Tirreno Adriatico 2021

Nibali? Più Tirreno che Sanremo

10.03.2021
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«Voglio vedere l’asfalto schizzare per aria. Pronti a scattare dal chilometro zero»: Luca Guercilena (foto in apertura) general manager della Trek-Segafredo, lancia così la stagione e la Tirreno – Adriatico dei suoi ragazzi e rimanda i discorsi sulla Sanremo. E in qualche modo si riallaccia alle parole che Ciccone e Nibali avevano rilasciato: «Abbiamo una squadra solida, possiamo essere competitivi ogni giorno», aveva detto l’abruzzese. «Abbiamo un obiettivo chiaro come squadra, ovvero dare continuità all’ottimo inizio di stagione», aveva ribadito il siciliano.

La Trek è partita davvero forte ed ora abbiamo capito perché. Hanno vinto Mollema (due corse), Pedersen, Brambilla e quando non hanno alzato le braccia al cielo i suoi ragazzi sono stati protagonisti.

Tirreno Adriatico 2021
Vincenzo Nibali è alla 12ª partecipazione nella corsa dei Due Mari La Sanremo viene dopo
Tirreno Adriatico 2021
Nibali è alla 12ª partecipazione nella corsa dei Due Mari

Si punta sullo Squalo

Che gara sarà quella di Nibali? Può essere più che un semplice passaggio, ma un vero obiettivo.

«Vincere non è mai facile – dice Guercilena – ma siamo qui per Vincenzo che può fare bene. La sua condizione è in continuo crescendo. Ha fatto bene a Laigueglia, è migliorato ancora a Larciano. Poi con il parterre che c’è non dico che possa vincere, ma può fare bene.

«Di certo per Vincenzo più Tirreno che Sanremo. Anche perché per uno scalatore puro, con finisseur come Alaphilippe o Van der Poel, la Sanremo diventa davvero difficile da vincere».

Anche Nibali è dello stesso pensiero di Guercilena. «E’ un momento importante della stagione – ha detto – e la Tirreno è la gara più esigente del mio calendario fino a questo momento. Corsa dopo corsa le sensazioni sono migliorate, sento di essere in linea con le aspettative che avevo per questo periodo».

Con il manager milanese, si parla di quanto sia importante per Nibali correre e avere sensazioni positive. Prima dell’inizio della Parigi-Nizza, Nibali era il corridore con più chilometri di corsa nelle gambe. Ne aveva già oltre 2.000 in 14 giorni di gara. E questo dice il piglio con cui lo Squalo ha preso la stagione. Sa che per tenere testa ai più giovani e soprattutto per stare sui suoi valori ha bisogno di correre, magari meglio un ritiro in meno, ma qualche corsa in più.

La crono di San Benedetto

«Quello della Tirreno è un percorso intrigante e mai banale – ha detto Nibali – Ce n’è per tutti i gusti, dagli arrivi in volata, a quelli misti e imprevedibili dove abbiamo diverse alternative per fare gioco di squadra, come successo a Laigueglia e Larciano. Prati di Tivo delineerà la classifica e, senza la cronosquadre iniziale, la crono di San Benedetto acquisterà ancor più peso».

Nibali parla così della crono e del suo peso nell’economia della corsa, ma nel via vai tra gare, viaggi, trasferte… i ragazzi quando preparano davvero le cronometro? Come fanno a lavorarci su?

«Eh, non è facile – ammette Guercilena – noi nei ritiri ogni tre giorni ci lavoriamo, inoltre i ragazzi usano la bici da crono a casa. Vedo però che i cronoman che stanno emergendo sono quelli che vengono dalla pista. Ganna, ma anche Stefan Bissegger (ieri vincitore della corno alla Parigi-Nizza, ndr) viene da lì. Lavora con la nazionale svizzera da quando era juniores e portano queste attitudini anche su strada».

Tirreno Adriatico 2021
Giulio Ciccone in azione sul Monte Pitoro nella prima tappa della Tirreno.
Tirreno Adriatico 2021
Ciccone in azione sul Monte Pitoro nella prima tappa della Tirreno.

Tirreno in appoggio?

E poi c’è Ciccone. Giulio sembra aver ritrovato la brillantezza che gli compete e con essa lo spirito che lo contraddistingue. Ma se di questo non ci sono dubbi e le sue stories su Instagram lo confermano, sul piano delle gambe non siamo ancora di fronte al miglior Ciccone che, sia chiaro, comunque è in crescita anche anche lui. L’abruzzese ha dichiarato che l’arrivo di Prati di Tivo lo stuzzica non poco e allora ci si chiede se davvero potrà aiutare Nibali corpo ed anima.

«Premesso che l’ambizione personale in un giovane è giusto che ci sia, la programmazione è stata ben definita ad inizio anno. “Cicco” è partito un po’ più tranquillo – dice Guercilena – lui dovrà essere pronto per il Giro e sarà il capitano alla Vuelta, deve arrivare al top a fine stagione. Qui non deve dimostrare nulla. Anche perché è fresco di rinnovo. Per lui è prevista una crescita più graduale».

