Quattro imprese e un… funerale. Tadej raccontato da dentro

19.10.2024
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Ricordate il film Quattro Matrimoni e un Funerale? Beh, sull’onda dell’ironia proviamo a fare qualcosa di simile con Tadej Pogacar e le sue imprese di questo 2024. Il fuoriclasse della UAE Emirates ci ha fatto divertire, palpitare e stupire dal primo all’ultimo chilometro della sua stagione.

Ma quante fughe ha fatto? E’ anche difficile contarle. Senza dubbio abbiamo ancora ben impressa quella neanche lontanamente immaginabile del campionato del mondo, ma come detto ce ne sono tante altre. Ne abbiamo scelte quattro appunto, come i matrimoni del film, più una andata male, come il funerale. Sempre del film. E ce le siamo fatte raccontare da chi queste fughe le ha viste o intraviste da dentro.

Strade Bianche: Pogacar è scattato da pochi secondi. Formolo e gli altri lo vedono scappare. E’ il primo capolavoro dello sloveno
Strade Bianche: Pogacar è scattato da pochi secondi. Formolo e gli altri lo vedono scappare. E’ il primo capolavoro dello sloveno

L’assolo di Siena

Partiamo dalla classica senese. Quest’anno la Strade Bianche era per Pogacar la corsa di apertura. Qualcuno nutriva qualche dubbio circa il ritmo gara dello sloveno, altri invece si chiedevano solo quando sarebbe partito. Alla fine avevano ragione questi ultimi.

«Io so solo che anche questa volta eravamo nel tratto sterrato di Monte Sante Marie – racconta con la sua innata simpatia, Davide Formolo – dove già era scattato due anni fa. Un tratto duro e soprattutto un tratto che già di per sé è lontano dal traguardo, ma quest’anno lo era ancora di più.

«C’era tanto fango e dopo poche centinaia di metri di questo segmento io e gli altri avevamo tutti gli occhiali sporchi. Non si vedeva nulla. Ero in quarta, quinta ruota: in testa un corridore della UAE Emirates, poi Tadej, un altro corridore che non ricordo ed io. Pensavo: “Se va così, va bene. Resto qui fino in cima… tanto non scatterà mica adesso, a più di 80 chilometri dall’arrivo”. Dopo 20 secondi alzo la testa, sposto gli occhiali e Tadej era già lontano».

Una follia? Formolo ammette che forse lo è stata, ma anche che da Tadej ci si può aspettare di tutto. Ha detto anche che a quel punto dietro hanno giocato per il secondo posto e che il distacco monster accumulato dallo sloveno, lasciava il tempo che trovava. I due sono amici, ex compagni di squadra e vicini di casa.

«Quando l’ho visto sul pianerottolo? Gli ho detto: “Che matto che sei!”. Ma con Tadej si può fare, lui è così: scherza, è un ragazzo semplice».

Tappa numero 15 del Giro. Staccato anche Nicola Conci, ora Pogacar punta Quintana. Poi il Mottolino sarà suo
Tappa numero 15 del Giro. Staccato anche Nicola Conci, ora Pogacar punta Quintana. Poi il Mottolino sarà suo

Verso Livigno

Passano due mesi abbondanti e il Giro d’Italia entra nel vivo. Al termine della seconda settimana ecco il tappone di Livigno, con l’arrivo sul Mottolino. Davanti c’è una fuga importante, tra cui Quintana, l’ultimo ad arrendersi, Nicola Conci, Attila Valter, Romain Bardet…

«Quel giorno – racconta Conci – non ha poi sorpreso il suo attacco. Si sapeva che avrebbe cercato la vittoria di tappa, ma mi ha stupito per come andava. Noi abbiamo preso il Foscagno con quasi 3′ di vantaggio. A circa 4-5 chilometri dalla vetta, il mio diesse mi dice per radio che dietro era scattato Pogacar e che stava rinvenendo forte. Immaginavo sarebbe passato un po’ di tempo, invece dopo 2′ era già lì. Che sarebbe arrivato presto okay, ma subito no! Andava come una moto e con la moto delle riprese!

«Sono rimasto impressionato dalla sua velocità. Ricordo che Valter ha cercato di stare alla sua ruota – prosegue il trentino – lo avrà tenuto per 30”, poi si è staccato anche da me. Io non ci ho provato. Quando è passato mi sono spostato dall’altra parte. Che senso avrebbe avuto tenerlo per dieci secondi e poi pagare dazio? Alla fine così facendo sono arrivato ai piedi del Mottolino con Bardet. E quello del Giro non era forse il Pogacar del Tour o del mondiale».

Tour de France, in picchiata verso Valloire lungo la discesa del Galibier. Brividi anche in ammiraglia per Hauptman
Tour de France, in picchiata verso Valloire lungo la discesa del Galibier. Brividi anche in ammiraglia per Hauptman

Giù dal Galibier

La prima vittoria di tappa al Tour de France di quest’anno è stata forse la più adrenalinica in assoluto. Lo scatto sul finire del Galibier, quelle poche decine di metri di vantaggio su Vingegaard allo scollinamento, la picchiata dal gigante alpino con le curve sospese sul baratro e quella voglia di rivalsa sulle lunghe salite nei confronti del danese. Era una fuga, anzi un attacco, stracarico di significati.

«Dalla macchina – racconta il direttore sportivo, Andrej Hauptman – è stata una bella sofferenza! Sicuro quel giorno ci sono state adrenalina e tensione. Sapevamo che gli altri leader, a partire da Vingegaard, erano forti. Ma volevamo scattare proprio a ridosso della salita, con un attacco violento perché Tadej è più esplosivo di Jonas e poi poteva sfruttare le sue doti in discesa, dove di solito lui sbaglia poco. Tutto è andato esattamente così. Ma, come detto, è stata una sofferenza.

«Noi con l’ammiraglia eravamo lontani da lui e non abbiamo potuto fare molto, questo ha contribuito ad aumentare la tensione. Sì, vedevamo le immagini dalla tv, ma il segnale specie in montagna arriva almeno un paio di minuti dopo. Quindi gli avremmo detto cose già passate. Lui non ci ha mai parlato. Noi lo abbiamo fatto pochissimo e solo nei tratti meno tecnici, dandogli qualche indicazione sui distacchi e qualche altra info importante. Ero teso. E non lo ero perché lui è sloveno come me. Anche l’altro giorno al Croazia con McNulty ero molto preso. Già dal Galibier con l’ammiraglia non so a quanto siamo scesi, ma di certo abbiamo superato i 100 all’ora. E infatti l’arrivo è stata una liberazione».

Giro di Lombardia. Con la maglia iridata Tadej parte, dietro (dove c’è anche Fortunato) non possono far altro che guardarsi
Giro di Lombardia. Con la maglia iridata Tadej parte, dietro (dove c’è anche Fortunato) non possono far altro che guardarsi

Lombardia, l’ultimo ballo

L’ultimo ballo del 2024 è stato quello del Giro di Lombardia. Certo avremmo potuto inserire anche le fughe del Grappa al Giro e del mondiale, ma di quelle indirettamente già ci avevano parlato Pellizzari e Bagioli. Così restiamo sulla Classica delle foglie Morte. E ci restiamo con Lorenzo Fortunato, terzo italiano al traguardo di Como.

