Nel parlare con Asia Sgaravato, aleggia sempre un velo di tristezza e non potrebbe essere altrimenti. Asia è del Team Mendelspeck, lo stesso di Sara Piffer, la sfortunata ciclista ennesimo doloroso tributo alla strada. La sua scomparsa ha ferito profondamente il team che fatica a digerire quanto avvenuto, perché Sara, il suo sorriso, la sua fame di successi non potranno mai essere accantonati nella memoria.
Asia però cerca di trovare proprio nell’esempio di Sara la forza per andare avanti: «Stiamo cercando tutte – racconta la diciottenne veronese – di tirarci fuori dal dolore, di affrontare allenamenti e gare con entusiasmo perché sappiamo che lei avrebbe voluto così. E’ stato un duro colpo per tutte. Io avevo imparato a conoscerla come avversaria, lungo le strade d’Italia, eravamo state insieme anche in un ritiro in Trentino. Era una ragazza sempre disponibile, anche se eravamo avversarie, in ogni occasione non mancava mai una parola, un saluto. Ci manca molto».
Quando ti alleni la sua vicenda ti coinvolge anche dal punto di vista emotivo? Hai paura?
Allenarsi è sempre difficile, è sempre un rischio. Io mi alleno principalmente sulle strade della Valpolicella, non è mai semplice e ci metto tutta l’attenzione possibile, ma devo dire che da queste parti il ciclismo ha una tradizione solida, il che si traduce in abitudine degli automobilisti a trovarsi davanti ciclisti e quindi a metterci grande cautela. La paura però c’è, inutile negarlo, anche di più di questi tempi perché al posto di Sara potevo benissimo esserci io o chiunque altra fa questo sport.
Parlavi di attenzione, quali accortezze cerchi di usare?
A parte tutte le segnalazioni possibili anche nell’abbigliamento, anche quando siamo in due ad allenarci andiamo in fila indiana o affiancate ma molto strette, perché sappiamo andare in bici. Ma chi non è del mestiere? Una cosa ad esempio alla quale molti non prestano attenzione è la convivenza tra ciclisti e camion: quando questo sorpassa desta un forte spostamento d’aria se è vicino e è difficile restare in equilibrio, rischi di cadere e farti male. Peggio ancora se ci si allena per la cronometro: come tieni la bici sulle protesi? Chi guida dovrebbe provare la differenza, per capire.
Di te si parla molto come un ottimo prospetto soprattutto per la pista, lo stesso Villa ha avuto molti elogi. Come ci sei arrivata?
E’ stato un cammino parallelo a quello su strada, la particolarità però è che inizialmente facevo un po’ di tutto, nel senso che mi dividevo fra endurance e velocità. Anzi, il primo anno junior ero soprattutto nella velocità, ho anche fatto parte del team ai mondiali di Cali, come deputata alla chiusura. Mi allenavo di più però con le ragazze dell’inseguimento, ero quindi un ibrido. Poi dal secondo anno mi sono dedicata solo alle prove endurance. Anche quest’inverno ho lavorato molto su pista, grazie anche al Team Mendelspeck che ha sempre visto di buon occhio la doppia attività.
Tu hai provato i due diversi settori, hai trovato molte differenze?
Sì, sono due concezioni di lavoro diverse. I lavori per la velocità sono più brevi e intensi, quelli per le altre prove più legati alla resistenza. Difficile farli convivere, ma quel che ho fatto ha avuto il suo peso, tanto è vero che nel quartetto sono impiegata al lancio proprio per le qualità di esplosività che mi porto dentro. Partire forte è un po’ la mia specialità.
E su strada chi è Asia Sgaravato?
Una ragazza che si sta scoprendo pian piano. La cosa principale è che le due attività sono complementari, ognuna serve all’altra e quindi andrò avanti continuando a dividermi. Attualmente sto cercando di lavorare molto per migliorare in salita, anche a costo di perdere qualcosina nel mio spunto veloce perché ormai nel ciclismo moderno il velocista puro non c’è più, non trova spazio. Devo cambiare un po’ le mie caratteristiche.
Riesci a far coincidere le due attività?
E’ un po’ la mia sfida costante, riuscire a tenere in equilibrio strada e pista. Il fisico però si sta abituando, non mi pesa più così tanto. La pista la inserisco a metà settimana così spezza un po’ la routine, in modo da poter caricare prima e dopo. E vedo che i lavori su pista sono molto utili nelle mie attività del fine settimana.
Il team ti supporta in che maniera?
Segue costantemente la mia attività, ad esempio modula anche il mio lavoro su pista per non sovraccaricare le ginocchia. L’attività da velocista mi aveva lasciato questo piccolo “regalo” sotto forma di problemi alle articolazioni che richiedono attenzione nella struttura degli allenamenti. D’altronde la figlia del presidente, Elena Pirrone, faceva anch’essa pista, quindi nel team sono abituati a cicliste che fanno doppia attività, sanno che benefici porta.
Continuerai quindi con la pista?
Sì, sperando che arrivino le convocazioni azzurre desiderate e che sia possibile fare gare all’estero, perché sono quelle che ti aiutano a crescere. Il calendario italiano è troppo ridotto. Quest’anno però la mia preminenza iniziale è la scuola, ho la maturità e quindi fino all’estate dovrò far coincidere sport e studio.
Ti sei posta un obiettivo?
Vorrei tanto riuscire a centrare una top 10 all’estero, sarebbe la maniera migliore per farmi vedere. Io comunque darò il massimo in ogni occasione, che sia pista o strada, in Italia o fuori, perché su quest’attività ho investito tutta me stessa.