« Il 2020 è dimenticato – fa eco a Guercilena, Ciccone – e sono già stato vicino a vincere. Alla Tirreno il mio obiettivo è fare un ulteriore step di crescita, dare continuità alle prestazioni fatte finora».

Matteo Tosatto, Davide Bramati, fotomontaggio

Guercilena, ci racconti di Bramati e Tosatto?

11.02.2021
4 min
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Li manda Guercilena, tutto chiaro. Bramati e Tosatto, come Mourinho e Guardiola, sono due fra i direttori sportivi più apprezzati al mondo. Lo dicono i corridori, che su certe cose non transigono. Poiché siamo fermamente convinti che le coincidenze non esistano, abbiamo iniziato a camminare indietro nella loro storia per capire che cosa li abbia resi così speciali. E francamente non ci siamo stupiti affatto nel trovare che il primo elemento in comune di un certo rilievo è stato Luca Guercilena. Entrambi lo hanno avuto come tecnico e Bramati addirittura, sceso di sella, ha condiviso con lui l’ammiraglia. Oggi lavorano in squadre distinte, ma la strada unisce, perciò è davvero illuminante parlare con il manager della Trek-Segafredo di quei due ex corridori diventati così bravi come tecnici.

Luca Guercilena è il team manager della Trek-Segafredo, ma è stato tecnico di Bramati e Tosatto
Luca Guercilena è stato tecnico di Bramati e Tosatto
Buongiorno Luca, è possibile capire se un corridore abbia la predisposizione per diventare un tecnico?

Secondo me sì. Si vede da come si relaziona con i grandi capitani. Se è obiettivo nel ragionamento ed è in grado di fargli capire, ad esempio, che stanno sbagliando sul piano tattico, ma anche su quello dei comportamenti, allora non ha paura di nessuno. Poi si capisce da come si muove in squadra.

Cioè?

Se ha una leadership nel rapportarsi con i corridori e poi nel riportare al team manager quello che la squadra vuole dire. La capacità di mediare, insomma. Sono queste le caratteristiche che fanno pensare che l’atleta ha le potenzialità per diventare un diesse. Che poi venga fuori bravo o meno bravo, quello dipende anche tanto dal lavoro.

Loro due ti davano queste sensazioni?

Matteo è sempre stato più riflessivo e taciturno, ma ha sempre detto la sua senza tirarsi indietro. Brama è più estroverso e giocoso, ma anche lui ha sempre detto la sua. Inoltre sono stati entrambi due gregari di grande esperienza, capaci di essere sempre a disposizione della squadra.

Tosatto ha smesso di correre e ha subito ricevuto la proposta del Team Sky
Tosatto ha smesso e ha subito ricevuto la proposta di Sky
Bramati all’inizio è stato anche un collega…

Esatto, abbiamo spesso fatto corse insieme. Non pensavo che diventasse così bravo tanto in fretta. E’ sempre stato un amicone e vedevo il suo essere sempre giocoso come un limite. Invece mi ha piacevolmente sorpreso, perché nel giro di 2-3 anni è riuscito a mettere la necessaria distanza fra sé e i corridori. E non dimentichiamo che è passato subito a guidare i suoi compagni di stanza…

Invece Toso?

Toso ha smesso in età più adulta (42 anni il veneto, contro i 38 del bergamasco, ndr) quindi il distacco con le nuove generazioni è stato più netto ed è stato più facile impostare le relazioni in squadra, non avendo particolari rapporti personali.

Bramati tende a empatizzare molto con i suoi corridori: qui Viviani ha appena vinto il tricolore 2018
Bramati con Viviani, che ha appena vinto il tricolore: è il 2018
Che tipo è il Bramati direttore sportivo?

La qualità più importante che ho sempre visto in lui è la capacità di motivare tutto il gruppo. Quando eravamo insieme alle corse, ci completavamo abbastanza. Io ero quello scientifico e più preciso, lui il guascone che dava le motivazioni. Invece con Tosatto ho vissuto la mia giornata più bella come direttore sportivo.

Quale giornata?

La vittoria della tappa Morzine-Macon al Tour del 2006. Fino a quel momento era stato un Tour complesso, il giorno prima c’era stata l’impresa incredibile di Landis, poi tolto dalla classifica. E Toso vinse con quella fuga, battendo in volata Moreni. Indimenticabile.

Siete tutti e tre legati dagli anni alla Quick Step, credi che lavorare con Lefevere vi abbia in qualche modo formato?