«Ero nel gruppo di Pogacar quando lui è scattato – racconta Lorenzo – ero indietro, ero a tutta e anche di più… ma ero lì. Cosa dire. Il ritmo era insostenibile. E’ successo spesso quest’anno che si restasse nel suo gruppetto. Che eravamo tutti al gancio e poi lui partiva. In questi frangenti ha almeno un 30 per cento in più. C’è poco da fare».

Più o meno le parole che ci ha detto Ciccone a fine gara: tutto un altro ritmo. Tadej cuoce gli avversari con una grande squadra portandoli in asfissia e a quel punto lui, più fresco, scatta.

Tour de France, Le Lorian: Inaspettatamente Jonas Vingegaard batte Pogacar allo sprint
Tour de France, Le Lorian: Inaspettatamente Jonas Vingegaard batte Pogacar allo sprint

Infine il… funerale

Infine veniamo alla fuga storta. Come tutte le cose perfette, ci deve essere l’imperfezione, in questo caso il… funerale! Tour de France: undicesima tappa da Evaux-les-Bains a Le Lioran: 211 chilometri sulle erte del Massiccio Centrale. 

Solito copione. La UAE Emirates detta un ritmo infernale e a una trentina di chilometri dall’arrivo Pogacar scatta. Un po’ come sul Galibier apre un piccolo varco e lo amplia in discesa. Solo che stavolta in fondo non c’è il traguardo, ma una salita e poi un’altra ancora. Strada facendo qualcosa nelle gambe dello sloveno s’inceppa.

Il cronometro inverte la rotta. Vingegaard fiuta l’occasione. Stacca Remco, riprende Tadej e addirittura lo batte in volata.  Quel giorno vicino a Vingegaard c’era Jan Tratnik, l’uomo che poi è stato decisivo in favore di Tadej al mondiale.

«Non è facile ricordare bene quel giorno tra il tempo che è passato e la fatica fatta – dice Tratnik – ovviamente ci aspettavamo l’attacco di Pogacar. Eravamo preparati a questo. C’era una sola cosa da fare per Jonas: andare dietro a Tadej. Ma sulla parte ripida, dove è scattato, lui non poteva seguirlo. Quindi Vingegaard si è messo del suo passo. Nessuno però immaginava che Tadej avesse le gambe stanche e così Jonas è riuscito a riprenderlo e a batterlo. Io non ho saputo nulla dello sprint fino all’arrivo. Non avevo contatti dalla radio. Però ricordo che dopo questa vittoria credevamo di poter battere Pogacar, che il Tour potesse cambiare. Solo che lui è stato semplicemente più forte nell’ultima settimana».

Migliore degli italiani alla Vuelta. Ma Fortunato voleva di più

10.09.2024
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Lorenzo Fortunato ha chiuso la Vuelta al 16° posto, primo degli italiani, a 40’43” da “padron” Roglic. Questi dati non bastano però per definire la sua corsa, molto più complessa nella sua definizione attraverso le tre settimane di gara. Lo stesso portacolori dell’Astana Qazaqstan team fa un po’ fatica a darsi un voto, fra un piazzamento di livello ma non pari alle sue aspettative e un andamento nelle tappe difficile da gestire.

Su un aspetto però il bolognese tiene subito a mettere l’accento: il livello generale della corsa. «Ho sentito dire in giro che la Vuelta era di livello inferiore rispetto agli altri due Grandi Giri ma io, che ho corso anche il Giro d’Italia, posso dire che non era assolutamente così. Nel complesso si è andati davvero forte, non si stava tranquilli mai, neanche nelle tappe che finivano allo sprint, si andava sempre a tutta tanto è vero che anche le fughe nascevano con difficoltà».

Il bolognese nella tappa di Moncalvillo, con Rodriguez e Vlasov, chiusa al 14° posto
Il bolognese nella tappa di Moncalvillo, con Rodriguez e Vlasov, chiusa al 14° posto
Perché allora la corsa spagnola è stata giudicata con un po’ di sufficienza?

E’ un errore che si verifica sempre più spesso: se non ci sono i fenomeni come Pogacar, Vingegaard, Evenepoel allora si pensa che vale di meno. Non è così: guardate l’ordine di arrivo finale, togliendo quei tre, gli altri big c’erano tutti e in corsa si vedeva. Ma io vado anche oltre: ne parlavo con gli altri e tutti, ma dico tutti, mi hanno detto che i valori erano più alti, in salita ma non solo. E proprio in salita si vedeva che si andava più forte.

Secondo te la fuga di O’Connor, in lizza per la vittoria fin quasi alla conclusione, ha cambiato un po’ l’evoluzione della corsa?

Io penso di sì. Ha soprattutto stravolto la meccanica di corsa perché la Decathlon, che pure si è dimostrata squadra molto forte, non controllava il gruppo, non imponeva la sua legge. La Red Bull però non ne approfittava più di tanto, forse perché Roglic voleva aspettare la parte finale della Vuelta come poi è avvenuto. Inoltre va considerato il fatto che 21 giorni sono lunghi da gestire, quindi hanno preferito lasciare mano libera e questo ha un po’ stravolto le tattiche.

L’emiliano in salita ha avuto valori più alti di quelli del Giro, ma non è bastato per emergere
L’emiliano in salita ha avuto valori più alti di quelli del Giro, ma non è bastato per emergere
Ciò ha coinvolto anche te?

Per certi versi. Alla vigilia si era partiti con l’idea di fare classifica e siamo andati avanti su quella linea. Se avessi preso mezz’ora nelle prime tappe, avrei avuto mano maggiormente libera per entrare in una fuga, così invece ero marcato stretto perché la Top 10 è qualcosa che fa gola a molti. La corsa ha poi dimostrato che con quel livello riuscire a entrare nei primi 10 era praticamente impossibile. Io non posso nascondere che buona parte di quelli che mi sono finiti davanti erano più forti di me, io comunque non rinnego la scelta che abbiamo fatto.

Facendo il paragone con il Giro finito al 12° posto, pensi di essere andato più forte?

Io dico di sì, me lo dicono i valori in gara ma anche il mio rendimento. Andavo più forte, anche in base agli ordini d’arrivo. Torno al discorso di prima: se fuori dai 10 trovi gente come Yates o Kuss, significa che il livello era davvero alto e chiaramente facevo più fatica, anche Dunbar che pure ha vinto due tappe è rimasto fuori.

Al Giro d’Italia Fortunato aveva chiuso 12°, finendo 4° nella tappa di Oropa
Al Giro d’Italia Fortunato aveva chiuso 12°, finendo 4° nella tappa di Oropa
Dicevi però che hai mantenuto il punto: ti senti sempre più un corridore da Grandi Giri, ossia da classifica?

Da questo punto di vista sono convinto della scelta, pur tenendo presente che vado bene in salita ma non sono uno dei top. Cerco però di essere a quel livello, l’unica cosa che mi dispiace e che influisce un po’ sul giudizio generale sulla mia Vuelta è che avrei voluto almeno emergere in una tappa, ma i piazzamenti a Pico Villuercas e Alto de Molcalvillo sono un po’ lo specchio del mio valore in quella corsa paragonato agli altri. Ribadisco, andavano più forte, niente da dire.

Questo rientra anche in un discorso più generale di ristrutturazione dell’Astana, molto attiva sul mercato e che ha preso gente proprio dedita alle corse a tappe, soprattutto per quelle medio-brevi…

Sì, è un po’ la chiave per il futuro del team nella quale io mi rispecchio, considerando che ho il contratto per il prossimo anno. Oltretutto sarà un anno decisivo per la permanenza nel WorldTour e faremo di tutto per confermarci, lavorando soprattutto nelle prove di più giorni. La squadra si sta rinforzando proprio in questi termini.

