Vendrame, passaggio Jayco-Alula, manubrio

Materiali nuovi? Il manubrio fa la differenza: la scelta di Vendrame

10.11.2025
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Questo è il periodo dell’anno in cui gli atleti cambiano materiali o l’intera bici. Di conseguenza inizia una fase molto delicata, ma altrettanto affascinante: ritrovare la posizione giusta. Adattarsi. Scegliere le specifiche migliori. Un vero pianeta della tecnica, in cui però oltre ai numeri contano anche le sensazioni dell’atleta, soprattutto per quel che concerne la sella… ma ultimamente anche il manubrio.

Come “sentono” e individuano quello giusto? E anche gli altri componenti? Ne abbiamo parlato con Andrea Vendrame, uno degli atleti con “l’orecchio fine” e anche uno di quelli che sta passando da Van Rysel, la cui componentistica era Deda Elementi, a Giant con componenti Cadex. E proprio “Vendramix”, in questi giorni, ha un gran bel da fare… che ci racconta.

Dall’Alanera di Deda Elementi al Cadex Aero Integrated: due gran bei manubri per Vendrame
Dall’Alanera di Deda Elementi al Cadex Aero Integrated: due gran bei manubri per Vendrame
E quindi Andrea, come ti adatti ai nuovi componenti? Partiamo dal manubrio…

Venivo da una curva Deda Elementi e ora quella del manubrio Cadex che andrò a utilizzare è più ampia rispetto a quella che usavo in Decathlon-AG2R. Ha un reach più ampio, quindi con le mani sotto nella curva ti sembra di avere una posizione più alta, nonostante sulla bici sia abbassato totalmente come spessori. Proprio in questi giorni mi è arrivato a casa un nuovo manubrio che sto andando a far montare. Da come ho capito in quei giorni di visite a Torino, tutti i corridori avranno il manubrio integrato, quindi mi hanno inizialmente montato un classico set attacco + piega per farmi prendere confidenza, e ora arriva quello definitivo.

Perché allora provare un set classico se poi userete un manubrio integrato?

Perché la curva dovrebbe essere un facsimile del nuovo Cadex che uscirà con la nuova versione della bici. Quindi diciamo che al momento l’adattamento è dato soprattutto dall’altezza della curva. La differenza che ho trovato è questo discorso di curva più ampia nel Cadex rispetto al Deda Van Rysel. Per ora mi dà sensazioni diverse.

Immaginiamo sia differente proprio il disegno della curva, no?

Sì, il raggio della curva “stringe” diversamente rispetto al Deda.

Facendo spesso le volate (ma non solo per quelle) Vendrame ha voluto anche i comandi all’interno della curva manubrio (foto Getty)
Facendo spesso le volate (ma non solo per quelle) Vendrame ha voluto anche i comandi all’interno della curva manubrio (foto Getty)
Però una cosa ci è poco chiara. Tu dici che la curva è più ampia, quindi in teoria in presa bassa dovresti stare più basso, invece dici che ti senti più alto…

Vero, è strano. Ne parlavo anche con Baronti, che oltre a essere il mio preparatore il prossimo anno sarà anche il mio biomeccanico: non si capiva questa situazione. Anche perché sulla nuova Giant sono messo più basso rispetto alla bici precedente. Lui mi spiegava che il Cadex rispetto al Deda ha 3 millimetri in meno di reach e 5 millimetri in più di drop.

Okay, quindi il drop è maggiore… E invece hai operato altri cambiamenti, Andrea?

Cambiando squadra ho cambiato le pedivelle: da 170 millimetri a 165. E anche i pedali: da Look sono passato a Shimano, quindi ci sono più cose che dovrò valutare nel tempo. Tanti cambiamenti tutti insieme rischiano di fare caos se giudicati all’improvviso.

Restando sempre sul manubrio, in presa alta invece cambia qualcosa? Che sensazioni hai?

Fortunatamente già sul Deda non avevo problemi di angolazioni proibite per l’UCI, quindi ho mantenuto la posizione che avevo quest’anno. Al 90 per cento i corridori oggi vanno con le mani sui comandi, che è la parte dove viene regolata di più la bici per stare in una posizione comoda, efficace e anche aerodinamica. Abbiamo fatto anche degli studi con Van Rysel a inizio stagione su diverse posizioni di presa manubrio.

La Giant TCR che userà Vendrame. Ricordiamo che hanno a disposizione anche la bici aero Propel (foto Instagram)
La Giant TCR che userà Vendrame. Ricordiamo che hanno a disposizione anche la bici aero Propel (foto Instagram)
Come si svolgevano questi test?

Praticamente avevamo preso un chilometro di strada e si faceva avanti e indietro, avendo le stesse caratteristiche di vento e watt, per vedere cosa cambiava: quanto tempo impiegavamo. Un’altra particolarità: ho chiesto subito che il manubrio fosse integrato perché ha una guidabilità diversa. Lo sento più a contatto con il mio fisico, lo guido meglio in discesa, magari su tratti più tecnici dove devi guidare bene la bici. E poi ho chiesto anche gli shifter interni, soprattutto per le volate.

Beh, tu sei uno scattista e sei anche veloce: in effetti il doppio comando ci sta bene.

Esatto, proprio per questo motivo. E poi perché si va sempre più forte ed è un modo più rapido per cambiare in bagarre.

Quando un pro’ prova i nuovi materiali, le prime cose che va a cercare, restando sul manubrio, quali sono?

Se ti sei trovato bene vorresti avere le stesse sensazioni. Non pretendo di passare da Deda a Cadex e trovarmi lo stesso prodotto. Parto già con l’idea che ci sia una piccola differenza, però cerco di andare a riprodurre il più possibile le caratteristiche che ho utilizzato quest’anno. Poi se c’è qualche miglioria da fare, ben venga. Come per esempio i comandi interni.

