Parigi-Nizza, si parte. Chi fermerà Vingegaard?

09.03.2025
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«Ricordo la mia prima partecipazione nel 2023. Ho molti ricordi – ha detto ieri Vingegaard nella conferenza stampa di vigilia alla Parigi-Nizza – alcuni belli e alcuni brutti. Ero venuto per vincere, invece arrivai terzo, quindi rimasi un po’ deluso. Non si può sempre vincere, ma sono tornato per farlo. Dovrò stare al coperto nelle prime tappe, senza perdere tempo. Poi potremo guadagnare nella cronometro a squadre e pure il giorno dopo alla Loge des Gardes, cinque minuti di salita dura. Poi restano le ultime due tappe, che saranno davvero impegnative».

La Parigi-Nizza parte oggi e si concluderà domenica prossima: 1.212,6 chilometri con dislivello complessivo di 15.863 metri
La Parigi-Nizza parte oggi e si concluderà domenica prossima: 1.212,6 chilometri con dislivello complessivo di 15.863 metri

Il parco dei pretendenti

Parte oggi la corsa francese, con un giorno di vantaggio sulla Tirreno-Adriatico che scatterà domani. Nel complesso e singolare intreccio dei calendari, senza Tadej Pogacar e Remco Evenepoel, chi potrà impedire a Jonas Vingegaard di portarla a casa?

Lo scorso anno il danese vinse la Tirreno-Adriatico, con disarmante superiorità. Al giorno d’oggi, sono solo quattro i corridori – fra classiche e Giri – in grado di staccare in modo significativo il resto del gruppo e produrre differenza evidenti. Uno è il danese, l’altro è Pogacar, poi ci sono Evenepoel e Van der Poel. Per questo, senza imprevisti, è immediato inserire Vingegaard tra i favoriti della corsa francese. Anche perché il vincitore 2024, Matteo Jorgenson, correrà al suo fianco ed è intuibile che sarà chiamato ad aiutarlo.

Contro di loro, il campo dei partenti è solido, ma non irresistibile. La Soudal-Quick Step schiera Schachmann che ha vinto la corsa per due volte. La UAE Emirates avrà Almeida e assieme a lui Sivakov e McNulty. La Red Bull-Bora si affida a Vlasov. La Jayco-AlUla schiera O’Connor, secondo nel 2024 alla Vuelta e al mondiale. Infine la Bahrain Victorious ripropone la coppia Buitrago-Martinez.

Mentre Vingegaard vinceva la Tirreno 2024, Jorgenson conquistava la Parigi-Nizza
Mentre Vingegaard vinceva la Tirreno 2024, Jorgenson conquistava la Parigi-Nizza

Il punto dopo l’Algarve

Vingegaard si presenta al via della Parigi-Nizza cercando di mettere a punto la condizione dopo il debutto a mezze tinte della Volta ao Algarve, vinta grazie alla crono, ma faticando più del previsto in salita.

«In Portogallo abbiamo imparato molte cose – ha proseguito Vingegaard – soprattutto riguardo al primo arrivo in salita, che per me non ha funzionato. Abbiamo provato a capire di cosa si trattasse per provare a fare di meglio. Qui avrò anche una squadra molto forte, mentre in Algarve ero da solo e per questo mi sono ritrovato in una posizione difficile. Da allora ho recuperato. Ho fatto buoni allenamenti a casa. La forma è abbastanza buona, non sono ancora stato in altura per cui non sono nella forma migliore, ma neanche male. Spero di aver guadagnato qualche punto percentuale rispetto all’Algarve».

Sull’arrivo di La Loge des Gardes nel 2023 il duello tra Pogacar e Vingegaard si risolse a favore dello sloveno
Sull’arrivo di La Loge des Gardes nel 2023 il duello tra Pogacar e Vingegaard si risolse a favore dello sloveno

Otto tappe impegnative

La Parigi-Nizza ha otto tappe, come ha accennato Vingegaard. Parte da Le Perray en Yvelines e si concluderà domenica prossima a Nizza. Dopo le prime due giornate destinate ai velocisti e la veloce cronosquadre della terza, il primo scossone alla classifica verrà il quarto giorno, con l’arrivo in salita di La Loge des Gardes. E’ il luogo in cui nel 2023 Pogacar piegò per la prima volta Vingegaard, vincendo la tappa.

L’indomani, la tappa di La Cote Saint André ripropone un profilo da classica delle Ardenne, che precede il sesto giorno (nervoso) di Berre l’Etang. C’è poi l’arrivo in salita ad Auron il settimo giorno, dopo aver scalato la Colmiane. Infine l’ottava tappa si conclude a Nizza dopo quattro salite e il Col de Quatre Chemins a 9 chilometri dall’arrivo.

Il computo totale parla di 1.212,6 chilometri con dislivello complessivo di 15.863 metri e 28 gran premi della montagna.

Dopo l’Algarve, Vingegaard sarà alla Parigi-Nizza con un super squadrone
Dopo l’Algarve, Vingegaard sarà alla Parigi-Nizza con un super squadrone

Il calendario di Vingegaard

Dopo aver raccontato a Eurosport lo stato disastroso in cui si è ritrovato lo scorso anno dopo la caduta al Giro dei Paesi Baschi, il danese ha spiegato come il suo livello al Tour de France non potesse essere accettabile. Perciò da allora si è rimboccato le maniche, pensando alla rivincita contro Pogacar. Anche a costo di snobbare le classiche e le corse sulle quali lo sloveno sta costruendo invece la sua leggenda.

«Abbiamo visto che le corse a tappe mi si addicono molto bene – ha detto Vingegaard – quindi sono più propenso a quelle che alle gare di un giorno. L’anno scorso ho vinto la Tirreno-Adriatico, quindi la cosa più normale è puntare alla Parigi-Nizza, per fare qualcosa un po’ diverso dagli ultimi anni. Vorrei vincere quante più gare a tappe WorldTour possibili e la Parigi-Nizza è la più grande, al di fuori dei Grandi Giri.

«Qui correremo con due leader, Jorgenson e il sottoscritto. Con lui ho un ottimo rapporto, sarei felice se vincesse. Non sono così egoista da pensare soltanto a me stesso. Sarò felice di sacrificarmi se lui sarà nelle condizioni di vincere, oppure se sarà il più forte e avrà la possibilità di vincere. E sono certo che sarà lo stesso anche al contrario, se sarò io a meritare. Su questo siamo uguali».

Un anno difficile per la Visma, Niermann non si nasconde

19.10.2024
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Stagione in chiusura, quindi è già tempo di bilanci e quello della Visma-Lease a Bike è un po’ difficile da fare. Si fosse trattato di qualsiasi altro team (certo, Uae a parte…) staremmo qui a parlare di stagione da incorniciare con oltre 30 vittorie, ma nel caso dello squadrone olandese è chiaro che le aspettative erano altre. Soprattutto facendo il confronto con lo scorso anno, quello del “triplete” nei Grandi Giri.

Il tedesco Grischa Niermann (a sinistra), uno dei direttori sportivi del team olandese
Il tedesco Grischa Niermann, uno dei direttori sportivi del team olandese

E’ stata un’annata difficile, costellata di infortuni e lunghe assenze come quelle di Vingegaard e Van Aert. E che si chiude con l’addio di Merijn Zeeman, il direttore tecnico che dal primo ottobre ha lasciato l’incarico e tutto l’ambiente ciclistico, attirato da un ricco contratto calcistico. Di tutto questo abbiamo parlato con uno dei suoi assistenti, il tedesco Grischa Niermann, pronto ad accettare anche qualche domanda forse poco piacevole.

