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«Sempre più veloce», Remco feroce anche coi materiali

03.03.2023
5 min
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«Voglio andare sempre più forte», parole di Remco Evenepoel. Il campione della Soudal-Quick Step è davvero sul pezzo. Oltre che scrupoloso nella preparazione, affamato in corsa, è anche molto attento a ciò che concerne i materiali. Per il belga il dogma è: “performance first”.

E di questo suo rapporto con i materiali parliamo con Specialized, che in pratica fornisce la maggior parte dei materiali, dai caschi alle ruote, dalla bici alle scarpe, e Castelli, che fornisce il vestiario, elemento sempre più importante ai fini dell’aerodinamica.

Asgreen, Cattaneo ed Evenepoel nella galleria del vento di Specialized per i test di fine 2021. Remco vi è poi tornato
Asgreen, Cattaneo ed Evenepoel nella galleria del vento di Specialized per i test di fine 2021. Remco vi è poi tornato

Sa ascoltare

Remco è puntiglioso, ma molto meno “rompiscatole” di tanti altri campioni: è quel che ci dicono da Specialized.

«Evenepoel – spiegano dal brand americano – ascolta ciò che gli viene detto. E questo è un vantaggio. Se gli vengono suggeriti dei materiali che secondo noi sul quel percorso, con quel meteo, sono più performanti lui li usa.

«Accoglie i suggerimenti. Al mondiale, per esempio, gli abbiamo suggerito di utilizzare una ruota più leggera nonostante siano poi usciti 42,5 chilometri di media oraria. Secondo noi era meglio per le accelerazioni sugli strappi. E Remco ci ha seguito».

«Per noi tutto ciò ha una doppia valenza. Oltre al fatto che l’atleta, numeri alla mano, rende di più essendo lui un leader influenza nella giusta direzione gli altri compagni. Se uno come Remco inizia a dire che quel “copertoncino X” non ha tenuta o è poco scorrevole in base ad una sua sensazione, alla fine andrà a compromettere il giudizio anche degli altri. E succede…».

Non solo Remco

La ricerca del dettaglio però non riguarda solo Evenepoel, è una tendenza che si nota dappertutto. Guardiamo il cambio epocale della UAE Emirates rispetto allo scorso anno. Hanno cambiato gruppi, ruote e per farlo hanno rinunciato a sponsorizzazioni importanti. Un po’ quello che fece la Ineos-Grenadiers quando acquistava le ruote Lightweight ma aveva Shimano. O la stessa cosa che ha fatto la Jumbo-Visma nel passaggio da Shimano a Sram.

«E questo ormai riguarda anche squadre un po’ più piccole. Per esempio alla Omloop la Lotto-Dstny ha sperimentato un monocorona con Campenaerts. Allo stesso tempo non nascondiamo che su un certo tipo di percorsi Remco ha utilizzato una ruota che non era nostra… e parliamo di un vantaggio millesimale».

Manubrio 3D, body extra aderente e con particolare finitura, casco specifico per la sua posizione: Remco è una freccia a crono
Manubrio 3D, body extra aderente e con particolare finitura, casco specifico per la sua posizione: Remco è una freccia a crono

Crono al millesimo

Lo scorso anno dopo i test in galleria del vento a Morgan Hill, nella sede del brand americano, Remco non era soddisfatto del tutto, in quanto Cattaneo, che era con lui, aveva ottenuto una percentuale maggiore di miglioramento. Al belga poco importava di partire da una base migliore rispetto all’italiano. E’ Remco! Come dicevamo, famelico anche sotto questo punto di vista.

«Cura sempre i dettagli e cerca di tirare fuori il massimo dai materiali – vanno avanti da Specialized – Ma anche lui ha qualche richiesta a volte e noi, se questa può essere valida, cerchiamo di accontentarlo. Per esempio ci sta chiedendo la corona da 60 denti per le crono. L’abbiamo montata e per farlo abbiamo operato un piccolo adattamento del deragliatore sulla bici».

