a rispondere.

L’esito finale è ormai parte della storia, ma quell’azione è rimasta impressa nella mente, quasi fosse studiata nei particolari, quasi sia stata fatta prendendo dei riferimenti ai bordi della strada. A mente fredda abbiamo provato a ripercorrere quei momenti cruciali con lo stesso Trentin, partendo dalla domanda più spontanea dopo aver visto quanto è successo: ha mollato di proposito?

Trentin nella discesa della Cipressa. Fino al Poggio la sua Sanremo era stata secondo i piani, poi il ruolo è cambiato
Trentin nella discesa della Cipressa. Fino al Poggio la sua Sanremo era stata secondo i piani, poi il ruolo è cambiato

«Sì e no – risponde Matteo – nei propositi e nella tattica che avevamo messo in preventivo dovevo essere un paio di posizioni più avanti, ma avete visto quanto si è andati veloci… Il record della scalata è stato battuto dopo una trentina d’anni e questo dice tutto. La nostra strategia era comunque quella di creare un buco a un certo punto della corsa, il fatto che sia avvenuto in contemporanea con il passaggio di testimone fra Tim e Tadej non era proprio voluto con quella precisione».

L’idea era di creare scompiglio dietro per lasciare Tadej a lottare con pochi?

Se possibile, ma va detto che proprio la velocità estrema ha messo in croce tutti. Quando ho mollato, gli altri hanno perso tempo perché non ne avevano davvero per chiudere il buco e saltarmi non era semplice a quel punto.

Wellens tira a tutta, Pogacar è dietro. La lunga fila si spaccherà per la mossa di Trentin
Wellens tira a tutta, Pogacar è dietro. La lunga fila si spaccherà per la mossa di Trentin
Quando avevate stabilito la tattica di gara?

Ne avevamo parlato nella riunione della sera prima, ma un conto è discutere le tattiche a tavolino, un altro è verificare come va la gara. Con loro comunque ci siamo parlati sia al mattino che durante la corsa. La tattica ha funzionato bene, se poi VDP ha vinto è stato tutto merito suo.

Tu che ruolo avevi?

Nei programmi io ero una seconda opzione viste le caratteristiche della corsa e la mia conoscenza approfondita del tracciato visto che tante volte mi ci alleno. Per questo avrei dovuto essere 2-3 posti più avanti, il problema è stato che quando Wellens è partito, io ero ancora dietro e recuperare non è stato facile, con quella velocità non potevo salire ancora la fila.

Il momento decisivo: il belga si fa da parte e Pogacar attacca. Solo in 3 reggono il suo passo
Il momento decisivo: il belga si fa da parte e Pogacar attacca. Solo in 3 reggono il suo passo
L’impressione è stata quasi che aveste preso dei riferimenti lungo la strada…

Non è proprio così, quello puoi farlo più nelle classiche belghe dove le strade sono strette, sempre le stesse e fissi alcuni punti specifici nella memoria per muoverti. Anche il Poggio dà dei riferimenti, la mossa mia e di Wellens non erano concordate nella loro contemporaneità, ma Tim sapeva che doveva farsi da parte in quel punto perché è il più duro, quello giusto dove Pogacar poteva scattare e fare la differenza.

Riguardando il tutto a mente fredda, quanta delusione c’è?

Tanta, ma mitigata dal fatto che errori non ne abbiamo commessi, abbiamo fatto tutto quel che si doveva fare, Tadej è scattato nel punto giusto, sono stati bravi gli altri a tenerlo e Mathieu Van Der Poel ha fatto davvero una gran cosa. Scattare in faccia a Pogacar e staccarlo oltretutto su un punto dove non era mai scattato nessuno, perché non così duro, significa davvero aver fatto un capolavoro.

Il corridore di Borgo Valsugana con Wellens. La loro tattica sul Poggio era stata perfetta
Il corridore di Borgo Valsugana con Wellens. La loro tattica sul Poggio era stata perfetta
Tu come esci dalla Sanremo?

Con la consapevolezza che sono arrivato alla Classicissima con una condizione ancora non ottimale. Fino alla Cipressa ero andato bene, ma il Poggio mi ha dimostrato che mancava ancora qualcosina e d’altronde l’inizio stagione non era stato molto fortunato. Ora però sono in recupero, manca solo qualcosa e spero che in questi giorni arrivi in vista delle classiche.