Come giudichi il bilancio della squadra soprattutto rispetto ai trionfi dello scorso anno?

Penso che sia chiaro che l’anno scorso abbiamo avuto molto, molto successo. Sapevamo già che non sarebbe stato possibile ripetersi a quei livelli, vincere tutti e tre i Grandi Giri in un anno è un’impresa che resterà nella storia. E’ chiaro che quando ci confrontiamo con l’anno scorso, non è un bilancio buono, ma abbiamo avuto un sacco di sfortuna. Io preferisco guardare alle cose positive e penso che abbiamo avuto successo in primavera quando abbiamo ottenuto molte vittorie. Inoltre il Tour de France con il secondo posto di Vingegaard, per come è arrivato e quel che l’aveva preceduto, è motivo di orgoglio. Noi abbiamo fatto il massimo possibile.

Vingegaard stava andando come un treno in primavera, prima dell’incidente nei Paesi Baschi
Vingegaard stava andando come un treno in primavera, prima dell’incidente nei Paesi Baschi
Trentadue vittorie, è un bilancio che vi soddisfa?

No, siamo delusi, sono sincero, soprattutto perché abbiamo avuto così tanti corridori che sono caduti in maniera rovinosa e sono stati fuori per molto tempo e questo di sicuro ci ha ostacolato.

Nell’andamento e nella gestione del team ha pesato di più la lunga assenza di Van Aert o quella di Vingegaard?

Entrambe. Quando i tuoi due corridori stellari cadono e sai che saranno fuori per molto tempo, non hai molto a cui appigliarti. Perdi un po’ il morale perché sai che questi sono i ragazzi che vanno alle gare per vincere davvero, i finalizzatori di tutto il lavoro. Abbiamo più corridori che possono vincere, ma ovviamente ad esempio se cade Van Aert che era programmato per fare il Giro, per andarci insieme a Kooji, ti lascia un bel vuoto. Non è mai un bene se qualcuno cade. Ma se i tuoi due migliori corridori cadono e restano fuori per molto tempo, ovviamente ha un grande effetto su tutta la squadra.

La rovinosa caduta di Van Aert alla Vuelta, ennesima di una stagione sfortunata
La rovinosa caduta di Van Aert alla Vuelta, ennesima di una stagione sfortunata
Secondo la vostra opinione, Vingegaard senza il grave infortunio all’Itzulia Basque Country avrebbe potuto battere Pogacar?

E’ davvero difficile dirlo. Dobbiamo ammettere che Pogacar ha forse avuto la migliore stagione di sempre ed è stato quasi imbattibile quest’anno. La tappa 11 del Tour è stata l’unica volta quest’anno in cui lo sloveno ha realmente pagato dazio. Noi dobbiamo lavorare molto per cercare di colmare di nuovo il divario con lui. Jonas è arrivato al Tour non nella condizione migliore visto quel che era successo, aveva anche molta pressione addosso, eppure ha avuto un ottimo livello. E questo ci fa ben sperare.

Van Aert per il pieno recupero in vista della prossima stagione farà comunque gare di ciclocross?

Sì, vorremmo farlo. Ma ovviamente il recupero e il raggiungimento della piena forma fisica e il pieno movimento delle gambe con l’infortunio sono la priorità e dobbiamo vedere e osservare come andrà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi prima di prendere quella decisione.

A destra Brennan, talentuosissimo britannico, terzo al GP di Vallonia
A destra Brennan, talentuosissimo britannico, terzo al GP di Vallonia
Molti hanno sottolineato come la squadra non abbia centrato neanche una top 10 nelle classiche monumento. Secondo te è solo un dato statistico o la Visma sta diventando sempre più una squadra più forte nelle corse a tappe?

Penso che quello su cui ci concentriamo siano soprattutto le corse a tappe vista la conformazione della squadra, ma volevamo davvero fare bene nelle classiche, specialmente in quelle del Nord. Quello era uno dei nostri obiettivi. Ma Wout non c’era. Anche Laporte si è infortunato e anche la sua assenza è pesata. E’ un brutto risultato statistico dover dire che non hai neanche un piazzamento. Non è quello che volevamo.

Come si sono inseriti i giovani nel vostro team, quanti del devo team saliranno nella squadra maggiore?

Ne passeranno 4: gli olandesi Graat e Huising, il britannico Brennan e il norvegese Nordhagen, che hanno già fatto esperienze quest’anno nel team maggiore dimostrando avere grande talento, soprattutto Brennan, solo 19 anni. Noi stiamo guardando con grande attenzione a quanto avviene nel devo team, per sviluppare i nostri talenti e penso che i ragazzi arrivino pronti alla massima serie.

Il norvegese Nordhagen sarà uno dei 4 giovani del devo team ad accedere alla squadra WT nel 2025

Il norvegese Nordhagen sarà uno dei 4 giovani del devo team ad accedere alla squadra WT nel 2025
Dal devo team che informazioni avete avuto a proposito della stagione dei due italiani, Belletta e Mattio?

Belletta ha avuto un brutto incidente che lo ha tenuto fuori per molto tempo in estate. Ma entrambi si stanno sviluppando bene, diciamo che sono esattamente nel punto dove ci aspettavamo che fossero, ottengono buoni risultati e sono buoni componenti la squadra. Siamo davvero contenti di loro e di come si comportano.

C’è qualcuno del team che vi ha sorpreso positivamente per il suo rendimento?

Beh, il primo nome che viene in mente è Matteo Jorgenson, crediamo davvero che sia un corridore molto talentuoso, ha anche vinto molto, con Parigi-Nizza e Attraverso le Fiandre come fiori all’occhiello. Ma penso anche a Edo Affini. E’ un grande valore per la nostra squadra già da anni, ma ora finalmente con il campionato europeo e la medaglia di bronzo al campionato del mondo, ottiene un po’ la ricompensa per se stesso.

Uno dei sorrisi in casa Visma, la vittoria di Jorgenson alla Dwars door Vlaanderen
Uno dei sorrisi in casa Visma, la vittoria di Jorgenson alla Dwars door Vlaanderen
Per il prossimo anno quali saranno i principali obiettivo del team e c’è un’alternativa a Vingegaard per la classifica dei Grandi Giri?

Abbiamo preso Simon Yates con questo scopo, perché è uno che ha già vinto un Grand Tour e sa come si fa. Presto faremo i nostri piani, ne discuteremo già la prossima settimana, ma è chiaro che i Grandi Giri saranno il nostro target, il Tour de France in particolare. Ma ora abbiamo un obiettivo in più: riscattarci nelle classiche Monumento. Questo è in testa alla nostra lista dei desideri.

Il poker di Pogacar, puntuale come una promessa

19.07.2024
7 min
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ISOLA 2000 (Francia) – La spallata più decisa nel giorno da cui, in teoria, sarebbe dovuto partire il riscatto. Ci sono dichiarazioni che si fanno per onorare la corsa e quelle di cui sei davvero convinto. E forse alla Visma-Leasa a Bike sapevano da almeno due giorni – dallo scatto di Evenepoel a Superdevoluy – che Vingegaard non fosse all’altezza del compito. Il continuare a rimandare appellandosi alla presunta crescita oggi ha impattato contro il muro giallo di Pogacar, in una giornata in cui nel team olandese si era pensato a un attacco più per forma che per convinzione. La presenza di Jorgenson là davanti e il suo rammarico finale dicono chiaramente che, nonostante una finestra aperta, si fosse partiti per vincere la tappa, lasciando dietro il capitano con scelta piuttosto rischiosa.