«Sulla crono è davvero attento. Per esempio il casco che abbiamo sviluppato è stato fatto sulla sua testa e su quella di Asgreen. Anche il danese ha una posizione estrema. Questo casco è stato sviluppato in ottica non solo aero, ma anche di visibilità. Quando sono in posizione adesso possono vedere fino a 100 metri, prima ne vedevano 20-30. Era come se andassero al buio. Per guardare avanti erano costretti a perdere la posizione ottimale per quell’istante».

«Ma per fare tutto ciò serve tempo. E non sempre il corridore, anche se vuole, può venire in galleria del vento. Così abbiamo fatto un calco in 3D della conformazione della sua testa. E ci abbiamo lavorato. Così facendo abbiamo limato anche altrove. Per esempio si poteva dare un po’ più di libertà alle gambe e siamo riusciti ad accorciare le pedivelle di qualche millimetro».

«Solo alla Vuelta dello scorso anno in un paio di occasioni, Remco ha operato delle scelte non totalmente finalizzate alla prestazione. Aveva paura di soffrire il caldo e ha optato per un casco più aereato e un filo meno aerodinamico, Ma questo denota la sua attenzione per tutti i particolari».

Il belga è molto attento anche alla parte dell’abbigliamento. Tutto deve essere aderente, ma mantenendo il comfort
Il belga è molto attento anche alla parte dell’abbigliamento. Tutto deve essere aderente, ma mantenendo il comfort

Vestiario più veloce

E parlando di crono e di caldo si legano bene le parole di Alvin Nordell, tecnico di Castelli che cura i rapporti con i team.

«L’abbigliamento – spiega Nordell – deve essere comodo e funzionale. Abbiamo trovato alcune configurazioni veloci ma poco pratiche quando si tratta di una gara di 5 ore o di una cronomentro di 40 chilometri, ma con una temperatura di 40 gradi. Le prestazioni e il comfort devono completarsi a vicenda per rendere il ciclista il più veloce possibile».

«I vestiti e i test che facciamo aiutano Remco a ottenere quell’ultima percentuale di guadagno per vincere le gare. Testiamo e proviamo sempre i nostri completi tecnici per renderli più veloci».

«E’ vero – prosegue Nordell – Remco è attento a tutto: dal casco alla lunghezza delle maniche, dai calzini ai copriscarpe. Vuole davvero vedere cosa funziona (e cosa non funziona) per renderlo poi il più veloce possibile».

«Per noi di Castelli è una buona collaborazione. Portiamo la nostra conoscenza e la nostra esperienza e le integriamo con le sue, per trovare quanti più vantaggi possibili. Anche per questo ho apprezzato la sua disponibilità a provare cose nuove, solo per vedere se funzionano o meno. Alcuni hanno questa curiosità, altri no».

Per la crono olimpica occhio a body, caschi e ruote

21.07.2021
5 min
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Non solo strada. Tra pochi giorni (il 28 luglio) a Tokyo andrà in scena anche la cronometro individuale. Una crono che desta non poco la nostra attenzione visto che Filippo Ganna partirà con ambizioni importanti. Una crono che però non è facile. Misura 44 chilometri e 850 metri di dislivello (valori che sono la metà per le donne) e si corre in un contesto climatico affatto scontato. E più le situazioni sono complesse e più incidono i materiali.

Con Marco Pinotti, ex cronoman, tecnico del Team Bike Exchange e ingegnere, abbiamo fatto il punto su quali fossero i materiali chiave nella prova contro il tempo a cinque cerchi. E lui ce ne ha segnalati tre in particolare: ruote, body e caschi.

Presentate qualche settimana fa le maglie Castelli per Tokyo (da sinistra: Roberto Amadio, Elia Viviani, Alessio Cremonese)
Presentate qualche settimana fa le maglie Castelli per Tokyo (da sinistra: Roberto Amadio, Elia Viviani, Alessio Cremonese)

Body veloce e traspirante 

Secondo Pinotti le bici sono le stesse. Posizioni (soprattutto) e materiali legati alle stesse posizioni (vedi i manubri) sono collaudati e non verranno stravolti per le Olimpiadi. Si lavora quindi su altro, sui “dettagli”. Che poi dettagli non sono.

