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Cipollini, di nome Edoardo: cresce il nipote del Re Leone

27.09.2022
5 min
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Quando hai un cognome come quello di Edoardo Cipollini e corri in bicicletta, è un fardello pesante, perché vuoi o non vuoi tutti guardano a chi quel cognome lo ha portato prima e lo ha trasformato nel sinonimo di vincente. Lo sa bene Axel Merckx, corridore di vaglia (addirittura bronzo olimpico) e diesse oggi tra i più apprezzati, eppure schiacciato dal mostruoso curriculum del padre. Edoardo è il nipote di Mario (senza dimenticare suo padre Cesare, olimpico a Montreal 1976 nell’inseguimento a squadre) e con quel fardello sta imparando a convivere.

Appena 17 anni nella carta d’identità, nato a Camaiore ma residente a Lucca, Edoardo è al suo primo anno da junior e ogni gara è una scoperta. Si potrebbe pensare che sia arrivato alla bici sulle orme dei parenti, ma non è propriamente così.

«Mio padre per la sua attività e passione – racconta – mi portava spesso alla Biciclette Poli, negozio che a Lucca è un’istituzione. Vidi una biciclettina e dissi che la volevo a tutti i costi, volevo pedalare anch’io. Così iniziai per gioco e per gioco mi feci da piccolissimo tutto il giro delle mura di Lucca, oltre 4 chilometri. A quel punto mio padre m’iscrisse alle gare, già da G1».

Il 17enne Edoardo fra papà Cesare olimpico a Montreal ’76 e Ivano Fanini
Il 17enne Edoardo fra papà Cesare olimpico a Montreal ’76 e Ivano Fanini
Sapevi chi era stato tuo zio?

Da piccolo no, ma ricordo che tanti mi chiedevano, mi parlavano di lui. Io ero troppo piccolo per avere vissuto le sue gesta. Crescendo ho cominciato a cercare in rete, a guardare le sue immagini, mi sono visto centinaia di volte i video delle sue vittorie. Mi dicevano che era stato il miglior velocista di sempre, ora so il perché.

Che cosa dice Mario della tua attività?

Mi ha sempre detto di andarci piano. Mio zio non ha un carattere facile, difficile sentirgli fare qualche complimento. Ma col passare del tempo, mi ha detto che potrei fare qualcosa in questo mondo e per uno come lui che pesa tanto le parole, è davvero il massimo. Dice che i numeri ci sono, ma che c’è tanto da lavorare. Ci alleniamo spesso insieme e mi sta insegnando tanto, a cominciare dal guardare i watt e saperli valutare.

Edoardo Cipollini vince spesso allo sprint, ma ha caratteristiche diverse rispetto allo zio Mario
Edoardo Cipollini vince spesso allo sprint, ma ha caratteristiche diverse rispetto allo zio Mario
Quel cognome ti pesa?

Inizialmente sì, ma proprio con il suo aiuto mi ha fatto capire che non devo guardarci. Da piccolo un po’ lo subivo, non capivo bene perché ero sempre paragonato a lui e glielo dissi. Il confronto mi ha fatto molto bene.

Che rapporto avete?

Molto stretto. Mi insegna davvero tantissimo, inoltre mi ha fatto avere la bici e tutti gli accessori e cura molto la mia impostazione tecnica, ma non solo. Spesso mi porta con lui a vedere le gare e ne parliamo. Mi racconta tantissimi episodi della sua carriera, come si gestiva e come dovrò fare io nelle varie situazioni. Inoltre mi ha messo a disposizione la palestra che ha a casa perché grazie a lui sto imparando anche quanto contano tantissime cose non strettamente legate alla bici, dagli esercizi all’alimentazione. Non sapevo quanto gli esercizi fisici potessero influire sulla nostra attività.

Tu d’altronde essendo adolescente hai un fisico ancora in formazione…

Io sono alto 1,81 per 59 chilogrammi, sono molto diverso fisicamente da lui, ma anche lui mi dice che devo ancora crescere. Abbiamo comunque una struttura diversa e infatti anche come caratteristiche tecniche siamo diversi. Io sono veloce, faccio le volate ma ho meno potenza (in apertura foto da profilo Instagram), in compenso tengo bene anche in salita. Ad esempio sono giunto 4° alla Coppa d’Oro che è una gara dura. In volata riesco a raggiungere i 1.500 watt, così lotto alla pari anche con corridori di 70 chili, ma non credo che sarò mai uno sprinter puro.

Vittoria al GP Nogaré 2021 con la maglia di campione regionale Allievi (foto Remo Mosna)
Vittoria al GP Nogaré 2021 con la maglia di campione regionale Allievi (foto Remo Mosna)
Sono valori importanti ma in evoluzione.

Mario mi ha fatto fare diverse visite mediche, il risultato è che muscolarmente sono ancora molto infantile, devo lavorare soprattutto su quadricipiti e polpacci. Per questo la palestra è importante se fatta bene.

Guardando le gare di tuo zio e quelle del ciclismo attuale, noti differenze?

Molte. Il ciclismo di una volta era più umano, non è che passavi di categoria e già lottavi in volata con i più forti. Oggi vedi gente come De Lie che appena approdato fra gli elite li mette tutti in fila e lo stesso avviene con altri specialisti, basta guardare quel che ha fatto Ayuso alla Vuelta. Una volta dovevi fare più gavetta per emergere, ora bisogna farsi trovare subito pronti. Comunque i velocisti di oggi sono forti, ma non sono al livello di Mario o anche di Zabel.

Cipollini Sanremo 2002
La vittoria di Mario Cipollini alla Sanremo 2002, la classica più amata (foto Ansa)
Cipollini Sanremo 2002
La vittoria di Mario Cipollini alla Sanremo 2002, la classica più amata (foto Ansa)
Tuo zio ti racconta come ci si preparava?

Sì ed era molto diverso. Si usciva, si facevano distanze, si provava qualche azione. Oggi è tutta matematica: fai 10 minuti a questa velocità, poi 40” a tutta, poi… Devi seguire tabelle minuziosissime. Mio padre spesso mi dice che i tempi che si facevano nel quartetto sono quelli che si fanno ora, ma a livello individuale.

Quali sono le corse che un giorno vorresti vincere?

Mi piacciono la Liegi per le mie caratteristiche e la Strade Bianche, che secondo me dovrebbe essere la sesta Monumento. E poi c’è la Sanremo, che a casa nostra è “la” gara. Quel giorno non si muove foglia e non si parla d’altro…

MCipollini The One DB, pura velocità e un’anima racing

26.08.2022
3 min
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MCipollini ha lanciato la sua nuova collezione, proiettando il marchio in una nuova era guidata da tecnologia e innovazione. Tra le nuove arrivate in gamma c’è la The One DB, una delle punte di diamante della casa italiana. 

Geometrie sportive, tecnologia avanzata, aerodinamica e un telaio rigido come quello dei professionisti la rendono il non plus ultra per quanto riguarda la proposta strada. Il rinnovamento attraverso un impianto frenante a disco la promuove a diventare una delle bici più ambite del prossimo 2023. 