«In teoria non dovrei essere così deluso – dice Jorgenson, secondo all’arrivo – ma ci sono andato così vicino… Sento che io e il Tour de France abbiamo un pessimo rapporto. Io do il massimo, ma non ottengo niente. Negli ultimi 10 chilometri pensavo alle mie gambe, non agli altri. Cercavo di fare il massimo sforzo possibile, finché negli ultimi tre ho sentito che stava arrivando Pogacar ed ho avuto una brutta sensazione. Quando mi ha superato, mentalmente sapevo che anche se fossi rimasto alla sua ruota, mi avrebbe battuto ugualmente.

«Quindi sono deluso, anche per una giornata che non è andata come volevamo. Inizialmente dovevamo essere dei riferimenti per Jonas. Poi via radio ci hanno dato via libera di concentrarci sulla tappa. Devo dire grazie a Kelderman, altruista e un ottimo compagno di squadra. Poteva correre per sé, invece ha lavorato per me senza fare domande. Entrare nella fuga è sempre uno sforzo, ma senza quei quattro minuti, non avremmo avuto la possibilità di arrivare prima del gruppo. E’ stato uno sforzo necessario».

Jorgenson, qui con Carapaz (più combattivo di tappa), ha chiuso secondo a 21 secondi
Jorgenson, qui con Carapaz (più combattivo di tappa), ha chiuso secondo a 21 secondi

Una squadra pazzesca

Pogacar ha gestito la tappa con una sicurezza infinita, avendo intorno tutta la squadra. Di solito in una tappa come questa, sull’ultima salita i primi della classe hanno attorno un paio di uomini, mentre gli altri sono sparpargliati fra discese e salite. Il UAE Team Emirates ha puntato Isola 2000 tutto compatto, perdendo appena Politt, che pure ha tirato come un fabbro. Il cielo qua in cima è velato, si suda anche a stare fermi, anche se qualche folata d’aria a tratti rimette le cose in pari.

«Ho vinto la tappa regina del Tour de France – ansima Pogacar in maglia gialla – e posso confermare che la Bonette è davvero spaventosa da fare in gara. In allenamento è davvero bella perché puoi saltare l’ultimo chilometro, ma lo stesso sono super felice di aver avuto buone gambe. Siamo stati qui ad allenarci per un mese intero tra Giro e Tour, è stato un periodo difficile. Non sono mai giornate facili, perché ogni giorno bisogna rifare la salita, per questo la conoscevo bene. Questo ci ha permesso di fare la strategia che volevamo. Ne avevamo parlato già durante il nostro ritiro ed è incredibile che l’abbiamo fatta esattamente come avevamo detto. Sono scattato nel punto che avevamo indicato, è stato davvero perfetto al 100 per cento».

L’attacco (sfumato) di Jonas

Eppure i due uomini Visma in fuga per qualche chilometro hanno creato apprensione o comunque un sottile strato di allerta nell’ammiraglia e nel gruppo in gara. Vingegaard vuole attaccare? Perché è vero che la classifica è ormai tutta scritta, ma se uno t’ha staccato malamente come il danese negli ultimi due anni, il ricordo genera sempre timore.

«Ho pensato che Jonas volesse provarci sulla Bonette – dice Pogacar – questo è stato il mio pensiero iniziale. Ma davanti stavano andando davvero molto forte, non sembrava stessero aspettando qualcuno che attaccava. E quando abbiamo capito che puntavano alla tappa, ci siamo un po’ tranquillizzati. Devo dire però che non è stata facile come potrebbe sembrare. Nell’ultimo chilometro mi sono voltato spesso. Ho speso tanto per riprendere Carapaz e Simon Yates. Quando mi hanno detto che anche Matteo (Jorgenson, ndr) stava perdendo un po’ di smalto, ho provato a superarlo di slancio e lì mi sono ucciso le gambe. Così ho cominciato a pensare che forse sarebbe rientrato e mi sarebbe scattato in faccia o qualcosa del genere, perché indubbiamente oggi è andato davvero forte…».

Per Vingegaard all’arrivo l’abbraccio di sua moglie Trine Marie
Per Vingegaard all’arrivo l’abbraccio di sua moglie Trine Marie

La resa del re

Jonas ha abbracciato sua moglie Trina Marie e in quella stretta ha sfogato tutto lo stress di tre settimane cercando di ritrovare se stesso anche quando tutto diceva che sarebbe stato impossibile. Ed è la prima volta che parla di quel che gli successo, avendo evitato per tutto il Tour di usarlo come scusa.

«Ho capito di dover semplicemente lottare per qualcos’altro – dice – ed è quello che ho fatto. Non sono così deluso, perché ho ben chiara la storia degli ultimi 3 mesi. Ho lottato per quasi tre settimane e ora probabilmente possiamo dire che è quasi finita e probabilmente non vincerò. Penso ancora che posso essere orgoglioso di come abbiamo corso e di come ho corso io per primo. La vittoria ormai non c’è più, ecco come stanno le cose: devo accettarlo. Invece Tadej la merita, è andato fortissimo. Io non ero al mio livello normale, tanto che mi sono messo dietro a Remco quando ho capito che vuole il mio secondo posto. Ho cambiato tattica dopo Superdevoluy, accettando anche di non scattare per toglierlo di ruota, altrimenti avrei finito per perdere il secondo posto. Ho detto per tre settimane che volevo correre per vincere, ma quando ti rendi conto che è del tutto impossibile, allora forse è anche meglio lottare per un obiettivo ragionevole».

Vingegaard è certo che domani Evenepoel darà l’attacco alla seconda posizione
Vingegaard è certo che domani Evenepoel darà l’attacco alla seconda posizione

Il pericolo Evenepoel

Ma il Tour non è finito. Evenepoel ha fiutato il suo… dolore e sa che fra domani e domenica nella crono può riuscire nel sorpasso. E così da cacciatore, sia pure ferito, ora Vingegaard si ritrova nei panni della preda. Ugualmente ferita, pertanto più fragile.

«Adesso vado in albergo – dice – e poi domani spero di avere gambe migliori. So che sarò attaccato, quindi nei prossimi due giorni non mi resta che dare tutto quello che ho. Mi aspetto che Remco vada per il secondo posto, lo farei anche io se fossi al posto suo. Per cui mi metterò alla sua ruota e la squadra mi darà una mano per controllarlo. Ma adesso lasciatemi andare, il viaggio è ancora lungo».

Novanta chilometri, per l’esattezza, fino all’hotel di Nizza da cui domani partirà la ventesima tappa. Un lungo trasferimento, come i tanti di questo Tour. Mentre noi ci mettiamo a scrivere le sue parole, aspettando il momento giusto per riprendere la strada.

La Bonette, il valico più alto d’Europa: lo scollinamento è a quota 2.802
La Bonette, il valico più alto d’Europa: lo scollinamento è a quota 2.802

Domani senza fretta

Si potrà scrivere la parola fine sotto questo Tour de France? Il sorriso con cui Pogacar racconta la sua ennesima impresa ti fa capire che è davvero contento della conquista e per niente annoiato per la superiorità. Sta accadendo quel che abbiamo già visto al Giro e anche se lo strapotere sembra eccessivo, perché mai dovrebbe rallentare?

«Ho guadagnato ancora 1’42” su Jonas e Remco – dice – la situazione sembra più bella che mai. Sono felice perché domani potrò godermi la tappa. Magari lasceremo andare la fuga e ci godremo le strade su cui ci siamo allenati. Speriamo che non accada nulla. Questo Tour è stato davvero sorprendente per le vittorie di tappa. Diciamo che quest’anno ho bilanciato il conto rispetto alle due che ho vinto l’anno scorso. Posso dire che marcio al ritmo di tre tappe per Tour, il che è pazzesco e mi rende davvero orgoglioso».