«Eh sì, per me – spiega Pinotti – i body saranno molto importanti. Le le bici alla fine sono quelle. Lì in Giappone c’è molta umidità e questo può incidere moltissimo. Perché un body più veloce, come quelli che si vedono oggi, non è traspirante. Di solito aerodinamica e tessuti traspiranti non vanno molto d’accordo. Bisognerà vedere i produttori cosa hanno preparato».

Castelli che con gli azzurri della pista ha lavorato sodo e sotto ogni punto di vista, andando anche in galleria del vento, non ha lasciato scoperto il discorso dei body sulla crono su strada. Ma questo dei body è uno dei pochi casi, in cui Pinotti, non è a tutto e solo vantaggio dell’aerodinamica nella scelta di un “materiale”.

«Ho visto che in quella zona l’alba arriva presto e il sole tramonta poco dopo le 17, quindi il picco di calore dovrebbe esserci intorno alle 13 e non alle 15 come da noi. La gara maschile scatterà alle 14 e per quando partiranno i big (presumibilmente verso la fine, ndr) potrebbe essere un filo più “fresco”. Vedremo».

Il body Space Jet di Alè: è stato utilizzato al Tour. Nonostante sia aero, punta molto sulla traspirabilità
Il body Space Jet di Alè: è stato utilizzato al Tour. Nonostante sia aero, punta molto sulla traspirabilità

Ruote? Come al Tour

«Da quel che ho visto – dice Pinotti – la crono di Tokyo somiglia molto alla prima crono del recente Tour de France, che era più mossa rispetto alla seconda. Ha un bel dislivello, è vero, ma c’è solo un tratto al di sopra del 10% e non è neanche tanto lungo. C’è una salita di 4 chilometri, ma la sua pendenza è di poco superiore al 4%. Nel complesso quindi è un percorso veloce e neanche molto tecnico, a parte una curva nel finale in cui so che la careggiata sarà divisa a metà. Bisogna trovare un buon compromesso tra peso ed aerodinamica. Io non cambierei l’assetto utilizzato nella prima crono del Tour de France.

«Chiaramente al posteriore si userà una lenticolare e all’anteriore una ruota da 60 millimetri in su o una a tre razze. I corridori della Ineos-Grenadiers in quella crono del Tour che vi dicevo hanno utilizzato ruote Princeton da 60 millimetri all’anteriore (al posteriore ovviamente la lenticolare), mentre Thomas, Carapaz e Porte la AeroCoach Aeox Zephyr da 80 millimetri (78 per la precisione, ndr)».

Carapaz impegnato nella prima cronometro del Tour. Secondo Pinotti a Tokyo si dovrebbero mantenere gli stessi assetti
Carapaz impegnato nella prima cronometro del Tour. secondo Pinotti a Tokyo si dovrebbero mantenere gli stessi assetti

Vento scarso…

La scelta delle ruota è poi molto legata alle condizioni del vento. Vento che però secondo Pinotti non dovrebbe essere poi così determinante.

«Ammetto – dice l’ex tricolore contro il tempo – di non conoscere nello specifico le condizioni del vento del luogo che ospiterà la crono, ma da quello che so non è una zona molto ventosa. E questo ce lo dice anche il tasso di umidità. Le temperature infatti saranno calde, ma non caldissime. Si parla di 30° circa, ma con un tasso di umidità superiore al 70% e questo ci dice di un’area a scarsa ventilazione.

«Semmai bisogna vedere la variabilità del vento, più che la sua intensità. La crono infatti si svolge su un circuito da fare due volte e quindi non sarà mai in un unica direzione. Se poi dovessero fare due partenze, cioè due gruppi, e le condizioni dovessero cambiare, potrebbe esserci qualche sorpresa».

Questa annotazione ci rimanda a quel che accadde a Maurizio Fondriest al Atlanta 1996. Il trentino partì con la pioggia mentre altri favoriti, che stavano in un altro gruppo, corsero con l’asciutto.