Che sono un po’ il tuo cavallo di battaglia proprio a cominciare dalla Gand-Wevelgem…

E’ una corsa che conosco bene, ma anche le altre. La squadra è pienamente in palla, andiamo con grandi ambizioni, poi come detto è la corsa che dà il verdetto inappellabile.

La Classicissima di Verre, debuttante curioso

22.03.2023
5 min
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Alessandro Verre (in apertura foto Getty) ha esordito nella Milano-Sanremo, la sua prima classica monumento. Certo, sapere che uno scalatore prenda parte alla Classicissima fa un po’ sorridere. Ma è italiano, pieno di entusiasmo e tutto sommato ci aveva incuriosito ciò che ci aveva detto prima del via.

Ad Abbiategrasso di fronte al suo esordio avevamo chiesto al corridore lucano della Arkea-Samsic se avesse provato il finale e lui aveva replicato che non ci aveva messo ruota. Che quel che sapeva della Sanremo lo sapeva dalla tv, dalle tante gare viste quando era bambino. E nel ciclismo dei dettagli, del “si sa tutto prima”, ci aveva un po’ colpito.

Verre la Sanremo l’ha finita. Ha completato il suo “viaggio” in 166ª posizione ad oltre 13′ da Van der Poel. Alla fine è stata una bella avventura.

Alessandro Verre (classe 2001) è pro’ dallo scorso anno. Era alla sua prima Sanremo
Alessandro Verre (classe 2001) è pro’ dallo scorso anno. Era alla sua prima Sanremo

Alessandro, allora come è andata? Cosa ti è sembrato? La percezione della tv è stata diversa dalla realtà?

Di solito dalla tv e dai social si guarda il finale, Cipressa e Poggio. Mi sono ritrovato nel gruppetto quando sono arrivato al Poggio. E anche se l’ho fatto dietro, è stato abbastanza duro. Non per la salita, che non è durissima, ma perché arrivava nel finale.

E invece la prima parte? Tutto quel primo tratto di pianura cosa ti è perso?

Che è lunga! Ma c’era tensione, il che è strano, no? Perché comunque sai che sono 300 chilometri, tanta pianura, strade larghe… 

Come mai?

Proprio perché è così lunga, un po’ tutti vanno di riserva e cercano di limare il più possibile. E anche dal mio punto di vista ci sono state situazioni particolari. Per esempio, quando un corridore magari si ritrovava al vento, vedevi subito che si spostava. Che voleva coprirsi. Poi però anche quello che era dietro di lui si spostava e così via… E quindi tu eri, per dire, in decima, ventesima ruota, ti ritrovavi davanti senza sapere perché. La parola perfetta per la prima metà dunque era limare.

Il lucano (a destra) a colloquio con Barguil (foto Getty)
Il lucano (a destra) a colloquio con Barguil (foto Getty)


Si aspettava il Turchino oppure tutto sommato era una normalità?

Diciamo che è stata la normalità. Poi comunque un po’ di differenza l’ha fatta anche il vento. Dalla macchina ci dicevano come era previsto e quanto forte fosse. Ed era previsto anche un po’ contrario. Anche io ho preferito stare più sulle ruote.

Qual era il tuo compito?

Quello di portare Barguil davanti, specie sul Turchino. Dovevamo portarlo più avanti, ma col vento contro, ci siamo parlati e lui è voluto restare più indietro e quindi siamo rimasti di più sulle ruote, tranquilli. Mancavano più di 150 chilometri… ed eravamo ancora a metà.

Quando si è accesa la corsa in gruppo?

In fondo alla discesa del Turchino. E ancora, dopo l’ultima pausa pipì a 70-80 chilometri dall’arrivo. Quasi tutto il gruppo si è fermato: anche i big Van der Poel, Van Aert, Pogacar…  Si sono fermati tutti contemporaneamente. Però già si andava forte, eravamo tutti in fila indiana.

Una volta in Riviera, dice Verre, il ritmo è aumentato sensibilmente
Una volta in Riviera, dice Verre, il ritmo è aumentato sensibilmente
E questa seconda parte in Riviera come l’hai vissuta?

Il ritmo come detto è sempre stato alto. E quando passavi nei paesi non sapevi mai cosa ti aspettava, anche se guardavi le mappe sul computerino. E poi tutte le squadre iniziavano a portare i capitani davanti e di conseguenza il ritmo è aumentato.