Riconfermato per il 2025, Fortunato conta di aiutare l’Astana a rimanere nel World Tour
Riconfermato per il 2025, Fortunato conta di aiutare l’Astana a rimanere nel World Tour
In definitiva dai un giudizio positivo sulle tue tre settimane?

Lo dico un po’ a denti stretti ma sì, anche se sono convinto che valevo di più proprio facendo il paragone con il Giro. Ho finito comunque rispecchiando la mia dimensione, anche se è chiaro che alla vigilia mi aspettavo e proponevo di più. Ma alla fine bisogna anche saper accettare il verdetto della strada.

Fortunato in Spagna con una promessa: non solo le tappe

10.08.2024
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«Come sto? Alla Vuelta Burgos ho trovato le risposte che cercavo». Lorenzo Fortunato ha da poco chiuso la sua corsa di antipasto alla Vuelta e da Madrid stava per tornare in Italia. Spesso gli aeroporti sono il luogo migliore per raccontare. L’attesa fa scorrere bene le parole. «Almeno – riprende Lorenzo – io torno a casa quattro giorni, c’è gente che da Burgos va a San Sebastian e poi diretta alla Vuelta».

Il corridore dell’Astana-Qazaqstan è soddisfatto: un secondo posto nell’unica tappa di salita, tra l’altro alle spalle del redivivo Sepp Kuss, e una gamba che risponde presente dopo un immenso lavoro fatto in estate.

Incontri all’aeroporto di Madrid! Fortunato è rientrato in compagnia di Davide Piganzoli. Entrambi erano a Burgos
Incontri all’aeroporto di Madrid! Fortunato è rientrato in compagnia di Davide Piganzoli. Entrambi erano a Burgos
Lorenzo, dicevi di buone risposte…

Sì, sono stato un mese in altura a Livigno: dal primo luglio al primo agosto. I primi 15 giorni proprio a Livigno con altri undici ragazzi della squadra. Poi ho fatto tre giorni in basso a casa e successivamente sono risalito ancora più su, a Trepalle, con i soli compagni della Vuelta.

Caspita un mese: però i risultati si sono visti…

Alla fine a Burgos c’era un solo arrivo in salita e stavo bene. Poi a crono ho sofferto un po’, mi sono difeso. Ma già al secondo giorno avevo perso del tempo in seguito ad un caduta e addio classifica. Ma l’importante comunque era correre. Non mettevo il numero dal Delfinato e bisognava tornare in gruppo.

Fortunato (classe 1996) si è difeso a cronometro, anche se ha pagato un bel po’
Fortunato (classe 1996) si è difeso a cronometro, anche se ha pagato un bel po’
Come hai lavorato in quel mese a Livigno?

Dopo il Delfinato sono stato otto gironi senza toccare la bici. Quindi riposo assoluto. Ho fatto comunque il campionato italiano, ma in appoggio ai compagni e quindi sono salito in quota. Nei primi 15 giorni ho fatto soprattutto ore e bassa intensità. Cercavo di andare verso Saint Moritz, per fare meno salita possibile, cosa non facile da quelle parti, ma restando in quota, sempre sopra i 1.500 metri. Nelle altre due settimane invece è aumentata la parte d’intensità. Facevo due giorni di carico e uno di scarico. E quando facevo scarico non uscivo.

E cosa facevi in quei giorni di recupero?

Per la precisione era un riposo attivo: un giorno alternavo la palestra e nell’altro una piccola passeggiata in quota, ma roba di 40′-45′ giusto per far passare il tempo. In palestra facevo la pressa per la forza resistente e lo squat per quella esplosiva. Maurizio Mazzoleni, il mio preparatore, ci tiene molto a portare avanti la palestra anche durante la stagione.

Lorenzo, ti appresti a fare per la prima volta il secondo grande Giro nella stessa stagione. Cosa ti aspetti?

Avevo voglia finalmente di provare fare il secondo grande Giro in un anno e testarmi. E poi sarà anche la mia prima Vuelta. E’ da tanto ormai che corro in Spagna, mi piace e mi piacciono le salite. Magari sono un po’ più corte rispetto al Giro, all’Italia, ma sono belle dure.

Verso Lagunas de Neila il bolognese ha attaccato e solo Kuss (in giallo sullo sfondo) lo ha battuto (foto Instagram – @gettyimage)
Verso Lagunas de Neila il bolognese ha attaccato e solo Kuss (in giallo sullo sfondo) lo ha battuto (foto Instagram – @gettyimage)
Con che obiettivi parti?

Non starò a stressarmi per la classifica, ma punterò alle tappe. O meglio, la vivrò giorno per giorno. La priorità comunque sono le tappe. Anche al Giro d’Italia ero partito così, solo che poi dopo la seconda frazione mi sono ritrovato quarto e da quel momento ho curato la classifica. Però credo che alla Vuelta senza Pogacar, Remco o Vingegaard ci saranno più possibilità. Più spazio.

Cosa intendi di preciso?

Senza un faro, un dominatore, ci sarà più spazio in generale: per le fughe, per la classifica, per attaccare. Tutto potrebbe essere un po’ più alla portata, senza uno o due dominatori che controllano la corsa costantemente. E un po’ si è visto al Delfinato come sono andate le cose senza di loro.

E’ la tua prima Vuelta, cosa ti hanno detto in merito a questa corsa compagni e colleghi?

C’è chi mi dice che sia più bella del Giro e del Tour. Che si vive con meno stress. Sicuramente si andrà forte e il percorso è più duro sia del Giro che del Tour. Già nella prima settimana c’è un arrivo in salita e altre due tappe toste. E dalla seconda in poi sono praticamente tutte frazioni dure.

Però ci arrivi bene dai. Come dicevamo a Burgos ci è voluto Kuss per toglierti il successo…

E questo mi dice che ho lavorato bene e che sono pronto per la Vuelta. In salita sto bene. A Burgos ho sofferto un po’ i cambi di ritmi, ma era normale dopo tanta altura. Anche se ho lavorato sull’intensità non puoi replicare certi ritmi. E poi erano mesi che non correvo. Quindi risposte buone. Ora ho quattro giorni di vero recupero. Oggi il viaggio, domani ancora niente, poi un paio di uscite tranquille e quindi si va diretti a Lisbona. Ne approfitterò per stare un po’ in famiglia e con Veronica, che a fine Vuelta diventerà mia moglie!

Lo Svizzera di Velasco, fra mal di gambe e un piano tricolore

11.06.2024
5 min
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Sta diventando un tema. Andare a fare una corsa a tappe pochi giorni dopo il Giro d’Italia non è più semplice come una volta. Lo aveva raccontato Fortunato al Delfinato, lo ha confermato ieri Bartoli. La voce che si aggiunge oggi è quella di Simone Velasco. Il campione italiano però al Giro di Svizzera c’è andato con due motivazioni speciali. La prima è vincere una corsa con la maglia tricolore, prima di rimetterla in palio il 23 giugno a Firenze. La seconda è riconquistarla, in modo da continuare il suo viaggio da ambasciatore italiano nel mondo.

