Di nuovo sull’asfalto, un volo a 70 all’ora. Nacer Bouhanni era appena alla seconda corsa dopo la rovinosa caduta al Giro di Turchia del 2022, quando a causa di uno spettatore in mezzo alla strada aveva rischiato di rimanere tetraplegico. E ora nel secondo giorno di Mallorca, sulle strade del Trofeo Palma, mentre era intrappolato a centro gruppo, due corridori si sono toccati dietro di lui e uno di loro si è schiantato contro la sua ruota posteriore. L’uomo del Team Arkea-Samsic è volato dall’altra parte della strada. Stordito. Ferito. Con un trauma cranico, un grosso ematoma al costato e abrasioni a non finire.
Per un momento si è temuto che la sua carriera sarebbe finita lì, tanta è stata la paura. Invece Bouhanni si è dato una scossa. Gli esiti degli esami hanno escluso fratture e gli hanno restituito morale. Il casco Ekoi ha fatto più che bene il suo dovere, tanto che non è stato neppure avviato il protocollo per la commozione cerebrale. Resta ora da combattere contro l’insicurezza: il vero punto debole in questa fase così complicata della sua carriera.
Giusto nelle settimane precedenti, il francese aveva ribadito il suo entusiasmo e la sua impazienza di rientrare in corsa, nove mesi dopo la caduta in Turchia e la relativa frattura di una vertebra. E ora si è ritrovato di colpo a fare i conti con la paura.
Come Jakobsen
Il mestiere del velocista non è semplice e la componente psicologica è spesso quella decisiva. Ultimamente è capitato più volte di ragionare sulla situazione di Jakobsen, che a sua volta rischiò la pelle al Tour de Pologne del 2021. E l’olandese, che di quel volo tremendo porta ancora i segni sul volto, domenica scorsa ha rischiato nuovamente di franare durante l’ultima volata alla Vuelta a San Juan, quando uno spettatore, sporgendosi troppo, lo ha colpito al volto con un cellulare.
«Davvero il mestiere del velocista non è dei più facili – ha detto all’Equipe Emmanuel Hubert, il team manager della squadra di Bouhanni – ma io credo in una buona stella che metterà tutto a posto. Se Nacer riuscirà ad essere al via del Tour de France, vincerà. Per il momento è stato necessario un ritorno graduale agli allenamenti, in attesa che giunga alla fine dei suoi guai».
I ricordi più lucidi
In questi pochi giorni nuovamente all’ospedale, il francese ha avuto il tempo per ricordare le sensazioni tremende dell’anno scorso, rimettendo in ordine le sue sensazioni.
«C’è stato davvero il rischio di tetraplegia – ha raccontato – ho immaginato di trovarmi su una sedia a rotelle. Non volevo più andare in bicicletta, pensavo solo a guarire, a poter girare la testa, a camminare, ai gesti di tutti i giorni. Quell’uomo me lo sono rivisto davanti almeno un milione di volte. Camminava in mezzo alla strada e l’ho colpito a 60 all’ora. Ricordo tutto e questo potrebbe anche non essere un bene. La curva, il lungomare, il rilancio. Questo spettatore girava da un po’, il primo del gruppo lo ha visto, ma quando sei tra le ruote non puoi fare molto. Mi è finito addosso, l’ho visto quando ero a un metro da lui. Ho avuto solo il riflesso di abbassare la testa e il casco lo ha colpito. Da lì ho conosciuto un dolore per me totalmente nuovo, come se qualcuno mi piantasse un chiodo nel collo al minimo movimento».
Prigioniero del gruppo
La sensazione di essere intrappolato al centro del gruppo è la stessa raccontata in relazione alla caduta di Mallorca. E quel senso di impotenza è la causa delle preoccupazioni del team e se ne andrà, sperano i suoi tecnici, quando Nacer riuscirà a ripartire nel modo giusto.
«Alla ripresa dalla caduta del 2022 – ha ricordato Bouhanni – sembravo paranoico. Ogni volta che passavo davanti a un’auto o a un camion, guardavo la velocità e mi chiedevo cosa sarebbe successo se mi avesse colpito. Ero ancora sotto shock, ma dopo un po’ mi sono imposto di smettere di pensarci. Il ciclismo è uno sport rischioso, ne ho parlato con mia moglie. Lei sa che è quello che amo, quindi ritrovarmi a non fare niente dall’oggi al domani non sarebbe stata la soluzione giusta. Se mi fossi arreso, sarebbe stato un fallimento».
L’istinto del pugile
Così Bouhanni si è rialzato e così si alzerà nuovamente anche questa volta. La sua precedente carriera da pugile gli ha insegnato a cadere e risollevarsi. Il recupero a livello fisico è quasi completo, gli resta un fastidio al collo e alla schiena dopo quattro ore di bici e per questo la nuova caduta potrebbe aver rallentato il processo. Ora resta di fare i conti con la paura, con una certezza confessata a bassa voce dal diretto interessato.
«Se torno è perché credo di poterlo fare. Se sarò nel gruppo lanciato verso lo sprint, non mi tirerò indietro. Ma se riuscirò a vincere, sarà un’impresa».