Con Patrick si lavora bene, perché al di là della sua personalità molto ferma, ha grande rispetto per le qualità altrui. Ma Bramati ed io arriviamo dalla Mapei e Tosatto dalla Fassa Bortolo e penso che quella italiana sia davvero una grande scuola. Ci piangiamo spesso addosso, ma per come è impostata la nostra formazione e i maestri che abbiamo avuto, oltre alla possibilità di maturare in squadre straniere, non abbiamo da invidiare niente a nessuno.

Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Pinarello, Tao Geoghegan Hart e Tosatto: lo stile italiano ha portato la maglia rosa 2020
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Tosatto: rosa molto italiana
Moscon ha detto che Tosatto ha portato alla Ineos la mentalità italiana.

La radice italiana va difesa, la formazione fa parte della nostra cultura e spero che questa continui a evolversi. Siamo l’unico Paese che ha un’associazione di categoria in cui si facciano raduni per aggiornarsi.

Quando farete la Segafredo-Trek, li prenderai a lavorare con te?

Non credo che questo succederà (Guercilena ride, ndr), ma certo avrei molto piacere di lavorare con loro. Però ho idea che stiano entrambi bene dove già sono.

Andrea Morelli, Fabian Cancellara

Pogacar, Almeida e i giovani italiani: parla Morelli

12.11.2020
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Andrea Morelli si guarda intorno. Il responsabile ciclismo del Centro Mapei ha seguito il Tour e il Giro, meditando a lungo sulle prestazioni di atleti tanto giovani.

«A parte uno come Ganna che conosco da sempre – dice – e che quando vedemmo da junior era sui livelli di Cancellara, sono stupito per la capacità di tenuta dei più giovani nella terza settimana. La resistenza si costruisce col tempo. Devi avere talento, ovvio, poi il lavoro ti consolida. Per cui vedere Pogacar fare quella crono al penultimo giorno mi ha davvero stupito».

Si va. Taccuino. Domande. Qualche riferimento a quel che ci hanno detto Bartoli e Guercilena. E un fluire di pensieri che ha bisogno appena di essere alimentato da qualche osservazione.

Tadej Pogacar, Planche des Belles Filles, Tour de France 2020
Sorprendente per Morelli la crono di Pogacar a La Planche des Belles Filles
Tadej Pogacar, Planche des Belles Filles, Tour de France 2020
Pogacar, crono decisiva a La Planche del Belles Filles
Non c’è solo Pogacar. Evenepoel, Almeida, Hindley, Geoghegan Hart…

Non conosco Remco, ma conosco bene Almeida. L’ho seguito fino al professionismo. Assieme a Oliveira e Guerreiro facevano parte del programma della nazionale portoghese, che si era rivolta al Centro perché gli dessimo una mano ad uscire da logiche troppo portoghesi. Oliveira si è giocato un mondiale inseguimento con Ganna, per intenderci. Correvano per Axel Merckx e noi ne seguivamo la programmazione. Tutti forti. Con loro c’era anche Geoghegan Hart, molto buono anche lui

Da cosa dipende la loro precocità?

Le continental in cui corrono da ragazzini vanno forte, tanto che alcune squadre WorldTour hanno dovuto faticare quando le hanno incontrate. Non credo tanto al discorso delle scuole nazionali, mi sembra una favola. Ci sta che vengano fuori atleti forti, ma al Tour abbiamo visto qualcosa di grande davanti ai migliori del mondo.

Da cosa dipende?

Di sicuro incide la competitività. Sono motivatissimi e non mollano mai. Riescono a reggere meglio la pressione, forse perché sono nati sui social e se ne sbattono di quel che dice la gente. Fanno il forcing e attaccano da lontano. Questo può svantaggiare l’atleta più posato. Hanno un carattere fortissimo. Non è semplice fare tre settimane a tutta.

Quindi anche una spiegazione tattica?

Luca Guercilena mi ha raccontato del loro Simmons, che ha la tendenza ad attaccare a 40 chilometri dall’arrivo, come quando era junior. Magari lo prendono, ma la corsa intanto cambia passo bruscamente. Il modo di correre è cambiato tanto.

Qualcuno potrebbe pagarlo?

Nibali è uno dei pochi che ha mantenuto la temporizzazione classica, usando le corse per prepararsi. Negli anni lo abbiamo visto spesso dietro e poi venire fuori quando serve. Pensavo che quest’anno sarebbe successo lo stesso, invece no.

Joao Almeida, Ruben Guerreiro, Giro d'Italia 2020
Almeida e Guerreiro, compagni di squadra in nazonale
Joao Almeida, Ruben Guerreiro, Giro d'Italia 2020
Joao Almeida e Ruben Guerreiro amici da tempo
Che idea ti sei fatto?

Ci sta che abbia pagato per il Covid, anche se ha mantenuto i suoi grossi volumi di lavoro. Mentre uno come Jacopo Mosca, che seguiamo direttamente, non è potuto uscire e ha dovuto lavorare tanto sui rulli. Il lockdown ha ridotto i volumi e alcuni potrebbero averne tratto vantaggio in termini di recupero e freschezza.