«Io gliel’avevo detto a Fortunato che il Delfinato era troppo vicino – dice scherzando il bolognese – poi alla fine è andato anche abbastanza bene, perché è riuscito a prendere la maglia degli scalatori. Gli ho detto che al suo posto ci avrei pensato e che facendo invece lo Svizzera avrebbe avuto più tempo per recuperare, però ormai è andata così».

Nella tappa di avvio dello Svizzera, Velasco e l’Astana hanno lavorato per Cavendish, che però ha chiuso staccato di 8 minuti
Nella tappa di avvio dello Svizzera, Velasco e l’Astana hanno lavorato per Cavendish, che però ha chiuso staccato di 8 minuti
A te invece come sta andando?

Sicuramente non ho potuto mollare più di tanto, altrimenti qui non ci sarei nemmeno arrivato. Quindi ho fatto 4-5 giorni abbastanza tranquilli e poi ho ripreso ad allenarmi, non proprio come se non avessi fatto il Giro, però comunque due o tre allenamenti belli tosti li ho messi dentro. Adesso siamo qua e la condizione è un giorno buona e un giorno male, come succede sempre dopo il Giro. Ho cominciato a notarlo nella tappa di ieri. Ci sono dei momenti che ti senti da Dio e dei momenti che sei morto, però questo si sa. L’anno scorso ero messo forse peggio, perché il Giro l’avevo chiuso al lumicino. Perciò spero di fare un bel risultato in qualche tappa. Con la maglia tricolore ho fatto tanti bei piazzamenti, ma non ho mai vinto e forse è l’unico rammarico che ho di questa stagione.

Quindi il Giro non ti ha dato condizione?

La condizione non te la dà più un Grande Giro, ma solo l’allenamento fatto bene in quota e qualche corsa. Una breve corsa a tappe o una serie di gare di un giorno. Il Giro, come il Tour e la Vuelta, possono darti la gamba buona, ma devi avere il modo di recuperare e per farlo ci vuole del tempo. Qualche anno fa i Grandi Giri erano meno tirati, difficilmente arrivavi alla fine così al lumicino.

Il Giro è stato duro, Velasco ammette di essere arrivato in fondo meglio del 2023, ma piuttosto provato
Il Giro è stato duro, Velasco ammette di essere arrivato in fondo meglio del 2023, ma piuttosto provato
In compenso Van der Poel arriva al Tour avendo fatto in stagione soltanto sette classiche.

Anche da questo si vede che è diventato un cecchino. Prepara gli appuntamenti, vuole arrivarci ben preparato e consapevole della condizione che ha. Effettivamente non si può che dargli ragione, perché quest’anno ne ha sbagliati veramente pochi, anzi direi quasi nessuno. Tutti i grandi corridori vanno mirati agli appuntamenti principali. Addirittura tanti di quelli che andranno al Tour salteranno i campionati nazionali per restare in altura. Siamo arrivati a questi livelli…

Anche tu avresti preferito essere in altura e non allo Svizzera?

Se avessi dovuto scegliere, forse quest’anno non avrei neanche fatto il Giro. Le tappe alla mia portata erano veramente poche e forse mi sarei orientato sul Tour. Avrei fatto una preparazione più centrata sulle classiche e poi l’altura a giugno, per cui sarei arrivato ai campionati italiani molto più fresco. Però d’altro canto con la maglia tricolore è anche bello partire nella corsa di casa. In ogni caso dopo il Giro, avrei preferito staccare un po’, andare in altura e preparare l’italiano. Solo che non andando al Tour, avrei fatto l’altura per una sola gara. Se va bene, sei stato un grande. Se va male, ti prendono per stupido.

Tricolori 2023 a Comano, l’abbraccio fra Velasco e Martinelli che lo guidò dall’ammiraglia
Tricolori 2023 a Comano, l’abbraccio fra Velasco e Martinelli che lo guidò dall’ammiraglia
Come è stato questo anno in maglia tricolore?

Sicuramente un anno speciale, un motivo di orgoglio. Mi ha dato tanto e penso di essere cresciuto anche a livello fisico e mentale. Sarà difficile riconfermarsi, ma sono convinto che domenica 23 sarò in buona condizione. L’importante sarà vincerlo di squadra, se poi riesco a riconfermarmi io, ancora meglio. Comunque uno l’ho portato a casa e lo terrò sempre con me. Il tricolore è qualcosa di importante in tutto il mondo, tutti conoscono l’Italia. In Canada è capitato in due o tre occasioni che mi avvicinasse qualcuno per fare una foto insieme e mi dicesse di essere italiano. Sono cose che ti toccano, insomma…

L’anno scorso la vittoria fu tua e di Martinelli che ti guidò dall’ammiraglia.

Anche quest’anno si parte per fare bene. Poi sono le gambe a dare le sentenze finali. Non tutti gli anni sono uguali e penso che quest’anno quelli che poi andranno al Tour verranno a Firenze con la voglia di fare bene. Non sono tanti, ma sono tutti papabili vincitori.

Bennati gli ha illustrato il percorso dei tricolori: il 23 giugno la sfida si rinnoverà
Bennati gli ha illustrato il percorso dei tricolori: il 23 giugno la sfida si rinnoverà
Cosa sai del percorso?

Non ho mai corso la Per Sempre Alfredo, che è alla base degli italiani. Però ho parlato con Bennati che mi ha mandato il file del percorso gara e l’ho guardato. Sicuramente andrò giù un giorno prima per visionarlo. Potrebbe svolgersi sulla falsa riga dell’anno scorso, forse è leggermente più duro. Dall’ultimo scollinamento mancherà un po’ meno all’arrivo e la discesa è tecnica, quindi sarà anche difficile ricucire in caso di un attacco forte. Bisogna solo farsi trovare pronti e non mollare. Mordere il manubrio e poi sperare di avere buone gambe. Perciò adesso si prova a fare qualcosa anche qua e poi… ci vediamo in Toscana!

E’ giusto fare una corsa a tappe dopo il grande Giro?

10.06.2024
5 min
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Il grande Giro e poi la corsa a tappe a seguire: va sempre bene? Si dice che dopo le tre settimane si abbia una grande gamba e allora perché non sfruttarla? 

In questi giorni abbiamo visto diversi corridori che dopo il Giro d’Italia hanno preso parte al Delfinato o al Giro di Svizzera o stanno per partire allo Slovenia: Tiberi, Fortunato, Piganzoli, Quintana, Caruso, Conci (questi ultimi due si notano nella foto di apertura)…

Cosa comporta questa scelta di calendario? E cosa accade nel fisico? C’è una frase di qualche giorno fa di Lorenzo Fortunato che torna con prepotenza: «Adesso si fa più lavoro al training camp in altura che al Giro. E quindi quando vai in corsa, vai a raccogliere i frutti del lavoro. Non si usano più i Grandi Giri per allenarsi. A me è capitato di fare il Giro d’Italia e poi andavo allo Slovenia oppure alla Adriatica Ionica Race, dove il livello era un pochino più basso e mi salvavo. Ma per come si va adesso, il Grande Giro deve essere l’ultimo atto di un cammino iniziato prima proprio per questo». 

Michele Bartoli, preparatore di molti professionisti e della Bahrain-Victorious, è pronto a rispondere alle nostre questioni.

Michele Bartoli (classe 1970) è oggi un preparatore affermato. E ancora un ottimo ciclista! (foto X)
Michele Bartoli (classe 1970) è oggi un preparatore affermato. E ancora un ottimo ciclista! (foto X)
Michele, il grande Giro, il Giro d’Italia ovviamente in questo caso, e poi una corsa a tappe: si può sfruttare la condizione che lasciano le tre settimane?