Hai detto di essere rimasto con il gruppetto: dove ti sei staccato?

Su Capo Berta. Si andava davvero forte, dopo il Turchino ho visto che abbiamo fatto 2 ore a 50 di media. Io tutto sommato sono rimasto tranquillo, anche perché sapevo di non stare benissimo. La settimana prima mi ero ammalato e non avevo le stesse gambe della Strade Bianche. E anche alla Milano-Torino avevo visto di non stare benissimo. L’ho presa più per fare esperienza. Come avevo detto prima di partire era la corsa più facile, ma non da portare a termine.

Su Capo Berta, ti sei staccato perché non avevi le gambe o perché si è aperto un buco, un ventaglio?

Non avevo le gambe. Salivamo sui 30 all’ora, credo. Viaggiavo a circa 75-80 rpm con il 54×21, credo… Ed è duretto. E’ la Sanremo: è particolare, lunghissima, devi stare attento a tutto, all’alimentazione soprattutto. Io ho mangiato… forse anche troppo. Che poi non è troppo. Ho mangiato il giusto per la Sanremo, ma proprio perché è lunga. il giusto è tanto. E io non sono abituato a mangiare così tanto. Mi sono sentito appesantito.

Grande tensione nell’ingresso dei vari paesi e delle varie cittadine. Gruppo allungato
Grande tensione nell’ingresso dei vari paesi e delle varie cittadine. Gruppo allungato
Sapevate poi in corsa chi aveva vinto?

Stavamo attaccando il Poggio, se ben ricordo. Dalla radio ci hanno detto Van der Poel, Van Aert, Pogacar… Non ho capito se il nome di Ganna mi fosse sfuggito, ma quando sono arrivato e ho visto l’ordine d’arrivo è stata una sorpresa vedere Pippo secondo.


Dopo esserti staccato, nel gruppetto in cui viaggiavi giravate tutti regolari o c’era qualcuno che tirava di più?

Cavendish e infatti alla fine ci ha staccato sul Poggio.

Se dovessi rifarla, che cosa hai imparato da questa esperienza?

Che la Sanremo è lunga! Che bisogna limare su tutto e che se dovessi ritornarci di sicuro farei almeno un allenamento più lungo. Ma in questo senso credo che faccia una grande differenza l’aver fatto un grande Giro. Come si dice: quello ti cambia un po’ il motore.

E la sera cosa hai fatto? Una pizza te la sei concessa?

No, sono andato a Nizza. Ho aspettato il volo per Napoli e da lì in auto fino a casa, dove sono arrivato a notte fonda.

Alaphilippe riempie la primavera per allontanare il tramonto

21.03.2023
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Non deve essere facile veder arrivare il futuro e non avere le gambe per prenderne il ritmo. A suo modo era accaduto lo stesso quando Alaphilippe iniziò a farsi largo accanto a Philippe Gilbert e poi gli prese la ribalta. Andò a finire che, nonostante la loro amicizia, il grande belga fu costretto o preferì cambiare squadra: vinse la Roubaix del 2019 e passò alla Lotto-Soudal. Qualcuno pensa che il cammino di Julian nello squadrone belga abbia preso la stessa direzione.

Alla Sanremo per Alaphilippe problemi di posizionamento in gruppo su Cipressa e Poggio
Alla Sanremo per Alaphilippe problemi di posizionamento in gruppo su Cipressa e Poggio

Alaphilippe e il Poggio

Il futuro infatti è nelle gambe e nell’ambizione di Remco Evenepoel, mentre il francese rincorre il miglior se stesso. Pur sapendo che l’ultimo anno è andato in malora per la caduta della Liegi, Alaphilippe non nasconde che avrebbe preferito un altro inizio di 2023. La Sanremo era il primo obiettivo cerchiato di rosso. Lefevere si aspettava un segnale. E quello che più disturba il francese è non essere riuscito neppure a provarci.

«Mi è mancato soprattutto un buon piazzamento ai piedi del Poggio – ha spiegato dopo la corsa il leader della Soudal-Quick Step – è una certezza, perché le gambe sono state buone per tutta la giornata. Anche nel finale le sensazioni erano perfette. Quando Pogacar, Van der Poel e Van Aert hanno accelerato al Poggio, non ero dove avrei dovuto. Ci siamo un po’ persi con i miei compagni negli ultimi metri prima dell’inizio salita. Sulla Cipressa avevamo avuto qualche difficoltà per gli stessi motivi. Alla Sanremo hai speranze solo se sul Poggio hai la posizione giusta».