Altri invece lo hanno sofferto.

Certo, stare fermi a lungo è un disagio. E’ mancata l’intensità della corsa e magari i più giovani ne hanno tratto vantaggio grazie all’elasticità dell’organismo, mentre l’atleta più esperto ha bisogno di volume e gradualità. Nibali ha questo approccio, usa le gare per gestire la programmazione e per abitudine e struttura deve fare un certo numero di corse. Ma se le corse impazziscono…

Che cosa intendi?

Calendario e abitudini. L’arrivo di Sky (oggi Ineos-Grenadiers, ndr) ha cambiato tutto. Vengono sempre per vincere e non è facile stare in gruppo se a menare sono atleti che dovunque sarebbero capitani. Altre si sono adeguate, come la Jumbo. Il livello è altissimo, non reggi e questo non ti allena molto. Mettiamo sul piatto la programmazione serrata del 2020 e si capisce che forse si è creata confusione nella gestione dei carichi di lavoro.

Si spiega così il Nibali dello Stelvio?

La cosa incredibile dello Stelvio è stato Rohan Dennis. Se Nibali si è staccato è perché la sua soglia era inferiore ai valori dell’australiano. Ma quelle prestazioni ci hanno lasciato tutti di sasso.

Credi che corridori tanto forti da giovani avranno una carriera più breve?

Se ci sono arrivati nel modo giusto, continuano anche in futuro. Non credo possano essere come le ginnaste, che bruciano in pochi anni. E’ uno sport di endurance, si riesce a costruirci sopra, se riescono a tenere la testa sul collo, a gestire i soldi, il divertimento e i social. Poi la differenza la fai sulla bici.

Sono frutto del buon lavoro di qualcuno?

Qualsiasi ragazzo fai lavorare in modo corretto porta frutti. Non devi forzare i tempi. Con Merckx c’era da mediare, perché lui fa allenamenti pesanti e in America il calendario era tutto tosto. Ma se rispettano carichi e igiene dell’allenamento, continueranno a fare bene anche in futuro. Che poi si ripetano è un’altra storia.

Invece da noi?

Arrivano al professionismo con pochi margini e questo li logora. Devi stare sempre concentrato anche semplicemente per essere tiratissimo. E se poi sposti questo stress fra gli allievi, quando passano che cosa fanno?

Eppure c’è la rincorsa al passaggio.

I procuratori cercano di… vendere gli atleti già da allievi, quantomeno li bloccano subito. Le squadre a questo punto li fanno firmare, con l’avallo di alcuni genitori che pensano di avere in casa il Cristiano Ronaldo della bici. Invece fino ai vent’anni lo sport andrebbe vissuto come divertimento. Anche il professionista che lavora controvoglia non rende. Forse all’estero tutto questo non c’è.

Non basta attenersi alle tabelle e va tutto bene?

Il metodo anglosassone per cui esiste solo la potenza per me è sbagliato. Difficile avere una struttura troppo sofisticata nella squadra di paese, ma va bene. Perché da ragazzino devi conoscere il tuo corpo e le percezioni in risposta agli allenamenti. Magari commetti pure qualche sbaglio, ma impari. E magari a 22 anni, quando vai a pescare risorse dovunque, scopri di avere dei margini di crescita.

Luca Guercilena, Giulio Ciccone, Tour de France 2019

Il capo disegna la Trek del futuro

08.11.2020
4 min
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Due settimane dopo la fine del Giro d’Italia, il capo è fresco reduce da una call con gli sponsor americani. Scherzando diciamo che c’è stato un tempo in cui quelli di Trek vincevano Tour a grappoli con l’americano, ma che poi è bastato un colpo di spugna per fargli sembrare un bel colpo anche il podio di Porte…

«Se è per questo – sorride Luca Guercilena – abbiamo preso Mollema e Pedersen senza spendere troppo e ci hanno vinto un Lombardia e un mondiale. Si prende quel che viene…».

Parlare con il manager della Trek-Segafredo è interessante per i suoi trascorsi da grande preparatore e il fatto di aver portato finalmente al Giro un certo Vincenzo Nibali, pur rispedito al mittente da giovani arrembanti, dall’anagrafe e da numeri da interpretare.

Jacopo Mosca, Giro d'Italia 2020
Contratto confermato per tutti i corridori in scadenza: qui Jacopo Mosca al Giro d’Italia
Jacopo Mosca, Giro d'Italia 2020
Contratto confermato per i corridori in scadenza: qui Mosca
Che opinione ti sei fatto?

Per me è stata una grande sorpresa vedere giovani così competitivi, a fronte di atleti di esperienza come Nibali, Fuglsang e Pozzovivo. C’è un fortissimo ricambio generazionale su cui riflettere. Prima sul piano fisiologico, poi su quello tattico. I ragazzi del Giro hanno fatto la differenza nella seconda settimana, mantenendo il vantaggio nella terza. Ora c’è da vedere come il mercato cambierà…

Perché dovrebbe?