Io cambio un po’ le vecchie teorie, per me non è più così. Oggi si è talmente al limite sia mentalmente che fisicamente che qualcosa salta. Se dopo il grande Giro c’è la concentrazione e la voglia di mangiare ancora bene, di riposare il giusto… allora bene, ma è molto, molto complicato. Prima era vero il contrario: era complicato andare piano!

Perché? Cosa è cambiato adesso?

Il modo di correre, si pesano i grammi del cibo, si deve assumere un tot preciso di carboidrati, lo stress in gara e soprattutto ci si arriva già al top col peso senza quel chiletto in più, la condizione è subito alta dopo il grande lavoro a monte (la teoria di Fortunato, ndr). Si deve pensare davvero a tante cose e quando arrivi al termine del tuo Giro ti viene voglia di mollare. Ed è normale, è comprensibile.

Lo scorso anno al Tour VdP si è gestito alla perfezione, facendo la “fatica giusta”. Ma ha potuto farlo perché non mirava alla classifica
Lo scorso anno al Tour VdP si è gestito alla perfezione, facendo la “fatica giusta”. Ma ha potuto farlo perché non mirava alla classifica
Diversi corridori del Giro sono andati al Delfinato e altri allo Svizzera: passano 6 giorni tra Giro e Delfinato, 13 fra Giro e Svizzera e 16 fra Giro e Slovenia. Incide questa differenza?

Sì e secondo me peggiora con passare dei giorni. Se ci si deve togliere il dente, meglio farlo subito. Poi chiaramente, dipende sempre dalla mentalità dell’atleta. Ma non è facile dopo il Giro mantenere la concentrazione. Tenere duro altri sei giorni magari ancora è fattibile, ma per lo Svizzera diventa più dura. Sì, si ha un po’ più di recupero. Puoi rifare qualche piccolo allenamento, ma ormai l’obiettivo grande è passato.

Abbiamo capito che la componente mentale è centrale, ma da un punto di vista prettamente fisiologico, muscolare?

Difficile scindere le due cose. Quando poi assaggi il riposo, la tranquillità, dopo che sei stanco il gioco si fa duro. Meglio fermarsi, mettere un punto e poi riprendere dopo aver recuperato. Chiaramente parlo per Delfinato e Svizzera e di chi deve andare lì per fare bene. Ma se vieni dal Giro e sai che poi staccherai queste corse non ti danno nulla o ti danno poco. Poi, attenzione, non dico che il grande Giro non ti lasci la buona condizione, però oggi mentalmente pesa di più. Oggi non è fattibile o è molto più difficile.

E se fosse per una corsa di un giorno?

Cambia tutto. Il Tour per l’Olimpiade (o la Vuelta per il mondiale) sono il top. Lì la concentrazione è massima e se ne trae il massimo beneficio. Il Giro è l’unico dei grandi Giri che poi non ha questo tipo di obiettivi a seguire.

Nonostante la grande fatica, alla fine Lorenzo Fortunato si è portato a casa la maglia dei Gpm dal Delfinato
Nonostante la grande fatica, alla fine Lorenzo Fortunato si è portato a casa la maglia dei Gpm dal Delfinato
Che poi, a meno che non si è Pogacar, se non si punta decisi alla classifica, un grande Giro lo puoi gestire in vista della gara di un giorno. Pensiamo a Van der Poel l’anno scorso con il Tour…

Esatto, quella è la preparazione migliore. Non hai lo stress della classifica, puoi mollare di tanto in tanto, puoi gestire gli sforzi, mangi bene, fai ritmo, fai i massaggi tutti i giorni.

E invece, tornando alla corsa a tappe che segue il grande Giro: c’è differenza se lo fa un giovane o un esperto? Per esempio abbiamo visto Tiberi al Delfinato e Caruso allo Svizzera…

Per me è peggio per il giovane, anche perché oltre ad una situazione di recupero, a cui magari è più abituato l’esperto, ritorna il discorso delle motivazioni. Ad un atleta come Caruso cosa può dare un piazzamento al Delfinato o allo Svizzera della situazione? Per Tiberi già è un discorso diverso è giovane e nonostante non sia andato bene non condanno la sua scelta di provarci.

Chiaro…

Penso a Fortunato per esempio. Ha fatto un buon Giro, ma al Delfinato nonostante sia stato bravo a mettersi in mostra che fatica ha fatto? Si staccava da 20-25 corridori mentre al Giro era tra i migliori. Però per lui un Delfinato ha più senso che per un Caruso. Per lui un quinto posto diventa importante anche ai fini di un contratto, di visibilità, d’importanza.

Fortunato e il Delfinato dopo il Giro: forse non una grande idea

08.06.2024
6 min
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Nel gruppetto alle spalle di Soler, nella settima tappa del Delfinato verso Samoens 1600 e per la prima volta dalla fine del Giro, oggi Lorenzo Fortunato ha avuto sensazioni positive. Per questo si è ritrovato in fuga e per questo conta di tornarci anche domani. Al pari di Tiberi, il bolognese è arrivato alla corsa francese sull’onda lunga del Giro d’Italia. L’aveva nei programmi e ha tenuto fede alla parola data, ma non è passato giorno senza che si rendesse conto che non si è trattata di una grande idea. Ovviamente, se domani le cose dovessero andare particolarmente bene, la scelta del Delfinato sarebbe invece un vero colpo di genio.

Roglic come Pogacar

Quando Vlasov e Roglic dietro di lui lo hanno affiancato e ripreso, “Fortu” li ha rimontati per qualche istante e poi ha mollato la presa. Non aveva in animo di dargli ancora filo da torcere, sapeva che per oggi il suo viaggio era finito.

«Quando mi hanno preso – sorride e spiega – ho visto che c’era Ciccone da solo. Siamo amici, così gli ho chiesto se avesse bisogno di qualcosa. Niente di più. Poi mi sono messo lì e ho visto che il ritmo non mi apparteneva, così mi sono detto di pensare a domani e sono salito tranquillo, senza stress. Prima arrivavo, prima prendevo il recupero, prima arrivavo al bus, prima facevo la doccia. Non ho pensato di tenere duro, quando mi hanno preso mi sono rialzato. Stanno correndo come la UAE Emirates».

Il copione è quello del Giro, cambia solo lo sloveno?

Esatto, sta correndo allo stesso modo. Oggi è stata tutto il giorno dura, non c’era un metro di pianura. Tutto su e giù, allora ho detto: «Vado in fuga!». Dopo gli ultimi 2-3 giorni del Giro non mi sono sentito bene, non avevo buone sensazioni. Magari ho preso un mezzo virus e non sono più riuscito a essere me stesso. Sin dall’inizio avevo in programma il Delfinato ed eravamo indecisi se farlo o non farlo.

Però avete deciso di sì.

Visto che poi correrò la Vuelta Burgos e poi la Vuelta, quindi dai primi di agosto in avanti, abbiamo deciso di partire. Avrò il tempo per recuperare. Fino ad oggi non ero stato bene. Tutti i giorni ho faticato tanto, ieri mi sono staccato e nella crono sono andato davvero piano. Oggi invece mi sono sentito bene e ci ho provato. Si vede che per un po’ mi sono trascinato quello che avevo a fine Giro, oggi è passato tutto.