Nella tappa di Tortoreto alla Tirreno, secondo dietro Roglic: il miglior livello potrebbe essere in arrivo
Nella tappa di Tortoreto alla Tirreno, secondo dietro Roglic: il miglior livello potrebbe essere in arrivo
Pensi che altrimenti avresti potuto seguire i migliori?

Le gambe erano buone. Ai piedi del Poggio, il Bahrain e poi la UAE hanno fatto un grande ritmo e la mia reazione è stata tardiva. Ho avuto giusto il tempo di risalire e loro erano già partiti. Niente da dire su Van der Poel: ha vinto meritatamente. Nel mio caso, non parlerei di delusione, bensì di frustrazione per non aver dato il massimo. Potevo fare meglio di così, perché ero certo che non sarebbe finita con uno sprint di gruppo. Ora devo andare avanti.

Quest’anno hai deciso di tornare al Fiandre, come mai?

La Sanremo ha segnato l’inizio del periodo importante delle classiche ed è stato comunque bello avere buone sensazioni, anche se il risultato non è stato all’altezza. Ora mi concentrerò sulle prossime gare in Belgio, a partire da Harelbeke. So per esperienza che tutto accadrà molto velocemente. Finora ho vinto una sola corsa a inizio stagione, bella ma piccola. L’obiettivo è vincere una grande gara e il Fiandre mi si addice. Sarà difficile, ma nelle prossime settimane correrò tanto, soltanto corse in linea e intendo dare il massimo.

Sull’arrivo di Tortoreto alla Tirreno ti ha battuto solo Roglic.

Volevo vincere, ma soprattutto volevo correre come piace fare a me. Volevo vedere se sono ancora in grado di fare questo tipo di sforzo e giocarmi la vittoria. Ho avuto la conferma che è così e questo mi ha fatto bene, soprattutto per la testa.

Venerdì nella E3 Saxo Classic di Harelbeke, sulla strada di Alaphilippe ci sarà anche Van Aert
Venerdì nella E3 Saxo Classic di Harelbeke, sulla strada di Alaphilippe ci sarà anche Van Aert
E’ difficile riprendersi il proprio posto?

L’anno scorso non ho mai corso al mio massimo livello e sento che mi manca un po’ quella sensazione, per tornare a dare il massimo nelle gare più difficili. E’ come se fossi in ritardo di un anno. La settimana della Tirreno è stata una delle prime volte in cui ho avuto la sensazione di aver ritrovato quel livello. La tappa di Osimo è stata durissima, da tanto tempo non andavo così a fondo nella fatica. Ma non mi sono arreso e nel finale non ero con i migliori (è arrivato 14° a 22″ da Roglic, ndr).

Cosa farai di qui ad Harelbeke?

Quello che ho fatto fra la Tirreno-Adriatico e la Milano-Sanremo. Recupero, allenamenti leggeri e un po’ di tempo in famiglia.

EDITORIALE / Guai a chi tocca la Sanremo

20.03.2023
5 min
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Non toccate la Sanremo (ma ridateci alla svelta la partenza da Milano). Si è detto per una vita che servisse un’altra salita nel finale per renderla più divertente, senza rendersi conto che bastava avere i corridori giusti. Forse non ci rendiamo tutti conto del grande ciclismo che stiamo vivendo e magari rileggere il finale della Classicissima può essere un’utile guida alla comprensione.

Sul Poggio si sono sfidati il corridore numero uno al mondo, re di due Tour de France e di due Lombardia. Il miglior cronoman del mondo, detentore del record dell’Ora e di quello mondiale dell’inseguimento individuale e a squadre. Il vincitore di due Giri delle Fiandre e di svariati mondiali di cross. Il vincitore di una Sanremo, di tappe al Tour, dell’ultima maglia verde, della Gand e dell’Amstel. Quale altra corsa nel calendario internazionale può fare un simile sfoggio di professionalità diverse e nobili?