Perché si comincia a essere vecchi a 30 anni. Vedendo poi quanto si dura…

Secondo Bartoli il fatto di durare poco non è automatico.

Se siamo in presenza di uno sviluppo fisiologico esasperato, si finisce come le ginnaste che durano poco. Ma concordo con Bartoli che tanta parte ce l’ha l’aspetto mentale. Contador sapeva che fisicamente poteva ancora dire qualcosa, ma era logorato mentalmente. Cancellara stessa cosa. Idem Bettini. Quando hai vinto tanto, la motivazione cala. Vero però che a vent’anni la reggi meglio, ma quanti ragazzi negli ultimi anni hanno smessi per lo stress?

Si fa un gran parlare dei portenti stranieri, ma se ci fosse stato Ciccone…

Sono d’accordo. Per come si era messo il Giro, Giulio sarebbe stato protagonista di sicuro.

Credi che Ciccone sia l’uomo su cui puntare per i grandi Giri?

Sono certo che abbia potenzialità di classifica per i Giri in cui l’importanza delle crono è relativa. Dispiace che non abbia potuto seguire il piano di aiutare Vincenzo e poi di andare alla Vuelta. Dove c’è salita, può fare la differenza. Ma al contempo deve imparare a gestirsi.

Antonio TIberi, Coppa Sabatini 2020
Antonio Tiberi, 19 anni, atteso al debutto: si è inserito molto bene
Antonio TIberi, Coppa Sabatini 2020
Tiberi, 19 anni, atteso al debutto
Quindi non sei a favore del processo al ciclismo italiano?

Quando viene a mancare una squadra di alto livello, è come avere un porto senza faro. Manca coordinamento, è una diaspora di talenti. E chi ha il carattere più italiano, si perde. E poi…

E poi?

Bastava che fosse venuto Caruso, sarebbe stato lì davanti a lottare. La gente vuole il campione che vince, ma in alcuni anni si sono vinti Giro e Tour senza scommetterci sopra un euro. Il ciclismo è diventato uno sport globale.

E questo, capo, cosa c’entra?

Il limite della nostra cultura è che a livello giovanile è tutto privato. In Gran Bretagna e Slovenia, invece, ci sono i piani del Governo. L’obiettivo è avere una popolazione sana, atletica e sportiva. Loro fanno crescere i ragazzi, da noi invece i privati vogliono un ritorno.

Come vi muoverete sul mercato?

Per scelta abbiamo riconfermato i corridori in scadenza, un gruppo solido. A proposito di giovani, inseriremo Tiberi. Poi faremo valutazioni attente.

Tiberi può essere uno dei super giovani di cui si parlava poco fa?

Tanti passano e non sopportano il cambio. Antonio per come lo vedo è tranquillo e pacato, ma ha chiaro quello che deve fare. Si è inserito come personalità, avendo partecipato ai ritiri. E’ corretto e ben accetto.

Un altro giovane di questo livello è Quinn Simmons, quello del tweet su Trump…

E’ forte, ma deve capire che tra i pro’ la differenza si fa negli ultimi 20 chilometri. Ha 19 anni, deve adattarsi. Però nella prima corsa in cui ha usato la testa, al Giro di Ungheria, è arrivato secondo. Deve maturare.

Non solo in bici, temiamo…

L’episodio del tweet sulla politica è l’esempio di come a un certo punto debbano capire che sono qui per correre e che, essendo personaggi pubblici, ogni loro gesto viene amplificato (Simmons aveva manifestato il proprio supporto al presidente Trump, in risposta a un messaggio scritto di una giornalista belga, che invitava i sostenitori del presidente americano a non seguirla più su Twitter. Simmons aveva salutato con un “bye” accompagnato da una manina di colore: simbolo che, usato in simili circostanze, ha connotazioni razziste. E per questo era stato sospeso dalla squadra, ndr).

Ha imparato la lezione?

A 19 anni è facile perdere il senso delle proporzioni. Per questo chi li gestisce deve stare attento. I giovani vivono tutto con leggerezza. Che è un bene, ma può ritorcersi contro.

Vincenzo Nibali, Sestriere, Giro d'Italia 2020

Guercilena, adesso con Nibali cosa fai?

04.11.2020
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Riconoscere con Luca Guercilena, team manager della Trek-Segafredo, che qualcosa non abbia funzionato nel Giro di Nibali è abbastanza immediato. Se ti chiami Nibali e sei convinto di giocarti la maglia rosa, non ti stacchi da Dennis sullo Stelvio. E se si dice che avessi i numeri degli anni migliori, forse quei numeri non sono così attendibili o non bastano per descrivere la situazione. Servirà un’analisi più attenta, a partire dal programma seguito per arrivare al Giro. Nel 2016 dell’ultima maglia rosa, l’avvicinamento prevedeva Tour of Oman, Tirreno-Adriatico e Giro del Trentino. Nel 2020, a 36 anni, la sola corsa a tappe alla vigilia è stata la Tirreno-Adriatico. A partire da agosto e prima della Tirreno, Tao Geoghegan Hart ha corso la Route d’Occitanie e il Tour de l’Ain; Hindley ha corso anche il Polonia. Cari miei, anche a 36 anni Vincenzo Nibali vale più di così…

Luca Guercilena
Luca Guercilena è il team manager della Trek Segafredo
Luca Guercilena
Guercilena, team manager Trek-Segafredo
Pensavate potesse vincere il Giro?