Ballerini, Cavendish e Cees Bol sono stati gli ultimi tre ad arrivare: distacco di 43’46”, tempo massimo di 48’49”
Ballerini, Cavendish (con loro anche Cees Bol) sono stati gli ultimi tre ad arrivare: distacco di 43’46”, tempo massimo di 48’49”

Qualcuno crede che domani, sulle strade di ogni giorno, rinuncerà a vincere ancora? Con Isola 2000 è arrivato a quota 15 tappe vinte. Come dire che al ritmo di tre vittorie all’anno, fra sette Tour potrebbe battere il record di Cavendish, facendolo però con lo stile di Merckx. Eppure sette anni in questo ciclismo così veloce sono lunghi come un’era geologica. Forse per questo fa bene a godersi un passo alla volta e anche a non andare alla Vuelta, lasciandosi la porta per altri stimoli. Le carriere restano lunghe se si sceglie di non bruciare tutto e subito.

Roglic thrilling. Jorgenson lo fa soffrire ma il Delfinato è suo

09.06.2024
5 min
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Crisi di fame? Dolori postumi delle varie cadute? Giornata no? Alla fine Primoz Roglic ha salvato il Criterium du Dauphiné per soli 8”, quando invece sembrava una passeggiata. Una giornata thrilling lo sloveno la deve mettere sempre nei suoi cammini, anche quando trionfa. E così è stato oggi verso Plateau des Glieres.

Anche se questa volta sembra più probabile un errore di alimentazione o d’idratazione pre o durante la tappa. E’ solo una supposizione sia chiaro, ma ci sembra improbabile che da un giorno all’altro la squadra più forte veda tutti e tre i suoi migliori uomini in difficoltà o comunque meno brillanti.

Hindley, Vlasov e poi Roglic che prima dominavano all’improvviso non sono i più forti? Okay, se fosse successo ad uno, ma a tre su tre, ci sembra parecchio. E se è davvero così, Roglic può dormire sonni tranquilli.

Roglic ottimista

Il capitano della Bora-Hansgrohe è parso comunque sereno. Di certo era felice per aver portato a casa una gara per la quale la sua squadra aveva lavorato molto.

«Ho avuto sicuramente un momento difficile oggi – ha detto Primoz dopo il traguardo – ma non credete che nei giorni scorsi sia stato tanto diverso. È stata un’edizione del Delfinato dura con tutte le salite e le cadute. Cosa è successo oggi? Penso di essere solo stanco dopo questi giorni in montagna e così gli altri sono riusciti ad essere più veloci di me». Il che può anche starci se la si guarda in un quadro più generale della preparazione.

«Voglio godermi il momento perché in queste condizioni non si vincono gare tutti i giorni. Avevamo bisogno di questa vittoria dopo tanto lavoro. Con la squadra ci stiamo conoscendo ogni giorno di più. L’ambiente è buono. Questo successo fa piacere e certamente dà fiducia, ma vincere il Delfinato è una cosa, vincere il Tour de France è un’altra».

Di buono c’è che Roglic non è andato nel panico. Si è staccato un filo prima di quanto non avesse potuto tenere. Per sua stessa ammissione Roglic ha detto che conosceva i distacchi dei due là davanti e in qualche modo si è gestito, soprattutto fin quando li ha avuti a vista d’occhio. Ma otto secondi sono maledetti pochi da gestire.

Matteo Jorgenson (classe 1999) andrà al Tour con grosse opportunità
Matteo Jorgenson (classe 1999) andrà al Tour con grosse opportunità

Attenti a Jorgenson

L’altra notizia che arriva dalla Francia è che la Visma-Lease a Bike ha ufficialmente pronto il “Piano B” qualora Jonas Vingegaard non dovesse esserci o non mostrarsi al top. Un piano a stelle strisce, di nome Matteo Jorgenson. Magari il talento californiano non sarà ancora all’altezza di un Pogacar, ma di certo potrà lottare per qualcosa d’importante.

Jorgenson ha mostrato una grande solidità tecnica, fisica e mentale in questa stagione. Alla fine si è ritrovato a fare il capitano in corse importanti, senza fare la minima piega. Ha vinto la Parigi-Nizza, ha lottato nelle classiche e a crono è quello messo meglio di tutti in assoluto tra gli uomini di classifica. E’ paragonabile a specialisti come Ganna o Kung.

E poi in salita oggi ha colpito la sua tenuta sul cambio di ritmo feroce di De Plus. Jorgenson non è piccolo. Se tiene queste “botte” e poi ha la possibilità di mettersi di passo è un problema grosso… per gli altri.

Quello stesso cambio di ritmo che prima di mettere in difficoltà, ha sorpreso Roglic. 

E ora Tour

Tutti gli uomini di classifica dicono che sono in fase di crescita, che gli manca qualcosa… e c’è da credergli, ma più o meno i valori sono questi. In tre settimane si può cambiare poco. Carlos Rodriguez è migliorato giorno dopo giorno in questo Definato e lui sicuramente al Tour si vorrà giocare il podio. Lo spagnolo è sostanza pura. Alla distanza esce sempre.

Capitolo Giulio Ciccone. L’abruzzese era quello con meno giorni di corsa nelle gambe. Come ci aveva detto, questo era il primo appuntamento al quale era arrivato davvero preparato. Ha chiuso ottavo a 2’54” da Roglic. Se pensiamo che 2’33” di quel distacco lo ha preso a crono, possiamo dire che se l’è cavata benone. Magari lui è il più fresco del lotto e se Tao Geoghegan Hart non dovesse andare come si aspettano, in casa Lidl-Trek potrebbe essere lui il leader alla Grande Boucle.

Persino Remco Evenepoel, parso non tiratissimo, fa parte della schiera di chi si è dichiarato in crescita: «Sono decisamente migliorato questa settimana. E’ bello finire così. Considerando che sono forse all’85 per cento della mia forma, direi che va bene. Ho vinto una tappa, sono riuscito a stare a lungo con i migliori scalatori e le discese sono andate bene, quindi tutto è stato positivo in vista del Tour… che non vedo l’ora di affrontare».

Fiandre, quale clima in casa Visma? «Siamo tristi ma lotteremo»

29.03.2024
6 min
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GENT (Belgio) – Tra pochi minuti andrà in scena la partita della “serie A” belga fra il KAA Gent e gli ospiti dello Standard Liegi, in una sorta di Fiandre contro Vallonia. Noi ciclisti diremmo Fiandre contro Ardenne. Ed è proprio qui, nella Ghelamco Arena, lo stadio che ospita questo match, che la Visma-Lease a Bike ha tenuto la conferenza stampa in vista del Giro delle Fiandre.

Marianne Vos sembra l’unico raggio di sole in questo momento per la Visma – Lease a Bike. Qui la sua vittoria alla Dwars door Vlaanderen
Vos sembra l’unico raggio di sole in questo momento per la Visma – Lease a Bike. Qui la sua vittoria a Waregem

Prima le donne

Tutto è molto maestoso. Ci si attendeva un clima ben più festoso, ma le fratture di Wout Van Aert hanno dannatamente appesantito tutto.

Non è però così per le donne, almeno sembra. Per fortuna Marianne Vos porta leggerezza e sorrisi. La campionessa olandese è tornata a ruggire come non si vedeva da un po’. Lei stessa ha parlato di un bel momento. E’ tornata sul discorso dell’operazione alle gambe che quasi poteva fermare la sua carriera e ha guardato avanti.

«Ho deciso – ha detto Marianne – da un momento dall’altro di riprendere, di buttarmi. Mi sento bene, non vedo l’ora che arrivi domenica. Il Fiandre è un obiettivo per molte. E’ chiaro però che rispetto alla Dwars door Vlaanderen è un’altra corsa».