La sua aerodinamica si percepisce ad occhio nudo anche senza provarla
La sua aerodinamica si percepisce ad occhio nudo anche senza provarla

Visione

Due sono le caratteristiche che si percepiscono da questa nuova The One DB, potenza e rigidità. Da questi due punti cardine del progetto è stata sviluppata la visione di Mario Cipollini per questo nuovo modello. Le geometrie race rendono le linee sinuose e aerodinamiche completamente rivolte alla velocità e a fendere l’aria come un coltello.  Questa MCipollini è votata all’agonismo e la sua struttura ne segue la filosofia in ogni particolare.

Il manubrio in questa versione è il Vision HB Metron 5D ACR 3K
Il manubrio in questa versione è il Vision HB Metron 5D ACR 3K

Telaio accattivante

Con queste prerogative MCipollini ha sempre dimostrato estro e voglia di innovare rendendo le sue bici diverse dalla concorrenza sotto molteplici aspetti. Grazie ad un’estetica accattivante le tecnologie all’avanguardia vengono assorbite sapientemente dal design. La tecnologia TCM con il vero telaio monoscocca, permette una perfetta connessione tra il carro posteriore e il movimento centrale. Una sinergia in grado di regalare reattività e favorire lo sprigionamento dei watt sulla trasmissione. 

Il carbonio utilizzato è il T1000 con finiture differenziate tra freno a disco e rim. L’alto modulo tipico dei top di gamma MCipollini con finitura 3k viene infatti implementato per la versione a disco, mentre 1k per la rim brake. Il peso del telaio che racchiude tutte queste peculiarità si ferma a 1.160 grammi.

Feeling da gara

La struttura di questa The One viene tradotta in un insieme di caratteristiche tecniche che se sviscerate mostrano l’attenzione ai dettagli in fase di progettazione per rendere questa top di gamma degna di esserlo. Il profilo del triangolo posteriore è stato maggiorato. Questo favorisce una maggiore rigità strutturale per un trasferimento di potenza diretto al terreno

L’indole racing deriva anche dall’incredibile rigidità, voluta proprio da Mario Cipollini in seguito ai test su strada. L’avantreno e il tubo sterzo consentono infatti di ottenere elevati valori di resistenza a flessione e torsione che si tramutano in pura velocità ed indole da gara. Per quanto riguarda le coperture per creare un feeling immediato e cucito addosso alle proprie caratteristiche di guida, si possono montare pneumatici con sezione fino a 29 millimetri. 

MCipollini

EDITORIALE / Il Processo alla Tappa e Cipollini a briglia sciolta

30.05.2022
7 min
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Mario Cipollini ha ancora un fisico invidiabile e una notevole capacità oratoria. Se ne sono accorti tutti da quando, oltre ai soliti canali, Re Leone si è messo a utilizzare i social per offrire al mondo opinioni su vari temi, dalle critiche feroci a Cassani fino agli appunti tattici alla Ineos nell’ultimo Tour.

Cipollini è un grandissimo appassionato di ciclismo e ne possiede una notevole cultura. E proprio alla luce di questo, ci si chiede come mai non occupi nello sport una posizione di rilievo.

Ospite al Processo

Invitato ieri al Processo alla Tappa di Alessandro Fabretti (in apertura, l’immagine pubblicata nel suo profilo Instagram), Mario ha snocciolato alcuni concetti del suo repertorio che forse, proprio per averli ascoltati più volte, hanno in certi momenti convinto e in altri disarmato.

Si parlava del Giro che si è risolto negli ultimi 3 chilometri del Fedaia. E che tutti, in alcuni momenti, abbiamo definito noioso. E il discorso è finito sulla scientificità di un certo modo di fare ciclismo.

Aperta parentesi. Non ci stancheremo mai di ripetere che per risparmiarci tante chiacchiere e tappe noiose, basterebbe togliere di mezzo i misuratori di potenza quando si corre. Chiusa parentesi.

«E’ arrivata la matematica nel ciclismo – ha detto Cipollini – ci sono degli addetti delle squadre che fanno uno screening totale delle potenzialità dei tuoi avversari, per cui cominci a lavorare su quello. Non c’è più l’istinto e neanche la collaborazione con il direttore sportivo. Una cosa che mi sembra di capire è che sono squadre molto importanti, ben organizzate, ma mancano uomini di esperienza. Io sono arrivato nel ciclismo e c’era Marino Amadori nella mia squadra e io ho imparato da lui. In realtà adesso è tutto basato su programmi e su mail».

Il Giro d’Italia si è risolto negli ultimi 3 chilometri del Fedaia, ma il lavoro ai fianchi della Bora è iniziato da Torino
Il Giro d’Italia si è risolto negli ultimi 3 chilometri del Fedaia, ma il lavoro ai fianchi della Bora è iniziato da Torino

Integratori o flebo?

Cosa gli vuoi dire? E’ verissimo. Ma togli la lettura della potenza e la possibilità che te la forniscano dalla macchina e sai cosa te ne fai di quei numeri? Sul fatto che manchino uomini di esperienza da cui imparare, in realtà ci sarebbe da distinguere. Basterebbe chiedere ai ragazzi che passano nelle squadre, ma si tratta di situazioni soggettive.

«La stessa alimentazione…», ha proseguito Cipollini. «Gli atleti ora si alimentano in modo che iniziano a recuperare grazie a dei ritrovati migliorativi che gli permettono di ricostruire immediatamente il glicogeno per essere di nuovo pronti il giorno dopo. Io non voglio dire che sia peggio o che sia meglio, è un ciclismo completamente differente».

Si chiama progresso, coinvolge tutto il gruppo e non solo i grandi capitani. Si cerca di investire su un modo lecito di recuperare, non potendo più ricorrere come un tempo alle flebo. Non è meglio adesso?

Il podio di Sobrero con il tricolore è stato lo spunto per le parole sulla necessità di un team italiano
Il podio di Sobrero con il tricolore è stato lo spunto per le parole sulla necessità di un team italiano

Ferrari, Conconi e il nuovo mondo

Poi però, davanti al podio tricolore di Sobrero con l’Inno di Mameli nell’Arena, il discorso è finito sulla necessità di avere un team italiano.

«Non parliamo di questa cosa – è partito Cipollini – perché io sono uno di quelli che lotta per dire che serve una squadra italiana. Dobbiamo per forza far sì che in Italia venga dalla politica sportiva. Deve essere creata una squadra italiana, di matrice italiana, con atleti italiani, con tecnici italiani. Perché noi abbiamo insegnato a tutti a fare il ciclismo. La matematica del ciclismo è nata grazie a due scienziati. Uno che si chiamava Conconi e l’altro Ferrari, che hanno aperto un mondo completamente nuovo. E noi ora siamo indietro a tutti».

Ovviamente non stava scherzando. Raccontano dalla Bardiani di avergli impedito di fare certi discorsi su Ferrari davanti a un giornalista, quando si è presentato in ritiro a Calpe.