Per i numeri della vigilia, pensavo fosse da podio. Slongo descriveva il cambio di sensazioni che di solito ha portato i risultati migliori.

Cosa hai pensato il giorno dello Stelvio?

Voleva vincere, me lo ha detto lui. Se fosse salito in modo controllato, avrebbe perso di meno. Invece ha scelto di restare con Dennis e l’ha pagata.

Anche a Piancavallo i numeri erano ottimi.

Ha impiegato 40” meno del 2017, quando arrivò 18° e prese 14” da Pinot che anticipò il gruppo degli uomini di classifica. Quest’anno la fuga è stata ripresa e lui è stato 10° di tappa, ma a 1’36” da Geoghegan Hart che ha vinto. Vincenzo è andato forte, ma i primi sono andati fortissimo.

Significa che c’è poco da fare?

Significa che ci sono da fare considerazioni diverse, i numeri non bastano.

Finalmente…

In primis si può mettere in discussione la strategia di gara. Siamo partiti baldanzosi nelle prime tappe e alla fine ci siamo ritrovati soli. La squadra ha fatto il possibile, anche se a un certo punto è sembrata non all’altezza.

Mancava qualcuno?

Se ci fosse stata una stagione normale, sarebbe venuto al Giro uno scalatore come Elissonde. Ma vista la sovrapposizione di corse, si è fatta qualche modifica. E quando si è parlato del Tour, che sembrava l’unico grande Giro che si sarebbe fatto, c’era una tale ansia che siamo andati con un gruppo forte per sostenere Porte. Ed è andata anche bene.

Vincenzo Nibali, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
A Piancavallo, Nibali è salito 40″ più forte che nel 2017
Vincenzo Nibali, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
A Piancavallo, 40″ in meno che nel 2017
Che cosa è successo invece al Giro?

Weening, che sarebbe stato importante in montagna, si è ritirato per le vertigini. Ciccone purtroppo non è riuscito nella scommessa di rientrare. Brambilla ha dovuto ritirarsi per caduta. Se tutto fosse andato come nei piani, avremmo avuto un gruppo all’altezza dei migliori. Non mi pare che la Sunweb, tolti Hindley e Keldermann avesse chissà quali nomi…

Gli altri?

E’ difficile valutare i singoli, Mosca ha fatto tanto. Ma è chiaro che da qualche gregario ci aspettassimo prestazioni migliori.

Torniamo a Nibali. Non credi che l’avvicinamento italiano senza gare a tappe prima della Tirreno lo abbia penalizzato?

E’ arrivato al Giro cercando di rispettare i due blocchi di altura che ha sempre fatto. Le corse di agosto sono state intense. Con una classica a settimana e quelle nel mezzo, si correva ogni quattro giorni. In più a marzo stava bene, alla Parigi-Nizza andava. Poi il lockdown ha cambiato tutto.

I giovani si sono adattati meglio al nuovo calendario?

A 36 anni, si fa fatica a cambiare. Faremo le nostre analisi. Eravamo partiti puntando a Liegi, Giro e mondiale, si è visto che annata è saltata fuori.

Quando si faranno le analisi?

Un primo confronto con Vincenzo e con Slongo c’è già stato. Ormai ho poco tempo per entrare nelle questioni sulla preparazione, ma ho già dato la mia opinione. Dopo la Vuelta vedremo finalmente quei numeri e ci sarà uno scambio più approfondito.

Ti dispiace che non sia venuto con voi già tre anni fa?

E’ un grandissimo rammarico. Tre anni fa era un altro atleta e mi dispiace perché al Giro non è riuscito a correre da Vincenzo Nibali. E lui, più di noi, ne aveva voglia.

Che inverno gli suggeriresti?

Un bel periodo di stacco e recupero, perché lo stress mentale l’hanno avuto tutti. Poi di riprendere con gradualità e intanto faremo un’attenta verifica. I numeri sono numeri, ma quando ci siederemo, troveremo cose che sono cambiate e che hanno portato a questi risultati. Ne sono sicuro. E gli darei un consiglio…

Quale?

Piano a dire che è vecchio e a farsi venire la sindrome dell’anziano. Le cose non cambiano dall’oggi al domani. Attenzione a non incensare troppo i giovani, che non hanno moglie e figli e magari hanno vissuto questo periodo con spensieratezza. La carriera di uno sportivo vede vittorie e conferme. Loro non li conosco a fondo, ma sulla solidità di Nibali metto le mani sul fuoco.