La Sanremo vive per 200 chilometri in attesa degli ultimi 100: una costruzione necessaria
La Sanremo vive per 200 chilometri in attesa degli ultimi 100: una costruzione necessaria

La velocità di VDP

Quello che ha stupito è stato il modo in cui Van der Poel se l’è portata a casa. Pogacar infatti ha messo la squadra alla frusta sulla Cipressa. Si è detto che quel lavoro non abbia prodotto i risultati sperati: in realtà il ritmo del UAE Team Emirates ha ricordato a corridori come Pedersen, Mohoric, al giovane De Lie e al più esperto Sagan che cosa significhi arrivare al Poggio con le gambe stanche. Passare dal senso di forza e grandi sogni, all’improvviso blackout e le gambe dure.

A quel punto Pogacar ha piazzato due scatti, portando con sé soltanto Ganna, mentre alle sue spalle Van der Poel si è nascosto nella scia di Van Aert. E quando il Poggio finalmente spianava e tutti si aspettavano l’ennesimo attacco di Tadej, Mathieu ha piazzato il suo affondo. Un’accelerazione violentissima nel tratto in cui serviva calare il rapporto e fare velocità, nel momento in cui tutti gli altri, per stessa ammissione di Pogacar, erano ormai in rosso.

Il forcing sulla Cipressa del UAE Team Emirates (davanti c’è Ulissi) ha tagliato tante gambe
Il forcing sulla Cipressa del UAE Team Emirates (davanti c’è Ulissi) ha tagliato tante gambe

Già visto alla Tirreno

Si è parlato molto della condizione dell’olandese alla Tirreno-Adriatico e lui per primo ha raccontato il bisogno di andare più a fondo nella fatica per ritrovare la gamba giusta. E se questo è stato palese sulle salite, provate a riavvolgere il nastro e valutare con altro occhio le due volate tirate a Philipsen: quella di Foligno, ma soprattutto quella di San Benedetto.

Quel giorno Van der Poel ha sbrigato da solo la pratica che in un’altra squadra avrebbe richiesto almeno due uomini. Il suo lavoro è durato circa 700 metri, durante i quali è stato capace di una velocità che ha allungato il gruppo e servito a Philipsen lo sprint su un piatto d’argento. Da quel numero si poteva già capire parecchio: l’olandese è stato capace di sviluppare una velocità impossibile per gli altri. E sabato l’ha rifatto sul Poggio.

Ultima tappa della Tirreno: Van der Poel ha tirato per quasi 700 metri, Philipsen ha vinto: prove di Sanremo?
Ultima tappa della Tirreno: Van der Poel ha tirato per quasi 700 metri, Philipsen ha vinto: prove di Sanremo?

Van Aert riparte

Certo, uno così ti destabilizza. Pensi che sia alla frutta e ogni volta invece torna forte come sempre. Chissà che cosa possa averne pensato Van Aert, costretto a chinare il capo per l’ennesima volta. Ti aspetteresti che dopo la batosta subito ai mondiali di cross, sia sull’orlo di una crisi di nervi, invece le sue reazioni dopo la gara e il giorno successivo sono state nel segno di una grande tranquillità.

Ha riconosciuto il merito al rivale di sempre, poi si è concesso una domenica in famiglia (a proposito, sua moglie ha annunciato l’arrivo di un altro figlio che arriverà la prossima estate) e adesso si starà rimboccando le maniche per le sfide del Nord. Del resto, se sei consapevole di aver fatto il massimo, perché dovresti starci male se un altro ti batte? Sul momento ti rode, quello è il tuo rivale di sempre, ma dopo deve passare per forza.

Alfredo Martini, che ne avrebbe avuto da insegnare ancora per anni, era solito dire che il grande rammarico viene fuori se sai di essere arrivato alla gara senza aver fatto tutto quello che serviva.

Van Aert e Pogacar hanno dato il massimo: c’è poco da recriminare. Da entrambi, complimenti a Van der Poel
Van Aert e Pogacar hanno dato il massimo: c’è poco da recriminare. Da entrambi, complimenti a Van der Poel

La cicala e la formica

Bartoli l’ha spiegato benissimo: probabilmente Van Aert è più forte, ma Van der Poel è più vincente. L’uno non può vincere ciò che vince l’altro e viceversa. Van Aert è la formica: vince, lavora per la squadra e non perde un colpo. L’altro è la cicala: sembra che dorma e quando si sveglia è capace di capolavori. Per cui forse, al di là di approfondire se Van Aert abbia fatto bene o meno a usare il monocorona, in casa Jumbo Visma una riflessione potrebbero farla sull’impiego del gigante belga.