Cipollini ha partecipato al ritro spagnolo della Bardiani. Qui con Fiorelli
Cipollini ha partecipato al ritro spagnolo della Bardiani. Qui con Fiorelli

Un periodo buio

E’ innegabile che quei due medici abbiamo riscritto la letteratura dell’allenamento. Hanno aperto un mondo completamente nuovo e i Palazzi del potere se ne sono serviti per vincere medaglie a ogni costo. Ma il mondo completamente nuovo aperto da quei due signori (per il quale uno è stato radiato e l’altro salvato dalla prescrizione) è il motivo per cui il ciclismo italiano è sprofondato nello scandalo e nella vergogna. Il motivo per cui ancora oggi ci sono sponsor che hanno paura di avvicinarsi. Il motivo per cui in Italia è vietata la tenda ipobarica. E se noi ora siamo indietro a tutti e non abbiamo una squadra, è perché pochi sono disposti a credere nel ciclismo. Posizione strumentale? Può darsi, provi semmai Mario a fargli cambiare idea.

Nei giorni scorsi Hindley ha raccontato che a causa delle chiusure Covid non può tornare a casa da due anni
Nei giorni scorsi Hindley ha raccontato che a causa delle chiusure Covid non può tornare a casa da due anni

La passione del ciclista

Ma visto che nessuno in studio si è sentito di muovere appunti, la trasmissione è andata avanti, fra le parole emozionate di Hindley e nuovi concetti da parte di Cipollini.

«Si percepisce che c’è un cambiamento anche psicologico», ha detto. «Questi atleti parlano di sacrifici, della difficoltà di stare lontano dalle famiglie, ma questo è normale per chi fa il ciclismo. Fare ciclismo è il momento più bello della vita, se ne accorgeranno nel momento in cui smettono. Allora mi piacerebbe che ci fosse un uomo come Alfredo Martini che potesse raccontare loro cos’era il ciclismo, quando dovevano partire 9-10 giorni prima per raggiungere il Tour de France perché c’erano le linee del treno interrotte dai bombardamenti.

«Subiscono questo senso di difficoltà nel fare una cosa che in realtà è figlia soltanto della passione. Guadagnano un sacco di soldi, come è giusto che sia. Sono all’interno di un sistema in cui hanno 40 persone che lavorano per loro dalla mattina alla sera. E si lamentano perché fanno dei sacrifici. I sacrifici verranno ripagati da qualcosa, ma è la tua passione che ti ha portato a questo. Per cui servirebbe qualcuno più vecchio e un po’ più esperto a raccontargli secondo me com’è veramente la vita».

La lezione di Martini ha formato generazioni di atleti e uomini: l’onestà prima di tutto
Alfredo Martini ha sempre affrontato il presente senza imporre il passato

Servirebbe Martini

Potrebbe essere lui? Si è mai candidato? Le sue parole, in parte condivisibili, sono sembrate persino piene di nostalgia. Difficilmente i corridori si lamentano dello stare lontani da casa e certamente sostengono una mole di ritiri molto superiore a quella dei tempi di Mario. Hindley ha semplicemente raccontato che a causa del Covid non torna in famiglia da due anni. Mentre Alfredo Martini, tirato in ballo da Cipollini, una volta disse una frase, segno della sua grande modernità.

«Quando sono davanti a dei corridori giovani – disse – non racconto com’era ai miei tempi. Se lo facessi perderei la loro attenzione. I giovani vogliono sapere cosa succederà, non cosa è già successo».

Servirebbe davvero Martini per spiegare che correre con coraggio è sicuramente più apprezzabile del correre col bilancino. Oppure forse Alfredo sarebbe in grado di indicare la via di mezzo fra un ciclismo cauto e uno troppo… spregiudicato. Siamo anche certi che per farlo troverebbe argomenti moderni e non condizionati da memorie che il tempo ha già masticato e messo via.

Cipollini ha aperto uno spiraglio di verità sul passato, omettendo di raccontarlo tutto. E’ stato come quando capiti in certi bar pieni di signori nostalgici. Che rimpiangono gli anni del fascismo e citano lo splendere delle mostrine, delle bonifiche e delle conquiste. Dimenticando o fingendo di non aver visto il dolore e le vittime.

Mugnaini 2018

La storia del Re Leone attraverso le mani di Mugnaini

05.02.2022
5 min
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Ci sono due vite ciclistiche ben distinte, unite nella figura di Gabriele Mugnaini. La prima è quella di ciclista professionista, durata solo 6 stagioni dal 1973 al ’78, i primi 3 alla Filotex, gli altri alla Vibor, correndo al servizio di campioni come Bitossi, Zilioli, Moser e Visentini. Mugnaini era il classico gregario, sempre pronto a sacrificarsi per i suoi capitani, ma capace anche di qualche exploit come il secondo posto nel GP Industria e Artigianato nel 1977.

La seconda è quella da fisioterapista, con mani divenute nel tempo preziose, forti e delicate al tempo stesso, capaci quasi di parlare ai muscoli dei campioni massaggiati. Uno per tutti, Mario Cipollini, con il quale ha condiviso tante stagioni e soprattutto stati d’animo susseguenti a vittorie e sconfitte. Oggi Mugnaini, che l’11 febbraio compirà 72 anni, è in pensione ma spesso viene richiamato per la sua esperienza, ad esempio all’Eroica dove tutti vogliono attraverso un massaggio da esperto sentire anche i suoi racconti del bel tempo che fu.

Mugnaini Filotex 1975
Mugnaini ha militato per 6 anni fra i pro’, i primi 3 alla Filotex. E’ nato l’11 febbraio 1950
Mugnaini Filotex 1975
Mugnaini ha militato per 6 anni fra i pro’, i primi 3 alla Filotex. E’ nato l’11 febbraio 1950

Il lungo massaggio a De Vlaeminck

La sua storia di massaggiatore iniziò grazie all’interessamento di un corridore che sapeva di questa sua passione e gli suggerì di farne un lavoro: Bruno Vicino, il campione del mondo degli stayer. «A quei tempi i soldi per chi correva erano pochi – ricorda l’aretino di Montemignaio – per me era una svolta per la mia vita e sarei anche rimasto in quell’ambiente. Sapete chi fu il primo a capitare sotto le mie mani? Un certo Roger De Vlaeminck, alla Gis. Ero così emozionato, quello che lo massaggiava abitualmente non poteva. Ricordo che ci misi 18 minuti per una gamba e 13 per l’altra, un’eternità… Lui alla fine sorridendo mi disse: «La prossima volta ti compro una sveglia…”».

La sua storia di massaggiatore è legata a doppio filo a quella del Re Leone: «Con Cipollini abbiamo cominciato alla Del Tongo. Era ancora molto giovane, in quella squadra incentrata su Saronni, anche lui curato da me, ma saltuariamente. Ricordo una volta in Puglia, aveva dovuto tirare la volata a Lecchi, mentre lo massaggiavo mi disse serio: “Tra un anno li mangio tutti…”. Sapeva bene quel che voleva…».