Franco Vita, Giorgia Bronzini, Vittorio Adorni

Bronzini, la gavetta e la ripresa

25.09.2020
5 min
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Giorgia Bronzini è uscita dal Giro Rosa Iccrea provata come se l’avesse corso da atleta. Il Covid ha messo a dura prova gli organizzatori e questo ha avuto riflessi sulle squadre, costrette a gestire la quotidianità giorno per giorno. Esserci e correre, è stato risposto più volte, è stato già un lusso.

«E’ stato un Giro impegnativo – conferma Bronzini, diesse della Trek-Segafredo – in cui venivamo a conoscenza delle variazioni, fossero di percorso o altro, solo all’ultimo momento. Per fortuna si è creato un bel clima fra le squadre e ci siamo dati tutti una mano».

Un Giro impegnativo al termine di una stagione faticosa per la lunga pausa e la rapida riorganizzazione.

Tutto da buttare?

Diciamo che dal peggio abbiamo cercato di ricavare qualcosa. E di sicuro la lunga sosta ci ha permesso di allacciare e stringere i rapporti. Da atleta avrei vissuto il lockdown malissimo. Io odiavo i rulli, ho la massima ammirazione per quei ragazzi che ci hanno passato sopra delle giornate intere.

Elisa Longo Borghini, Strade Bianche
Longo Borghini è uscita dal lockdown con grande freschezza atletica
Elisa Longo Borghini, Strade Bianche
Elisa Longo Borghini è uscita dal lockdown con una grande freschezza atletica
E da tecnico come va l’esperienza di Bronzini?

Ero quasi sempre al telefono, a volte in modo serio, a volte per ridere. Quando poi è arrivato il calendario, ci siamo rimboccate le maniche.

Come si è organizzata la ripresa?

Sembra brutto dirlo, ma abbiamo messo prima le priorità delle atlete di fascia A, con un sacrificio per le atlete B, che sono entrate in scena in un secondo momento. Non è stato bellissimo, anche perché di solito i due gruppi si fondono, ma quest’anno è stato molto più difficile.

Come hanno reagito le ragazze?

Un po’ sono rimaste male, ma non hanno detto niente. Hanno capito la situazione e soprattutto il nostro sponsor non ci ha fatto mancare nulla, non c’è stato molto di cui lamentarsi.

Si dice nell’ambiente che il lockdown abbia giovato a Longo Borghini…

Forse è vero. Non è mai stata così bene, soprattutto a livello fisico. La chiusura le ha impedito di esagerare in allenamento, che per lei è sempre stato un grosso problema. E’ la sua attitudine e si sfinisce. Ma non solo lei è uscita bene dal periodo…

Lizzie Deignan, Liegi 2020
“Lizzie” Deignan festeggia con Elisa Longo Borghini dopo la vittoria di Plouay
Lizzie Deignan, Liegi 2020
“Lizzie” Deignan festeggia con Elisa Longo Borghini dopo la vittoria di Plouay
Chi altro?

Deignan, ad esempio. Al Giro ha fatto vedere il suo livello e in lei un po’ mi rispecchio. Ha quello spunto che può fare la differenza.

Che effetto ti ha fatto trovarti davanti la Voss ancora così vincente?

Tanto di cappello e tanta stima per come è tornata. Dopo tanti problemi, c’è riuscita solo lei a riemergere. Poi magari ti sembra che vinca meno di prima, ma la verità è che durante la sua assenza il livello medio del gruppo si è alzato e le differenze sono meno marcate.

E’ sempre forte?

Fisicamente Marianne Voss è un toro, se le permetti di arrivare a vedere il traguardo e la punti sullo scontro fisico, vince lei. Allora devi usare la testa, costringerla a spendere energie lontano dalla’arrivo, come a volte è riuscito alla… Bronzini.

Avresti corso volentieri il mondiale in Italia?

Di mondiali in Italia ne ho fatti ed è stato bellissimo, ma parlando con le ragazze non so quanto si siano rese conto che stavano correndo in casa. Nessuno ha potuto andare a trovarle in hotel e anche la gente sul percorso è stata meno di come sarebbe stato a cose normali. Correre in casa ti dà una carica in più, che alcune soffrono. Io mi sarei caricata a manetta.

Davvero uno strano anno.

Particolare. Ti guardi negli occhi, negli spostamenti sei costretto a usare la mascherina. E’ diverso e purtroppo ogni cosa ha avuto un altro sapore. Detto questo, un applauso agli organizzatori italiani per aver salvato il mondiale.

Elisa Longo Borghini, Assisi, Giro Rosa Iccrea 2020
Longo Borghini in cima all’arrivo di Assisi al Giro Rosa Iccrea, su un muro asfissiante
Longo Borghini in cima all’arrivo di Assisi al Giro Rosa Iccrea
Parliamo di te, sei soddisfatta del tuo ruolo?