«Buona memoria! Sì, il concetto è quello. E’ vero che le partenze sono stabilite secondo i punteggi Uci e quindi tutti i migliori partiranno ravvicinati fra loro, ma magari c’è qualche buon corridore che per un motivo o per un altro ha un punteggio basso, sta particolarmente bene e partendo prima potrebbe sfruttare un meteo migliore».

I caschi aero hanno poche prese per l’aria, ma qualche “feritoia” a Tokyo sarà necessaria
I caschi aero hanno poche prese per l’aria, ma qualche “feritoia” a Tokyo sarà necessaria

Casco aero ma non troppo

Un discorso simile a quello fatto per i body riguarda anche il casco. E Pinotti dà una spiegazione molto interessante.

«Anche per il casco: okay la sua aerodinamicità ma non andrebbe trascurata anche la sua aerazione – conclude Pinotti – Si parla di una crono che sfiorerà la durata di un’ora, o comunque 50′ sicuro. Un lasso di tempo importante in cui si suda parecchio e là dentro (pensando alla testa, ndr) si sviluppa un grande calore. Molti dei recettori della pelle e della temperatura si trovano proprio sulla testa e se si surriscalda, il cervello invia impulsi al corpo di abbassare la temperatura. Come? Rallentando…

«Il famoso colpo di calore parte da lì. La testa si surriscalda e il cervello ordina al fisico di “staccare”. Ed è il motivo per cui spesso vediamo il corridore che si getta l’acqua in testa».

Si va in Giappone, come verranno gestiti i materiali?

03.07.2021
5 min
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Ha davvero un bel da fare Giuseppe Archetti in questi giorni prima di partire per il Giappone e le Olimpiadi di Tokyo. Il capo dei meccanici della nazionale azzurra in rotta sul Giappone deve coordinare una bella mole lavoro, tra bici che partono e che arrivano, chi corre da una parte e chi dall’altra. E poi scatole, borse, borsoni…

Ed è proprio il “mastro nazionale” a dirci come ci si prepara ad un’Olimpiade tanto più che si svolge dall’altra parte della Terra. «E io seguo solo la strada!», esclama Archetti quasi a dire “per fortuna”.

ll materiale dello Squalo arriverà direttamente dal Tour
ll materiale dello Squalo arriverà direttamente dal Tour
Giuseppe, segui cinque atleti (Nibali, Ciccone, Caruso, Bettiol e Moscon) quante bici portate?

Per ora la lista prevede 20 bici complete, cioè già montate, più 4 paia di ruote ciascuno. Parecchie, ma necessario visto che c’è chi usa i freni a disco e chi quelli tradizionali, chi ha Sram e chi Shimano. E’ chiaro che così il volume del materiale lievita. Per esempio, Trek ha due corridori, Nibali e Ciccone, e magari loro potrebbero portare un paio di ruote in meno a testa. Ma cambia poco.

Quattro bici!

Una è per correre, una sale sull’ammiraglia e una è al box 1. In più si vocifera che possa essere allestito anche un box 2. Vorremmo farci trovare pronti ad ogni evenienza visto che è un evento quadriennale della cui importanza non c’è bisogno di dire altro.

Invece per quel che riguarda gli altri pezzi e i componenti come pedali, manubri…?

Quando arrivano le bici, chiediamo ai team una fornitura completa dei pezzi, ma in questo caso che c’è un viaggio molto lungo e il bagaglio volerà con noi, stiamo molto attenti soprattutto alla “minuteria”. Forcellini del cambio, collarini reggisella, nastri manubrio… cose per un pronto intervento. Se per esempio in volo, nella stiva, si piega un forcellino posso cambiarlo prontamente. In più bisogna considerare che quasi tutti i club hanno previsto un punto di appoggio in Giappone nella zona di Tokyo per le necessità più importanti.