La sicurezza di Cipollini

Tutti nell’ambiente dicono che Cipollini avesse un carattere difficile, davanti ai suoi occhi Mugnaini ne ha viste di tutti i colori: «Dicevano che era un montato, invece era semplicemente uno concentrato sul suo lavoro a livelli estremi. Poi sì, il carattere era fumantino, è chiaro. Quando le cose andavano bene si scherzava anche durante il massaggio, al contrario era inavvicinabile, scontroso e si doveva fare silenzio. Bisognava starci insieme 10 mesi l’anno per conoscerlo, ma avevamo il nostro equilibrio, sapevo quando e come prenderlo».

Al di là degli episodi, Mugnaini ha un’idea precisa su Cipollini: «Era un precursore rispetto al ciclismo di oggi. A dicembre si partiva per il Sud Africa, erano in programma 10 giorni ma se le cose andavano bene si restava molto di più. Avevamo un ristorante di riferimento, italiano, dove lo conoscevano bene e in quei giorni era davvero una compagnia piacevole. Ma quando si cominciava ad avvicinare l’obiettivo, era il massimo della concentrazione. E questo suo spirito è stato d’insegnamento a tanti: alla Saeco tutti erano mentalmente indirizzati verso l’obiettivo, non si sgarrava».

Mugnaini rifornimento
Negli anni Mugnaini è sempre rimasto nell’ambiente, prodigandosi al di là del lavoro di fisioterapista
Mugnaini rifornimento
Negli anni Mugnaini è sempre rimasto nell’ambiente, prodigandosi al di là del lavoro di fisioterapista

Mugnaini, psicologo al bisogno…

Il massaggio del dopo gara, al di là del puro aspetto fattuale, era una sorta di “camera caritatis”: «Il massaggio durava anche più di un’ora, nella quale Mario si sfogava su tutto quel che era avvenuto. Io lo lasciavo parlare, era quello di cui aveva bisogno. Poi come detto c’erano le volte che non aveva voglia di dire nulla e altre che scherzava».

Qual è stata allora la volta che si è più arrabbiato? «Eh, non dimenticherò mai il giorno della Gand-Wevelgem del ’94. Va via una fuga importante con dentro anche Franco Ballerini, ma grazie al lavoro della squadra i corridori vengono ripresi a 3 chilometri dal traguardo. Invece di preparare la volata a Mario, Franco riparte con Wilfried Peeters, arrivano in due e perde. Cipo voleva la terza vittoria consecutiva, era furioso: arrivati al camper ci dice a tutti di scendere e si chiudono dentro loro due, le urla si sentivano per tutta la città…».

Cipollini Sanremo 2002
Dopo tante delusioni, finalmente Cipollini centra la Sanremo nel 2002 (foto Ansa)
Cipollini Sanremo 2002
Dopo tante delusioni, finalmente Cipollini centra la Sanremo nel 2002 (foto Ansa)

Il giorno più bello

Ci sono però stati anche momenti speciali: «La Sanremo del 2002, mai visto così contento. Quella era diventata una vera ossessione, partiva tante volte come favorito ma non riusciva mai a centrare l’obiettivo. Era al settimo cielo. E poi il mondiale: io c’ero, sin dal ritiro premondiale di Salsomaggiore. In squadra erano tutti concentrati, ma sotto sotto si temeva che Petacchi avrebbe fatto il doppio gioco, invece fu fantastico».

I rapporti con il tempo si sono diradati, ma non manca anno che non ci si veda: «Carube il meccanico suo e mio amico organizza una corsa a Lucca, non manchiamo mai ed è sempre bello ritrovarsi » . Come sarebbe allora Cipollini in carovana oggi? « Sarebbe ancora un innovatore, la preparazione era un chiodo fisso. Magari si scontrerebbe con chi fa cose che a suo modo di vedere non sono giuste, ma sarebbe un preparatore ideale, con tanto da trasmettere. Purtroppo con il suo carattere non si è fatto tanti amici…».

Le bici di Cipollini affidate a “Carube”. Un viaggio nella tecnica

23.11.2021
5 min
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Carube, al secolo Roberto Lencioni (in ammiraglia nella foto di apertura) è stato per anni lo storico meccanico di Mario Cipollini. Quante avventure insieme, quante vittorie e quante bici ha dovuto preparare per Re Leone, toscano come lui.

E certo stare vicino ad un personaggio istrionico come Mario non era facile. Cipollini dava molto e pretendeva anche molto dal suo staff. E poi con la tecnica aveva una sensibilità sopraffina. Ma Carube sapeva come prenderlo.

Mario, alla Del Tongo, sigla il primo dei 42 successi al Giro d’Italia 1989 sul traguardo di Mira
Mario, alla Del Tongo, sigla il primo dei 42 successi al Giro d’Italia 1989 sul traguardo di Mira

Carube davanti a Mario

«Ho iniziato con lui tra i professionisti nel 1989 alla Del Tongo – spiega Lencioni – ma lo conoscevo già da prima perché ero stato meccanico di suo fratello Cesare. E anche da ragazzino, non abitando lontano, lo vedevo spesso. Capitava anche al mio negozio».

«Mario – continua Carube – era pignolo sì, ma non diverso da altri. Certo, non era semplice stargli dietro, ma per me era più facile, poiché conoscendolo sapevo più o meno cosa voleva o avrebbe voluto e così mi “portavo avanti” se usciva qualcosa di nuovo o di particolare. Magari colorazioni delle bici, alcuni materiali da provare. Lui magari ti dava degli input su scelte o materiali e voleva che fossero messi in atto al più presto. 

«E capiva subito se una cosa andava oppure no. Mario saliva in bici, faceva dieci metri e magari ti diceva: questa sella è più bassa di un millimetro. Tu la misuravi ed era più bassa di un millimetro».

La Specialized di Zolder

Della sensibilità di Cipollini un po’ tutti ci hanno parlato. Mario era (ed è) un tecnico sopraffino. Sa come deve essere una bici e soprattutto cosa vuole… da una bici

«In tanti anni per lui ho allestito non so quante bici – dice Carube – ma ricordo in particolare le due del 2002. L’anno della Sanremo e del mondiale. Era la prima volta che lavoravamo con Specialized. Sostanzialmente Mario in quella stagione utilizzò due biciclette: quella appunto della Classicissima, della Gand e delle sei tappe al Giro e quella del mondiale.

«La prima tutto sommato era standard. Così l’avevamo richiesta e così la montai, a parte qualche piccolo intervento per le gare in Belgio, su gomme e ruote. Mentre per il mondiale di fatto fu stravolta».

«Con Specialized preparammo un telaio speciale. Mario voleva una bici che assolutamente non disperdesse energia. E così, su sue indicazioni, i foderi posteriori furono maggiorati. Parliamo di un telaio in alluminio e questi foderi avevano un diametro di 22 millimetri.