Domenica Marianne potrebbe tornare a vincere la Ronde dopo 11 anni. Sarebbe un record. Al suo fianco c’era anche Fem Van Empel. Loro due sono l’osso duro della Visma in rosa.

Zeeman e Niermann durante la conferenza stampa presso lo stadio del KAA Gent
Zeeman e Niermann durante la conferenza stampa presso lo stadio del KAA Gent

Van Aert al centro

Qualche minuto dopo ecco entrare il capo dei tecnici dei gialloneri, Meerijn Zeeman. Si presenta in compagnia di un altro diesse, Grischa Niermann.

La domanda sostanzialmente è una: come cambierà la corsa della Visma – Lease a Bike senza Van Aert? Rispondere non è facile. Alla fine, gira che ti rigira si parla sempre di Van Aert, nonostante Matteo Jorgenson si sia portato a casa la Dwars door Vlaanderen, l’ultima corsa che precede la Ronde. Addirittura a Zeeman si chiede del Giro d’Italia: se Wout ci sarà o meno.

«Siamo tristi – ha detto Zeeman – ma già abbiamo vissuto momenti così. Ricordiamo quando Primoz Roglic cadde al Tour de France. In quel momento pensavamo fosse tutto finito e invece riuscimmo a portare a casa il secondo posto con Jonas Vingegaard. Io vedo sette ragazzi molto motivati per domenica.

«Abbiamo un mix di sentimenti. C’è il nostro capitano in ospedale ed altri ragazzi qui pronti a lottare. Cosa possiamo fare se non cercare di fare un buon piano per domenica e anche per la Roubaix. Ma come ho detto non è la prima volta che subiamo incidenti duri».

Zeeman non si sbilancia sul Giro. Ammette che onestamente è difficile, ma neanche si può tracciare un cammino in questo momento per poter stabilire il “piano B”, cioè il Tour.

«L’importante – prosegue – è che ora Wout si riprenda bene, che possa tornare a casa dalla famiglia. E’ stato operato e so che aveva molto dolore. Non sappiamo neanche quando tornerà in bici».

Dwars door Vlaanderen: la caduta che ha messo fuori gioco Van Aert (immagini Eurosport)
Dwars door Vlaanderen: la caduta che ha messo fuori gioco Van Aert (immagini Eurosport)

Nonostante Wout

Lo spettacolo deve andare avanti, come si dice in questi casi e il Giro delle Fiandre incombe. Con o senza Van Aert, c’è una corsa fantastica da godersi. Certo, la Visma-Lease a Bike, Jorgenson a parte, non se la passa bene. Malanni di stagione, nasi rotti, Van Aert in quel modo, cadute… Non ci saranno neanche Tratnik e Laporte.

«Noi cercheremo di fare il nostro meglio. Non era questa la squadra che immaginavamo di schierare a ottobre e novembre quando stiliamo i nostri piani, ma non abbiamo alternative. Combatteremo», ha aggiunto Niermann.

Qualche botta anche per Benoot dopo le ultime gare, ma il belga sembra tenere bene

Il Belgio sulle spalle

E combatteremo è anche il grido di battaglia di Tiesj Benoot. Il corridore all’improvviso si ritrova come la miglior speranza del Belgio. Senza Van Aert, ma anche senza Stuyven (per non contare Remco) e Philipsen che ha dato forfait, un giornalista belga ha definito la situazione come un dramma nazionale.

Lo stesso Benoot si tocca le botte quando, entrando nella sala della conferenza, parlotta con uno del suo staff.

«Non siamo i favoriti, ma lotteremo – dice il re della Strade Bianche 2018 – ho sentito Wout l’altro giorno ed era sotto morfina. E anche io ho diverse botte sul corpo. Almeno non toccherà a noi controllare la corsa, posto che con Jorgenson e gli altri ragazzi abbiamo giocato bene le nostre carte nelle ultime gare».

Girava voce, e Benoot stesso non nega, che fosse stato lui a innescare veramente la caduta del compagno Wout. Tiesj si sentiva molto in colpa. Poi in realtà la dinamica è stata diversa e lo stesso Benoot si dice ora più sereno. Almeno questo è un punto a suo favore.

«Wout farà il tifo per noi», ha concluso Benoot.

Matteo Jorgenson (classe 1999) è pronto a giocare un ruolo di jolly per questo Fiandre
Matteo Jorgenson (classe 1999) è pronto a giocare un ruolo di jolly per questo Fiandre

Jorgenson in agguato

Matteo Jorgenson appare più rilassato. Entra, si siede, attende che Benoot finisca la sua conferenza  e intanto si fa portare dell’acqua.

«Domenica – dice l’americano – preferisco una corsa dura. Credo sia più adatta a me. Sto bene. Ma più che l’io conta la squadra. Conta che uno di noi riesca a vincere. Certo, fa un certo effetto ritrovarsi all’improvviso tra i favorti per il Fiandre».

«La soluzione per battere Van der Poel? Una bella domanda! E’ impressionante. Super. Quando parte e va all’attacco, non è facile seguirlo. Serve una squadra e un buon piano. Il nostro staff ci lavora tutto il giorno. Però posso dire che con Tiesj mi trovo molto bene. In queste ultime settimane ci siamo avvicinati molto e anche l’altro giorno in gara mi ha dato un sacco di consigli. Mi diceva la corsa pezzetto per pezzetto. Mi aspetto una corsa che esploda presto».

Prima di congedarsi, un giornalista francese gli fa notare che mai nessun americano ha vinto il Fiandre. Jorgenson un po’ spaesato, ma non senza una celata ambizione, replica: «Non lo sapevo», sorride e va per la sua strada. Intanto i tifosi iniziano ad arrivare allo stadio. Domenica saranno sulle strade a tifare, magari proprio per Benoot.

L’occhio tecnico di Sciandri su Jorgenson: «Sa quello che vuole»

13.03.2024
4 min
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Maximilian Sciandri ha diretto Matteo Jorgenson per quattro stagioni alla Movistar. Arrivò da lui che non aveva neanche 21 anni. Che fosse un bel talento lo si era notato in questi anni. Sempre più spesso, Matteo faceva capolino nelle parti alte delle classifiche e delle corse più importanti. Lo scorso anno al Tour fu tra gli ultimissimi ad arrendersi sul Puy de Dome.

In questa stagione l’americano ha cambiato team. E’ passato alla Visma-Lease a Bike mostrando di andare ancora più forte. Abbiamo negli occhi ancora il fresco colpaccio della Parigi-Nizza, tra l’altro togliendosi il lusso di lasciar vincere Remco Evenepoel: non uno qualsiasi.

«E’ cambiato tutto in questa nuova squadra – ha detto Jorgenson nelle interviste post gara – ogni dettaglio è curato. Oggi (domenica scorsa, ndr) avevamo programmato di stare davanti in tre punti specifici e ci siamo riusciti. Al via ero parecchio nervoso e infatti ho dormito poco e male la notte precedente. Per la prima volta ho sentito la pressione».

In questa sua intera frase, come ci mostrerà anche Sciandri, c’è tanto se non tutto Matteo Jorgenson. Vediamo perché…

Maximilian Sciandri (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della Movistar dal 2019
Maximilian Sciandri (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della Movistar dal 2019
Max, insomma: lo hai diretto un bel po’. E pochi lo conoscono come te…

Giusto il giorno dopo la Parigi-Nizza ci siamo sentiti, gli ho mandato un messaggio. Che andava forte si sapeva, già lo scorso anno vinse in Oman con me. Mantenne quell’unico secondo di vantaggio con grande personalità. E’ un ragazzo di grandi potenzialità.