Tiberi ha provato a partire al Delfinato, ma non è riuscito. Non ci stupiamo che tu sia stato male.

Allora, questa è la mia opinione. Una volta era possibile fare un Grande Giro e usare la condizione per fare subito un’altra corsa. Però prima non ci si allenava come adesso. In questi giorni se ne parla fra noi. Adesso si fa più lavoro al training camp in altura che al Giro. E quindi quando vai in corsa, vai a raccogliere i frutti del lavoro. Non si usano più i Grandi Giri per allenarsi. A me è capitato di fare il Giro d’Italia e poi andavo allo Slovenia oppure alla Adriatica Ionica Race, dove il livello era un pochino più basso e mi salvavo. Ma per come si va adesso, il Grande Giro deve essere l’ultimo atto di un cammino iniziato prima proprio per questo.

Lo Slovenia, ma anche il Giro di Svizzera iniziano dieci giorni dopo il Giro d’Italia: col Delfinato non c’è neanche tempo di tirare il fiato…

Non è stata una grande idea e se tornassi indietro, forse farei altre scelte. Però è giusto provare: finché non lo vedi con i tuoi occhi, fai fatica a farti un’opinione. E’ difficile perché il fisico è abituato a 21 giorni di lavoro, poi vieni qua al Delfinato e dalla prima tappa di ritrovi a soffrire. Ho tenuto duro perché Tejada era in classifica.

Come è stato il primo Giro d’Italia in una World Tour?

Buoni riscontri, sono contento. Nei primi dieci giorni ho corso in appoggio di Lutsenko, però comunque a Oropa ero subito forte (4° al traguardo, ndr) e anche nella crono sono migliorato tanto. Con la squadra mi sono trovato bene e siamo stati anche sfortunati, perché di otto che eravamo alla partenza, siamo rimasti in quattro.

Dopo il Delfinato, Burgos e Vuelta. E i campionati italiani?

Tengo duro fino a lì e correrò per Velasco, perché possa tenere la maglia tricolore. Ma ci sono anche Scaroni e Ballerini: tutti corridori con più possibilità di me. Poi mi fermo e recupero, visto che fra due mesi correrò tanto. Quest’anno ho fatto solo corse WorldTour, un po’ sono abituato, ma d’altro canto è sempre difficile fare risultati. Ho fatto Tirreno, Catalunya, Giro, Delfinato e farò la Vuelta. Il grande ciclismo è questo e ti devi confrontare con i campioni.

Evenepoel provato dopo l’arrivo: sapeva di dover lavorare ancora e ha 3 settimane davanti a sé
Evenepoel provato dopo l’arrivo: sapeva di dover lavorare ancora e ha 3 settimane davanti a sé
Domani vedremo di nuovo Fortunato all’attacco?

Se sto bene ci provo, non ho nulla da perdere. Anche oggi ho provato a farmi riprendere più tardi e sono scattato nella scia di Soler. Sapevo che sarebbero arrivati e così l’ho fatta a tutta. E se dietro si fossero aperti? Ho dato tutto, ma dietro hanno fatto i primi 4-5 chilometri molto forte e a me si è spenta la luce. Era tutto il giorno che andavamo forte e sono arrivato in cima assieme allo stesso Soler. 

Che sensazioni ti danno i leader del Tour?

Roglic è forte. Quando mi hanno preso, davanti c’era Vlasov che tirava forte. Ci sono abbastanza abituato, visto che ho corso con Pogacar e Primoz si muove sulla stessa falsa riga. Remco sta crescendo. Non so dire come sia messo col peso, però ha tanta potenza, ha sempre tanta forza. Con lui ho confidenza, è tranquillo, un bravo ragazzo, molto attento a tutto. E sono convinto che al Tour andrà forte. Ma adesso si recupera, stasera si fa una bella cena e domani ci riprovo. Sai mai che mi sblocco giusto alla fine…

Fortunato punta Giro e Vuelta: la rincorsa è lanciata

25.03.2024
4 min
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A 27 anni, Lorenzo Fortunato sta vivendo la sua prima stagione nel WorldTour con l’Astana Qazaqstan e ieri ha concluso la Volta Catalunya al decimo posto. Nell’intervista post Tirreno-Adriatico ci ha raccontato le emozioni e sensazioni della sua prima gara importante nel nuovo team. Parlando è emerso come la sua stagione sia divisa in due blocchi. Il primo che include il Giro d’Italia, mentre il secondo verterà sulla Vuelta. Il 2024 sarà quindi il primo anno in cui Fortunato correrà due Grandi Giri, un cambiamento importante, che va preparato.

La stagione di Fortunato sarà focalizzata su due picchi di condizione, per il Giro e la Vuelta
La stagione di Fortunato sarà focalizzata su due picchi di condizione, per il Giro e la Vuelta

Stesso percorso

Con il team Eolo-Kometa (ora Polti-Kometa) il corridore nato a Bologna ha sempre incentrato le sue grandi aspettative sulla corsa rosa. La seconda parte di stagione, invece, era concentrata sul calendario delle classiche italiane

«La stagione – 2024 ci racconta Maurizio Mazzoleni, preparatore dell’Astana e di Fortunato – sarà incentrata su Giro e Vuelta. A livello di impegno non vedo molte differenze rispetto a quello che ha fatto in passato. Non ha mai corso un Grande Giro nella seconda parte di stagione, ma le gare di agosto e settembre. Non ci saranno grandi stravolgimenti rispetto ai suoi periodi di allenamento precedenti. Soprattutto per quanto riguarda la parte di stagione fino al campionato italiano».

La preparazione invernale è stata calibrata per arrivare al Giro al massimo della condizione (foto Instagram)
La preparazione invernale è stata calibrata per arrivare al Giro al massimo della condizione (foto Instagram)
Su quali aspetti vi siete concentrati durante l’inverno?

Tutti, non si può lasciare nulla al caso nel ciclismo moderno. Si è curata tanto anche la forza a secco, con esercizi in palestra mirati a migliorare le prestazioni. In bici ha fatto un bel carico di lavoro aerobico, senza cercare picchi prestativi, eppure alla Tirreno e al Catalunya ha fatto vedere buone cose. Alla Tirreno Vingegaard ha fatto registrare valori da Tour de France, quindi Fortunato ha dovuto spingere e ha dimostrato di farlo bene.

Avete cambiato qualcosa?

Non ci piace paragonare il nostro lavoro a quello degli altri. Posso dire che il nostro obiettivo con Fortunato è quello di farlo arrivare nella miglior condizione al Giro. In questo senso abbiamo deciso di far slittare in là il calendario. Prima della partenza di Torino farà un periodo di altura, sul Teide, dal primo al 17 aprile. Successivamente correrà la Liegi e poi il Giro, terremo alto il ritmo con il dietro moto.

Alla Tirreno, Fortunato ha fatto registrare ottimi valori in salita
Alla Tirreno, Fortunato ha fatto registrare ottimi valori in salita
Parlando con Fortunato è emerso come quest’anno abbia iniziato a correre più tardi…

Abbiamo fatto un’analisi delle stagioni precedenti. Negli ultimi due anni ha sempre lavorato bene, ma le vittorie sono arrivate sempre in gare che anticipavano il Giro. Nel 2023 ha vinto la Vuelta Asturias, mentre nel 2022 è arrivato secondo. Ci siamo accorti come poi, durante la corsa rosa, facesse fatica nella terza settimana

Come gestirete gli impegni dopo il Giro?