«Ma il grande lavoro fu fatto sull’orizzontale. Questo fu abbassato di un centimetro e mezzo, ma soprattutto venne cambiata la sua forma. Specialized all’epoca faceva tubi ovali: questo invece dal piantone partiva tondo e man mano che si avvicinava al tubo di sterzo diventava quadrato. Non fu facile scendere quel centimetro e mezzo, perché poi all’anteriore Mario era molto basso e questo tubo era grande. Si era davvero al limite. Era una soluzione che irrigidiva un bel po’ la bici, ma la rendeva circa 150 grammi più pesanti. 

«Per ovviare a questo aumento di peso, intervenne sulle ruote. E decise di usare delle ruote che non erano in dotazione al team, delle Lightweight, ma anche queste erano state irrobustite per lui».

Nella corsa rosa del 2002 invece si porta a casa ben sei tappe. Qui la sesta a Milano
Nella corsa rosa del 2002 invece si porta a casa ben sei tappe. Qui la sesta a Milano

Re Leone tradizionalista

Davvero uno spettacolo questi aneddoti! Una volta si poteva intervenire con maggior facilità sulla personalizzazione delle bici. Non c’erano i monoscocca. Tanto più che si parla di alluminio…

«Cipollini non ha mai gareggiato con un telaio in carbonio, almeno da quel che so io o finché è stato con me. E ne ha provati… Una scelta sua. Anche dopo che lasciò la Domina Vacanze e passò alla Liquigas, ha utilizzato una bici in alluminio. A quei tempi il carbonio iniziava a fare gola, ma lui non ne voleva sapere. Il carbonio lo ha chiaramente iniziato ad usare dopo… dopo che ha smesso».

Con l’alluminio Re Leone poteva avere la bici a sua immagine e somiglianza: le sue geometrie, le sue misure, la quantità del materiale a seconda dei punti del telaio…

E sugli altri componenti com’era Cipollini? Carube risponde pronto…

«Stava attento a tutto, ma non era così eccessivo come si pensa… Soprattutto dopo che arrivò Specialized, azienda che decise d’investire molto e che aveva un altro modo di fare, ebbe la possibilità di provare molti più componenti, però al tempo stesso si doveva tenere conto delle sponsorizzazioni».

«E poi è vero che era sul pezzo, ma era anche tradizionalista. Le scarpe per esempio. Quando trovava il modello con cui stava bene, non le cambiava fino alla fine. O le selle. Magari ne provava 15, ma tanto alla fine tornava su quella con la quale si era trovato meglio. Pensate che io neanche la toglievo più dal cannotto. La smontavo con tutto il reggisella! Quando rientrava gli rimontavo subito la sua e già sapevo che era a misura».

Oggi Cipollini ha un suo marchio di bici e dietro la progettazione dei telai c’è sempre il suo zampino
Oggi Cipollini ha un suo marchio di bici e dietro la progettazione dei telai c’è sempre il suo zampino

Cipo e le bici di oggi

E oggi Mario Cipollini che bici userebbe? Il meccanico come il massaggiatore è colui che meglio entra nella testa del corridore, e Lencioni lo sa bene.

«Oggi – conclude Carube – Mario vorrebbe una bici che rispecchia quelle che produce (e infatti dietro ogni Mcipollini c’è la sua impronta). Se gareggiasse di certo vorrebbe due bici: una per le corse a cui tiene meno e una per quelle in cui punta.

«La prima sarebbe una bici leggera e confortevole che lo possa agevolare in salita, una bici pensata per risparmiare energie. La seconda sarebbe una bici super rigida, che possa esaltare le sue doti di velocista».

Vos Balsamo 2021

Balsamo come Cipollini nel 2002? Ecco il perché…

30.09.2021
5 min
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Un minuto, una volata, un’emozione che si stampa nella mente e non vuole andar via. A qualche giorno di distanza dalla vittoria di Elisa Balsamo ai Mondiali, quell’autentico capolavoro tecnico è ancora oggetto di discussioni. A chi ha qualche anno in più e non si perde un’edizione della rassegna iridata, quella volata di Flanders 2021 ha ricordato un’altra edizione che curiosamente si svolse sempre in Belgio: Zolder 2002, la trionfale cavalcata di Mario Cipollini.

Abbiamo allora pensato di rivivere le due gare in parallelo, non solo riguardandole nei video per trovare punti in comune e altri momenti dissonanti (come è normale che ci siano) ma anche sentendo due personaggi che di quelle cavalcate sono stati attori importanti: Alessandro Petacchi nel primo caso, Marta Bastianelli più recentemente.

Azzurre Zolder 2021
Il gruppo azzurro festante sotto il podio: da sinistra Confalonieri, Guazzini, Longo Borghini, Cecchini e Bastianelli
Azzurre Zolder 2021
Il gruppo azzurro festante sotto il podio: da sinistra Confalonieri, Guazzini e Longo Borghini

La preparazione

Quella volata di Zolder era stata pianificata a lungo, studiata a tavolino: «Ma quello che metti su carta ben difficilmente poi si tramuta in realtà – ammonisce Petacchi – e devi essere bravo a saper improvvisare. A noi venne a mancare Bettini, che… s’intruppò con Freire, ci trovammo così ad affrontare la volata con un uomo in meno. Di Luca aveva tenuto alta l’andatura sullo strappo finale. Scirea e Bortolami avevano fatto la loro parte. Io ero il penultimo uomo, ma mi trovai a dover guidare il treno dai meno 1.200 ai meno 600 metri. Una trenata pazzesca, ancora non so dove trovai le forze. Poi toccò a Lombardi lanciare Mario verso il titolo».

Nel caso di Leuven, le cose stanno in maniera leggermente diversa: «Sapevamo della possibilità di finire la gara in volata e avevamo stabilito i ruoli, ma ha ragione Alessandro, le cose non vanno mai come te le aspetti – afferma la Bastianelli – io ero esentata dal treno, ero una sorta di jolly che poteva tentare l’azione nel finale e/o parare i colpi delle avversarie ed è stato proprio così, soprattutto con la micidiale sparata della Van Vleuten. Quando ho lasciato sfilare il gruppo verso la volata finale sono rimasta sorpresa vedendo che la Confalonieri era in testa al treno azzurro. Sulla carta lei era l’ultima prima di lasciare spazio alla Balsamo, ma in corsa si sono messe d’accordo in maniera diversa».

Bastianelli Balsamo Leuven 2021
L’abbraccio tra la Bastianelli e la Balsamo: nell’ultimo giro l’intesa fra le due è stata determinante
Bastianelli Balsamo Leuven 2021
L’abbraccio tra la Bastianelli e la Balsamo: nell’ultimo giro l’intesa fra le due è stata determinante

L’imprevisto

Le tattiche sono qualcosa che vale come una tela sulla quale però il dipinto è sempre in base all’estro individuale, bisogna saper inventare, ma non sempre si può: «Vi racconto un particolare – interviene Petacchi – facendo la ricognizione avevamo stabilito la volata nei particolari e Bortolami la sera prima si era raccomandato: “Io tiro fino alla curva, poi mi tiro fuori, passatemi sulla destra per affrontare la discesa così non perderete velocità”. Un treno va studiato nei minimi particolari, ma come detto l’assenza di Bettini mi costrinse ad allungare il mio lavoro. Se Bortolami l’avesse saputo, avrebbe sicuramente affrontato la curva in testa. In quei frangenti però non hai il tempo di voltarti e capire cosa succede, quindi svolse appieno il suo compito».