Che ragazzo è?

E’ certamente un ragazzo molto determinato. Io credo sia andato via con grande consapevolezza. Pur sapendo che in Visma avrebbe incontrato leader importanti, sapeva che si sarebbe potuto giocare le sue possibilità. E infatti eccolo essere leader sin da subito… e in una corsa importante come la Parigi-Nizza.

Ti aspettavi che vincesse subito?

Che vincesse no, tantomeno che lo facesse con quella padronanza, con quella lucidità e quella destrezza, anche nel gestire la squadra. Quindi no, non me lo aspettavo. Piuttosto credevo in una top 5, sarebbe stato comunque un segno di maturità e un ottimo risultato. E invece questo segno lo ha dato ancora più forte. Io lo vedevo già maturo…

Jorgenson, con Woods sul Puy de Dome, una grande prestazione quel giorno al Tour de France
Jorgenson, con Woods sul Puy de Dome, una grande prestazione quel giorno al Tour de France
Ma non così maturo forse…

Matteo sapeva esattamente ciò che voleva. Quando era con noi era così dalla nutrizione ai materiali, dagli all’allenamenti all’aerodinamica. Forse sopperiva anche a nostri gap. Poi su certi dettagli riguardanti l’aerodinamica non entro, non è la mia stretta materia. Però vedevi che lui studiava, rifletteva e cercava di capire come limare qualcosa. S’informava su tutto, sulle corse…

Insomma in Visma a quanto pare ha trovato pane per i suoi denti. Tu Max, sei stato un corridore di prima fascia, secondo te un atleta professionista certi comportamenti li ha di suo o qualcuno glieli insegna?

Non credo che qualcuno gli abbia insegnato certe cose da ragazzino, anche perché è statunitense, californiano, e lì non c’è una scuola di lunghe tradizioni. Una cosa che però deve aver appreso in America, immagino, sia la passione per la Parigi-Nizza. A questa corsa teneva tantissimo. Già con noi fece ottavo l’anno scorso. La voleva, la preparava e non voleva fare mai la Tirreno.

A Nizza Jorgenson ha lasciato la tappa a Remco. Probabilmente era anche più veloce del belga, ma Evenepoel aveva tirato di più
A Nizza Jorgenson ha lasciato la tappa a Remco. Probabilmente era più veloce del belga, ma Evenepoel aveva tirato di più
Dove può arrivare Jorgenson per te?

La tenuta sulle tre settimane va verificata, però il fatto che lo scorso anno al Tour, nella terza settimana, abbia vinto il premio della combattività è un bel segnale. Certo, fare classifica è un’altra cosa, però in futuro potrà provare a vincere un grande Giro. Di certo potrà lottare per un podio. Difficile dirlo, ma credo abbia i margini per provare.

Tecnicamente come lo inquadreresti? E’ un cronoman? Uno scalatore? E’ altro, visto che anche all’Omloop Het Nieuwsblad era davanti?

Se dovessi definirlo scalatore, direi di no. E non direi neanche che è un cronoman. E’ un ciclista moderno che va forte su tanti terreni. Direi quindi che è un corridore completo. Completo anche per quel che riguarda gli aspetti della guida. Davvero uno bravo.

Vingegaard firma una super primavera e avvisa Roglic

13.03.2024
5 min
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Vingegaard se ne è andato da San Benedetto portando con sé la settima vittoria stagionale e il tridente di Nettuno, con cui viene premiato il re dei Due Mari. Scherzando a corsa finita, l’ha definito uno dei premi più belli e singolari da aggiungere alla sua collezione, perché lo lega al precedente lavoro al banco del pesce. La prossima sfida del danese sarà il Giro dei Paesi Baschi, vinto l’anno scorso su Landa e Izagirre.

Da solo sul Petrano, spingendo quel tanto che bastava per guadagnare sugli inseguitori
Da solo sul Petrano, spingendo quel tanto che bastava per guadagnare sugli inseguitori

Prima il Tour

Nei giorni della Tirreno-Adriatico hanno provato tutti a fargli dire che verrà a correre il Giro, ma due aspetti sono stati palesi: la sua grande educazione nel rispondere sempre in modo affabile e l’intenzione di restare legato al Tour per tutto il tempo che sentirà di poterlo vincere. Nel giorno finale della Tirreno, lo stesso in cui Jorgenson vinceva la Parigi-Nizza, Vingegaard è parso allegro e più spiritoso del solito.

«E’ un giorno fantastico per la nostra squadra – ha detto – con Matteo che vince alla Parigi-Nizza e io qui. Immagino che non potrebbe andare meglio per noi. Siamo arrivati molto pronti a questi appuntamenti. Abbiamo fatto una buona base durante l’inverno e poi siamo appena scesi dal ritiro in altura, dove abbiamo fatto un sacco di duro lavoro. Ho visto quanto ha lavorato Matteo lassù, quindi ero sicuro che avesse un livello altissimo e che fosse in grado di fare qualcosa di veramente buono in Francia. Questo mi dà molta fiducia. Si è detto che senza Van Aert e Roglic al Tour potremmo essere meno forti, ma vedere i compagni vincere dà fiducia e convinzione che possiamo lottare di nuovo per la vittoria. Mi piace correre in Italia. Mi piacciono i posti, le strade, il tifo e i tifosi. Non escludo che un giorno io venga al Giro, ma finché potrò vincere il Tour, il mio obiettivo sarà quello».

Il trofeo della Tirreno-Adriatico è un singolare omaggio al campione che da ragazzo lavorò al mercato del pesce
Il trofeo della Tirreno è il singolare omaggio al campione che da ragazzo lavorò al mercato del pesce

Roglic, un rivale

La sfida del Tour sarà come al solito roboante e di altissimo livello. Non è sfuggito, anche perché lo ha fatto notare lo stesso Vingegaard, che la sua squadra si ritroverà senza Van Aert e Van Hooydonck, che lo scorso anno fecero la loro parte, e senza Roglic, che è diventato un avversario. Il primo confronto fra i due è ormai alle porte. Si sfideranno ai Paesi Baschi, che Primoz ha vinto nel 2018 e nel 2021, mentre Jonas ne è appunto il vincitore uscente.

«E’ sarà un po’ strano, credo – dice – perché ho corso nella sua stessa squadra negli ultimi cinque anni, quindi correre contro di lui sarà una sensazione davvero particolare. Però dovrò sforzarmi di considerarlo un avversario come chiunque altro. Come Remco, come Ayuso, come Pogacar. Immagino che una volta capito questo, non cambierà molto».

La Visma-Lease a Bike si è mostrata molto solida, con uomini come Attila Valter e Uijtdebroeks che non faranno il Tour
La Visma-Lease a Bike si è mostrata molto solida, con uomini come Attila Valter e Uijtdebroeks che non faranno il Tour

Colonna Jorgenson

L’arrivo di Jorgenson e la sua capacità di esprimersi a un livello così alto in qualche maniera lo solleva. Quando si arriva alla fine di un ciclo come quello di Roglic, occorre ricrearsi subito dei punti di appoggio e l’americano ha tutti i requisiti per diventarlo.

«Sono stato in stanza con lui a Tenerife per tre settimane – spiega Vingegaard – ed è un ragazzo davvero eccezionale. E’ calmo e molto professionale, non è difficile stare con lui. Penso che si adatti molto bene alla nostra squadra in ogni aspetto, per gli allenamenti e l’alimentazione. Ha fatto un grande passo quest’inverno e penso che tutti possano rendersene conto. Non che prima fosse un cattivo corridore, perché ricordo che l’anno scorso alla Parigi-Nizza, nell’ultima tappa facevo fatica a seguirlo. E quando ho saputo che lo avevano ingaggiato, ho detto subito che era un ottimo acquisto e lui lo ha già dimostrato».