C’è ancora tanto da fare, ma sono contenta. Sono arrivata alla Trek-Segafredo da una squadra in cui quasi non avevo direttore sportivo e all’inizio ho fatto fatica a gestire tutte le cose. Piano piano ho scoperto cose nuove e aver fatto tante corse con gli uomini mi ha permesse di confrontarmi con Baffi e Popovych. Però di fatto non c’è stata una scuola. Sono andata a sensazioni e piano piano arrivo…

Le ragazze cosa dicono?

Di sicuro hanno visto che a Bronzini direttore manca la gavetta e che sto ancora imparando, però mi hanno anche dato dei feedback positivi. Ogni volta che organizzo qualcosa e magari aggiungo un tocco di esperienza, mi guardano quasi stupite. Diciamo che mi perdonano le piccole mancanze, perché sono una che impara.

Ultima cosa, come va con Paternoster?

E’ stato a lungo tutto fermo, finché non si è ripresa dall’infiammazione al ginocchio. E’ stata una cosa lunga non per negligenza sua, ma perché quando c’è di mezzo la cartilagine serve tempo. La sfortuna è che si è bloccata alla fine del lockdown e mentre le altre correvano, lei era ferma. E’ rientrata al Lotto Belgium Tour, dopo che abbiamo parlato molto bene con i dottori, per farla sentire parte del gruppo.

Di certo non è sparita…

Ma un giorno mi ha chiamato e mi ha detto di aver staccato da tutto e tutti per potersi allenare bene. Le ho fatto i complimenti, poi ho aperto i suoi social ed era presente da tutte le parti. Ma lei è così, le piace e magari questa leggerezza è ciò che le permette di vivere il ciclismo senza troppe tensioni.

Jacopo Mosca

Jacopo Mosca, professione gregario

16.09.2020
2 min
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Jacopo Mosca è passato professionista nel 2017 ed è davvero un bravo ragazzo: così dicono tutti quelli che lo conoscono e proprio per questo forse la sua vita alla fine ha preso la direzione che il ragazzo piemontese aveva sempre sognato.

Nelle prime due stagioni alla Wilier Triestina, Mosca ha messo insieme una tappa e la vittoria al Tour of Hainan, mentre nella stagione successiva ha conquistato la maglia a punti della Tirreno-Adriatico. Poi però è stato lasciato a piedi, con la poco elegante spiegazione che non fosse adatto per fare il corridore.


Al suo fianco si è mobilitato così Matteo Provini, diesse fra gli under 23, poi gli ha spalancato le porte la continental D’Amico-Area Zero. E quando a metà stagione di lui si è ricordato Luca Guercilena, che lo aveva avuto come stagista, e lo ha portato alla Trek-Segafredo, lui quasi era in difficoltà con Massimo Codol e Ivan De Paolis che lo avevano salvato dall’appendere la bici al chiodo.

Jacopo Mosca, Matteo Rocchetti
La compagine italiana della Trek-Segafredo è ben nutrita. Qui Mosca è con… Moschetti
Jacopo Mosca, Matteo Rocchetti
La schiera italiana della Trek-Segafredo è ben nutrita. Qui Mosca e Moschetti
Il 2020 in fondo non è stato così male…

Una strana stagione in cui ho ottenuto più di quel che pensavo. Al campionato italiano su 12 volte cha abbiamo fatto la Rosina, ho tirato sempre io. Dal giorno in cui ho firmato con la Trek-Segafredo sono un’altra persona e ho capito che sto meglio in una squadra con dei capitani, perché riesco a tirar fuori un altro Jacopo.

Stai parlando di Vincenzo Nibali e Giulio Ciccone…

Cicco lo conoscevo da under 23. E’ rimasto genuino com’era nel 2015, ci vado tanto d’accordo perché posso dirgli le cose in faccia. Vincenzo invece l’ho sempre considerato inarrivabile, ma è molto alla mano. Lo vedi da come tratta i compagni e dal fatto che in corsa riesce a limare anche da solo. In una squadra così sei sempre nel vivo della corsa e non riesci a mollare.

Che cosa intendevi poco fa parlando di un altro Jacopo?

Un altro me stesso, un altro Jacopo Mosca. Pensavo che gli avvenimenti dei primi anni mi avessero segnato, ma ne sono uscito. E ora faccio il gregario, ben contento di aiutare i miei capitani a vincere.

Per il resto, cosa c’è nella tua vita?

Da novembre vivo a Genova perché la mia compagna Federica si sta specializzando lì in medicina. Il mare non mi fa impazzire, perché ho tutti i tratti del montanaro, per cui sto bene con la gente, ma anche da solo. Le montagne mi mancano, ma dopo aver rischiato di smettere, ci penso due volte prima di fasciarmi la testa.