Anche quando si va forte, oggi la presa prediletta è quella sulle leve. Lo dimostrano anche i numeri dell’aerodinamica
Anche quando si va forte, oggi la presa prediletta è quella sulle leve. Lo dimostrano anche i numeri dell’aerodinamica
Ti piace avere tutto vicino, a portata di mano nel vero senso della parola…

Dal mio punto di vista voglio che quando sono con le mani sotto nella curva abbia subito a contatto i freni, avendo mani non enormi. Preferisco avere subito le leve che riesco a toccare con due dita, soprattutto l’indice, che dà la possibilità di regolare la frenata. Con il freno a disco bastano due dita. La seconda cosa è il comando del cambio nella parte bassa del manubrio. Immaginiamoci una discesa tecnica piena di tornanti, dove devi rilanciare ogni curva e frenare: quindi freno e cambio sono le cose principali. Per il resto, per quanto riguarda la posizione sempre di manubrio e zona anteriore, la posizione in presa sulle leve deve essere più comoda possibile, non deve creare fastidi di formicolio nelle mani. Anche perché oggi i corridori sono molto avanzati in sella e caricano di più il peso nella zona frontale sulle leve. Braccia, mani e polsi vengono caricati di più, con tutti i nervi del palmo che risentono di buche, asfalto e tensione in gruppo.

Invece, per quanto riguarda la sella, come sta andando? Una volta era il vero cruccio del corridore che cambiava materiale…

Ci hanno aiutato molto in Jayco-AlUla: siamo partiti da un fac-simile della Fizik 3D, che utilizzavo in Decathlon. Non è la stessa e non è 3D, ma bene o male ha la stessa forma, specie nella zona perineale di scarico, che fa bene ed è importante. Devo essere sincero: sinora l’ho utilizzata poco, giusto per prendere confidenza e dare dei feedback al bike fitter. Ora che riprenderò con gli allenamenti più seriamente avrò un quadro più preciso. Come sella non ho mai avuto grandi problemi, quindi mi trovo abbastanza bene con tutto.

Vendrame è stato tra i primi professionisti ad usare una sella 3D
Vendrame è stato tra i primi professionisti ad usare una sella 3D
Negli anni abbiamo visto che una volta la sella era in bolla, poi si è abbassata sempre di più la punta. Anche per te vale questa regola?

Sì, sono più basso, appena di un grado, giusto per dare una leggera piegatura in avanti. Perché quando sei sotto sforzo tendi a rannicchiarti fisicamente e quindi ad avanzare in punta di sella. Questo mi permette di restare in una posizione comoda e performante, perché se spingi e ti raccogli in avanti tendi a portare tutto il peso davanti e sei più efficace rispetto a stare un po’ più alto.

E invece altezza di sella e distanza punta sella-manubrio?

E’ rimasto pressoché tutto uguale.

Roval Alpinist di Specialized, arrivano due componenti leggerissimi

Roval Alpinist di Specialized, arrivano due componenti leggerissimi

30.09.2025
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Specialized ufficializza un nuovo cockpit integrato, il Roval Alpinist II e rinnova le sue ruote più leggere della gamma, le Alpinist CLX III di terza generazione.

Il manubrio è full carbon, ha un’ergonomia e forme differenti dalla versione Rapide (normalmente in dotazione alla Tarmac SL8) ed èsviluppato in ottica comfort e piena sfruttabilità. Le ruote sono incredibilmente leggere, 1.131 grammi dichiarati con tubeless tape e valvole inserite. Le nuove Alpinist CLX III hanno i raggi in carbonio. Entriamo nel dettaglio.

Ruote Specialized per scalatori e non solo

Famiglia Roval e categoria Alpinist, ovvero le ruote con cerchio medio/basso che puntano ad essere leggere fin dalla prima versione. Suffisso CLX III, ovvero il top di gamma Roval di terza generazione. Le nuove adottano i raggi in carbonio Arris (24 per la ruota posteriore, 21 per l’anteriore e con assemblaggio completamente eseguito a mano), soluzione che ha permesso di ridurre il peso rispetto alla versione più anziana con i raggi in acciaio di ben 103,5 grammi (tantissimo). Il cerchio è full carbon da 33 millimetri di altezza, il canale interno è largo 21 millimetri (non è hookless), perfettamente compatibile con tubeless e camere d’aria. I mozzi Roval sono in alluminio con la meccanica interna DT Swiss 180. Hanno un design minimale con il fusto centrale dalle dimensioni ridotte e flange completamente differenziate tra anteriore e posteriore, tra lato destro e quello sinistro.

Torniamo ai raggi. Sono sicuramente belli da vedere e donano un senso di “maggiore pienezza” alla singola ruota, nonostante il profilo basso del cerchio. Questo grazie al disegno piatto/aero che caratterizza buona parte di ogni singolo profilato, ad eccezione dei terminali (arrotondati) che sono fasciati da veri e propri involucri in titanio. Un dettaglio non secondario, a favore della sicurezza e della stabilità dei raggi che si innestano nelle flange dei mozzi e all’interno del cerchio. Non in ultimo permettono interventi rapidi in caso di manutenzione/intervento. Le Alpinist CLX III si rivolgono agli amanti dei pesi ridotti, a chi ricerca una ruota briosa e comoda al tempo stesso. Un prodotto di alta gamma adatto a chi preferisce una guida molto agile ed immediatezza nell’approccio alle traiettorie, azzerando di fatto qualsiasi “effetto steering” dovuto ai profili maggiorati. Il prezzo di listino è di 3.198 euro.

Il manubrio integrato Roval Alpinist II

Stem e piega sono un blocco unico: è completamente full carbon, ma si discosta in modo importante dal fratello Roval Rapide. Il nuovo cockpit Alpinist II adotta un design più asciutto e magro, non ha un’aerodinamica marcata come il Rapide e non ha la curva protesa in avanti, una delle caratteristiche principali del Rapide. Alpinist II di Specialized mette sul piatto un comfort maggiore ed una piena sfruttabilità (semplifica) per differenti tipologie di utenza. Resta perfettamente compatibile con la SL8 grazie al medesimo design degli spacers tra zona dello sterzo e stem.

In fatto di numeri parliamo di un cockpit integrato con 270 grammi di peso (dichiarati) la cui ergonomia è stata sviluppata anche grazie al database Body Geometry Retul. La piega (destra e sinistra) presenta 4° di flare (svasatura laterale) e una capacità di smorzamento maggiorata del 28,3% rispetto al modello Rapide. E’ disponibile con lunghezze dello stem a partire da 80 millimetri, fino a 130. Quattro le larghezze della piega: 38, 40 e 42, 44 centimetri. Il prezzo di listino di Specialized Roval Alpinist II è di 579 euro.