«Il nostro momento difficile è stato prima dell’avvio del treno – rammenta Marta – sull’ultimo strappo la Balsamo era rimasta leggermente staccata, solo qualche metro ma poteva perdere l’attimo. Mi sono messa al suo fianco e senza dirci niente ci siamo riavvicinate alla testa. Volevo darle coraggio, convinzione che poteva farcela, non c’era bisogno di parlarci, in certi casi t’intendi col pensiero».

Cipollini Zolder 2002
Lo straordinario sprint di Cipollini a Zolder 2002, il momento finale di una volata dominata dalla squadra italiana
Cipollini Zolder 2002
Lo straordinario sprint di Cipollini a Zolder 2002, il momento finale di una volata dominata dalla squadra italiana

La stoccata del campione

Petacchi, Lombardi e poi fu tutto pronto per l’assolo finale di Cipollini, che finì non per vincere, ma per dominare: «Mario era un velocista atipico, dalla struttura possente, alta. Chiaramente quella macchina umana aveva bisogno di tempo per raggiungere la massima velocità, per questo pensò che gli serviva essere lanciato dai compagni. Non so se la moda dei treni nacque con lui, Mario ha vinto tante corse e molte in maniera differente, senza il cosiddetto treno. Sicuramente per lui era però importante, anche perché avere chi ti pilota ti consente di prendere meno vento. Ormai tutte le volate hanno le squadre che cercano di costruire il treno giusto e si viaggia a grandi velocità. Se notate, nell’ultimo chilometro le posizioni sono comunque ormai consolidate proprio perché si va forte».

«Anche nel ciclismo femminile è da qualche anno che i team principali cercano di costruire i treni giusti per le loro sprinter – interviene la Bastianelli – io ormai non ho più quella base di velocità per affrontare gli sprint a ranghi compatti, posso giocarmi le mie carte in arrivi ristretti o cercare altre vie».

Balsamo Longo Borghini 2021
La Longo Borghini davanti alla Balsamo: nello sprint finale la neoiridata è stata bravissima a pilotare la compagna
Balsamo Longo Borghini 2021
La Longo Borghini davanti alla Balsamo: nello sprint finale la neoiridata è stata bravissima a pilotare la compagna

Le parole di Elisa

C’è un momento nello sprint vincente della Balsamo sul quale è necessario tornare: Elisa Longo Borghini che la stava pilotando si stava per far da parte, Elisa con un urlo le ha detto di continuare a tirare perché era troppo presto: «E’ vero – testimonia la Bastianelli – in quel momento è stata lucida e scaltra, aveva bisogno che la Longo Borghini spendesse quelle ultime energie rimaste per lanciarla più avanti anche perché gli ultimi 100 metri erano in leggera salita. Al mattino ci eravamo dette che decisive sarebbero state le tempistiche in caso di arrivo in volata, il minimo errore avrebbe rischiato di compromettere tutto. In quel caso la Balsamo è stata attentissima a rispettare il copione e il risultato l’ha premiata».

«Io sono convinto, rivedendo la volata, che se la Longo Borghini si fosse fatta da parte, la Vos avrebbe vinto – interviene Alessandro in base alla sua esperienza di mille volate – per battere una campionessa come l’olandese servono gambe al massimo ma soprattutto una tattica precisa, se si fosse trovata davanti troppo presto non avrebbe fatto altro che tirare la volata alla Vos che poi l’avrebbe saltata, così invece non aveva più né spazio né gambe abbastanza fresche per farlo. Quella vittoria è stata un capolavoro anche per questo». 

MCipollini al Cicalino: si girano i lanci 2022…

05.07.2021
3 min
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La meravigliosa Tenuta Il Cicalino di Massa Marittima, un vero e proprio piccolo angolo di Paradiso nella verdissima Maremma Toscana, è sempre più legata a MCipollini. E proprio il bike brand italiano, che ricordiamo fa riferimento al Gruppo Zecchetto, ha scelto la centenaria struttura della Famiglia Vecchioni.

Nelle scorse settimane, l’agriturismo grossetano è stata la sede per produrre i contenuti fotografici e video per il lancio delle novità di prodotto 2022.

Una veduta aerea di una parte della vasta tenuta Il Cicalino
Una veduta aerea di una parte della vasta tenuta Il Cicalino

Territorio ideale per il turismo in bici

E naturalmente al Cicalino non poteva non esserci lui, Mario Cipollini, che allo stesso marchio di biciclette dà il nome e trasferisce il suo “know-how”. Mario, ancora in grandissima forma, è un testimonial ideale. E’ volto e “gambe” del brand e per questo è impegnato a rappresentare l’immagine più dinamica e creativa della prossima campagna pubblicitaria MCipollini.

Dopo alcuni ritiri pre-stagionali che hanno ospitato anche il team Bardiani Csf Faizanè (al quale MCipollini fornisce le biciclette), l’Agriturismo Tenuta Il Cicalino si propone sempre più come una destinazione ideale per scoprire in bicicletta il territorio dell’Alta Maremma e delle province di Grosseto e Siena.

“Vieni a scoprire la magia di un territorio antico e fedele”: è questo l’efficace slogan che Il Cicalino ha scelto per identificarsi e per promuovere la propria struttura ricettiva. La struttura è immersa nel verde ed è costituita da antichi Poderi in pietra risalenti ai primi anni dell’800. La località più vicina è quella di Massa Marittima: un borgo antico e conosciuto per le sue tradizioni e per la sua cultura. A far da cornice a Massa Marittima c’è una natura rigogliosa, perfetta per i momenti di relax. E allora rilassarsi nelle piscine dell’Agriturismo Tenuta Il Cicalino, assaporare nell’esclusivo ristorante i piatti tipici della tradizione toscana, oppure trascorrere qualche ora “coccolati” nell’esclusivo centro benessere… non avrà prezzo.

Cipollini qui è di casa e è stato nella tenuta anche durante il ritiro con la Bardiani
Cipollini qui è di casa e è stato nella tenuta anche durante il ritiro con la Bardiani

Collaborazione e sinergia ok!

Per questo il connubio tra MCipollini e Il Cicalino non poteva davvero trovare migliore sinergia. Per chi vorrà trascorrere le proprie vacanze all’insegna dello sport, e della bicicletta da strada in particolare, troverà in questo contesto dei percorsi da favola, già tracciati, con pochissimo traffico e ad una manciata di chilometri da un mare meraviglioso: il più bello della Maremma Toscana.