Non solo bici, Archetti deve pensare anche alla “minuteria” (e a suoi attrezzi)
Non solo bici, Archetti deve pensare anche alla “minuteria” (e a suoi attrezzi)
E poi con Sram, Shimano, e per altre Nazioni anche Campagnolo, ci sarà un bel caos…

Esatto. In Nazionale con me ci sarà anche un secondo meccanico, Mauro Adobati (della Trek-Segafredo, ndr). Per esempio lui partirà con una scorta di pezzi Sram. Mentre per quel che riguarda Shimano si potrà fare riferimento sul “punto base” del club.

Magari Shimano avrà previsto anche un qualcosa di più riguardo all’assistenza visto che “gioca” in casa…

Sì, è possibile.

Tu sei il responsabile del materiale, o meglio, sei il coordinatore: come lo raduni? Hai un “inventario”?

Abbiamo un elenco del materiale che ci dà le squadre. Per fortuna al ritorno dai vari eventi in passato non è mai mancato nulla.

Gli azzurri utilizzeranno borse rigide Scicon Aerocomfort 3.0 Tsa Corsa
Gli azzurri utilizzeranno borse rigide Scicon Aerocomfort 3.0 Tsa Corsa
Alla fine con quante borse, scatole partite?

In tutto abbiamo 30 colli grandi. Le bici saranno messe in 20-22 borse Scicon. Oltre alle casse rigide che vedremo di organizzare nel magazzino della Fci nelle quali andranno anche i nostri attrezzi. Si tratta di casse rigide con lucchetto e ruote. E a proposito di ruote queste andranno in appositi cartoni.

Quando si parlava delle bici da portare hai detto “per ora” e prima “20-22 borse”: perché non un numero preciso?

Perché ancora non è ben chiaro il discorso legato a Ganna (il suo materiale potrebbe viaggiare con il reparto pista, ndr) con la crono. Dovremmo sciogliere questo nodo all’inizio della prossima settimana con Marco Velo. Marco fa da coordinatore tra me e Cassani, è un responsabile della logistica.

Dai corridori ti è arrivata qualche richiesta particolare?

No, semmai siamo stati noi che abbiamo chiesto delle cose a loro, soprattutto per quel che riguarda i rapporti. Adobati che è al Tour seguirà le indicazioni di Nibali e Ciccone (a casa, ndr) e io degli altri ragazzi. Diego Ulissi che ha partecipato al test event ha suggerito un 39×29… se non piove.

Ulissi, vincitore del test event 2019, ha fornito indicazioni tecniche utili ad atleti e meccanici
Ulissi, vincitore del test event 2019, ha fornito indicazioni tecniche utili ad atleti e meccanici
Perché se non piove?

Perché, se ho ben capito, si riferiva alla pendenza su alcune rampe che la ruota posteriore slitti e ad eventuali ripartenze da fermi. In quel caso verrebbe montato un pignone più grande dietro e uno più piccolo davanti.

Come radunerai il materiale?

Eh – sospira Archetti – per me è la sesta Olimpiade ma con il fatto che si corre in tutto il mondo è sempre tutto più complicato. Quando si andò a Pechino fu più facile perché riuscimmo a far partire un container giorni prima e noi viaggiammo “leggeri”. Io raccoglierò il materiale per Tokyo da tre punti: dal Tour, dal Giro di Sardegna e dal magazzino di Bergamo. Al materiale del Tour ci pensa Adobati. Le borse Scicon di cui vi dicevo gliele farò avere prima dell’ultima crono dalla mia squadra (la Uae, ndr). Io a Roma prenderò in carico il materiale del Giro di Sardegna e poi andrò al magazzino di Bergamo.

Ultima domanda, secondo te a Tokyo vedremo delle novità tecniche?

Non credo. Mancano poco più di 20 giorni e certe cose andrebbero provate anche in gara prima di un evento tanto importante. Ohi, poi ci sta che Shimano, che è giapponese, magari presenti quel giorno il 12 velocità. Ma io sinceramente non rischierei.

assos abbigliamento prof

Dalla testa ai piedi: quali evoluzioni?