Specialized

Nuovo cockpit PRO Vibe Aero: su misura, aerodinamico, integrato

12.07.2024
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Tutta l’efficienza aerodinamica (ed estetica) dell’integrazione, con in più i vantaggi della personalizzazione. E’ quello che promette PRO con la combinazione del suo nuovo manubrio PRO Vibe Aero Carbon e l’attacco manubrio PRO Vibe Aero. Dunque un’integrazione particolare, combinabile, basata su 3 misure di manubrio e 6 di attacco manubrio (ma potenzialmente 12, ci arriveremo a breve) per offrire ai ciclisti una notevole possibilità di scelta.

PRO Vibe Aero Carbon, nel dettaglio 

I nuovi manubri di PRO – ricordiamo, azienda satellite di Shimano che spazia fra manubri, selle e reggisella – sono costruiti in carbonio UD (Unidirezionale) T700 e T800. La parte superiore ha una struttura “alare” marcatamente aerodinamica. A ciò si aggiunge il fatto di essere stata spostata in avanti di 10 gradi, per ridurre ulteriormente l’impatto aerodinamico del sistema bici-ciclista.

Seguendo una linea che da un po’ di tempo spopola tra i professionisti – e quindi subito dopo anche tra gli amatori – PRO ha puntato una larghezza ridotta del manubrio. Le misure disponibili infatti sono tre: 37, 39 e 41 cm. Il nuovo PRO Vibe Aero Carbon è pensato per tutti gli appassionati che cercano la performance, dunque anche un prodotto particolarmente leggero. La versione da 37 centimetri di larghezza ha infatti un peso di soli 240 grammi.

In più il manubrio dispone di punti di posizionamento dedicati ai comandi cambio Shimano Satellite, quelli che consentono di azionare il cambio anche tenendo le mani sulla parte orizzontale del manubrio. E’ interessante notare poi come le diverse taglie abbiano a loro volta tre diversi valori di reach e di drop. Ad esempio, la taglia 37 mm ha un drop di 126 mm e un reach di 77 mm. Nonostante ciò, il manubrio è compatibile con tutti gli attacchi con diametro di serraggio di 31,8 millimetri.

Attacco Vibe Areo, 6 taglie (X2)

Come accennato, però, il nuovo manubrio PRO dà il meglio di sé accoppiato con lo stem PRO Vibe Aero. E’ disponibile in sei diverse lunghezze, ma ogni attacco ha un’opzione di angolo negativo di 17 gradi, cosa che, di fatto, raddoppia le possibilità di combinazione.

Infine questa nuova accoppiata è progettata per consentire una varietà di instradamento dei cavi: anche i gruppi elettronici cablati possono essere nascosti all’interno del manubrio assieme ai tubi dei freni idraulici. Dà lì sono instradati nell’attacco manubrio PRO Vibe Aero e poi nella serie sterzo di telai bici compatibili. Insomma, un ottimo modo per rendere il proprio mezzo in un colpo solo più veloce, più leggero e più personalizzato

PRO Bikegear

Il concetto di manubrio fa passi da gigante anche nel cross

12.12.2023
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Il manubrio è uno dei punti di contatto che influisce in modo esponenziale sulla bicicletta. Per molti atleti la leggerezza non è fondamentale, per altri è importante anche nel ciclocross. La maggior parte dei corridori cerca il giusto compromesso tra rigidità ed ergonomia.

Abbiamo messo insieme quattro considerazioni di altrettanti atleti, molto differenti nello stile di guida e nel modo di aggredire i tracciati di ciclocross. Manon Bakker (vittoriosa tra le donne a Vermiglio) e Laurens Sweeck, Ryan Kamp e Michael Vanthourenhout. Tutti (e non sono i soli) utilizzano la piega Deda Superzero e nessuno di loro ama particolarmente l’integrato in ambito cx. Cambiano le scelte per quello che concerne l’attacco manubrio: c’è chi lo preferisce più “morbido” e chi invece lo cerca rigido.

Bakker, leggerezza al top

«Ritengo che anche in ambito ciclocross – spiega l’atleta olandese – la leggerezza sia importante. Lo è perché dove si possono risparmiare dei grammi, senza compromettere la sicurezza del componente, è importante farlo e per me una bici leggera è più funzionale. La leggerezza è importante perché influisce anche sulla rigidità complessiva e un manubrio troppo rigido nel ciclocross può essere controproducente.

«Questo è uno dei motivi – prosegue Bakker – che orientano la mia scelta su un binomio non integrato. Inoltre, non utilizzando le leve troppo inclinate verso l’alto, per me è fondamentale avere una piega che mi permetta di appoggiare i polsi sulla piega, visto che per la maggior parte del tempo il palmo delle mani è sui comandi».

Sweeck, compromesso semi-aero

«Al di là delle scelte soggettive e delle sponsorizzazioni – spiega il ciclocrossista belga – il fatto di avere a disposizione una piega con la parte superiore più larga, una sorta di concezione aero, offre dei vantaggi sfruttabili per l’appoggio del palmo delle mani. Un manubrio del genere ti aiuta nel controllo della bici quando è fondamentale tirare con la parte superiore del manubrio.

«Rispetto ai manubri completamente rotondi il feeling è migliore e così anche la sensazione di rigidità. Diventa importante anche la scelta dell’attacco manubrio, a mio parere più rigido è, meglio è».

Kamp, come su strada

«Dal manubrio passa tutto – spiega Ryan Kamp – il giusto manubrio ti permette di guidare bene la bicicletta, di avere un buon feeling e di essere comodo. Ti supporta e ti sostiene, ma nel ciclocross non deve essere estremamente rigido. Preferisco la piega e l’attacco manubrio separati che lasciano sempre un margine di elasticità, rispetto ad un integrato che nel cx può diventare eccessivo, anche se entrano in gioco gli sponsor tecnici e le scelte personali.

«Nel corso della stagione di gare – ci racconta il ventitreenne olandese – uso la bici da ciclocross anche per allenarmi su strada e mi piace avere sempre il medesimo setting».

Vanthourenhout, Superzero e Zero100

«La scelta della tipologia di piega – spiega infine il campione europeo Vanthourenhout – è condizionata dal fatto che a me piace utilizzare i manettini con una inclinazione rialzata. Ho iniziato ad usare il Superzero Carbon e forse non tornerei ad un manubrio rotondo di tipo standard. Se è vero che noi crossisti passiamo buona parte del tempo con le mani alte sui comandi, è altrettanto vero che quando le spostiamo sulla parte centrale dobbiamo avere un manubrio rigido, ma che ci permette di non modificare eccessivamente le caratteristiche della bici sull’avantreno.