Inoltre, le guide estremamente competenti della Tenuta già accompagnano gruppi di turisti in bicicletta in visite guidate di ogni livello attraverso questo territorio incantato, assicurando sempre emozioni uniche in un contesto di paesaggi mozzafiato.

mcipollini.com 

tenutacicalino.com

Martinello a raffica da Ganna a Nibali, aspettando i Giochi

09.06.2021
6 min
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Anche se si potrebbe andare avanti parlando delle elezioni federali perse sul filo di lana al primo turno poi inevitabilmente nel secondo, dei sorprendenti voltafaccia e dei singolari comportamenti di cui racconta, con Silvio Martinello si ragiona un gran bene di Giochi Olimpici. Tokyo è alle porte. E anche se sul piano tecnico le specialità sono irriconoscibili, ci sono dinamiche ben chiare per chi c’è stato dentro e in un giorno d’estate, sia pure lontano, chinandosi dal podio ha infilato la testa nel nastro di una medaglia d’oro. Nel frattempo con la riapertura delle palestre, anche il suo centro di Selvazzano si è rimesso in movimento e dentro c’è un gran lavoro da fare per sistemare carte e strutture. 

Viviani Rio 2016
Viviani commosso dopo l’oro dei Giochi di Rio 2016 nell’omnium: ora Elia fa rotta su Tokyo
Viviani Rio 2016
Viviani commosso dopo l’oro dei Giochi di Rio 2016 nell’omnium: ora Elia fa rotta su Tokyo
Europei cancellati, si arriva alle Olimpiadi senza alcun riferimento…

Sarebbero serviti, in effetti. Finché parliamo di discipline fondate sul cronometro, i valori sono quelli e si riuscirà a fare la selezione anche stando a casa. I tecnici lavoreranno tenendone conto. Credo anche che le squadre italiane, maschile e femminile, abbiano l’esperienza che serve. Dovremmo essere coperti e mi sembra che ci sia un motivato ottimismo. Semmai ci sarà da curare i dettagli, anche i più piccoli. Una disciplina come il quartetto si gioca soprattutto su quelli.

E’ la prima volta che tanta parte del quartetto corre il Giro d’Italia: un vantaggio?

In effetti è una bella novità. Anche il quartetto di Atlanta andò bene, ma erano tutti dilettanti. Non so come Marco abbia conciliato i due tipi di preparazione, perché ora è il momento di mollare tutto e concentrarsi sull’evento. So ad esempio che in quest’ottica Viviani farà la Adriatica Ionica Race. Ero con Argentin a fare sopralluoghi quando lo ha chiamato Marco Villa dicendogli questa cosa.

Letizia Paternoster
Letizia Paternoster in rotta verso le Olimpiadi dopo un anno davvero faticoso, fra problemi di salute e sfortuna
Letizia Paternoster
Letizia Paternoster in rotta verso le Olimpiadi dopo un anno davvero faticoso
A proposito di Viviani, sia lui sia Letizia Paternoster sono da un po’ i riferimenti del nostro movimento, ma arrivano a Tokyo senza il gusto della vittoria in bocca, come la mettiamo?

Sono due soggetti molto sicuri di sé. Due atleti abituati a certi palcoscenici, con l’esperienza per sapersi ascoltare. Al momento giusto sapranno dire cosa sono in grado di dare. Sono convinto che entrambi speravano in un miglior avvicinamento, perché vincere aiuta. Diciamo che questa può essere una fase critica da gestire.

Quanto critica?

Paternoster fa parte del quartetto e punta all’omnium, in cui è sempre stata fra le prime. Difficile però che in questo anno tribolato sia riuscita a colmare il gap di prestazione e di struttura fisica, per il quale ha solo bisogno di crescere. Mentre Viviani un’Olimpiade l’ha già vinta e ripetersi è complicatissimo. Anche perché non mi pare lo stesso atleta degli anni alla Deceuninck-Quick Step. Nella madison correrà con Consonni, che ha dato segnali importanti. Anche quella è una specialità che Villa ben conosce e su cui dovrà lavorare con molta attenzione. Li ho osservati, finché si è potuto, qualche errorino ancora lo fanno. Gli europei a loro sarebbero serviti più che agli inseguitori.

Jonathan Milan, Liam Bertazzo, Montichiari, 2020
Jonathan Milan è l’ultimo arrivato nel quartetto e ha portato un sostanzioso valore aggiunto
Jonathan Milan, Liam Bertazzo, Montichiari, 2020
Jonathan Milan è l’ultimo arrivato nel quartetto e ha portato un sostanzioso valore aggiunto
In più c’è da dire che l’omnium è cambiato…

E questo non è necessariamente un male. Di sicuro avrà addosso gli occhi di tutti, ma se prima l’omnium aveva tre specialità di prestazione in cui il più forte era sicuramente privilegiato, ora ci sono quattro specialità di situazione.

Viviani e Paternoster non al top possono incidere sul clima delle rispettive squadre?

Elia è preminente fra gli uomini per esperienza e amalgama, ma come qualità e motore si divide il ruolo con uno che non sarà ancora campione olimpico, ma è 5 volte campione del mondo (uno nella crono e 4 nell’inseguimento, ndr): Filippo Ganna. Letizia è sempre stata vista come il gioiellino, che però nel frattempo si ritrova con un’Elisa Balsamo che è cresciuta tanto ed è molto considerata. Forse la gente vede ancora davanti l’immagine di Letizia, ma la vera ledaer da quanto si capisce è Elisa. Sono tutti ragazze e ragazzi intelligenti, troveranno modo di fare gruppo e fare squadra.

Credi che Viviani farà il quartetto?

Non ho parlato di questo con Villa, ma ho qualche dubbio. Dovessi fare i nomi, direi Lamon, Consonni, Ganna e Milan. Dai riscontri che ho, Elia è stato per diverso tempo lontano dalle piste e non sarà semplice fare quei tempi. Tempi che peraltro non ha mai fatto neppure quando era sempre in pista.

Ai Giochi di Sydney nell’americana corsero con il 49×14: i rapporti si stavano allungando
Ai Giochi di Sydney nell’americana corsero con il 49×14: i rapporti si stavano allungando
Ci sono analogie fra Nibali a rischio su strada e Viviani su pista?

Non sono casi simili, anche se potrebbe sembrare. Su strada, Vincenzo non ha dimostrato di essere in condizione, come altri che invece volano. Parlo di Caruso, Moscon, Bettiol e Ulissi. Mi sorprende semmai l’ipotesi di coinvolgimento di Formolo. Al di là dei toni che ha usato anche questa volta, credo che Cipollini abbia nuovamente fatto approfondimenti di sostanza. Solo chi non capisce il mondo del professionismo non se ne accorge e invece di guardare alla luna, si focalizza sul dito che la indica.

A cosa ti riferisci?

Mario può non essere simpatico, però non è stupido e sa di cosa parla. Parlando di Nibali, non ha criticato l’eventuale scelta di lasciarlo fuori, ma il modo in cui ci si è arrivati. Elia al confronto ha molte più possibilità, perché partecipa a tre prove e al confronto di Nibali, avrà meno rivali. Però non mi sorprenderebbe se fosse lasciato fuori dall’omnium.

Addirittura?

Ci può stare, Villa deve fare le sue scelte, che saranno di natura tecnica e non si baseranno sui rapporti personali. Se Viviani dovesse essere mezzo e mezzo, varrebbe la pena scegliere un altro.