08.11.2020
4 min
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Dopo l’intervista a Marco Frapporti in cui si è parlato anche dei materiali in dotazione ai team WorldTour abbiamo analizzato i vari aspetti che influiscono sulle prestazioni. Fra questi abbiamo individuato anche la continua ricerca e sviluppo fatta dalle aziende, che porta ad avere componenti sempre più veloci e comodi. Abbiamo analizzato l’abbigliamento, i caschi e le scarpe.

Materiali più veloci

Non è un segreto che le aziende dell’abbigliamento tecnico investano molto in ricerca e sviluppo cercando di coniugare la comodità con le prestazioni. Il comfort passa soprattutto dalla capacità dei tessuti di traspirare il sudore per far rimanere asciutti i corridori. Le prestazioni si ricercano nella capacità dei capi di essere veloci, quindi aerodinamici. A tal fine negli ultimi anni i professionisti utilizzano soprattutto il body, che per sua natura rimane più aderente al corpo e quindi più aerodinamico.

Tra i marchi che riforniscono WorldTour c’è Assos. I corridori del Team NTT usano il body Houdini RS Speed Suit. L’obiettivo principale di questo capo è quello di offrire l’equilibrio migliore fra il supporto mirato e la velocità. Per fare questo è stato adottato il taglio aeroFit che è molto slanciato e aderente al corpo. E’ realizzato con il tessuto Type.441 che ha una grande tenuta compressiva e offre un comfort vellutato. Oltre alla velocità Assos punta molto sulla stabilità dei capi con il sistema A-Lock Engineering che fornisce stabilità alla parte inferiore mantenendo il fondello in sede.

Il completo Assos in dotazione al Team NTT
Il completo di Assos in dotazione al Team NTT

Altro marchio che è all’avanguardia nella ricerca dell’aerodinamica dell’abbigliamento è Castelli che rifornisce il Team Ineos-Grenadiers. I vantaggi aerodinamici misurati dai tecnici Castelli sono talmente consistenti che l’azienda italiana è arrivata a sviluppare la sesta versione della Aero Race Jersey. Questa maglia da grandi vantaggi quando i corridori si trovano fra i 30 e i 50 chilometri orari.

Freschi e aerodinamici

Per quanto riguarda i caschi il settore si è concentrato sempre di più verso l’areazione interna e l’aerodinamica. Le prestazioni migliori arrivano quando si ha in testa un casco ben areato, fresco e veloce. Fra i caschi utilizzati in gruppo il Kask Protone del Team Ineos Grenadiers si pone ai massimi livelli di prestazioni. Le aperture sono state studiate per creare un continuo flusso d’aria interno e al tempo stesso avere una resistenza aerodinamica molto bassa.

Il casco Giro Vanquish di Demare al Giro d’Italia
Il casco Giro Vanquish indossato da Arnaud Demare e compagni all’ultimo Giro d’Italia

Il plurivittorioso Arnaud Demare ha utilizzato nelle tappe più veloci del Giro d’Italia il casco Giro Vanquish che rappresenta il massimo in termini di aerodinamicità del marchio americano. La ricerca del miglioramento aerodinamico è diventata fondamentale nel professionismo, dove una volata si può perdere o vincere per meno di un centimetro. Il casco è un elemento fondamentale che può fare risparmiare diversi secondi quando si viaggia sopra i 40 chilometri orari.

Sempre più personali

Infine, un articolo che è molto personale: le scarpe. Nel ciclismo moderno è ormai sempre più rara la tendenza dei team di imporre agli atleti un marchio di squadra, a parte qualche eccezione. Il motivo sta nel fatto che la quantità e la qualità di modelli è talmente ampio che ogni corridore preferisce un tipo di scarpa piuttosto che un altro. A dimostrazione dell’elevata tecnologia di cui sono dotate le scarpe abbiamo analizzato le Specialized S-Works 7 e le DMT KR1. Le prime sono utilizzate da Peter Sagan e Julian Alaphilippe e vantano suola e soletta Body Geometry dal design ergonomico, pensato per favorire la pedalata più corretta e trasmettere tutta la potenza ai pedali. La suola in carbonio è molto rigida, mentre per la tomaia sono stati usati il tessuto Dyneema con il TPU. Per la chiusura sono presenti due Boa S3-Snap che permettono una regolazione precisa anche in sella.