«Rigido sì – conclude – ma non troppo. Un’altra caratteristica importante è la larghezza: troppo stretto non è funzionale quando la guida diventa molto tecnica e tutto il corpo si muove in parallelo alla bicicletta».

Metron Track, nato per corsa a punti, scratch e madison

18.08.2023
3 min
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Lo abbiamo visto in azione ai mondiali in pista di Glasgow, anche se il divieto di entrare nei box delle squadre ci ha privato della possibilità di vederlo da vicino. Per cui abbiamo fatto di tutto per correre ai ripari ora che i mondiali sono finiti e c’è stato il tempo per approfondire il nuovo manubrio Metron Track.

La presa dei cornetti avviene con anulare e mignolo, in modo che l’atleta possa poggiare il palmo della mano e abbassarsi
La presa dei cornetti avviene con anulare e mignolo, in modo che l’atleta possa poggiare il palmo della mano e abbassarsi

Come leve dei freni

Il nome non lascia scampo a dubbi: si tratta di un accessorio che appartiene alla grande famiglia Vision e già questo fa pensare che dietro ci sia un gran lavoro in termini di costruzione e aerodinamica, dovendo consegnare ai pistard un manubrio rigido e anche filante, in osservanza per giunta ai regolamenti UCI.

Con un diametro del morsetto di 31,8 millimetri, il manubrio ha larghezza di 365 per un peso di 310 grammi e si fa notare per il disegno che offre delle appendici che ricordano la parte superiore delle leve dei freni cui gli atleti possono “aggrapparsi” nei momenti di massima sollecitazione.

Il disegno blu è quello della versione da strada, in verde il Metron Track
Manubrio pista Metron Track, Vision

Dalla strada alla pista

In origine c’è stato lo studio su strada, vista la grande esperienza di Vision nella realizzazione di manubri da crono, e da qui Metron Track è stato fornito ai pistard per lo sviluppo di un’ergonomia e un’aerodinamica a parte, per dare il meglio di sé nelle corse di endurance, come la corsa a punti, lo scratch e la madison.

Avendo come base l’impostazione delle corse di gruppo, anche il suo disegno asseconda le necessità di un atleta che deve stare chiuso e raccolto, ma al tempo stesso ha la necessità di… spalmarsi sulla bici per le azioni più prolungate. Ecco allora che il disegno di Metron Track segue quello del Metron 4D e del 5D, cercando andare incontro alla necessità di maneggevolezza della pista.

Tre vantaggi

I risultati conseguiti sono sostanzialmente tre. La riduzione della larghezza del manubrio, che consente una migliore aerodinamica. Una migliore presa grazie all’applicazione di strisce che aumentano il grip (decal di silicone e finiture tipo sabbia). Infine il volume ridotto delle estremità consente agli atleti di stringere i due “cornetti” con l’anulare e il mignolo, consentendo l’appoggio più aerodinamico al resto della mano.

Il manubrio Metron Track sembra aver davvero incontrato il favore degli atleti. In questa fase di pieno sviluppo sulla via di Parigi 2024, aver messo al sicuro il manubrio è già un bel punto di partenza. Il Metron Track è in vendita a 469 euro (Iva inclusa).

Vision

Aerodinamica: manubrio stretto ma gomiti più larghi

21.05.2023
4 min
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Qualche giorno fa, parlando della bici di Jonathan Milan, il corridore della Bahrain-Victorious ci aveva confidato che all’inizio della stagione aveva anche pensato di allargare il manubrio, scelta che sarebbe andata diametralmente contro le tendenze attuali. Milan ci aveva detto che aveva pensato a questa opzione per due motivi: la respirazione, in quanto avrebbe aperto un po’ la gabbia toracica, e per far sì che i suoi gomiti sporgessero di meno e quindi facessero attrito. Poi il friulano ha preferito non cambiare ed è rimasto sulla piega da 400 millimetri.

Quando si parla di attrito si passa all’infinito capitolo dell’aerodinamica e qui non può che intervenire Luca Oggiano, amministratore delegato di NabaFlow (azienda specializzata in soluzioni fluidodinamiche), ormai il nostro esperto del settore. A lui abbiamo posto la questione e in effetti è emerso che l’intuizione di Milan non era poi sbagliata. Vediamo perché.

Il manubrio integrato Vision Metron 6D da 400 mm di Milan. Misura abbastanza stretta per un atleta la cui statura supera i 190 cm
Il manubrio integrato Vision Metron 6D da 400 mm di Milan. Misura abbastanza stretta per un atleta la cui statura supera i 190 cm
Luca, un manubrio più largo avrebbe portato vantaggi a Milan?

Prima di tutto dobbiamo fare un distinguo: se parliamo di volata o di fasi normali di corsa. Perché se parliamo di volata e quindi di potenza pura, ha fatto bene a tenerlo più stretto, anche se poi la bici è più complicata da guidare. Mentre se parliamo del pedalare normalmente bisogna vedere. Ci sono moltissimi parametri da valutare.

La tendenza oggi è quella di stringere i manubri per essere più aerodinamici…

Più stringo il manubrio, più guadagno in quanto sono meno esposto al vento: in teoria è così. Poi però bisogna vedere la conformazione degli atleti, che è estremamente soggettiva. E come diceva Milan: «Stringo il manubrio, ma poi esce il gomito». Io credo che oggi si sia arrivati al limite con le misure dei manubri. Non credo si possa andare parecchio oltre.

Gilbert non ha ceduto troppo alla tendenza dei manubri stretti. Era un fautore della piega larga: ne ha avute anche da 440 mm… e i gomiti erano “dentro”
Gilbert era un fautore del manubrio largo: ha avuto anche pieghe da 440 mm… e i gomiti erano “dentro”
L’UCI ha imposto il limite a 360 millimetri, non più stretti…

Ci sono anche per questioni di guidabilità. E’ intuitivo che un manubrio così stretto renda più difficile condurre la bici. Mentre per quel che riguarda l’aerodinamica, io sono uomo di numeri e nel ciclismo i numeri sono individuali. Ogni analisi va fatta sulla persona stessa. Non è detto che manubri più stretti siano più aero per tutti o per forza.