Il campionato nazionale sarà la terza settimana di giugno, ci potrebbe essere spazio per correre il Delfinato, qualora la condizione di Fortunato glielo conceda. 

La seconda corsa a tappe del 2024 è stata la Volta a Catalunya, ora altura in vista del Giro
La seconda corsa a tappe del 2024 è stata la Volta a Catalunya, ora altura in vista del Giro
Da lì in poi come gestirete i tempi?

La ripresa dopo la pausa estiva sarà più graduale, così da arrivare a fare la Vuelta in crescendo. L’obiettivo sarà essere prestante durante la corsa a tappe ispanica, il calendario che anticipa la Vuelta è strano, vista la presenza delle Olimpiadi di Parigi. 

In che senso?

Le corse che hanno sempre fatto da trampolino alla Vuelta, come Burgos e Giro di Polonia sono in dubbio. Anzi, il Giro di Polonia è da escludere, visto che si correrà durante la prima settimana della corsa spagnola. L’unica opzione percorribile, per correre prima della Vuelta, è andare a Burgos, dal 5 al 9 agosto, considerando che il giorno dopo si corre a San Sebastian. 

Nella corsa spagnola, Fortunato è entrato ancora nella top 15 in classifica generale
Nella corsa spagnola, Fortunato è entrato ancora nella top 15 in classifica generale
Si dovranno ricalibrare gli impegni?

“Giocheremo” con il calendario. Si andrà in altura a inizio luglio, poi probabilmente si faranno Burgos e San Sebastian. 

Anche la Vuelta con il mirino su qualche tappa?

L’obiettivo sarà essere performanti su tutte e tre le settimane di gara, non si tratta di crescere, ma di non calare. Solo i migliori tengono le prestazioni alte per tutta la durata della corsa, Fortunato è quel tipo di corridore. Siamo consapevoli che l’altura di luglio sarà il momento chiave per il secondo picco stagionale.

Fortunato: l’esordio alla Tirreno e i passi verso il Giro

19.03.2024
5 min
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Il miglior italiano in classifica generale alla Tirreno-Adriatico è stato Lorenzo Fortunato con la sua 14ª posizione finale. Il folletto dello Zoncolan era al suo primo vero impegno di rilievo con la maglia dell’Astana Qazaqstan Team. Doveva esordire alla Vuelta a Andalucia, ma la protesta degli agricoltori ha rallentato il tutto e dei 450 e più chilometri previsti ne ha corsi solamente 5. Così il primo appuntamento è stato il Trofeo Laigueglia, terminato in 25ª posizione

Dopo la cancellazione della Vuelta Andalucia l’esordio di Fortunato è arrivato al Trofeo Laigueglia
Dopo la cancellazione della Vuelta Andalucia l’esordio di Fortunato è arrivato al Trofeo Laigueglia

L’esordio tra i due mari

Quando sentiamo Lorenzo Fortunato è appena partito verso la Spagna, direzione Catalunya per disputare la corsa a tappe spagnola. 

«Ho fatto l’ultimo allenamento venerdì – ci racconta – poi sono andato da un amico a fare dei massaggi e ora mi trovo qui al Catalunya. Quella scorsa è stata una settimana di recupero dopo le fatiche della Tirreno. L’unico allenamento lungo è stato quello di venerdì con 4 ore, insieme al “Ballero” (Davide Ballerini, ndr).

«Ho recuperato bene dalle fatiche – continua – la Tirreno è stata la prima corsa importante della stagione, ma non era in programma. Solo che dopo la cancellazione dell’Andalucia sono stato chiamato in causa: non ero al top della condizione, ma non è andata male. Alla fine in salita ero davanti, più o meno. Nella prima tappa impegnativa, quella di Valle Castellana, ho pagato quasi tre minuti. Nelle altre ho tenuto di più il ritmo dei primi».

La Tirreno-Adriatico non era in programma, ma il risultato è stato positivo
La Tirreno-Adriatico non era in programma, ma il risultato è stato positivo
Di fatto la Tirreno-Adriatico ha stabilito l’esordio in maglia Astana, come lo giudichi?

Positivo tutto sommato. Ci tenevo a fare bene vista la nuova maglia, infatti mi sono fatto trovare discretamente pronto. 

Un esordio tardivo, come hai tenuto il ritmo alto?

In altura sul Teide e poi con tanti allenamenti a casa, l’obiettivo non era essere al 100 per cento fin da subito. Mi sono messo a fare tanto dietro moto e con quello ho tenuto alto il ritmo in vista della Tirreno. I grandi obiettivi saranno più avanti, diciamo con i Grandi Giri e la stagione calda in generale.

Fortunato correrà il Giro con l’obiettivo di vincere una tappa, come nel 2021 sullo Zoncolan
Fortunato correrà il Giro con l’obiettivo di vincere una tappa, come nel 2021 sullo Zoncolan
Il Giro d’Italia sarà un primo obiettivo?

Sì. Finito il Catalunya andrò in altura per preparare la corsa rosa. Correrò meno rispetto al 2023, ma è una scelta presa di comune accordo con la squadra, in particolare con Mazzoleni. Nel ciclismo moderno correre un pochino meno aiuta a essere più brillanti. La scelta di non fare tante gare, ma molta preparazione, è dovuta anche al fatto che al Giro dovrò essere al top nella seconda e terza settimana, quando ci saranno le salite importanti

Quindi niente classifica generale?

Voglio fare come nel 2021, quando ho vinto sullo Zoncolan. Puntare alle tappe, senza stress. La classifica verrà fuori pian piano, ma non è un obiettivo. Alla fine il mio miglior risultato al Giro è un 15° posto finale: meglio una vittoria di tappa. 

Anche perché la squadra ha bisogno di punti e le tappe ne portano di più…

La classifica qualche punto lo porta, vedremo, chiaro che una tappa fa più gola. In Astana però non ho mai sentito questi discorsi. Noi corriamo per vincere, non per raccogliere punti, come fanno anche tanti altri team. In questo ciclismo molte squadre preferiscono piazzamenti sicuri.

Fortunato correrà due Grandi Giri nel 2024, prima il Giro e poi la Vuelta a fine stagione
Fortunato correrà due Grandi Giri nel 2024, prima il Giro e poi la Vuelta a fine stagione
Tu sei stato preso per far bene nei Grandi Giri e provare a vincere, senti questa pressione, in virtù della situazione della squadra nel ranking UCI?

Responsabilità sì, pressione no. In squadra non si respira un’aria diversa. E’ un tema sentito, non siamo messi benissimo, ma non c’è stress a riguardo, soprattutto su noi corridori. Ai piani alti indubbiamente si parlerà di questo, ma noi atleti ne siamo fuori. Dobbiamo fare del nostro meglio, come sempre. 

Alla Tirreno hai detto di non essere arrivato al 100 per cento, pensi di riuscire ad avvicinarti ai migliori? Alla top 5, ad esempio?

Penso che quando io migliorerò, durante la stagione, lo faranno anche loro. Alla Tirreno c’erano corridori che hanno vinto Giro e Tour, insomma il livello era alto. Arrivare nei primi cinque la vedo difficile, avvicinarmi di più assolutamente sì. 

Indossare la maglia di un team WorldTour ha cambiato qualcosa in gara?