Una foto su Instagram di Matteo Jorgenson: «Mostrando al grande capo il trofeo che ho vinto»
Una foto su Instagram di Matteo Jorgenson: «Mostrando al grande capo il trofeo che ho vinto»

Gestendo lo sforzo

Lo vogliamo al Giro e lo vogliamo assolutamente alle classiche. Nei giorni precedenti Vingegaard ha dovuto smarcarsi anche da domande sulla Liegi: sono corse che gli piacciono, ma si resta fedeli alle scelte fatte con i necessari elementi nelle mani.

«Stessa cosa per le Olimpiadi – dice Vingegaard – sarei anche pronto a farle. Ma quando guardo le possibilità e la quantità di corridori che possiamo portare, capisco che per me sarebbe molto difficile fare la selezione, su un percorso che mi si addice davvero poco. Penso che in Danimarca abbiamo tanti corridori di qualità che meritano più di me di andare alle Olimpiadi. Quindi si può dire che sarei felice di andare, ma dubito che lo farò. Diverso invece il discorso dei mondiali di Zurigo, che in teoria sono molto più adatti. Quella è un’opzione che dobbiamo ancora studiare, perché non abbiamo ancora deciso quale sarà il mio programma dopo il Tour. La Tirreno mi ha dato buone sensazioni, ma non posso dire di essere andato davvero a fondo nello sforzo. Monte Petrano è stato una scalata molto dura, ma non sempre è necessario andare al massimo. Adesso torno a casa con il mio trofeo e fino ai Paesi Baschi non andrò nuovamente in altura, starò al livello del mare».

Fa un sorriso per il riferimento alla Corsa dei Due Mari e poi prima di andarsene si presta a piccoli video per gli uomini di RCS Sport. Con sette vittorie collezionate in undici giorni di corsa, si capisce bene che l’umore sia lieve. E il bello è che la stagione vera non è ancora cominciata.

Due cardini e tanta qualità attorno: la Visma secondo Belli

11.03.2024
5 min
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A volte della Visma-Lease a Bike e persino della UAE Emirates, vale a dire la seconda e la prima squadra del ranking UCI, è stato detto che senza i campioni di vertice sono poco vincenti. Ma è davvero così? Se della squadra di Pogacar abbiamo già parlato, stavolta con Wladimir Belli ci concentriamo sui “calabroni” olandesi.

L’ex professionista e oggi commentatore tecnico di Eurosport è convinto che la Visma abbia due cardini, ma intorno la qualità c’è. Ed è tanta. Inoltre la squadra di Richard Plugge si sa anche rinnovare. La prova freschissima è Matteo Jorgenson, nuovo acquisto, che ha vinto la Parigi-Nizza.

In più aggiungiamo un dato che parla della crescita e della “rosa profonda”: nel 2023 la Visma ha vinto con 14 corridori diversi, la UAE con 17.

Wladimir Belli (classe 1970) è oggi un commentatore di Eurosport. E’ stato pro’ dal 1992 al 2007
Wladimir Belli (classe 1970) è oggi un commentatore di Eurosport. E’ stato pro’ dal 1992 al 2007

Due cardini

«La Visma-Lease a Bike – dice Belli – è impostata su due grandi corridori: Wout Van Aert per le classiche e Jonas Vingegaard per le corse a tappe. Certamente questi sono i fari, ma intorno ci sono tanti altri ottimi corridori. Hanno Laporte, che ha vinto la Gand anche se con l’aiuto di Van Aert ed è campione europeo.

«E poi anche se dovessero vincere “solo” una classica monumento con Van Aert e il Tour con Vingegaard sono a posto per l’intera stagione. Magari in tal senso Van Aert dovrebbe essere un filino più vincente. Perché lui c’è sempre, s’impegna, ma poi quell’altro, Van der Poel, è un cecchino e vince».

E’ chiaro che con corridori così tanto più forti e che danno garanzie – si veda Vingegaard, ma anche Pogacar – i compagni anche se sono dei campioni si ritrovano a fare i gregari. Ed è uno dei motivi per cui Roglic ha deciso di cambiare squadra. Alla Tirreno abbiamo visto tirare da lontano Kruijswijk e Van Baarle, gente che è salita sui podi di grandi Giri o ha vinto la Roubaix. Ci sta che poi certi campioni inevitabilmente catalizzino l’attenzione.

Mentre Vingegaard sollevava il Tridente della Tirreno, Jorgenson era sul palco della Parigi-Nizza. Altra doppietta Visma-Lease a Bike
Mentre Vingegaard sollevava il Tridente della Tirreno, Jorgenson era sul palco della Parigi-Nizza

Rendere al massimo

Belli poi tocca un altro paio di tasti davvero importanti: la capacità di rinnovare la squadra e soprattutto quella di fare rendere al meglio i corridori. Questo è possibile con una buona campagna acquisti e con un settore giovanile molto curato, anche nella ricerca dei talenti. Abbiamo visto per esempio il fondista norvegese Jorgen Nordhagen.

«La Visma è una squadra – prosegue Belli – che quando prende i corridori gli riesce a far fare il salto di qualità. Penso per esempio a Laporte. Alla Cofidis non era così, andava forte, ma non in questo modo e con questa costanza. Un altro esempio recente è Jorgenson. Alla Movistar era un giovane di buone prospettive, qui è già un vincente. E credo sarà la stessa cosa con Cian Uijtdebroeks. E poi hanno Koij, Tulett…

«Però, questo aspetto vale per un po’ tutti i top team attuali. La Ineos-Grenadiers in questo momento sta facendo un po’ più di fatica, ma di base stanno lavorando bene con i giovani. UAE Emirates solo quest’anno ha messo dentro Morgado e Del Toro e guardate come vanno».

Strand Hagenes, qui Affini con a ruota, altra giovanissima perla della corazzata olandese che molto piace a Belli
Strand Hagenes, qui Affini con a ruota, altra giovanissima perla della corazzata olandese che molto piace a Belli

Forza e tattiche moderne  

Un altro aspetto che può indurre al pensiero “oltre i grandi niente”, c’è anche il modo di correre di queste squadre. Ma se tocchiamo questo tasto in qualche modo torniamo al punto di prima: vale a dire che è “normale” che campioni di un certo calibro finiscano per catalizzare attenzioni ed energie.

Con un Vingegaard in questa condizione come si fa a lavorare per un Uijtdebroeks? La differenza è troppo netta. Le garanzie che dà il danese troppo superiori. E c’è un altro aspetto: i punti UCI oggi sono vitali.

«Il ciclismo è cambiato – spiega Belli – guardiamo alla frazione del Petrano. Se fosse stata disputata ai miei tempi e io fossi stato in maglia, tanto più dopo aver già vinto una tappa, avrei lasciato andare la fuga. Avrei lasciato tirare altri e se proprio si presentava l’occasione magari avrei pensato alla tappa. Vingegaard invece ha voluto vincere lo stesso. E forse è anche giusto. Il pubblico vuole lo spettacolo, vuole i migliori e non la corsa nella corsa. A Campo Imperatore lo scorso anno aspettavano i big».

Omloop Het Nieuwsblad: Tratnik precede Politt. Lo sloveno giocava di rimessa, con Van Aert nel gruppetto inseguitore
Omloop Het Nieuwsblad: Tratnik precede Politt. Lo sloveno giocava di rimessa, con Van Aert nel gruppetto inseguitore

Troppo forti?