Luca, ci rendiamo conto di parlare parecchio a braccio, ma se dovessimo fare una stima, che differenze ci sono per ogni misura di manubrio? Quindi 420, 400, 380 millimetri…

Io credo che tra una misura e l’altra si possano guadagnare 5 watt a 50 all’ora. Ma attenzione, è un valore da prendere assolutamente con le molle. E’ una stima. E varia moltissimo da atleta ad atleta.

Chiarissimo, ma ci facciamo comunque un’idea, quindi continuiamo a ragionare così. Quanto possono incidere i gomiti che sporgono di cui parlava Milan? Poniamo che rispetto all’asse frontale del manubrio sporgano di 5 centimetri verso l’esterno…

Potrei dire che c’è un aumento dell’impatto frontale tra l’1% e il 3% e quindi tra i 5 e i 10 watt sempre a 50 all’ora. Ma qui le variabili relative all’atleta sono ancora di più. Bisogna capire che l’aerodinamica è molto particolare. Prendiamo l’esempio del gomito. Non è solo il suo impatto con l’aria che conta, ma anche le scie che crea sul resto del corpo, i flussi… E’ uno studio di una complessità enorme.

Per Oggiano ogni modifica che riguarda un cambiamento di posizione dovrebbe essere controllato in galleria del vento
Per Oggiano ogni modifica che riguarda un cambiamento di posizione dovrebbe essere controllato in galleria del vento
Milan ci ha anche detto che si è abbassato di uno spessore, quindi 5 millimetri rispetto all’inizio dell’anno…

In questo caso il vantaggio è frontale. Lui ha ridotto l’area frontale, ma in aerodinamica conta molto la forma, il coefficiente CD. Io posso anche ridurre l’impatto frontale, ma al tempo stesso vedere che il CD aumenta per questioni di flussi. Faccio un esempio: io ho un metro quadrato di aria frontale e tu di due. In teoria tu sei il doppio più resistente di me all’aria. Ma poi tutto dipende dalla forma.

Chiarissimo…

Nei nostri studi in galleria del vento, capita spesso che un atleta che si abbassa, come ha fatto Milan, poi sia meno efficiente. Vero, ha ridotto l’impatto frontale, ma è meno efficiente perché i flussi tra parte frontale e parte posteriore fanno più attrito. Per questo è molto importante sempre verificare ogni cambiamento. E per questo servono le simulazioni, i test in pista, in galleria del vento. Non a caso io sono un sostenitore della teoria che non tutto va bene per tutti (sia per i materiali che per le posizioni, ndr) e che, in aerodinamica specialmente, tutto è legato al soggetto.

Deda ci guida nel mondo delle sponsorizzazioni tecniche

10.03.2023
5 min
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Il rapporto fra un partner tecnico e un team professionistico è un tema molto interessante che merita sicuramente un approfondimento, oltre a generare molte domande che meritano di essere soddisfatte. Quali sono i criteri che guidano un’azienda nella scelta di sponsorizzare con i propri prodotti un team e quali vantaggi effettivi può portare una collaborazione di questo tipo? Queste sono solo alcune delle domande che ci hanno spinto ad approfondire l’argomento delle sponsorizzazioni tecniche con Fabio Guerini, responsabile marketing di Deda Elementi. Stiamo parlando di una realtà da tantissimo tempo presente in gruppo come partner tecnico di team professionistici.

Fabio Guerini, responsabile marketing di Deda Elementi
Fabio Guerini, responsabile marketing di Deda Elementi
Partiamo con una domanda scontata, ma importante. Quanti sono i team che quest’anno utilizzano i prodotti Deda?

Complessivamente tra uomini e donne sono dodici, dal WorldTour alla categoria Professional fino ad arrivare al ciclocross. Per quel che riguarda gli uomini, si parte dall’Intermarché-Circus-Wanty (foto Gomez in apertura, ndr), ultima arrivata e con la quale stiamo lavorando allo sviluppo di novità tecniche davvero interessanti. Non è l’unica squadra belga con la quale collaboriamo. Utilizzano infatti i nostri prodotti la Lotto-Dstny, la Bingoal WB e la Flanders-Baloise. E’ nutrita anche la pattuglia femminile con la Uno-X, la Lotto-Dstny, la DAS-Handsling e la Stade Rochelais-Charente Maritime. Tra le donne c’è anche un po’ di Italia grazie alla Bepink. I nostri prodotti sono molto apprezzati anche nel ciclocross. Anche per il 2023 è prevista la collaborazione con Pauwels-Bingoal, Crelan Fristads e 777 CX Women.

Quali prodotti utilizzano i vari team?

Con ogni team abbiamo accordi di sponsorizzazione tecnica che variano da squadra a squadra. Grazie a tutti questi accordi nel 2023 vedremo in gruppo il meglio della produzione Deda per quel che riguarda ruote, attacchi, reggisella, manubri e appendici crono. Proprio parlando di cronometro presto avremo qualcosa di importante da comunicare.

Deda ha una sponsorizzazione a 360 gradi, tra i loro team anche la Crelan Fristads
Deda ha una sponsorizzazione a 360 gradi, tra i loro team anche la Crelan Fristads
In generale per un’azienda come Deda quanto è importante essere presente nel mondo del professionismo, a partire naturalmente dal WorldTour?

Il WorldTour e in generale la sponsorizzazione di un team professionistico ancora oggi rimangono uno degli strumenti di marketing più importanti a disposizione di un’azienda, anche se non l’unico. Grazie alla copertura televisiva di ogni gara e alle immagini diffuse attraverso il web, oggi riusciamo a raggiungere una platea di appassionati sempre più vasta. La visibilità che otteniamo non è però il solo motivo che ci spinge a sponsorizzare un team.

Quale altro motivo c’è?  

Non possiamo dimenticare l’importanza che un team professionistico ha nello sviluppo dei prodotti. Gli atleti mettono “sotto stress” i componenti per svariati chilometri durante la stagione e ci forniscono spunti tecnici interessanti per l’evoluzione del prodotto. Talvolta le scelte dei professionisti anticipano vere e proprie tendenze, e tutto questo ci permette di arrivare sul mercato col prodotto giusto nei tempi giusti.  

Quali sono i criteri che guidano un’azienda come Deda nella scelta di sponsorizzare un determinato team?