Si riesce a correre un pelo più davanti, ma se non hai gambe serve a poco. Rispetto alla Eolo, dove arrivavo comunque con i primi, non sono mai da solo. Questa cosa mi dà una sicurezza maggiore, nel caso di problemi sai che hai qualcuno al tuo fianco. Essere più d’uno nei finali di corsa è utile, al Laigueglia, ad esempio, ero lì in appoggio a Scaroni e Velasco. 

Essere in una WorldTour apre le porte anche ad altri Grandi Giri: farai solo il Giro o ne hai altri in programma?

Dovrei farne due, l’altro dovrebbe essere la Vuelta. Due Grandi Giri in una stagione è un bel cambiamento, il calendario è stato modificato rispetto alle passate stagioni. Anche per questo ho iniziato più tardi del solito. Ora però andiamo verso il Giro, a piccoli passi.

Chilometri, salite, arancini: Velasco e i racconti dall’Etna

28.01.2024
5 min
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«Si sta bene quassù. Ormai ci sono abituato, visto sono già cinque volte che ci vengo. Posso sfruttare il tempo buono, l’altitudine e la buona tavola». Simone Velasco presenta così il suo ritiro in quota sull’Etna. Il campione italiano però non è da solo sul vulcano. Con lui ci sono anche Lorenzo Fortunato, da quest’anno suo compagno di squadra, e Kristian Sbaragli.

Il corridore dell’Astana-Qazaqstan inizierà la sua stagione agonistica il 10 febbraio a Figueras, in Portogallo. Poi continuerà sempre lì con l’Algarve. E man mano scriverà la sua stagione. Lui vorrebbe tornare al Tour de France quest’anno.

Dicevamo, Simone, non sei da solo…

Esatto, con me ci sono anche Sbaragli e Fortunato. E pochi giorni fa è arrivato anche Guillame Martin, non ci siamo messi d’accordo, ma cerchiamo di uscire insieme. Di coordinarci con i nostri programmi. Così siamo in compagnia.

L’elbano conquista il Laigueglia 2019. Questa corsa è stata uno degli ricordi emersi durante le uscite con Fortunato e Sbaragli
L’elbano conquista il Laigueglia 2019. Questa corsa è stata uno degli ricordi emersi durante le uscite con Fortunato e Sbaragli
E come fate per coordinarvi?

Qualche volta qualcuno fa un pelo di più, altre un pelo di meno, ma in questo modo ognuno riesce a svolgere il proprio programma. In più c’è un mio amico di Catania, Rosario Caruba, con il quale avevo corso da juniores. Siamo rimasti in contatto e lui ci segue in macchina. E’ davvero prezioso il suo aiuto. In questo periodo in quota comunque fa freschino e magari ci vestiamo di più quando dobbiamo scendere, ha la borsa del freddo se è nuvoloso. La sua presenza facilita le cose.

Com’è la vostra giornata tipo?

Ci ritroviamo alle 8-8,30 a colazione, dipende dai chilometri che dobbiamo fare. Poi tra le 9,30-10 si parte. Decidiamo se scendere in macchina o direttamente in bici anche in base al meteo. Ma la risalita finale avviene sempre in bici. Al termine dell’allenamento pranziamo, ci riposiamo un po’. Facciamo qualche chiacchiera tutti insieme e poi verso le 20 mangiamo. Ci fermiamo ancora un po’ a parlare e poi andiamo a letto. 

Il tempo passa in fretta, insomma…

Sì dai, ridiamo parecchio e siamo tutti abbastanza chiacchieroni. Ci raccontiamo vecchie storie di ciclismo, abbiamo tutti e tre un passato nella squadra in cui ora è Kristian (la Corratec-Vini Fantini, ndr) e poi siamo tutti ascoltatori de La Zanzara, il programma radiofonico di Radio24. E quindi evochiamo battute, prese di posizione, qualche puntata particolare…

E delle corse?

Chiaramente si parla anche di quelle. Abbiamo per esempio parlato del mondiale. Del Laigueglia 2019, del fatto che Sbaragli abbia avuto compagni come Van der Poel e Philipsen.

Chi va più forte?

Di sicuro non io! Sono sempre staccato in salita. Sono “Fortu” e “Sbara” che fanno la guerra…

Parliamo un po’ della preparazione. Oltre alle ore di sella ti abbiamo visto correre a piedi. Come mai?

E’ qualcosa che faccio nel giorno di scarico. In passato ogni volta che correvo a piedi mi “dilaniavo” le gambe, adesso invece ci ho preso mano e quindi vado più spesso. Anche quando devo fare palestra, preferisco correre a piedi per riscaldarmi, sono convinto che alla fine questo gesto mi dia qualcosa in più. Quindi nel giorno di scarico faccio 30′-40′ senza troppo stress muscolare. Mi assesto su un passo di 5′ al chilometro e corro. Ripeto, senza stancarmi.

Siete al Rifugio Sapienza. Più di qualcuno ci ha detto che si mangia bene…

Anche troppo direi! Loro sono gentilissimi. Ci coccolano. A qualsiasi ora rientriamo ci fanno trovare qualcosa da mangiare. Le porzioni sono davvero abbondanti. E la sera quando restiamo a tavola non ci mettono fretta.

Simone tu sei un ex biker e sull’Etna ci sono percorsi da urlo. Non ti viene voglia di fare un giro in mtb?

Caspita se mi viene! Avevo pensato di portare la mtb per usarla proprio nei giorni di scarico, magari al posto della corsa a piedi. Ma la logistica si complicava e così l’ho lasciata a casa. Però appena tornerò, un giro sulla mia ruote grasse me lo farò subito.

Come stai lavorando invece?

Tanta base. Abbiamo fatto anche 6 ore e mezza con oltre 4.000 metri di dislivello e presto contiamo di fare anche l’intero giro dell’Etna: 180 chilometri. E’ un po’ più corto rispetto alle 6 ore e mezza, ma è parecchio duro. E poi offrirà paesaggi unici e ci consentirà di vedere anche il versante Nord del vulcano.

Velasco non rinuncia ad addentare un arancino durante le sue distanze sull’Etna
Velasco non rinuncia ad addentare un arancino durante le sue distanze sull’Etna
Come create i percorsi? Tu sei un habitué, ma andate anche alla ricerca di strade nuove?

Più o meno i versanti li ho fatti quasi tutti, ma quello di Biancavilla mi manca. Era chiuso per lavori e ora che lo hanno riaperto contiamo di andarci nei prossimi giorni. Poi in generale mi piace ampliare i giri, scoprire nuove strade. Individuiamo i percorsi su Strava e poi li analizziamo con VeloViewer o Garmin Connect.

Forte questa cosa…

Abbiamo in mente di andare un po’ anche nell’entroterra. Certo, manca sempre un po’ di pianura, ma quella la faremo quando torneremo a casa e sarà ideale per rifinire la gamba in vista delle gare in Portogallo.

In queste vostre distanze di certo non mancherà la mitica “sosta Coca Cola”, ma non ti viene voglia anche di un cannolo siciliano?

Eccome no! Io però sono un fan dell’arancino e quando faccio il lungo prendo quello. Di soste magari ne facciamo due, però più brevi, perché non ci piace stare troppo fermi. Un cannolo o un arancino, una Coca Cola e via…

Sei un corridore dell’Astana, sei sull’Etna in Sicilia: ti hanno mai scambiato per Nibali?

Quest’anno no… Ho la maglia tricolore.