Se è vero che entrambi si sono presi un mese senza gare dopo il mondiale di cross, resta il fatto che alla Tirreno, Van Aert ha tirato tanto per Roglic, mentre Van der Poel ha avuto il tempo e l’occasione per mettere a punto la gamba. A Sanremo, Van Aert era stanco, Van der Poel aveva ancora riserva.

Pensando al 2022, il belga ha corso per 48 giorni, raccogliendo 4.565 punti UCI. L’olandese ha corso per 49 giorni, prendendone però appena 2.028. Questo perché Van Aert è sempre in prima linea, a vincere (9 vittorie), lavorare e piazzarsi: ricordate che lavorone e quante fughe fece al Tour vinto con Vingegaard? Mentre l’altro, furbo e sornione, fa il suo e quando serve, piazza la botta (5 vittorie 2022, con il Fiandre).

Resta da chiedersi semmai, con gente del genere in circolazione (aggiungendo anche Pidcock a Pogacar, Van der Poel, Van Aert e Ganna) se e quando in corse come la Sanremo ci sarà spazio per gli altri.

Ritorno alla Sanremo: Modolo e la malinconia

19.03.2023
5 min
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Una stretta di mano e un abbraccio e ci accorgiamo subito che Modolo ha l’occhio lucido. Manca mezz’ora alla partenza della Sanremo e fra l’andirivieni attorno ai pullman, salta fuori questo profilo inatteso. Sacha è vestito come uno di noi, con i jeans e il piumino. La barbetta incolta e un’impellente voglia di scappare.

«Mi fa male stare qui in mezzo – dice – non credevo, ma è così. Devo andarmene. E’ passato troppo poco tempo…».

Poi si avvia verso altri pullman e altri incontri. Qualcuno lo riconosce, qualcuno ha occhi solo per i corridori, ma l’incontro ci rimane nella testa. E così ieri sera, dopo aver pubblicato l’ultimo pezzo, gli mandiamo un messaggio e lo chiamiamo.

Sacha Modolo è stato professionista dal 2010 al 2022 e ha smesso di correre dopo lo scorso Giro del Veneto, quando era ormai chiaro che l’allora Bardiani-CSF non gli avrebbe rinnovato il contratto.

Dopo la partenza, Modolo è rimasto ad Abbiategrasso per un caffè, poi è tornato a casa
Dopo la partenza, Modolo è rimasto ad Abbiategrasso per un caffè, poi è tornato a casa
Quanto ti è venuta l’idea di andare al via della Sanremo?

In realtà l’idea c’era già da un po’, perché adesso sto collaborando con Massimiliano Mori e Fabio Piccioli, anche se non ero ad Abbiategrasso proprio per lavoro. Ero là intanto per farmi rivedere un po’. E poi anche per vedere com’è l’ambiente da fuori. L’ho sempre vissuto da dentro, ero curioso…

Da quanto collabori con Massimiliano Mori?

Me lo hanno chiesto a fine dicembre, inizio gennaio, perché secondo loro sono adatto al ruolo. Io più che il procuratore vorrei aiutare i ragazzi della mia zona, non solo limitarmi a trovargli un contratto. Ecco, la mia idea sarebbe questa.

Stai cercando qualcosa da fare da grande?

Sì, perché è bello staccare per un mese, però poi ti ricordi che hai fatto una vita tra bici e valigie. E io dopo un po’ mi sono stufato e vorrei fare qualcosa. A casa non sto con le mani in mano, però sarei contento se riuscissi anche a rimanere nell’ambiente lavorando con i giovani. 

Modolo Lussemburgo 2021
L’ultima vittoria di Modolo risale al Giro del Lussemburgo del 2021, dopo tre anni di digiuno
Modolo Lussemburgo 2021
L’ultima vittoria di Modolo risale al Giro del Lussemburgo del 2021, dopo tre anni di digiuno
Che effetto ti ha fatto stamattina il raduno di partenza della Sanremo?

Brutto, onestamente. L’ho vissuta male, con un po’ di invidia, sono sincero, perché mi sarebbe piaciuto essere dall’altra parte. E’ bello quando la gente ti chiama e tu passi e ti fermi per la foto. Qualcuno mi ha riconosciuto ugualmente mentre passavo anche a piedi, però non è più la stessa cosa.

Anche perché la Sanremo è stata la corsa che ti ha fatto scoprire dal grande pubblico, no?