Sono diversi i fattori e le dinamiche che subentrano all’interno del processo di fornitura tecnica di un team. Spesso nel caso di aziende del settore componenti, come siamo noi di Deda, tale processo è vincolato alla mera collaborazione OEM tra il marchio fornitore di bici del team e l’azienda di componenti. A volte però ci sono delle eccezioni.

La squadra fiamminga Flanders Baloise utilizza manubrio e appendici da crono di Deda (foto Facebook/Getty Images)
La squadra fiamminga Flanders Baloise utilizza manubrio e appendici da crono di Deda (foto Facebook/Getty Images)
Ci può fare un esempio?

Restando a noi, quest’anno abbiamo assistito ad un fenomeno interessante e per certi versi controcorrente. Sono stati Intermarché-Circus-Wanty, Bingoal WB e Uno-X Pro a cercarci per la qualità dei nostri prodotti. In tutti e tre i casi siamo di fronte a team in grande fase di sviluppo. Il fatto che abbiano cercato noi in questa fase della loro crescita è senz’altro un grande attestato di stima verso i nostri prodotti che vengono riconosciuti come estremamente affidabili.

Se dovessimo quantificare le forniture delle vostre sponsorizzazioni, con quali numeri ci confrontiamo complessivamente?

Se ci riferiamo al budget, la sponsorizzazione di team e atleti rappresenta una fetta molto importante delle spese annuali di marketing. In termini di quantità, mediamente i numeri per un team WorldTour sono i seguenti: 100 protesi da crono, 250 kit manubrio/attacco/reggisella. Nel caso invece delle ruote si parte da circa 130 set per una Professional, che possono raddoppiare nel caso di una formazione WorldTour.

Non mancano anche le sponsorizzazioni nel campo femminile, Deda fornisce alla Das Handslings manubrio, attacco e ruote
Non mancano anche le sponsorizzazioni nel campo femminile, Deda fornisce alla Das Handslings manubrio, attacco e ruote
Deda è partner tecnico di team maschili e femminili. Tecnicamente, le richieste di una squadra maschile sono diverse da quelle di una femminile?

Assolutamente sì. Questa differenza è determinata principalmente dal fatto che strutturalmente un ciclista uomo e un ciclista donna sono diversi fra loro. Solo per restare in tema di manubri, l’esigenza di un team maschile per esempio è quella di disporre di manubri estremamente rigidi lateralmente, soprattutto nel caso di sprinter che sprigionano molta potenza, richiesta che invece non ci arriva quasi mai da un team femminile».

Concludiamo la nostra intervista con un accenno al ciclocross. Cosa vi ha spinto ad essere partner di team che si dedicano esclusivamente a questa disciplina?

Come tutti sanno, il Belgio è la culla del ciclocross. Qui noi supportiamo alcuni fra i team più importanti della scena ciclocross mondiale, come Pauwels-Bingoal e Crelan Fristads. Il mercato belga è molto esigente e proprio per questo sa riconoscere i prodotti di alta qualità come i nostri. Per Deda ovviamente rappresenta uno dei mercati più importanti e il fatto di essere presenti come sponsor tecnici di team prestigiosi, nella culla del ciclismo come è il Belgio, è stato quasi fisiologico, oltre ad essere fonte di orgoglio e nello stesso tempo un’opportunità per avere grande visibilità.

Deda Elementi

Il manubrio per i velocisti: sentiamo loro e il tecnico

26.01.2022
7 min
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Velocità, potenza, aerodinamica sono elementi imprescindibili per la volata. Tutto è portato al massimo, lo sforzo del corridore ma anche il materiale è sottoposto al massimo dello stress. Pensiamo a quel che possa “patire” il telaio, ma anche il manubrio quando un Van Aert che sprigiona tutta la sua potenza sui Campi Elisi ci si aggrappa, lo tira e lo “contorce”.

E proprio del manubrio del velocista vogliamo parlare. Quali caratteristiche deve avere? Cosa richiedono gli atleti?

Per esempio un elemento che emerge è l’avanzamento della parte alta della piega per non far toccare l’avambraccio alla piega stessa mentre si sprinta. O l’allargamento delle curve rispetto alla parte alta del manubrio che portano ad una presa leggermente diversa, sempre per far sì che braccio e piega non si tocchino, come ci diceva tempo fa Nizzolo. Ma c’è molto altro…

La piega integrata di Nizzolo, la Black Inc: la sua parte bassa è 1,5 centimetri più larga rispetto a quella più alta in tutte le misure disponibili
L’integrato di Nizzolo, il Black Inc: la sua parte bassa è 1,5 centimetri più larga rispetto a quella più alta in tutte le misure disponibili

L’esperienza di Cimolai

Partiamo da un velocista di esperienza, Davide Cimolai. Al Team Cofidis utilizza un manubrio Vision Metron 6D.

«Il mio manubrio – spiega Cimolai – è integrato. E’ più largo nella parte inferiore. E’ un 42 centimetri centro-centro nella parte superiore che diventano 43,5 in quella inferiore. Sinceramente preferirei quello classico, quindi con larghezza costante di 42 centimetri anche nella parte bassa della curva… Poi magari con questo vinco la Sanremo! Mi sento un po’ troppo largo».

Più largo in basso però significa anche un maggior “effetto leva” quando si tira. «Non so quanto 1,5 centimetri si possano sentire, per la mia esperienza personale non ho avvertito questo effetto, semplicemente lo sento un po’ meno “mio” nella guida».

L’integrato poi porta con sé anche il discorso delle curve. Una volta si aveva forse più possibilità di scegliere la tipologia: curva classica, curva anatomica, curva belga, adesso invece si va verso la curva unica, che se vogliamo è un mix di tutte le altre. «Una cosa positiva però – conclude Cimolai – di queste curve attuali e dei manubri integrati è che sono davvero rigidi».

Parola a Marchiori

Leonardo Marchiori alla Drone Hopper – Androni Giocattoli utilizza il manubrio Deda Alanera, uno dei più diffusi in gruppo.

«Oggi – dice il veneto – in gruppo ci sono moltissimi manubri integrati, specie per i velocisti, perché sono più rigidi. Il limite è che si hanno meno possibilità di sistemarlo esattamente come si vuole, quindi sta ad ogni corridore valutare alla fine quale preferisce, se il set tradizionale (attacco più piega) o appunto quello integrato. Io per esempio sono riuscito a riprodurle tutte. L’unica cosa che cambia è la larghezza. Avrei preferito una piega da 38 centimetri, invece sotto a 40 l’Alanera non c’è per ora».