Sagan al Giro con scarpe Specialized
Peter Sagan in azione sulle strade del Giro d’Italia con le scarpe Specialized

Le DMT KR1 di Elia Viviani e Tadej Pogacar vantano una tomaia realizzata in Engineered Knit 3D, che dà una sensazione simile a quando si indossa un guanto. La suola in carbonio anche in questo caso è progettata per sostenere il piede e trasmettere la forza ai pedali. Per la chiusura è presente un Boa IP1. La tendenza sempre maggiore è quella di costruire una suola molto rigida per trasmettere la forza, con una tomaia sempre più confortevole e un sistema di chiusura veloce e preciso in modo da regolarlo anche in corsa. Da non sottovalutare la possibilità, offerta da alcune aziende, di personalizzare la soletta interna per migliorare l’ergonomia e la dinamica della pedalata.

I materiali per Tokyo? Sono (quasi) pronti

05.11.2020
4 min
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Presto ci sono i campionati europei a Plovdiv in Bulgaria, ma la nazionale su pista per certi aspetti è già con la testa alle Olimpiadi di Tokyo 2021. E questi aspetti sono quelli strettamente tecnici. Entro la data di Coppa mondo a Cambridge (dicembre 2019), andavano punzonati i materiali da portare in Giappone.

Il manubrio di Ganna

Ormai il manubrio Most 3D di Filippo Ganna è diventato famoso dopo il Giro d’Italia. E’ stato oggetto del desiderio di altri atleti, delle cronache tv, dei media specializzati. Ma per la pista ci potrebbe essere un cavillo burocratico legato a questo speciale pezzo. Il manubrio di Pippo infatti è arrivato dopo la famosa “tagliola” di Cambridge. Il tecnico della nazionale, Marco Villa, però è relativamente sereno e ha una carta da giocare.

La partenza del quartetto in allenamento a Montichiari

«Proprio in previsione di eventuali cambiamenti – racconta Villa – ai mondiali di Berlino ho già fatto usare questo manubrio ad Elia Viviani. Chiaramente non è quel pezzo specifico, essendo stampato sull’atleta ognuno ha le sue forme e le sue misure. L’unica cosa che ci possono contestare è che Pippo tiene le mani con i palmi paralleli al terreno ed Elia perpendicolari, ma di fatto il pezzo ha la stessa struttura. Ganna ci si è trovato bene questa estate ed hanno realizzato il manubrio che abbiamo visto al Giro anche per la pista».

Quello per il parquet si differenzia perché non ha i fori per il cambio sulla punta delle protesi ed è leggermente più stretto nella zona dei gomiti.

In galleria del vento

La pandemia poi non aiuta Villa e i suoi ragazzi. Il 19 novembre dovevano andare al Politecnico di Milano per fare dei test su body, gomme e corridori stessi, ma il Coni ha fermato tutto: non vuol mettere a rischio la salute degli atleti. L’idea di muovere dell’aria in Lombardia, regione chiusa per Covid, non li convince, nonostante dal Politecnico arrivino rassicurazioni sulla frequenza di pulizia dei filtri. Tutto sarà rimandato a fine febbraio, marzo.

Tuttavia almeno sul fronte dei body gli azzurri sono a posto. Merito del fatto che alcuni body risultavano efficienti per un corridore e non per altri.

«Eh sì, i body indossati da Viviani e Scartezzini reagivano in modo opposto. Quello che era aerodinamico per uno, non lo era per l’altro e viceversa. Così Castelli ne ha già presentati tre».

I materiali per Tokyo

Per la scelta definitiva dei setup da montare alle Olimpiadi bisognerà essere inevitabilmente a Tokyo.

«E’ lì – dice Villa – che valuteremo cosa montare in base al clima che condiziona la pista, in particolare umidità e temperatura». 