Eh sì, la corsa che ho amato e odiato. Quel quarto posto al primo anno da professionista, nel 2010, è stato un’arma a doppio taglio. Quando uno fa quarto così giovane, dicono: «Questo qua, la Sanremo la vince. Se non è il prossimo anno, sarà quello dopo». Invece il ciclismo per fortuna non è proprio matematica.

Ti è dispiaciuto che la Alpecin non ti abbia tenuto?

Abbastanza. A parte aver vinto anche io alla fine, mi ero ritagliato un posto come ultimo uomo e alla Vuelta l’avevo fatto anche bene. Non ho capito la loro scelta, ma sono rimasto in buoni rapporti. Li sento ancora, di recente ho parlato con Roodhooft. In effetti ci sono rimasto un po’ male, anche perché mi piaceva come squadra. Però non entro nel merito delle scelte, perché sono ponderate e i risultati gli danno ragione.

Sanremo 2010, primo anno da pro’ per Modolo, che si piazza quarto (a destra). Vince Freire
Sanremo 2010, primo anno da pro’ per Modolo, che si piazza quarto (a destra). Vince Freire
Quando la Sanremo è partita cosa hai fatto?

Sono rimasto ancora un po’ ad Abbiategrasso. Abbiamo bevuto un caffè insieme, poi si sono tornato a casa. Non so quando tornerò alla prossima corsa, anche perché è strano e la botta è ancora fresca. Soprattutto perché tanti colleghi che correvano con me sono ancora lì. Magari tra qualche anno, quando qualcuno di loro smetterà e arriveranno altri giovani, la vedrò in modo migliore.

La tua carriera sembra essere finita in Alpecin, cosa è successo lo scorso anno alla Bardiani?

Pensavo di andare di più, sono onesto. Probabilmente mi ero già ritagliato mentalmente e fisicamente quel ruolo da ultimo uomo, per cui tornare a fare il capitano non mi è riuscito bene. Forse non avevo neanche più la testa per esserlo. Allora da metà stagione ho provato a fare nuovamente l’ultimo uomo, ma era difficile.

Come mai?

In Alpecin, quando ero io l’ultimo uomo, davanti ne avevo minimo altri due che mi davano una mano, non ero da solo. Portare avanti Fiorelli non era semplice. Lo guidavo fino all’ultimo chilometro, ma non riuscivo a lanciargli anche la volata. Un po’ mi sono perso, ma alla fine ci sta. Mi è dispiaciuto. Avrei voluto fare anche un po’ di più per Reverberi. Tornare con una vittoria sarebbe stato bello. 

Lo scorso anno, Modolo è tornato con Reverberi che lo aveva fatto passare pro’
Lo scorso anno, Modolo è tornato con Reverberi che lo aveva fatto passare pro’
A casa come hanno commentato questa tua giornata in visita?

Il periodo è stato duro anche per mia moglie. Si è andata a mettere sulla Cipressa e mi ha detto che quando li ha visti passare, sapere che io non fossi lì in mezzo è stato brutto. Anche perché non l’abbiamo deciso noi di smettere. Onestamente avrei continuato un anno, anche due. E se anche lo avessi deciso io, comunque non sarebbe stato facile dopo una vita.  

Ti trovi bene in questo nuovo ruolo?

Mi piacerebbe soprattutto aiutare i giovani. Purtroppo in Italia, non avendo grandi squadre, il riferimento è la Bardiani. Ma Reverberi non può prendere 20 corridori all’anno, quindi secondo me stiamo perdendo tanti atleti. Ne ho visti tanti che da dilettante non erano chissà cosa e poi hanno fatto la loro carriera di 10-15 anni tra i pro’. Stiamo perdendo atleti che potrebbero trovare posto in gruppo.

A Van Aert è mancato poco. E forse quel 52…

19.03.2023
4 min
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Un po’ come Pogacar ieri, anche Wout Van Aert sembra fare “buon viso a cattivo gioco”. Si dichiara non dispiaciuto di come è andata la sua Milano-Sanremo e si complimenta con l’eterno rivale Van der Poel.

La verità è che la Classicissima della Jumbo-Visma, la squadra più attesa, non è stata affatto facile. Più volte hanno avuto qualche incidente di percorso, ma tutto sommato sono sempre rimasti dove volevano. E alla fine la differenza l’hanno fatta le gambe. E poi c’è quel quid che riguarda il monocorona da 52 denti che tanto fa discutere.