«Perché così stretta? Per infilarsi meglio nei buchi durante la bagarre della volata e perché si è visto che si è più aerodinamici se si è stretti piuttosto e magari “alti”, piuttosto che larghi ma più bassi.

«In generale il manubrio integrato è più rigido, più scattante, e non lo cambierei per nulla in volata, tanto più che io ho una posizione molto avanzata e il mio corpo fa parecchio peso sulla ruota anteriore e pertanto anche sul manubrio. No, no… lo devo sentire rigido, altrimenti se è elastico si sente subito e ci si fida meno».

Sentiamo il tecnico

E allora ascoltiamo anche il parere del tecnico, Davide Guntri di Deda Elementi, brand che produce appunto l’Alanera.

Davide, cosa vi chiedono i velocisti? Sviluppate con loro i vostri prodotti?

La scelta del manubrio è soggettiva. Una volta forse si sviluppava un po’ di più il prodotto insieme agli atleti. Prima volevano un manubrio più chiuso e più profondo. Oggi invece i reach sono tutti sui 75/80 millimetri. Ma perché questo? Perché quando si alzano in piedi per sprintare non vogliono che l’avambraccio vada a toccare la parte alta della piega.

Però in teoria dovrebbe essere il contrario: con un manubrio più profondo è più facile che l’avambraccio tocchi la parte alta della piega…

Vero, ma erano anche diverse le curve. Erano più aperte. Con il manubrio in alluminio queste “scendevano” prima. La rotazione della curva era meno accentuata. Adesso invece con il carbonio sei più libero di modellare il tuo prodotto.

E quindi oggi cosa vi chiedono i velocisti?

In verità non chiedono cose particolari in generale. Con l’Alanera tutti i nostri velocisti tutto sommato sono accontentati. Il primo ad utilizzare questo prodotto fu Greipel. Lui ne trasse subito dei benefici in quanto essendo un monoscocca è un manubrio molto rigido (Greipel era un peso massimo, ndr). In più aveva un drop da 130 millimetri, che era abbastanza alto per quei tempi. La cosa che invece mi sta stupendo è che soprattutto i velocisti ci stanno richiedendo dei manubri molto piccoli, da 40 e da 38 centimetri. A tal proposito vorrei ricordare che le nostre misure sono un po’ diverse. Noi le prendiamo sull’esterno, non centro-centro. Quindi un nostro 40 centimetri è un 38 tradizionale.

Si dice che il manubrio di Caleb Ewan lo facciate voi. E’ così?

Sì, è così. È una collaborazione nata tra noi e Ridley, ma non è un prodotto Deda, infatti non è inserito nel nostro catalogo. E’ un qualcosa che abbiamo sviluppato con i loro ingegneri. Ed è un manubrio abbastanza stretto, da 38 centimetri.

Perché gli sprinter sono alla ricerca di un manubrio più stretto?

Principalmente per questioni aerodinamiche, anche se è una scelta che va un po’ controcorrente. Fino a pochi anni fa si diceva che con il manubrio stretto si respirava peggio in quanto con le spalle più strette il diaframma restava costretto. Inoltre si perdeva qualcosa in fatto di guidabilità. Invece noi adesso stiamo iniziando a consegnare le prime Alanera da 40 centimetri (esterno-esterno, ndr). Presto avremo i feedback da parte dei corridori. Al momento abbiamo avuto solo quello di Ewan, ma il rischio è che essendo lui così piccolo possa essere un po’ fuorviante.

Prima, Davide, hai parlato anche di disegno delle curve. Una volta c’era quella belga, quella italiana, quella anatomica… Ora invece sembra si vada verso un “monodisegno” è così?

Sì, è così. La piega anatomica è ormai quasi sparita e tutti tendono ad utilizzare più o meno lo stesso disegno con reach e drop rispettivamente attorno ai 75 e 130 millimetri. Qualcuno chiede ancora la versione Shallow vale a dire quella un po’ più ampia. Uno di loro è Matteo Trentin, ma questo perché lui ha delle mani e delle dita molto grandi e non riesce ad adattarsi troppo bene all’Alanera. Non a caso Matteo è tornato al set classico, piega più attacco, in alluminio. Abbiamo fatto per lui un attacco manubrio della nostra linea Zero100 negativo (-70°) e con un passaggio di cavi semi integrato.

Quindi lui è una particolarità…

Oggi i manubri più venduti sono quelli RHM, che hanno un reach da 75 millimetri e un drop da 130. Abbiamo sviluppato anche la piega Vinci Super Shallow per i belgi, su richiesta proprio della Lotto-Soudal, in quanto volevano un drop leggermente più piccolo, infatti è di 125 millimetri, ma il reach è sempre lo stesso (75 millimetri, ndr), scelta quest’ultima che non penalizza chi ha le mani lunghe.

I manubri per i velocisti hanno una struttura diversa? Sono più robusti?

Alcuni modelli sì, come lo Shallow. Abbiamo inserito nel layout più “pelli di carbonio” soprattutto nella parte laterale, quella più soggetta alle flessioni durante lo sprint. In linea di massima cerchiamo sempre di accontentare i nostri atleti, ma se aggiungiamo troppo materiale poi sale il peso. Adesso per esempio stiamo sviluppando il modello Vinci. Vogliamo renderlo un po’ più rigido ai lati, ma senza aumentare troppo il peso, a volte bisogna cambiare il layout delle pelli stesse, togliere il materiale da una parte e aggiungerlo dall’altra. Ma è un lavoro non facile.

Manubrio: integrato o classico? Le scelte dei corridori

05.01.2022
6 min
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Manubrio tradizionale o integrato? Questo è il dilemma. Ruote aero, bici aero, caschi aero… Tutto viaggia verso l’aerodinamica e forse anche per questo in gruppo si vedono sempre più manubri integrati. Ma c’è di più.

Con quei profili sono oggettivamente bellissimi e danno anche un grande senso di “pulizia” generale della bici. E infatti, come vedremo, la motivazione che porta alla diffusione maggiore di questi manubri riguarda, un po’, anche l’estetica.

Ciccone e il suo set (attacco + piega) tradizionale
Ciccone e il suo set (attacco + piega) tradizionale

Il peso conta 

Ad aiutarci in questo viaggio nella scelta fra manubrio integrato o tradizionale ci aiuta Mauro Adobati (nella foto di apertura), meccanico della Trek-Segafredo. Loro, con la linea Bontrager, sono stati tra i primi a lavorare con questa specifica.