Viviani è fuori dal quartetto da qualche anno: saprà rientrarci in tempo per i Giochi?
Viviani è fuori dal quartetto da qualche anno: saprà rientrarci in tempo per i Giochi?
Tornare in pista dopo un oro è così difficile?

In realtà io arrivai a Sydney con valori migliori di Atene, ma successe qualcosa che non valutammo a dovere.

Che cosa?

Ai mondiali del 1999, l’anno prima, capimmo ma non abbastanza che c’era in corso una svolta nella scelta dei rapporti. Ad Atlanta avevo vinto l’individuale a punti a più di 54 di media, usando il 52×15 e gomme da 19. Adesso con quel rapporto non stai dietro ai pedali. Così a Sydney feci la corsa a punti con il rapporto sbagliato e non portai a casa nulla. Il giorno dopo c’era l’americana e proposi a Villa di usare il 49×14, mai usato prima, che ora farebbe ancora ridere. Marco era preoccupato, ma alla fine venne il bronzo.

Oggi vanno molto più duri…

Oggi nell’individuale usano il 52×14. L’inseguimento a squadra si fa con dei padelloni, difficili da lanciare, ma poi chi li ferma? I ragazzi fanno palestra e pressa, che prima non sapevamo cosa fossero. E’ un mondo che cambia. Basta allontanarsi un attimo e non trovi più la strada…

Poli Tour 1994

Poli: «Ho domato il Ventoux quasi senza capirlo…»

25.04.2021
4 min
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La sveglia per il contatto via Skype arriva presto per Eros Poli: lo rintracciamo a Santa Barbara, in California, in uno dei tanti viaggi in bici per la sua azienda, per la quale lavora da oltre 10 anni, che cura escursioni ciclistiche un po’ in tutto il mondo. Un modo diverso di pedalare, questo è certo, ma soprattutto di mantenere in vita un amore che ha pervaso tutta la sua esistenza.

Eros Poli, per chi non lo ricordasse, è stato uno dei 4 componenti del quartetto olimpionico a Los Angeles 1984, con Bartalini, Giovannetti e Vandelli. Da professionista ha avuto una lunga carriera come gregario di campioni a cominciare da Mario Cipollini, per il quale era fondamentale componente del treno che lo pilotava nelle sue eccezionali volate. Eppure la sua storia ciclistica è ricordata soprattutto per una vittoria, l’unica da professionista, per certi versi assurda: la tappa del Tour 1994 che finiva a Carpentras dopo aver scalato il Mont Ventoux (nella foto di apertura).

Oggi Poli s’interessa poco del ciclismo agonistico: «Ho poco tempo, quando posso però guardo il Tour in tv, sono rimasto legato a quella corsa, non lo nego, mi appassiona ancora».

Poli Boonen 2009
L’ultima presenza di Poli al Tour, nel 2009, qui con Tom Boonen. Ora segue solo da lontano
Poli Boonen 2009
Al Tour del 2009, qui con Tom Boonen. Ora segue solo da lontano
Ripensandoci a distanza di anni che cosa ti è rimasto?

Sono passati 27 anni ma sembra ieri… Ogni anno organizziamo tra i viaggi anche un’escursione sul Ventoux e ogni volta mi chiedo come ho fatto a non essere ripreso dal gruppo degli scalatori, con Pantani scatenato alle mie spalle. Io avevo un fisico che non aveva nulla a che fare con le montagne, 84 chili per 1,94 di altezza.

Il momento più bello?

A 3 chilometri dall’arrivo, quando compresi che non potevano più prendermi. Pensai alla gioia della mia famiglia, mia moglie, la bimba che aveva tre anni all’epoca e che tra poco mi renderà nonno. Poi, a pensarci bene, mi torna in mente la conferenza stampa.

Perché?

Lì per lì non compresi quel che avevo fatto. Mi dicevano: «Hai vinto la tappa del Mont Ventoux» e io «Sì, bene, sono contento» quasi con disinteresse. «No, non hai capito, hai vinto la tappa del Mont Ventoux…». «Va bene, ho vinto la tappa del Ventoux, e allora?». Un dialogo surreale, a ripensarci adesso… Dopo capii che impresa era stata.

Poli 1997
Poli ha corso da pro dal 1991 al 1999, ha anche diretto la De Nardi dal 2000 al 2002
Poli 1997
Poli ha corso da pro dal 1991 al 1999, ha anche diretto la De Nardi dal 2000 al 2002
Anche perché le salite non erano il tuo pane…

Anzi, erano un vero calvario. Quando c’erano i tapponi alpini e pirenaici, la sera rimanevo sveglio a studiare la cartina, mi facevo i conti di quanto avrei perso a ogni salita, perché dovevo rimanere entro il tempo massimo e quel limite era un incubo. D’altronde considerate che con la bici e il mio peso, era più di un quintale da far salire fino in vetta.

Dieci anni prima avevi conquistato il titolo olimpico, una gloria sportiva concessa a pochi. Ti dispiace che la 100 chilometri a squadre non esista più?

Molto, perché era una gara che non s’improvvisava, era il frutto di un lavoro costante. Noi ci allenavamo tre volte al giorno, facevamo velocità e fondo, lavori su pista, una marea di test. Fummo i primi ad esempio a usare il cardiofrequenzimetro. Era una disciplina sportivo-scientifica, tutti i dettagli dovevano funzionare alla perfezione.

Poli 100 km 1987
Il quartetto iridato della 100 Km a squadre del 1987: Poli, Scirea, Vanzella e Fortunato
Poli Mondiali 1987
Il quartetto iridato della 100 Km a squadre del 1987: Poli, Scirea, Vanzella e Fortunato
Ognuno aveva compiti specifici?

No, non era questo, ma la difficoltà era che tutti e 4 dovevano essere al top della forma al momento giusto, perché se qualcuno andava meno forte, innescava variazioni di ritmo che sfaldavano il meccanismo. Ricordo ad esempio ai Mondiali di Treviso dell’85, noi difendevamo l’oro olimpico: all’inizio non andavo proprio, forse avevo sbagliato il riscaldamento e saltai alcuni cambi. Eravamo in ritardo. Pian piano cominciai a ingranare, entrai nel meccanismo e riuscimmo a prendere quantomeno la medaglia. 

C’erano differenze con le cronosquadre?

Tantissime, per questo sarebbe bello resuscitarla, perché serve allenamento specifico. Nella cronosquadre vai forte solo perché devi farlo, io ne ho corse al Tour, ad esempio quando avevamo Cipollini con noi, quando andava davanti dava delle trenate infernali e rischiavi di staccarti. A me è successo…

Che cosa ti manca del ciclismo professionistico?

L’adrenalina che scorreva a fiumi dentro di me a 3 chilometri dalla conclusione, quando a tutta velocità iniziavamo il lavoro per lanciare la volata. Io sono stato nei treni di Cipollini, O’Grady, Moncassin, era qualcosa di unico, indimenticabile.