Solo allora sceglieranno quali gomme montare e anche quali rapporti. Per le gomme, Villa ha chiesto a Vittoria (partner azzurro) il tubolare Pista Oro da 19 millimetri. In realtà questo già esiste ma non nella nuova mescola in grafene. Il brand lombardo infatti lo produce solo nelle misure 23 e 28 millimetri.

Villa lo vorrebbe all’anteriore nonostante oggi, almeno su strada, si tenda ad avere sezioni più larghe. «Nel quartetto – dice Marco – è l’atleta che apre l’aria».

Sempre legata alle condizioni climatiche, ma anche a quella delle gambe è la scelta dei rapporti.

«Se ci sarà la possibilità – riprende il tecnico – l’idea è quella di utilizzare la corona da 63 denti. Miche l’ha già preparato, ma servono le gambe! Si recupera meglio quando si sta a ruota, ma poi bisogna avere la forza di spingerlo quando si va davanti». Quindi 63×14 per tutti, semmai Michele Scartezzini, che tiene molto bene le altre frequenze ma paga qualcosa in termini di potenza, potrebbe utilizzare un dente in meno.

«Di certo – conclude Villa – non posso avere chi gira a 116 Rpm e chi a 130, come ai miei tempi».

Portaborraccia BMC

Perché cadono così tante borracce?

09.10.2020
2 min
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Durante il Giro d’Italia è emerso con forza il problema delle borracce che vengono perse dai corridori e rotolano fra le ruote del gruppo. L’episodio che ha accesso i riflettori su questo problema è la brutta caduta che ha costretto Geraint Thomas al ritiro. Noi di bici.PRO abbiamo sentito in merito Nazzareno Berto, attuale meccanico del Team Bardiani CSF Faizané ed ex professionista dei primi anni 80.

Cambio di materiali

Il punto che ci interessa approfondire con Berto è capire se è cambiato qualcosa nella forma o nei materiali utilizzati.
«Una volta i portaborraccia erano in alluminio e si potevano stringere e allargare in base alle necessità, ora con i materiali nuovi questo non si può più fare. Quelli in plastica quando sono nuovi sono molto duri, quasi si fatica ad infilare la borraccia, però dopo un po’ si smollano». Il primo punto che emerge anche dall’esperienza di Berto è che i materiali sono cambiati. Ma non sono solo i materiali ad essere cambiati «In più c’è da dire – aggiunge Berto – che la forma dei nuovi portaborraccia è sicuramente molto bella esteticamente, ma forse quelli vecchi erano più funzionali. Quelli di oggi danno meno copertura alla borraccia rispetto a quelli di una volta».

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Portaborracce e borracce, tema dibattuto al Giro
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Attenzione ai dossi

Nazareno Berto fa una riflessione molto interessante anche sulle strade. «Quando correvo io e fino a pochi anni fa, sulle strade non c’erano tanti dossi. Adesso i corridori per superarli spesso saltano con la bicicletta e al momento della ricaduta capita che la borraccia voli via».

Un altro fattore che influenza la tenuta delle borracce è proprio la natura della sede stradale. Infatti come sottolineato da Berto, i dossi sempre più numerosi possono costituire una variabile importante. Proprio in tema di imperfezioni del terreno, il meccanico della Bardiani ci ha svelato un accorgimento che apportava durante la campagna del nord, dove il pavé è la regola.
«Quando dovevamo fare le gare sul pavé, prendevamo della carta vetrata e con del biadesivo l’attaccavamo al portaborraccia. In questo modo cercavamo di evitare di perdere le borracce nei tratti di pavé. Solo che anche questa soluzione con i materiali e le forme moderni non si può più fare».

Chi si ricorda i portaborraccia in alluminio o i primi realizzati in plastica, saprà che spesso c’erano delle piccole parti in gomma. Proprio su queste veniva posto il biadesivo. Oggi la gomma non è più fra i materiali presenti sui portaborraccia.
Chissà se qualche azienda non stia già pensando a un ritorno alle vecchie soluzioni.