«La scelta che fa protendere i corridori verso il manubrio integrato – spiega Adobati – è che questo è più leggero di circa 70-80 grammi. La maggior parte degli atleti ci prova, ma non tutti ci riescono. Su 20 corridori, 15 utilizzano ormai l’integrato. Tu puoi anche lavorare con gli spessori tra tubo di sterzo e attacco manubrio, con la posizione delle leve, ma non sempre riesci a produrre le stesse identiche misure. A quel punto è il corridore che deve adattarsi».

Lo schema per chiarire reach e drop
Lo schema per chiarire reach e drop

Reach e drop

E qui si apre un capitolo “delicato”, quello che riguarda il reach e il drop del manubrio, vale a dire la profondità e l’altezza della curva.

«I manubri integrati hanno generalmente dei reach e dei drop un po’ diversi, o quantomeno hanno una misura standard (si dovrebbero fare troppi stampi, ndr), mentre nel classico “due pezzi” queste misure un po’ variano in base alla misura. Ed è qui che gli atleti trovano le maggiori difficoltà di adattamento». 

«In squadra abbiamo l’esempio di Giulio Ciccone. “Cicco” ogni anno prova a passare all’integrato, ma poi torna al tradizionale. Uno dei suoi limiti maggiori riguarda il reach, cioè quanto va avanti. Il manubrio integrato di Ciccone è cortissimo. Ciò che comanda è la posizione che i corridori usano di più, vale a dire quella sulle leve. Per riportare questa misura abbiamo montato un manubrio il cui attacco è molto più corto.

«Cicco è passato da 120 millimetri a 100. Questo lo porta ad avere più o meno le stesse misure nella presa sulle leve, appunto, e nella curva, ma resta invece troppo corto nella presa alta, la più utilizzata in salita. E per questo alla fine torna sui suoi passi, al classico set attacco più piega».

Per Evenepoel manubrio stretto e leve parecchio rivolte verso l’interno
Per Evenepoel manubrio stretto e leve parecchio rivolte verso l’interno

Ciclone Evenepoel

Adobati parla poi della messa in posizione degli atleti con questo nuovo manubrio. Il lavoro è parecchio nel primo ritiro, soprattutto con i nuovi corridori, i quali si trovano ad utilizzare e a testare i nuovi materiali.

«In effetti nel primo ritiro c’è un bel lavoro da fare in tal senso. I corridori provano molto. Oggi oltre alla sella, il manubrio è uno degli elementi ai quali si presta più attenzione, poiché incide molto sulla guida e sulla posizione stessa. Lavorare sul setting delle leve non è così semplice, se inizi a inclinarle cambia un po’ tutto il resto della posizione del corridore».

«Io poi – continua Adobati – sto notando che i manubri si stanno stringendo, al contrario di quello che sta accadendo in mountain bike, dove le pieghe si allargano. Vuoi per una questione aerodinamica, vuoi per l’avvento di Evenepoel (che ce l’ha stretto e con le leve piegate all’interno), vuoi perché non si può più utilizzare la posizione aerodinamica… si va in questa direzione.

«Conta poi anche la questione estetica. Il primo impatto è sempre molto positivo e anche questo spinge i corridori a provare i nuovi manubri integrati. Noi però in Trek abbiamo anche un semi-integrato, che di fatto è un set classico. Ma tra attacco e manubrio si nota davvero poco la differenza. Sembra un pezzo unico.

«Senza contare che per noi meccanici questi set sono molto più comodi, visto che hanno un incavo nella parte inferiore in cui far passare fili e guaine, i quali a loro volta sembrano anch’essi integrati».

Brambilla “integralista”!

Ma se Ciccone ci prova ed è un po’ scettico, chi è un vero portabandiera del manubrio integrato è Gianluca Brambilla. Il vicentino, ormai qualche stagione fa, ci si è messo di impegno e ha intrapreso la via dell’integrato appunto.

«Oggi le bici sono concepite per i manubri integrati – spiega Brambilla – Riprendono meglio la linea della bici, sono più aerodinamici e si riduce qualcosa in termini di peso. Io ci ho messo un po’ ad adattarmi, ma riguardo ai tre appoggi del corpo sulla bici (piedi, sedere, mani) quello delle mani è il più facile da adattare.

«Alla fine ci ho messo una ventina di giorni. Cambiai manubrio durante il ritiro in altura al passo San Pellegrino nell’estate del 2020. Avevo visto che peso e aerodinamica erano vantaggiosi quindi mi sono dato del tempo per abituarmi ed è andata bene».

«Ho mantenuto la stessa larghezza, vale a dire i 40 centimetri centro-centro, anche se le curve classiche in realtà nella parte bassa sono più larghe rispetto a quella alta. Sono quasi 43,5 centimetri sotto e 40 in alto. In più con il manubrio integrato il mio attacco si è ridotto di un centimetro: da 110 a 100 millimetri». 

La posizione delle leve del vicentino è pensata per mantenere il più possibile il braccio dritto (polso, gomito e spalla sulla stessa linea)
La posizione delle leve del vicentino è pensata per mantenere il più possibile il braccio dritto (polso, gomito e spalla sulla stessa linea)

Leve all’interno

Brambilla poi parla di molti altri accorgimenti per trovare la giusta posizione nel passaggio da manubrio tradizionale a manubrio integrato.

«Riguardo alla posizione delle leve il mio reach è lo stesso, anche se le ho ruotate un po’ verso l’interno. Questo perché non potendo più utilizzare la posizione aerodinamica “tipo crono”, ci distendiamo con il braccio lungo la leva. E per far sì che mano e avambraccio siano in linea con il resto del braccio si ruota appunto la leva verso l’interno. In pratica il polso resta dritto e il gomito che non va troppo verso l’esterno».

«C’è poi – conclude il veneto – chi mette il doppio nastro nella parte bassa per recuperare quel piccolo gap nel drop, come per esempio fa Elissonde, che è molto piccolo. O si riduce ancora l’attacco quando un corridore passa da un gruppo all’altro. Per esempio la leva di Sram è mezzo centimetro più lunga rispetto a quella Shimano. Ci sono molte sfaccettature insomma da tenere sott’occhio quando si fa il cambio».