Van Aert e Pogacar stanchi dopo l’arrivo di Sanremo. Hanno dato tutto
Van Aert e Pogacar stanchi dopo l’arrivo di Sanremo. Hanno dato tutto

Nessun rimpianto

«Non ho nessun rimpianto – ha detto Van Aert dopo l’arrivo – Mathieu ha dimostrato a tutti di essere stato fortissimo. E’ stata una Sanremo velocissima, anche se la Cipressa è stata più facile del previsto, quindi sul Poggio c’erano più persone. E la corsa alla fine si è fatta tutta lì».

«Siamo rimasti in quattro, tutti corridori molto forti e tutti abbiamo corso per vincere. Ed è quello che ha fatto anche Mathieu. Lui è stato intelligente. Bisognava chiudere subito quel buco, ma io ero ero a tutta quando ha attaccato Pogacar.

«Semmai sono rimasto sorpreso dal fatto che Mathieu avesse ancora qualcosa nelle gambe. In discesa ho provato a chiudere, ma sapevo che al massimo saremmo potuti scendere alla stessa velocità. Poi una volta entrati a Sanremo, all’ultimo chilometro, ci siamo giocati il secondo posto. Ma si sapeva, è normale. E’ stata una bella gara, una bella battaglia».

Wout dice di non essere deluso, ma poi aggiunge anche: «Mathieu è andato via al momento giusto. Io non mi pento di come ho corso – quasi a giustificarsi – Questa gara mi piace. È la quinta volta che la faccio e sono sempre stato nella top 10. Devo provare a rivincerla».

Richard Plugge, grande capo della Jumbo-Visma
Richard Plugge, grande capo della Jumbo-Visma

Parla Plugge

E di tattica in qualche modo ci ha parlato anche il grande capo della Jumbo-Visma, Richard Plugge. Nella zona dei bus il general manager ha detto: «Erano rimasti in quattro, i più forti di oggi ed era più o meno quello che ci aspettavamo. Van der Poel è stato molto intelligente.

«Si sapeva in anticipo che qualcuno sarebbe scattato lì, ma servivano le gambe. Non è facile e Wout aveva speso tanto per chiudere su Pogacar… con Van der Poel a ruota».

«Siamo stati anche un po’ sfortunati. Abbiamo avuto qualche guaio di troppo. Avremmo potuto utilizzare meglio Jan Tratnik nel finale, ma è caduto (prima della Cipressa, ndr). Alla fine per me ottenere un podio in una classica monumento va bene».

E il fatto di spingere di più sulla Cipressa lo ha confermato anche il diesse, Grischa Niermann. L’assenza di Tratnik non ha scombussolato del tutto i piani, ma ha inciso.

E se fosse stata questa scelta, il monocorona, ad aver deciso la Sanremo di Van Aert?
E se fosse stata questa scelta, il monocorona, ad aver deciso la Sanremo di Van Aert?

Persa in partenza?

E così la corsa dei giallo-neri è stata molto meno semplice di quel che si possa pensare. Però è anche vero che Van der Poel nel finale non aveva tutti questi compagni e anche la UAE Emirates non aveva lavorato al meglio sulla Cipressa. Pertanto la domanda, e le riflessioni, da farsi riguardano proprio il famoso monocorona da 52 denti che ha utilizzato Van Aert.

Che quel rapporto lo abbia “cotto a fuoco lento”? Che lo abbia logorato nei quasi 300 chilometri da Milano a Sanremo? O, analisi ancora più tecnica, che il 52 sul Poggio a quelle velocità forse è “poco” per rispondere a certi attacchi? Non che in una corsa del genere si utilizzi così spesso il 39 o il 40, ma va da sé che con il 52 quando si va forte, e alla Sanremo capita praticamente per 270 chilometri, per forza di cosa si va a cercare un pignone posteriore più duro. A rafforzare questa ipotesi, consideriamo anche che Van Aert, il quale a volte si getta persino nelle volate di gruppo, ha perso lo sprint con Ganna.

Dubbi che lo stesso Plugge non smentisce. Con la tipica lucidità di chi lavora con i numeri, alla domanda se Van Aert rifarebbe questa scelta lui replica così: «Bisognerebbe chiederlo a Wout, ma come vedete sono appena sceso dalla macchina e ancora ci devo parlare. E’ una cosa che analizzeremo».