Non sempre però essere i più forti, corrisponde ad adottare le tattiche migliori. Pensiamo alla Omloop Het Nieuswblad. La Visma-Lease a Bike, come ci ha raccontato anche Affini, ha lavorato alla perfezione fino all’esplosione della corsa e dei ventagli, ma poi ha rischiato di perdere. Alla fine davanti erano due: Tratnik (Visma) e Politt (UAE). Avevano il 50 per cento di possibilità a testa, mentre la Visma era nettamente più forte.

«Succede anche questo – commenta Belli – quel giorno magari gli è andata di lusso, ma… Primo: avevano talmente tanta energia più degli altri che avrebbero vinto con altri corridori. Secondo: questo è il vantaggio di avere comunque un Van Aert in gara. Se lui è tanto marcato, si può dare spazio ad altri e correre di rimessa».

Jorgenson, un altro americano per la Jumbo-Visma

21.10.2023
5 min
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BEIHAI – Matteo Jorgenson ha 24 anni e viene dall’Idaho, Stati Uniti. Per il corridore del Movistar Team si tratta della prima volta in Cina, per cui se ne va in giro spesso con gli occhi sgranati, cercando di memorizzare il più possibile. Jorgenson sembra la persona più gentile del mondo, ma quando si tratta di addentare le salite, si trasforma in un bel mastino.

Della sua storia vi avevamo già raccontato, ma ora il suo cammino nella squadra spagnola è giunto al termine. Dal prossimo anno, infatti, Matteo correrà alla Jumbo-Visma. Aveva già deciso di cambiare aria, vedendo nella Movistar la scarsa propensione a sposare la modernità del ciclismo contemporaneo.

«Eppure devo loro eterna gratitudine – sorride dalle sue lentiggini e gli occhi chiari – perché mi hanno accolto che ero un bambino e hanno fatto di me un corridore. Quando sono arrivato in Europa non ero neppure certo di avere le qualità per fare il corridore. In allenamento ero capace di ottimi numeri, però in gara era un’altra cosa».

L’americano è professionista dal 2020, è alto 1,90 e pesa 65 chili
L’americano è professionista dal 2020, è alto 1,90 e pesa 65 chili
Le cose sono cambiate. Hai vinto in Oman, sei arrivato secondo al Romandia, ti aspettavi una stagione così convincente?

Non so se me l’aspettassi, ma di certo la volevo. Durante l’inverno ho lavorato duramente, volevo che fosse un anno di svolta. 

C’è un obiettivo che ti è sfuggito e che l’avrebbe resa perfetta?

Direi di no, il mio obiettivo principale era vincere una gara professionistica e l’ho fatto staccando tutti in salita. Devo dire che l’ho raggiunto subito, dato che era la quarta corsa di stagione. Mentre al Romandia ero andato per vincere, ma il secondo posto alla fine è stato comunque buono. Non parlerei di obiettivo mancato, parlerei piuttosto di utili indicazioni per il futuro.

Pensi che nei tuoi piani un giorno potranno esserci i Grandi Giri?

Non credo per la classifica generale. Dal punto di vista energetico, sono un ragazzo grande e non so se per me sarebbero possibili più giorni consecutivi ad alto livello sulle grandi montagne. Però resta tutto da vedere.

La Movistar al Tour of Guangxi è stata guidata da Pablo Lastras, a destra: una vita nello stesso team, da atleta e tecnico
La Movistar al Tour of Guangxi è stata guidata da Lastras, a destra: una vita nello stesso team
Dal prossimo anno cambierai squadra, quali sono state le ragioni della scelta?

Diciamo che l’offerta economica c’è entrata ben poco. Fondamentalmente volevo un posto dove avrei potuto raggiungere il mio miglior livello. Era questo il mio obiettivo principale. Penso di avere ancora molti margini di miglioramento, non so quale sia effettivamente il mio limite.

Qual è stato il giorno quest’anno in cui ti sei sentito più forte?

E’ una buona domanda. Penso che forse è stato all’E3 Saxo Classic (quando si piazzò 4° a 33 secondi dietro Van Aert, Van der Poel e Pogacar, ndr). Non ho sentito le gambe per tutta la corsa, probabilmente è stato il mio giorno migliore in bici quest’anno.

Invece il giorno peggiore?

Probabilmente la tappa di Saint Gervais Mont Blanc del Tour, dove soprattutto ero disconnesso mentalmente e ho sofferto tutto il giorno nel gruppetto. Il giorno dopo infatti non sono ripartito. Al Tour ero messo piuttosto male, semplicemente non ero in una buona condizione.

La Jumbo Visma ha messo gli occhi su Jorgenson dopo il quarto posto al GP E3, quando fu 4° dietro Van Aert, Van der Poel e Pogacar
La Jumbo Visma ha messo gli occhi su Jorgenson dopo il quarto posto al GP E3, quando fu 4° dietro Van Aert, Van der Poel e Pogacar
Quali pensi siano le differenze fra la Movistar e la Jumbo Visma?

Non ne sono ancora sicuro, non facendo ancora parte della squadra. Alla Movistar negli ultimi anni ho visto Patxi Vila cercare di portare il cambiamento, ma in realtà non è riuscito a cambiare molto e adesso è tornato alla Bora-Hansgrohe. La squadra è gestita da persone in gamba che però sono ferme al ciclismo di vent’anni fa. Tutto quello che posso vedere della Jumbo-Visma è dall’esterno. Sono entusiasta di scoprirlo. La sensazione è che attuino una programmazione tipica più degli sport di squadra americani che del ciclismo. Curano tutti i dettagli, almeno da quello che raccontano i corridori che ne fanno già parte. La sensazione è che il rendimento sia la prima attenzione, dai gregari ai leader.

E’ vero, come hai raccontato, che al momento di inviarti l’offerta, hanno allegato anche una presentazione in cui ti mostravano tutto quello che avresti potuto trovare?

Verissimo, sono stati gli unici ad avere questo tipo di approccio. Le altre squadre con cui ho avuto contatti, mi hanno parlato di programmi, rassicurandomi che avrei avuto il mio spazio. La Jumbo-Visma non lo ha fatto e neppure mi hanno detto se sarò leader o aiutante. Credo che non sia questo il punto accettando di andare in una squadra così.

Qual è il punto?

E’ dentro di me. Se saprò andare forte come spero, allora penso che potrò avere il mio spazio. Non hanno fatto promesse, ma hanno reso chiaro il cammino che farò ed è quello di cui avevo bisogno.

Jorgenson voleva lasciare il Movistar Team con un successo, ma si è dovuto accontentare del 6° posto finale
Jorgenson voleva lasciare il Movistar Team con un successo, ma si è dovuto accontentare del 6° posto finale
In cosa pensi di dover migliorare?

Ci sono parecchi aspetti da mettere a posto. Uno è che se voglio fare classifica nei grandi Giri, devo migliorare nelle cronometro. In qualche modo devo trovare una posizione più aerodinamica. Sono alto e non sono ancora riuscito a essere abbastanza aerodinamico per essere competitivo. E poi, sempre se quello sarà il mio obiettivo, probabilmente dovrò lavorare sull’essere scalatore. Per ora, dopo il secondo giorno di alta montagna, faccio fatica.

Perché ami il ciclismo?

Mi piace il processo per cui ogni giorno, a casa o nel mondo, si cerca sempre di migliorare con l’allenamento. La fatica è molto mentale e penso che possa essere controllata con la testa. Penso che valga sempre la pena di spingersi oltre il limite della sofferenza, perché capisci che se hai superato un certo limite per una volta, puoi farlo ancora. E’ sempre qualcosa di utile.